La scuola italiana, il RAV e il PdM

La scuola italiana, il rapporto di autovalutazione (RAV) e il piano di miglioramento (PdM)

di Pietro Boccia

 

  1. Introduzione

La scuola ha assunto, oggi, una rilevanza vitale per la formazione del cittadino, avendo assunto la funzione di dover far acquisire a tutti le conoscenze indispensabili e le competenze adeguate per comprendere la realtà e a governarne gli sviluppi. Il processo di autonomia nelle diverse istituzioni e nelle pubbliche amministrazioni ha messo in crisi il modello organizzativo-apparato e ancora gli studiosi non riescono a individuarne uno che possa corrispondere pienamente alle aspettative attuali. L’orientamento è di pensare a organizzazioni “complesse a legami deboli”. Un’organizzazione complessa è, oggi, un modello di rete, nel quale si costituiscono nodi e connessioni. I primi sono i tipi di attori coinvolti e le seconde rappresentano i momenti di scambi relazionali tra i singoli attori. L’organizzazione della rete lascia, pertanto, molta libertà di scelta agli attori coinvolti, anzi più la rete si espande verso il globale, maggiormente la scelta degli obiettivi è speculare; al contrario, più si circoscrive alla realtà locale e maggiormente la progettazione o la pianificazione diventa pratica. Perciò le istituzioni scolastiche, pur ricevendo dallo Stato gli input per progettare, sono costrette autonomamente a rendicontare, in maniera trasparente, gli esiti e i risultati, attraverso il rapporto di autovalutazione e il piano di miglioramento.

Il rapporto di autovalutazione (RAV) e i piani di miglioramento (PdM), dopo l’entrata in vigore della legge n. 107/2015, hanno subito dei cambiamenti. La prima fase di chiusura, che il Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione (SNV), DPR n. 80/2013, prevede, coincidendo con l’entrata in vigore della legge n. 107/2015, certamente muta il quadro di riferimento, concernente l’impiego dei dati presenti nel RAV (Rapporto di autovalutazione). Anzi, alcune ricadute possono ripercuotersi perfino sulla valutazione dei dirigenti scolastici, giacché bisogna, tra gli indicatori, tener conto, come recita il comma 93 della legge n. 107/2015, “del contributo del dirigente al perseguimento dei risultati per il miglioramento del servizio scolastico previsti nel rapporto di autovalutazione”. Il fulcro del valutare non rappresenta più le articolazioni e le diverse classificazioni delle prestazioni all’interno di ogni istituzione scolastica; esso è anche il riconoscimento delle criticità, che si evidenziano, e la messa in opera di eventuali Piani di miglioramento (PdM).

Il MIUR ha, attraverso la nota n. 7904/2015, dato precise indicazioni per quanto concerne non solo la chiusura e pubblicazione del Rapporto di autovalutazione (RAV) ma anche per quanto riguarda l’orientamento per la stesura del Piano di miglioramento (PdM).

Le istituzioni scolastiche, come recita la nota n. 5983/2015, hanno la possibilità di rivedere e di riconsiderare tutte le parti del proprio Rapporto di autovalutazione, redatto in formato elettronico. Solo in seguito tale Rapporto di autovalutazione (RAV) può, in ogni scuola, essere pubblicato nella sezione del portale “Scuola in chiaro”, destinata alla valutazione.

I livelli per accedere al Rapporto di autovalutazione (RAV) sono:

  • il completo rapporto di autovalutazione con le tabelle dei dati che le singole istituzioni scolastiche hanno deciso di rendere riconoscibili;
  • la sintesi del rapporto che, attraverso le autovalutazioni e con le corrispondenti motivazioni, l’istituzione scolastica si è data per ogni rubrica di valutazione;
  • il set degli indicatori e dei descrittori, tranne che per alcuni dati “sensibili” interni al contesto e relativi alle caratteristiche socio-culturali delle famiglie.

In più per quanto riguarda i dati Invalsi, vengono divulgati e pubblicati:

  • i risultati desunti dal confronto con le duecento istituzioni scolastiche che presentano un indice di status socio-economico-culturale simile, vale a dire il cosiddetto indice ESCS (Economic, Social and Cultural Status);
  • la variabilità dei risultati che si ha tra le diverse classi.

La nota precisa, inoltre, che il sistema informativo realizzerà in automatico verifiche e controlli per evidenziare possibili incongruenze del RAV (Rapporto di autovalutazione).

I livelli di verifica e di controllo delle incongruenze possono essere:

– le segnalazioni riguardanti la mancata compilazione di alcune parti del RAV (Rapporto di autovalutazione);

– le incongruenze tra gli esiti dell’autovalutazione e le priorità individuate;

– il RAV (Rapporto di autovalutazione) e l’analisi fatta non hanno come riferimento i dati accertabili e documentabili.

Il Ministero ha, infine, il compito di segnalare che, da una lettura del RAV (Rapporto di autovalutazione), gli elementi maggiormente deboli, quando vengono estratti casualmente, sono sempre collegati alla determinazione delle priorità, dei traguardi e degli obiettivi operativi.

 

  1. Il Piano di miglioramento (PdM) e il Piano triennale dell’offerta formativa PTOF

Le istituzioni scolastiche sono tenute a compilare il Piano di miglioramento (PdM); questo deve essere congruente con gli obiettivi di miglioramento già presenti nel Rapporto di autovalutazione (RAV). Bisogna considerare che nella nuova versione (comma 3 dell’art. 3 del DPR n. 275/1999 – Regolamento sull’autonomia scolastica -) il Piano di miglioramento (PdM) rientra nel Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF – Legge n. 107/2015). Il Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF), giacché rappresenta il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa, deve essere integrato, come prevede il comma 14 (art. 1 della legge n. 107/2015) con il Piano di miglioramento dell’istituzione scolastica, previsto dal D.P.R. 28 marzo 2013, n. 80.

In tale prospettiva è importante specificare, nel PTOF, sia le priorità, i traguardi di lungo periodo e gli obiettivi di processo già indicati nella parte 5 del Rapporto di autovalutazione (RAV) sia le azioni che sottintendono al raggiungimento dei traguardi previsti. Il lasso di tempo per la chiusura del PTOF consente, infatti, di elaborare contestualmente il PTOF e il Piano di miglioramento.

La nota n. 7904/2015 dà, a tal proposito, le seguenti indicazioni:

  1. la responsabilità della gestione del processo di miglioramento è attribuita al dirigente scolastico, il quale si avvale per quanto concerne le indicazioni della “unità di autovalutazione”, già costituita per l’autovalutazione e per la compilazione del RAV (Rapporto di autovalutazione);
  2. il responsabile dei contenuti e dei dati, inseriti nel PdM (Piano di miglioramento), è il dirigente scolastico;
  3. gli strumenti di supporto sono presenti nel portale della valutazione del MIUR;
  4. altri materiali e linee guida per la predisposizione e la realizzazione dei PdM (Piano di miglioramento), nonché gli elenchi dei consulenti scelti e formati dall’Istituto, messi a disposizione delle scuole, sono rinvenibili sul sito dell’Indire.

La nota ministeriale dà le disposizioni indicative per la predisposizione del PdM (Piano di miglioramento), sia concernente, in particolare, i nessi tra obiettivi del processo e i traguardi di miglioramento sia per quanto riguarda la pianificazione delle azioni, la valutazione periodica dello stato di avanzamento del PdM (Piano di miglioramento) e la documentazione del nucleo di valutazione. All’interno del Sistema Nazionale di Valutazione, il miglioramento si configura come un percorso mirato all’individuazione di una linea strategica, di un processo di problem solving e di pianificazione che le scuole mettono in atto sulla base di priorità e traguardi individuati nella sezione 5 del RAV.

Il Piano di miglioramento (PdM) non presenta, a differenza del Rapporto di autovalutazione (RAV) un modello o format fissato a livello centrale. Le istituzioni scolastiche sono, perciò, tenute, invitate dagli organi competenti, a compilare le tabelle di monitoraggio che sono allegate alla nota ministeriale.

L’art. 25 del DM n. 435/2015 (Criteri e parametri per l’assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche nonché per la determinazione delle misure nazionali relative la missione Istruzione Scolastica, a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche), aveva previsto per il 2015 € 3.000.000,00 di finanziamenti per lo “Sviluppo del sistema nazionale di valutazione e formazione dei dirigenti scolastici e dei nuclei di valutazione”. Erano, in particolare, previsti € 2.600.000,00 per progetti riguardanti i Piani di miglioramento delle scuole; € 400.000,00 per progetti di formazione dei dirigenti scolastici e dei nuclei di valutazione. Il MIUR doveva provvedere sia ad assegnare, ripartendole, le risorse a livello regionale sia a determinare, per i finanziamenti, le priorità d’intervento e i requisiti dei progetti che le scuole o loro reti presentano. I progetti sono esaminati e valutati da commissioni costituite ad hoc presso gli Uffici Scolastici Territoriali. I criteri per valutare tali progetti sono:

  1. l’adeguatezza della proposta alle indicazioni del MIUR (massimo 50 punti);
  2. la qualità e l’utilità pratica tanto del progetto quanto delle attività e delle metodologie proposte, che le istituzioni scolastiche o le reti di scuole s’impegnano ad attuare nell’ambito del progetto, nonché dei materiali prodotti, che diventano proprietà dell’amministrazione (massimo 50 punti).

 

3. Il Piano di miglioramento (PdM) e il contingente ispettivo

Nell’ambito della dotazione dei Dirigenti tecnici, è stato anche determinato il 10 agosto 2015, con Decreto ministeriale n. 598, il contingente ispettivo che deve partecipare all’attuazione degli obiettivi del Sistema nazionale di valutazione, attraverso il coordinamento dei nuclei di valutazione esterna delle scuole (art. 5, commi 1 e 2, del DPR 28 marzo 2013, n. 80). Nel Decreto ministeriale n. 598/2015 la consistenza del contingente è fissata in 52 unità, di cui 10 sui posti di dirigente tecnico assegnati all’amministrazione centrale e 42 su quelli assegnati agli Uffici periferici.

La nota n. 7913 del 2 settembre 2015 precisa che Dirigenti tecnici del contingente ispettivo svolgono attività di valutazione nei nuclei di valutazione esterna, dei quali assumono il coordinamento. A ogni Dirigente tecnico potranno essere assegnate, di norma, da 15 a 25 scuole per ogni anno scolastico.

A favore delle scuole per i processi di miglioramento, l’Indire ha realizzato, per la progettazione, il monitoraggio e la valutazione, un apposito ambiente online, disponibile al link miglioramento.indire.it.

In tale spazio le istituzioni scolastiche possono essere supportate con una valida applicazione per la compilazione del Piano di miglioramento (PdM). Per poter impiegare il format allestito dall’Indire, bisogna che il dirigente scolastico (e i docenti da abilitare alla scrittura del Piano) sia iscritto all’indirizzo http://miglioramento.indire.it/pdm/iscrizioni, usufruendo della password d’istituto di solito usata per i servizi Indire (o recuperandola con l’apposita funzione). Appena iscritti e abilitati, i dirigenti e i docenti possono accedere allo spazio con le proprie credenziali.

Le istituzioni scolastiche, per il processo di miglioramento, hanno la possibilità di farsi supportare da un consulente per il Piano di miglioramento (PdM). Tale figura è scelta e formata dall’Indire nell’ambito della sperimentazione VALeS. Le scuole interessate possono accedere all’elenco degli esperti e visionare i curricula all’indirizzo http://miglioramento.indire.it/supportoscuole/istituti, previo login con la password di Istituto. Ogni istituzione scolastica deve, poi, scegliere l’esperto e stipulare il contratto.

Il Piano di miglioramento (PdM) deve essere pianificato, nella fase sia di formulazione sia di attuazione, dal dirigente scolastico, come responsabile della gestione del processo, e dal nucleo interno di valutazione (unità di autovalutazione). E’ necessario, inoltre:

  • incoraggiare e potenziare il coinvolgimento diretto della comunità scolastica;
  • ottimizzare le risorse interne, identificando, riconoscendo e responsabilizzando le competenze professionali;
  • sostenere una riflessione dell’intera comunità scolastica con una progettazione delle azioni innovative;
  • incoraggiare la conoscenza e la comunicazione anche a livello pubblico del processo di miglioramento.

 

4. Il modello del Piano di miglioramento (PdM) e l’Indire

E’ alquanto interessante il modello del Piano di miglioramento (PdM), proposto da Indire; esso prevede azioni di miglioramento che si situano su due livelli. Il primo livello è quello delle pratiche educative e didattiche e il secondo delle pratiche gestionali e organizzative.

Il modello si fonda su 4 sezioni:

  1. Scegliere gli obiettivi del processo più validi alla luce delle priorità indicate nella sezione 5 del RAV (Rapporto di autovalutazione).
  2. Stabilire le azioni più adeguate per pervenire agli obiettivi scelti.
  3. Pianificare e progettare gli obiettivi di processo individuati.
  4. Valutare, condividere e divulgare i risultati alla luce del lavoro svolto dal Nucleo di Valutazione.

Su tale modello viene congegnata un’utility per avere la possibilità di compilare online il Piano di miglioramento (PdM); essa è predisposta, in modo articolato, nelle diverse sezioni. Ogni sezione deve presentare alcuni passi operativi (compilazione di una tabella, lavoro salvato, lavoro esportato in un file PDF).

Il file in formato pdf, che viene realizzato, può, in seguito, essere impiegato dall’istituzione scolastica sia per la condivisione interna sia per la pubblicizzazione all’esterno delle azioni di miglioramento, come, ad esempio, avviene a completamento del PTOF nel Portale Unico dei dati della Scuola, previsto dai commi 17 e 136 dell’art. 1 della legge 107/2015.

La Buona scuola! Buona perché?

La Buona scuola! Buona perché?

di Maurizio Tiriticco

 

Ho letto l’ultima edizione della cosiddetta Buona scuola… tutto come prima e come sempre, e poi… per quanto riguarda l’esame conclusivo degli studi secondari di secondo grado, ancora nulla di nuovo per una effettiva CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE, previste fin dal 1997: la legge 425/97 recita all’art. 6: “Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle COMPETENZE, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea”.

Quindi il sostantivo maturità formalmente è stato cancellato da tempo, ma tutti si ostinano a chiamarli ancora e sempre esami di maturità (e non c’è nulla di meno misurabile e valutabile della maturità di un soggetto… largo allo psicologo!!!). Sono trascorsi 20 anni 20, ma di certificazione di competenze… nulla di nulla! I soliti esami di sempre, prove scritte e un COLLOQUIO, che non solo non è pluridisciplinare, ma che, come sempre e da sempre, consiste in tot interrogazioni separate quante sono le discipline d’esame! Altro che EQF! Ma che cos’è l’EQF? L’Europa può attendere! E i nostri ragazzi scappano!!!

Dimenticavo!!! La terza prova scritta, che doveva essere quella veramente innovativa, viene abolita! Perché gli insegnanti non le sanno predisporre! In effetti sono gli stessi insegnanti che aborrono le prove Invalsi, perché non le capiscono! L’ignoranza in materia docimologica é alle stelle! Caro Luigi (Berlinguer)! Abbiamo buttato via tempo e energie! La nostra scuola è sempre quella di Gentile, ma nessuno lo sa… e nessuno la vuole cambiare… lezione, compito, interrogazione… e poi, alla fine del quadrimestre: la “I”, sul registro (elettronico! Occorre rinnovarci!!!) come impreparato vale 1, o 2, o 3 o 4? E i righezzini intanto giocherellano con i cellulari… Dimenticavo!!! L’esame alla fine della terza media resiste da decenni, quando l’obbligo, invece, finisce due anni dopo…

Così le prossime ricerche internazionali continueranno a bacchettarci! Caro Tullio! Perché ci hai lasciato? Comunque, questi della Buona scuola non ascoltavano neanche te!!! E so bene quanto ci hai sofferto!!!

Da oggi domande al via per un milione e mezzo di famiglie

da Il Sole 24 Ore

Da oggi domande al via per un milione e mezzo di famiglie

di Francesca Barbieri

Il mismatch tra lavoro e curriculum? Molto spesso è tutta una questione di scelta sbagliata della scuola. Una decisione fondamentale, soprattutto quando si tratta di decidere la scuola secondaria di secondo grado.

Scattano proprio oggi le iscrizioni per un milione e mezzo di famiglie: da questa mattina alle otto si è aperto il “binario digitale” per trasmettere le domande di iscrizione dei figli alle classi iniziali della scuola primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado per l’anno scolastico 2017/18.

L’invio telematico è obbligatorio per le scuole statali e facoltativo per le paritarie. La modalità via web potrà essere utilizzata anche per l’iscrizione ai corsi di istruzione e formazione dei centri di formazione professionale delle Regioni che hanno aderito al sistema (Lazio, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Sicilia e Veneto). Rimane invece valida la procedura cartacea per le scuole dell’infanzia, che potrà essere effettuata sempre da oggi.

Già da lunedì scorso ci si poteva iniziare ad accreditare al portale del Miur – www.iscrizioni.istruzione.it -, fermo restando che l’iscrizione potrà essere effettuata fino alle ore 20 del 6 febbraio, senza avere necessità di affrettarsi nei primi giorni. Non si tratta infatti di un click day e non è previsto che le domande arrivate per prime siano accolte con priorità, per una sorta di diritto di precedenza temporale.

I vantaggi della Spid

Novità di quest’anno riguarda chi ha già un’identità digitale Spid (da marzo 2016 ne hanno fatto richiesta più di un milione di persone), che potrà utilizzare quelle credenziali per accedere al portale delle iscrizioni senza effettuare prima la registrazione.

Per gli studenti delle zone colpite dal terremoto poi ci saranno azioni di supporto affinché possano svolgere la procedura online con l’aiuto delle scuole. Con la circolare di venerdì scorso il Miur ha stabilito che le famiglie che risiedono nei comuni colpiti dal sisma in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria potranno indicare nel modulo di domanda più istituti senza metterli in ordine di priorità: i genitori potranno scegliere in un secondo momento la destinazione definitiva, tenendo conto delle proprie situazioni abitative e di lavoro.

In generale, per consentire alle famiglie di prendere confidenza con il sistema delle iscrizioni online e per guidarle in tutte le fasi della domanda il Ministero ha previsto video tutorial, una “mini guida”, Faq che si potranno trovare sul portale dedicato.

Come scegliere la scuola

Sono cinque i passaggi-chiave per completare l’iscrizione online. Primo: individuare la scuola di interesse. Il Miur mette a disposizione delle famiglie e degli studenti il portale «Scuola in chiaro» (http://cercalatuascuola.istruzione.it/cercalatuascuola/) che raccoglie i profili di tutti gli istituti e visualizza informazioni che vanno dall’organizzazione del piano di studi, all’articolazione oraria delle attività didattiche, ai voti degli studenti, fino agli sbocchi sul mercato del lavoro.

Secondo: rintracciare il codice della scuola, che consente di indirizzare con esattezza l’iscrizione. Se non si conosce il codice si può fare la ricerca sempre attraverso Scuola in chiaro, o chiederlo direttamente alla scuola. Terzo: nel modulo si possono inserire fino a tre scuole, in ordine di preferenza. Per gli istituti superiori le famiglie possono effettuare l’iscrizione a uno dei diversi indirizzi di studio della scuola (fino a 3), nonchè indicare, in subordine, fino a un massimo di latri due istituti.

Quarto: le domande in corso di lavorazione possono essere cancellate o modificate. Le famiglie saranno avvisate in tempo reale, via e-mail, dell’avvenuta registrazione e delle variazioni di stato della domanda.

Quinto e ultimo step: la famiglia riceve un’e-mail di conferma dell’avvenuta trasmissione e, successivamente, dell’accettazione o meno della domanda.

Con l’identità digitale “Spid” operazioni più veloci e semplificate

da Il Sole 24 Ore

Con l’identità digitale “Spid” operazioni più veloci e semplificate

di Alessandra Silvestri

Ai nastri di partenza le iscrizioni alle scuole di ogni ordine e grado per il 2017/18: genitori, istituzioni , scolastiche, enti locali e amministrazioni condividono la responsabilità del percorso formativo da realizzare e consigliare agli studenti e che, con pochi click, prende l’avvio e segna il futuro degli stessi. La piattaforma dedicata alle iscrizioni sarà aperta dal 16 gennaio al 6 febbraio 2017.
Iscrizioni on line
Le iscrizioni sono effettuate on line per tutte le classi iniziali della scuola primaria, secondaria di I grado e secondaria di II grado statali, per i percorsi di istruzione e formazione professionale erogati in regime di sussidiarietà integrativa e complementare dagli istituti professionali, nonché per i Centri di formazione professionale e per le classi iniziali della scuole paritarie che abbiano aderito al procedimento di iscrizione on line.
Il vademecum per iscriversi
Dopo aver assistito a numerosi open day, consultato decine di siti ed effettuato una rigorosa indagine tra amici e parenti, per i genitori è arrivato il momento della scelta definitiva della scuola a cui affidare i propri figli. La procedura d’iscrizione, anche se non particolarmente complessa, richiede attenzione; le famiglie, tuttavia, possono richiedere aiuto alle scuole di destinazione o di provenienza che, per l’occasione, mettono a disposizione personale di supporto. L’ora X per l’inoltro delle domande scatterà alle 8.00 del 16 gennaio, la piattaforma rimarrà aperta sino alle ore 20.00 del 6 febbraio. I click da eseguire sono 3: collegarsi al sito www.istruzione.it; accedere al servizio iscrizioni on line con le credenziali fornite tramite registrazione oppure, se si è in possesso di un’identità digitale (Spid) accedere al servizio con le credenziali del proprio gestore ; compilare il modulo in tutte le sue parti rendendo le informazioni essenziali (codice fiscale, nome e cognome, residenza, etc…) e indicando le preferenze in merito all’offerta formativa della scuola. I genitori possono presentare una sola domanda, ma possono indicare una seconda e terza opzione che verrà presa in considerazione in caso di eccedenza di domande nella prima scuola scelta.
Cosa fanno le scuole
Preliminarmente le scuole, per favorire una scelta consapevole da parte delle famiglie, aggiornano le informazioni che le caratterizzano nel portale ’’Scuola in chiaro’’. L’aggiornamento è reso attraverso un’apposita funzione presente sul Sidi nell’area ’’Rilevazioni’’. La seconda operazione consiste nella predisposizione del modulo d’iscrizione. Quest’ultimo consta di una parte comune a tutte le scuole e di una parte personalizzata e specifica per ogni singola scuola. Il modulo viene, poi, reso disponibile alle famiglie mediante la pubblicazione. Le domande prevenute sono accolte dalla scuola nei limiti delle disponibilità dettate queste dalle risorse in organico e dai piani di utilizzo degli edifici scolastici predisposti dagli Enti locali competenti. Le istituzioni scolastiche possono richiedere alle famiglie informazioni aggiuntive purché strettamente pertinenti e non eccedenti (articolo 11 del Dlgs 196 del 30/06/2003). A titolo esemplificativo e non esaustivo, risultano non pertinenti, rispetto alla finalità delle iscrizioni, i dati relativi al titolo di studio e alla professione dei genitori degli alunni (nota direzione generale Miur 1/04/2015 prot. 2773).
Spid (Sistema pubblico di identità digitale)
Lo Spid è un’identità digitale che, come suggerisce l’assonanza con l’inglese speed, “velocità”, permette di accedere velocemente a molti servizi dello Stato ormai quasi tutti digitalizzati. E’ composta da semplici credenziali quali nome utente e password e, da quest’anno, può essere utilizzata per iscrivere i propri figli alle prime classi della scuola primaria e secondaria di I e II grado. Chi possiede un’identità Spid può saltare a piè pari la fase di registrazione, in atto dallo scorso lunedì e che si è conclusa il 15 gennaio, per procedere direttamente da oggi alla fase di iscrizione vera e propria. Per ottenere le credenziali Spid occorre rivolgersi a un gestore d’identità scegliendo tra: Poste Italiane, Infocert, Sielte o Tim. Tutte le informazioni su http://www.spid.gov.it/richiedi-spid

Alunni diversamente abili, la diagnosi funzionale perfeziona la registrazione

da Il Sole 24 Ore

Alunni diversamente abili, la diagnosi funzionale perfeziona la registrazione

di Franco Portelli

Dal 16 gennaio al 6 febbraio 2017 è possibile iscrivere gli alunni alle scuola dell’infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado. Per gli studenti in situazione di handicap e per quelli con disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) è necessario prestare particolare attenzione all’atto dell’iscrizione, perché bisogna realizzare alcuni specifici adempimenti.
Iscrizione alunni in situazione di handicap
Le iscrizioni degli alunni con disabilità devono essere completate con la presentazione, alla scuola prescelta, della certificazione rilasciata dalla Asl di competenza. La documentazione deve, inoltre, contenere anche la diagnosi funzionale, predisposta a seguito degli accertamenti collegiali. Ai fini della individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap, le Aziende sanitarie dispongono, su richiesta documentata dei genitori o degli esercenti la potestà parentale o la tutela dell’alunno medesimo, appositi accertamenti collegiali. Tali accertamenti sono propedeutici alla redazione della diagnosi funzionale dell’alunno, cui provvede l’unità multidisciplinare. Si tratta di adempimenti necessari per consentire alla scuola, sulla base di tale documentazione, di procedere alla richiesta di personale docente di sostegno e di eventuali assistenti educativi, nonché alla successiva stesura del Piano educativo individualizzato (Pei). Nel caso di alunni in situazione di handicap di particolare gravità, è prevista la possibilità di chiedere l’autorizzazione al funzionamento dei posti di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni (a norma dell’articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, numero 289). L’eventuale autorizzazione è disposta dal dirigente preposto all’Ufficio scolastico regionale, sulla base della certificazione attestante la particolare gravità. Nel caso di alunni con handicap che hanno conseguito, alla fine del primo ciclo, l’attestato di credito formativo comprovante i crediti maturati, è possibile l’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado o ai percorsi di istruzione e formazione professionale a condizione che non abbiano compiuto il diciottesimo anno di età prima dell’inizio dell’anno scolastico 2016/17.
Alunni con Dsa
Le iscrizioni di alunni con diagnosi di disturbo specifico di apprendimento (Dsa), sono perfezionate con la presentazione alla scuola scelta della relativa diagnosi, rilasciata ai sensi della legge 170/2010 e secondo quanto previsto dall’accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2012 sul rilascio delle certificazioni. In questi casi, le istituzioni scolastiche assicurano le idonee misure compensative e dispensative attuando i necessari interventi pedagogico-didattici per il successo formativo di questi alunni, attivando percorsi di didattica individualizzata e personalizzata.

Dalla maturità, all’abilitazione per la cattedra: tutte le novità per studenti e prof

da Il Sole 24 Ore

Dalla maturità, all’abilitazione per la cattedra: tutte le novità per studenti e prof

di Claudio Tucci

L’alternanza scuola-lavoro diventa requisito di ammissione all’esame di Maturità, che subirà un nuovo “restyling”: dalle attuali tre prove scritte più colloquio, si passerà infatti a due scritti e orale (a saltare sarà la terza prova, il cosiddetto «quizzone»). L’Invalsi sbarca ufficialmente in quinta superiore (non però agli esami, ma in un periodo diverso dell’anno), e testerà le competenze degli studenti in italiano, matematica e, è la novità, inglese. A cambiare sarà anche la formazione iniziale dei docenti, con l’arrivo del «corso-concorso», dopo la laurea (sulla falsariga delle selezioni in magistratura); e, per la prima volta in Italia, debutterà un sistema integrato di educazione e di istruzione per i bambini d’età 0-6, con l’istituzione di un fondo ad hoc da 229 milioni l’anno.

A poche ore dalla scadenza dei 18 mesi, il governo ha acceso ieri il primo semaforo verde ad otto delle nove deleghe contenute nella legge 107 (per la revisione del Testo unico sulla scuola, il Dlgs non attuato, sarà previsto un ddl delega specifico e successivo).

I provvedimenti licenziati vanno ora alle commissioni parlamentari competenti e in Conferenza Unificata per il parere: «È stato approvato un pacchetto importante – ha commentato il premier, Paolo Gentiloni, che ha ripreso regolarmente il suo posto in Cdm, dopo i problemi di salute dei giorni scorsi -. Le riforme non si fermano». Del resto, i decreti attuativi della Buona Scuola «rappresentano la parte più innovativa e qualificante della legge 107 – ha aggiunto la neo ministra, Valeria Fedeli (che caparbiamente ha rispolverato i testi dai cassetti del Miur) -. In sede referente, ascolteremo tutti soggetti coinvolti, con l’obiettivo di mettere gli alunni al centro di un progetto che punta a fornire loro un’istruzione e una formazione adeguate agli standard europei».

E in effetti le misure per i ragazzi contenute negli otto Dlgs approvati ieri dall’esecutivo sono realmente “di peso”: a cominciare dalla revisione degli esami di Stato. Qui, tuttavia, le novità entreranno in vigore dal 2018 (non ci sarà quindi nessun cambiamento per le prove di quest’anno). La nuova maturità sarà, quindi, composta da due prove scritte nazionali (la prima, che continuerà ad accertare la padronanza della lingua italiana; e la seconda, su discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi), e il colloquio orale che verificherà il conseguimento delle competenze raggiunte, la capacità argomentativa e critica del candidato, e, anche, l’esposizione delle attività svolte in alternanza. L’esito dell’esame di Stato, oggi, è espresso in centesimi: fino a 25 punti per il credito scolastico, fino a 15 per ciascuna delle tre prove scritte, fino a 30 per il colloquio. Da domani (cioè dal 2018) il voto finale resterà in centesimi, ma si darà maggior peso al percorso fatto dal ragazzo nell’ultimo triennio: e così il credito scolastico salirà a 40 punti (e poi, 20 punti per ciascuno scritto e 20 punti per l’orale). Nessuna novità per la commissione. Rimarrà come l’attuale: tre commissari interni, tre esterni e presidente proveniente da un altro istituto.

A cambiare sarà pure l’esame di terza media, che attualmente conta sei scritti più il colloquio. Si passerà a tre scritti (italiano, matematica e lingua straniera) e un colloquio per accertare le competenze trasversali (ridando, in questo modo, più valore al percorso scolastico). Il test Invalsi (la prova nazionale standardizzata) rimarrà in terza media, ma si svolgerà durante un periodo dell’anno diverso dagli esami (come per la Maturità).

Novità in arrivo (dal 2021, come chiesto dal Mef) anche per l’accesso alla cattedra: oggi chi vuole insegnare a medie e superiori deve abilitarsi, dopo la laurea, attraverso il tirocinio formativo attivo (Tfa), che gli consente l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto per le supplenze. Poi, per conquistare il ruolo si deve attendere un concorso. Con le nuove regole, dopo l’università si potrà parteciperà a un «corso-concorso». Chi lo supererà si inserirà in un percorso di formazione di tre anni, due dei quali fatti anche a scuola (al termine del triennio si viene assunti a tempo indeterminato). È comunque prevista una fase transitoria per chi oggi è già iscritto nelle graduatorie di istituto.

Passando, poi, alle altre deleghe, sul fronte inclusione sociale, si punta a una maggiore formazione dei docenti di sostegno e a garantire continuità didattica, attraverso, pure, l’elaborazione di un progetto educativo individuale per gli alunni con disabilità. Si rafforza, inoltre, il diritto allo studio, prevedendo maggiori borse, esoneri delle tasse e agevolazioni sui libri di testo. Spazio pure alla promozione della cultura umanistica; e a un mini-restyling delle scuole italiane estere (estendendo le novità previste dalle legge 107).

L’ultimo degli otto Dlgs approvati ieri riguarda invece il riordino degli istituti professionali (Ip): qui si punta a innovare l’offerta formativa, rafforzando le materie d’indirizzo e i legami con il territorio. La bozza di provvedimento, però, è poco chiara sul raccordo con i corsi regionali: «Sono sorpresa del varo delle deleghe senza coinvolgimento delle Regioni – ha sottolineato l’assessore lombardo, Valentina Aprea -. Vigileremo sull’attuazione del riordino degli Ip».

Una scuola ancora poco a misura di studenti

da Il Sole 24 Ore

Una scuola ancora poco a misura di studenti

di Eugenio Bruno

I principali stakeholders di un sistema educativo sono gli studenti. Ma nell’Italia delle mille riforme a metà un assunto così pacifico in teoria raramente lo è stato anche in pratica. Un copione che – ahilei e soprattutto ahinoi – la Buona Scuola rischia ora di confermare. Tra deleghe attuate in tutta fretta (e neanche interamente) nonostante i 18 mesi a disposizione, misure nate timide e diventate quasi invisibili e prove di “smontaggio” delle sue parti più coraggiose, la legge 107 sembra aver innovato fin qui molto meno di quanto promesso.

L’approvazione di otto decreti legislativi sui nove previsti per la sua attuazione completa diventa allora l’occasione per fare un bilancio complessivo della riforma varata dal tandem Renzi-Giannini il 3 settembre 2014 sotto forma di linee guida. E diventata legge a luglio dell’anno dopo. Andando a osservare come è cambiata nel frattempo la quotidianità di studenti, docenti e presidi. Partiamo da questi ultimi. Che dovevano diventare degli “sceriffi”, almeno a sentire i detrattori della prima ora, e sembrano invece essere rimasti dei semplici passacarte. Si pensi alla scarsa fortuna incontrata dalla chiamata diretta degli insegnanti, che doveva consentire al dirigente scolastico di scegliere in prima persona una quota seppur minima del corpo insegnante e si sta rivelando invece uno strumento per il mantenimento dello status quo. Specie se andrà in porto il nuovo accordo sulla mobilità che i sindacati e il ministero stanno elaborando in questi giorni. Con buona pace dei presidi che, dal canto loro, devono fare i conti con un concorso ancora bloccato e un numero di sedi scoperte in costante aumento.

Se passiamo ai prof qualche modifica in più rispetto alla situazione pre-riforma forse si vede. Sicuramente nella stabilità del rapporto di lavoro viste le 120mila immissioni in ruolo intervenute fin qui che non hanno impedito però (come vedremo tra un attimo) il boom di supplenze. Ma anche nel trattamento economico. Alla conferma degli scatti di anzianità uguali per tutti, dall’inizio di quest’anno scolastico gli insegnanti possono aggiungere il bonus sul merito. Un premio che è valso in media tra i 600 e i 700 euro in più in busta paga per oltre un insegnante su tre.

Arriviamo così agli studenti. Che, a fronte dei proclami iniziali, di novità nella loro avventura tra i banchi ne hanno viste veramente poche. Fatta eccezione forse per l’alternanza scuola lavoro che ha consentito a un milione di giovani di avere un primo “contatto ravvicinato” con il mondo del lavoro (anche se sotto forma di semplice impresa simulata). L’auspicata continuità didattica invece è rimasta un auspicio o poco più. Sia per i ragazzi che per le famiglie. La concomitanza tra la mobilità straordinaria utilizzata da 250mila prof e il meccanismo delle assegnazioni provvisorie su larga scala ha dato vita nei mesi scorsi all’ennesimo controesodo di docenti dal Nord al Sud (e un altro, c’è da giurarci, ci sarà nei prossimi mesi). Risultato: 120mila assunzioni non sono servite a far diminuire drasticamente i supplenti. Che in alcune aree e per alcune materie sono addirittura aumentati.

Stesso discorso per la flessibilità dell’offerta formativa. Gli effetti benefici attesi dall’organico dell’autonomia hanno avuto un impatto impercettibile. La presenza di uno staff aggiuntivo di docenti rispetto a quelli di ruolo si è sostanziato quasi ovunque in un bacino di approvvigionamento per le supplenze brevi (altrimenti vietate). O, al massimo, nell’organizzazione di corsi aggiuntivi cuciti più sulle competenze in possesso degli insegnanti che non delle aspirazioni in divenire dei ragazzi. A conferma di quanto avesse ragione il nostro collega e amico Fabrizio Forquet, scomparso ingiustamente troppo presto, a ricordarci nel settembre 2015 che la scuola italiana è degli studenti. Ma in tanti sembrano essersene dimenticati. Tra i partiti e non solo. Troppo concentrati a utilizzare i punti di debolezza della riforma per provare a smontarla anziché puntare sui suoi punti di forza per migliorarla e implementarla.

Scuola-lavoro, si allarga la distanza

da Il Sole 24 Ore

Scuola-lavoro, si allarga la distanza

di F. B.

 Due record negativi che fanno un paradosso. Da un lato siamo fanalino di coda in Europa per numero di laureati: solo il 25,3% degli italiani tra i 30 e i 34 anni, secondo Eurostat ha un titolo accademico in tasca, rispetto alla media del 38 per cento. Dall’altro, i pochi che riescono a raggiungere il traguardo faticano a trovare un lavoro o lo ottengono non in linea con il proprio curriculum: appena il 53,9% è occupato a tre anni dal titolo (rispetto all’82% della Ue) e i laureati rappresentano la fetta maggiore dei giovani overeducated, quelli cioè troppo istruiti rispetto alle competenze necessarie per svolgere le mansioni assegnate.

Dal report realizzato dal centro studi Datagiovani per Il Sole 24 Ore risulta che i “sovraistruiti”, almeno nei primi anni successivi al conseguimento del titolo, sono più di 400mila su una platea di 1,8 milioni di lavoratori, considerando 1,1 milione di laureati tra i 25 e i 34 anni e 700mila diplomati tra i 20 e i 24.

Tra i primi si riscontra la maggiore diffusione della overeducation, con un lavoratore su quattro in questa condizione (per un totale di quasi 300mila giovani), mentre si scende abbondantemente al di sotto del 20% per i diplomati (117mila).

Dai numeri emerge che il legame con la crisi economica è stretto: il tasso di disoccupazione è salito per i diplomati dal 17,9% del 2008 al 29,8% del 2016 e per i laureati dal 9,4% al 14,1 per cento.

Per gli occupati l’iperqualificazione è passata dal 13,9% al 17,6% per i diplomati e dal 23,7 al 25,6% per i laureati: un fenomeno più frequente al Nord, dove si concentrano le maggiori chance di lavoro e dove dunque si hanno più possibilità di “adattarsi”, per scelta o necessità, a lavori non allineati al proprio bagaglio di conoscenza.

E a livello di genere, si registra una maggior quota di overedeucated maschi tra i diplomati; situazione opposta tra i laureati, dove sono le donne a faticano di più a mettere a frutto i propri studi.

Non tutti gli indirizzi poi “soffrono” con la stessa intensità del fenomeno: la maggiore eterogeneità si riscontra nelle lauree, dove tra il massimo del 42% di overducated tra i laureati in discipline umanistiche e il minimo del 9% di ingegneri e architetti si passa per il 12% dei medici e il 32% di coloro che hanno conseguito un titolo terziario nel campo delle scienze sociali.

Una quota leggermente più bassa degli overducated laureati (22%, pari a 220mila lavoratori) risente inoltre di un disallinamento tra la posizione occupata e il percorso di studi (ad esempio, l’archeologo che si occupa di vendite): anche in questo caso il gap maggiore si riscontra tra i laureati in materie umanistiche (46%), mentre per farmacisti, medici e infermieri l’abbinamento studi – lavoro è quasi perfetto (appena l’8% di mismatch).

Il gap tra tipologia di laurea e professione svolta è poi certificato dal consorzio interuniversitario AlmaLaurea:secondo l’ultimo rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati, solo per il 38% la laurea è richiesta per il lavoro svolto, la metà dei giovani occupati a 5 anni dal conseguimento del titolo utilizza in misura ridotta o per nulla le conoscenze acquisite nel percorso di studi (con punte di oltre il 60% tra i laureati in materie umanistiche).

«Paese paradossale il nostro – commenta Ivano Dionigi, presidente di AlmaLaurea – che soffre di una duplice e opposta patologia: di undereducation e al contempo di overeducation. Anche nei settori strategici di innovazione, internazionalizzazione e managerialità la percentuale di laureati è di poco superiore al 17%, rispetto alla media europea del 24,2%». Secondo Dionigi sono tre gli attori in causa: «Le università, chiamate a formulare corsi parametrati sulla domanda e non sull’offerta e a innovare i corsi contaminando humanities e tecnologie secondo le sdpecificità della cultura del Paese; le imprese, chiamate ad assumere e valorizzare i laureati; la politica, chiamata a favorire l’occupazione e a riconoscere il merito».

Pubbliche e paritarie: school bonus a due vie

da Il Sole 24 Ore

Pubbliche e paritarie: school bonus a due vie

di Carlo Mazzini

Una corsia più rapida per le “donazioni” alle scuole paritarie, che da quest’anno viaggeranno più velocemente rispetto a quelle destinate alle scuole statali.

Lo prevede la legge di Bilancio (232 del 2016) che ha fissato una deroga al meccanismo dello school bonus, secondo cui le erogazioni liberali dei cittadini per ogni tipo di scuola devono essere convogliate a un conto della Tesoreria dello Stato e solo successivamente versate all’ente beneficiario.

La deroga prevede che chi intende sostenere le scuole paritarie (private, comunali o provinciali) può effettuare i versanti direttamente sul loro conto corrente bancario o postale. Non mutano invece le misure del risparmio fiscale che prevedono un credito d’imposta pari al 65% di quanto versato per gli anni 2016 e 2017 e pari al 50% per il 2018 (fino a un massimo di 100mila euro annuali), credito da divider in tre annualità per un pari importo.

Tanto le scuole statali che quelle paritarie devono destinare il 10% delle risorse incassate alle istituzioni scolastiche che risultano destinatarie delle erogazioni liberali in un ammontare inferiore alla media nazionale. Per le scuole statali il prelievo sarà operato direttamente dal ministero, dato che lo stesso erogherà alla scuola il 90% dei fondi.

Le erogazioni potranno essere destinate a tre categorie di investimenti: per realizzare nuove strutture scolastiche, per la manutenzione e il potenziamento di scuole già esistenti, per interventi che migliorino l’occupabilità degli studenti. Nel bonifico deve essere chiarito dal donatore il vincolo di destinazione dell’erogazione.

È previsto che ogni scuola predisponga sul proprio sito web istituzionale una sezione dedicata alle erogazioni ricevute con indicazione puntuale delle attività.

Lo school bonus è solo l’ultimo dei provvedimenti che negli anni si sono susseguiti per promuovere il fundraising nelle scuole. Al netto delle agevolazioni riconosciute per le spese di frequenza universitaria e delle scuole, le persone fisiche possono ottenere la detrazione al 19% senza limite assoluto per le erogazioni finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e universitaria e all’ampliamento dell’offerta formativa .

Per i soggetti Ires, invece, c’è la deduzione del 2% dal reddito d’impresa dichiarato (al massimo 70mila euro annui) per le erogazioni effettuate per gli stessi ambiti riconosciuti alle persone fisiche. Il divieto di cumulo, per persone e aziende, tra school bonus e le altre misure di defiscalizzazione delle erogazioni liberali alle scuole dovrebbe interessare solo l’edilizia scolastica, citata in entrambi i provvedimenti.

La fine degli asili parcheggio, s’inizierà a imparare fin dal nido

da LaStampa

La fine degli asili parcheggio, s’inizierà a imparare fin dal nido

Il governo vara gli otto decreti attuativi della Buona Scuola

FLAVIA AMABILE

ROMA

Nuovi asili nido, una maturità senza il quizzone e l’esame di terza media senza prova Invalsi e senza seconda lingua straniera agli scritti sono alcune delle novità degli otto decreti legislativi attuativi della riforma della legge 107 sulla scuola, approvati ieri dal Consiglio dei ministri.

 

Ancora non operativa

È una rivoluzione ancora non operativa. L’iter prevede che le commissioni parlamentari esprimano i loro pareri e che il governo esamini di nuovo il testo emerso. È una rivoluzione, che la ministra avrebbe preferito affidare al Parlamento tra due mesi, per studiare meglio la materia, ma le deleghe scadono oggi, aspettare era impossibile. «Oggi è un punto di partenza – promette la ministra -. Aver dato il primo via libera in consiglio dei ministri non significa pensare che i testi siano chiusi: lavoreremo nelle commissioni parlamentari, assicurando una forte partecipazione e presenza del ministero e del governo, per ascoltare in audizione tutti i soggetti coinvolti».

Fin da subito

Sarà ridisegnata la scuola dell’infanzia da zero a sei anni, ponendo fine alla divisione tra nidi e materne e creando per la prima volta un sistema unico come avviene nel resto dell’Ue. Finisce così l’era dei nidi che somigliavano spesso a parcheggi per bambini: si andrà a scuola iniziando fin da subito a imparare.

Fino a 6 anni

È quello che viene definito un «sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni». L’obiettivo, insomma, è «garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali», come è scritto nel testo della delega. Per la sua diffusione su tutto il territorio nazionale sarà creato un Fondo di 229 milioni all’anno per l’attribuzione di risorse agli enti locali.

I futuri prof

Le altre deleghe prevedono novità per i futuri prof. Dopo la laurea si parteciperà a un concorso: chi lo supererà si inserirà in un percorso di formazione di tre anni, che terminerà con l’assunzione a tempo indeterminato. Per l’istruzione professionale, i percorsi durano 5 anni (biennio più triennio) e gli indirizzi passano da 6 a 11.

Musica e danza, teatro e cinema, pittura, scultura, grafica delle arti decorative e design, scrittura creativa saranno alcune delle arti che verranno potenziate negli istituti scolastici. Per le scuole italiane all’estero viene istituito l’organico del potenziamento con 50 nuovi insegnanti e nuove risorse professionali.

Dalla discussione in consiglio dei ministri è rimasta fuori la nona legge delega, quella che prevedeva la revisione del Testo unico sulla scuola. Se ne occuperà «un disegno di legge delega specifico e successivo», promette il Miur.

L’ambizione di una scuola più moderna

da LaStampa

L’ambizione di una scuola più moderna

Con l’approvazione nel Consiglio dei ministri di ieri dei decreti relativi a 8 delle 9 deleghe previste dalla Buona Scuola di Renzi – rimane fuori solo il tanto agognato, ma irraggiungibile, testo di riordino dell’intera giungla della legislazione scolastica – la nuova ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha tentato una vera e propria acrobazia politica.

La Stampa

Con l’approvazione nel Consiglio dei ministri di ieri dei decreti relativi a 8 delle 9 deleghe previste dalla Buona Scuola di Renzi – rimane fuori solo il tanto agognato, ma irraggiungibile, testo di riordino dell’intera giungla della legislazione scolastica – la nuova ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha tentato una vera e propria acrobazia politica.

Da un lato, infatti, ha dovuto portare a termine i capitoli della legge 107 lasciati in sospeso dal ministro Giannini – molti su temi cruciali – riprendendo con minimi cambiamenti il lavoro svolto da chi l’ha preceduta. Dall’altro, ha cercato di attenuare i malumori che la riforma ha creato in questi mesi, facendo pagare al governo Renzi un prezzo salato, promettendo di ascoltare le proposte di cambiamento che verranno dal mondo della scuola nella discussione parlamentare che durerà fino a Pasqua. Malumori che ormai pervadono tutta l’opinione pubblica, alla luce del disastroso inizio dell’ultimo anno scolastico – con un valzer di cattedre che ha nociuto alla continuità didattica – le cui cause sono interamente attribuibili alla Buona Scuola.

Nell’impossibilità di parlare di tutte le deleghe, partiamo da quella più innovativa, che riguarda l’istituzione di un sistema integrato di educazione ed istruzione per i bambini da 0 a 6 anni. In sostanza, la novità è di estendere il più possibile il servizio educativo per l’infanzia (in diverse forme, ma soprattutto asili nido e micronidi) a tutto il Paese, fino a coprire entro il 2020 almeno un terzo della popolazione sotto i tre anni: in questo modo si offrono alle famiglie pari opportunità così da superare le disuguaglianze sociali e i divari territoriali, che oggi sono enormi. Se, infatti, nel Centro-Nord i servizi per i bambini più piccoli (inclusi quelli privati) ne accolgono oggi 28 su 100, con alcune punte di eccellenza – come Reggio Children in Emilia e anche a Torino – nel Sud invece la percentuale scende a un misero 11%. Si tratta, inoltre, di passare da una visione di mera «custodia» del bimbo da parte del servizio dell’infanzia a una che ne accentui la dimensione educativa (naturalmente, è un «imparar giocando», non una scuola) e stabilisca un nesso di continuità pedagogica con i livelli successivi, la scuola dell’infanzia e primaria. Per fare ciò, si prevede per le educatrici un profilo professionale più elevato, con laurea triennale. Come si vede, obiettivi giusti e moderni, ma anche molto ambiziosi. Il decreto stanzia 200 milioni di euro annui destinati agli enti locali, che dovranno fornire i servizi: sembra però onestamente difficile che i Comuni del Sud riescano a colmare il divario nel giro di tre anni.

Per le altre deleghe, c’è da sperare che i tre mesi che il governo ha guadagnato vengano ben spesi, rivedendo alcuni orientamenti annunciati. Ad esempio, il decreto sulla valutazione degli studenti, che rivede il sistema di voto ed elimina le bocciature nella scuola primaria e sottrae le prove Invalsi dall’esame di terza media, non affronta il vero nodo dell’esame di maturità, ovvero l’enorme disparità nei criteri di giudizio fra le commissioni in scuole diverse. Ma forse i cambiamenti più radicali riguardano la riforma dell’inclusione (definendo meglio il ruolo dell’insegnante di sostegno e la sua collaborazione con gli altri docenti nell’ambito della classe) e, soprattutto, il nuovo sistema di formazione dei docenti delle secondarie, che così come annunciato, prevede un percorso troppo lungo, un eccesso di formazione disciplinare e insufficienti momenti di tirocinio pratico, risultando lontano dalla miglior pratica europea.

Andrea Gavosto Direttore Fondazione Agnelli

L.107/15, gli 8mila assunti fase B alla carica: avevamo più punti di tutti, rimandateci a casa

da La Tecnica della Scuola

L.107/15, gli 8mila assunti fase B alla carica: avevamo più punti di tutti, rimandateci a casa

Assegnare le tante cattedre libere al Nord ai prossimi docenti vincitori di concorso. E collocare al Sud gli 8mila assunti lontano da casa con la fase B della L. 107/15.

È la proposta che rilancia il “Comitato 8000 esiliati fase B GaE”, a seguito dei dati sulle tante supplenze ancora in essere, pure dopo il piano straordinario della Buona Scuola, pubblicati dal Corriera della Sera nei giorni scorsi. Una proposta che arriva, non a caso, nei giorni cruciali per la realizzazione del contratto sulla mobilità scolastico 2017/18.

Gli assunti con la fase B della L. 107 sono precari storici, che hanno maturato un curriculum scolastico composto, in prevalenza, da pluriabilitazioni, con anni, non di rado decenni, di incarichi nella scuola pubblica, spesso in possesso del titolo del sostegno, tra i primi in graduatoria e prossimi al ruolo.

“Se gli alunni del Nord sono privi di docenti – scrive il comitato – non è assolutamente da imputare ai docenti del Sud che vogliono garantire la continuità scolastica agli alunni del Sud e continuare a vivere con le proprie famiglie. Che si bandisca un concorso dove c’è necessità e per le tipologie di posto realmente richieste”.

Il comitato ritiene che le ammissioni di Renzi, a fine mandato a capo del Governo, “dimostrano di aver compreso che qualcosa non ha funzionato e si vuole porre rimedio, ma che non siano ‘false promesse’. Ciò che rivendicano gli #8000esiliatifaseb gae, considerato il cambiar delle regole nel giro di un anno o il mal funzionamento dell’algoritmo che dir si voglia, è il riacquistare ciò che meritano e ciò che spettava loro nell’assunzione”.

Negano, inoltre, che sapessero a cosa andassero incontro presentando la domanda di adesione al piano straordinario di assunzioni: “si parla di “un valzer di docenti” che si spostano da Nord a Sud, che si assentano e non garantiscono la continuità didattica… si vuole a tutti i costi “ingabbiare” gli insegnanti del Sud usando la solita giustificazione: ‘gli alunni sono al Nord’”.

Molti sono i docenti che hanno accettato di far domanda nell’agosto del 2015: “quasi indotti – sottolineano – perché i sindacati, la legge stessa e le Faq del MIUR prospettavano una situazione futura di estrema incertezza lavorativa sia a livello di assunzioni sia di supplenze (stop 36 mesi, geografia dei posti cambiata inseguito alla mobilità straordinaria e ai PTOF)”.

Respingono al mittente l’etichetta di “furbacchioni”, che hanno preso il ruolo e ora rivendicano il diritto alla sede comoda. La decisione di accettare l’immissione in ruolo, pur con il rischio di allontanarsi, sarebbe giunta, sostengono, per “la paura di non avere più quel lavoro che, per anni, ha permesso a tantissimi di crearsi una famiglia e radicarsi con essa nel proprio territorio d’origine, senza la necessità di spostarsi per lavorare e andare “a prendere il ruolo”. Questo, però, fino all’approvazione della Buona Scuola”.

Ricordano “l’iniquità subita dai docenti della Fase B GaE è stata la creazione di migliaia di posti di potenziamento a distanza di soli due mesi dalla loro assunzione, che non ha assolutamente corrisposto al fabbisogno scolastico espresso dai PTOF delle singole istituzioni scolastiche, posti ai quali non hanno potuto più aspirare in fase di mobilità perché immessi in ruolo su altre altre classi di concorso”.

Non è un caso, questi sono dati inequivocabili, che nel primo anno di assunzione, una larga parte degli assunti con la Fase C hanno ottenuto sedi decisamente vicino casa.

“Ora si aggiunge un’ulteriore beffa: la trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto, cioè i posti che i docenti di Fase B GaE hanno ricoperto per anni, ora verranno assegnati a chi non ha accettato la legge 107/2015 e ai nuovi vincitori di concorso”.

La richiesta finale degli assunti nella fase B è, quindi, che “si rivedano gli errori commessi e vi si ponga subito rimedio. Siamo stanchi di subire ingiustizie e pronti – concludono – ad adire le vie legali per arrivare in Corte europea”.

Sostegno: adesso la Ministra ascolti i disabili e le loro famiglie

da La Tecnica della Scuola

Sostegno: adesso la Ministra ascolti i disabili e le loro famiglie

Sono 8 su 9 le deleghe della legge Buona Scuola approvate ai senzi del comma 181 dal Consiglio dei ministri sabato 14 gennaio.
In particolare, le deleghe riguardano: inclusione scolastica; cultura umanistica; diritto allo studio; formazione iniziale e accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado; istruzione professionale; scuole italiane all’estero; sistema integrato di istruzione dalla nascita fino a sei anni; valutazione, certificazione delle competenze ed Esami di Stato.
I provvedimenti vanno ora in Conferenza Unificata per l’apposito parere e alle competenti Commissioni parlamentari.

Naturalmente, per le Associazioni di e per disabili e per le loro famiglie, uno dei tasselli più qualificanti delle deleghe de La Buona Scuola è costituito dall’intervento sul sostegno che prevede un cambiamento significativo nell’inclusione degli alunni/studenti con disabilità nel sistema educativo italiano.

In attesa del testo approvato a Palazzo Chigi (nei prossimi giorni al vaglio della Conferenza Unificata e delle commissioni parlamentari di competenza, per l’acquisizione dei prescritti pareri), forniamo ai nostri lettori la sintesi della delega sul sostegno didattico prodotta dallo stesso Consiglio dei ministri lo scorso 14 Gennaio.

Sulla promozione dell’inclusione scolastica degli allievi con disabilità, sono diverse le novità introdotte. Ve le riassumiamo.

Il decreto aggiorna, riorganizza e razionalizza i provvedimenti vigenti in materia, tenendo conto della nuova prospettiva nazionale ed internazionale dell’inclusione scolastica, riconosciuta quale identità culturale, educativa e progettuale del sistema di istruzione e formazione in Italia. Il testo chiarisce chi sono i beneficiari di specifiche misure di inclusione scolastica peculiari per i minori disabili. Viene previsto che, ove siano presenti studenti con disabilità certificate, le sezioni per la scuola dell’infanzia e le classi prime per ciascun grado di istruzione, non abbiano classi di più di ventidue alunni, fermo restando il numero minimo di alunni e studenti per classe previsto dalla normativa vigente.

Le linee guida del decreto puntano ad una semplificazione e snellimento delle pratiche burocratiche, ad una maggiore continuità didattica e formazione del personale docente e della comunità scolastica ed alla costruzione di un progetto di vita che coinvolgerà più attori della società che collaborano in rete.

Non sarà solo la gravità della disabilità a determinare le risposte offerte dagli alunni: si cercherà di determinare in senso più ampio i loro bisogni. I docenti per il sostegno saranno finalmente più preparati, con l’obbligo di 120 crediti formativi universitari sull’inclusione scolastica (oggi sono 60).

In definitiva, anche se tale testo noi non l’abbiamo mai potuto avere tra le mani e, almeno fino ad oggi, nessuno del MIUR si è preso la briga di convocarci per una seria consultazione ed un confronto diretto su di esso, la delega sull’inclusione scolastica “partorita” dal Governo sabato scorso, mi pare abbastanza condivisibile, in quanto fa perno su quattro aspetti principali da sempre rivendicati dalle organizzazioni dei disabili e dai genitori dei nostri ragazzi:

  • formazione adeguata e specifica sulle diverse disabilità degli insegnanti e continuità didattica;
  • garanzia dei diritti degli alunni;
  • migliore organizzazione territoriale e del “contesto”;
  • rapporti con le famiglie

Si tratta, infatti, di quattro punti cardine che, non dimentichiamolo, traggono origine dalla “famosa” PDL 2444 presentata dalla FAND e dalla FISH, in seguito all’emanazione del DPR del 4 ottobre 2012 con il quale veniva approvato dal Governo il Piano d’azione per attuare la Convenzione Onu sulla disabilità del 2006.

Ritornando all’attuale delega sull’inclusione scolastica, per esaminare il decreto le Commissioni parlamentari avranno a disposizione esattamente 60 giorni a partire dal momento in cui i testi dei provvedimenti saranno consegnati ai presidenti delle Commissioni stesse (si presume che questo possa avvenire nel corso di questa settimana).
Scaduti i 60 giorni il Governo sarà autorizzato ad emanare i testi definitivi dei decreti anche senza il parere di deputati e senatori.
Tuttavia, per esaminare un decreto particolarmente delicato e complesso come quello sulla riforma del sostegno didattico, io ritengo ci vorranno tempo e attenzione. Dunque, non escludo che i 60 giorni risultino davvero pochi.

Di tutta questa storia, a mio modesto avviso, un fatto è assolutamente evidente e chiaro e su di esso non potremo transigere: le persone con disabilità visiva, come credo tutte le organizzazioni di e per disabili e le loro famiglie, da ora in poi, non potranno più accettare che il Governo proceda sulla riforma dell’inclusione scolastica senza di loro e senza tenere conto del loro punto di vista.
Non ci si può dimenticare in un baleno del ruolo decisivo e “centrale” che, da quarant’anni a questa parte, il “mondo” dei disabili, i loro genitori e, soprattutto gli stessi insegnanti per il sostegno hanno avuto nella vittoria della “via inclusiva” nel sistema scolastico italiano.
E poi, nel merito, ci sono aspetti su cui dobbiamo necessariamente “chiarirci” con il MIUR.

La Ministra Valeria Fedeli ha definito la delega sul sostegno “una delle parti più innovative e significative de la Buona Scuola”.
Ma perché ciò avvenga efficacemente, occorrerà dare corso ad un confronto concreto e fattivo con la FAND e la FISH, gli alunni/studenti con disabilità, i loro genitori ed i docenti per il sostegno.
Con loro e soltanto con loro, quindi, il Miur dovrà apportare le modifiche finali al testo della Delega sull’inclusione scolastica.
Il nostro auspicio è che oggi cominci un percorso diverso rispetto al recente passato, che rappresenti finalmente il punto di partenza di un coinvolgimento diretto e più strategico e di un dialogo costruttivo con chi, come noi, i problemi del sostegno didattico li vive quotidianamente, nell’unico interesse dell’inclusione dei nostri ragazzi.

Aver dato il primo via libera in Cdm non significa pensare che il testo sia chiuso. Adesso, la ministra dovrà adoperarsi in tutti i modi perché nelle Commissioni parlamentari vengano ascoltate in audizione anche e soprattutto le istanze degli allievi con disabilità e delle loro famiglie. Soltanto così, il testo finale del Decreto attuativo della riforma del sostegno sarà frutto della massima condivisione possibile.

Infatti, nel corso di un’intervista a RaiNews24, il ministro Fedeli ha affermato che “è stato importante, a due giorni dalla scadenza, avere questa delega”.
Ma, a parere di chi scrive, altrettanto importante è che ora parta un ascolto “vero” di tutti i soggetti che vivono nella comunità scolastica, ed in particolar modo delle associazioni di e per disabili, dei loro genitori e degli insegnanti per il sostegno.
Scriveva Feuerbach “Non c’è un “io” e non c’è un “tu”, ma solo un “noi”.
Ecco, se il MIUR non investirà realmente ed adeguatamente sugli alunni/studenti con disabilità, sulle loro famiglie e sui docenti specializzati e se non costruirà con loro un effettivo ed efficace “clima” di condivisione e di collaborazione, potrà varare anche decine di riforme sul sostegno, ma farà sempre fatica a creare le condizioni affinchè ci sia un’inclusione di qualità per tutti e per ciascuno.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti è possibile scrivere all’autore di questo aritcolo ( direttorescientifico@irifor.eu )

Una nostra sintesi degli 8 decreti applicativi della legge 107

da La Tecnica della Scuola

Una nostra sintesi degli 8 decreti applicativi della legge 107

Il Consiglio dei Ministri svolto nella giornata di sabato ha approvato otto decreti su nove previsti dai comma 180 della legge 107 del 2015.  Proponiamo ai nostri lettori un’ampia sintesi dei provvedimenti in questione.

Riordino,  adeguamento  e  semplificazione  del  sistema   di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di  docente  nella  scuola secondaria.

Il decreto:

  1. delinea l’articolazione del percorso unitario di accesso e formazione ai ruoli a tempo indeterminato del personale docente:
    – della scuola secondaria,
    – dell’insegnamento tecnico-pratico,
  2. elenca i criteri e le metodologie da adottare al fine di realizzare un percorso unitario tra formazione e accesso ai ruoli.
  3. prevede l’emanazione con cadenza triennale del bando di concorso sul numero di posti che si prevedono vacanti e disponibili.

Promozione  dell’inclusione  scolastica  degli  studenti  con disabilità  e   riconoscimento   delle   differenti   modalità   di comunicazione attraverso.

Il decreto:

  1.  aggiorna, riorganizza e razionalizza i provvedimenti vigenti in materia di inclusione scolastica.
  2. chiarisce chi sono i beneficiari di specifiche misure di inclusione scolastica peculiari per i minori disabili.
  3. prevede che, le classi con la presenza di bambini con disabilità certificate non abbiano più di ventidue alunni, fermo restando il numero minimo di alunni e studenti per classe previsto dalla normativa vigente;

Revisione  dei  percorsi  dell’istruzione  professionale,  nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale.

Il decreto:

  1.  supera la sovrapposizione tra istruzione professionale e istruzione tecnica
  2.  supera la sovrapposizione dei percorsi dell’istruzione professionale con quelli di formazione professionale (Ie FP) di competenza delle Regioni,
  3. prevede il raccordo tra l’istruzione professionale e le istituzioni formative in modo stabile e strutturato.
  4. riconosce alle scuole la possibilità di ampliare l’offerta formativa anche attraverso la realizzazione di percorsi di qualifica professionale, sempreché previsti dalla programmazione regionale.
  5.  potenzia gli indirizzi di studio quinquennali dell’istruzione professionale
  6. prevede la presenza, su tutto il territorio nazionale, di un sistema unitario e articolato di “Scuole professionali”;

Istituzione  del  sistema  integrato  di  educazione   e   di istruzione dalla nascita fino a  sei  anni,  costituito  dai  servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole  dell’infanzia,  al  fine  di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di  educazione, istruzione, cura,  relazione  e  gioco,  superando  disuguaglianze  e barriere territoriali, economiche, etniche e  culturali,  nonché  ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di  lavoro  dei genitori, della promozione della qualità dell’offerta  educativa  e della continuità tra i vari servizi  educativi  e  scolastici  e  la partecipazione delle famiglie.

Il decreto:

  1. valorizza l’esperienza educativa dalla nascita a sei anni,
  2. elimina la cesura tra i due periodi dell’infanzia, fornendo indicazioni e linee guida per servizi educativi e di istruzione di qualità.

Garanzia dell’effettività del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni  in tale materia, attraverso la definizione dei livelli essenziali  delle prestazioni,  sia  in  relazione  ai  servizi   alla   persona,   con particolare riferimento alle condizioni di disagio, sia in  relazione ai servizi strumentali; potenziamento  della  Carta  dello  studente, tenuto conto del sistema  pubblico  per  la  gestione  dell’identità digitale, al fine di attestare attraverso  la  stessa  lo  status  di studente e rendere possibile l’accesso a programmi relativi a beni  e servizi di natura culturale, a servizi per la mobilità  nazionale  e internazionale, ad ausili di natura tecnologica per lo studio  e  per l’acquisto di materiale scolastico, nonché possibilità di associare funzionalità  aggiuntive  per  strumenti  di  pagamento   attraverso borsellino elettronico.

Il decreto:

  1. Nel voler garantire il diritto allo studio di tutti gli studenti iscritti e frequentanti le scuole statali e paritarie:
    – riorganizza le prestazioni, per il sostegno allo studio.
    – definisce le modalità per l’individuazione dei requisiti di eleggibilità per l’accesso alle prestazioni da assicurare sul territorio nazional
    – individua i principi generali per il potenziamento della Carta dello studente;

Promozione   e   diffusione   della   cultura    umanistica, valorizzazione del patrimonio e della produzione culturali, musicali, teatrali, coreutici e cinematografici e  sostegno  della  creatività connessa alla sfera estetica.

Il decreto:

  1. prevede che il MIUR, L’INDIRE, LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE, L’AFAM, gli ITS e gli ISTITUTI DI CULTURA ITALIANA ALL’ESTERO concorrano a realizzare un sistema coordinato per la progettazione e la promozione della conoscenza delle arti e della loro pratica;

Revisione, riordino e adeguamento della normativa  in  materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all’estero  al  fine di realizzare un effettivo e sinergico coordinamento tra il Ministero degli  affari  esteri  e  della  cooperazione  internazionale  e   il Ministero dell’istruzione, dell’università  e  della  ricerca  nella gestione della  rete  scolastica  e  della  promozione  della  lingua italiana all’estero.

 

Il decreto:

  1. aggiorna gli ordinamenti
  2. rafforza la missione di promozione della cultura italiana all’estero
  3. razionalizza le norme sul personale all’estero

Adeguamento  della  normativa  in  materia  di  valutazione  e certificazione delle competenze degli studenti, nonché  degli  esami di Stato, anche in raccordo con la normativa vigente  in  materia  di certificazione delle competenze.


Il decreto:
  1. riordina e coordina in un unico testo le disposizioni vigenti in materia di:
  • non bocciatura degli alunni del primo ciclo;
  • semplificazione del numero di prove scritte agli esami conclusivi del primo ciclo
  • semplificazione nell’attribuzione della valutazione finale.
  • presidenza delle commissioni d’esame attribuita al dirigente scolastico;
  • esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, con la riduzione a due delle
  • prove scritte, l’eliminazione della prova multidisciplinare predisposta dalla commissione
  • potenziamento delle attività di alternanza scuola-lavoro;
  • eliminazione della prova scritta a carattere nazionale della prova invalsi dall’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione.
  • effettuazione della prova  in un altro momento dell’anno scolastico e con la sola funzione di  requisito obbligatorio di ammissione all’esame.
  • integrazione delle prove di italiano e matematica con una ulteriore sezione per la rilevazione dell’apprendimento della lingua inglese;
  • definizione mediante apposito decreto ministeriale di un modello di attestazione delle competenze trasversali e delle competenze chiave di cittadinanza da rilasciare al termine della terza classe di scuola secondaria di primo grado;
  • istituzione di un apposito albo regionale dei Presidenti, a cui potranno accedere dirigenti scolastici e docenti della scuola secondaria di secondo grado in possesso di requisiti definiti a livello nazionale
  • previsione di un’apposita formazione dedicata ai Presidenti di commissione.