PROVE DI SMANTELLAMENTO DELLA LEGGE 107

PROVE DI SMANTELLAMENTO DELLA LEGGE 107

 

DIRIGENTISCUOLA era prontamente intervenuta all’indomani dell’Intesa propedeutica al rinnovo dei contratti nel pubblico impiego, sottoscritta il 30 novembre u.s. tra i titolari della Funzione Pubblica e i vertici di CGIL-CISL-UIL, non riuscendo a trovare altre convincenti spiegazioni che non fosse quella di un tentativo dell’ultima ora per guadagnare alla causa referendaria del NO le – presunte – ostili tre milioni di anime popolanti la galassia del pubblico impiego. Perché manda a ramengo l’intero dispositivo della Riforma Brunetta (D. Lgs. 150/09), primariamente in punto dei rinforzati poteri datoriali della dirigenza pubblica e in generale segnando la recessione, rispetto al contratto, delle fonti pubblicistiche afferenti all’organizzazione dei pubblici uffici e all’attribuzione delle sfere di competenza del personale ivi incardinato, tra l’altro bellamente obliterandosi l’articolo 97, commi secondo e terzo, della Costituzione.

In cambio di quest’accordo “fortemente innovativo” (UIL), che consente di “riaprire la stagione dei rinnovi contrattuali” (CGIL), le Corporazioni sindacali hanno accettato la “cifra dignitosa” (CISL) di 85 euro lordi mensili medi spalmati nel triennio 2016-2018 e prontamente corrisposto all’idea fissa della ministra Madia e del sottosegretario Rughetti, confermati nel nuovo Governo Gentiloni, della “piramide rovesciata” o della logica alla “Robin Hood”, di assicurare i maggiori aumenti agli stipendi più bassi e con salvezza degli 80 euro mensili netti per chi al momento percepisce un lordo anno inferiore a 26.000 euro, così che lo strumento contrattuale, che per dettato della sentenza della Corte costituzionale 178/15 (che ha imposto la cessazione di una moratoria negoziale protrattasi per sei anni) dovrebbe assicurare la giusta retribuzione in base alla qualità e alla quantità del lavoro svolto, è trasformato in un’impropria misura assistenziale, con prospettive grame per la “specifica” dirigenza scolastica, di rimanere inchiodata – al quarto contratto! – nel suo rango di figlia di un dio minore rispetto ai “generici” dirigenti pubblici.

Ma, celebratosi il referendum con il (provvisorio?) commiato di Matteo Renzi e con una, per certi versi imbarazzante, continuità governativa che ha comportato il solo licenziamento del titolare della Minerva, la nostra ipotesi – di un cedimento provvisorio o finto del Governo – pare oggettivamente smentita dalla nuova ministra Fedeli: che, dopo un breve ma intenso lasso temporale per “ascoltare, dialogare e fare sintesi”, ha dato al suo nuovo capo di gabinetto il “placet” alla firma di un Accordo, il 29 dicembre 2016, con quattro dei cinque sindacati del comparto, nell’insieme altresì rappresentativi (nella complessiva misura di poco superiore al 50%) nell’area dirigenziale Istruzione e Ricerca.

Il titolo anodino di “Accordo politico sulla mobilità dei docenti”, peraltro avente “validità esclusiva per il solo anno scolastico 2017-2018”, in realtà cela un colpo mortale al cuore della legge 107/15, anzitutto reintroducendo la mobilità selvaggia dei docenti, inclusi i nuovi assunti, rendendola libera con svincolo del loro obbligo della permanenza triennale nel proprio ambito o nella propria scuola, in spregio al divieto del comma 73, secondo cui “dall’anno scolastico 2016-2017 la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra gli ambiti territoriali”; e dopo che nelle precedenti tornate si era sterilizzato il chiaro disposto del primo comma dell’art. 40 del D. Lgs. 165/01 e s.m.i., per il quale nelle materie relative alla mobilità (e alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio) “la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge”.

In secondo luogo prevede un separato accordo, oggetto di un contratto parallelo a quello sulla mobilità, per la concorde definizione dei criteri di individuazione dei docenti per competenze (c.d. chiamata diretta), “in un quadro di requisiti stabiliti a livello nazionale che valorizzino il Collegio dei docenti e le sue articolazioni, assicurando imparzialità e trasparenza”, in attesa che, per quanto prima sottoscritto dalla Funzione Pubblica e dalle Confederazioni generaliste, possa pure essere contrattato il “bonus” premiale, con la cancellazione dei commi 126-129 della legge 107, ancorché il susseguente comma 196 sancisca che “sono inefficaci le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto previsto dalla presente legge”; e infine, sempre in sede di imminente (?) rinnovo contrattuale, non escludendosi un annacquamento del sistema delle sanzioni disciplinari, sull’abbrivo di una montante, e stravagante, giurisprudenza che vuole il dirigente scolastico facoltizzato, nei confronti dei docenti, alla sola irrogazione dell’avvertimento scritto e della censura.

Smontate le parti qualificanti della legge e fornendo chiara mostra di voler rinunciare all’esercizio delle non meno “pregiate” deleghe in essa contenute, nella ricerca di un improbabile consenso da recuperare (per le prossime elezioni anticipate?) o che non si è mai avuto e né mai lo si avrà, della “Buona scuola” restano, e forse s’incrementano pure, il piano assunzionale dei docenti, dragando quanto più precariato possibile, e i finanziamenti, rigorosamente gestiti dall’apparato centrale, di un’ampia progettualità sulla formazione del personale, sulla scuola digitale, sull’inclusione scolastica, sull’alternanza scuola-lavoro, sulla didattica laboratoriale, sulla cittadinanza attiva, sulla salute e sicurezza…ma abbandonandosi il primigenio proposito di ridisegnare una nuova “governance” coerente con l’assetto autonomistico del sistema scolastico, a partire dai rinforzati – e contrastati – “poteri” del dirigente scolastico.

Poiché la buona fede si presume, fino a – nuova – prova contraria, e dando per scontato che un’ex sindacalista di lungo corso non abbia, nella nuova funzione, in cima alle sue preoccupazioni quella di tenersi buoni i sindacati perché consentano l’ennesimo blocco dei salari, non è proprio dato di comprendere come possa realizzarsi il proposito della ministra Fedeli, campeggiante nella prima priorità politica del suo Atto d’indirizzo per l’anno 2017, firmato nell’antivigilia di Natale, di “proseguire nel processo di implementazione e completa attuazione della legge 107 del 2015”.

Perché non può ignorare le reali intenzioni dei suoi rivitalizzati partner, peraltro esposte alla luce del sole: che non sono affatto quelle di concorrere “nel processo di implementazione e completa attuazione della legge n. 107 del 2015”, bensì di neutralizzarla tramite trattative asfissianti e a tutto tondo, più che possibile “nuova versione infetta della cogestione” (G. Stella, “Corriere della sera”), così provando a recuperare tutti i fallimenti che hanno subìto sulla “Buona scuola”.

E non vorremmo proprio credere che la ministra Fedeli, avendo all’atto del suo insediamento dichiarato e poi confermato la volontà di studiare e documentarsi per conoscere un universo finora estraneo, prima di promuovere l’Accordo non abbia preso cognizione:

  1. del modesto risultato dello sciopero contro la legge 107/15 indetto dai maggiori sindacati della scuola all’indomani della sua entrata in vigore e del clamoroso “flop” di quello replicato poco più di un anno dopo, con un’adesione inferiore al 10% del personale docente e ATA;
  2. della mancata raccolta delle firme necessarie per l’indizione dell’annunciato referendum popolare al fine dell’abrogazione della predetta legge, bollata come il ricettacolo di ogni nequizia, che avrebbe prodotto “una mutazione genetica rispetto ai principi e valori costituzionali per la scuola pubblica statale” (dal sito Uilscuola del 6 dicembre 2016);
  3. della sentenza della Corte costituzionale 284/16, depositata il 21 dicembre 2106, otto giorni prima dell’Accordo, con cui sono stati rigettati i 5 motivi di ricorso della regione Veneto e ben 12 dei quattordici della Regione Puglia, che aveva sferrato un attacco all’intera impalcatura della legge 107 allegando la lesione che essa avrebbe consumato delle competenze regionali concorrenti in materia di istruzione ed esclusive in materia di istruzione e formazione professionale, ma chiaramente per rimarcare la distanza politica dal Governo Renzi e dar man forte ai tanti nemici della “Buona scuola”: che ha accolto solo quelli inerenti il comma 153 (riparto dei fondi per le scuole innovative, per omessa intesa con le Regioni) e parte del comma 181 (sempre per difetto d’intesa sulla definizione degli standard strutturali e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia nell’ambito dei principi e dei criteri direttivi per l’esercizio della delega legislativa sul nuovo sistema integrato 0-6). Insomma, briciole o poco più, mentre sono stati ritenuti di legittima esclusiva competenza del Parlamento nazionale, tra gli altri, i commi costituenti il cuore della Riforma: 66 (Ruoli del personale docente e loro articolazione in ambiti territoriali), 68 (Ripartizione dell’organico dell’autonomia tra gli ambiti territoriali), 126 (Istituzione del fondo, extracontrattuale, per la valorizzazione del merito del personale docente);
  4. della muta eloquenza dei fatti, testimonianti che nelle scuole la 107 non sta producendo sconvolgimenti e vengono tranquillamente accettati i suoi fondamentali istituti, dal bonus premiale all’intrigante trinomio RAV-PTOF-PdM; che, anzi, le scuole dimostrano vivacità ed interesse a partecipare ai vari progetti resi possibili dai finanziamenti dell’aborrita legge e, quanto all’enfatizzata conflittualità che le starebbe lacerando, i dati dell’ARAN rendono noto che sono stati firmati il 93% dei contratti integrativi d’istituto e solo nell’1,3% dei casi i dirigenti scolastici hanno fatto ricorso all’atto unilaterale.

Dovrebbe allora la ministra Fedeli convenire, alla stregua delle compendiate “evidenze”, e determinandosi di conseguenza, che se la 107 non è perfetta, essa fa male solo ai sindacati adusi a mettersi sempre di traverso perché ostili ad ogni innovazione che possa intaccare il consolidato governo – perciò preteso come diritto acquisito – di un personale mantenuto in una dipendente e massiva condizione impiegatizia.

Ci (ri)pensi la signora ministra, prima di attivare, o sostenere, i provvedimenti legislativi per dar seguito a una – sbilanciatissima – “Entente cordiale”, che non ha direttamente sottoscritto e che, di per sé, è priva di qualsivoglia valore giuridico.

Decine di migliaia di docenti supplenti senza stipendio

Scuola =
on. Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana):
Decine di migliaia di docenti supplenti senza stipendio.
Situazione indecente, altro che Buona Scuola. Il governo risolva subito.

“Ancora una volta i docenti supplenti trattati come schiavi. Altro che BuonaScuola della propaganda renziana: un episodio indecente che la dice lunga sull’attenzione che ha il governo nei confronti dell’istruzione pubblica del nostro Paese.”
Lo scrive su twitter Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, commentando la vicenda delle decine di migliaia di insegnanti supplenti che stanno aspettando da mesi l’erogazione degli stipendi, denunciata in queste ore dalle organizzazioni sindacali,  e su cui il Miur e il ministero dell’economia si stanno rimpallando la responsabilita’ dei ritardi.
Sulla vicenda Sinistra Italiana presentera’ in Parlamento interrogazioni parlamentari affinche’ venga trovata immediatamente una soluzione dignitosa.

Fantozzi e i nuovi privilegiati

Fantozzi e i nuovi privilegiati*

di Pierluigi Tiriticco

Chi guarda un film di Fantozzi non pensa più a un oppresso dal potere capitalistico: oggi il personaggio di Fantozzi è un privilegiato. Come cambiano i tempi…

 

Vi ricordate il ragionier Fantozzi, oggetto del ludibrio, della compassione, delle prese in giro dell’Italia post boom economico, alle prese con la contestazione giovanile e con i primi focolai della strategia terroristica? A distanza di soli 40 anni e poco più è tutto cambiato, perché è cambiato drammaticamente anche il nostro paese ed il suo derelitto e anacronistico mercato del lavoro. Ebbene sì, dirlo a chiare lettere senza alcuna remora o tentennamento fa impressione, ma l’evidenza è chiara e lampante: Fantozzi nel 2016 è un privilegiato, roba da far invidia al 25enne laureato con lode o al 40/50enne che va avanti con contratti semestrali e che lo chiamano “professionista” a fronte di parcelle che lo rendono sì un professionista, ma del tirare a campare.

Facciamo allora due conti in tasca al “tragico” ragioniere anni ’70 ed il nuovo lavoratore del nuovo radioso millennio: mettiamo il primo a confronto coi nuovi “socialisti a partita iva” (quelli che si sono malgrado loro beccati il peggio dell’economia di piano – tutti uguali – ed il peggio dell’economia capitalista –tutti sfruttati-). Da una parte 12 mensilità, 13ma, straordinari e super festivi, indennizzi vari, malattia, ferie pagate e 104 cumulabili (per parenti lontani anche 500 chilometri); dall’altra parte… nulla. Chi mai oggi in queste condizioni farebbe a cambio con il nostro ragioniere o col suo collega di squallidissime scorribande, geometra Filini? Direi nessuno, le risate rimangono, ma l’amarezza sale…

Non c’è sberleffo della Signorina Silvani od umiliazione da parte del Mega-direttore-galattico che tenga, Fantozzi dà una pista a tutti. C’è da giurare che il genio di un Luciano Salce, regista della saga, e dello stesso Villaggio che ha inventato il personaggio, non avrebbe cercato il grottesco bersaglio, rappresentativo dell’ultimo gradino della decenza sociale, in un ambito pubblico, ma nelle migliaia di studi professionali dove trionfa il precariato giovanile a colpi di partita iva e versamenti inps al 27% che mai rivedranno nella loro, auguriamoci lunga, vita.

* da laleggepertutti.it

N. Raleigh Baskin, Tutt’altro che tipico

“Tutt’altro che tipico” di Nora Raleigh Baskin, Uovonero

di Mario Coviello

Jason Blake ha dodici anni ed è autistico. Ha una madre, un padre e un fratello di otto anni Jeremy che gli vogliono molto bene e “dolorosamente” hanno imparato a fare   i conti con la sua “diversità” Vive in un mondo di persone neutoritipiche e Jason questo lo sa bene. Lo ha imparato dai tre quattro anni quando, cominciando a frequentare la scuola materna, si distingueva perché a quattro anni sapeva già leggere e scrivere tutto quello che vedeva ma non riusciva a comportarsi come gli altri. Jason ormai sa che ogni giorno qualcosa per lui andrà storto, ed è solo questione di tempo, perché non riesce a tirare fuori le parole per dire come si sente, perché è arrabbiato, cosa lo fa star male. Non riesce a guardare negli occhi le persone, i rumori forti lo mandano in confusione e comincia a “sfarfallare” con le braccia e poi con tutto il corpo. Il tempo che scorre è la sua ossessione e si angoscia perché ha sempre paura di non fare in tempo a terminare i compiti assegnati, a “sistemare” la realtà” che sembra continuamente sfuggirgli tra le dita. Non riesce a parlare eppure conosce tutte le parole più difficili e i suoi compagni, che lo prendono in giro perché è “ritardato”, gli chiedono aiuto per trovare la parola giusta , l’espressione più corretta.

Jason riesce ad essere se stesso scrivendo racconti che posta sul sito Storybord.E’ qui che conosce una ragazza, PhoenixBird “uccello fenice”, che diventa la sua prima vera amica. Cosa accade quando Jason ha la possibilità di incontrarla al raduno nazionale del sito di narrativa Storiboard esi terrorizza perché teme che la sua “fenice”, che si chiama Rebecca, possa vedere in lui solo il suo autismo.?

Col supporto della sua meravigliosa famiglia e di un carattere tutt’altro che debole e sprovveduto, il ragazzo affronterà la prova. Ne uscirà vincitore?

“Tutt’altro che tipico” di Nora Raleigh Baskin, è una storia, scritta in modo scorrevole e perfino divertente, nella quale il disturbo autistico non è una patologia da analizzare, ma viene raccontato attraverso i comportamenti, le emozioni, i ragionamenti, i pensieri dei giovanissimi protagonisti. Cessa di essere un dramma, una malattia, per diventare una diversità che però non macchia ma, semplicemente, distingue.

Jason è consapevole di essere differente in un mondo di “tipici”, soffre per questo, manifesta apertamente tutte le sue difficoltà, le vive,e le trasmette perché ha imparato a raccontarsi attraverso la scrittura.

Jason vuol bene, si affeziona, si innamora; è partecipe dei sentimenti altrui, ed è in grado di farli vivere ai personaggi dei racconti che inventa. Possiede  capacità empatiche( nessuno meglio di lui sa raccontare le incertezze, le paure della madre, la forza del padre, il grande amore del fratello, la superficialità crudele di molti docenti ) e sa emozionarsi tanto quanto i “normali”. Differisce la codifica, la modalità relazionale, la tipologia di manifestazione.

Questo libro è prezioso anche per questo perché l’autrice, che è anche docente di scrittura creativa, attraverso il protagonista del suo romanzo che si racconta in prima persona, dà ai suoi giovani lettori consigli preziosi su come esprimere pensieri, emozioni e raccontare in modo avvincente, anche attraverso le storie che Jason racconta, mentre parla di sé.
E al lettore arrivano anche un fiume di sentimenti , l’emotività, la genialità, gli affetti, le speranze, i sogni, le ambizioni, che si possono comprendere, sentire, condividere.
E così la diversità si accorcia, diviene accettabile, perfino interessante, perché portatrice non di un handicap ma di un altro punto di vista, che non toglie ma arricchisce.

Tutti , “tipici” e “atipici”, possiamo crescere solo attraverso il confronto con gli altri e con i propri limiti, la sperimentazione di sé, il conforto dell’accettazione propria e altrui.

Ottava edizione di “Memoriae”

Ottava edizione di “Memoriae”

Giorno della Memoria 27 gennaio 2017 Teatro Trianon

Gentili docenti e dirigenti,
La Fondazione Valenzi e l’Associazione ALI promuovono annualmente, come sapete il proprio progetto istituzionale “Memoriae”, posto anche quest’anno sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.

L’ottava edizione si svolgerà venerdì 27 Gennaio 2017 dalle ore 9.30 al Teatro Trianon di Napoli (Piazza Vincenzo Calenda, 9). L’ingresso è gratuito.
Saremmo lieti di poter ospitare una rappresentanza di studenti dei Vostri Istituti.
Motivi organizzativi, protocollari e di capienza della sala, ci impongono di fissare, al momento, il numero di partecipanti per ogni singola scuola ad un massimo di 40 tra alunni e accompagnatori.
A tal fine segnaliamo, di seguito, il programma della giornata anche per dare la possibilità ai docenti di poter eventualmente meglio preparare le classi ai temi trattati:
Consegna dei Magen David in oro a:
1.    Marco De Paolis, Procuratore militare della repubblica di Roma per la sua attività di rappresentante della pubblica accusa, esperto in materia di crimini di guerra della seconda guerra mondiale
(sezione Memoriæ della Shoah);
2.    Gaetano Vallefuoco, comandante provinciale di Vigili del fuoco di Napoli (sezione Memoriæ di impegno civile), per l’impegno verso le popolazioni terremotate;
3.    (alla memoria di) Giancarlo Siani, giornalista, ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985 (sezione Memoriæ delle vittime della criminalità).
Sono previsti ntermezzi musicali.
Le scuole che intendono partecipare possono anche proporre (entro il 20 gennaio) eventuali lavori sul tema realizzati dagli studenti.

L’adesione all’evento dovrà pervenire a mezzo email all’indirizzo didattica@fondazionevalenzi.it    entro e non oltre il giorno 13 Gennaio 2017. Sarà seguito l’ordine cronologico di prenotazione.

I Dirigenti e i singoli docenti per qualsiasi altra informazione inerente l’iniziativa potranno scrivere all’email didattica@fondazionevalenzi.it
Sarà infine nostra cura, appena definito, inviare il programma definitivo ed anche quello complessivo di tutte le iniziative collaterali di Memoriae 2017.

Si invia di seguito una informazione per la preparazione delle scolaresche sulla figura del giudice De Paolis:
È procuratore militare della Repubblica di Roma. Per la sua attività di rappresentante della pubblica accusa è considerato uno dei maggiori esperti in materia giuridica di crimini di guerra della seconda guerra mondiale. È stato titolare delle indagini relative ad oltre 450 procedimenti per eccidi di popolazione civile e di militari italiani commessi in Italia e all’estero dopo l’8 settembre 1943. Dal 2003 al 2012 ha istruito e portato a dibattimento 18 processi, per le più efferate stragi nazi-fasciste compiute in Italia dopo l’8 settembre 1943. Tra questi, quella di “Marzabotto-Monte Sole” (più di 800 vittime), “Sant’Anna di Stazzema”, (circa 470 morti), “San Terenzo e Vinca”, (oltre 350 persone trucidate), “Civitella in Val di Chiana (circa 200 vittime), “Vallucciole, Stia e Monchio”, (360 vittime), “Padule di Fucecchio” (più di 180 civili assassinati). Ha inoltre indagato su alcuni eventi legati all’eccidio della Divisione Acqui a Cefalonia (ottenendo la condanna all’ergastolo del caporale della Edelweiss Alfred Stork) e in altre isole del Dodecaneso.
Libri consigliati:
Marco De Paolis – Paolo Pezzino “Sant Anna di Stazzema. Il processo, la storia, i documenti”, Viella
Marco De Paolis – Paolo Pezzino “La difficile giustizia. I processi per crimini di guerra tedeschi in Italia (1943-2013)”, Viella
Luca Baldissara – Paolo Pezzino “Il massacro. Guerra ai civili a Monte Sole”, Il Mulino
Alfio Caruso “Italiani dovete morire”, Longanesi
Film e documentari consigliati:
Cefalonia e le altre stragi (http://www.raistoria.rai.it/articoli-programma/cefalonia-e-altre-stragi/31459/default.aspx)
Quello che abbiamo passato. Memorie di Monte Sole (documentario di Marzia Gigli, Maria Chiara Patuelli e Comunicattive)
Il mandolino del capitano Corelli

Lucia Valenzi

per ulteriori informazioni
segreteria@fondazionevalenzi.it

Fedeli: scuola sempre in cima alla lista delle priorità

da La Tecnica della Scuola

Fedeli: scuola sempre in cima alla lista delle priorità

La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, in un saluto agli studenti di rientro a scuola dopo le vacanze di Natale, scrive: “Voglio rivolgere un pensiero particolare alle studentesse e agli studenti delle aree del Centro Italia colpite dal terremoto. A voi voglio garantire il mio impegno e quello del Governo: la scuola sarà sempre in cima alla lista delle priorità e centrale nella fase di ripartenza e ricostruzione. Perché la scuola è normalità, è aggregazione, è comunità professionale, umana e civile, è esercizio di speranza e futuro e nessuno può o deve esserne privato.

Nelle settimane appena passate ho trascorso molto tempo al Ministero ad approfondire ogni dettaglio, ad individuare risposte efficaci ad esigenze a volte complesse, a lavorare già da ora al prossimo anno scolastico, affinché inizi nel migliore dei modi possibili per voi studenti, per tutto il personale che vi opera e per le vostre famiglie.

Questionario studente Invalsi: entro il 10 gennaio la verifica dei computer

da La Tecnica della Scuola

Questionario studente Invalsi: entro il 10 gennaio la verifica dei computer

Quest’anno, per la prima volta, il questionario studente sarà somministrato agli studenti della classe II delle superiori in modalità informatica.

Come indicato nella nota Invalsi, i test dovranno svolgersi tra il 16 e il 28 gennaio 2017. La somministrazione informatizzata delQuestionario studentepotrà avvenire in qualsiasi momento all’interno dell’arco temporale 8,00/17,30 in base alle esigenze organizzative delle scuola.

La durata complessiva del test sarà di 30-35 minuti, così articolati:

  • 20 minuti: durata delQuestionario studente
  • 10-15 minuti per tutte le operazioni connesse allo svolgimento della prova (distribuzione degli allievi nell’aula informatica, consegna delle credenziali di accesso,logindegli allievi nell’ambiente di svolgimento della prova, ecc.).

In attesa di procedere alla somministrazione, l’Invalsi ha raccomandato alle scuole di verificare, entro il 10 gennaio, che tutti i computer destinati alla somministrazione CBT del Questionario studente:

  • siano regolarmente funzionanti
  • siano connessi a internet
  • abbiano installata e accessibile agli studenti l’ultima versione di uno tra i seguenti browser: Google Chrome, Mozilla Firefox, macOS Safari (N.B. è caldamente sconsigliato l’uso di Microsoft Internet Explorer e Microsoft Edge).

Vai al questionario studente.

Mobilità docenti 2017: il grande caos, atto secondo: e agli studenti chi ci pensa?

da Tuttoscuola

Mobilità docenti 2017: il grande caos, atto secondo: e agli studenti chi ci pensa?

Oltre 250 mila insegnanti (uno su tre) quest’anno hanno cambiato cattedra: il più caotico “carosello” di docenti di sempre (+200% rispetto agli anni precedenti). Un anno nero per la continuità didattica. E il prossimo anno, dopo l’accordo Miur-sindacati, si replica: le famiglie italiane devono prepararsi a un’ulteriore girandola di docenti, che colpirà in particolare le scuole del centro-nord. Ma migliaia di docenti (soprattutto meridionali) resteranno forse delusi, i posti disponibili al Sud sono pochi.

Si è spostato il baricentro della scuola italiana, da sud (che ha perso in vent’anni mezzo milione di studenti) verso nord (+800 mila). L’emigrazione obbligata di docenti meridionali e il contestuale controesodo amministrativo consentito dalla mobilità schiacciano in troppi casi la relazione educativa docente-alunno.

Come se ne esce? Occorre lavorare in due direzioni…

Finite le vacanze natalizie, tornano in classe 7.818.469 studenti delle scuole statali, nell’anno scolastico che verrà ricordato per il più caotico “carosello” di docenti di sempre.

Un insegnante su tre quest’anno ha cambiato cattedra, tra trasferimenti dei docenti di ruolo e movimenti dei docenti non di ruolo. Vuol dire che almeno due milioni e mezzo di studenti hanno avuto come minimo un insegnante diverso rispetto all’anno precedente, ma in molti casi più di uno. Particolarmente colpiti gli alunni con disabilità, perché il 29,8% dei posti di sostegno sono “in deroga”, cioè non stabili, e i docenti di sostegno non di ruolo cambiano pressoché ogni anno.

Il tasso di mobilità degli insegnanti, che negli anni scorsi coinvolgeva circa un docente su dieci (una percentuale già di per sé elevata), quest’anno è esploso, si è addirittura triplicato, facendo saltare il banco della continuità didattica. È l’effetto del “piano straordinario di mobilità” previsto dalla legge n. 107/2015 sulla “Buona scuola”, preliminare al varo del piano straordinario di assunzioni voluto dal governo Renzi. In pratica un’“ultima chiamata” che doveva consentire al personale docente di spostarsi sulla sede più gradita anche “in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia”. Fatto questa sorta di “condono”, doveva partire la nuova modalità di assegnazione della sede di servizio, la cosiddetta “chiamata diretta”: non sarebbe stato più il docente a scegliere la scuola, ma la scuola a scegliere il docente. È quanto prevede la legge n. 107, ma l’accordo sulla mobilità firmato dalla ministra Fedeli con i sindacati allo spirare del 2016 prevede una nuova deroga da ogni vincolo di permanenza per tutti i docenti di ruolo, compresi quelli chiamati con incarico triennale dai dirigenti scolastici. Pertanto il prossimo anno si replica: le famiglie italiane devono prepararsi a un’ulteriore schizofrenica girandola di docenti.

Le dimensioni del fenomeno hanno raggiunto limiti insostenibili: 207 mila docenti trasferiti nel 2016/17: il 30% dell’organico di ruolo degli insegnanti statali. Un movimento senza precedenti. Qualche esempio: +200% rispetto ai 69 mila trasferimenti dell’anno scolastico 2008-09; +267% rispetto ai 56 mila del 2009-10; +260% rispetto ai 57 mila del 2011-12. Flussi omogenei sul territorio? No: dei 207 mila trasferiti di quest’anno, almeno 130 mila sono docenti meridionali che dal nord si sono avvicinati a casa. Se in molti hanno parlato la scorsa estate di “deportazione” di docenti dal sud al nord, quello che è avvenuto con i trasferimenti è stato un vero e proprio controesodo di docenti meridionali che avevano preso il “ruolo” (cioè il posto stabile) al nord e poi hanno colto l’occasione per chiedere il trasferimento verso casa. Back home.

E non è finita qui: oltre al fisiologico numero di chi è andato in pensione (13 mila nel 2016), nel carosello di insegnanti che si avvicendano di anno in anno sulle cattedre italiane entrano i circa 100 mila docenti precari (supplenti annuali), che raramente sono confermati nella stessa scuola. Tiriamo le somme: ipotizzando che la metà di questi ultimi (quindi circa 50 mila precari) abbia ottenuto la nuova supplenza annuale in una sede diversa (stima per difetto), il numero di docenti che quest’anno hanno cambiato cattedra rispetto all’anno scolastico 2015-16 supera l’astronomica cifra di 250 mila (207 mila trasferiti + circa 50 mila precari). Un esercito in movimento su e giù per l’Italia, il 33% dei 768.918 docenti in cattedra quest’anno.

Questa grande “migrazione” di docenti è priva di effetti sul servizio scolastico? Nient’affatto. Se la continuità didattica è un’importante precondizione per una scuola di qualità, quello in corso è un anno disastroso per ciò che dovrebbe contare di più, ovvero l’apprendimento degli studenti: il peggiore, da questo punto di vista, della storia della scuola italiana. Un esodo biblico di docenti, prevalentemente da nord a sud, che hanno lasciato le scuole, le classi, gli alunni con i quali avevano impostato i progetti didattici previsti dal piano dell’offerta formativa di quegli istituti scolastici, e si sono spostati di città, prendendo servizio in altre sedi, che a loro volta hanno dovuto gestire l’integrazione di questi nuovi insegnanti nel loro contesto. Una frenetica girandola di cattedre, di storie, di volti, di progetti formativi e didattici interrotti e avviati altrove, di cambi di metodo di spiegazione e di valutazione, di relazioni educative spezzate e da ricostruire, che non potrà non avere nefasti effetti sui livelli di apprendimento di milioni di studenti. Non c’è da stupirsi se in città come Milano e Roma sia in atto, tra le famiglie più benestanti, una vera e propria fuga dalla scuola statale verso le scuole internazionali o addirittura verso scuole di altri paesi, Regno Unito in testa. Come dire, chi può evita un servizio ritenuto complessivamente non in grado di dare adeguate garanzie per il futuro dei figli. E non tanto per la qualità dell’insegnamento in sé, ritenuta nella maggior parte dei casi adeguata, ma per le disastrose condizioni organizzative del servizio. Un segnale da non trascurare, se ci si pone l’obiettivo – come dovrebbe essere per ogni servizio, pubblico o privato che sia – della soddisfazione dell’utenza.

A proposito di continuità didattica, uno studio di qualche anno fa della Banca d’Italia (redatto curiosamente solo in inglese), intitolato “Educational choices and the selection process before and after compulsory schooling“, che ha utilizzato fonti ISTAT e Miur, mostra che a parità di altre condizioni alla maggiore stabilità del personale docente corrisponde un minore numero di fallimenti scolastici. Al contrario, nelle scuole dove si verifica una forte rotazione dei docenti, il rischio delle bocciature e degli abbandoni aumenta.

Tra le ragioni indicate nello studio stanno la minore conoscenza della classe da parte degli insegnanti con incarico temporaneo e la mancanza di continuità didattica. Anche la prospettiva di dover cambiare scuola alla fine dell’anno incide negativamente sulla motivazione e sull’impegno del personale.

Alcuni anni fa, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 3104/2009, in sede giurisdizionale aveva dichiarato l’obbligo dell’Amministrazione di garantire la continuità educativo-didattica nei confronti di un minore disabile a mezzo della conferma dell’educatore che svolgeva attività di sostegno. La sentenza affermava un principio generale che nessuna norma legislativa o amministrativa ha successivamente tutelato con chiarezza, al punto che oggi dal punto di vista normativo la continuità didattica è una eventuale conseguenza organizzativa (spesso mancata) anziché essere un obiettivo da assicurare.

Un marasma organizzativo ingestibile
All’ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora: chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta (…)”. Spiace sottolinearlo, ma il regolamento (falso) attribuito alla Real Marina del Regno delle Due Sicilie è forse l’immagine che con desolante efficacia può meglio richiamare il marasma organizzativo che ha caratterizzato l’attribuzione dei posti dell’organico delle scuole per il corrente anno scolastico, con centinaia di migliaia di insegnanti in movimento loro malgrado da una parte all’altra del paese. E che con tutta probabilità caratterizzerà anche il prossimo anno.

Del resto Tuttoscuola ha già descritto in passato la scuola italiana come una grande nave con un carico molto più pesante a prua (il centro-nord del paese, dove ci sono il 61% degli studenti), che fa scivolare gradualmente verso la prua una quota crescente del personale, collocato in misura preponderante a poppa (al sud), dove per motivi sociali il pubblico impiego in generale e la scuola in particolare rappresentano, soprattutto per le donne, opzioni inevitabilmente prioritarie.

Ma quello che la demografia fa, la burocrazia disfa… Se ci sono più posti al nord, perché lì ci sono più studenti e meno docenti del luogo aspirano a quei posti, molti meridionali devono spostarsi per occuparli. Ma poi… ci pensa l’amministrazione – dietro la spinta dei sindacati, che fanno il loro mestiere, quello di tutelare gli interessi di lavoratori costretti a spostarsi per tutta la penisola per inseguire il miraggio di un posto fisso, ottenuto il quale hanno il comprensibile desiderio di riavvicinarsi a casa – a consentire a un numero elevatissimo di loro di ottenere il trasferimento (da prua a poppa, in questo caso), creando quel marasma. E il fatto paradossale è che solo una quota limitata dei docenti che chiedono il trasferimento ottiene il posto nella prima scelta indicata, perché nelle aree più gettonate i posti vacanti sono pochi; gli altri finiscono nelle province indicate più in basso nella loro lista di preferenze. Il prezzo pagato dal sistema però è salatissimo: da un lato, sforzi di gestione pesantissimi per gli uffici amministrativi periferici e per le istituzioni scolastiche (pensiamo ai dirigenti scolastici, “allenatori” che vedono partire in media un terzo della “squadra” sostituito da nuovi arrivati sconosciuti, da schierare in campo senza sapere bene che ruolo facciano e senza che si conoscano con gli altri compagni di squadra. Fuor di metafora, la stabilità del personale, se ci fosse, sarebbe garanzia per il conseguimento degli obiettivi fissati dal Piano triennale dell’Offerta Formativa); dall’altro lato, impatti negativi sul processo di apprendimento degli alunni. D’altro canto sindacati delle famiglie che possano opporsi non esistono…

Quale organizzazione potrebbe mai gestire il cambiamento contemporaneo di sede di un terzo del proprio personale? Nessuno si sogna di farlo, la scuola statale italiana invece sì. Immaginiamo l’Arma dei Carabinieri lasciare scegliere una nuova sede di servizio di un colpo a un terzo dei propri ufficiali, ispettori, sovrintendenti, appuntati e carabinieri (peraltro in gran parte meridionali): cosa ne sarebbe della conoscenza e del controllo del territorio, del legame con la popolazione? Ce la vedete, per fare un altro esempio, Poste Italiane Spa consentire a 48 mila dei propri dipendenti (tanti sarebbero un terzo dei 145 mila dipendenti totali) di cambiare di sede in un solo anno? Sarebbe il caos. Ci sarebbero uffici postali scoperti per lunghi periodi; postini con difficoltà a muoversi nel nuovo territorio di competenza; ne risentirebbe probabilmente la puntuale ed efficiente consegna di lettere e pacchi. E quindi non ci pensa nessuno a farlo. Ma dove si tratta di studenti e della sensibilissima relazione educativa con coloro che hanno il delicato compito di farli crescere culturalmente e come persone, affinché tanto per cominciare siano in condizioni più favorevoli per trovare domani un lavoro, ebbene in questo caso evidentemente non ci si pone remore. Si consente lo spostamento in un colpo del 33% del personale docente. E’ un miracolo che a settembre le lezioni siano partite, in un modo o nell’altro.

Mai un esercito di oltre 200 mila docenti di ruolo aveva cambiato sede in un solo anno scolastico. E il prossimo anno, dopo l’intesa Governo-sindacati del 29 dicembre, si annuncia come l’attuale. Molti di coloro che hanno trovato posto quest’anno o negli anni scorsi lontano da casa, magari al centro-nord, potranno ottenere il trasferimento più vicino a casa, magari al sud. E quanti arriveranno veramente nella sede desiderata, tenendo conto che solo in 13 mila sono andati in pensione? Dopo l’imminente accordo sulla mobilità 2017 ci sarà un altro algoritmo per metterlo in pratica, e ci sarà, c’è da esserne certi, un’altra ondata di proteste e di ricorsi per gli errori (veri o presunti) dell’infernale meccanismo informatico.

Non ci saranno docenti ‘deportati’ sugli ambiti, ma ci saranno migliaia di docenti (soprattutto meridionali) delusi per avere mancato l’obiettivo del ritorno a casa, perché in alcune aree l’offerta è sovrabbondante rispetto ai posti disponibili. La grande illusione, sembra essere il titolo del film che vedremo tra qualche mese. Ma anche il grande caos, atto secondo. Doppia beffa.

E comunque, nel prossimo settembre assisteremo nuovamente ad una instabilità del sistema con una diffusa precarietà di docenti, soprattutto e ancora una volta, nelle scuole settentrionali e centrali.

D’altronde si è trattato in qualche modo di una scelta obbligata per il neo ministro dell’istruzione, chiamata a viale Trastevere con il compito principale di ricostruire un rapporto di sintonia con il mondo della scuola e le sue rappresentanze sindacali, indispensabile anche per favorire l’implementazione della riforma della Buona scuola, “salvando” così innovazioni come l’alternanza scuola-lavoro, l’aggiornamento professionale obbligatorio, la premialità. Ciò che ha colpito è che nel commentare l’intesa appena siglata la ministra Fedeli abbia dichiarato: “Si tratta di una misura straordinaria: resta fermo infatti l’obiettivo prioritario della continuità didattica”. Forse dal 2018-19.

Sia chiaro: c’è da comprendere l’esigenza di chi – in gran parte donne – ha famiglia nel luogo di origine e deve lavorare fino a 1.400 km lontano da casa dovendosi pagare vitto e alloggio. Il disagio personale e familiare è enorme e richiede soluzioni strutturali: lo diciamo da tempo, va ripensata a fondo una nuova programmazione di domanda-offerta nel sistema scolastico. Finché ciò non avverrà, va tutelata con convinzione l’esigenza di questi docenti, fino a quando però non va a detrimento di altri diritti e interessi della collettività. Il cuore del problema sta proprio nel raggiungere un punto di equilibrio tra le esigenze dei singoli lavoratori e quelle della collettività, per un servizio pubblico essenziale come quello dell’istruzione dei giovani.

Viene prima il diritto dei lavoratori a un posto vicino casa o quello degli studenti ad avere un corpo insegnante stabile e integrato, possibilmente per tutto il ciclo scolastico?

La scuola è degli alunni, non dei docenti e dei dirigenti. È per gli alunni e per le loro famiglie che la scuola vive ogni giorno; e ogni giorno tutto il personale scolastico opera nella scuola soltanto perché ci sono loro. È questa la centralità della scuola”. Sono parole dell’allora ministro dell’istruzione Tullio De Mauro, rivolte ai neo-dirigenti scolastici alla Luiss di Roma nel 2001. Una figura, quella del compianto insigne linguista, che come poche ha saputo essere in sintonia con gli insegnanti, tra i quali era popolarissimo. E quindi se lo diceva lui…

Come si esce da questa situazione? Come rendere stabile il sistema scolastico? Occorre lavorare in due direzioni. Da un lato, ridurre al minimo il precariato, intendendo che i posti utilizzati stabilmente dall’amministrazione scolastica siano coperti da personale di ruolo (cosa che non è avvenuta per decenni), assumendo quindi con contratto a tempo indeterminato la gran parte di coloro che lavorano con incarichi di supplenze annuali, dopo apposito concorso. E’ ciò che intendeva fare la riforma della Buona scuola con il piano straordinario di assunzioni, che va quindi portato a termine. Dall’altro, va preso atto dello spostamento del baricentro della scuola italiana.

Vediamo meglio di cosa si tratta:
Da Sud a Nord: quel piano inclinato della scuola italiana
Come uscire dall’impasse? Più scuola al Sud

Approfondimenti
La discontinuità conseguente alla mobilità straordinaria
– La normativa sui trasferimenti, la sospensione del vincolo di permanenza
– La guerra dell’algoritmo
Trasferimenti sugli ambiti territoriali
Per l’anno prossimo si replica. Purtroppo.

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Ecco le volte che abbiamo fatto sentire la vostra voce e vi abbiamo risposto su questioni che vi stavano a cuore:
Aggressione di un preside a Catania, il parere di una mamma
– Scuola occupata e danneggiata: chi paga?
Genitori che aggrediscono insegnanti, ecco perché è un boomerang

Scenari 2017: la svolta neoistituzionalista del Miur

da Tuttoscuola

Scenari 2017: la svolta neoistituzionalista del Miur

Era da molto tempo – occorre tornare con la memoria alla Prima Repubblica – che un dirigente generale di ruolo del Miur non veniva nominato Capo di gabinetto. Il Capo di gabinetto, nell’ordinamento giuridico italiano, è il funzionario, scelto su base fiduciaria dal ministro per un periodo non superiore alla durata del suo mandato, incaricato di curare il rapporto tra il vertice politico e l’Amministrazione.

Un incarico di grande delicatezza, a cui sono stati spesso chiamati funzionari specializzati nel ruolo, i cosiddetti ‘gabinettisti’. È vero che anche Sabrina Bono, chiamata da Valeria Fedeli a quell’incarico, aveva un curriculum da gabinettista, perché era stata vicecapo di gabinetto al Ministero delle Comunicazioni (2006-2008, governo Prodi 2) e poi al Miur (2008-2011, governo Berlusconi 4), ma dal 2012 era stata nominata dirigente di ruolo di prima fascia presso il Miur, per poi diventarne Capo Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali.

Con la nomina a Capo di gabinetto la Bono, 46 anni, si pone oggettivamente in una posizione che mette in continuità la funzione di dirigente apicale dell’Amministrazione con quella di responsabile, per conto del ministro, della sua guida politica: una svolta in senso neoistituzionalista tanto più appariscente in quanto segue una scelta, come fu quella di Alessandro Fusacchia (classe 1978) da parte del governo Renzi-Giannini, che aveva evidenziato al contrario una distonia tra l’indirizzo politico (che si esprimeva nella Buona Scuola, di cui Fusacchia fu uno dei maggiori ispiratori) e la struttura amministrativa chiamata a gestirne le conseguenze operative.

Il ritorno a un ruolo più attivo e pervasivo del Miur nella gestione della Buona Scuola post-referendum (e post autocritica di Renzi sugli errori commessi), con la nomina di Sabrina Bono a Capo di gabinetto, è un chiaro segno della svolta qui definita neoistituzionalista. Coerente con questa scelta è anche la linea di appeasement sindacale inaugurata da Valeria Fedeli. A pagare il conto della pax scolastica potrebbero essere i dirigenti scolastici, sui quali la Buona Scuola aveva caricato l’onore ma soprattutto l’onere delle novità più rilevanti ma anche più impopolari. Più Amministrazione e più sindacato significherà minore autonomia delle scuole e dei presidi? Ne parliamo nelle news successive.