Nuovi LEA, appena nati sono gia’ vecchi

Vita.it del 13-01-2017

Nuovi LEA, appena nati sono gia’ vecchi

di Sara De Carli

Il premier ha firmato ieri i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, dopo 15 anni di attesa. Molte le critiche dal mondo della disabilità, tant’è che è già previsto un aggiornamento entro il mese di febbraio. La sindrome di down passa da malattia rara a malattia cronica, con la perdita di esenzione per alcune prestazioni, ma solo per le poche persone che non hanno un’invalidità al 100%: a rischio i finanziamenti per la ricerca scientifica.

«Il premier ha firmato i nuovi Lea e il Nomenclatore delle protesi: passaggio storico per la sanità italiana»: così ieri il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, su twitter ha annunciato il via libera definitivo dei nuovi Lea, già approvati dal Parlamento e firmati da lei lo scorso 21 dicembre. Si tratta effettivamente di un aggiornamento atteso da oltre 15 anni e da addirittura per quanto riguarda il nomenclatore tariffario: un’eternità, considerata l’evoluzione delle tecnologie che c’è stata in questi anni. Nei Lea c’è anche il nuovo piano vaccini, che introduce l’anti-papillomavirus per l’uomo, l’anti-pneumococco e l’anti-meningococco B. Vi è l’introduzione dello screening neonatale per la sordità congenita e la cataratta congenita e l’estensione a tutti i nuovi nati dello screening neonatale. C’è la revisione dell’elenco delle malattie rare e lo spostamento tra le malattie croniche di alcune patologie prima considerate malattie rare, come la celiachia e la sindrome di Down.

Tuttavia l’arrivo dei Nuovi Lea non è salutato con favore da gran parte delle associazioni che si occupano di salute e di disabilità, che nei giorni scorsi, al momento dell’approvazione del testo da parte del Parlamento, avevano segnalato tutte le loro prerplessità. «Pur apprezzando lo sforzo delle Commissioni di emendare il testo, questo rimane inemendabile, come avevamo già sottolineato anche in audizione», aveva detto il presidente della Fish, Vincenzo Falabella, parlando di un testo «che rimane fondamentalmente incoerente». Per Anffas e Aipd il testo «sembra scritto 15 anni fa», e «non comprendiamo perché, in uno schema di decreto a cui si lavora nel 2016, si faccia riferimento a paradigmi e modelli assolutamente obsoleti e non si tenga conto delle indicazioni scientifiche e di diritto di livello internazionale».

Che ci sia qualche problema il testo del Governo lo ammette: i neolicenziati Lea infatti prevedono già un nuovo aggiornamento entro febbraio 2017. A questo proposito è grande la preoccupazione delle associazioni impegnate sulla disabilità, che però – ha già denunciato la Fish – secondo il testo in essere sono escluse «dal monitoraggio e dall’aggiornamento successivo degli stessi LEA».

Quanto all’esclusione della sindrome di down dall’elenco delle malattie rare, Sergio Silvestre, presidente di Coordown, spiega meglio la portata dell’allarme. «La “malattia rara” è definita da precisi parametri di incidenza epidemiologica, che la sindrome di down – è vero – non ha. L’effetto è che alcune prestazioni prima esenti non lo saranno più, ma questo accadrà solo per alcune persone, poiché la maggior parte delle persone con sindrome di down ha un’esenzione totale legata al fatto di avere il 100% di invalidità e questi non avranno problemi dalla novità contenuta nei Lea. Negli anni passati invece, alcune persone sono state riconosciute al 75% per il fatto che storicamente, prima della legge 68, chi aveva il 100% di invalidità non poteva accedere al mondo lavoro, quindi quel 75% era un modo per consentire di accedere al mondo lavoro, una cosa superata con la legge 68: sono queste persone che oggi potrebbero avere qualche difficoltà per alcune prestazioni, le sollecitiamo a far presente alle associazioni il loro caso». La preoccupazione più grande di Silvstre, legata al passaggio da “malattia rara” a “malattia cronica” riguarda la ricerca: «la ricerca sulle malattie rare ha benefici e accesso a canali di finanziamento importati, da cui a questo punto siamo esclusi. Invece la ricerca sta facendo molto ad esempio sull’invecchiamento precoce: queste ricerche ora corrono rischio di impantanarsi».

Its e lauree professionalizzanti

Fedeli: “Cabina di regia su Its e lauree professionalizzanti”

Sarà istituita al Miur, si occuperà del coordinamento dell’offerta formativa

Una cabina di regia per il coordinamento dell’offerta formativa degli Its (Istituti tecnici superiori) con quella delle nascenti lauree professionalizzanti, previste dal decreto 987 dello scorso dicembre.

La annuncia la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli.

“Apriremo un tavolo che coinvolgerà gli Its, gli atenei e i soggetti sociali interessati. C’è un forte bisogno di percorsi professionalizzanti post diploma e dobbiamo mettere a frutto tutte le specificità del sistema terziario di istruzione. Dobbiamo garantire alle studentesse e agli studenti la migliore offerta possibile” dichiara la Ministra.

A tale scopo sarà anche attivata una piattaforma informatica attraverso la quale sarà raccolta la documentazione ufficiale e saranno incrociate tutte le informazioni relative all’offerta formativa.

Superata la “Buona Scuola”, adesso rottamiamo il “Cantiere AFAM”!

Superata la “Buona Scuola”, adesso rottamiamo il “Cantiere AFAM”!

Una sequenza infinita di errori ha caratterizzato la “gestione Giannini” del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.

Oltre al pasticciaccio brutto della deportazione forzata di migliaia di insegnanti, strappati con “la Buona Scuola” da famiglia e affetti, e poi (ma non sempre) riportati a casa a tempo abbondantemente scaduto dalle sentenze dei Tribunali, ci limiteremo a ricordare gli errori che riguardano più da vicino il settore della Musica e delle Arti:

1. La mancata istituzione della scuola primaria ad indirizzo musicale e coreutico;
2. La mancata riforma della scuola media ad indirizzo musicale (con la mancata introduzione dell’indirizzo coreutico);
4. La riforma zeppa di errori delle classi di concorso (per la quale abbiamo lanciato con successo una petizione nazionale che ha superato quota 4000 adesioni);
5. Il mancato compimento della riforma dell’AFAM, che ha gettato nell’incertezza più assoluta il settore.

E, come se non bastasse, il tentativo di riforma del settore della Musica e delle Arti si è rivelato rimedio peggiore del male. Abbiamo dovuto assistere, esterrefatti e allibiti, nell’ordine, a:
1. l’istituzione di un fantasioso “Comitato Nazionale per l’Apprendimento pratico della Musica”;
2. l’istituzione di un ancor più fantomatico “Cantiere AFAM”, che nulla ha prodotto negli svariati anni di suo “funzionamento”, se non qualche libello stampato a spese del contribuente;
3. Lo smantellamento del CNAM, organo democratico consultivo dell’AFAM, e la sua sostituzione con una antidemocratica e non rappresentativa “Commissione” nominata dal MIUR;
4. E, infine, l’incardinamento al Senato del DDL 322, che sotto il ricatto della statizzazione dei boccheggianti Istituti Musicali Pareggiati e l’immissione in ruolo di qualche centinaio di precari AFAM, dà il colpo di grazia finale alle Istituzioni dell’Alta Formazione Artistica e Musicale, prevedendone illegittimamente e incostituzionalmente l’accorpamento forzoso, sotto la guida di Super Direttori di nomina politica.

E’ questo il disegno della classe politica italiana per il settore?
Se è questo, bene è stato l’allontanamento del Ministro Giannini.

Il nuovo Ministro, Valeria Fedeli, promette ascolto rinnovato per le istanze provenienti dal mondo professionale.

Intendiamo metterla immediatamente alla prova, sulla base di pochi ma chiari punti, che sono da sempre la base del nostro programma:

per la scuola di base:

· l’introduzione dell’insegnamento della musica come disciplina curriculare – affidata a docenti specializzati – in tutte le scuole di ogni ordine e grado, e in particolare nel biennio obbligatorio della scuola secondaria di secondo grado;
· l’istituzione di un percorso completo ad indirizzo musicale e coreutico nella scuola di base, che parta dalla scuola primaria ad indirizzo musicale e coreutico;
· il ripensamento e potenziamento della scuola media a indirizzo musicale, con la predisposizione di adeguati programmi di studio e l’aggiunta dell’indirizzo coreutico;
· la diffusione del Liceo musicale e coreutico che, grazie a una docenza altamente qualificata, porti a compimento il percorso ad indirizzo e prepari all’ingresso nell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica di livello universitario;
· la previsione di un sistema serio, rigoroso e completo di formazione degli insegnanti delle discipline musicali e coreutiche, prevalentemente demandato ai Conservatori di musica e all’Accademia Nazionale di danza, che garantisca la qualità del corpo docente;
· una seria ed adeguata attività di monitoraggio, verifica e valutazione dell’insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche nella scuola, affidata a personale tecnicamente competente, in stretta sinergia con le Istituzioni AFAM;

per l’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM):

· la rottamazione del Cantiere AFAM e di tutti i fumosi Comitati che da anni discutono mentre la formazione artistica e musicale langue;
· il ritiro del pernicioso e incostituzionale DDL 322;
· l’emanazione, entro un tempo ragionevolmente breve, di tutti i regolamenti e i decreti di attuazione della legge 508/1999 di riforma dell’Alta Formazione artistica e musicale;
· la definitiva equiparazione delle Istituzioni di Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (Accademie e Conservatori di Musica) alle Università, per quanto riguarda strutture, personale e titoli rilasciati, come promosso dalla nostra petizione nazionale.

Il Coordinamento CNAFAM, che con i suoi oltre 4000 aderenti rappresenta la principale organizzazione professionale nazionale dei settori artistico, musicale e coreutico italiano, rivendica con orgoglio di aver posto – ormai da anni – la questione della riforma della formazione artistica, musicale e coreutica italiana all’attenzione di Governo e Parlamento.

Troverete tutte le informazioni sul Coordinamento (il Manifesto, il Direttivo nazionale, le Azioni, i Contatti, il modulo di adesione, etc.) sul sito ufficiale CNAFAM:

www.cnafam.weebly.com

I migliori auguri di buon lavoro per l’Arte, la Musica e la Danza in Italia.

Domenico Piccichè
Referente Nazionale CNAFAM

Mobilità: il servizio nelle paritarie va valutato come nella statale

Mobilità: il servizio nelle paritarie va valutato come nella statale. Nuova sentenza. Si cambi idea per la stipula del contratto.

L’Anief si conferma unico sindacato che si è mosso per la tutela dei diritti dei docenti in possesso di servizio prestato nelle scuole paritarie e cui il MIUR non ha voluto, e non vuole tuttora, riconoscere alcun punteggio ai fini della Mobilità. I Tribunali del Lavoro ci danno ragione, condannano il MIUR, disapplicano l’ultimo CCNI per violazione di norme imperative, impongono all’Amministrazione di modificare i trasferimenti nel pieno rispetto delle disposizioni normative.

Notte nazionale del liceo classico

Notte Nazionale del Liceo Classico, il saluto della Ministra Valeria Fedeli

Care ragazze e cari ragazzi,

desidero rivolgere a voi, alle dirigenti e ai dirigenti, alle insegnanti e agli insegnanti, il mio saluto per questa bellissima iniziativa organizzata a favore del liceo classico, che coinvolge 388 istituti in tutto il territorio nazionale.

L’adesione a ‘La Notte Nazionale del Liceo Classico’ è cresciuta in questi tre anni in modo significativo, grazie soprattutto all’entusiasmo di chi intende la scuola come spazio aperto a tutte e tutti dove pensare e costruire il futuro e dove condividere sentimenti e passioni, anche mettendo a frutto la lezione che proviene dai classici.

Come ha detto Italo Calvino, “non si creda che i classici vanno letti perché «servono» a qualcosa. La sola ragione che si può addurre è che leggere i classici è meglio che non leggere i classici”. Credo che la vostra proposta di diffondere a più generazioni il senso e valore della cultura classica, animandola con sguardo al contemporaneo, vada proprio in questa direzione.

Oggi avete invitato tante cittadine e tanti cittadini a prendere parte alle attività ideate e realizzate in questi mesi vissuti da protagonisti, dentro e fuori le mura scolastiche. Questa è un’opportunità meravigliosa che sono certa sarà accolta da molti. Perché scoprire o ri-scoprire i testi classici con lo stupore e la meraviglia che solo la conoscenza può suscitare è quanto ci sia di più bello al mondo.

Anche per questo ringrazio voi e tutta la comunità scolastica.

Valeria Fedeli


Il 13 gennaio la Notte nazionale del liceo classico
Iniziative in 400 istituti dalle 18 alle 24

Maratone di lettura, rappresentazioni teatrali, spettacoli musicali e di danza, incontri con gli autori, mostre fotografiche, cortometraggi e cineforum. Più che una festa. Ritorna domani, venerdì 13 gennaio, a partire dalle ore 18 e fino alle ore 24, la Notte nazionale del liceo classico. L’iniziativa è promossa dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nell’ambito delle azioni organizzate dalla Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione a sostegno degli studi classici e umanistici.

Quasi 400 (388 per l’esattezza) i licei classici di tutta Italia che hanno aderito alla manifestazione. Migliaia tra dirigenti, docenti, alunni saranno coinvolti nelle attività che vedono anche la sinergia di enti e istituzioni del territorio.

La Notte nazionale del liceo classico è nata da un’idea di Rocco Schembra, docente di Latino e Greco al liceo classico “Gulli e Pennisi” di Acireale (CT) e quest’anno replica, dopo il successo degli anni scorsi, per la sua terza edizione.

Nel corso della serata le scuole aderenti apriranno le loro porte a tutti i cittadini. Ciascun istituto ha personalizzato le sue iniziative grazie anche al protagonismo degli alunni. La Notte nazionale del liceo classico vuole essere anche un modo alternativo e innovativo di fare scuola.

La curiosità di questa nuova edizione è la canzone scritta da Francesco Rainero, 21 anni, ex studente del liceo classico Galileo di Firenze, dedicata proprio all’evento.


Elenco licei 2017

Buona Scuola, al traguardo solo quattro deleghe su nove

da Il Sole 24 Ore

Buona Scuola, al traguardo solo quattro deleghe su nove

di Claudio Tucci

Di ora in ora il rischio che la «Buona Scuola» venga attuata solo a metà, o forse anche meno, è sempre più concreto. A tre giorni infatti dalla scadenza dei 18 mesi (vale a dire, un anno e mezzo di tempo) a disposizione del governo per completare l’ambizioso disegno riformatore del sistema di istruzione italiano, a oggi, nessuna delle nove deleghe attuative, previste dalla legge 107, è arrivata al traguardo.

Ostruzionismi interni al sistema scolastico (e ministeriale), contrasti tra le forze di maggioranza (e dentro lo stesso Pd), problemi di copertura, a cui si è aggiunta, a dicembre, la fine anticipata dell’esecutivo Renzi, stanno, nei fatti, segnando la sorte di questi Dlgs, alcuni dei quali, peraltro, dopo così tanto tempo, ancora, in parte, incompleti.

Il tentativo del Miur
A ritrovarsi sul tavolo i dossier è così finita la neo-ministra, Valeria Fedeli, che sta, adesso, tentando un ultimo pressing per “salvare” le deleghe, il cui contenuto è piuttosto pesante visto che si spazia dalla revisione degli esami di Stato, al nuovo percorso, di studio e di tirocinio, per salire in cattedra, al decollo, finalmente dopo anni di discussioni, di un sistema integrato per rispondere ai bisogni educativi della fascia 0-6 anni.

Fino a ieri, in tarda serata, si sono succedute riunioni, tecniche e politiche, al Miur e a palazzo Chigi: il tentativo è portare in Consiglio dei ministri sabato (potrebbe partecipare anche il premier, Paolo Gentiloni) i Dlgs praticamente pronti (a buon punto sono: riordino dell’istruzione professionale, scuole all’estero e sostegno – quasi ultimata è anche la delega 0-6 anni, che dovrà tener conto dei rilievi della Corte costituzionale sollevati a fine dicembre). Per i rimanenti cinque provvedimenti (formazione iniziale docenti, esami di Stato, cultura umanistica, testo unico, diritto allo studio) si punterebbe a una proroga di due mesi da inserire in un Ddl ad hoc (sembrerebbe tramontata la strada del Milleproroghe – si aprirebbe un precedente “pericoloso” che potrebbe essere utilizzato anche da altre amministrazioni, in primis Funzione pubblica, anch’essa alle prese ancora con il varo di alcuni delicati decreti attuativi).

I tempi
Il punto è che per rispettare il dettato della legge 107 (dead-line per le deleghe 16 gennaio) i testi, non solo, debbono essere approvati, in prima lettura dal governo, ma, poi, vanno subito incardinati presso la competenti commissioni parlamentari (che devono esprimere i pareri, per poi trasmetterli all’Esecutivo per il via libera finale). L’obiettivo della neo-ministra Fedeli è utilizzare questa finestra temporale “aggiuntiva” per migliorare gli articolati, anche a seguito di un confronto con tutti gli operatori scolastici.

Le novità
Una “corsa contro il tempo”, che, forse, sarebbe stato opportuno evitare, soprattutto in considerazione della portata dei temi che affrontano questi Dlgs (la stessa Valeria Fedeli ha ribadito come rappresentino «la parte più innovativa della legge 107») e, molti dei quali, guardano proprio alle esigenze degli studenti (finora abbastanza sacrificate). A partire da una revisione, dopo decenni di sperimentazioni, degli esami di Stato al termine dei cicli di studio, terza media e maturità. Su quest’ultimo fronte, le novità ipotizzate dal Miur sono interessanti, con il riconoscimento di un peso maggiore all’alternanza scuola-lavoro (diventerebbe un requisito di ammissione alle prove finali, accanto alle prove Invalsi, che arriverebbero, così, ufficialmente, in quinta superiore, con rilevazioni in italiano, matematica, inglese).

Molto atteso è pure il nuovo “diritto allo studio” (per garantirne l’effettività su tutto il territorio nazionale) e, poi, il Testo unico, con il compito di semplificare, e ri-compattare, tutte le norme, sparse in centinaia di provvedimenti, in materia di istruzione e formazione. Per non parlare del riordino degli istituti professionali, anche se qui restano delle criticità da superare: la bozza ministeriale infatti punta su un apprezzabile rafforzamento delle materie d’indirizzo e su una maggiore presenza della formazione “on the job”. Il testo, però, è piuttosto timido sull’ampliamento dell’offerta didattica laboratoriale (che invece avrebbe il pregio di connotare fin da subito questi corsi di un taglio pratico), e a mancare è pure un valido raccordo con l’offerta formativa regionale (con il rischio così di penalizzare i territori più virtuosi,come la Lombardia).

All’Indire il compito di «monitorare» le competizioni per premiare gli alunni eccellenti

da Il Sole 24 Ore

All’Indire il compito di «monitorare» le competizioni per premiare gli alunni eccellenti

All’Indire il compito di “monitorare” gli studenti eccellenti, vale a dire quei ragazzi dei corsi di istruzione secondaria superiore delle scuole statali e paritarie che abbiano conseguito risultati di eccellenza nell’ambito delle competizioni disciplinari.

La nota del Miur
A prevederlo è una nota del Miur L’Indire, inoltre, provvederà ad assegnare le risorse finanziarie alle istituzioni scolastiche di secondo grado elencate dal Ministero, al fine di corrispondere gli incentivi previsti in favore degli studenti diplomatisi con 100 e lode nell’anno scolastico 2015/2016 che sono stati comunicati successivamente alla determina dello scorso 20 settembre.
L’Indire provvederà, inoltre, a curare l’aggiornamento dell’Albo nazionale delle eccellenze,
prevedendo adeguate forme di visibilità per tipologie di eccellenze e per anno scolastico.

Cei: 88% studenti sceglie ora di religione, molti di altre fedi

da Il Sole 24 Ore

Cei: 88% studenti sceglie ora di religione, molti di altre fedi

Nelle scuole italiane l’88% degli studenti sceglie di frequentare l’ora di religione, esprimendo «elevate percentuali di gradimento» per le lezioni. «Incoraggianti», poi, appaiono anche i risultati in merito all’effettivo «sapere religioso» veicolato attraverso l’insegnamento della religione cattolica (Irc). Sono alcuni dei dati contenuti nella quarta indagine nazionale sull’insegnamento della religione cattolica , edita dalla Elledici, che sarà presentata martedì 17 gennaio, alle 16.00, a Roma, presso la Sala della Conciliazione del Palazzo del Vicariato, in piazza di San Giovanni in Laterano, 6/a.

Sempre più multi-religiosità
La ricerca ha coinvolto 3mila insegnanti di religione e oltre 20mila studenti. Significativi, sottolinea la Cei, sono i dati inerenti la multi-religiosità degli studenti che scelgono l’ora di religione: il 91,7% degli insegnanti di religione della scuola statale e il 56,8% di quella cattolica, infatti, hanno in classe alunni appartenenti ad altre confessioni religiose, che pure frequentano le loro lezioni.

Alla presentazione della ricerca interverranno mons. Nunzio Galantino, segretario Generale della Cei, il prof. Sergio Cicatelli, curatore della ricerca, il prof. Roberto Cipriani, il prof. Giuseppe Mari e don Daniele Saottini, responsabile del Servizio Nazionale della Cei per l’Irc.

A scuola si impara come si sta su internet. Fai il test di Stanford

da Corriere della sera

A scuola si impara come si sta su internet. Fai il test di Stanford

GiANNA Fregonara

Come ha detto Susanna Tamaro al Corriere della Sera a proposito della scuola italiana ,«introdurre i tablet, le mitiche lavagne interattive, facendo credere che l’àncora di salvezza stia nella modernizzazione informatica è un po’ come mettere del cerone su un volto ormai devastato dalle rughe». Vero ma non è che la risposta sia tornare ad ardesia e gessetti, anzi. La risposta sta nell’insegnare prima di tutto ai professori e dunque poi ai ragazzi, sì proprio ai «nativi digitali», a usare gli strumenti di cui oggi non possono più fare a meno, per diventare cittadini correttamente formati e informati, capaci di vivere nel loro millennio.

Studiare internet

In Italia il dibattito sulle nuove tecnologie e internet è fermo al pur importantissimo tema del cyberbullismo contro il quale si moltiplicano di anno in anno gli sforzi, soprattutto della Polizia Postale, per raggiungere tutte le scuole e gli studenti e cercare di fare opera di prevenzione rispetto ad un fenomeno peroccupante e in continua crescita. Ma ci sarebbe molto di più da fare, ci sarebbe da introdurre un nuovo studio – o addirittura una vera e propria materia nuova – nel curriculum dei ragazzi: l’alfabetizzazione alla rete, per rendere gli studenti più esperti nel riconoscere quello che trovano (e leggono) online.

Capire le fonti, capire le informazioni. L’esperienza americana

Negli Stati Uniti stanno prendendo l’argomento molto sul serio. Uno studio dell’Università di Stanford condotto tra studenti delle medie, delle superiori e dei primi anni di università ha dimostrato come la comprensione delle fonti online dei ragazzi sia molto deludente. Ecco il test e i risultati.

Dopo questa rilevazione gli esperti del centro diretto dal professor Sam Wineburg hanno sviluppato una serie di lezioni – che in via sperimentale sono cominciate in alcune decine di scuole superiori – di «ragionamento civico online», di cui da conto il sito Slate. In altre parole, si tratta di insegnare come imparare a riconoscere e valutare quello che si trova in rete dove ormai i ragazzi passano il loro tempo non solo per divertirsi ma per informarsi e per studiare. La chiave è quella dell’approccio dello storico: tutte le volte che troviamo un testo online devo innanzitutto scoprire l’attendibilità della fonte, contestualizzare le informazioni e le notizie. banale a dirsi difficile a farsi.

Narrazione contro nozione

Secondo Wineburg per leggere delle informazioni o delle notizie online servono proprio «le stesse competenze di un buon storico». «Non è solo un problema con i bambini – spiega – , un’informazione affidabile sta al funzionamento delle democrazia come l’aria pulita alla salute pubblica». Non è un caso che sia esploso in questi mesi il dibattito sulle fake-news e sulla post verità. Ma non è tutto qui. Perché a sentire chi studia questi fenomeni dell’informazione non è soltanto questione di fact checking cioè di controllare la veridicità delle notizie, condizione che le rende attendibili e dunque utilizzabili. Ciò che influenza di più quando si cercano e trovano informazioni o notizie, e il fenomeno emotivo è ampliato sui social e in rete in generale, è la trama, la storia, la narrazione. Come si legge in uno degli ultimi post di the Atlantic, «dire a chi ha paura di volare che ci sono più incidenti in auto che in volo (vero) non ha nessun effetto». A scuola, quando ci si occupa di notizie, di informazioni specie se prese online dove le fonti sono spesso sconosciute, è dunque più importante portare i ragazzi ad analizzare la narrazione che la nozione: un procedimento del tutto diverso di apprendimento.

Bonus merito, scuole con l’85% dei docenti esclusi e i meritevoli divisi in tre fasce

da La Tecnica della Scuola

Bonus merito, scuole con l’85% dei docenti esclusi e i meritevoli divisi in tre fasce

Ci sono scuole dove il bonus del merito è stato assegnato ad appena il 15% dei docenti: un gruppo ristretto di “fedelissimi” al ds, spesso già premiati con il Fis.

La denuncia è dell’Usb Scuola, dopo che il sindacato ha raccolto e reso pubblico il caso dell’istituto professionale Cascino di Palermo, dove quest’anno “il bonus è stato assegnato a soli 39 docenti su un corpo docenti che supera di molto le duecento unità”.

Il sindacato di base sottolinea che si tratta dello stesso istituto “già sotto i riflettori perché il DS ha sanzionato e privato dello stipendio il docente/Rsu che si è rifiutato di firmare il foglio firme volante di rilevazione in ingresso ed uscita dalla scuola”.

In ogni caso, continua l’Usb, “sorprende che in questa scuola di frontiera ci sia un numero di meritevoli che si attesta tra il 16-18%, con addirittura tre fasce di merito distinte che ulteriormente differenziano i 39 docenti, premiando già coloro che sono retribuiti dal Fondo d’Istituto (un problema già segnalato in passato dalla Tecnica della Scuola ndr)”.

“Il Dirigente Scolastico, che ha preso alla lettera la legge Brunetta irrogando una sanzione pensatissima i cui contorni normativi sono dubbi (ricordiamo che varie sentenze hanno stabilito che non è nel potere del DS sanzionare fino a 10 giorni), addirittura ha applicato le tre fasce di merito previste dalla Brunetta (25% iper-meritevoli, 50 mediamente meritevoli, 25% non meritevoli), non previste per la scuola, non a tutto al corpo docenti ma solo a meno del 20%”.

Il caso di Palermo fa il paio con quello del liceo Parini di Milano, dove il Bonus Docenti per i “meritevoli” è stato distribuito al 75% dei docenti, con il 25% dei docenti esclusi che ha avviato una protesta scrivendo al dirigente, ai colleghi, all’Ambito Territoriale di Milano, al Ministero parlando di palese discriminazione.

Per il sindacato, le due assegnazioni “ristrette” (comunque in linea con quanto previsto dalla Legge 107/15 e anche dalla riforma della PA 150/09) confermano “ancora una volta l’assoluta negatività del meccanismo del Bonus Premiale. Con questi due casi abbiamo messo in luce che quando è riservato ad una piccola percentuale di docenti, esso è ad altissimo rischio corruttivo, definisce sperequazioni inaccettabili tra lavoratori, creando un gruppo ristretto di “fedelissimi” che già il più delle volte è retribuito dal FIS”.

L’Usb Scuola torna quindi a ribadire una propria convinzione: il bonus annuale, che sfiora i 25mila euro medi ad istituto, “quando distribuito alla maggioranza dei docenti, ma non a tutti, determina meccanismi di esclusione e di ostracizzazione di chi ne viene escluso. Per questo riaffermiamo quanto sostenuto già dall’anno scorso nella nostra campagna “A tutti o non lo vogliamo!”: il Bonus Docenti va rifiutato e se ne deve pretendere l’abolizione da parte del neonominato governo e Ministro dell’Istruzione”.

Il sindacato si oppone, quindi, a quelle che considera “elemosine”, e “meccanismi competitivi” conferiti in un “clima ostile e di sospetto tra colleghi”, che “con troppa facilità possono esser legati all’essere accondiscendenti e proni alle scelte dei Dirigenti Scolastici”: quello che serve, piuttosto, è “un rinnovo contrattuale che preveda un aumento dignitoso che permetta di recuperare il potere d’acquisto perso in tutti questi anni di blocco contrattuale”.

Ignorando che i commi 126-130 della Legge 107/15 siano Legge dello Stato, l’Usb torna a proporre l’esatto opposto: l’idea di un Bonus distribuito “a pioggia” su tutti i docenti, in modo che venga annullato il meccanismo discriminatorio e di disparità di trattamento tra colleghi”.

Per farlo, però, occorre cambiare la legge. E pure quella di riforma della Pubblica amministrazione, orientata a premiare solo i lavoratori più meritevoli. Proprio per superare la somministrazione dei fondi aggiuntivi con il sistema indistinto della somministrazione a “pioggia”.

A gennaio due giornate contro la legge 107

da La Tecnica della Scuola

A gennaio due giornate contro la legge 107

Il 21 e 22 gennaio saranno due giornate importanti per il movimento anti legge 107: il giorno 22 si riuniscono a Roma i comitati per la LIP scuola con lo scopo di mettere a punto il testo della legge di iniziativa popolare.

E, sempre a Roma, per il giorno precedente i movimenti di base di tutta Italia hanno convocato una assemblea  del mondo della scuola contro la legge 107

“Dopo l’esito del referendum del 4 dicembre sulla riforma Costituzionale – spiegano gli organizzatori – si è aperto un importante spazio per rilanciare la lotta per il ritiro della ‘buona scuola’ imposta dal governo Renzi. Una rivendicazione che ha perso purtroppo intensità lo scorso anno, ma che oggi è assolutamente necessario rilanciare con forza, anche in collegamento alla lotta contro il Jobs act”

All’iniziativa hanno già aderito diversi movimenti (Comitato Nazionale Scuola e Costituzione, Manifesto dei 500 , Partigiani della Scuola Pubblica e Unione degli Studenti fra gli altri), alcuni sindacati di base (USB, CUB e USI) oltre all’area Democrazia e Lavoro in CGIL e al Sindacato è un’altra cosa – Opposizione in Cgil.

Percorsi di potenziamento cognitivo nella sindrome di down

Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna

Convegno sui percorsi di potenziamento cognitivo nella sindrome di down

Sabato 21 gennaio 2017, dalle ore 9,30 alle ore 15,30, a Palazzo D’Accursio (palazzo comunale), in Piazza Maggiore 6, a Bologna – sala Farnese , si svolgerà un convegno rivolto a educatori di nido d’infanzia, insegnanti di scuola dell’infanzia e di scuola primaria, educatori per l’integrazione scolastica, ed anche ai genitori interessati.

Durante il Convegno verrano fornite informazioni che riguardano lo sviluppo psicologico di bambini e ragazzi con sindrome di Down in termini di tendenze generali e differenze individuali. Saranno inoltre analizzate le problematiche relative all’integrazione scolastica e sociale e si cercherà di fornire strumenti per comprendere lo sviluppo del proprio allievo, e i potenziali di sviluppo e di apprendimento, sulla base di indici comportamentali e di prestazione cruciali. L’idea è quella di fornire indicazioni su tecniche e strumenti educativi, scolastici e abilitativi utilizzabili da parte degli insegnanti e degli operatori che interagiscono con bambini e ragazzi con sindrome di Down.

Il Convegno ha l’obiettivo di approfondire l’importanza dell’intervento educativo e scolastico, favorendone la precocità ed affinando i metodi tramite i risultati conseguiti dalle più recenti ricerche e studi.
Il professore Renzo Vianello, Professore ordinario di Psicologia dello sviluppo e di Disabilità cognitive presso l’Università
di Padova, sarà il formatore del convegno.

Il programma prevede anche, dalle ore 11.30-13.00, una sessione dedicata agli “Strumenti di potenziamento cognitivo per nido e scuola”, mentre alle ore 14.00-15.30 la sessione riguarderà gli “Strumenti di potenziamento cognitivo per la scuola primaria”.

Trattativa mobilità: si sta girando intorno ai problemi veri

da La Tecnica della Scuola

Trattativa mobilità: si sta girando intorno ai problemi veri

L’andamento della trattativa per il contratto nazionale sulla mobilità rende opportuna qualche osservazione non del tutto secondaria.
La prima osservazione riguarda i tempi: dopo la firma dell’intesa del 29 dicembre i sindacati avevano lasciato intendere che la trattativa sarebbe stata rapida e indolore e che a metà gennaio tutto si sarebbe concluso senza troppi problemi (chiamata diretta compresa).
Ma le cose stanno andando un po’ diversamente: nella giornata del 12 gennaio si è arrivati ad esaminare l’articolo 12 del contratto; se si tiene conto del fatto che lo scorso anno l’intero documento conteneva 56 articoli, oltre a numerose tabelle allegate, è facile capire che i tempi non saranno brevissimi.
Ma c’è un’altro punto che vale la pena evidenziare.
Nei comunicati sindacali di questi giorni (l’ultimo in ordine di tempo è quello della Flc del pomeriggio del 12) si parla con grande enfasi di importanti risultati raggiunti finora.
Per esempio proprio la Flc sottolinea che il contratto recepirà gli effetti della legge 76 del 20 maggio 2016 e quindi la precedenza per l’assistenza al congiunto verrà estese anche alle persone unite civilmente (d’altra parte se la legge tutela le unioni civili, la modifica è pressoché inevitabile).
Ma per la verità, sui nodi veri della mobilità, nessun sindacato si sta esponendo più di tanto; insomma si sta discutendo di molti temi ma si tralascia di affrontare i problemi più delicati, quelli che più di tutti stanno a cuore ai docenti.
In particolare: la chiamata diretta rimarrà nella forma in cui l’abbiamo conosciuta quest’anno o verrà modificata nella direzione auspicata dai sindacati e cioè con regole oggettive e soprattutto uguali in tutta Italia? Ci sarà un articolo del contratto dedicato a questo argomento?
La sensazione (ma – è bene precisarlo – si tratta appunto di una sensazione) è che dopo le “promesse” fatte ai sindacati il 29 dicembre, la ministra Valeria Fedeli stia cercando ora una soluzione tecnica per mantenere la promessa, soluzione che, per forza di cose, dovrà essere trovata sul piano legislativo. In altre parole: il tema della chiamata diretta verrà affrontato al tavolo contrattuale solo dopo che la ministra avrà “trovato una quadra” a livello politico; e questo potrebbe spiegare il motivo per cui la trattativa tarda ad entrare nel vivo.

Entro il 15 gennaio 2017 le domande di riammissione in servizio

da La Tecnica della Scuola

Entro il 15 gennaio 2017 le domande di riammissione in servizio

Anche quest’anno entro il 15 gennaio il personale dirigente, docente, educativo ed ATA della scuola cessato dal servizio può presentare domanda di riammissione in servizio, a decorrere dall’a.s. 2017/2018, ai sensi dell’art. 516 del D.L.vo 16/4/94 n. 297 e dell’art. 132 del D.p.r. 10/1/57, n. 3.

Il suddetto art. 516 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione prevede che la riammissione in servizio è subordinata alla disponibilità del posto o della cattedra e non può aver luogo se la cessazione dal servizio sia avvenuta in applicazione di disposizioni di carattere transitorio o speciali. Il personale riammesso in servizio assume nel ruolo la posizione giuridica ed economica che vi occupava all’atto della cessazione dal rapporto di servizio e la riammissione in servizio ha effetto dall’anno scolastico successivo alla data del relativo provvedimento. Quindi, per le domande presentate entro il 15 gennaio 2017, la riammissione avrà luogo dal 1° settembre 2017.

Come confermato anche dalla sequenza contrattuale sottoscritta tra ARAN e Organizzazioni sindacali il 2/02/2005, al personale docente, educativo, direttivo e ispettivo si applicano, per quanto concerne la riammissione in servizio, le disposizioni di cui al Testo unico degli impiegati civili dello Stato approvato con il citato D.p.r. 10/1/57, n. 3, il quale all’art. 132 dispone che può essere riammesso in servizio l’impiegato con qualifica inferiore a direttore generale, cessato dal servizio per dimissioni o per collocamento a riposo o per decadenza dall’impiego nei casi previsti dalle lettere b) e c) dell’art. 127, vale a dire:

  1. quando accetti una missione o altro incarico da una autorità straniera senza autorizzazione del ministro competente;
  2. quando, senza giustificato motivo, non assuma o non riassuma servizio entro il termine prefissogli, ovvero rimanga assente dall’ufficio per un periodo non inferiore a quindici giorni ove gli ordinamenti particolari delle singole amministrazioni non stabiliscano un termine più breve.

A tale proposito, la Corte costituzionale, con sentenza 14 – 26 gennaio 1994, n. 3, ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 132, primo comma, del D.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), nella parte in cui non comprende, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di impiego in ordine alle quali è possibile la riammissione in servizio, la dispensa dal servizio per motivi di salute”.

Quindi, le cause di cessazione che consentono la riammissione in servizio sono quelle dovute a dimissioni volontarie, dispensa per malattia, superamento del periodo di comporto o a causa di infermità non dipendenti dalla causa di servizio.

L’istanza deve essere presentata, da parte del personale dirigente, alla Direzione Scolastica Regionale prescelta e dal restante personale alla Direzione Scolastica Regionale nel cui ambito territoriale è ubicata la provincia prescelta e al dirigente dell’U.s.p. di tale provincia.

La domanda deve contenere, oltre ai dati anagrafici, anche i seguenti dati: la sede di titolarità al momento della cessazione, la tipologia di insegnamento e la classe di concorso (per i docenti) o il profilo professionale (per il restante personale), la causa della cessazione, i motivi per cui si richiede la riammissione, le preferenze sulle sedi e il proprio assenso (o diniego) ad accettare un’assegnazione d’ufficio nel caso in cui le sedi prescelte non fossero disponibili, il recapito per eventuali comunicazioni.

Alla domanda deve essere allegata la documentazione utile ai fini delle valutazioni che l’Amministrazione deve effettuare per l’adozione del provvedimento di riammissione.