Appello contro la regionalizzazione del sistema di istruzione

Promotori:

Sindacati: Flc CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola RUA, Gilda Unams, SNALS Confsal, Cobas, Unicobas Scuola e Università.

Associazioni: Associazione Nazionale Scuola per la Repubblica, AIMC, CIDI, MCE, UCIIM, IRASE, IRSEF IRFED, Proteo Fare Sapere, Associazione Docenti Art. 33, CESP, Associazione Unicorno-L’altra Scuola, Link, Lip scuola, Manifesto dei 500, Rete degli studenti medi, Rete della conoscenza, Unione degli Studenti, Uds, Udu.

Specializzazione sostegno, perché ITP partecipano con il diploma. Risposta Miur

da Orizzontescuola

di redazione

Il Miur pubblicherà prossimamente il bando per l’avvio dei corsi di specializzazione sostegno per l’a.a. 2018/19. I requisiti di accesso, definiti con dm n. 92 dell’08 febbraio 2019 stanno creando qualche dissapore tra gli aspiranti alle selezioni.

Requisiti di accesso

Scuola di infanzia e primaria

  • laurea in Scienze della formazione primaria o
  • diploma magistrale, ivi compreso il diploma sperimentale a indirizzo psicopedagogico, con valore di abilitazione e diploma sperimentale a indirizzo linguistico, conseguiti presso gli istituti magistrali o
  • analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente;

Scuola secondaria di primo e secondo grado

  • abilitazione o
  • laurea + 24 CFU in discipline antropo – psico – pedagogiche ed in metodologie e tecnologie didattiche o
  • laurea + 3 annualità di servizio, nel corso degli otto anni scolastici precedenti,anche non successive, valutabili come tali ai sensi dell’articolo Il, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124, su posto comune o di sostegno, presso le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione.

ITP

Gli insegnanti tecnico pratici accedono con il diploma.

Perché ITP accedono con il diploma: risposta Miur

E’ il Miur stesso a spiegare, nel decreto, perché gli ITP accedono solo con il diploma.

Considerata la carenza diffusa di docenti specializzati per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, nella scuola dell’infanzia, nella
scuola primaria e nella scuola secondaria di primo e di secondo grado;

ritenuto pertanto necessario avviare i percorsi di formazione per il
conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno
didattico;

valutata l’opportunità di integrare le disposizioni del decreto 30 settembre
2011, al fine di dar conto del mutato quadro normativo e delle
esperienze maturate nei precedenti tre cicli di percorsi di
specializzazione per sostegno;

Valutata la necessità di procedere, in particolare, a una ricognizione dei titoli di accesso alle prove con riferimento ai percorsi di specializzazione
dedicati alla scuola secondaria;

ritenuto di dover contemperare le modifiche disposte dall’articolo l, comma
792 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 al decreto legislativo n.
59/2017 con le aspettative ingenerate dal quadro normativo previgente,
con particolare riferimento agli insegnanti tecnico pratici.

Dunque le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2019 al Decreto Legislativo n. 59/2017 sul reclutamento nella scuola secondaria, hanno ingenerato delle aspettative. Al concorso per i i posti di ITP si accederà infatti fino al 2024/25 con il possesso del solo diploma di scuola secondaria superiore. Per analogia, tale requisito è stato considerato valido anche per l’accesso al corso di specializzazione sostegno, posto che negli ultimi anni non sono stati banditi per gli ITP corsi ordinari per il conseguimento dell’abilitazione.

ITP e laureati concorrono per gli stessi posti

Il fatto che ai docenti laureati venga richiesto, oltre al titolo di studio con i CFU validi per l’insegnamento anche i 24 CFU in discipline antropo – psico – pedagogiche ed in metodologie e tecnologie didattiche oppure tre annualità di servizio  ha creato un po’ di confusione sul web.

In realtà va tenuto conto del fatto che sia ITP che laureati concorrono per gli stessi posti, e che a tutti è richiesto lo stesso standard professionale, per cui vincerà il posto di accesso al corso il candidato più preparato.


Regionalizzazione, no grazie. La scuola sciopera il 27 febbraio

da Orizzontescuola

di redazione

Regionalizzazione per Scuola & Università? No, grazie! Mercoledì 27 Febbraio 2019 Sciopero Unicobas intera giornata Scuola e Università con manifestazione nazionale a Roma, h. 9.30/14.00, P.zza di Monte Citorio.

Stefano d’Errico Segretario Nazionale Unicobas Scuola & Università – Il 13 febbraio è stata sottoscritta l’intesa fra Ministero dell’Economia e Finanze e regione Veneto sulla regionalizzazione.  Comporta la gestione regionale del 90% della fiscalità e la regionalizzazione del personale della Scuola. I

L CONSIGLIO DEI MINISTRI del 14 Febbraio ha rimandato a Sabato 16 la decisione se licenziare il provvedimento e mandarlo alle Camere per l’approvazione.

Le norme uscite nel 2001 (Governo Amato) dalla riforma del Titolo V della Costituzione, che ha reso possibile questa vergogna, non prevedono la possibilità di modifiche o dibattito parlamentare.

LO SCIOPERO DEL 27 FEBBRAIO è FONDAMENTALE: L’APPROVAZIONE DEFINITIVA È VICINA.

Il Presidente Conte riceverà il mandato del Governo per stabilire l’intesa anche con i governatori delle Lombardia ed Emilia Romagna, le altre che hanno chiesto l’autonomia differenziata. Il cosiddetto ‘federalismo scolastico’ (cavallo di battaglia della Lega già da quando Bossi parlava di ‘scuola nazionale padana’), grazie al tradimento dei 5 Stelle verso il loro elettorato (prevalentemente del Sud, il quale scopre solo ora questa ‘novità’ che mai ha fatto parte del programma del Movimento), è entrato nel ‘contratto di governo’ Salvini-Di Maio. Il Pd fa da ‘pesce in barile’: basta pensare che la pre-intesa sulla regionalizzazione di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna era già stata concordata con Gentiloni.

Questa vergogna è stata resa possibile dal nuovo assetto costituzionale scaturito dalla famigerata riforma del titolo V della Costituzione operata nel 2001 dal Governo Amato, di ‘centrosinistra’. Al tempo, con soli 6 seggi di maggioranza, venne votato che, qualora le regioni lo chiedessero, restasse allo Stato solo l’indicazione degli indirizzi generali sull’istruzione e dei “livelli essenziali delle prestazioni”, cedendo alle Regioni la cosiddetta “legislazione concorrente”, gestibile anche in forma esclusiva.

Occorre subito una risposta ferma ed inequivocabile, specifica della Scuola e dell’Università, senza dilazioni e compromessi. Non abbiamo nessuna intenzione di ‘annacquare’ lo scontro cadendo nell’attendismo di quanti cercano di soppiantare la lotta con schermaglie legali sull’assenza della definizione dei ‘Lep’ o su altre barzellette ‘causidiche’ che coprono un’acquiescenza di fondo, quella ad esempio anche del Pd e della regione Emilia Romagna. La boutade sui ‘Livelli essenziali delle prestazioni’ è figlia di quell’obbrobrio che furono prima la cosiddetta ‘autonomia scolastica’ e poi la riforma del Titolo V. Bastava ciò che già affermava la Costituzione. Esattamente ciò che viene compromesso con la cessione alle regioni in via esclusiva della gestione di Scuola ed Università. Vale a dire ciò che chiede il Veneto: contratti differenziati (anche con aumento d’orario, come nel Trentino Alto Adige) e titolarità regionali. Per non parlare della sostenibilità delle strutture.

Stando alle stime consolidate sulla spesa corrente, ecco di quanto si ridurrebbe il budget annuale della maggioranza delle regioni: Marche (-105mln); Liguria (-347); Friuli Venezia Giulia (-410); Umbria (-1,213mld); Valle d’Aosta (-1,472); Campania (-2,086); Provincia Autonoma di Trento (-2,287); Abruzzo (-2,364); Puglia (-2,501); Sicilia (-3,576); Basilicata (-3,948); Molise (-3,996); Sardegna (-4,368); Calabria (-5,528). Stante l’attuale situazione di sfacelo degli istituti, per il 90% non a norma, cosa potrebbero più garantire queste regioni? Parecchie università del Sud sarebbero persino costrette a chiudere.

Di più, la Scuola farà da apripista. Incardinando per la prima volta la regionalizzazione del personale (cosa mai successa prima in nessun altro settore), questo Governo aprirà la strada alle gabbie salariali anche per la Sanità ed i servizi del Meridione.

Giù la maschera. Lo sciopero sarà l’occasione per chiamare tutti i parlamentari che s’occupano di scuola (e non solo) sotto il ‘palazzo’ per verificarne, senza infingimenti, le effettive posizioni.

ANIEF aderisce agli scioperi del 27 febbraio e dell’8 marzo


ATA: su segreterie scolastiche troppi carichi di lavoro, adesso si aggiungono procedure per pensione. Circolare Miur

da Orizzontescuola

di redazione

Ufficio Stampa Cisl Palermo Trapani – “Ancora una volta assistiamo al tentativo di scaricare una ulteriore incombenza sulle segreterie scolastiche i cui organici, come noto, sono stati già ampiamente ridotti nonostante si sia assistito all’incremento delle loro competenze, trasferite dagli ex uffici scolastici provinciali con il conseguente aumento non solo dei carichi di lavoro ma anche delle responsabilità”.

Così Francesca Bellia segretario generale Cisl Scuola Sicilia, interviene su alcuni aspetti delle novità introdotte da una recente circolare del MIUR (prot. 4644 del 1° febbraio 2019), relativa alle cessazioni dal servizio del personale scolastico.

In particolare, il testo prevede, infatti, che possano essere “anche” le istituzioni scolastiche a provvedere, alla sistemazione delle posizioni assicurative del personale (tramite l’applicativo nuova Passweb), al fine di salvaguardare il diritto dei pensionandi ad ottenere, nei termini previsti, la certificazione del diritto a pensione ed evitare così ritardi.

“Anche se lodevole il fine, non si può dimenticare che né il ministero né gli uffici periferici hanno mai avviato un concreto piano di formazione del personale in materia previdenziale”.

La Cisl Scuola denuncia inoltre il problema degli organici ridotti: “Non è stato mai affrontato in modo serio il nodo delle sottodimensionate piante organiche. Nel corso di questi ultimi anni, solo la professionalità e la buona volontà del personale delle segreterie scolastiche hanno fatto sì, che le stesse portassero avanti tutti gli adempimenti sopraggiunti al carico di lavoro delle stesse.

E’ arrivato il tempo di portare avanti una rivendicazione netta in termini di riconoscimento dei nuovi carichi di lavoro con una revisione degli organici, e, un non più rinviabile, piano di formazione” aggiunge il segretario Cisl Scuola Sicilia, Bellia.

A confermare le difficoltà che si troveranno ad affrontare le segreterie didattiche delle scuole siciliane, è il direttore generale dei Servizi amministrativi dell’Istituto comprensivo Mantegna di Palermo nel quartiere Boccadifalco, Annamaria Maggio: “Non possiamo ancora quantificare di quanto aumenterà il nostro carico di lavoro, ma di certo è così. Sui nostri uffici gravano molti compiti e molte responsabilità. Vorremmo più chiarezza su questa circolare sia da parte del Miur sia dagli uffici periferici. Serve una formazione adeguata sulle materie previdenziali e sui tempi, non sappiamo ancora se si tratta delle pratiche per le pensioni di quest’anno o del prossimo. Troppe incombenze ci vengono scaricate, serve più personale, informazioni chiare e una formazione tempestiva”.

CPIA, decreto riparto fondi per potenziare competenze adulti

da Orizzontescuola

di redazione

Il Miur ha pubblicato il decreto n. 98 del 7 febbraio 2019 di cui all’art. 4, comma 3 del D.M. 721/2018.

Il decreto definisce il riparto delle somme destinate ai CPIA per la realizzazione delle attività finalizzate ad innalzare i livelli di istruzione della popolazione adulta e a potenziarne le competenze.

nota

decreto e tabelle ripartizione

Riforma Pubblica Amministrazione: ritorna il giuramento e si introducono test psicoattitudinali

da Orizzontescuola

di redazione

Il Ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, ha presentato un disegno di legge che punta a riformare il pubblico impiego.

Riforma PA: iter

Si tratta, come riferisce l’Ansa, di una delega cui seguiranno i decreti attuativi.

Il disegno di legge dovrebbe ricevere a breve il via libera da parte del Consiglio dei Ministri, dopo il quale si avvierà l’iter parlamentare e successivamente si avranno a disposizione 18 mesi per l’applicazione.

Riforma PA: le misure

Dirigenti pubblici

I dirigenti pubblici, al fine di accrescere la produttività e rilanciare l’immagine della pubblica amministrazione, devono adeguare le prestazioni alle “esigenze dell’organizzazione”, “nonché a quelle connesse con la corretta gestione e il necessario coordinamento delle risorse umane, anche mediante la presenza quotidiana nella sede di lavoro”.

Richiesta, dunque, anche la presenza in ufficio tutti i giorni.

L’incarico, secondo quanto prevede il DDL, può essere rinnovato una sola volta.

Quanto agli incarichi a contratto, viene ripristinato il principio dello spoil system e la durata del rapporto non può essere superiore pal mandato del sindaco.

Test psicoattitudinali e giuramenti 

Il progetto di riforma si pone come obiettivo quello di ridurre tempi e costi delle selezioni con prove differenziate finalizzate all’individuazione delle figure richieste.

Sono, inoltre, previste “verifiche psicoattitudinali”, centrate sulle abilità relazionali.

I candidati, che superano le selezioni, dovranno”giurare”: la delega infatti prevede un’estensione dell’obbligo di giuramento, per rafforzare lo spirito di servizio dei dipendenti.

Valutazione e concorsi interni

Previsti:

  • un “Sistema nazionale di valutazione delle performance”, affidato al Ministero competente ma anche a soggetti esterni;
  • concorsi interni per il personale che ottiene valutazioni migliori nell’ultimo triennio.

Precari religione cattolica, la parola passa alla Corte di Giustizia europea

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Il Tribunale di Napoli, con l’ordinanza del 13.02.2019, ha rimesso la materia all’attenzione della Corte di Giustizia europea, con un’articolata ricostruzione della normativa generale interna di tutela dei docenti di religione richiamando, a proposito, anche la giurisprudenza delle Corti italiane e quella della stessa Corte di Giustizia. Al centro dell’attenzione il destino dei circa 15 mila precari di religione cattolica.

Il ricorso

A portare avanti la battaglia con un ricorso è la FGU/Snadir, che rende nota l’ordinanza del Tribunale partenopeo.

Quest’ultimo, si è richiamato al principio di non discriminazione, con riferimento ai motivi religiosi, secondo l’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione: secondo il Giudice rimettente, lo “status” giuridico degli insegnanti di religione, ai sensi dell’art. 309 del d.lgs. nr.297/1994, è penalizzante, posto a confronto con quello degli altri docenti, per cui il rapporto di lavoro dei docenti di religione si configura come assolutamente precario, anche con riferimento alle previsioni normative interne e contrattuali.
L’ordinanza punta il dito anche contro la legge 107/2015, che avrebbe pregiudicato i soli docenti di religione in quanto sono stati gli unici a rimare esclusi dalle procedure straordinarie concorsuali e dallo scorrimento delle Graduatorie ad esaurimento, invece previste per tutte le altre categorie di docenti.

Inoltre, l’ordinanza ha richiamato la recente sentenza Sciotto, C-331/2017, della CGUE, la quale ha stabilito la possibilità di sanzionare, automaticamente, con la conversione del contratto a tempo indeterminato, il ricorso ad una successione di contratti a termine, qualora non sussista altra misura effettiva di tutela nell’ordinamento giuridico interno.

Ma, si legge nell’ordinanza, la sentenza della Corte di Costituzionale nr.248/2018, ha ribadito il divieto assoluto di conversione dei contratti a termine, in caso del superamento dei 36 mesi di precariato, per cui, di fronte a tale contrasto della Alte corti, il Giudice del Tribunale di Napoli, ai sensi dell’art. 267 del Trattato dell’Unione, ha chiesto che la Corte di Giustizia europea si pronunci nel merito.
In particolare, i giudici italiani chiedono di verificare se si possa configurare una forma di discriminazione nei confronti degli insegnanti di religione tale da averli, fino ad oggi, esclusi da ogni procedura straordinaria di reclutamento, attuata invece in favore degli altri docenti.
Pertanto, se dovesse configurarsi tale discriminazione, si chiede poi se il giudice “può adoperare per eliminarne le conseguenze, tenuto conto che tutti i docenti diversi dagli insegnanti di religione cattolica sono stati destinatari del piano straordinario di assunzioni di cui alla l. 107/15, ottenendo la immissione in ruolo con conseguente contratto di lavoro a tempo indeterminato, e, dunque, se questo giudice debba costituire un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la Amministrazione convenuta”.
Orazio Ruscica, segretario nazionale dello Snadir, sigla facente parte della Federazione Gilda Unams che ha presentato il ricorso, afferma: “Il fatto che, per iniziativa del Tribunale di Napoli, il tema del precariato degli insegnanti di religione venga portato all’attenzione della Corte di Giustizia europea deve sollecitare le forze politiche a trovare, in tempi brevi, una soluzione che dia attuazione al definitivo superamento della condizione di precarietà cronica dei docenti di religione. Ci auguriamo che quanto proposto e reso noto con diversi documenti comuni dallo FGU/Snadir, assieme a Flc Cgil, Cisl scuola e Uil scuola, sia presto accolto dal Governo e si realizzi una procedura semplificata per l’assunzione in ruolo dei 15 mila precari che insegnano religione”.

Il concorso riservato è lontano per adesso

Ma il concorso riservato semplificato sembra lontano per adesso: infatti, come riportato in precedenza, il Vice Ministro Lorenzo Fioramonti, rispondendo ad una interrogazione posta dall’ex sottosegretario al Miur Toccafondi ha spiegato che: “L’immissione in ruolo dei docenti di religione non può, a legislazione vigente, che avvenire attraverso un nuovo concorso ordinario, che, attraverso una quota riservata, possa piuttosto valorizzare l‘idoneità conseguita e, in aggiunta, riconoscere il servizio prestato”.
Il vice di Marco Bussetti ha aggiunto che gli “uffici del Ministero stanno vagliando la possibilità di arrivare ad una soluzione che necessita, comunque, la condivisione con tutte le amministrazioni coinvolte, in primo luogo il Ministero dell’economia e delle finanze relativamente ai profili finanziari e il Ministero per la pubblica amministrazione sulle modalità di espletamento della procedura concorsuale, nonché l’ascolto degli altri soggetti istituzionali interessati, tra cui la CEI e le organizzazioni sindacali”.

Maturità 2019, Bussetti: “Vi dico tutto su Invalsi, seconda prova e buste per orale”

da La Tecnica della Scuola

Di Andrea Carlino

Il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, sul proprio profilo Instagram, risponde alle domande degli studenti sul prossimo esame di maturità che proporrà tante novità, dalle prove scritte (con l’eliminazione del quizzone) all’orale rivisto fino alla nuova valutazione.

L’ESAME  

Come mai è cambiato l’Esame?
Le nuove regole non nascono all’improvviso, ma sono contenute nel decreto legislativo 62 del 2017 che viene applicato da quest’anno per l’Esame di Stato del secondo ciclo. Per questo il Ministero ha avviato da novembre una attività di accompagnamento delle scuole verso il nuovo Esame con lo scopo di garantire supporto a docenti, dirigenti e studenti. È parte integrante di queste attività anche la pubblicazione di esempi di prove sul sito del MIUR che avverrà tra febbraio e aprile.

Come cambia l’attribuzione dei crediti per il triennio e come verranno ripartiti i punteggi tra le prove? 
Il credito massimo attribuibile a ciascuno studente per il percorso di studi è pari a 40 punti, distribuito tra terza classe (massimo 12 punti), quarta classe (massimo 13) e quinta classe (massimo 15). Gli studenti che affronteranno quest’anno l’Esame di Stato hanno già ottenuto la conversione dei “vecchi” crediti, ottenuti in terza e in quarta, con la nuova tabella, in modo da poter arrivare al calcolo complessivo in quarantesimi. In precedenza i punti per il percorso scolastico erano al massimo 25. Alle prove sono assegnati 20 punti ciascuna.

Le prove INVALSI influiscono sul voto finale dell’Esame?
No, le prove predisposte dall’INVALSI non influiscono sul voto finale dell’Esame. Servono però per valutare l’efficacia e l’efficienza del sistema scolastico, misurando, attraverso quesiti mirati, le competenze degli studenti in Italiano, Matematica e Inglese.

LE PROVE SCRITTE

Sei ore saranno sufficienti per la seconda prova?
Le ore assegnate saranno sufficienti: i livelli di difficoltà delle tracce saranno commisurati al tempo che sarà reso disponibile. Occorre poi ricordare che per alcuni indirizzi dell’Istruzione tecnica e professionale e per i Licei artistici, musicali e coreutici, la durata sarà superiore alle sei ore, in ragione degli obiettivi specifici  di tali indirizzi.

Per la seconda prova del Liceo classico si dovranno portare tutti e due i dizionari?
I dizionari vanno portati entrambi: uno servirà per la traduzione, l’altro per l’analisi e il commento del secondo testo.

Seconda prova del Liceo scientifico: che peso avranno Matematica e Fisica?
Avranno un peso proporzionale al numero delle ore di lezione. La prova sarà molto equilibrata. I problemi e i quesiti che saranno proposti avranno una strettissima correlazione con i nuclei fondanti e con gli obiettivi specifici del Liceo scientifico. Le possibilità di scelta che saranno date rispetto ai problemi e ai quesiti consentiranno al candidato di poter valorizzare adeguatamente la sua preparazione.

Seconda prova del Liceo linguistico: quali lingue saranno oggetto della prova scritta e con che livello di difficoltà?
Le lingue oggetto della prova saranno la prima e la terza lingua caratterizzanti il percorso di studi. Il livello di difficoltà delle prove sarà commisurato ai Quadri di riferimento europeo (QCER). In particolare, per la prima lingua si prevede l’accertamento del livello B2 del QCER. Mentre per la terza lingua è previsto l’accertamento del livello B1.

L’ORALE

Chi preparerà le buste per la prova orale?
Sarà la Commissione stessa a predisporle, in un’apposita sessione di lavoro. Nelle buste vi saranno materiali utili per poter avviare il colloquio. La scelta dei materiali (testi, documenti, progetti, problemi) sarà effettuata tenendo conto della specificità dell’indirizzo e del percorso effettivamente svolto nella classe secondo le indicazioni fornite dal Consiglio di Classe nel documento che sarà predisposto entro il 15 maggio, proprio in vista dell’Esame di Stato.

Fornirete esempi di come si svolgerà l’orale?
Il Ministero predisporrà esempi significativi delle tipologie di materiali simili a quelli che potrebbero essere proposti all’orale dalle singole commissioni che dovranno tenere conto dello specifico percorso della classe.

Come funziona il meccanismo delle buste?
Ogni commissione preparerà un numero di buste pari al numero dei candidati, più due. Ad esempio per una classe di 20 studenti, le buste saranno 22. Ciascuno studente potrà dunque sempre scegliere tra un terna di buste. Dal primo all’ultimo candidato. Saranno così garantite trasparenza e pari opportunità a tutti.

Cosa troveranno gli studenti nelle buste?
Ci saranno materiali che forniranno uno spunto per l’avvio del colloquio. Un testo poetico o in prosa, un quadro, una fotografia, un’immagine tratta da libri, un articolo di giornale, una tabella con dei dati da commentare, un grafico, uno spunto progettuale, una situazione problematica da affrontare: sono tutti esempi che di ciò che le commissioni potranno scegliere per introdurre un percorso integrato e trasversale che permetta di affrontare lo specifico contenuto delle discipline.

In che modo l’Alternanza Scuola-Lavoro rientra nell’orale?
Il candidato all’orale potrà illustrare l’esperienza svolta nei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento tramite una relazione e/o un elaborato multimediale.

Che cosa potrà essere chiesto per Cittadinanza e Costituzione?
L’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione è basato sullo svolgimento di attività (percorsi, progetti, etc.) finalizzate a sviluppare le competenze di cittadinanza in diversi ambiti, come, a puro titolo di esempio, educazione alla legalità, alla cittadinanza attiva, etc. Tutti i Consigli di Classe, nell’ambito del documento del 15 maggio che raccoglie quanto svolto dalla classe, evidenzieranno e descriveranno tali percorsi, che saranno poi oggetto di una sezione specifica del colloquio.

GLI ESEMPI DELLE PROVE

Le tracce delle ‘simulazioni’ saranno inviate in simultanea a tutte le scuole?
Gli esempi di prova saranno pubblicati in un’apposita sezione del sito del MIUR dedicata agli Esami di Stato a partire dalle ore 8.30 dei giorni indicati in calendario. Saranno perciò utilizzabili dalle scuole a partire da tale ora.

Se non sono a scuola il giorno in cui il Ministero pubblica gli esempi di prova per le ‘simulazioni’ o se la mia classe è in visita d’istruzione, che succede?
Le  scuole potranno usare gli esempi di prova in qualsiasi momento, anche nei giorni successivi. In ogni caso il MIUR ha organizzato più ‘simulazioni’: due per italiano, due per la seconda prova. I materiali potranno poi essere utilizzati da ciascuno studente come base utile per potersi rendere conto della struttura e della tipologia delle prove d’Esame.

Ci saranno ‘simulazioni’ per tutti i corsi di studio?
Il Ministero pubblicherà esempi di prova per la quasi totalità degli indirizzi di studio. Per quelli con una diffusione molto limitata sul territorio nazionale o per percorsi sperimentali ci sarà un’interlocuzione diretta con le scuole.

Licei musicali, il Tar dichiara inadempiente il Miur: ripristini subito la seconda ora di strumento

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Il tar del Lazio, con sentenza n. 1932 del 13 febbraio 2019, ha ritenuto infondate le motivazioni addotte dal MIUR per non ripristinare la seconda ora nel corso del corrente anno scolastico e, soprattutto, ha considerato persistente l’inadempimento dell’amministrazione, non potendosi considerare esecutivo della pronuncia il decreto che limiti ai soli ricorrenti l’effetto derivante dalla sentenza di accoglimento, inerendo al complessivo sistema di insegnamento l’orario di strumento richiesto”.

È quanto viene pubblicato sulla pagina Facebook dei prof di strumento musicale.

Applicare le sentenze

Dunque l’attuale ministro, contrariamente alle contrizioni di cui si erano fatti portavoce soprattutto gli esponenti dei 5Stelle in campagna elettorale, accusando tutti e tutto di inadempienze sulle decisioni dei tribunali, non si cura di mettere in esecuzione le sentenze, i dettami cioè della Legge.

E la Legge ha stabilito che togliere un’ora, delle due previste nel piano di studi, di strumento nei licei musicali non si può fare e siccome questo decisione ministeriale “a sottrarre” ha danneggiato parecchi docenti e alunni, il Miur deve immediatamente provvedere a ridare il “maltolto” da subito.

Infondate le motivazioni del Miur

Addirittura “ha ritenuto infondate le motivazioni addotte dal MIUR per non ripristinare la seconda ora nel corso del corrente anno scolastico e, soprattutto, ha considerato persistente l’inadempimento dell’amministrazione”.

Si regionalizza ma non si tiene conto di prof e alunni di strumento musicale

Mentre dunque si apre una lotta per regionalizzare la scuola, su cui il ministro Bussetti non ha detto neanche una parola, come se la faccenda non riguardasse il suo ministero, sulle questioni sostanziali, e che incidono profondamente sulla pelle di tanti lavoratori e studenti, si continua a tacere e si fanno spallucce oltre che orecchie da mercante.

Seconda prova maturità liceo scientifico: il Miur seleziona gli argomenti che è essenziale insegnare

da Tuttoscuola

Il decreto del 26 novembre scorso del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, consta del seguente unico articolo: “Ai sensi dell’articolo17, commi 5 e 6, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, sono adottati i quadri di riferimento e le griglie di valutazione per la redazione e lo svolgimento della prima e della seconda prova scritta dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, definiti, rispettivamente per la prima e la seconda prova, agli allegati A e B, che costituiscono parte integrante del presente decreto”. Un solo articolo che comporta comunque cambiamenti notevoli. E tra questi certamente il fatto che adesso le scuole e i docenti sanno decisamente meglio che cosa insegnare ai loro studenti. Conoscono i “quadri di riferimento” adottati per loro. Sanno che cosa potrà essere richiesto ai loro studenti nelle prove scritte dell’esame conclusivo dell’indirizzo di studio seguito. Una novità decisamente significativa perché pone le scuole e i docenti nelle condizioni per meglio svolgere la loro azione educativa e formativa finalizzandola a quei traguardi di conoscenze e abilità fissati per tutti e che potranno essere oggetto di accertamento attraverso le prove nazionali d’esame. Qualcosa cioè che non potrà non giovare anche all’unitarietà del sistema scolastico italiano almeno con riguardo alle opportunità di apprendere.

Le novità che interessano la prova di matematica nei licei scientifici sono contenute, ovviamente, nel relativo “quadro di riferimento”. Il documento tocca i vari aspetti della prova a cominciare dalla struttura e dalla durata, per concludere con il dettaglio dei contenuti e con i criteri da adottare per uniformarne la valutazione sul territorio nazionale. La seconda prova maturità liceo scientifico sarà ancora strutturata in problemi e quesiti proposti in numero doppio di quelli da risolvere, ma con una piccola variazione: i quesiti proposti invece di dieci saranno otto. Una riduzione che investe anche il tempo assegnato alla prova: non più sei ore, fisse, ma una durata che può oscillare da quattro a sei ore. Non si può dire altro perché né dell’una né dell’altra scelta si dice il perché. Non c’è un motivo. Ciascuno può darsi la spiegazione che vuole. Della seconda prova maturità liceo scientifico abbiamo parlato nel numero di febbraio di Tuttoscuola in un articolo di Emilio Ambrisi, presidente Mathesis.

Il fatto che si sia conservata la struttura della seconda prova maturità liceo scientifico è comunque un riconoscimento che essa in questi anni ha funzionato bene. La disponibilità di due problemi (di solito articolati in quattro punti per lo più indipendenti tra loro) e di un ampio ventaglio di quesiti in cui scegliere quelli da affrontare si è rivelata fruttuosa per tutti: per i responsabili della redazione delle prove, per i docenti, per gli studenti. Ha infatti offerto la possibilità di coprire più ambiti, saggiare conoscenze e abilità, le più disparate, venire incontro ad ogni programma personalizzato nonché corrispondere ai gusti e alle propensioni di docenti e allievi. La conseguenza più importante, rilevata fin da subito, è stata la scomparsa dell’amara caratteristica della matematica degli esami di maturità: il compito consegnato in bianco. Una struttura dunque che ha avuto successo e ha incoraggiato. Ha diminuito la paura della prova e aumentato la consapevolezza che chi studia trova certamente nei problemi e nei quesiti questioni che ha incontrato e conosce. Ha reso la matematica una disciplina meno esoterica e più “vicina” allo studio e all’impegno di studio.

Assegnare otto quesiti anziché dieci non sembra comunque una decisione eversiva. Più discutibile appare la riduzione del tempo concesso alla prova. La durata della seconda prova maturità liceo scientifico, ad esempio, non è una variabile secondaria. Con la sessione del 2001 fu portata a sei ore per soddisfare ad una precisa scelta pedagogica: dover proporre problemi e quesiti che invogliassero a pensare e scrivere (di matematica!), a sviluppare e illustrare un ragionamento, a esporre un concetto, una dimostrazione, una procedura, senza l’ansia del tempo che manca. Qualcosa cioè che si ritrova anche nella filosofia di fondo di questo nuovo quadro. Perché allora quella possibile riduzione? In diciotto anni l’unica critica mossa alle sei ore è stata che le commissioni, dopo la prima mezza mattinata, faticavano troppo a mantenere l’ordine e a controllare che non si copiasse. È probabile che non sia questa la motivazione alla base della possibile riduzione né peraltro appare plausibile che essa sia dovuta all’idea, oggi dominante, che tutto debba essere fatto in fretta, rapidamente. No, decisamente no! Il “quadro” infatti contiene un sintetico preambolo che pur senza volare alto nella filosofia dell’educazione e della pedagogia della matematica sottolinea aspetti espositivi e argomentativi che non appartengono alla sfera della rapidità dello stimolo/risposta: la prospettiva storico-critica, la comprensione e la padronanza del metodo dimostrativo nei vari ambiti della matematica, anche utilizzando il principio di induzione, la costruzione di esempi e controesempi, l’applicazione di teoremi o procedure, la costruzione e la discussione di modelli, la risoluzione di problemi. E qui, addirittura, la possibilità di prevedere nelle prove “riferimenti a testi classici o momenti storici significativi della matematica”. Una novità da accogliere con favore perché rafforza la prospettiva storico-critica, potenzia la visione della matematica come disciplina umanistica e ristabilisce un legame di continuità con quanto già era stato fatto nei problemi e nei quesiti degli anni passati, nel periodo dal 2001 al 2015. Ad esempio: “In una delle sue opere G. Galilei fa porre da Salviati, uno dei personaggi, la seguente questione riguardante l’insieme N dei numeri naturali ( “i numeri tutti”). Dice Salviati: «….se io dirò, i numeri tutti, comprendendo i quadrati e i non quadrati, esser più che i quadrati soli, dirò proposizione verissima: non è così?».Era uno dei quesiti della prova del 2011, indirizzo PNI.

Alla parte introduttiva e di struttura segue la vera novità del quadro, quella che ne è la parte più rilevante: quella che svela ciò che s’intende accertare con la prova scritta di matematica e che gli allievi dei licei scientifici del territorio nazionale devono essere in grado di sapere e saper fare. Una rivelazione effettuata con efficacia elencando ventisette argomenti (vedi allegato B al DM del 26 novembre) che sono i possibili ingredienti della prova scritta di matematica degli esami di Stato. L’efficacia sta anche nel fatto che non sono espressi male. Ad eccezione di tre o quattro di essi, si capisce esattamente cosa vogliono dire. È vero, alcuni andrebbero riscritti trovando espressioni più adeguate, modi di dire più semplici e immediati, forse più moderni, atti anche ad evitare ridondanze, ma soprattutto a recuperare qualche perdita significativa come ad esempio le questioni di calcolo approssimato, immeritatamente dimenticate malgrado il gran chiasso fatto per le prove “contestualizzate”, l’uso delle calcolatrici, anche grafiche e simboliche e, in genere, la matematica nella realtà. E sorprende altresì l’argomento, ventitreesimo della lista ministeriale: “Interpretare geometricamente l’integrale definito e applicarlo al calcolo di aree”. Perché il troncamento della frase? Perché solo calcolo delle aree e non anche dei volumi che è l’aspetto più ricco e significativo? Aspetto che rappresenta uno dei successi della didattica della matematica in Italia, ottenuto proprio attraverso le prove scritte degli esami di Stato. Aspetto che era pressoché sconosciuto alla trattatistica italiana e si è rivelato uno degli strumenti più efficaci di rafforzamento del concetto di integrale definito e di ampliamento della visione spaziale consentendo di vedere un solido come “somma di fette” aventi forme e aree determinate o composto da successivi strati, eventualmente a cipolla o gusci cilindrici. Un aspetto cioè che ha costituito un attrattore notevole verso l’integrazione concettuale e un passo avanti compiuto dalla pedagogia della matematica così come lo è stato l’aver integrato, nei problemi e nei quesiti, la canonica richiesta di tracciare il grafico di una funzione assegnatane l’equazione, con la richiesta reciproca di individuare la possibile espressione analitica di un dato andamento grafico.

Questo quadro di riferimento, parte integrante del decreto del Ministro Bussetti, ha dunque innegabili positività. È positivo dunque che il Ministero abbia re-imboccato la via maestra, quella già segnata e da percorrere. Bisognerà ovviamente sistemarla e illuminarla meglio. Di questo abbiamo parlato in maniera più approfondita nel numero di febbraio di Tuttoscuola.

Per capire meglio quali saranno i cambiamenti che stanno interessando già da ora l’esame di maturità, Tuttoscuola ha realizzato il mini ciclo “Come cambia l’esame di maturità” composto da 2 webinar + Guida. Per saperne di più clicca qui. 

Assenze nella scuola primaria: ecco come funzionano, istruzioni per l’uso

da Tuttoscuola

La scuola primaria, in quanto scuola dell’obbligo, non ammette assenze dalle lezioni se non per motivate ragioni di famiglia o di salute. Qualora l’assenza dell’alunno da scuola sia dovuta a ragioni di salute e comporti una assenza continuativa che si prolunga oltre i cinque giorni, occorre, di norma, che l’alunno giustifichi l’assenza. Una norma di medicina scolastica prescrive, infatti, che gli alunni possono essere riammessi a scuola solo presentando specifico certificato medico quando la malattia superi i cinque giorni continuativi. Tuttavia, recenti disposizioni sanitarie hanno rimesso direttamente alle Regioni la competenza in materia di medicina scolastica anche con riferimento ai certificati medici per la riammissione degli alunni a scuola dopo un periodo di malattia. Su questo punto specifichiamo che ben otto regioni, ad oggi, hanno abolito la regola del certificato medico dopo i cinque giorni di assenza da scuola (scopri quali sono qui).

Assenze a scuola: cosa fare se sono troppe

Qualora le assenze da scuola siano frequenti e non giustificate, il dirigente provvede ad avvisare le famiglie sollecitandole a un comportamento di maggiore cooperazione con la scuola per non vanificare il diritto all’istruzione che la Costituzione della Repubblica Italiana garantisce a tutti i cittadini. Nel caso in cui la famiglia non ottemperi all’obbligo di istruzione dei figli (frequenza gravemente saltuaria o addirittura non frequenza alle lezioni), il dirigente provvede a segnalare alla magistratura la violazione della specifica norma del codice civile.