Approvazione DdL AS 1934 e compilazione RAV

Sen. Stefania Giannini
Ministro dell’Istruzione, Università, Ricerca
Dott. Alessandro Fusacchia
Capo di Gabinetto MIUR
LORO SEDI

Oggetto: Approvazione DdL AS 1934 e compilazione RAV.

Questa organizzazione aveva avuto modo di segnalare, con nota dello scorso 18 giugno, il
rischio concreto che un rinvio nell’approvazione del DdL AS 1934 avrebbe avuto sulla
compilazione della quinta sezione del RAV, nonché su numerose altre operazioni di carattere
organizzativo preliminari all’avvio del prossimo anno scolastico.
Si prende atto con soddisfazione che lo slittamento del provvedimento è rientrato, con
l’approvazione di ieri da parte del Senato e la previsione ormai data per certa della sua
conferma presso la Camera nei prossimi giorni.
Sotto riserva che l’iter previsto non conosca ulteriori intralci, si ritiene che i motivi di
preoccupazione, su cui si era inteso richiamare l’attenzione delle SS.LL., siano ormai venuti
meno e che quindi le diverse attività che erano state indicate come a rischio possano
riprendere il loro normale corso.

E’ gradita l’occasione per porgere distinti saluti.
Giorgio Rembado
Presidente nazionale Anp

DDL SCUOLA: PASSO AVANTI PER UN SISTEMA COMPETITIVO, OPPOSIZIONE SFASCISTA

DDL SCUOLA, MARINO (AP): PASSO AVANTI PER UN SISTEMA COMPETITIVO, OPPOSIZIONE SFASCISTA.

L’approvazione del Ddl scuola è un grande successo per il nostro sistema scolastico per renderlo più competitivo a livello europeo e per adeguarlo ai migliori standard qualitativi e funzionali, ponendo al centro i principi di meritocrazia e autonomia. Le misure più incisive vanno dall’assunzione di oltre centomila professori, oggi precari, ad una reale autonomia scolastica ed alla valutazione premiale per docenti e presidi. Questa riforma è un passo avanti decisivo nel cammino delle riforme che deve continuare senza indugi e senza compromessi al ribasso, nonostante i tentativi ostruzionistici messi in atto e la bagarre scatenata dalle opposizioni anche ieri in Aula, degna del peggiore sfascismo al servizio d’interessi corporativi e puramente strumentale a lucrare consenso politico” così il Sen. Luigi Marino Vicepresidente Vicario Gruppo Area Popolare (Ncd-Udc) al Senato.

Disabili, stranieri e medie: ecco i punti che la riforma della scuola ha dimenticato

da Il Fatto Quotidiano

Disabili, stranieri e medie: ecco i punti che la riforma della scuola ha dimenticato

Gli esperti del settore commentano il provvedimento dopo il via libera al Senato. Il presidente della “Fondazione Giovanni Agnelli”: “Un’occasione persa”. Il preside dell’istituto Majorana di Brindisi: “Giusto che siamo valutati anche noi”. Lo scrittore e professore Eraldo Affinati: “Si è smosso qualcosa, criticare è facile”

Scuola, ok alla fiducia in Senato: 159 i sì, 112 i no. Proteste in Aula, M5s celebra “funerale”

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, ok alla fiducia in Senato: 159 i sì, 112 i no. Proteste in Aula, M5s celebra “funerale”

Via libera al provvedimento che adesso passa alla Camera per l’approvazione definitiva. Tra i dissidenti del Pd che hanno deciso di non prendere parte alla votazione ci sono Corradino Mineo, Walter Tocci e Roberto Ruta. Proteste anche fuori dall’Aula da parte degli insegnanti

Scuola, Senato approva fiducia. Bagarre in aula

da Repubblica.it

Scuola, Senato approva fiducia. Bagarre in aula

A Palazzo Madama 159 sì, 112 no. Dal 7 luglio il testo alla Camera. I senatori hanno votato sul maxiemendamento dei relatori Francesca Puglisi (Pd) e Franco Conte (Ap). Tra i dem non hanno votato i dissidenti Tocci, Mineo e Ruta. Grillo: “Hanno ucciso la scuola pubblica”

ROMA – La riforma della Buona Scuola ha passato il primo scoglio, quello di Palazzo Madama. L’aula del Senato ha dato il via libera alla fiducia sul maxiemendamento presentato due giorni fa dai relatori, Francesca Puglisi del Pd e Franco Conte di Ap, in commissione Istruzione al Senato. Ora il provvedimento passa alla Camera dove arriverà il 7 luglio. I voti a favore sono stati 159, quelli contro 112. Al momento del pronunciamento dell’esito del voto da parte del presidente del Senato Pietro Grasso del voto fischi e proteste da parte delle opposizioni.

“Il Senato ha detto sì a un provvedimento importante per governo e Paese. La buona scuola punto di partenza per costruire rilancio istruzione”, ha scritto su Twitter il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, soddisfatta per l’esito del voto.

Nonostante le defezioni all’interno del Pd (i dissidenti Corradino Mineo, Walter Tocci e Roberto Ruta non hanno partecipato al voto in aperto dissenso con il provvedimento), l’esecutivo ha retto la prova. Maggioranza e governo incassano la fiducia con solo due voti in meno rispetto alla maggioranza assoluta, che al Senato è di 161 voti. Quindi, viene fatto notare da fonti di maggioranza, il Pd ha retto bene di fronte ai malumori della minoranza interna. Per Ncd mancavano e non hanno votato 3 senatori: Esposito, Bonaiuti (entrambi assenti per motivi di salute) e Giovanardi. Per le opposizioni, Forza Italia e Lega in testa, il mancato raggiungimento di quota 161 evidenzia che il governo non ha più la maggioranza assoluta al Senato.

Si avvicina così l’approvazione della riforma che istituisce il ‘super preside’ con il potere di scegliere e di valutare i professori e che dà il via libera al piano straordinario di assunzioni (100mila) che dovrà attuarsi nei prossimi mesi. Una riforma che ha diviso il mondo della scuola che ha reagito con lo sciopero generale del 5 maggio e che ha visto contro i sindacati con la Camusso che anche oggi non ha usato mezzi termini per contestare il governo: “Voto di fiducia? Una pessima notizia per la scuola italiana. E’ la dimostrazione delle tante bugie dette dal presidente del Consiglio e dal suo governo rispetto alla necessità di un confronto sulla riforma”.

Gli insegnanti hanno protestato anche oggi per le strade di Roma mentre in aula si votava la riforma: tremila tra docenti e personale amministrativo sono partiti da Bocca della verità dopo le 17 sfilando verso Campo de Fiori. Non sono mancati momenti di tensione in corso Rinascimento, di fronte all’accesso principale di palazzo Madama, dove un gruppo una ventina di insegnanti e personale della scuola ha rumorosamente contestato l’approvazione del ddl Buona Scuola.

SCHEDE La riforma in 12 punti / Il testo originale del maxiemendamento

La soddisfazione del ministro Giannini. “Una giornata molto importante per il nostro governo ma anche per me personalmente perchè anche se non è il passaggio definitivo è un passaggio fondamentale approvato dai senatori con ampi numeri”. E’ raggiante il dell’Istruzione Stefania Giannini, dopo il voto sulla riforma della scuola.

“E’ la prima volta che si riesce a sfondare un muro che molti ministri non erano riusciti a valicare: il muro dell’autonomia completa. Della valutazione che non era mai riuscita a entrare nella scuola, un elemento qualificante”, aggiunge. Poi ha voluto replicare a chi l’ha attaccata per non aver parlato in aula: “Non mi sento assolutamente commissariata, si deve parlare quando è il momento giusto e oggi il regolamento ha suggerito che si procedesse in questo modo”.

Giornata di tensione al Senato, proteste M5S, Sel e Lega. E’ stata una giornata di tensione a Palazzo Madama, con le opposizioni sul piede di guerra sia per la scelta di porre la questione di fiducia sia per contestare il merito del provvedimento. M5S, Sel e Lega hanno dato battaglia in aula anche con proteste eclatanti.

Contro la riforma in prima fila i parlamentari del partito di Nichi Vendola, alcuni con indosso una maglietta con su scritto ‘libertà di insegnamento’ e ‘diritto allo studio’: “Chiediamo che la ministra (Giannini, ndr) ci degni di farci sentire la sua opinione se davvero ha lavorato su questo schifo di legge – ha detto la capogruppo del Gruppo Misto Loredana De Petris mentre i suoi colleghi davano vita alla protesta con fischietti e campanelli -, tanto più che il Senato è stato cancellato, questa è la situazione a cui ci avete ridotto”.
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I senatori del M5S, subito dopo l’annuncio della fiducia dato dal ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, hanno inscenato in aula  una sorta di “funerale”, accendendo dei lumini votivi in memoria della scuola, “definitivamente seppellita” – a parer loro – dal disegno di legge del governo. I lumini rossi sono diventati una sorta di simbolo della protesta contro il ddl Buona Scuola, perché sono stati utilizzati dai docenti e dal personale scolastico nelle proteste che hanno accompagnato le contestazioni al provvedimento del governo.
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Colorita protesta anche da parte dei senatori leghisti che hanno esposto cartelli con su scritto ‘Fuori i bulli dalla scuolà e un fotomontaggio tra il premier, Matteo Renzi, e il protagonista di ‘Happy days’, Fonzie. Poi nuova protesta della Lega, con toni ancora più forti: senatori leghisti hanno sollevato uno striscione con su scritto ‘Difendiamo i nostri bambini dalla scuola di Satana’, mentre altri hanno mostrato dei fogli con il messaggio ‘La scuola non è di Renzi e la preside non si chiama Agnese’.

Scuola, la Lega porta la vasellina in aula: “E’ quella che Renzi dà agli insegnanti”

Riforma, i sindacati non si rassegnano

da La Tecnica della Scuola

Riforma, i sindacati non si rassegnano

Scrima (Cisl Scuola): a settembre la scuola nel caos per colpa di una riforma destabilizzante. Di Meglio (Gilda): se Renzi pensa di aver vinto la guerra, si sbaglia di grosso. Pacifico (Anief) contro chi “ha una visione della scuola miope e antidemocratica: l’ultima parola sarà dei tribunali”. Plaude l’Anp: il testo approvato contiene parecchi elementi di innovazione.

Il sì del Senato, con più voti di quelli che ci si aspettava, lascia con un certo amaro in bocca i sindacati. Gli scioperi, le manifestazioni, i sit-in permanenti non hanno avuto molti effetti sulla decisione del Governo e del Parlamento di tirare dritto sulla riforma della scuola. Che, se si eccettua qualche modifica marginale, rimane molto simile a quella approvata alla Camera.

Parla di “offesa alla scuola”, Francesco Scrima, leader della Cisl Scuola: “è arrivata. Dura, cercata, voluta. E’ giunta con un voto di fiducia imposto contro ogni regola di buon senso e di saggezza politica, vista la delicatezza di una materia così complessa, centrale per la vita del Paese e il suo futuro”.

“Il Governo – continua Scrima – ha ottenuto la fiducia del Senato, ma ha cocciutamente voluto perdere quella della Scuola. Non ci rassegniamo all’arroganza di chi non ha voluto ascoltare le ragioni di una protesta a cui hanno partecipato, oltre ai lavoratori del settore, anche famiglie, studenti, parti importanti della società civile”.

Il segretario della Cisl Scuola si dice pessimista sull’attuazione della riforma: “a settembre, con la ripresa delle lezioni, la scuola si troverà ad affrontare il caos per colpa di una riforma destabilizzante che dovrà essere solo contrastata. Continueremo la nostra battaglia in tutte le sedi, non escluse le aule dei tribunali”.
Anche per Gilda, il giudizio sull’approvazione del DdL 1934 in Senato è negativo: “il voto di fiducia espresso oggi dal Senato – sostiene il coordinatore nazionale, Rino Di Meglio – è stato un atto di grande violenza istituzionale che ha impedito il dibattito, prima in Commissione e poi in Aula, e ha consentito il passaggio di un disegno di legge che altrimenti non avrebbe ottenuto l’approvazione. Se il presidente del Consiglio pensa di aver vinto la guerra, si sbaglia di grosso, perché il mondo della scuola si batterà con tutti gli strumenti consentiti dalla legge affinché questa riforma incostituzionale venga cancellata”. Per Di Meglio, che nel giorno dell’approvazione della riforma al Senato ha partecipato alla manifestazione organizzata dai sindacati a Roma, “il governo e il Pd hanno consumato uno strappo insanabile con gli insegnanti, una frattura che sicuramente avrà conseguenze sul piano elettorale. Il 7 luglio, data fissata per l’ultimo passaggio parlamentare, scenderemo ancora in piazza tutti uniti a gridare a gran voce il nostro no alla riforma”.

E pure l’Anief rimarca il fatto che “il Senato approva la fiducia tra le contestazioni. I motivi del dissenso – scrive il sindacato autonomo – sono noti a tutti, tranne che ad una risicata maggioranza che ha messo sotto ricatto il Parlamento: si fa un bel passo indietro sulla libertà all’insegnamento, si trasformano gli istituti scolastici in prototipi di aziende, i presidi sceglieranno il personale “pescando” dagli albi territoriali, scegliendo i 50mila docenti e i vincitori del nuovo concorso. Gli altri 50mila immessi in ruolo saranno assunti ad anno scolastico iniziato, con almeno altri 70mila insegnanti non assunti che chiederanno risarcimenti al tribunale civile di Roma. Ma non finisce qui: a settembre nelle scuole si creerà un caos senza precedenti, per il ritorno in classe dei vicepresidi e migliaia di dirigenti sguarniti dell’organico dell’autonomia. Vengono poi beffati tutti gli abilitati laureati, che per i prossimi cinque anni non potranno fare concorsi, né insegnare. Arriva, infine, il comitato di valutazione dei docenti, con i fondi del merito distribuiti dal preside-manager, sulla base delle indicazioni fornite anche dagli studenti 15enni.

Il suo presidente, Marcello Pacifico, punta il dito contro chi “continua a non comprendere i perché delle forti proteste di oggi davanti e fuori il Senato, durante la discussione del provvedimento: ha una visione della scuola miope e antidemocratica. Anche stavolta l’ultima parola sarà però quella dei tribunali”.

Di diverso tenore le parole dell’Anp, che ricorda come il ddl approvato a Palazzo Madama rappresenti l’atto finale di “un percorso avviato con gli annunci del Governo nell’estate 2014, poi transitato attraverso l’ambizioso documento politico presentato a settembre e seguito da una serie di passaggi parlamentari che ne hanno in parte ridimensionato l’originaria carica riformatrice”.

“Sarebbe tuttavia ingiusto – continua il sindacato dei dirigenti e delle alte professionalità – non riconoscere che il testo finale contiene parecchi elementi di innovazione, che incideranno sul modo di funzionare delle scuole, a cominciare da quel discusso piano di assunzioni che ha comunque il merito di ripristinare nella sostanza l’idea di organico funzionale: non del tutto nuova, ma troppo frettolosamente abbandonata quindici anni fa. Per tacere del valore sociale di un risarcimento, per quanto tardivo, a migliaia di docenti finora confinati nel ghetto del precariato ‘ad esaurimento’”.

“Altri però sono gli aspetti che a noi appaiono più positivi: a cominciare dal fatto stesso che finalmente il disegno di legge va in porto: mentre – appena una settimana fa – tutto sembrava (per dichiarazione dello stesso Renzi) dover slittare all’anno prossimo. Ci sembra giusto ricordare che, a sbloccare una situazione di stallo, ha molto contribuito anche la nostra ferma presa di posizione e l’iniziativa di mobilitazione prontamente avviata con una raccolta di firme nella categoria”, tiene a dire ancora l’Anp.

“Spetta adesso ai dirigenti dimostrare nei fatti che i timori e le paure lungamente agitati dagli avversari del cambiamento erano strumentali e solo tesi alla conservazione dell’esistente. Da settembre in avanti avranno l’opportunità di far vedere che la scuola può migliorare, se dispone delle risorse necessarie ed è guidata – conclude il sindacato dirigenziale – con gli strumenti opportuni”.

“Riforma, ora di corsa per renderla operativa da settembre”

da La Tecnica della Scuola

“Riforma, ora di corsa per renderla operativa da settembre”

A dirlo è stato il sottosegretario allIstruzione, Davide Faraone, commentando lapprovazione del DdL “La Buona Scuola” al Senato: i tempi sono stretti, ma andiamo avanti con impegno perché #labuonascuola sia realtà concreta già dal prossimo anno scolastico.

“Andiamo avanti con impegno perché #labuonascuola sia realtà concreta già dal prossimo anno scolastico. I tempi sono stretti ma siamo animati dalla ferma convinzione che sia arrivato il momento di cambiare questo Paese”: a dirlo è stato il sottosegretario all`Istruzione, Davide Faraone, commentando sul suo profilo Facebook l`approvazione del DdL “La Buona Scuola” a Palazzo Madama.
“Il testo approvato oggi in Senato risponde a questa esigenza: accoglie le proposte di modifica emerse dentro e fuori il Parlamento, riducendo significativamente i tempi di approvazione della riforma per favorire le assunzioni degli oltre 100mila precari che serviranno alla buonascuola”, ha sottolineato il sottosegretario. Oggi – dice ancora – un altro passo in avanti è stato fatto. Non ci tiriamo indietro e continuiamo a lavorare con impegno e determinazione per #labuonascuola”.

“La scuola che vogliamo – continua Faraone – sarà autonoma, moderna, con più laboratori e maggiore innovazione digitale, trasparente, grazie agli open data, sicura, grazie agli investimenti in edilizia scolastica in termini di monitoraggio, manutenzione e costruzione di nuove scuole d`eccellenza”.
“Sarà una scuola in cui tutti sono responsabili ciascuno per la propria parte. Ma che soprattutto risponde al suo mandato principale: formare cittadini consapevoli e pronti al domani”, conclude il sottosegretario all’istruzione.

Giannini: giornata importante per il rilancio del sistema di istruzione

da tuttoscuola.com

Giannini: giornata importante per il rilancio del sistema di istruzione

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, esprime “soddisfazione” per il via libera del Senato al disegno di legge ‘La Buona Scuola’ attraverso un ampio comunicato stampa pubblicato sul sito del Miur.

Oggi è una giornata molto importante per il nostro Governo e per il Paese. Quello al Senato era un passaggio fondamentale e il ddl è stato approvato con ampi numeri. Questa legge prevede il rilancio del nostro sistema di istruzione attraverso un cambiamento culturale che mette al centro questi principi: autonomia, trasparenza, responsabilità, valutazione e merito. Su questi temi per la prima volta si riesce a superare un muro che molti ministri non erano riusciti a valicare. La Buona Scuola comunque è per noi un punto di partenza, dopo l’approvazione avremo un lungo percorso di dialogo e di costruzione attuativa in cui coinvolgeremo il mondo dell’istruzione“.

Il provvedimento

Il provvedimento approvato dal Senato oggi prevede un finanziamento aggiuntivo di 3 miliardi a regime sul capitolo istruzione e un piano straordinario di assunzioni per dare alla scuola i docenti di cui ha bisogno. I concorsi per gli insegnanti tornano ad essere banditi regolarmente: il primo sarà indetto entro quest’anno.

Il ddl mette al centro l’autonomia scolastica: si danno gli strumenti finanziari e operativi ai dirigenti per poterla realizzare. Ovvero più risorse economiche (raddoppiato il Fondo di funzionamento delle scuole) e più risorse umane (ogni istituto avrà in media 7 docenti in più per i progetti e il potenziamento della didattica).

Agli studenti viene garantita un’offerta formativa più ricca che guarda alla tradizione (più Musica e Arte), ma anche al futuro (più Lingue, competenze digitali, Economia). L’intera comunità scolastica è coinvolta dell’elaborazione del Piano dell’offerta formativa, il documento costitutivo nell’identità culturale e progettuale di ogni istituto. Nel ddl ci sono risorse per la formazione e l’aggiornamento dei docenti e la loro valorizzazione. Continua l’investimento dello Stato sull’edilizia scolastica, con fondi per gli interventi di manutenzione, ma anche per la costruzione di strutture innovative.

Il comunicato del Miur prosegue con una serie di schede consultabili cliccando qui.

Federalismo fiscale: un decreto fuori tempo massimo?

Federalismo fiscale: un decreto fuori tempo massimo?

di Gian Carlo Sacchi

 

Un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri varato il 27 marzo 2015 ha dato applicazione al D. Leg.vo n. 216 del 26 novembre 2010 in materia di determinazione dei costi e fabbisogni standard di Comuni, Città Metropolitane, Province. Tale decreto era a sua volta attuativo della L. n. 42 del 2009 che introduceva il così detto “federalismo fiscale”.

Si tratta di un’opera monumentale (due volumi di Gazzetta Ufficiale) che indica le note metodologiche per la definizione dei fabbisogni standard, dai quali nasceranno i costi e le relative coperture per i comuni delle regioni a statuto ordinario su diverse materie tra le quali risaltano per l’interesse di questo contributo l’istruzione pubblica e gli asili nido.

Un’approfondita indagine sulla gran parte dei comuni italiani che a partire dai loro conti consuntivi hanno compilato questionari con indicatori standard, di carattere interno, sulla gestione dei servizi, ed esterno sulle situazioni territoriali, attraverso i quali è stato possibile individuare coefficienti considerati appunto di fabbisogno. Un lavoro che può servire per superare, com’era nelle intenzioni dei provvedimenti di allora, il criterio della “spesa storica” generale per arrivare ad individuare le esigenze per ogni singola realtà locale.

Rispetto ai compiti assegnati dal citato decreto 216, l’elaborazione ha riguardato i Comuni, per le città metropolitane di standard c’è ancora molto poco e le Province non ci saranno più, ciò a significare i cambiamenti che in cinque anni si sono verificati nello scenario istituzionale e che ancora sono in atto.

Intanto che i Comuni compilavano i questionari il federalismo scemava ed oggi viene da chiedersi perché questo provvedimento è passato quasi inosservato e benchè possa essere sempre utile in termini di efficienza andare oltre la spesa storica ci si potrebbe trovare ad utilizzarlo proprio nel modo opposto a quello ipotizzato all’origine, cioè a livello centrale piuttosto che decentrato.

Con la predetta legge 42 si delegava il governo a realizzare il federalismo fiscale, cioè una mescolanza di tributi riscossi dallo Stato, ma anche dalle Regioni e dai Comuni ed in passato anche dalle Province, che andavano a sostenere servizi indicati dal citato decreto 216 come “funzioni fondamentali”, in una visione di integrazione per cercare così di rendere non solo efficiente i servizi stessi, ma anche di favorire investimenti per l’eccellenza in un contesto di spesa pubblica virtuosa. Tra queste funzioni ci sono l’istruzione pubblica e gli asili nido. Mentre è stata un’importante ammissione togliere i nidi dall’ambito dei servizi a “domanda individuale”, a totale carico dei comuni e degli utenti, per il sistema dell’istruzione ci si è limitati alle attività di supporto: assistenza, refezione, integrazione disabili, edilizia scolastica.

Su quest’ultimo punto si è giocata e si sta ancora giocando una partita decisiva per il governo del sistema e per il mutamento del ruolo istituzionale e sociale delle scuole. L’art. 117 della Costituzione riformato nel 2001 prevedeva un compito per lo Stato legato alle norme generali, ai principi fondamentali ed ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP), e competenze “concorrenti” tra Stato e Regioni sull’intero sistema. Va da sé che l’applicazione di tale provvedimento avrebbe dovuto dar vita ad un “sistema di autonomie” territoriali (reti, ambiti locali ottimali, ecc.), nel quale fosse riconosciuta anche l’autonomia scolastica, in un’ottica di decentramento amministrativo: un impianto già introdotto dalle norme applicative delle leggi Bassanini di riforma della pubblica amministrazione. Fabbisogni e costi standard, assieme ai LEP, avrebbero dovuto funzionare da regolatori del rapporto tra riscossioni e investimenti, con fondi perequativi dello stato nei confronti di quegli enti locali che non avevano abbastanza “capacità fiscale”, “indicatori rispetto ai quali comparare e valutare l’azione pubblica”.

La riforma dell’art. 117 attualmente in cantiere sembra però invertire la tendenza riportando il tutto alle competenze statali . Infatti nelle dichiarazioni tecnico-normative riportate nel ddl Giannini si evidenzia la compatibilità con le competenze delle regioni, dopo aver sottratto tutto quanto era concorrente con lo stato, non solo, ma nelle deleghe al governo si rientra anche in quanto era loro attribuito in via esclusiva, come ad esempio una si prevede una legge nazionale per l’istruzione e formazione professionale.

Tutte le materie indicate nel decreto sulla buona scuola vengono attribuite allo stato intendendole come norme generali, principi fondamentali e livelli essenziali delle prestazioni per i diritti civili e sociali e quindi tali da non intralciare la predetta concorrenza con le regioni svuotate ormai completamente di capacità decisionali, e, per conseguenza, “non si determineranno nuovi ed onerosi compiti a carico degli enti locali”.

Come si vede la riorganizzazione dei poteri fatta discendere da una nuova versione del predetto art. 117 vede la scuola rientrare nell’orbita del presidio territoriale dello Stato, con un’autonomia, com’è ora “funzionale”. Un passo avanti verso l’autodeterminazione sarebbe avvenuto qualora si fossero portate le autonomie scolastiche a far parte delle autonomie locali e pertanto legate ad una fiscalità multilivello, per la quale era indispensabile l’analisi dei fabbisogni e dei costi standard.

In quest’ottica c’è da chiedersi a cosa potrà servire al riguardo il Senato delle autonomie se le regioni verranno in tal modo svuotate della capacità legislativa e saranno ridotte ad area vasta a prender in carico le deleghe una volta attribuite alle province.

Per il finanziamento del servizio scolastico anziché far ricorso alla sussidiarietà verticale: dal comune alla regione allo stato attraverso diverse fiscalità e corrispondenti politiche di investimento, si preferisce quella orizzontale, cioè ricorrere ai privati, tramite lo school bonus e il crowdfunding o defiscalizzare chi accede alle scuole private, in un sistema di parità ancora molto incerto e mal regolamentato.

Senza nulla togliere al valore di questo procedimento che assicura una maggiore trasparenza ed equità nella redistribuzione delle risorse pubbliche, non si può non evidenziare a che cosa sarebbe dovuto servire, in base al quadro politico di quegli anni ed invece a che cosa servirà in base ad una nuova inversione di tendenza che sta intervenendo ai nostri giorni.

Il decreto comprende le competenze comunali integrative di supporto al servizio scolastico, ma che non attengono alla funzione educativa vera e propria. Il dibattito attualmente in atto sulla riforma costituzionale fa ritenere che le cose continueranno in questa ottica, mentre una fuga in avanti si era ipotizzata agli inizi del duemila con la precedente revisione del titolo quinto, suffragato peraltro da un referendum popolare, che prevedeva la definizione dei LEP attinenti ai diritti delle persone e allo sviluppo sociale ed economico del Paese che avrebbero fatto da sfondo integratore ad una reale autonomia delle scuole e “l’ulteriore autonomia “delle regioni in tale settore. Si sarebbe così arrivati ad “un’unità scolastica locale”, con una serie di indicatori di valutazione dei servizi e della continua ridefinizione del fabbisogno, per far seguito alla necessità di miglioramento continuo. Il discorso sui LEP inoltre impedisce di prendere la strada dei soli risultati, cercando risorse su base per così dire meritocratica e inducendo una competizione nel Paese o addirittura su scala internazionale: qui c’è il problema delle disuguaglianze insito in tutti i processi di autonomia. I LEP sono infatti la sentinella del giusto rapporto che si instaura con i fabbisogni soprattutto in periodi di crisi economica, dove questi ultimi cercano di conculcare i diritti. Ed è in questa situazione che si manifesta la diffidenza tra lo stato, le regioni e gli altri enti territoriali in termini di decentramento amministrativo.

Il dato sull’impegno dei comuni per le scuole private è molto interessante in quanto di solito è assente nel dibattito che si ferma sul livello nazionale anche per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 33 della Costituzione. Incrocia le problematiche relative a recenti prese di posizione sul calcolo di un costo standard universale per lo studente italiano che porta con sé una quota capitaria di finanziamento pubblico che viene incassata dalla scuola frequentata. Senza contare poi, per essere completi, le tassazioni locali sugli immobili e sui servizi così detti indivisibili.

Sono stati presi in considerazione i modelli organizzativi praticati dall’EL, le modalità di svolgimento del servizio e la collocazione territoriale del comune, visto anche nelle sue forme associate. Il decreto individua così il fabbisogno standard per tutti i comuni.

Una particolare attenzione viene riservata agli asili nido, che attualmente sono a gestione diretta dei comuni o in convenzione con i privati fino ad arrivare ad un costo unitario del servizio. Ma anche per loro è in atto un processo di statalizzazione, che se da un lato li si vuole far uscire dalla domanda individuale e diventare a tutti gli effetti servizi educativi, dall’altro vedranno i comuni titolari di una concessione ed i privati rientreranno nel sistema paritario regolamentato dallo Stato, come accade per la scuola per l’infanzia. Nella buona scuola è infatti prevista una delega al governo per la riorganizzazione in tal senso di tutto il segmento 0-6 anni.

E’ così determinato il livello ottimale del servizio pubblico e il suo costo di fornitura unitaria.

La filosofia di tutta quanta l’impostazione è condensata in un frase che merita di essere riportata a conclusione: “si consideri uno stato suddiviso in vari giurisdizioni il cui governo locale, eletto democraticamente dai cittadini residenti, abbia la funzione di amministrare la fornitura dei servizi pubblici locali”. La domanda sorge spontanea: in questi tempi di revisionismo questo decreto non è fuori tempo massimo?

DDL scuola: la Costituzione è stata calpestata

L’approvazione, con il voto di fiducia al Senato (159 voti favorevoli, 112 contrari, nessun astenuto) del disegno di legge sulla brutta scuola è un atto arrogante e autoritario. Non permetteremo che la scuola pubblica sia devastata da questo Governo. Con l’approvazione del disegno di legge si è messa la Costituzione sotto i piedi.

La battaglia per garantire a tutti i precari la stabilizzazione, l’opposizione radicale alla trasformazione delle scuole in aziende, la difesa intransigente dei diritti contrattuali e il rinnovo del contratto nazionale rispettando la sentenza della Corte Costituzionale continuerà nei prossimi giorni nel Paese e nelle scuole. Ci opporremo adesso e a settembre in tutti i modi possibili all’attuazione di quei contenuti che distruggono la scuola pubblica.

Libertà e diritti non possono essere cancellati con un voto di fiducia. La grande e combattiva manifestazione di oggi dimostra ancora una volta che chi ha votato il disegno di legge è ormai lontano dal Paese reale. Non si può pensare che prima si impongono le scelte e poi si dialoga! Se si voleva discutere seriamente bisognava farlo prima e non dopo l’approvazione del disegno di legge.

È il Governo che ha deciso di andare allo scontro e noi raccogliamo la sfida perché il mondo della scuola è con noi.

Compiti estivi

COMPITI ESTIVI di Umberto Tenuta

CANTO 483 <<La scuola è l’ingresso nella vita della ragione. È, certamente, vita essa stessa, e non mera preparazione alla vita; tuttavia è uno speciale tipo di vita, accuratamente programmato al fine di sfruttare al massimo quegli anni ricchi di possibilità formative che caratterizzano lo sviluppo dell’homo sapiens e che distinguono la specie umana dalle altre>>[1].

 

La Scuola è un ambiente di vita accuratamente programmato per educare i giovani.

Prima che fosse creata un’apposita istituzione educativa, all’educazione dei giovani provvedeva la famiglia e la comunità alla quale egli apparteneva.

Evidentemente, la scuola non sostituisce completamente la società educante e la famiglia[2], ma le integra.

Il che significa che famiglia e società continuano ad educare, sia quando la scuola è aperta, sia, e soprattutto, quando la scuola chiude le sue porte.

Occorre perciò considerare le vacanze scolastiche come un prezioso tempo educativo.

Un tempo di stimolazioni formative più ricche e più efficaci di quelle scolastiche.

Se non per altro, perchè più motivanti.

Si pensi, ad esempio, all’attività motoria del nuoto, della danza, delle scalate!

Quale educazione motoria offre la scuola?

Quale educazione musicale offre la scuola?

Quale educazione artistica offre la scuola?

Altro che compiti scolastici!

O docenti, cambiate registro!

Dite ai giovani di nuotare, danzare, scalare i monti!

Dite ai giovani di cantare, suonare, ascoltare musica dai loro cellulari!

Dite ai giovani di osservare il mondo che, fuori dalle aule scolastiche, si squaderna innanzi ai loro occhi durante le vacanze!

Dite ai giovani di non restare soli a dondolarsi sulle amache, ma di correre incontro al mondo umano e naturale che si squaderna dinnanzi ai loro occhi!

Per tre mesi le finestre delle scuole si chiudono e le porte del mondo si aprono ai giovani!

A settembre ritorneranno a scuola con sacchi di esperienze da elaborare durante le ore di geografia, di storia, di matematica, di lingua, di musica, di educazione artistica…

Siano generosi i docenti, e non chiedano della Mesopotamia, del secondo teorema di Euclide, della chiave di violino, della Presa della Bastiglia…

Piuttosto, all’inizio del prossimo anno scolastico, cerchino di prolungare le esperienze geografiche, storiche, artistiche, linguistiche, matematiche… che i giovani hanno vissuto durante le vacanze scolastiche estive!

[1] BRUNER J. S., Dopo Dewey, Armando, Roma, 1964, p. 17.

[2] http://www.gorjuxbari.it/media/leg%C3%A0mi/Formazione_PDF/sistema_formativo.htm

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 giugno 2015

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 giugno 2015

Definizione delle tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione del personale non dirigenziale. (15A06888)

(GU Serie Generale n.216 del 17-9-2015)

                            IL PRESIDENTE 
                     DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 
 
  Visto l'art. 29-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165,
che al fine di favorire i processi di mobilita'  fra  i  comparti  di
contrattazione del personale delle pubbliche amministrazioni, prevede
l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri,
su  proposta  del  Ministro  per  la   pubblica   amministrazione   e
l'innovazione, di concerto con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, previo parere della Conferenza unificata di cui  all'art.  8
del decreto legislativo n. 281 del 1997,  sentite  le  Organizzazioni
sindacali per definire, senza nuovi o maggiori oneri per  la  finanza
pubblica, una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento
previsti dai contratti collettivi relativi  ai  diversi  comparti  di
contrattazione del personale non dirigenziale; 
  Visto l'art. 4, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014,  n.  90,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, il
quale prevede che il decreto  di  cui  all'art.  29-bis  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001 e' adottato,  secondo  la  procedura  ivi
indicata, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del medesimo decreto e che, decorso il  suddetto
termine, la tabella di equiparazione ivi  prevista  e'  adottata  con
decreto del Ministro delegato per la semplificazione  e  la  pubblica
amministrazione, di concerto con il Ministro  dell'economia  e  delle
finanze. Le successive modifiche sono operate secondo la procedura di
cui al citato art. 29-bis; 
  Visto l'art. 30 del predetto decreto legislativo n. 165  del  2001,
cosi' come modificato dall'art. 4 del decreto-legge 24  giugno  2014,
n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014,  n.
114; 
  Visto,  in  particolare,  il  comma  1  dell'art.  30  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001 che disciplina la «mobilita'  volontaria»
che  consente  alle  amministrazioni  pubbliche  di  ricoprire  posti
vacanti in organico mediante passaggio diretto dei dipendenti di  cui
all'art. 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001
appartenenti a una qualifica  corrispondente  e  in  servizio  presso
altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento,  previo
assenso dell'amministrazione di appartenenza; 
  Visto, altresi', il comma 2  del  medesimo  art.  30  del  predetto
decreto legislativo n. 165 del  2001  secondo  cui,  nell'ambito  dei
rapporti di lavoro dell'art. 2, comma 2, i dipendenti possono  essere
trasferiti all'interno della stessa amministrazione o, previo accordo
tra le amministrazioni interessate, in altra amministrazione, in sedi
collocate nel territorio dello stesso comune ovvero  a  distanza  non
superiore a cinquanta chilometri dalla sede cui sono adibiti. Ai fini
del medesimo comma non si applica il terzo periodo  del  primo  comma
dell'art.  2103  del  codice  civile,  configurandosi   la   predetta
fattispecie come «mobilita' obbligatoria» tra amministrazioni; 
  Visto lo stesso comma 2 del medesimo art. 30 del  predetto  decreto
legislativo n. 165 del 2001 secondo cui con decreto del Ministro  per
la   semplificazione   e   la   pubblica   amministrazione,    previa
consultazione  con  le  confederazioni  sindacali  rappresentative  e
previa intesa, ove necessario, in sede di conferenza unificata di cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,  n.  281,  possono
essere fissati criteri per realizzare i processi di cui  al  presente
comma, anche, mediante «mobilita' funzionale» con passaggi diretti di
personale tra amministrazioni senza preventivo accordo, per garantire
l'esercizio   delle   funzioni   istituzionali   da    parte    delle
amministrazioni che presentano carenze di organico; 
  Visto il comma 2.3  del  medesimo  art.  30  del  predetto  decreto
legislativo n. 165 del 2001, che al fine di favorire  i  processi  di
cui ai commi 1 e 2, ha  istituito,  nello  stato  di  previsione  del
Ministero dell'economia  e  delle  finanze,  un  fondo  destinato  al
miglioramento dell'allocazione  del  personale  presso  le  pubbliche
amministrazioni, e ha  previsto  che  i  criteri  di  utilizzo  e  le
modalita' di gestione delle risorse  del  fondo  sono  stabiliti  con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze; 
  Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  del  20
dicembre 2014,  recante:  «Definizione  dei  criteri  di  utilizzo  e
modalita'  di  gestione  delle  risorse  del   fondo   destinato   al
miglioramento dell'allocazione  del  personale  presso  le  pubbliche
amministrazioni, ai sensi dell'articolo 30, comma  2.3,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165»,  e,  in  particolare,  l'art.  1,
nella parte in cui definisce  le  fattispecie  sopra  indicate  della
«mobilita'   volontaria»,   della   «mobilita'   obbligatoria»    tra
amministrazioni e della «mobilita' funzionale»; 
  Visti i commi 2-bis e 2-quinquies del predetto art. 30 del  decreto
legislativo n. 165 del 2001, nella parte in cui stabiliscono  che  il
passaggio  in  altra  amministrazione  del  dipendente  e'   disposto
nell'area funzionale e posizione economica  corrispondente  a  quella
posseduta  presso  l'amministrazione  di  provenienza  e  che,  salvo
diversa   previsione,   a   seguito   dell'iscrizione    nel    ruolo
dell'amministrazione di destinazione, al  dipendente  trasferito  per
mobilita' si  applica  esclusivamente  il  trattamento  giuridico  ed
economico,  compreso  quello  accessorio,  previsto   nei   contratti
collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione; 
  Visti gli articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo  n.  165
del 2001 in materia di eccedenze, mobilita' collettiva e gestione del
personale in disponibilita'; 
  Ritenuto che le  tabelle  previste  dall'art.  29-bis  del  decreto
legislativo  n.  165  del  2001  possano   agevolare   la   mobilita'
volontaria,  quella  obbligatoria  e   quella   funzionale,   nonche'
l'attuazione  dei  processi  in  atto  di   riordino   di   enti   ed
amministrazioni pubbliche  e  garantire  l'esercizio  delle  funzioni
istituzionali da parte delle amministrazioni che  presentano  carenze
di organico; 
  Ritenuto che l'art. 29-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001,
nel prevedere quale contenuto del  decreto  la  definizione  di  «una
tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti  dai
contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione»,
non consente di innovare,  modificare  o  integrare  gli  ordinamenti
professionali dei Contratti collettivi nazionali  di  lavoro  vigenti
dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche; 
  Ritenuto  che  la  «tabella  di  equiparazione  fra  i  livelli  di
inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi  ai  diversi
comparti di  contrattazione»,  in  attuazione  dell'art.  29-bis  del
decreto legislativo n. 165 del 2001,  rappresenta  uno  strumento  di
corrispondenza tra livelli economici di  inquadramento,  utilizzando,
tra  gli  altri  criteri  di  armonizzazione,  anche  l'importo   del
trattamento tabellare stabilito per il personale non dirigenziale dai
contratti collettivi  relativi  al  biennio  economico  2008-2009,  e
consente   di   favorire   i   predetti   processi    di    mobilita'
intercompartimentale; 
  Rilevato  che  per  individuare  la  corrispondenza   dei   livelli
economici previsti dai  vigenti  contratti  collettivi  nazionali  di
lavoro relativi ai diversi comparti di contrattazione  del  personale
non dirigenziale e'  necessario  stabilire,  in  termini  generali  e
preventivi, l'equiparazione tra le aree funzionali e le categorie  di
inquadramento del  personale  appartenente  ai  diversi  comparti  di
contrattazione; 
  Considerato che per definire l'equiparazione tra le aree funzionali
e le categorie di inquadramento del personale appartenente ai diversi
comparti  di  contrattazione  occorre  confrontare  gli   ordinamenti
professionali disciplinati dai rispettivi contratti nazionali tenendo
conto delle mansioni, dei compiti, delle responsabilita' e dei titoli
di accesso relativi  alle  qualifiche  ed  ai  profili  professionali
indicati  nelle  declaratorie  delle  medesime  aree   funzionali   e
categorie; 
  Considerato  che  l'equiparazione  tra  le  aree  funzionali  e  le
categorie di inquadramento  del  personale  appartenente  ai  diversi
comparti di contrattazione, definita astrattamente dalle  tabelle  di
corrispondenza dei livelli economici allegate  al  presente  decreto,
deve  essere   comunque   accertata   dall'amministrazione   all'atto
dell'inquadramento in relazione alla fattispecie concreta sulla  base
dei  rispettivi  ordinamenti  professionali,  nonche'   dei   criteri
definiti dal presente decreto; 
  Ritenuto  che  le  determinazioni  per  l'effettiva  posizione   di
inquadramento  giuridico  del  dipendente  trasferito  in   mobilita'
intercompartimentale devono tenere conto anche  delle  specifiche  ed
eventuali abilitazioni del profilo professionale di provenienza e  di
destinazione,  fermo   restando   il   rispetto   dei   criteri   per
l'individuazione del livello economico di inquadramento; 
  Stabilito che la corrispondenza tra i livelli economici relativi ai
diversi comparti di contrattazione sia individuata anche  sulla  base
del  criterio  della  prossimita'  degli  importi   del   trattamento
tabellare del comparto di provenienza; 
  Precisato  che  la  fascia  economica  derivante  da   progressione
economica nel profilo di appartenenza non puo' dare luogo all'accesso
a profili professionali con superiore contenuto professionale; 
  Rilevato altresi' che  le  corrispondenze  stabilite  dal  presente
decreto non modificano la disciplina prevista per l'inquadramento  in
posizioni professionali il  cui  accesso  e'  riservato  al  pubblico
concorso   ovvero   escluso   tramite    procedure    di    mobilita'
intercompartimentale; 
  Visto l'art. 52 del decreto legislativo  n.  165  del  2001,  comma
1-bis, nella parte in cui stabilisce che i dipendenti  pubblici,  con
esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola,  delle
accademie, conservatori e istituti  assimilati,  sono  inquadrati  in
almeno tre distinte aree funzionali e che le progressioni all'interno
della stessa area avvengono  secondo  principi  di  selettivita',  in
funzione delle qualita'  culturali  e  professionali,  dell'attivita'
svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l'attribuzione di fasce
di merito; 
  Visto il CCNQ dell'11 febbraio 2007 per la definizione dei comparti
di contrattazione per il quadriennio 2006-2009; 
  Visti i  vigenti  contratti  collettivi  nazionale  di  lavoro  del
personale non dirigente dei comparti di contrattazione collettiva e i
vigenti ordinamenti professionali del personale non dirigente, tenuto
conto dell'orario di lavoro settimanale pari a 36 ore; 
  Visto l'art. 40, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del  2001,
cosi' come sostituito dall'art. 54, comma 1, del decreto  legislativo
27 ottobre 2009, n. 150, nella parte in cui  prevede  la  stipula  di
appositi accordi tra  l'ARAN  e  le  Confederazioni  rappresentative,
secondo le procedure di cui agli articoli 41, comma 5,  e  47,  senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per definire  fino  a
un  massimo  di  quattro  comparti   di   contrattazione   collettiva
nazionale, cui corrispondono non piu' di quattro separate aree per la
dirigenza; 
  Visti i  contratti  collettivi  nazionali  di  lavoro  relativi  al
personale non dirigenziale dei comparti dei ministeri, delle  agenzie
fiscali, della Presidenza del  Consiglio  dei  ministri,  degli  enti
pubblici non economici,  compresi  quelli  di  cui  all'art.  70  del
decreto legislativo n. 165 del  2001,  delle  regioni  e  degli  enti
locali, del servizio  sanitario  nazionale,  dell'universita',  delle
istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione,  delle  istituzioni
di alta formazione  e  specializzazione  artistica  e  musicale,  del
personale   della   scuola,   ed   in   particolare   la   disciplina
dell'ordinamento professionale e del tabellare; 
  Visto il contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro  relativo  ai
segretari comunali e provinciali, quadriennio 1998-2001, stipulato il
16 maggio  2001,  e,  in  particolare,  l'art.  32,  che  prevede  le
corrispondenze professionali in caso di mobilita'; 
  Ritenuto che il presente decreto tiene conto dei vigenti  contratti
collettivi nazionali di lavoro con la  conseguenza  che  in  caso  di
rinnovo  occorrera'  procedere  all'eventuale   aggiornamento   dello
stesso; 
  Ritenuto di non declinare nei quadri di corrispondenza del presente
decreto le posizioni stipendiali del personale docente e non  docente
appartenente al comparto scuola e al comparto  delle  istituzioni  di
alta formazione e specializzazione artistica e  musicale,  in  quanto
definite per fasce di anzianita'; 
  Ritenuto opportuno, in ragione della specificita'  dell'ordinamento
professionale, escludere dai quadri di  corrispondenza  del  presente
decreto i professionisti disciplinati nell'ordinamento  professionale
di alcuni contratti collettivi, nonche' i  profili  professionali  di
ricercatore e tecnologo, fermi  restando  la  disciplina  vigente  in
materia di mobilita' e,  ove  compatibili,  i  criteri  del  presente
decreto; 
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 21 febbraio  2014,
con cui l'onorevole dottoressa Maria Anna  Madia  e'  stata  nominata
Ministro senza portafoglio; 
  Visto il decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  22
febbraio 2014,  con  cui  al  Ministro  senza  portafoglio  onorevole
dottoressa Maria Anna Madia e'  stato  conferito  l'incarico  per  la
semplificazione e la pubblica amministrazione; 
  Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  del  23
aprile 2014 recante «Delega di funzioni al Ministro senza portafoglio
onorevole dottoressa Maria Anna Madia per  la  semplificazione  e  la
pubblica amministrazione»; 
  Acquisito il parere della Conferenza unificata nella seduta  del  7
maggio 2015; 
  Sentite  in  data  2  aprile  2015  le   confederazioni   sindacali
rappresentative; 
  Su proposta del Ministro  per  la  semplificazione  e  la  pubblica
amministrazione; 
  Di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; 
 
                              Decreta: 
 
                               Art. 1 
                         Finalita' e oggetto 
 
  1. Le tabelle del presente decreto hanno la finalita' di favorire i
processi di mobilita' fra i comparti di contrattazione del  personale
non dirigenziale delle pubbliche  amministrazioni  e  individuano  la
corrispondenza fra i livelli economici di inquadramento previsti  dai
contratti collettivi relativi ai diversi comparti di  contrattazione,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Restano fermi i
criteri per la comparazione dei livelli di inquadramento tra  aree  o
categorie derivanti dai rispettivi ordinamenti  professionali  e  dal
presente decreto. 
  2. Le tabelle di corrispondenza di cui agli allegati da 1 a 10, che
fanno  parte  integrante  del  presente  decreto,  non  hanno  valore
innovativo,   integrativo   o    modificativo    degli    ordinamenti
professionali vigenti. 
  3. Le allegate tabelle da 1 a 8 (Tab. 1: Ministeri, Tab. 2: Agenzie
fiscali, Tab. 3: Presidenza del Consiglio dei ministri, Tab. 4:  Enti
pubblici non economici, Tab. 5:  Regioni  ed  enti  locali,  Tab.  6:
Servizio  sanitario  nazionale,  Tab.   7:   Universita',   Tab.   8:
Istituzioni ed enti di ricerca)  definiscono  le  corrispondenze  dei
livelli economici del personale del  comparto  indicato  nella  prima
colonna con gli  altri  comparti  di  contrattazione  indicati  nelle
successive colonne sulla base del criterio di cui all'art.  2,  comma
3. I livelli economici del personale degli enti  di  ricerca  di  cui
alla Tab. 8 si intendono riferiti  anche  al  personale  dell'Agenzia
spaziale italiana (A.S.I.). Lo stesso criterio vale  per  le  colonne
finali titolate «Ricerca» delle Tab. da 1 a 7. 
  4. La Tab. 9 definisce la corrispondenza del  personale  docente  e
non docente del comparto Scuola e AFAM rispetto al comparto Ministeri
e si integra, per gli altri comparti, con la Tab. 1. Per  la  Tab.  9
non sono declinate le posizioni stipendiali del personale  docente  e
non docente appartenente ai relativi comparti. 
  5. Il segretario comunale collocato nella fascia professionale  «C»
viene equiparato alla categoria o  area  professionale  piu'  elevata
prevista   dal   sistema   di    classificazione    vigente    presso
l'amministrazione di  destinazione  con  inquadramento  nella  fascia
economica secondo i criteri del presente decreto. 
  6.  La  Tab.  10  definisce   la   corrispondenza   del   personale
Unioncamere, Cnel  ed  Enac  rispetto  al  comparto  Ministeri  e  si
integra, per gli altri comparti, con la Tab. 1. 
                               Art. 2 
                      Criteri di inquadramento 
 
  1.    Le    amministrazioni     pubbliche     operano,     all'atto
dell'inquadramento del personale in mobilita', l'equiparazione tra le
aree  funzionali  e  le  categorie  di  inquadramento  del  personale
appartenente ai diversi comparti di contrattazione mediante confronto
degli ordinamenti professionali disciplinati dai rispettivi contratti
collettivi nazionali di lavoro, tenendo  conto  delle  mansioni,  dei
compiti, delle responsabilita' e dei titoli di accesso relativi  alle
qualifiche ed ai profili professionali  indicati  nelle  declaratorie
delle medesime  aree  funzionali  e  categorie,  senza  pregiudicare,
rispetto al requisito  del  titolo  di  studio,  le  progressioni  di
carriera legittimamente acquisite. La fascia economica  derivante  da
progressione economica nel profilo di appartenenza non puo'  comunque
dare  luogo  all'accesso  a  profili  professionali   con   superiore
contenuto professionale per i  quali  e'  previsto  un  piu'  elevato
livello di inquadramento giuridico iniziale. 
  2. L'individuazione della posizione di inquadramento giuridico  del
dipendente trasferito in mobilita' intercompartimentale  deve  tenere
conto anche delle specifiche ed eventuali  abilitazioni  del  profilo
professionale di provenienza e di destinazione. 
  3. La corrispondenza tra i livelli economici  relativi  ai  diversi
comparti di  contrattazione  e'  individuata  anche  sulla  base  del
criterio della prossimita' degli importi  del  trattamento  tabellare
del comparto di provenienza secondo le  corrispondenze  di  cui  alle
tabelle allegate al presente decreto, fermo  restando,  comunque,  il
prioritario rispetto dei criteri di cui ai commi 1 e 2  del  presente
articolo. 
                               Art. 3 
                Trattamento economico e previdenziale 
 
  1. Nel caso di mobilita' volontaria ai sensi dell'art. 30, comma 1,
del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001  si  applica  il  comma
2-quinquies del medesimo art. 30 del decreto legislativo n.  165  del
2001. 
  2. Nei casi di mobilita' diversa da quella volontaria, fatta  salva
l'eventuale disciplina speciale  prevista,  i  dipendenti  trasferiti
mantengono: 
    a) il trattamento economico fondamentale e  accessorio  ove  piu'
favorevole - limitatamente alle voci con carattere di  generalita'  e
natura fissa e continuativa, non  correlate  allo  specifico  profilo
d'impiego nell'ente di provenienza, previste  dai  vigenti  contratti
collettivi nazionali di lavoro - corrisposto dall'amministrazione  di
provenienza  al  momento  dell'inquadramento,  mediante  assegno   ad
personam riassorbibile con i  successivi  miglioramenti  economici  a
qualsiasi titolo conseguiti  nei  casi  in  cui  sia  individuata  la
relativa  copertura  finanziaria  ovvero  a  valere  sulle   facolta'
assunzionali; 
    b) la facolta' di optare per  l'inquadramento  e  il  trattamento
previdenziale di provenienza. 
                               Art. 4 
                              Efficacia 
 
  1. Il presente decreto  e'  da  riferire  alla  vigente  disciplina
contrattuale. Le eventuali successive modifiche sono operate  secondo
la procedura di cui all'art. 29-bis del decreto legislativo 30  marzo
2001, n. 165. 
  2. Le corrispondenze  fra  i  livelli  economici  di  inquadramento
stabilite nei quadri di cui agli allegati da 1 a 10 si applicano alle
procedure di mobilita' avviate successivamente all'entrata in  vigore
del presente decreto. 
  3. Sono fatti salvi sia le disposizioni di carattere speciale sulla
materia, sia gli ordinamenti professionali previsti  dalla  normativa
vigente. 
                               Art. 5 
           Regioni a statuto speciale e Province autonome 
                         di Trento e Bolzano 
 
  Le disposizioni di cui al presente decreto si  applicano  anche  ai
processi di mobilita' che coinvolgono, ove  previsti,  gli  specifici
comparti delle regioni a statuto speciale e delle  province  autonome
di Trento e di Bolzano, compatibilmente con le norme  dei  rispettivi
statuti e le relative norme di attuazione. 
  Il presente decreto e' trasmesso ai competenti organi di  controllo
e sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. 
    Roma, 26 giugno 2015 
 
                          p. Il Presidente del Consiglio dei ministri 
                               Il Ministro per la semplificazione     
                                 e la pubblica amministrazione        
                                            Madia                     
    
Il Ministro dell'economia 
    e delle finanze 
         Padoan 

Registrato alla Corte dei conti il 17 agosto 2015 
Ufficio controllo atti P.C.M. Ministeri giustizia e affari esteri 
reg.ne prev. n. 2105 
Allegato 

Avviso 26 giugno 2015, AOODGRUF 436

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
D.G. per le risorse umane e finanziarie

AVVISO DI MOBILITA’ PER IL RECLUTAMENTO DI N. 5 FUNZIONARI AREA III – F1, ESPERTI NELLA GESTIONE DEI FONDI EUROPEI

IL DIRETTORE GENERALE

VISTO il Decreto Legislativo 30 marzo 200 l, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni, ed in particolare l’art. 30;
VISTO il Decreto del Presidente della Repubblica 09 maggio 1994, n. 487, e successive modifiche ed integrazioni, concernente il regolamento sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzioni nei pubblici impieghi;
VISTO il D.D.G. 06.03.2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 21 del 17.03.2015, con il quale è stata indetta una procedura di mobilità ai sensi dell’ art. 30 del decreto legislativo n. 165/2001 finalizzata all’ immissione nei ruoli del Ministero dell ‘Istruzione, dell’Università e della Ricerca di 5 unità di area funzionale terza, posizione economica F1 da inquadrare come funzionario amministrativo contabile;
VISTO il D.D.G. 28.04.2015 con il quale è stata nominata la Commissione esaminatrice della procedura di mobilità di cui sopra;
VISTA la nota prot. n. 9798 del 19.06.2015 con la quale la Dr.ssa Rossella SCHIETROMA rassegna le proprie dimissioni dalla Commissione;
CONSIDERATA la necessità di dover sostituire la Dott.ssa Rossella SCHIETROMA;

DECRETA:

La Commissione esaminatrice della procedura di mobilità ai sensi dell’art. 30 del decreto legislativo n. 165/2001 di 5 unità di area funzionale terza, posizione economica F1, profilo professionale di funzionario amministrativo contabile di cui alle premesse è così composta:

Presidente Dr. Jacopo GRECO Direttore Generale MIUR
Componente Dr. Vito ABBADESSA Dirigente MIUR
Componente Dr.ssa Anna Maria LEUZZI Dirigente MIUR

Le funzioni di segretario saranno disimpegnate dalla Sig.ra Mimma BARONE – funzionario amministrativo, giuridico contabile area III/F1.

Il presente sostituisce il DDG del 28.4.2015

Il Direttore Generale
Jacopo Greco

26/06/2015 – Avvio Servizio di Valutazione Indipendente del Programma Operativo finanziato con il Fondo Sociale Europeo 2007/2013

Oggetto: Programmazione dei Fondi Strutturali Europei 2007/2013 – PON FSE “Competenze per lo sviluppo” – Asse III – Assistenza Tecnica – Avvio Servizio di Valutazione Indipendente del Programma Operativo finanziato con il Fondo Sociale Europeo 2007/2013.

Nota prot. 8198 del 17 giugno 2015