Archivi categoria: Governo e Parlamento

31 marzo Sistema integrato Educazione e Istruzione (0 – 6 anni) al Senato

L’11 ed il 18 marzo, e l’1, 8, 9 e 29 aprile, 8, 14, 27 e 28 maggio, 3, 10, 17 e 24 giugno e 1, 30 e 31 luglio, 5 agosto, 9 settembre 2014 e 31 marzo 2015 la 7a Commissione del Senato esamina il DdL AS 1260, Disposizioni in materia di sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino ai sei anni e del diritto delle bambine e dei bambini alle pari opportunità di apprendimento

Esame congiunto dei disegni di legge:
1. STUCCHI. – Disposizioni in materia di attuazione di un piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi e degli asili nido (753)
2. BITONCI ed altri. – Norme in materia di gratuità dei servizi socio-educativi per l’infanzia (1359)

(7a Senato, 11.3.14) La relatrice PUGLISI (PD) ringrazia il Presidente per aver avviato l’esame del disegno di legge in titolo, che mira ad assicurare l’effettiva attuazione dei diritti di ogni cittadino fin dalla nascita. Afferma infatti che l’importanza dei primi anni di vita, delle condizioni materiali e relazionali in cui si vive e delle relative esperienze è stata ormai accertata dalle scienze pedagogiche, psicologiche, sociologiche e dalle neuroscienze. Registra tuttavia con preoccupazione l’esistenza in Italia di un forte divario, sul piano economico e sociale, che si traduce in diverse condizioni materiali e in diverse opportunità per i bambini e le bambine.
Dopo aver sottolineato inoltre il rilievo di una educazione di qualità, pone l’accento sul tasso di occupazione femminile, segnalando che al Centro-Nord, dove la copertura degli asili nidi ha pressoché raggiunto i parametri europei, si registrano buoni tassi di occupazione delle donne, mentre al Sud tali livelli sono assai bassi anche in correlazione con una insufficiente garanzia degli asili nido.
A ciò si aggiunge anche che il tasso di dispersione scolastica, insieme ai livelli di apprendimento, è condizionato dalla frequenza di un asilo nido e della scuola dell’infanzia. Rammenta peraltro che l’Italia deve ridurre la dispersione scolastica entro il 2020 dal 20 al 10 per cento.
In tale contesto giudica perciò urgente il disegno di legge, che completa un lungo percorso iniziato da una proposta di legge di iniziativa popolare fatta propria dall’allora senatrice Anna Maria Serafini, arricchita successivamente di ulteriori contenuti. Rileva infatti che anche nei comuni dove i servizi per la fascia di età 0-6 anni sono attualmente presenti, i relativi costi sono diventati insostenibili. Occorre dunque una nuova modalità di finanziamento del sistema integrato, che individui i livelli essenziali e promuova un governo pubblico. Evidenzia peraltro che attualmente nella scuola dell’infanzia sono presenti molte scuole paritarie, in gran parte gestite dai comuni, con conseguenti oneri per i bilanci degli enti locali. Fa presente inoltre che l’impegno dello Stato oppure dei comuni varia fortemente da un territorio all’altro, al punto che nelle Regioni settentrionali è molto più diffusa la scuola dell’infanzia comunale, che invece è pressoché totalmente statale nel Mezzogiorno. Nella prospettiva di assicurare le stesse opportunità a tutti i bambini e le bambine e di estendere tali servizi, il testo prevede il finanziamento di una quota capitaria da parte di Stato, Regioni ed enti locali, proprio per dare certezza di esigibilità dei predetti diritti.
Ritiene poi essenziale escludere i costi del sistema istruzione dai vincoli del Patto di stabilità, in quanto si tratta di fatto di investimenti. Si augura in proposito che tale richiesta diventi uno dei temi del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea. Tra le priorità messe in risalto dal testo, la relatrice menziona un impegno pubblico di rilievo; l’inserimento della progettazione dei servizi educativi prescolari nel quadro di politiche generali a favore dei bambini e delle loro famiglie per combattere la povertà e l’esclusione sociale; l’unificazione del settore dell’educazione della prima infanzia, garantendo la continuità educativa e un adeguato livello di preparazione del personale; la scelta di un approccio universalistico. Sottolinea inoltre l’importanza per gli enti locali di una maggiore flessibilità tra le sezioni del nido e quelle della scuola materna, allo scopo di promuovere “poli dell’infanzia”.
Rimarca indi l’importanza di concepire l’asilo nido non come servizio a domanda individuale ma come diritto per ogni bambino. Nel rilevare che il provvedimento è volto anche a superare le diversità di trattamento economico dei lavoratori del settore, si sofferma sul diritto al riposo dei bambini e sulla necessità di prevedere servizi integrativi che si affianchino agli asili e alla scuola dell’infanzia per sostenere la genitorialità. Cita al riguardo i servizi domiciliari, che devono essere provvisti di requisiti qualitativi adeguati.
Avviandosi alla conclusione, evidenzia che il testo è atteso da anni e sollecita lo svolgimento di un ciclo di audizioni nelle quali coinvolgere anzitutto la Conferenza dei Presidenti delle Regioni, l’Unione delle province italiane (UPI), l’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ed eventuali esperti, proprio per valorizzare le buone pratiche.

27 marzo Fabbisogni standard in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta del 27 marzo, approva un decreto del Presidente del Consiglio di attuazione del decreto legislativo n. 216 del 26 novembre 2010, “Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province”

FABBISOGNI STANDARD

Adozione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard per i Comuni in tema di istruzione pubblica, viabilità, trasporti, gestione del territorio e dell’ambiente, settore sociale e asili nido (Decreto del presidente del Consiglio dei Ministri – esame definitivo)

Il Consiglio dei Ministri su proposta del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha approvato in via definitiva un decreto del Presidente del Consiglio di attuazione del decreto legislativo n. 216 del 26 novembre 2010, “Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province”.

Il DPCM adotta le note metodologiche relative alla procedura di calcolo per la determinazione dei fabbisogni standard e il fabbisogno standard, per ciascun Comune delle Regioni a Statuto ordinario, relativi alle funzioni di istruzione pubblica, viabilità, trasporti, gestione del territorio e dell’ambiente al netto dello smaltimento rifiuti, smaltimento rifiuti, nel settore sociale al netto degli asili nido e sul servizio degli asili nido.

Il decreto segue quello già approvato il 23 luglio 2014, rappresenta un passo avanti nel percorso di adozione dei fabbisogni standard e costituisce un tassello importante dell’attuazione della riforma del federalismo fiscale. Rispetto all’esame preliminare, è stato modificato tenendo conto del parere della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale.

Inoltre, con specifico riferimento ai servizi per la prima infanzia e degli asili nido, il nuovo testo mantiene gli impegni presi dalla Presidenza del Consiglio per garantire un adeguato sostegno agli enti locali che, partendo da una situazione di particolare svantaggio nell’offerta di asili, realizzino nuove strutture o aumentino i posti o le ore del servizio. Nello specifico, il decreto prevede che i fabbisogni per il servizio degli asili nido vengano sottoposti a monitoraggio e rideterminazione con cadenza annuale, anziché triennale come previsto dal decreto legislativo n. 216 del 2010. Inoltre, la rideterminazione dovrà tenere conto delle variazioni intervenute nell’erogazione dei servizi da parte dei Comuni e degli obiettivi di servizio introdotti con il Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 legato alle Politiche di Coesione. Nel caso della prima infanzia (0‐3 anni), il QSN ha posto ad esempio come obiettivo il raggiungimento del 12% di fornitura del servizio di nido, micro‐nido e servizi integrativi nelle otto regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna).

Il monitoraggio e la rideterminazione annuale rappresentano un efficace strumento di incentivo all’attivazione di questi servizi nei Comuni dove sono oggi sono assenti. In particolare si intende introdurre un meccanismo virtuoso che riconosca un fabbisogno a fronte dell’effettiva erogazione del servizio e non solo a fronte di una domanda meramente potenziale che non garantirebbe il cittadino.

I fabbisogni standard sono infatti uno dei criteri di riparto delle maggiori risorse (determinate a livello centrale) che verranno attribuite ai Comuni dal 2015 mediante il fondo di solidarietà comunale. Se le risorse venissero redistribuite sulla base di una domanda ‘potenziale’ di servizi, indipendentemente dalla loro effettiva erogazione, si determinerebbero effetti distorsivi nella redistribuzione delle risorse a vantaggio dei Comuni meno virtuosi e a scapito di quelli che hanno effettivamente attivato il servizio.

La scelta di un monitoraggio e rideterminazione annuale induce invece i Comuni ad attivare effettivamente il servizio, e a ottenere maggiori risorse solo a seguito dei maggiori fabbisogni rilevati.

26 marzo DdL Scuole nei territori a bassa densità demografica in 7a Camera

Il 4 febbraio ed il 4 dicembre 2014, il 15 gennaio, il 26 marzo la 7a Commissione della Camera esamina il DdL C. 353, Disposizioni per favorire la funzionalità e la continuità didattica nelle scuole situate nei territori a bassa densità demografica e in presenza di minoranze linguistiche, nei territori di montagna e nelle piccole isole

24 marzo Ministro in 7a Commissione Senato

Il 25 febbraio, 18 e 24 marzo si svolge in 7a Commissione Senato l’Audizione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulle prospettive di riordino della normativa riguardante il settore dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e degli ex istituti musicali pareggiati, nonché sugli esiti della consultazione pubblica la “Buona Scuola”

(7a Senato, 24.3.15)  Il PRESIDENTE, dopo un indirizzo di saluto, introduce l’oggetto della presente audizione, ricordando che essa sarà dedicata alle risposte del ministro Giannini ai quesiti e alle osservazioni formulati nella seduta n. 167 dello scorso 18 marzo.

Il ministro Stefania GIANNINI affronta preliminarmente il quesito formulato dalla senatrice Serra sull’accesso alla prestazione previdenziale per gli insegnanti coinvolti nella cosiddetta “quota 96”. Al riguardo, rammenta quanto esplicitato dal Ministro della semplificazione e della pubblica amministrazione, onorevole Madia, rispondendo ad un’interrogazione a risposta immediata svolta lo scorso 11 febbraio presso la Camera dei deputati, ove è stata rimarcata la volontà dell’Esecutivo di individuare, quale priorità di intervento, il sostegno alle persone prive attualmente di prospettiva occupazionale. Coerentemente con tale linea, il disegno di legge su “La buona scuola” adottato dal Consiglio dei ministri è focalizzato sulla stabilizzazione in ruolo di docenti precari e di vincitori di concorso: pertanto, non viene affrontata la questione specifica di “quota 96”.

Sul punto, ricorda, peraltro, che tale problematica coinvolgeva circa 4.000 persone di cui circa 1.000 hanno già presentato domanda di accesso all’assegno previdenziale all’INPS, con un esito positivo. Ne consegue che, ad oggi, la tematica in oggetto coinvolge poco meno di 3.000 persone, su cui sarà avviata una prossima riflessione.

In merito al reclutamento degli insegnanti, ricorda che il piano straordinario di assunzioni previsto dal disegno di legge prevede, dal 1° settembre 2015, l’immissione in servizio di 100.701 persone, determinando l’assunzione di tutti i vincitori del concorso svolto nel 2012, nonché di tutti gli iscritti alle graduatorie ad esaurimento della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado. Invece, per quanto attiene agli iscritti alle graduatorie ad esaurimento della scuola dell’infanzia, questi verranno stabilizzati nell’ambito delle disponibilità di organico. Permane, quindi, il problema di circa 20.000 persone escluse che verranno recuperate in una seconda fase.

Sottolinea come tale piano assunzionale consentirà l’assunzione a tempo indeterminato dei vincitori di procedure concorsuali o di soggetti per legge equiparati come, per l’appunto, gli iscritti alle graduatorie ad esaurimento, secondo un criterio ispirato al principio costituzionale dell’accesso alla pubblica amministrazione per concorso pubblico, che diventerà, a regime, l’unico canale di selezione del corpo docenti. D’altra parte, tale programma di assunzioni è adeguato a dare risposta ai rilievi formulati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, nella recente giurisprudenza sulla stabilizzazione del precariato.

Nel fornire, poi, elementi numerici sulla composizione dei docenti stabilizzati, fa presente come il programma di assunzioni comporterà il potenziamento della pianta organica di circa 50.000 unità, contribuendo ad implementare l’organico dell’autonomia e a rispondere ai piani di offerta formativa incentrati sull’insegnamento della lingua italiana, della lingua inglese e di discipline come l’educazione musicale, l’educazione artistica, il diritto e l’economia (inclusa l’educazione alla cittadinanza attiva), l’utilizzo consapevole dei nuovi media  e degli strumenti digitali, oltre all’incentivazione di comportamenti responsabili ispirati al rispetto dell’ambiente, dei beni culturali, del paesaggio e della legalità; un ulteriore aspetto, sempre nell’ambito dei nuovi programmi di insegnamento, attiene al potenziamento dell’educazione fisica e all’introduzione dell’educazione alla salute e a stili di vita responsabili, nonché alla pratica sportiva. Saranno poi poste in essere specifiche iniziative di contrasto alla dispersione scolastica e di prevenzione di ogni forma di bullismo e di discriminazione.

Il potenziamento dell’organico dell’autonomia risulta, altresì, funzionale al raggiungimento di obiettivi come l’eventuale apertura pomeridiana delle scuole, la diminuzione del numero di studenti per classe e il rafforzamento dei programmi di alternanza scuola-lavoro. Ne consegue che, compatibilmente con i tempi dei lavori parlamentari, dal prossimo 1° settembre il programma di assunzioni sarà funzionale proprio alla realizzazione dell’organico dell’autonomia, determinando la responsabilità degli istituti scolastici nella richiesta di adeguate risorse umane e finanziarie.

All’interno del piano di assunzioni, un’attenzione particolare sarà dedicata all’immissione di personale specializzato nel sostegno.

In merito, poi, agli insegnanti iscritti alle graduatorie di istituto, non rientranti nelle stabilizzazioni, rileva che i titoli acquisiti con l’insegnamento costituiranno elementi preferenziali ai fini delle prossime procedure concorsuali. Al riguardo, fa presente che, dalla metà degli anni Novanta al 2012, non si sono svolte ben sette tornate concorsuali, togliendo prospettive occupazionali a circa 150.000 persone.

Con riferimento al quesito formulato dal senatore Bocchino, osserva che i circa 20.000 iscritti alle graduatorie ad esaurimento per la scuola dell’infanzia sono destinati ad essere gradualmente assorbiti, attraverso l’attuazione della delega sul sistema educativo integrato 0-6 anni. Sul punto, il Governo ritiene che lo strumento della delega sia quello più efficace per permettere, con l’apporto determinante del Parlamento, la realizzazione di un sistema incentrato sull’omogeneità territoriale e sull’estensione al maggior numero di bambini dell’offerta formativa pre-scolare.

Venendo al quesito della senatrice Puglisi sulla riforma degli organi collegiali, fa presente come lo strumento della delega sia considerato quello più efficace per rivedere l’intera materia, salvaguardando anche l’autonomia statutaria degli istituti scolastici e i principi della distinzione di funzioni tra i diversi organi, oltre che del coinvolgimento delle componenti esterne al comparto scolastico.

Con riferimento alle osservazioni del senatore Conte sull’alternanza scuola-lavoro, rileva che una delle finalità principali del disegno di legge del Governo consiste nell’instaurazione di un dialogo permanente tra il mondo della scuola e il mondo produttivo, realizzando almeno 400 ore di alternanza negli istituti tecnici e almeno 200 ore nei licei. Per attuare tale piano di alternanza, si agisce ricorrendo a tre leve specifiche, ossia lo stanziamento di risorse finanziarie, la semplificazione per le imprese, inclusa la possibilità di stipulare contratti di apprendistato prima dei diciotto anni, nonché l’introduzione per le scuole della possibilità di dotarsi di appositi laboratori territoriali per l’occupazione e il raccordo scuola-lavoro, anche nei periodi estivi. Per finanziare tali laboratori sono stanziati, quindi, 90 milioni quest’anno e, a regime, dal prossimo anno, 30 milioni annui.

Circa la tematica delle scuole paritarie, il disegno di legge rappresenta una prima importante attuazione della legge n. 62 del 2000 sul riconoscimento della libertà di scelta educativa, oltre che la valorizzazione di una realtà, come quella delle scuole paritarie, che coinvolge circa 874.000 alunni, di cui 622.000 nella scuola dell’infanzia. Per venire incontro ai bisogni delle famiglie viene, quindi, prevista una detrazione fiscale fino ad un massimo di 400 euro per alunno.

Con riguardo al quesito formulato dalla senatrice Montevecchi sul sostegno agli studenti disabili, osserva che una delle deleghe contenute nel disegno di legge attiene proprio all’inclusione scolastica, attraverso la ridefinizione del ruolo del personale di sostegno, nonché la relativa formazione e l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni.

Venendo al tema sollevato dalla senatrice Blundo sul contrasto alla dispersione scolastica, ritiene che l’intero impianto del disegno di legge sia ispirato ad un modello educativo volto a contrastare la dispersione, attraverso il potenziamento dell’autonomia delle scuole, oltre all’incremento dell’offerta formativa. Si tratta, quindi, di insistere sull’implementazione di azioni come l’apertura pomeridiana delle scuole, la riduzione del numero degli alunni per classe, il potenziamento della lingua italiana per gli studenti stranieri, che rappresentano la fascia più colpita dalla dispersione, oltre all’alternanza scuola-lavoro. Ovviamente, tali azioni devono essere calibrate secondo le caratteristiche proprie delle varie aree territoriali.

Con riguardo, invece, alle osservazioni circa il ruolo della dirigenza scolastica, conferma che il dirigente diventerà una figura centrale, la cui professionalità sarà ispirata ai principi di autonomia e responsabilità, anche attraverso una costante valutazione dei risultati ottenuti. Proprio per il raggiungimento di tali obiettivi, il fondo unico nazionale per la retribuzione di risultato dei dirigenti viene incrementato di circa 35 milioni di euro all’anno.

Rispondendo, poi, alla domanda della senatrice Fasiolo sulla questione delle reggenze, ritiene che la risposta migliore non potrà che venire dalle procedure concorsuali in atto oltre che da quelle future.

Si sofferma, quindi, sugli aspetti della formazione degli insegnanti, fornendo elementi sulla stesura dell’apposito piano nazionale, nonché sull’istituzione della carta elettronica per le iniziative di aggiornamento e ricorda che, per i nuovi assunti, sarà previsto un anno di prova, il cui superamento rappresenterà una condizione imprescindibile per la stabilizzazione definitiva.

In merito alla domanda della senatrice Petraglia sul personale amministrativo tecnico ausiliario (ATA), evidenzia che, da quest’anno, sono previste regolari assunzioni, sulla base sia delle graduatorie vigenti sia di futuri piani di assunzione.

Con riguardo all’osservazione del senatore Liuzzi sull’importanza dell’insegnamento della geografia, condivide tale rilievo, precisando che, comunque, il disegno di legge non aumenta il numero delle ore dei singoli insegnamenti, a livello ordinamentale, scegliendo di valorizzare l’autonomia degli istituti scolastici.

Passando, poi, alle questioni riguardanti il “cantiere AFAM” e il relativo documento “chiamata alle arti” auspica che, prima della prossima pausa estiva, si possa addivenire ad una proposta di revisione organica della materia, attraverso la convergenza tra Parlamento e Governo.

Con riferimento agli ex istituti musicali pareggiati, rileva come la statizzazione a costo zero prevista dalla legge n. 508 del 1999 risulti impraticabile rendendosi necessarie apposite risorse finanziarie pari a circa 40 milioni di euro, permettendo così la realizzazione, nei prossimi anni, di un graduale processo di statizzazione.

Con riferimento al quesito sollevato dal senatore Bocchino sul Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica e musicale (CNAM), ritiene che non sarebbe efficace, ad oggi, includerlo nel Consiglio universitario nazionale (CUN), dal momento che la mancata attuazione della legge n. 508 ha fatto sì che il comparto AFAM rappresenti tuttora un ibrido irrisolto tra sistema universitario e sistema scolastico. Conferma, quindi, l’intenzione di adottare il regolamento istitutivo del CNAM.

Sul tema dei precari del comparto AFAM, ricorda che questi hanno già ricevuto un segnale importante, attraverso la stabilizzazione verificatasi nel 2013 e auspica che, come per la scuola, in futuro siano attivate apposite procedure concorsuali.

In merito all’osservazione della senatrice Ferrara, concorda con l’obiettivo di armonizzare il settore AFAM con quello dei licei musicali, sottolineando, tuttavia, che i licei vanno visti come istituti formativi di secondo livello di tipo generalista e auspicando che, seguendo il modello francese, si punti su pochi e qualificati istituti musicali di eccellenza, competitivi a livello internazionale, affiancati da una rete territoriale di centri di formazione dei giovani musicisti.

In risposta alla senatrice Montevecchi, ritiene che gli attuali criteri di scelta delle figure apicali siano trasparenti e corrispondenti alle esigenze di mutualità peraltro riprese dall’esperienza del mondo accademico. Al riguardo, rivendica poi, di aver introdotto una procedura di selezione aperta e trasparente per la nomina del rappresentante del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nei consigli di amministrazione degli istituti del settore AFAM.

Da ultimo, con riguardo ai dipendenti del settore AFAM assunti con contratti atipici, fa presente che è in corso di predisposizione il regolamento per disciplinare il reclutamento dei dipendenti, in attuazione dell’articolo 2 della legge n. 508 del 1999.

 

Il PRESIDENTE, dopo aver ringraziato il Ministro per la puntualità delle risposte fornite, fa presente che, con ogni probabilità, l’iter di esame del disegno di legge del Governo su “La buona scuola” avrà inizio alla Camera dei deputati e che si sta valutando, insieme alla vice presidente della Commissione cultura dell’altro ramo del Parlamento, onorevole Piccoli Nardelli, l’opportunità di svolgere un ciclo di audizioni in sede congiunta. Ciò non toglie che, in seconda lettura, compatibilmente con i tempi necessariamente celeri per l’esame del provvedimento, si potrà valutare lo svolgimento di ulteriori audizioni, anche alla luce delle eventuali correzioni da apportare al testo trasmesso dalla Camera dei deputati.

In merito, poi, alla questione del comparto AFAM, concorda con il Ministro sulla necessità di addivenire ad una rapida soluzione, attraverso l’elaborazione di una nuova disciplina normativa.

Dichiara, indi, conclusa la procedura informativa all’ordine del giorno.


 

(7a Senato, 18.3.15) Il  PRESIDENTE avverte preliminarmente che questa seduta sarà dedicata alla formulazione di quesiti ed osservazioni da parte dei senatori, a cui poi farà seguito l’intervento di replica del Ministro, qualora ci sia il tempo sufficiente a disposizione.

 

Nel dibattito prende la parola la senatrice SERRA (M5S), che sottolinea la necessità di fornire una celere risposta all’incresciosa questione del pensionamento degli insegnanti coinvolti nell’istituto cosiddetto “quota 96”, posto che le bozze del disegno di legge su la “buona scuola” approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana sembrano non recare alcuna soluzione ad un problema dovuto ad un grave errore contenuto nella “riforma Fornero”.

 

Il senatore MARTINI (PD) chiede un chiarimento sul percorso di riforma del cantiere AFAM, anche in termini di procedure, tempistica e obiettivi, ai fini di una soluzione organica dell’intera questione e degli elementi di sofferenza insiti in tale settore, incluso il rischio della chiusura di alcuni istituti.

Rimarca, quindi, la necessità di utilizzare questo anno di transizione, nel quale è anche possibile usufruire degli stanziamenti faticosamente allocati dalla legge di stabilità 2015, per arrivare ad un punto di approdo, fornendo anche una chiarificazione volta a sciogliere il dilemma rappresentato dal dualismo tra un iter parlamentare ormai avviato in questa Commissione e una possibile iniziativa governativa di cui occorre avere cognizione, per evitare di rinviare ulteriormente la questione.

 

Il senatore BOCCHINO (Misto-ILC) evidenzia che il principale problema connesso al riordino del comparto AFAM è dovuto all’attuazione non completa della legge n. 508 del 1999, in quanto è stato tradito l’obiettivo di giungere ad una convergenza tra il settore AFAM e il sistema universitario, ivi inclusa la trasformazione dei bienni accademici da sperimentali ad ordinamentali.

Nel sollecitare la piena attuazione della legge n. 508, auspica poi il superamento del Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica e musicale (CNAM), di cui peraltro non è stato mai adottato il provvedimento attuativo, valutando di far confluire il settore AFAM all’interno del Consiglio universitario nazionale (CUN).

Sul tema degli ex istituti musicali pareggiati, evidenzia un approccio superficiale all’argomento nel documento “chiamata alle arti”. Sul punto, nel condividere l’esigenza di una razionalizzazione, paventa il rischio che il valore della distribuzione territoriale di tali istituti non venga preso in adeguata considerazione, sottovalutando i danni sociali, economici e culturali che deriverebbero dalla chiusura degli ex istituti musicali pareggiati in città di piccole dimensioni.

Sottolinea, altresì, come alcune di tali realtà presentino ulteriori problemi, come quello del mancato pagamento degli stipendi, con il rischio di dover chiudere il prossimo giugno, con conseguenti risvolti problematici che toccherebbero proprio i docenti del settore AFAM.

Nel suddetto settore, inoltre, è presente un numero elevato di insegnanti precari – circa 2.000 su 8.000 – che scontano il colpevole ritardo del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca che, a distanza di quindici anni dell’entrata in vigore della legge n. 508, non ha ancora adottato il decreto sul reclutamento. Ne consegue che il Ministero dovrebbe individuare in maniera autonoma i criteri di stabilizzazione degli insegnanti precari, auspicabilmente adottando, come criterio preferenziale, il possesso di titoli artistici.

Venendo al tema più in generale dei precari della scuola, chiede chiarimenti sugli insegnanti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, con particolare riferimento ai circa 20.000 soggetti che potrebbero risultare esclusi dalla stabilizzazione e per i quali appare necessaria, comunque, una valida prospettiva occupazionale.

 

La senatrice PUGLISI (PD) osserva preliminarmente come il dibattito su “La buona scuola” si sia concentrato principalmente sulla stabilizzazione degli insegnanti precari. Al riguardo, rileva che, benché non tutti gli iscritti alle graduatorie ad esaurimento potranno essere stabilizzati, va comunque apprezzato il fatto che si comincia ad affrontare un problema che ha radici molto antiche.

Auspica, quindi, che, nel corso dell’iter parlamentare di esame del disegno di legge, vengano migliorati e affinati i profili normativi più critici.

È poi presumibile che la stabilizzazione riguardi principalmente gli iscritti alle graduatorie ad esaurimento e i vincitori del concorso indetto nel 2012, in quanto i profili professionali di queste figure rispondono alle esigenze dell’organico funzionale. Ciò non toglie che gli esclusi potranno continuare a svolgere incarichi di supplenza annuali, che costituiranno titolo preferenziale in vista di ulteriori procedure concorsuali.

Da ultimo, domanda al Ministro in quali termini il Parlamento potrà fornire un contributo per la ridefinizione degli organi collegiali delle scuole, che rappresenta una delle deleghe inserite nel disegno di legge del Governo.

 

La senatrice Elena FERRARA (PD) rileva, con riguardo al comparto AFAM, la necessità, senza dilatare i tempi del riordino, di procedere ad una riorganizzazione dei saperi artistici, attraverso la predisposizione di una nuova mappa dei fabbisogni culturali.

Altresì, le prospettive di riordino vanno lette anche nell’ottica di una necessaria intersezione tra il mondo della formazione culturale e il mondo del lavoro.

Da ultimo, auspica l’armonizzazione del comparto AFAM con quello dei licei musicali, per i quali si richiede una messa a sistema.

 

Il senatore CONTE (AP (NCD-UDC)), nel sottolineare la centralità del tema della stabilizzazione dei precari, osserva come molti di questi prestino da anni il proprio servizio professionale nelle scuole e presentino quindi un’adeguata qualificazione, mentre per altri si renda necessaria un’adeguata formazione.

Chiede, quindi, se, tra i criteri di individuazione del personale da stabilizzare, vi sia soltanto l’ordine di graduatoria ovvero anche quello delle competenze e quali siano i percorsi di qualificazione e di aggiornamento professionale degli insegnati che verranno stabilizzati.

Sottolinea, quindi, l’esigenza di uno stretto collegamento tra la scuola e il mondo del lavoro, per evitare distonie tra la formazione degli studenti e i requisiti di professionalità richiesti dalle imprese.

Nell’evidenziare, poi, il ruolo delle Province ai fini della formazione distrettuale, si sofferma sulla riforma del sistema educativo per la prima infanzia, ricordando che la Commissione ha avviato l’esame dei disegni di legge nn. 1260 ed abbinati e auspicando che, nel percorso su “La buona scuola”, vengano recepite le istanze emerse in Commissione con riguardo a tali provvedimenti.

Da ultimo, rimarca l’importanza delle scuole paritarie come risorsa per il territorio, anche ai fini della capacità di colmare lacune presenti nella scuola pubblica, e sottolinea la necessità di valorizzare tali istituti.

 

La senatrice MONTEVECCHI (M5S) interviene preliminarmente sul comparto AFAM e, più in generale, sul cantiere delle arti, chiedendo se vi sia la volontà di introdurre correttivi all’autonomia gestionale, al fine di prevenire scelte discrezionali nella selezione del corpo docenti.

Chiede, poi, delucidazioni sul sistema di valutazione dei docenti del comparto AFAM e sulle iniziative per valorizzare il ruolo degli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), ricordando che, a titolo esemplificativo, a Faenza è presente un centro di eccellenza come la scuola di ceramica.

Domanda, quindi, se vi sia l’intenzione di introdurre criteri più trasparenti per la nomina delle figure apicali degli istituti accademici.

Infine, in merito al disegno di legge governativo su “La buona scuola”, chiede in base a quale criterio si è scelto di non stabilizzare i precari iscritti in seconda fascia, se il tema del sostegno ai disabili sia incluso tra i criteri di delega e se vi sia l’effettiva intenzione di indire un nuovo concorso per la selezione dei docenti.

 

La senatrice PETRAGLIA (Misto-SEL) auspica che, in futuro, i tempi di svolgimento delle procedure informative dei rappresentanti del Governo siano meno dilatati e adeguati a consentire un’efficace dialettica tra Parlamento ed Esecutivo, ai fini della predisposizione dei testi legislativi.

In merito allo schema del disegno di legge governativo, evidenzia come il tema della stabilizzazione dei precari abbia un’indubbia centralità, stante l’elevato tasso di disoccupazione del nostro Paese. Rimarca, pertanto, l’esigenza di un’analisi puntuale della realtà del precariato, con un’accurata distinzione tra graduatorie ad esaurimento, seconda fascia e tirocini formativi abilitanti (TFA).

In merito al riordino delle scuole dell’infanzia, su cui la Commissione sta esaminando i disegni di legge nn. 1260 ed abbinati, chiede quali siano le prospettive di coinvolgimento degli enti locali, alla luce del fatto che molti di essi stanno seriamente pensando di dismettere la gestione degli asili e delle scuole materne di loro spettanza, per trasferirle allo Stato, in quanto i pesanti tagli di spesa rendono impossibile l’efficace gestione delle scuole.

Dopo aver chiesto chiarimenti sulle prospettive del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), auspica, da ultimo, che il Parlamento concluda l’iter legislativo dei provvedimento sulla statizzazione degli ex istituti musicali pareggiati.

 

La senatrice BLUNDO (M5S) evidenzia la gravità del problema del precariato, in quanto il settore scolastico può funzionare solo sulla base di un organico efficiente: purtroppo, l’esistenza di un forte numero di precari rischia in radice di compromettere la funzionalità dell’organico.

Con riguardo alle stabilizzazioni preannunciate, chiede se effettivamente il prossimo 1° settembre verranno stabilizzati centomila insegnanti e sulla base di quali criteri saranno individuati.

Passando al comparto AFAM, evidenzia la drammaticità dei contratti atipici che, a differenza dei contratti a tempo determinato, non prevedono alcun tipo di tutela per i lavoratori coinvolti. Chiede, poi, delucidazioni sulle prospettive, nei conservatori, delle classi di concorso riguardanti l’insegnamento degli strumenti musicali e l’insegnamento del diritto e della scienza delle finanze.

Chiede, poi, se vi sia l’intenzione di colmare le lacune presenti ne “La buona scuola” sul tema della dispersione scolastica, prendendo eventualmente a modello la best practice adottata in sede europea.

Domanda, quindi, se vi sia l’intenzione di tutelare il comparto del personale ATA, riconoscendo una maggiore autonomia ai fini dell’assunzione di lavoratori che hanno già prestato il loro servizio negli anni precedenti.

Da ultimo, domanda se vi saranno forme di controllo sui dirigenti scolastici, alla luce della maggiore autonomia che verrà loro riconosciuta.

 

La senatrice IDEM (PD) apprezza il fatto che, con “La buona scuola”, si adotta una visione complessiva del ruolo educativo delle scuole, imperniato non soltanto sul trasferimento di nozioni e metodi di studio, bensì anche sulla formazione in senso più generale, comprensiva di tematiche come l’educazione allo sport, le scienze motorie, l’educazione civica, nonché percorsi di sensibilizzazione in favore della tutela dell’ambiente e contro la violenza nei confronti delle donne ed episodi di bullismo.

Chiede, poi, se saranno previste modalità di valutazione dell’operato dei dirigenti scolastici, oltre a iniziative per la formazione professionale e l’aggiornamento permanente del corpo docenti.

Da ultimo, fornisce dei dati comparati sul divario tra Stati Uniti e Italia circa gli investimenti familiari nell’educazione dei figli, indicativi di un gap da colmare con urgenza.

 

Il senatore LIUZZI (FI-PdL XVII) reputa saggia la decisione del Governo di adottare, come mezzo di riforma del sistema scolastico ed educativo, lo strumento del disegno di legge, che consentirà un maggiore coinvolgimento dell’apporto del Parlamento.

Rimarca, poi, la centralità dell’istruzione e della formazione, in considerazione del carattere strategico del sapere sia per lo sviluppo economico sia per la formazione e la mobilità professionale delle giovani generazioni, sottolineando, a quest’ultimo riguardo, la valenza dell’insegnamento della geografia, anche ai fini del rafforzamento dell’industria turistica.

Con riferimento al riordino del settore AFAM, auspica che si tenga nella dovuta considerazione la diversità nella distribuzione territoriale dei conservatori che risulta più radicata nel Sud, evidentemente per ragioni intrinseche alle caratteristiche del tessuto sociale del Mezzogiorno.

 

La senatrice FASIOLO (PD) esprime soddisfazione per le scelte del Governo di valorizzare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, sia aumentando i margini di azione dei dirigenti scolastici, sia attraverso la predisposizione degli organici funzionali.

Evidenzia che i dirigenti scolastici, per poter valutare i docenti, dovranno avere competenze molto marcate e usufruire di percorsi di formazione permanente; inoltre, dovranno necessariamente essere sottoposti a forme periodiche di valutazione.

Si sofferma, quindi, sulla problematica connessa al fatto che, nelle more della valutazione e della selezione dei dirigenti scolastici, resta aperto il tema delle reggenze, considerato che i soggetti facenti la funzione di dirigente scolastico dovranno anche elaborare i piani triennali di offerta formativa. Auspica, quindi, l’assegnazione provvisoria degli incarichi di reggenza a docenti che abbiano acquisito un’adeguata esperienza, espletando la funzione di dirigente vicario.

Da ultimo, con riferimento al personale ATA, giudica positivo l’incremento del fondo per il funzionamento previsto dalla bozza del disegno di legge governativo e auspica la stabilizzazione di coloro che hanno già svolto, in passato, tale professione in forma precaria.

 

Il  PRESIDENTE, nel ringraziare il Ministro per la disponibilità dimostrata ascoltando i numerosi interventi, ritiene che la scelta del Governo di presentare un disegno di legge potrà valorizzare proficuamente il dialogo con il Parlamento e vedrà questa Commissione fortemente impegnata a migliorare il provvedimento governativo.

Per quanto concerne, poi, il tema del comparto AFAM e degli ex istituti musicali pareggiati, ritiene urgente addivenire ad una soluzione che consenta anche la rapida conclusione dei disegni di legge all’esame della Commissione.

Fa, poi, presente la disponibilità del Ministro a proseguire l’audizione, con le risposte agli interventi formulati oggi, in una seduta che avrà luogo martedì 24 marzo, alle ore 20.

 

Il seguito della procedura informativa è, quindi, rinviato.


 

(7a Senato, 25.2.15) Il  PRESIDENTE, dopo aver formulato un indirizzo di saluto al Ministro, introduce brevemente i temi oggetto dell’odierna audizione. 

 

            Il ministro Stefania GIANNINI avverte preliminarmente che affronterà innanzitutto il tema del riassetto normativo del comparto dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), ricostruendo analiticamente il quadro normativo di riferimento, con particolare rilievo agli istituti musicali e ai conservatori, tratteggiando poi una gamma di possibili soluzioni delle criticità registrate.

            Con riguardo, invece, all’esito della consultazione pubblica la “Buona Scuola”, preannuncia un riepilogo del percorso finora svolto, per poi soffermarsi sui principi e criteri ispiratori del decreto-legge e del disegno di legge delega di imminente adozione.

            Venendo allo specifico aspetto del comparto AFAM, fornisce dei dati numerici sulle caratteristiche di tale realtà, precisando che esso si compone di oltre 130 istituzioni pubbliche diffuse, anche se non sempre in maniera omogenea, sull’intero territorio nazionale e articolate in istituti preposti all’educazione musicale oltre a quelli preposti all’educazione artistica, con particolare rilievo, in quest’ultimo caso, all’arte drammatica e alla danza. Sono poi presenti venti accademie di belle arti statali e altre realtà di eccellenza.

            Osserva come tali numeri forniscano la misura dell’impegno che il Governo e il Parlamento devono intraprendere per un approccio compiuto a tale settore di strategica valenza culturale.

            Espone quindi ulteriori dati sul numero di studenti iscritti alle istituzioni dell’AFAM, specificando che esso ammontava, nell’anno accademico 2013-2014, a circa 85.000 unità: all’interno di tale corpo studentesco, oltre il 10 per cento è formato da studenti stranieri.

            Per quanto riguarda invece il corpo docenti, esso risulta pari a 8.000 insegnanti circa, di cui 6.000 a tempo indeterminato e 2.000 a tempo determinato.

            In merito alle immissioni in ruolo del personale docente precario, dà conto delle misure adottate sulla base dell’articolo 19 del decreto-legge n. 104 del 2013 che prevede l’assunzione di quota parte dei docenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, sottolineando la necessità di un approccio organico al fenomeno della stabilizzazione degli insegnanti, in questo come in altri comparti educativi. 

            Ricostruisce quindi il percorso normativo alla base della legge n. 508 del 1999, ricordando che le finalità di tale disciplina consistevano sia nell’allineamento dell’autonomia degli istituti di alta formazione ai parametri propri dell’autonomia universitaria sia ad una equiparazione formale e sostanziale dei titoli di studio rilasciati dal comparto AFAM rispetto ai titoli di studio di altri enti di formazione universitaria. 

            A distanza di oltre quindici anni dall’entrata in vigore della citata legge n. 508, il bilancio sulla relativa attuazione risulta molto parziale, poiché si è giunti ad una autonomia limitata di tali istituti, anziché ad una effettiva e completa valorizzazione. Sono emerse altresì delle criticità, come, a mero titolo esemplificativo, quelle relative all’assunzione dei docenti e alla programmazione e al riequilibrio dell’offerta didattica, il cui superamento richiede un disegno complessivo sfociato nel documento denominato “Chiamata alle arti” che individua quattro filoni tematici su cui focalizzare i prossimi interventi: il completamento dell’autonomia; la governance degli istituti; l’internazionalizzazione delle medesime istituzioni; infine, il programma di assunzione del personale, anche alla luce del fatto che nel comparto AFAM sono presenti circa 4.000 professori a contratto.

            Passa quindi ad esaminare il tema della statizzazione, non ancora avvenuta, degli ex istituti musicali pareggiati (oggi denominati istituti superiori per gli studi musicali) il cui numero ammonta a venti soggetti presenti nel Paese. Al riguardo, rammenta che l’articolo 2, comma 8, lettera e), della legge n. 508 del 1999 disponeva una statizzazione graduale degli istituti, previa istanza dei soggetti interessati e comunque senza nuovi o maggiori  oneri per il bilancio dello Stato. Per effetto della mancata attuazione della citata previsione normativa, tali istituti si trovano oggi in una sorta di limbo giuridico, in quanto risultano parificati ai conservatori e quindi rientranti nello spazio comune europeo delle arti musicali; nello stesso tempo, però, i finanziamenti a loro favore derivano dagli enti locali, anziché dallo Stato. 

            Rimarca quindi la necessità di fornire risposta alla realtà degli ex istituti musicali pareggiati, considerando che essa rappresenta una componente non secondaria della formazione accademica. Fa peraltro presente come attualmente oltre il 90 per cento del bilancio di tutti gli enti del settore AFAM sia utilizzato per coprire le spese per il personale e che tale caratteristica riguarda anche gli ex istituti musicali pareggiati in cui il corpo docente ammonta a circa 617 unità.

            Ritiene imprescindibile che l’attuazione completa della legge n. 508, anche nel quadro di una contestuale revisione normativa del settore, sia ancorata al presupposto della non obbligatorietà del percorso di statizzazione e dei vincoli di carattere finanziario esistenti. 

            

Il PRESIDENTE interviene incidentalmente per ricordare che la Commissione sta affrontando in queste settimane sia la tematica dell’offerta culturale nel settore musicale, attraverso un apposito affare assegnato di cui la senatrice Elena Ferrara è relatrice, sia il riassetto della normativa sugli ex istituti musicali pareggiati, riguardo al quale sono pendenti alcuni disegni di legge di cui è relatore il senatore Martini.

 

Il ministro Stefania GIANNINI, nell’esprimere apprezzamento per tale precisazione, procede poi all’illustrazione degli esiti della consultazione su la “Buona Scuola”, ricordando che gli imminenti provvedimenti legislativi che il Consiglio dei ministri si accinge ad adottare raccolgono il frutto di circa un anno di consultazione e sono finalizzati a passare dalla prospettiva della scuola possibile ad una nuova prospettiva incentrata su “la scuola che vogliamo”.

Tale mutamento prospettico implica l’attivazione di un’effettiva autonomia scolastica, concedendo agli istituti l’organico dell’autonomia, ossia quello adeguato al perseguimento degli obiettivi didattici ed educativi. Pertanto, il primo punto cardine del decreto-legge di imminente adozione consiste in un piano di assunzioni straordinario volto a stabilizzare le figure di docenti di cui la scuola ha bisogno, valorizzando e potenziando alcune discipline didattiche e ponendo altresì l’accento sull’inclusione e sull’integrazione.

Per questo, ritiene necessario, nell’ambito delle competenze degli studenti, potenziare l’educazione alla cittadinanza attiva, intesa come cultura del rispetto e della sensibilità per l’ambiente, per il patrimonio culturale e per le competenze linguistiche, comprensive non solo di almeno una lingua straniera, ma anche dell’innalzamento qualitativo nell’utilizzo della propria lingua madre. Il raggiungimento di tali obiettivi richiede quindi un corpo docente funzionale all’organico dell’autonomia: pertanto, il piano di assunzioni selezionerà gli insegnanti effettivamente necessari al fabbisogno organico, evitando di portare in cattedra docenti la cui formazione risulta troppo lontana nel tempo o che non hanno insegnato da un numero elevato di anni. Altresì, tra le esigenze didattiche da soddisfare, risulta imprescindibile il potenziamento delle competenze nelle materie letterarie, scientifico-matematiche oltre che nell’ambito artistico, comprensivo dell’educazione sia artistica che musicale il cui insegnamento va impartito già nella scuola primaria. 

Il piano di assunzioni sarà poi abbinato alla possibilità, da parte delle scuole e degli studenti, di realizzare il curriculum personalizzato all’interno delle linee guida nazionali. 

Un ulteriore intendimento consiste quindi nel rafforzamento della dimensione applicativa e pragmatica rappresentata dall’alternanza scuola-lavoro e dalla formazione tecnica e professionale, valorizzando i relativi percorsi nella scuola secondaria di secondo grado, anche attraverso un incremento del monte ore a disposizione. A tal fine, verranno stanziati 100 milioni di euro per consentire alle scuole di coprire i relativi costi, ponendo anche in essere una semplificazione burocratica per la gestione degli studenti nei centri di formazione e per favorire un incontro scuola-lavoro. 

Al riguardo, individua quale modello di seguire quello dei laboratori territoriali rappresentati dalla rete delle imprese e delle università, valorizzando la vocazione territoriale, come accade per gli istituti tecnici superiori. 

L’esigenza di abbandonare gli approcci di carattere sporadico, in favore degli interventi programmatici di sistema, richiede inoltre la mappatura del fabbisogno delle scuole e degli studenti, calibrando la stabilizzazione dei docenti sulla base delle diverse esigenze territoriali; altresì, anche il contrasto alla dispersione scolastica implica un approccio sistematico in termini e quantitativi e qualitativi.

La finalità della consultazione sulla “Buona Scuola” risiede altresì nella creazione di una scuola inclusiva e integrativa attraverso l’istituzione, con apposito decreto ministeriale, di una classe di concorso specifica per la formazione di insegnanti preposti all’alfabetizzazione e all’insegnamento della lingua italiana in favore degli alunni stranieri, distinguendo tra quelli nati in Italia e quelli arrivati nel nostro Paese dopo la nascita. 

Una politica inclusiva propriamente intesa implica poi uno speciale piano educativo per gli alunni con disabilità, prendendo a modello i centri di eccellenza presenti in Italia per l’insegnamento della lingua dei segni. 

Un ulteriore elemento cardine dell’attività riformatrice è rappresentato altresì dal piano di formazione degli insegnanti, che risulta propedeutico sia alla crescita professionale dei docenti sia alla valorizzazione degli istituti scolastici.

Non sfugge poi l’importanza della figura del dirigente scolastico per il quale sarà previsto un sistema di valutazione che consenta di verificare i risultati della sua funzione di garante dei processi scolastici e dei percorsi organizzativi.

Altresì, occorre integrare, come già viene fatto in molte scuole, l’attività didattica frontale con altri metodi sperimentali di insegnamento.

Nel precisare che gli interventi sopra delineati troveranno collocazione nel decreto-legge, evidenzia quindi che, attraverso lo strumento del disegno di legge delega, verranno affrontati ulteriori temi come la revisione degli organismi collegiali delle scuole, il capitolo della disabilità, quello dell’abilitazione, nonché la rivisitazione organica del sistema integrato di istruzione, con particolare riferimento alla fascia di età da 0 a 6 anni, per giungere poi alla predisposizione di un apposito testo unico.

 

Il PRESIDENTE, nel ringraziare il Ministro per l’esaustiva relazione svolta, fa presente che la seduta del Consiglio dei ministri in cui verrà adottato sia il decreto-legge sia il disegno di legge delega dovrebbe tenersi il prossimo martedì 3 marzo e che quindi, successivamente, in una data da concordare, l’audizione del Ministro proseguirà con la formulazione di quesiti e osservazioni da parte dei senatori e con la successiva replica. Auspica, inoltre, che vi siano ulteriori spazi per un’interlocuzione in merito ad altre tematiche come le prospettive di riordino degli enti di ricerca nonché il futuro dell’università.

Pertanto, rinvia ad altra seduta il prosieguo dell’audizione del Ministro.

 

12 marzo DdL Buona Scuola in Cdm

Il Consiglio dei ministri, nel corso delle riunioni del 3 e 12 marzo, esamina ed approva un Disegno di Legge di Riforma del Sistema nazionale di istruzione e formazione.

LA BUONA SCUOLA 
Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione (disegno di legge)
Il Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha approvato il disegno di legge di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione che prende il nome di “ La Buona Scuola”.
La Buona Scuola è buona autonomia.
Il ddl consente di realizzare finalmente l’autonomia scolastica, assegnando maggiori strumenti ai presidi per gestire risorse umane, tecnologiche e finanziarie. Le scuole avranno un organico potenziato (garantito a partire dal prossimo anno scolastico attraverso un piano straordinario di assunzioni) per coprire tutte le cattedre vacanti, rispondere alle nuove esigenze didattiche, organizzative e progettuali, potenziare l’offerta formativa, fronteggiare la dispersione scolastica, rendere la scuola più inclusiva, eliminare le supplenze più dannose, anno dopo anno, per la continuità della didattica. Le scuole, d’ora in poi, potranno indicare il loro fabbisogno di docenti e strumenti per attuare i Piani dell’offerta formativa. I Piani diventano triennali e saranno predisposti dai dirigenti scolastici, sentiti gli insegnanti, il Consiglio di istituto e le realtà territoriali.
Il dirigente sceglie la sua squadra.
I presidi potranno scegliere la loro squadra individuando i nuovi docenti che ritengono più adatti per realizzare i Piani dell’offerta formativa all’interno di appositi albi territoriali costituiti dagli Uffici Scolastici Regionali. Negli albi confluiranno i docenti assunti nel primo anno attraverso il piano straordinario di assunzioni e poi tramite concorsi. Gli incarichi affidati saranno resi pubblici.
Piano straordinario e poi solo concorsi.
Il ddl dà il via libera ad un Piano straordinario di assunzioni per il 2015/2016 per coprire le cattedre vacanti e creare l’organico dell’autonomia. Oltre 100.000 insegnanti saranno assunti a settembre 2015. Dopo si torna ad assumere solo per concorso.
Studiare per il futuro.
Il disegno di legge prevede il potenziamento delle competenze linguistiche: in particolare l’italiano per gli studenti stranieri e l’inglese per tutti (anche con materie generaliste insegnate in lingua). Vengono potenziate poi: Arte, Musica, Diritto, Economia, Discipline motorie. Nella Buona Scuola viene dato più spazio all’educazione ai corretti stili di vita e si guarda al futuro attraverso lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti (pensiero computazionale, utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media). Alle superiori, il curriculum diventa flessibile: le scuole attiveranno materie opzionali per rispondere alle esigenze degli studenti.
Scuola-lavoro e digitale.
Almeno 400 ore nell’ultimo triennio dei tecnici e dei professionali e 200 in quello dei licei. L’alternanza si farà in azienda, ma anche in enti pubblici. A disposizione un fondo, a regime, di 100 milioni all’anno a partire dal 2016. Mentre 90 milioni vengono stanziati subito per l’innovazione didattica e la creazione di laboratori territoriali, aperti anche di pomeriggio, per orientare i giovani al lavoro e da utilizzare come strumento di contrasto alla dispersione.
Stop classi ‘pollaio’.
I presidi hanno il potere di derogare alle regole attuali: utilizzando l’organico in modo flessibile potranno evitare la formazione di classi troppo numerose, le cosiddette classi ‘pollaio’.
Una Card per l’aggiornamento.
Arriva la Carta per l’aggiornamento e la formazione dei docenti, un voucher di 500 euro da utilizzare per l’aggiornamento professionale attraverso l’acquisto di libri, testi, strumenti digitali, iscrizione a corsi, l’ingresso a mostre ed eventi culturali. La formazione in servizio diventa obbligatoria e coerente con il Piano triennale dell’offerta formativa della scuola e con le priorità indicate dal Ministero.
Un bonus per valorizzare i docenti.
Viene istituito il bonus annuale delle eccellenze destinato ai docenti. Ogni anno il dirigente scolastico, sentito il Consiglio di Istituto, assegnerà il bonus al 5% dei suoi insegnanti per premiare chi si impegna di più. Peseranno la qualità dell’insegnamento, la capacità di utilizzare metodi didattici innovativi, il contributo dato al miglioramento complessivo della scuola. Per il bonus vengono stanziati 200 milioni all’anno.
La Scuola trasparente.
Viene istituito un Portale unico dei dati della scuola con la pubblicazione di tutti i dati relativi al sistema di istruzione: bilanci delle scuole, Anagrafe dell’edilizia, Piani dell’offerta formativa, dati dell’Osservatorio tecnologico, Cv degli insegnanti, incarichi di docenza.
Investire sul futuro con 5 per mille e school bonus.
Il 5 per mille potrà essere destinato anche alle scuole. Con lo school bonus, chi farà donazioni a favore delle scuole per la costruzione di nuovi edifici, per la manutenzione, per la promozione di progetti dedicati all’occupabilità degli studenti, avrà un beneficio fiscale (credito di imposta al 65%) in sede di dichiarazione dei redditi. Cambia l’approccio all’investimento sulla scuola: ogni cittadino viene incentivato a contribuire al miglioramento del sistema scolastico. Scatta poi la detraibilità delle spese sostenute dalle famiglie i cui figli frequentano una scuola paritaria dell’infanzia o del primo ciclo.
Un bando per le ‘Scuole Innovative’ e per i controlli.
Il ddl prevede un bando per la costruzione di scuole altamente innovative, dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, scuole green e caratterizzate da nuovi ambienti di apprendimento digitali. L’Osservatorio per l’edilizia scolastica, istituito presso il Ministero dell’Istruzione, coordinerà strategie e risorse per gli interventi. Vengono recuperate risorse precedentemente non spese da investire sulla sicurezza degli edifici. Stanziati 40 milioni per finanziare indagini diagnostiche sui controsoffitti delle scuole.
Delega.
Il disegno di legge assegna poi la delega al governo a legiferare in materia di: semplificazione del Testo Unico della scuola, valutazione degli insegnanti, riforma dell’abilitazione all’insegnamento, del diritto allo studio, del sostegno e degli organi collegiali, creazione di un sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni.


Buona Scuola, Giannini: “Giornata storica, cambia modello Istruzione
Parlamento sostenga cambiamento con approvazione rapida”

Una scuola più dinamica, autonoma per davvero, aperta al territorio e al futuro, dotata di risorse (umane e finanziarie) che consentano a presidi e insegnanti di scrivere il loro Piano dell’offerta formativa. È quella delineata dal disegno di legge ‘La Buona Scuola’ che ha avuto oggi il via libera in Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.

Il ddl, spiega Giannini, “prevede un piano di assunzioni straordinario per tirare una linea definitiva rispetto al passato sul tema del precariato. Stiamo dando alla scuola i docenti di cui ha bisogno per potenziare la sua offerta formativa. Mai più supplenze che fanno male alla didattica: gli studenti avranno la continuità a cui hanno diritto. Torniamo ad assumere solo per concorso, dopo vent’anni di bandi a singhiozzo”. Quella di oggi “è una giornata storica per l’Italia – sottolinea il Ministro – Abbiamo elaborato un nuovo modello di scuola in cui i dirigenti scolastici e gli insegnanti avranno gli strumenti per realizzare quell’autonomia che finora è rimasta solo sulla carta e che con questo ddl diventerà un progetto educativo per tutti gli studenti. Il potenziamento dello studio dell’Arte, della Musica, delle materie linguistiche è uno di punti qualificanti del provvedimento che offre una nuova scuola ai nostri ragazzi”.

“Ringrazio il Presidente del Consiglio – prosegue Giannini – per l’attenzione dimostrata nei confronti della scuola fin dalle prime ore di vita di questo Governo. Abbiamo cominciato occupandoci dell’edilizia scolastica, con un piano che il ddl rafforza con nuovi strumenti e risorse. Oggi, dopo un lungo lavoro e un’ampia consultazione, consegniamo al Parlamento una visione che consentirà di trasportare la nostra scuola nell’attualità – evidenzia il Ministro – pur senza perderne il patrimonio teorico e metodologico che ci ha resi famosi nel mondo. Auspichiamo ora tempi certi e rapidi per la discussione parlamentare”.

 


 


 

“La Buona Scuola”: le linee guida della riforma

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha presentato al Consiglio dei Ministri le linee guida della riforma che prende il nome di “La Buona Scuola”. Il punto di partenza per la composizione del testo – che verrà approvato nel prossimo Consiglio dei Ministri – sono i risultati raccolti sul rapporto pubblicato sul sito labuonascuola.it  dal 15 settembre 2014 al 15 novembre 2014 grazie agli 1.800.000 partecipanti alla consultazione on-line e off-line, i 2040 dibattiti e il coinvolgimento del 70 per cento delle scuole.
“La Buona Scuola” avrà quindi come obiettivi:

  • Rafforzare le competenze degli studenti con flessibilità nei programmi, inclusione e integrazione; 
  • Avere un organico funzionale e potenziare l’offerta formativa;
  • I dirigenti scolastici diventano leader educativi con strumenti e personale adeguati per il miglioramento dell’offerta formativa;
  • Organi collegiali più efficaci e rappresentativi;
  • Valutazione, formazione e carriera degli insegnanti;
  • Un rapporto più stretto e stabile fra scuola e lavoro con alternanza obbligatoria nell’ultimo triennio delle superiori;
  • Per quanto riguarda l’edilizia scolastica si vuole procedere con bandi per la costruzione di scuole altamente innovative, creare un’anagrafe dell’edilizia che sia trasparente sugli immobili della scuola e nuove risorse e procedure semplificate e più rapide per costruire nuove strutture;
  • Una scuola digitale con un nuovo piano nazionale che metta al centro formazione dei docenti e competenze degli studenti;
  • Una scuola che goda di una semplificazione amministrativa.

12 marzo Question time al Senato

Il 12 marzo si svolge al Senato il question time su reclutamento, formazione e carriera del personale docente della scuola e su questioni concernenti l’accesso all’università e il reclutamento del personale docente universitario, al quale risponde il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

FERRARA Elena (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERRARA Elena (PD). Signora Ministra, come lei ben sa essendo senatrice, stiamo dedicando un’attenzione vera ai diritti dei minori, con provvedimenti quali quello sull’affido e l’adozione, votato ieri all’unanimità, o quello approvato in 1a Commissione, sempre all’unanimità, sulle disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, un tema sul quale lei, signora Ministro, si è impegnata.

Occorre prevenire e contrastare il disagio giovanile, la dispersione scolastica, creare cittadini più consapevoli. La riforma della buona scuola mette al centro lo studente e i suoi bisogni di apprendimento, consapevole della necessità di innalzare il livello generale delle competenze e tra queste quelle creative e relazionali. L’esperienza artistica acquista valore non solo per armonizzare il mondo della formazione con quello della produzione culturale, ma anche per formare cittadini migliori. Ce lo chiedono le famiglie, i bambini e gli adolescenti. La musica, il teatro e la danza potranno essere il banco di prova della buona scuola!

Si deve poter corredare il curriculum dello studente superiore anche di quelle esperienze artistiche, che dovranno avere reale cittadinanza nell’offerta formativa, come previsto dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Oggi abbiamo una scuola secondaria superiore senza musica, ad esclusione dei licei musicali per i quali (e questo è grave) non c’è una specifica classe di concorso, con reclutamenti che hanno escluso docenti impegnati da anni negli ex istituti psicopedagogici, cioè le scuole dove si sono formati gli insegnanti del primo ciclo e che, nel passaggio a liceo delle scienze umane, hanno perso proprio la musica. Eppure, a partire dalla scuola dell’infanzia, sappiamo che la presenza di un laboratorio musicale può fare la differenza; nella vera scuola dell’autonomia, esso acquisisce un ruolo significativo nell’osmosi con il territorio: bande, scuole di musica e danza, compagnie teatrali. Conosciamo le tante esperienze virtuose e le buone pratiche e ad esse rimando.

Può dirci quindi quali sono le misure contemplate nella riforma che tra poco approverete per valorizzare la formazione musicale ed artistica?

A livello strategico, non ritiene che sia ineludibile un partenariato più stringente con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per facilitare ed incentivare, anche attraverso le Regioni e gli enti locali, i piani triennali dell’offerta formativa, che saranno gli strumenti fondamentali di programmazione dell’autonomia scolastica?

LIUZZI (FI-PdL XVII).Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Signora ministra Giannini, il Governo Renzi ha, con la consueta abilità comunicativa, pubblicizzato il piano della buona scuola. Nelle premesse del documento è detto: «Ciò che saremo in grado di fare sulla scuola determinerà il futuro di tutti, più di una finanziaria, più di una spending review». Una battuta un po’ infelice, considerato che uno dei principali problemi della scuola italiana è proprio l’ammontare delle risorse messe in campo.

Ogni scelta inerente le assunzioni, l’ampliamento della offerta formativa, il tempo pieno nella scuola primaria, la fine delle supplenze, la fine del precariato, i concorsi pubblici per assumere giovani docenti, ha un costo e richiede una precisa copertura finanziaria dei provvedimenti che il Governo vorrà adottare.

Accanto a questo problema, basilare, economico, di contabilità dello Stato, vi è un problema di merito sul come si intenda arrivare ad una scuola di tipo europeo. Forza Italia è certamente d’accordo a stabilire nuove modalità di reclutamento del personale del comparto scuola volte ad evitare la formazione di nuovo precariato.

Ma auspica anche di togliere gli automatismi stipendiali e di carriera che finiscono per premiare tutti: i docenti buoni e scrupolosi e gli insegnanti mediocri. I primi (e sono tantissimi) che sono interpreti di quella singolare professione del dono (come diceva Marcel Henaff, sociologo francese) che è l’insegnamento, inestimabile e non quantificabile alla stregua dei parametri del prodotto interno lordo; i secondi, che purtroppo esistono, i quali minano la credibilità della scuola italiana. Serve quindi un livello di produttività elevato e nella scuola il livello di produttività è legato alla qualità dell’insegnamento.

Chiediamo alla ministra Giannini quale sia il percorso che porterà alla annunciata assunzione dei 148.100 docenti nel biennio 2015-2016, attraverso lo svuotamento delle graduatorie ad esaurimento (le cosiddette GAE) e l’assunzione dei vincitori e degli idonei del concorso 2012 e come si intenda procedere per l’assunzione dei preventivati ulteriori 40.000 docenti nel triennio successivo.

Chiediamo altresì se le risorse siano già state opportunamente individuate, perché a nostro avviso c’è una sottovalutazione dei costi e probabilmente il numero dei docenti da assumere dovrebbe essere conseguente alle risorse individuate.

Ma sopratutto, vorremmo sapere se non si intenda introdurre un sistema di valutazione complessivo sulla qualità delle docenze, in assenza del quale ci troveremo di fronte a una grande operazione elettorale che graverà sulle finanze pubbliche, ma non risolverà il problema del livello qualitativo complessivo della scuola italiana.

BLUNDO (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BLUNDO (M5S). Signor Ministro, l’assunzione dei circa 150.000 precari è stata più volte proclamata dal Governo Renzi assicurando sempre le coperture finanziarie. Nelle ultime settimane, però, abbiamo letto sui giornali cifre discordanti, senza che sia stata fatta chiarezza sulle effettive disponibilità economiche messe in campo dal Governo per la stabilizzazione dei precari del comparto scuola, generando molte preoccupazioni tra i lavoratori.

La verità, signor Ministro, è che siete obbligati ad occuparvi dei precari perché lo ha imposto la Corte di giustizia europea, ed è l’unica tematica urgente da affrontare.

Vorrei che oggi lei facesse finalmente chiarezza sulle risorse che intendete destinare all’assunzione dei precari della scuola, troppe volte illusi e disillusi. Le ricordo che alcuni di essi prestano servizio da 10 anni e in alcuni casi anche da più tempo. In merito a questi ultimi e alla risposta data ieri dalla ministra Boschi al question time della Camera, vorrei capire come si intendono riconoscere i diritti di queste persone.

Vorrei sapere, inoltre, come il Governo intenda comportarsi riguardo le classi di concorso esaurite e soprattutto quali misure saranno adottate per quelle classi che, a seguito della soppressione di importanti materie d’insegnamento come scienza delle finanze e diritto, non hanno più la possibilità di veder riconosciuta la loro specificità e professionalità.

All’interno di questa frammentazione del precariato mi preme sapere quando e come verrà risolta l’assenza di una classe specifica di concorso per gli insegnanti dei licei musicali, nonché la situazione della classe A077, ovvero i docenti di strumento musicale. Questo è un gap che bisogna colmare e che va ad aggiungersi a quello subito dagli oltre 2.000 precari dell’Alta formazione artistica e musicale i quali, con la mancata parificazione ai docenti universitari, non hanno una collocazione chiara, e sulla cui situazione l’assenza di una specifica classe di concorso per il liceo musicale incide ulteriormente. Come intende intervenire?

CONTE (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Signora Ministra, uno dei punti qualificanti del piano della buona scuola è relativo alla stabilizzazione del personale docente. Lo stato di precarietà e l’alternanza dei docenti minano seriamente la continuità didattica e la qualità dell’insegnamento e purtroppo, negli ultimi anni, abbiamo vissuto questa situazione negativa nelle istituzioni scolastiche italiane.

Il documento ora prevede l’assunzione di un contingente di circa 150.000 docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE). Di fatto, il provvedimento va a sanare una situazione anomala, venutasi a creare nel tempo a seguito delle diverse modalità di accesso all’insegnamento del personale docente, prospettate negli ultimi anni. Va valutata, tuttavia, positivamente questa previsione, necessaria per azzerare la situazione di precarietà e ripartire con la procedura di espletamento di concorsi periodici, unica modalità da ritenersi idonea per il reclutamento del personale. La sua attuazione apre, però, varie problematiche.

Molti docenti inseriti nelle graduatorie hanno esperienze di insegnamento brevi. Sono tutti in possesso dei requisiti indispensabili per l’espletamento delle funzioni di docente? Quali iniziative intende attuare il Ministro per qualificare gli insegnanti che verranno stabilizzati? E, in linea generale, cosa prevede il Ministero per attuare l’aggiornamento continuo e costante degli insegnanti?

Un’ulteriore problematica scaturisce dalla previsione dell’immissione in ruolo solo degli insegnanti inseriti nelle GAE, le graduatorie ad esaurimento, escludendo i docenti appartenenti ad altre categorie, quali ad esempio il tirocinio formativo attivo (TFA). Verrà previsto un percorso ad hoc anche per questi?

L’immissione in ruolo degli appartenenti alle graduatorie ad esaurimento preclude agli insegnanti immessi in ruolo negli ultimi anni e che hanno avuto come prima assegnazione una sede lontana dalla residenza di ottenere il trasferimento nell’ambito della propria Provincia. Ritiene il Ministro opportuno che, prima della immissione in ruolo degli appartenenti alle GAE, sia data la possibilità di soddisfare le esigenze degli insegnanti immessi in ruolo recentemente, consentendo il trasferimento nell’ambito della Provincia di origine?

PETRAGLIA (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Ministro, l’odierno question time precede il Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio dove, salvo ulteriori rinvii, il Governo dovrebbe approvare il disegno di legge con le linee di attuazione del documento della riforma della buona scuola.

Le anticipazioni dei provvedimenti ci preoccupano, perché l’idea del cambiamento a costo zero rischia di minare pericolosamente la qualità della scuola. Come lei sicuramente già sa, la scuola in questi anni ha subito tagli pesantissimi – oltre 8 miliardi – che i ministri Tremonti e Gelmini hanno brutalmente effettuato: tagli che hanno colpito sopratutto i lavoratori, rendendo il loro futuro incerto e precario. E mi riferisco ai lavoratori della scuola ai quali sono stati presentati, negli ultimi anni, diversi sistemi di arruolamento, perché ogni Ministro che si è insediato ne ha pensato uno nuovo.

Oggi, in Italia, la scuola registra circa 250.000 precari, tra docenti e ATA – abbiamo presentato più volte interrogazioni per avere dati e numeri certi, ma siamo ancora senza risposta – la cui sorte è tuttora molto incerta. La recente sentenza della Corte di giustizia europea afferma che vanno assunti i precari che hanno 36 mesi di continuità nell’insegnamento, perché non si può essere precari se si lavora per un servizio pubblico essenziale come la scuola. Il Governo ha annunciato 150.000 assunzioni, poi ridotte a 120.000, ma ogni giorno i numeri sono sempre meno chiari, perché cambiano ad ogni annuncio.

Noi vorremmo sapere quante saranno le assunzioni e quante le assunzioni alle rispettive graduatorie di merito ed esaurimento, per garantire l’organico funzionale, nonché come pensate di utilizzare gli abilitati TFA e dei percorsi abilitanti speciali (PAS) e sopratutto tutti coloro che hanno abbondantemente superato i 36 mesi di precariato continuativo alle spalle.

CENTINAIO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTINAIO (LN-Aut). Signora Ministra, dal primo annuncio trionfale del Presidente del Consiglio circa l’assunzione di tutti i precari della scuola, già 30.000 stabilizzazioni di insegnanti si sono perse per strada e nessuna certezza esiste oggi sulle altre 120.000 che sono state promesse, con tempi tecnici in scadenza che sicuramente impediranno l’immissione in ruolo dei professori per il prossimo anno scolastico.

All’indomani dell’ennesimo rinvio dei provvedimenti sulla scuola, di chiaro c’è solo che gli annunci continuano ad essere puntualmente smentiti dai fatti. Speriamo che oggi pomeriggio qualcosa cambi.

Secondo il Capo del Governo, per rispettare quanto promesso sui docenti, non servono decreti e ci sarebbero le condizioni per legiferare in tempo utile a meno che – a suo dire – l’ostruzionismo delle opposizioni non blocchi tutto: è sempre colpa degli altri! Il Premier dovrebbe prendere atto, una volta per tutte, che manca la garanzia delle coperture finanziarie dei suoi desiderata e comunicarlo agli italiani, anziché scaricare la responsabilità di eventuali flop sugli avversari politici.

Chiediamo quindi di sapere se il Governo abbia definitivamente scartato la via del decreto-legge, l’unica percorribile per assicurare le assunzioni dei docenti prima dell’inizio del prossimo anno scolastico. Visto che è una delle poche volte in cui lo strumento della decretazione d’urgenza sarebbe stato necessario e urgente, questa volta il Governo vuole escluderlo.

Inoltre, poiché è reale il rischio che migliaia di insegnanti precari, pur bravi, perdano la cattedra in seguito al decreto della buona scuola, chiediamo di sapere se nel testo governativo si terrà conto anche dei precari non inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, che hanno maturato un’elevata formazione e un’esperienza sul campo, che in alcuni casi arriva a dieci anni di insegnamento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, senatrice Giannini, a cui do la parola dopo una piccola reprimenda, perché – anche se nessuno vi ha fatto cenno – la prima cosa che mi è stata insegnata a scuola è la puntualità, e se fossi arrivato con dieci minuti di ritardo avrei dovuto portare la giustificazione dei genitori.

Per questa volta passi; la prossima voglio una giustificazione da parte del presidente Renzi.

GIANNINI, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, accetto ovviamente la reprimenda, mi scuso con i gentili senatori e colleghi e non invoco il quarto d’ora accademico, perché sarebbe di cattivo gusto e non pertinente alla sede.

Cercherò di rispondere, nella sintesi dovuta, ai numerosi spunti e alle domande molto puntuali su un disegno di legge – e questa è la prima risposta che devo al senatore Centinaio, trattandosi della via scelta dal Governo – che verrà presentato nell’imminente Consiglio dei ministri che si terrà di qui a un’ora. Un provvedimento che presenta novità rilevanti sia in materia di autonomia scolastica, finalmente realizzata e non semplicemente dichiarata sulla carta, come è avvenuto fino ad oggi ai sensi della legge del 1999, sia in materia di offerta formativa e di assunzioni del personale docente. Tutti i punti evocati sono quindi contenuti nel provvedimento, che cercherò di sintetizzare.

Alla parte precettiva del disegno di legge delega si collega, comprendendola, una delega volta a riordinare tutto il complesso del sistema normativo scolastico stratificato nel corso del tempo, a partire dal testo unico, e a sistematizzare numerose materie che hanno necessità di essere ricondotte e sintonizzate con il progetto della buona scuola.

Si tratta di ambiti certamente fondamentali. Non c’è bisogno che lo ricordi in questa sede ed è evidente la necessità assoluta di instaurare un dialogo costruttivo con il Parlamento. Questo è il motivo sostanziale che ha spinto il Governo a scegliere lo strumento del disegno di legge piuttosto che la decretazione d’urgenza.

Il progetto è ambizioso, non lo nascondo, e vorrei distinguere per correttezza fattuale: non solo comunicativa, che comunque mi compete, i commenti giornalistici che si sono succeduti nel corso di un dibattito molto ampio e lungo nel corso del tempo – e forse è fatale e naturale che ciò avvenga – e quelli che sono invece i punti cardine del percorso.

Li riassumo. La buona scuola, nella sua presentazione originaria di formulazione di un progetto educativo, faceva riferimento alla possibilità di esaurire i 148.000 iscritti alle graduatorie ad esaurimento (era la proposta che avevamo sottoposto alla lunga consultazione nazionale insieme a tutti gli altri temi), numero che peraltro si è ridotto nel corso di quest’anno per effetto delle assunzioni realizzate e legate al turnover. Comunque i numeri, per rispetto ad un Consiglio dei ministri che si aprirà tra circa un’ora, non li darò in questa sede ma in conferenza stampa o comunque al termine del Consiglio dei ministri e quindi nel corso della serata. Sono comunque molto precisi e ne annuncio subito i criteri. Si conferma un piano assunzionale per quest’anno (2015-2016) che rispetta i principi, scelti definitivamente, di selezione degli iscritti alle graduatorie di merito e alle graduatorie ad esaurimento. Preciso che il numero è identificato e molto chiaro, ma ripeto che, per rispetto, non lo dirò in questa sede.

Il piano assunzionale – in risposta all’implicita e reiterata segnalazione di vari colleghi e di commentatori della buona scuola – non deriva da un obbligo stabilito dalla Corte di giustizia europea. La sentenza della Corte dà un’indicazione su due temi molto importanti e fondamentali a cui il disegno di legge dà una risposta molto precisa: la cessazione immediata dei contratti a tempo determinato sui posti vacanti e disponibili e l’attivazione del concorso come unico strumento per l’accesso alla carriera scolastica nel nostro Paese, in linea con gli strumenti che valgono per gli altri Paesi.

Si tratta di un progetto ambizioso che, come è stato ricordato, richiede risorse. Le risorse sono precise, sono state già assegnate dalla legge di stabilità e verranno puntualmente descritte nel disegno di legge e nella relazione che ne faremo oggi in Consiglio dei ministri. Al momento posso dare la cifra riassuntiva: un miliardo per il corrente anno e tre miliardi a regime.

Nella fase di progettazione abbiamo anche chiarito un principio che è rimasto fondamentale, e cioè: il piano straordinario di assunzioni ha come premessa indefettibile i fabbisogni della scuola. Le materie sono quindi quelle indicate dal fabbisogno della scuola e, conseguentemente, dell’offerta formativa proposta agli studenti.

Quali sono i principi su cui si fonderà il nuovo modello educativo, che parte nel 2015-2016 e che richiederà alcuni anni per entrare a regime nel nostro Paese? Una scuola autonoma nelle scelte didattiche e organizzative, che sappia rispondere alle esigenze formative, ai bisogni degli studenti e che abbia un organico ampio e potenziato. Il piano assunzionale e il conseguente concorso che si svolgerà nell’anno solare successivo ripristinano questo potenziamento dell’organico e ricordo che, tra gli anni 2009-2013, la scuola italiana ha perso 80.000 docenti.

La scuola utilizzerà tutte le forme di flessibilità didattica e organizzativa. Questo significa un curriculum dello studente – e così rispondo alle osservazioni della senatrice Ferrara – nel cui ambito si potranno operare scelte opzionali, ma saranno anche potenziate alcune discipline secondo le linee guida indicate alle scuole.

L’educazione musicale, mi permetto di dire in modo più ampio, è una delle discipline da potenziare, non solo nella scuola primaria ma anche nella scuola di livello secondario, anche se riteniamo che la scuola primaria costituisca il livello fondamentale, nel nostro Paese finora trascurato, da cui partire con questo tipo di competenze.

La scuola avrà anche un’autonomia funzionale e organizzativa fortemente collegata al potenziamento delle responsabilità del dirigente scolastico, a cui sono distribuiti, così come agli insegnanti, sia gli strumenti finanziari che quelli funzionali perché si possa arrivare a quell’autonomia che non è stata ancora realizzata. Ovviamente, tutto questo si collega ad un piano di valutazione sia degli insegnanti che dei dirigenti e ad una serie di responsabilità innovative come la possibilità di scegliere i docenti sulla base delle esigenze della scuola e del progetto educativo di durata triennale, che garantirà la stabilità, come ho più volte ricordato in altre sedi, e la continuità didattica che è mancata alla scuola italiana fino ad oggi.

Il piano triennale dell’offerta formativa sarà disegnato all’interno dell’istituto scolastico, sotto la guida del dirigente scolastico, sulla base del fabbisogno della scuola, degli studenti e delle famiglie, tenendo conto delle priorità tematiche cui ho appena accennato e che sono ormai molto note.

Perché tutto questo possa avvenire è necessario potenziare l’organico e ottenere finalmente il nuovo organico dell’autonomia, che permetterà di rispondere ai differenti bisogni formativi sui diversi livelli, e questa è la motivazione per cui il piano straordinario è una certezza di questo anno scolastico.

Un punto importante, che risponde in maniera puntuale alla Corte di giustizia europea, oltre che ad un principio di qualità della didattica e dell’apprendimento dei nostri studenti, è che non saranno più possibili contratti a tempo determinato stipulati con personale docente, educativo e amministrativo-tecnico presso le istituzioni scolastiche che superino la durata complessiva di 36 mesi. Quindi, questo è un elemento credo molto, ma molto importante.

Ci saranno strumenti anche molto innovativi per la formazione dei docenti, che diventa una delle componenti fondamentali – lo abbiamo detto in altre occasioni, ma lo voglio ribadire – sia nel senso dell’autoformazione, possibilmente organizzata sempre in sintonia con il piano educativo della singola scuola, sia rispondendo a linee guida di carattere più generale.

Un altro punto che è stato richiamato è, naturalmente, la necessità di fornire strumenti che non siano relegati semplicemente o confinati nelle singole competenze disciplinari. Parlo dell’allusione che ha fatto la senatrice Ferrara al cyberbullismo, che – ahimè – è, insieme alla dispersione scolastica, pur come manifestazioni differenti, un fenomeno e indicatore di disagio sociale in alcune aree del Paese veramente molto preoccupante. Gli strumenti che noi offriamo, oltre a disegnare una scuola autonoma, aperta e flessibile (quindi legata ai bisogni dei singoli territori e dei singoli progetti), sono altri che voglio ricordare, anche se non sono stati puntualmente evocati, come l’alternanza scuola-lavoro e il maggior collegamento del progetto formativo con il mondo dell’impresa e della produzione. I laboratori territoriali saranno anch’essi un altro importante elemento. Credo che queste siano le risposte.

PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.

FERRARA Elena (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERRARA Elena (PD). Ringrazio il Ministro per averci illustrato un provvedimento che deve essere ancora approvato, ma le cui linee vanno precisate già da oggi in modo opportuno, perché quello che si è detto è davvero tanto e spesso improprio rispetto alle scelte che il Governo e il Ministero hanno fatto.

Vorrei sottolineare come, di fatto, nel rapporto con la scuola si assiste alla ripresa di un’auspicata e importante autonomia scolastica sui territori, considerando però, anche, che il Ministero non arretra sull’importanza di dare delle direttive. Questo perché dobbiamo assolutamente garantire comunque degli standard, dei livelli essenziali di formazione ai nostri studenti, proprio lavorando insieme in questo tessuto e radicandoci nel tessuto dei nostri territori dove edilizia scolastica, laboratori, formazione degli insegnanti e intreccio con il terzo settore diventano fondamentali. Quando parlo di accordo con il MIBACT, penso anche che si possano ipotizzare delle detrazioni fiscali per le famiglie che, per esempio, utilizzano strutture del terzo settore, che sono molto utili perché la loro attività si compenetra con la formazione messa a disposizione dalle istituzioni pubbliche.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Signora Ministra, ho apprezzato l’approccio olistico della sua replica, ma mi consenta alcune brevi considerazioni.

La buona scuola è, appunto, un nome ad effetto, come lo sblocca Italia. Il ministro Giannini forse non sa che dei 47 decreti previsti da quel provvedimento, che doveva far ripartire l’economia italiana, ne sono stati emanati appena tre. Ecco perché serve prendere le decisioni che riguardano la scuola insieme al Parlamento. Prima di prendere ogni decisione, pertanto, la invito a valutare insieme al Ministro dell’economia le risorse effettive, che a noi sembrano francamente inadeguate. Tutti ci auguriamo che la scuola sia buona, migliore di quella attuale, che non è tutta da buttare via.

Fugata, signora Ministra, la tentazione del decreto-legge, noi auspichiamo un lavoro insieme al Parlamento sul percorso per arrivare ad un metodo di valutazione della qualità dei docenti, come pure dello stato, appunto, dei precari. La precarietà e la cronica alternanza dei docenti minano seriamente la continuità didattica e la qualità dell’insegnamento.

BLUNDO (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BLUNDO (M5S). Signor Ministro, la ringraziamo per averci dato il chiarimento sulla cifra del miliardo, per il corrente anno, e dei tre miliardi a regime, che quindi ha confermato, ma ci manca il riferimento a cosa fa capo e a qual è il capitolo di spesa. Spero che adesso, a seguito dell’imminente Consiglio dei ministri, sarà data ulteriore chiarezza nella vostra conferenza stampa.

Sebbene non mi sia stata data alcuna risposta in questo question time sulle classi di concorso dei licei musicali, sulla classe A077 e sulla problematica dell’eliminazione dell’insegnamento di diritto e di scienza delle finanze all’interno delle scuole italiane, auspico anche che queste risposte ci vengano in seguito dalle prossime conferenze stampa.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Signora Ministra, nel ringraziarla per le precisazioni fornite, torno sulla questione del personale, che ritengo sia uno dei capisaldi per la qualità della nostra scuola.

È apprezzabile la modalità seguita dal Governo di non ricorrere ad un decreto-legge, ma di far riferimento ad un disegno di legge, perché questo dà maggior responsabilità ai due rami del Parlamento. Ritengo tuttavia che i tempi siano molto stretti, quindi la raccomandazione che mi sento di rivolgerle è di riuscire a rispettare la tempistica in maniera tale che le assunzioni possano essere effettuate già dal prossimo anno scolastico, in maniera da attuare fin da subito, per il nuovo personale che verrà immesso in ruolo, le modalità di formazione e di adeguamento delle caratteristiche dell’insegnamento, nonché i meccanismi relativi alla valutazione della qualità dell’insegnamento stesso.

Ritengo che ricorrere ancora alle classi di anzianità, legate semplicemente al tempo, sia un concetto da superare e che sia necessario arrivare invece ad una valutazione dell’insegnante e ad una progressione economica strettamente legate al merito.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Signor Ministro, la ringrazio per il suo intervento, che ha confermato però i nostri dubbi sull’aver fissato un question time oggi, a pochi minuti da un Consiglio dei ministri teso ad approvare il nuovo disegno di legge delega. Ci aspettavamo infatti dati concreti, mentre ci ha confermato solo ciò che in questi giorni abbiamo avuto modo di ascoltare dalle sue parole.

Prendiamo atto che i 148.000 che dovevano essere assunti dalle graduatorie vengono decurtati da quelli che sono già stati assunti nel 2014: questo significa che stiamo portando avanti un piano di assunzioni già previsto dai precedenti provvedimenti. Ci preoccupa non poco la sua affermazione – ma speriamo di aver capito male – relativa al fatto che il piano assunzionale non deriva da un obbligo della sentenza della Corte europea e che quindi provvederete all’immediata cessazione dei contratti a tempo determinato. Spero che questo non voglia dire che il Governo contribuisca ad aumentare il numero dei precari.

CENTINAIO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTINAIO (LN-Aut). Ministro, non so dirle se sono soddisfatto o no; a dire la verità non lo so: aspetto questa sera, quando dal Governo e dal Consiglio dei ministri uscirà qualcosa di concreto.

L’unica cosa che speriamo è che le 150.000 assunzioni che Renzi aveva promesso agli insegnanti italiani verranno realizzate: si tratta di una promessa che ha fatto e che, come tale, dev’essere mantenuta, non come tutte le altre cose che vengono promesse, ma poi finiscono nel dimenticatoio.

Continuo ad avere una perplessità: eravamo dell’idea che fosse meglio fare un decreto-legge, e le spiego il perché. Si tratta della sua reazione, signor Ministro, quando ha saputo dal Presidente del Consiglio che non si trattava più di decreto-legge, ma di disegno di legge: nel momento in cui il Ministro dell’istruzione ha una reazione come la sua – seppur pacata ed educata, come nel suo stile – penso che qualcosa il Presidente del Consiglio l’abbia “ciccata”. Ne sono convinto, mi spiace.

PRESIDENTE. Passiamo ora alle interrogazioni su questioni concernenti l’accesso all’università e il reclutamento del personale docente universitario, cui risponderà il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, senatrice Giannini.

FASIOLO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASIOLO (PD). Signor Presidente, il mio intervento è legato all’accesso degli studenti alle facoltà a numero chiuso, con particolare riguardo a quella di medicina.

Signora Ministra, la ringrazio anzitutto per essere qui, a poco tempo da un Consiglio dei ministri molto impegnativo, che disegnerà la buona scuola. Vorrei richiamare la sua attenzione su un problema legato all’università, che molti studenti stanno ponendo, relativo alle prove di accesso ad alcune facoltà a numero chiuso. A mio parere, l’attuale sistema di selezione attraverso i test alle facoltà universitarie, in particolare i discussi test di medicina, con i ricorsi che ne sono derivati, i ripescaggi, nonché una sanatoria generalizzata, è foriero di problematiche in merito sia alle tempistiche (intendo le tempistiche di selezione) sia ai contenuti delle prove.

Certa è una cosa: il nodo centrale sta nell’attuale sistema di selezione. Particolarmente per quanto attiene alla facoltà di medicina, pare poco premiata la meritocrazia, l’attitudine dello studente (in quanto un singolo test in poche ore difficilmente può stabilirne la preparazione effettiva) e tantomeno la predisposizione ad una futura e così impegnativa professione. Per il modo in cui sono attualmente strutturati, i test tendono a favorire coloro che hanno ricevuto una formazione scolastica prettamente scientifica o chi dispone di maggiore tempo ed opportunità di approfondimento degli argomenti probabili oggetto dei test, trovandosi perciò lo studente avvantaggiato spesso per maggiore addestramento, non sempre per maggiore attitudine.

Le chiedo perciò, ministro Giannini, se e come intenda riconsiderare il metodo di ammissione, valutando altre ipotesi più efficaci, come ad esempio una preselezione con un maggior numero di ammessi a livello iniziale, per poi a conclusione del primo anno di corso procedere ad un’ulteriore valutazione sulla base del profitto e delle attitudini riscontrate. Innovazioni anche queste, Ministro, che sarebbe proficuo introdurre a seguito della manifesta inadeguatezza del sistema attuale.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Signor Presidente, la prima cosa che viene in mente, quando si pensa alle università italiane, sono le graduatorie (il ranking), che collocano i nostri migliori atenei lontanissimi dalle prime posizioni nelle classifiche internazionali. La valutazione viene fatta sulla base di vari indicatori, che in sostanza misurano la qualità dei docenti e del lavoro di ricerca svolto. Da queste deriva la qualità dei laureati e il loro inserimento nel mondo del lavoro. A questo devono servire le università: a dare una preparazione al laureato tale da metterlo in competizione con le professionalità del resto del mondo.

Dobbiamo allora porci il problema se il reclutamento del personale docente nelle università italiane sia adeguato oppure no, ma anche se siano adeguati i criteri che regolano l’attività di ricerca e di divulgazione scientifica. In particolare, la riforma del 2010 e i suoi decreti attuativi si posero il problema serio del reperimento delle risorse da destinare alle università e dell’utilizzo delle stesse. Ci si pose l’obiettivo ambizioso di ridisegnare i tratti basilari del sistema universitario secondo principi di efficacia e di efficienza, scegliendo un percorso qualitativo per le carriere della docenza e per i ricercatori. Andava altresì creato un sistema più trasparente per la formazione delle commissioni preposte al reclutamento del professori e dei ricercatori universitari. Fu posto anche un tetto alle spese relative al personale in rapporto al finanziamento ordinario per le università, superato il quale scattava il divieto di procedere a nuove assunzioni. Anche gli interventi adottati per la valorizzazione del merito prevedevano una riforma radicale del sistema universitario secondo obiettivi di qualità ed efficienza. L’intenzione era quella di promuovere l’eccellenza ed il merito dei migliori studenti attraverso l’assegnazione di premi, buoni studio e prestiti d’onore.

PRESIDENTE. Formuli il quesito, senatore Liuzzi.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Sto chiudendo, signor Presidente.

Chiediamo al ministro Giannini, di cui conosciamo sensibilità, preparazione, esperienza ed attitudine al confronto, posto che parte di quella riforma ha individuato i contesti ed in certa misura raggiunto le finalità che si era preposta, in che direzione intenda proseguire per confermare quegli obiettivi di qualità e di merito, perseguiti i quali anche le nostre università potranno competere con quelle estere.

MONTEVECCHI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONTEVECCHI (M5S). Signor Ministro, in merito ai test di ingresso alla facoltà di medicina, nell’arco dei mesi si è assistito a un cambio di verso ripetuto nel tempo. Inizialmente, infatti, ricordo che lei, signor Ministro, aveva ipotizzato di introdurre in Italia un sistema che si ispirasse al modello francese; vi è stata poi una levata di scudi e lei è tornata sui suoi passi e ha detto, in un’audizione alla Camera dei deputati, presso la Commissione permanente di competenza, che «il mantenimento dell’accesso programmato è un punto fermo del percorso per diventare medici. Cancellarlo sarebbe un salto indietro nel passato, deleterio per il sistema sanitario italiano che è uno dei migliori al mondo». Le chiedo, innanzitutto, se conferma quanto ha detto, perché credo che la qualità di un sistema sanitario e di un percorso di studi non siano unicamente riferibili al numero chiuso nell’accesso al corso di studi stesso; le chiedo, inoltre, se sia ipotizzabile, in un futuro, iniziare a ragionare su un modello di tipo francese.

Vorrei poi chiederle in merito all’altro pasticciaccio, quello del test di ingresso alla scuola di specializzazione in medicina, cosa intenda fare il Ministero. Nel frattempo, infatti, dalla data del 3 novembre 2014, quando lei disse – testuali parole – che «le prove non dovranno essere ripetute, abbiamo trovato una soluzione», sono partiti ricorsi su ricorsi: le aule delle scuole di specializzazione si sono ingrossate perché è cresciuto il numero di studenti e così anche le corsie (chiaramente, infatti, anche se la situazione, era in parte aspettata, non si era preparati). Vorrei sapere come il Ministro intenda procedere anche su questo punto; in realtà, infatti, non c’è una grande chiarezza di intenti.

Vorrei sapere, infine, come si procederà in merito ai test di ammissione alla facoltà di medicina: si è tornati infatti alla data della prima decade di settembre, non ci sarà un nuovo test, ma qualche ragguaglio e informazione ulteriore non guasterebbero.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Signor Ministro, l’accesso alle facoltà universitarie e alle scuole di specializzazione, che avviene con le modalità del test di accesso, è da ritenersi quantomeno poco appropriato per la difficoltà di verificare il livello di conoscenze complessive dello studente: il risultato molto spesso può essere influenzato da fattori del tutto occasionali. Negli ultimi anni, poi, si sono verificate disfunzioni che hanno creato situazioni di incertezza e di tensione negli studenti e che hanno generato anche contenziosi.

Si chiede se siano previste nuove modalità per l’accesso alle facoltà universitarie, posto che la selezione mediante test non sempre è coerente con il livello effettivo di preparazione dello studente e con le sue attitudini.

È pensabile rendere libero l’accesso alle facoltà universitarie, prevedendo uno sbarramento rigoroso al termine del primo anno, qualora non venga raggiunto un numero minimo di crediti? E, laddove sia necessario contingentare il numero di iscritti, è pensabile utilizzare il criterio del punteggio conseguito agli esami di maturità che consegue al percorso formativo complessivo dello studente?

Sì chiede, inoltre, quale sia lo stato di attuazione del riordino delle scuole di specializzazione e quali siano i tempi e le modalità di accesso alle stesse.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Signor Ministro, i docenti strutturati nelle università sono crollati verticalmente, da 60.000 a 50.000 in sei anni: praticamente,turnover zero. Infatti, non solo il 50-80 per cento dei punti organico da pensionamento è svanito in nome del risanamento, ma i ricercatori nuovi assunti grazie alla legge Gelmini del 2010 sono, anche loro, a tempo determinato. Noi sappiamo che esistono due tipi di ricercatori: il ricercatore di tipo A, che dura fino a cinque anni, non rinnovabile, e il ricercatore di tipo B, che dopo tre anni, di norma, vede convertito il proprio contratto in un posto da professore associato e quindi non più disponibile fino alla pensione. Il Ministero dell’università e della ricerca nel 2012 aveva stabilito che per ogni posto da ordinario si è obbligati a bandire anche un posto per ricercatore di tipo B, per garantire almeno un minimo di assunzioni a tempo indeterminato.

Il Governo Renzi ha diminuito questa possibilità, che di fatto era una possibilità di futuro per i ricercatori di tipo A: una possibilità di veder proseguire il proprio percorso universitario. Noi oggi le chiediamo come si procederà dal prossimo anno, quando giungeranno a scadenza i contratti per i ricercatori di tipo A, che rischiano di scontare il parziale fallimento della tenure track all’italiana.

CENTINAIO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTINAIO (LN-Aut). Signor Ministro, la Costituzione della Repubblica italiana prevede che il diritto di studio debba essere garantito a tutti, ma lo stop alla revisione dell’accesso ai corsi universitari a numero programmato, comunicato dal sottosegretario per l’istruzione, l’università e la ricerca, Faraone, è l’ennesima promessa tradita dal Governo Renzi, dopo che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. aveva annunciato una selezione finalmente attenta alla qualità, ispirata al modello francese, abolendo i test di ingresso. Su questo tema ci siamo spesso confrontati e, come ben sa il Ministro, la Lega Nord è totalmente contraria ai test di ingresso, in particolar modo a medicina, dove c’è un solo posto disponibile ogni sette domande e attualmente si entra più per fortuna che per capacità.

I test di ingresso, anche se ben formulati, possono essere relativamente utili per verificare il livello di preparazione, alla fine di un ciclo di studi. Ben diverso è quando essi pretendono di mettere a fuoco quanto si sia portati ad intraprendere un nuovo percorso di studi, soprattutto in un settore particolare come quello medico. Basterebbe guardare a quello che accade in altre Nazioni vicine a noi, come la Francia, in cui la selezione per la facoltà di medicina avviene dopo il primo anno di università e un breve tirocinio in ospedale. Quindi, signor Ministro, chiediamo se il Governo stia lavorando a un sistema che lasci una possibilità a tutti gli studenti di accedere all’università, scremandoli dopo un certo periodo di tempo – magari dopo un anno – in base ad un adeguato numero di esami da superare, in modo tale che i migliori possano scegliere il corso di laurea di interesse, fino all’esaurimento dei posti in quel corso o in quell’ateneo, o se – come temiamo – prevarrà il Renzi pensiero, ancora una volta anticostituzionale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, senatrice Giannini.

GIANNINI, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, gentili senatori, anche in questo caso ci sono vari temi, che cercherò di sintetizzare, partendo dai due punti cruciali, che a mio parere soggiacciono alla maggioranza degli interventi, ovvero la necessità di potenziare la meritocrazia dell’università italiana – così come di altri settori, a partire da quello della scuola – la necessità di promuovere l’eccellenza e quella di garantire – ai sensi dei principi costituzionali, citati da ultimo dal senatore Centinaio – il diritto allo studio per tutti gli studenti – aggiungo, citando la Costituzione – capaci e meritevoli.

Elencherò dettagliatamente le misure che questo Governo ha assunto in termini di criteri di finanziamento al sistema universitario e anche di cambiamento di alcuni punti qualificanti, nell’assegnazione dei fondi premiali e dei fondi strutturali e nelle politiche di reclutamento fino ad oggi esaminate e/o modificate rispetto al passato recente. Passerò poi ad argomentare le scelte in corso e quelle di prospettiva, per cui auspico anche io un’evoluzione positiva verso alcune delle direzioni che sono state evocate sia per le scuole di specializzazione di medicina, che per l’accesso alla facoltà di medicina.

Partendo dal primo punto, per la ripartizione del fondo di finanziamento ordinario del 2014 abbiamo introdotto alcune novità molto importanti, che enuncio. Il sistema di finanziamento di quest’anno è stato caratterizzato dall’introduzione del costo standard, come primo settore della pubblica amministrazione italiana e primo settore universitario all’interno dell’Unione europea. Ciò significa avere un parametro di riferimento basato sul costo standard per l’attribuzione di circa il 15 per cento del fondo di finanziamento complessivo. Il principio del costo standard, oltre ad essere una novità, è anche un principio premiale, perché intende sostanzialmente identificare e quindi valorizzare quelle università che forniscono servizi adeguati rispetto alla platea degli studenti, che sono capaci di contenere il numero degli studenti fuori corso – perché il parametro che si utilizza è il numero degli studenti in corso di laurea – e al tempo stesso che hanno requisiti di sostenibilità dal punto di vista della docenza e del personale tecnico amministrativo. Quindi direi, con una sintesi, che si tratta di università che funzionano, che sono adeguate agli obbiettivi scientifici e didattici e che hanno dei servizi strutturali adeguati alle esigenze degli studenti.

Per ciò che riguarda il riparto dell’anno attuale – il 2015 – mentre si sta lavorando a questi nuovi principi, che saranno esattamente gli stessi, ma potenziati quantitativamente, voglio ricordare che per le università statali la disponibilità delle risorse complessive è aumentata di circa un punto percentuale rispetto all’anno precedente. È il primo anno, quindi, in cui c’è una curva ascendente rispetto a quanto avvenuto fino all’anno scorso. Sostanzialmente, abbiamo 7,1 miliardi per tutto il sistema, con una quota assegnata al costo standard, nei termini e nella quantità che ho detto, e con una quota premiale sensibilmente elevata: era al 13,5 per cento nel 2013, nel 2014 è passata al 18 per cento e la mia intenzione è di potenziare ulteriormente questo parametro.

La quota premiale si basa – altro dato molto importante che risponde sinteticamente, ma anche con una certa analisi di dettaglio, soprattutto al quesito posto dal senatore Liuzzi – sui risultati della attività didattica per il 10 per cento, con specifico riferimento alla componente internazionale, quindi al tasso di attrattività e di internazionalizzazione delle università, e naturalmente è una delle misure che abbiamo introdotto. Voglio ricordare, sempre sotto questo profilo, che abbiamo destinato 65 milioni di euro per il fondo giovani, di cui 51 milioni per la mobilità internazionale degli studenti e dei dottorandi, quindi questa è una misura che va nella direzione di quella valorizzazione e potenziamento dell’eccellenza che è uno degli elementi che, anche guardando i ranking e le classifiche internazionali, laddove esse abbiano un’applicazione possibile al nostro sistema, dovrebbe portarci progressivamente a migliorare.

Il prodotto della quota storica di finanziamento della quota per costo standard e della quota premiale, nonché il fondo perequativo, cioè – in soldoni – quello che tutela le università che a seguito della combinazione di questi tre parametri avrebbero avuto in prima applicazione del costo standard un abbattimento sensibile del loro finanziamento complessivo, comporta un range di fluttuazione che finalmente, lasciatemelo dire, valorizza il merito e limita le perdite talvolta drammatiche di alcuni atenei, soprattutto in alcune aree del Paese. Questo è un equilibrio fondamentale per il raggiungimento di quei due obiettivi di cui dicevo: la promozione dell’eccellenza, ma anche un diritto allo studio garantito al maggior numero degli studenti capaci e meritevoli e in tutte le aree del Paese.

A partire dal 2015, vorremmo introdurre anche ulteriori innovazioni significative sempre sotto questo profilo. Questo significa favorire, ad esempio, il rientro dei ricercatori italiani che si sono trasferiti all’estero, quindi programmi di recupero dei cosiddetti talenti in mobilità, e attrarre i ricercatori di eccellenza che sono residenti all’estero e che possano contribuire all’innovazione e alla qualità della ricerca scientifica italiana. Sotto questo profilo, ad esempio, lo strumento della chiamata diretta semplificato ed il finanziamento dell’attività dei visiting professor nelle università che stiamo facendo progressivamente sarà sicuramente un elemento importante. Faccio qualche esempio: 3,5 milioni di euro sono destinati alla misura della chiamata e cinque milioni ai cosiddetti bandi Levi Montalcini, che sono quei bandi, come ricorderete, che prevedono anche la possibilità di assunzione basata sul merito e su posti di ricercatori in tenure track, di cui parlava la senatrice Montevecchi, quindi di tipo B.

A parte queste ultime misure, che sono congiunturali, ma che andranno a sistema, è molto importante che esse si possano accompagnare alla ridefinizione dei tipi di programmi di ricerca per cui gli atenei possono assumere direttamente docenti che hanno vinto dei grant e fondi competitivi a livello internazionale ed europeo. Per sostenere questo fenomeno, oltre che per rispondere al drammatico problema, che la senatrice Petraglia ha citato, del necessario ricambio della docenza con qualche misura che cominci a tamponare un’emorragia di professori e di ricercatori, si è già iniziato a muovere dei passi. È chiaro però che si tratta di un percorso che va messo a regime o con un piano straordinario di assunzione di giovani ricercatori o – meglio ancora – con un’agibilità di flusso di assunzioni il più possibile regolare.

Cosa si è fatto fino ad oggi? In primo luogo, le università cosiddette virtuose, cioè quelle con parametri di bilancio previsti dal decreto legislativo n. 49 del 2012, possono riutilizzare per intero i punti organico che si sono liberati per cessazione dei contratti dei ricercatori di tipo A, quelli senza tenure track per intenderci. Per il triennio 2015-2017 (quindi da quest’anno fino al 2017), le università possono fissare il numero delle assunzioni dei professori ordinari, favorendo quindi il ricambio, perché – perdonatemi – i giovani non sono solo necessariamente ricercatori, ma possono esserci anche giovani brillanti che vanno in cattedra a un’età relativamente bassa. In questo caso si favorisce il ricambio e si dà un incentivo finanziario alle assunzioni dei ricercatori pari a circa cinque milioni per ciascuno dei tre anni. Questo significa un’ottantina di posti in giù.

È stato inoltre previsto lo svincolo dei punti organico. Come voi sapete avendo approvato il decreto milleproroghe, la legge di stabilità ha protratto tutti i punti organico disponibili da turnover dal 2009 ad oggi. Questa è un’altra misura importante, oltre al piano straordinario degli associati. Si tratta di misure cui si unisce lo schema di decreto sulla ripartizione dei punti organico per il triennio 2015-2017, il quale, tra le numerose innovazioni, prevede che tutte le università con i parametri di bilancio in ordine, cioè le cosiddette università virtuose, possano avere almeno il 30 per cento del rispettivo turnover (vi ricordo che il tetto medio nazionale è del 50 per cento): ciò significa fare tutta una serie di azioni che vadano nella direzione del ricambio, dell’incremento e del ringiovanimento della popolazione docente e di ricerca delle nostre università.

A questo punto, visto che il tempo sta scarseggiando, passerei ai quesiti su medicina. Non ricordo chi ha citato una mia affermazione sull’accesso programmato, ma vorrei chiarire una volta per tutte che non solo non la rinnego, ma la confermo: io non ho mai confuso il numero programmato con l’accesso per selezione. Sono due cose completamente diverse, quindi ribadisco che il numero programmato in una facoltà come quella di medicina è una misura sana e che, rispetto alle generazioni degli anni Settanta e Ottanta, ha portato a una didattica qualitativa. Non è l’unico fattore che rende il nostro sistema sanitario eccellente, ma è uno di essi. Che poi questo sia il migliore strumento per la selezione (cioè quello in corso fino ad oggi), come ho già detto in altre occasioni, non ne sono affatto convinta: è un sistema imperfetto che dobbiamo cominciare a migliorare. Il mio auspicio è che in qualche tempo, forse anche in un anno, si possa arrivare ad avere le condizioni per il cosiddetto modello alla francese.

Cosa faremo quest’anno e cosa ha impedito di avere una misura ragionevole e non peggiorativa del funzionamento della facoltà? Signori, il fatto che in questo Paese gli aspiranti iscritti a medicina sono ancora una massa critica anomala. Vi dico solo due numeri che potete confrontare: ogni anno nel nostro Paese le matricole sono circa 230.000-240.000; di queste, circa 70.000 (e due anni fa 90.000) erano aspiranti medici. Questo è il risultato di un orientamento che non è efficace né incisivo, come invece deve cominciare ad essere. Lo faremo a partire da questo anno scolastico, con i test di autovalutazione e autocollocamento, che naturalmente non hanno nessuna funzione selettiva, ma danno allo studente la misura della comprensione della propria attitudine e delle proprie competenze acquisite. Lo faremo inoltre con il perfezionamento delle prove selettive, concentrate – lo confermo – nella prima decade di settembre (lo abbiamo anche stabilito, mi sembra che siano l’8 o il 9, comunque lo comunicheremo ufficialmente ad horas). Sostanzialmente, l’indirizzo della modifica è quello di diminuire, come la legge ci consente di fare (noi procediamo a norma di legge su questo punto, come ben sapete), la quantità delle cosiddette domande di cultura generale o di carattere esterno alla valutazione delle competenze acquisite dagli studenti nelle discipline che diventano propedeutiche al corso di laurea.

Per le specializzazioni non sto a ripetere affermazioni già fatte in altri contesti, ma faccio un breve intervento perché è un mio dovere. Quello che abbiamo fatto di veramente importante è il decreto interministeriale che razionalizza e riordina le scuole di specializzazione medica, con una diminuzione del numero degli anni, che consente ai nostri giovani medici di entrare in una prospettiva europea in maniera competitiva e adeguata.

Vi riferisco anche ciò che è in corso. Abbiamo garantito il rispetto dei tempi. Il secondo concorso nazionale di accesso sarà emanato entro il 30 di aprile e le prove si svolgeranno entro il 31 di luglio, con una lieve modifica, sostanziale però per il buon funzionamento: un numero minore di opzioni per gli specializzandi. La complessità di quest’anno non è stata data infatti dal pasticciaccio (come lo ha definito la senatrice Montevecchi) delle due domande scambiate, che assolutamente sono state neutralizzate senza alcun nocumento per nessuno dei candidati che sono poi risultati vincitori della borsa di studio. La complessità è stata causata dal numero sterminato di possibili sedi che ha creato un processo lunghissimo e anche interferenza con l’attività didattica delle scuole. Ciò non avverrà.

Visto che il Parlamento è fortemente impegnato su questi temi, noi dobbiamo riflettere, Governo e Parlamento unitamente, sul vero vulnus della formazione medica, cioè sul meccanismo ad imbuto che fa sì che noi laureiamo circa 10.000 ragazzi all’anno in medicina e poi offriamo (questo è il dato dell’anno scorso) 3.300 borse di studio in partenza, che un enorme sforzo del mio Ministero e di questo Governo ha portato finalmente a 5.500, ma che sono sempre poco più della metà. Dobbiamo allora fare, e lo stiamo facendo, uno sforzo di aumento del numero di queste borse di studio, perché chi si laurea in medicina, salvo che non scelga la carriera della medicina generale di cura, deve necessariamente specializzarsi e deve avere la possibilità di farlo.

Un Paese che vuole mantenere la qualità di questo fondamentale settore deve porsi questo dovere istituzionale.

(…)PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.

FASIOLO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASIOLO (PD). Signora Ministra, sono assolutamente soddisfatta per il suo richiamo al principio di premialità e anche per la sua condivisione della non perfezione, quindi della ricerca di ulteriori modalità di selezione o per la revisione dei test attuali.

Volevo segnalarle, tuttavia, che le maglie troppo strette non sempre aiutano, tenendo anche conto di un fatto. Sì ai migliori, sono d’accordo assolutamente con lei: devono essere selezionati i migliori sulla base del merito, ma, parallelamente, si tenga conto che l’università dovrà attrezzarsi e guardare al futuro perché l’età media dei medici di medicina generale, secondo la curva di Gauss, attualmente è di cinquantasette anni. Deve far riflettere che entro i prossimi dieci anni questi medici saranno quasi tutti in pensione e, dunque, avremo un gran bisogno di nuovi medici. Se noi vogliamo realizzare la legge Balduzzi con la riorganizzazione della sanità territoriale, attuando unità complesse di medicina, con presidio h24 e potenziamento delle cure territoriali in una società in rapida invecchiamento, e se pensiamo che nel 2030 il 27 per cento della popolazione sarà over 65, dobbiamo programmare sin d’ora l’accesso alla facoltà di medicina.

Certamente, dovremo formare il nuovo personale medico: che sia il migliore. Speriamo di essere tutti quanti longevi.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Signor Ministro, un punto percentuale in più delle risorse complessive destinate dal bilancio dello Stato alle università è una buona notizia, ma non basta, non è sufficiente. Invitiamo, quindi, il Governo a continuare su questa strada. È chiaro, però, che anche le università dovranno fare anche la loro parte e valorizzare ancora di più il punto focale della riforma Gelmini, ossia l’eliminazione dell’autoreferenzialità. E quindi: i costi standard e la responsabilità del merito degli studenti, dei ricercatori e dei docenti, ed i finanziamenti dello Stato sempre più legati alla valutazione dei risultati.

Da parlamentare del Sud mi consenta, però, di invocare misure correttive, finalizzate a mettere gli atenei insistenti su aree storicamente svantaggiate nelle condizioni di recuperare quel gap socioeconomico, che altrimenti mai potranno recuperare in termini di competitività, a tutto detrimento dello sviluppo dei territori e del riequilibrio delle differenze tra Nord e Sud.

MONTEVECCHI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONTEVECCHI (M5S). Impiegherò davvero poco tempo.

Purtroppo non sono soddisfatta dalle risposte date, perché nel concreto non ho capito come si vorrà muovere il Ministero rispetto al problema sorto con l’esame per l’accesso alle scuole di specializzazione, problema che non ha riguardato solo uno scambio di prove, perché c’è stato ben di più: punteggi sbagliati e poi corretti in fretta e furia, controlli non uniformi, computer portatili nascosti nelle giacche. Un panorama su cui mi piacerebbe che il Ministro ragionasse quando si parla di riforma dei test di ammissione e di metodi di controllo, trasparenza e garanzia.

Per quanto riguarda il test di ingresso alla facoltà di medicina, aspettiamo tutti con ansia maggiori informazioni. Anche a tal riguardo, mi auguro che il Ministro inizi una riflessione che lo possa portare a rivedere la sua posizione, a pensare di adottare un modello ispirato a quello francese e a valutare tutte le varie criticità che mettono in serio pericolo la didattica all’interno delle nostre facoltà di medicina.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Prendo atto, signora Ministra, del processo in atto e della volontà manifestata di superare il concetto dei test, per quanto riguarda l’accesso sia alle facoltà di medicina che alle specializzazioni.

È stato fatto riferimento alla sproporzione tra il numero di coloro che intendono accedere alla facoltà di medicina e il numero effettivo dei posti, per cui reputo necessario un contingentamento. Dal mio punto di vista, si pone anche una questione di natura diversa, che non è oggetto del question time di oggi, e che concerne l’orientamento che dovrebbero effettuare le scuole superiori rispetto alle facoltà universitarie, in maniera tale che gli studenti possano essere indirizzati verso le possibilità offerte dal mercato del lavoro, posto che spesso vi è una difficoltà di inserimento degli studenti laureati.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Ministro, noi conosciamo la sua particolare attenzione verso il mondo dell’università e della ricerca, quindi, la invitiamo a tenere ben presente che oggi, su cento ricercatori, solo sei possono rimanere legati al nostro sistema universitario e venire assunti. Pensiamo quindi che debba essere fatto uno sforzo maggiore rispetto ai cinque milioni cui lei ha fatto riferimento e riteniamo che ottanta posti siano davvero nulla rispetto alla ricchezza che abbiamo in Italia.

Riteniamo che in questo ambito il Governo debba fare molti passi in avanti e trovare le risorse necessarie, perché la ricerca pubblica deve essere una delle priorità su cui puntare.

CENTINAIO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTINAIO (LN-Aut). Ministro, ribadiamo la nostra idea che non può essere un test di ingresso a decidere se uno studente sia capace o meritevole, soprattutto se le domande che gli vengono poste non hanno nulla a che fare con la facoltà che andrà ad intraprendere. Manteniamo, quindi, la nostra opinione al riguardo.

Rispetto a quanto ci ha detto, siamo parzialmente soddisfatti. Mi riferisco al progetto di portare avanti il modello francese, che riteniamo idoneo a rilevare le effettive capacità dello studente e la sua volontà a perseguire la facoltà scelta. Riteniamo che sia il migliore e, quindi, la sosterremo eventualmente nella sua proposta, sperando che poi non appaia ancora il Faraone di turno a bloccare tutto.

3 marzo Banda ultralarga e Crescita digitale in Cdm

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 3 marzo, approva la Strategia italiana per la banda ultralarga e per la crescita digitale 2014-2020.

STRATEGIA ITALIANA PER LA BANDA ULTRALARGA E PER LA CRESCITA DIGITALE
Su proposta del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi,  il Consiglio dei Ministri ha approvato la Strategia italiana per la banda ultralarga e per la crescita digitale 2014-2020. Le due strategie sono state definite dall’Agenzia per l’Italia digitale e dal Ministero dello Sviluppo Economico sotto il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le due strategie mirano  a colmare il ritardo digitale del Paese sul fronte infrastrutturale (Strategia Per La  Banda Larga e Ultralarga) e nei servizi (Strategia per la Crescita  Digitale).
L’Italia nel 2014 risultava ancora il Paese con la minor copertura di reti digitali di nuova generazione (NGA) in Europa, sotto la media europea di oltre 40 punti percentuali per l’accesso a più di 30 Mbps (Megabyte per secondo), un 20% di copertura, contro il 62% europeo; con la prospettiva di giungere solo nel 2016 al 60% di copertura a 30 Mbps e in assenza di piani di operatori privati per avviare la copertura estensiva a 100 Mbps.
Da qui, la necessità di recuperare il gap e raggiungere l’obiettivo strategico di massimizzare la copertura entro il 2020 da un punto di vista infrastrutturale, raggiungendo come minimo gli obiettivi definiti per il secondo pilastro dell’Agenda Digitale Europea –  cioè  Internet in ultrabroadband ad almeno 100 Mbps per almeno il 50% della popolazione come utente, con un  100% dei cittadini che abbiano la copertura a 30 Mbps – ma dandosi come obiettivo del piano il raggiungimento dei 100 Mbps fino all’85% dei cittadini.
Parallelamente alla creazione delle infrastrutture digitali, attraverso la Strategia per la Crescita Digitale, il Governo intende stimolare la creazione e l’offerta di servizi che ne rendano appetibile l’utilizzo e la sottoscrizione di abbonamenti in ultrabroadband.

Strategia Italiana per la Banda Ultralarga
Il nuovo piano nazionale per la Banda Ultralarga si propone un mix virtuoso di investimenti pubblici e privati. Qualora i privati investiranno in misura uguale al pubblico, l’obiettivo che si può raggiungere è superiore a quello minimo europeo. L’obiettivo della Strategia Italiana per la Banda Ultralarga   è quello di rimediare a questo gap infrastrutturale e di mercato, creando le condizioni più favorevoli allo sviluppo integrato delle infrastrutture di telecomunicazione fisse e mobili, con azioni quali:
– agevolazioni tese ad abbassare le barriere di costo di implementazione, semplificando e riducendo gli oneri amministrativi;
– coordinamento nella gestione del sottosuolo attraverso l’istituzione di un Catasto del sotto e sopra suolo che garantisca il monitoraggio degli interventi e il miglior utilizzo delle infrastrutture esistenti;
– adeguamento agli altri Paesi europei dei limiti in materia di elettromagnetismo;
– incentivi fiscali e credito a tassi agevolati nelle aree più redditizie per promuovere il “salto di qualità”;
– incentivi pubblici per investire nelle aree marginali;
– realizzazione diretta di infrastrutture pubbliche nelle aree a fallimento di mercato.
Le risorse pubbliche a disposizione sono i fondi  europei FESR  e FEASR, il Fondo di Sviluppo e Coesione, per complessivi 6 miliardi, a cui si sommano i fondi collegati del Piano Juncker.
Dall’impegno, più o meno significativo, da parte dei privati dipenderanno in parte i risultati per la copertura nei 4 cluster individuati dal Piano sul territorio italiano, in base a caratteristiche simili ma con costi e complessità di infrastrutturazione crescenti.
Infatti le sole risorse pubbliche non saranno sufficienti per sviluppare una rete estesa di nuova generazione (fino all’85% della popolazione collegato ad almeno 100 Mbps). La soluzione individuata dalla Strategia  è quella di un sistema articolato di nuove regole, che accompagni alla migrazione, progressiva e concordata, verso la nuova rete in fibra ottica.  Una serie di misure ad hoc verranno inserite in un provvedimento specifico:

  • il “servizio digitale universale”;
  • un fondo di garanzia;
  • voucher di accompagnamento alla migrazione verso la fibra ottica; 
  • convergenza di prezzo per i collegamenti in fibra ottica realizzati con sovvenzioni statali, al prezzo dei collegamenti in rame.

Strategia per la Crescita Digitale
Il piano nazionale per la banda ultralarga è sinergico alla Strategia per la Crescita Digitale. La strategia ha un carattere dinamico, per essere capace di adattarsi progressivamente agli scenari nel periodo di riferimento 2014-2020. E’ una strategia che punta alla crescita digitale di cittadini e imprese, anche utilizzando le leve pubbliche. Integrerà in modo sussidiario quanto realizzato o in fase di realizzazione sia nel settore pubblico, sia nel settore privato e, deve realizzarsi una piena sinergia con altre strategie pubbliche in essere, sia di pertinenza del governo nazionale sia di competenza regionale, per mettere utilmente “a sistema” obiettivi, processi e risultati.
Tra gli obiettivi che si pone:
–           obbligo dello switch-off nella Pubblica Amministrazione:  digital First, con il superamento della tipologia tradizionale di fruizione dei servizi al cittadino; percorso di centralizzazione  della programmazione e della spesa, monitoraggio delle modalità e tempistiche;
–           nuovo approccio architetturale basato su logiche aperte, standards, interoperabilità e architetture flessibili, user-centered;
–           trasparenza e condivisione dei dati pubblici (dati.gov.it);
–           nuovi modelli di Partnership Pubblico/Privato;
–           coordinamento di tutti gli interventi di trasformazione digitale;
–           la diffusione di cultura digitale e lo sviluppo di competenze digitali in imprese e cittadini;
–           un approccio architetturale basato su logiche aperte e standard, che garantiscano accessibilità e massima interoperabilità di dati e servizi;
–           soluzioni volte a stimolare la riduzione dei costi e migliorare la qualità dei servizi, contemplando meccanismi di remunerazione anche capaci di stimolare i fornitori a perseguire forme sempre più innovative di erogazione/fruizione dei servizi;
–           progressiva adozione di Modelli Cloud;
–           innalzamento dei livelli di affidabilità e sicurezza.
Tra le azioni infrastrutturali cross, che la Strategia si pone:
–           Servizio Pubblico d’Identità Digitale (SPID) per un accesso sicuro e protetto ai servizi digitali.
–           Digital Security per la PA per tutelare la privacy, l’integrità e la continuità dei servizi della PA.
–           Centralizzazione e programmazione della spesa/ investimenti reingegnerizzazione e virtualizzazione dei servizi in logica cloud con conseguente progressiva razionalizzazione datacenter.
–           Sistema Pubblico di Connettività linee guida, regole tecniche e infrastrutture per garantire la connettività e l’interoperabilità Wifi negli uffici pubblici e nelle scuole/ospedali, in sinergia con il piano nazionale banda ultralarga massimizzando la copertura a 100 mbps e garantendo almeno 30 mbps nelle aree più marginali.
La Piattaforma Italia Log In è destinata ad essere la “casa” del cittadino su Internet. La crea un’unica piattaforma, ove apre i suoi dati e offre e riprogetta i servizi a disposizione delle imprese e dei cittadini. Il sistema è pensato come una struttura aperta dove i vari attori della Pubblica Amministrazione contribuiscono per la propria area di competenza. Ogni cittadino con la propria identità digitale ha tutte le informazioni e servizi che lo riguardano.
La strategia è stata redatta a valle di un processo di consultazione partecipato sia online sia offline, svoltosi dal 20 novembre 2014 al 20 dicembre 2014 e che ha coinvolto tutti gli stakeholders pubblici e privati, nonché numerosi cittadini e associazioni civiche.
Nei 30 giorni in cui il testo del documento è stato esposto a consultazione pubblica online sono stati ricevuti 587 commenti da 83 diversi utenti. Sono, inoltre pervenuti all’Agenzia per Digitale oltre 50 documenti di proposta da soggetti pubblici e privati, tutti tenuti in considerazione per integrazioni e modiche.