Docenti religione, 15 mila da assumere: i sindacati chiedono aiuto alla Cei, che però vuole il 30% di supplenti

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

I sindacati insistono per sbloccare al più presto le assunzioni in ruolo dei docenti di religione, per i quali l’ultimo concorso bandito risale addirittura al 2004: dopo avere tentato la via del disegno di legge in Parlamento, le organizzazioni sindacali si sono compattate e hanno deciso di chiedere il sostegno della Conferenza episcopale italiana.

La richiesta unitaria: serve una doppia procedura

Cisl Scuola, Flc Cgil, Uil Scuola Rua e Fgu/Snadir hanno così incontrato, il 4 giugno, il responsabile del servizio nazionale per l’Insegnamento della religione cattolica della CEI, Don Daniele Saottini, per un confronto sul tema del reclutamento dei docenti di religione cattolica.

Le organizzazioni sindacali hanno in modo più specifico sottolineato come sia necessario e urgente sollecitare l’emanazione di un provvedimento normativo che preveda l’attivazione, nel corso dell’anno scolastico 2019/2020, di due specifiche procedure di reclutamento, una di carattere ordinario, l’altra di natura riservata rivolta al personale docente che abbia svolto almeno 36 mesi di insegnamento, prevedendo anche la possibilità dello scorrimento degli elenchi del concorso 2004 in quelle regioni in cui vige ancora la graduatoria di merito: in lista di attesa, ormai da quasi 15 anni, ci sono infatti ancora alcune migliaia di docenti di religione che hanno superato quel concorso senza mai essere assunti.

“La proposta, da assumere con carattere d’urgenza, si pone in linea di coerenza – scrivono i sindacati unitari – rispetto alla proposta di attivazione, in discussione al tavolo tematico su reclutamento e precariato, di una ‘modalità transitoria’ di abilitazione e assunzione che interessa una platea di oltre 50.000 docenti di terza fascia d’istituto”.

L’immissione in ruolo sarebbe dietro l’angolo

Ora i sindacati sperano che l’incontro dia ulteriore forza alle azioni da intraprendere verso il Miur e, soprattutto, il Governo: l’obiettivo, concludono, è quello di “assumere le iniziative necessarie sul piano legislativo per dare positiva risposta alle attese dei precari docenti di religione cattolica e in particolare di quelli con almeno 36 mesi di servizio”.

Rispetto alle altre discipline, però, l’eventuale formazione di graduatorie post Pas si tradurrebbe in un passaggio rapido verso l’immissione in ruolo: per questi docenti, infatti, le altre graduatorie dei precari (GAE e GMR del concorso 2018) non esistono. L’unica che vi sarebbe ancora da smaltire è quella del concorso del 2004, quindi di una graduatoria di merito, ma si tratta di solo 2.700 precari, a fronte di circa 15 mila vacanti.

Il vincolo del 70% di cattedre costituite

Ma per vedere anche solo avvicinare la copertura di quel numero altissimo di cattedre di religione senza titolare, c’è sempre da superare il vincolo posto dalla legge n. 186/2003 che fissa l’organico dei docenti di religione di ruolo al 70% del numero complessivo delle cattedre costituite: lo Snadir ha chiesto in più occasioni di elevare quella soglia al 90%, permettendo in questo modo di sbloccare molti più posti per le immissioni in ruolo. Altrimenti, il via libera ai Pas abilitanti rischia di produrre solo precari qualificati ma con poche possibilità di essere assunti a tempo indeterminato, almeno nel breve periodo.

Paradossalmente, però, a non avere alcun interesse per elevare la soglia del 70% di cattedre utili ad immissioni in ruolo e trasferimenti, è proprio la Cei: la stessa alla quale i sindacati hanno ora chiesto aiuto per stabilizzare il personale.

Scrutini finali, ecco chi può sostituire il dirigente scolastico come presidente

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Siamo entrati nel vivo della fine dell’anno scolastico ed è tempo di scrutini. Chi ha già iniziato, chi lo farà a breve. Proseguiamo la raccolta di informazioni utili in merito a questo momento delicato per tutto il personale.

In questo articolo parliamo di chi può sostituire il presidente del Consiglio di classe, figura ricoperta dal dirigente scolastico. In caso di assenza di questo, chi può diventare presidente?

Scrutini scuola: Il presidente del Consiglio di classe

L’ art. 5 comma 8 del Decreto Legislativo 297/94, specifica che a presiedere il consiglio di classe sarà il dirigente scolastico.

Ecco che succede in caso di assenza: “I consigli di intersezione, di interclasse e di classe sono presieduti rispettivamente dal direttore didattico e dal preside oppure da un docente, membro del consiglio, loro delegato: si riuniscono in ore non coincidenti con l’orario delle lezioni, col compito di formulare al collegio dei docenti proposte in ordine all’azione educativa e didattica e ad iniziative di sperimentazione e con quello di agevolare ed estendere i rapporti reciproci tra docenti, genitori ed alunni. In particolare esercitano le competenze in materia di programmazione, valutazione e sperimentazione”.

Il docente delegato alla presidenza di un Consiglio di classe, tuttavia, può essere solamente un docente che sia membro dello stesso Consiglio.

Pertanto, questo ruolo non può essere ricoperto da uno dei collaboratori del DS, almeno che non sia docente della classe in cui si svolgono gli stessi scrutini.

Una volta designato il docente che presiederà lo scrutinio, questo non potrà rifiutarsi: infatti, salvo impedimenti oggettivi, questo insegnante deve obbligatoriamente svolgere la funzione di Presidente del Consiglio di classe.

Scrutini scuola: anche il segretario è una figura obbligatoria

Anche la figura del segretario verbalizzante del consiglio di classe è obbligatoria.

Questa figura è prevista dalla legge 297 del 1994, sempre all’art. 5 comma 5 del D.Lgs. n. 297/1994, in cui è sancito che le funzioni di segretario del consiglio sono attribuite dal direttore didattico o dal preside a uno dei docenti membro del consiglio stesso.

Ed anche in questo caso, tale docente individuato alla verbalizzazione non può rifiutarsi all’espletamento di tale ordine di servizio, salvo oggettivi impedimenti,

Per concludere, affinchè la seduta del consiglio di classe sia valida, devono essere presenti necessariamente la figura del Presidente e quella del Segretario, in ogni caso, tali figure devono essere sempre distinte.

Alunni disabili in aumento: nel 2017/2018 erano 14 mila in più. I dati del Miur

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Il Ministero dell’Istruzione ha reso disponibili i dati in merito agli studenti con disabilità nelle scuole italiane statali, paritarie e non paritarie, riferiti all’anno scolastico 2017/2018.

Infatti, nel 2017/2018 erano presenti nelle aule scolastiche 268.246 alunni con disabilità, il 3,1% del totale, 14 mila in più rispetto all’anno precedente, quando erano il 2,9%.

Rispetto a venti anni fa, gli alunni con disabilità certificata sono più che raddoppiati (erano 123.862 nel 1997/1998).

Nel 2017/2018, il 93,3% degli alunni con disabilità ha frequentato una scuola statale, il 5,1% una paritaria, l’1,6% una non paritaria comunque iscritta negli elenchi regionali. Le classi con almeno un alunno con disabilità sono state 192.606, pari al 45% del totale delle 427.728 classi attivate, comprese le sezioni della Scuola dell’infanzia.

Nel 2017/2018 gli studenti con disabilità erano così distribuiti per ordine di scuola: 31.724 nella Scuola dell’infanzia, 95.081 nella Primaria, 71.065 nella Secondaria di I grado, 70.376 nella Secondaria di II grado. Netta la prevalenza del genere maschile.

Distribuzione territoriale

La Regione con la percentuale più alta di alunni con disabilità è stata l’Abruzzo (3,7%), quella con la percentuale più bassa, la Basilicata (2,3%).
A livello territoriale si è evidenziata una distribuzione disomogenea, con notevoli differenze tra le singole Regioni. Mediamente, nelle Regioni del Centro e del Nord Ovest l’incidenza è stata maggiore che nel resto d’Italia. Nel complesso del sistema scolastico, la presenza è stata del 3,1%, mentre nel Centro e nel Nord Ovest si è attestata al 3,2%, rispettivamente 53.748 alunni con disabilità su un totale di 1.667.396 e 70.611 su un totale di circa 2.203.000. Nel Nord Est si è registrata la percentuale più contenuta, pari al 2,7%.

Tipologie di disabilità

Il 96,4% degli alunni con disabilità aveva una disabilità psicofisica, l’1,4% una disabilità visiva, il 2,3% una disabilità uditiva.

La disabilità nella Scuola secondaria di II grado
La percentuale media di alunni con disabilità rispetto al totale dei frequentanti nella Scuola secondaria di II grado è stata prossima al 2,6%. Per i Licei l’1,3%, per gli Istituti tecnici pari al 2,2%, nei Professionali ha raggiunto il 6,6%.
Il 23,8% del totale degli alunni con disabilità frequentava un Liceo, il 27,3% un Istituto tecnico, il 48,9% un Istituto professionale.

Posti e docenti per il sostegno nella Scuola statale

Nel 2017/2018 il rapporto tra numero di studenti con disabilità e posti di sostegno è stato pari, nella scuola statale, a 1,69 alunni per posto di sostegno. Sempre nel 2017/2018 si è registrato un incremento rispetto all’anno precedente di oltre 16.000 unità sul numero di docenti per il sostegno in tutti gli ordini di scuola. In numero complessivo, è risultato pari a 155.977 su un totale di 872.268, così ripartito: 17.743 per l’Infanzia55.578 per la Primaria41.512 per la Secondaria di I grado41.144 per la Secondaria di II grado.

Le nuove regole dell’inclusione

L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità si appresta a fare un passo avanti: il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato lunedì 20 maggio, in via preliminare, un importante provvedimento che interviene per modificare significativamente le nuove norme in materia che sarebbero entrate in vigore il prossimo settembre e che vengono riviste mettendo sempre di più al centro lo studente e le sue necessità. A partire dall’assegnazione delle ore di sostegno che, d’ora in poi, avverrà anche con il coinvolgimento delle famiglie, fino a oggi lasciate fuori da questo processo. Cambia radicalmente l’approccio alla disabilità in ambito scolastico.

L’Italia, già all’avanguardia in materia, si allinea definitivamente al principio riconosciuto dalle Nazioni Unite secondo cui la disabilità è tale in relazione al contesto: solo offrire opportunità specifiche ai ragazzi con diverse abilità garantisce maggiore autonomia e una qualità della vita più elevata. Con l’approvazione delle nuove norme, dunque, sussidi, strumenti, metodologie di studio più opportune, saranno decisi non in modo ‘standard’, in relazione al tipo di disabilità, ma con un Piano didattico veramente individualizzato che guarderà alle caratteristiche del singolo studente.

IL REPORT COMPLETO

Alunni disabili in aumento: in 20 anni raddoppiati. Oltre 192mila le classi con almeno un alunno disabile

da Tuttoscuola

Alunni disabili in aumento: nel 2017/2018 erano presenti nelle aule scolastiche 268.246 alunni con disabilità, il 3,1% del totale, 14 mila in più rispetto all’anno precedente, quando erano il 2,9%. Rispetto a venti anni fa, gli alunni con disabilità certificata sono più che raddoppiati (erano 123.862 nel 1997/1998). Nel 2017/2018, il 93,3% degli alunni con disabilità ha frequentato una scuola statale, il 5,1% una paritaria, l’1,6% una non paritaria comunque iscritta negli elenchi regionali. Le classi con almeno un alunno con disabilità sono state 192.606, pari al 45% del totale delle 427.728 classi attivate, comprese le sezioni della Scuola dell’infanzia. Nel 2017/2018 gli studenti con disabilità erano così distribuiti per ordine di scuola: 31.724 nella Scuola dell’infanzia, 95.081 nella Primaria, 71.065 nella Secondaria di I grado, 70.376 nella Secondaria di II grado. Netta la prevalenza del genere maschile. Questi sono solo alcuni dei dati disponibili da oggi, 4 giugno, sul sito del MIUR, relativi all’approfondimento statistico dedicato agli studenti con disabilità nelle scuole italiane statali, paritarie e non paritarie, con dati riferiti all’anno scolastico 2017/2018. Il 96,4% degli alunni con disabilità aveva una disabilità psicofisica, l’1,4% una disabilità visiva, il 2,3% una disabilità uditiva.

Alunni disabili: in Abruzzo percentuale più alta

La Regione con la percentuale più alta di alunni con disabilità è stata l’Abruzzo (3,7%), quella con la percentuale più bassa, la Basilicata (2,3%). A livello territoriale si è evidenziata una distribuzione disomogenea, con notevoli differenze tra le singole Regioni. Mediamente, nelle Regioni del Centro e del Nord Ovest l’incidenza è stata maggiore che nel resto d’Italia. Nel complesso del sistema scolastico, la presenza è stata del 3,1%, mentre nel Centro e nel Nord Ovest si è attestata al 3,2%, rispettivamente 53.748 alunni con disabilità su un totale di 1.667.396 e 70.611 su un totale di circa 2.203.000. Nel Nord Est si è registrata la percentuale più contenuta, pari al 2,7%.

Alunni con disabilità nella Scuola secondaria di II grado

La percentuale media di alunni con disabilità rispetto al totale dei frequentanti nella Scuola secondaria di II grado è stata prossima al 2,6%. Per i Licei l’1,3%, per gli Istituti tecnici pari al 2,2%, nei Professionali ha raggiunto il 6,6%.
Il 23,8% del totale degli alunni con disabilità frequentava un Liceo, il 27,3% un Istituto tecnico, il 48,9% un Istituto professionale.

Posti e docenti per il sostegno nella Scuola statale

Nel 2017/2018 il rapporto tra numero di studenti con disabilità e posti di sostegno è stato pari, nella scuola statale, a 1,69 alunni per posto di sostegno. Sempre nel 2017/2018 si è registrato un incremento rispetto all’anno precedente di oltre 16.000 unità sul numero di docenti per il sostegno in tutti gli ordini di scuola. In numero complessivo, è risultato pari a 155.977 su un totale di 872.268, così ripartito: 17.743 per l’Infanzia55.578 per la Primaria41.512 per la Secondaria di I grado41.144 per la Secondaria di II grado.

Inclusione scolastica: nuove regole

L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità si appresta a fare un passo avanti: il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato lunedì 20 maggio, in via preliminare, un importante provvedimento che interviene per modificare significativamente le nuove norme in materia che sarebbero entrate in vigore il prossimo settembre e che vengono riviste mettendo sempre di più al centro lo studente e le sue necessità. A partire dall’assegnazione delle ore di sostegno che, d’ora in poi, avverrà anche con il coinvolgimento delle famiglie, fino a oggi lasciate fuori da questo processo. Cambia radicalmente l’approccio alla disabilità in ambito scolastico.

L’Italia, già all’avanguardia in materia, si allinea definitivamente al principio riconosciuto dalle Nazioni Unite secondo cui la disabilità è tale in relazione al contesto: solo offrire opportunità specifiche ai ragazzi con diverse abilità garantisce maggiore autonomia e una qualità della vita più elevata. Con l’approvazione delle nuove norme, dunque, sussidi, strumenti, metodologie di studio più opportune, saranno decisi non in modo ‘standard’, in relazione al tipo di disabilità, ma con un Piano didattico veramente individualizzato che guarderà alle caratteristiche del singolo studente

Reclutamento insegnanti: nuovi passi avanti nella trattativa MIUR-sindacati

da Tuttoscuola

Definiti i percorsi abilitanti, si aggiorna il tavolo per condividere la procedura riservata per l’accesso al ruolo. Nell’incontro dello scorso 3 giugno, che ha visto proseguire il confronto tra le Organizzazioni Sindacali e il MIUR sul reclutamento dei docenti, si sono raggiunti importanti punti di convergenza. Il MIUR infatti, la cui delegazione era guidata dal Capo di Gabinetto, Giuseppe Chinè, ha infatti accolto la richiesta delle Organizzazioni sindacali di avviare un percorso abilitante riservato a tutti i docenti precari con 36 mesi di servizio, intesi come tre annualità, che vedrà la collaborazione tra Università e scuole nella costruzione del percorso formativo, sul modello del PAS 2013.

Secondo quanto riporta un comunicato unitario di Uil Scuola, Flc Cgil, Cisl Scuola, Gilda-Unams e Snals Confsal, è stata oggetto di discussione la possibilità di consentire l’accesso ai soli fini abilitanti ai percorsi riservati, in subordine rispetto ai precari con 36 mesi di servizio:

  • ai docenti di ruolo che vogliono acquisire l’abilitazione in un’altra classe di concorso per cui hanno titolo ad insegnare
  • ai laureati che hanno compito un percorso di dottorato di ricerca
  • ai docenti che hanno maturato le tre annualità di servizio nell’ambito della Formazione Professionale insegnando nei bienni utili per l’assolvimento dell’obbligo scolastico
  • ai docenti che sono in possesso del requisito delle tre annualità di servizio presso le scuole paritarie.

Il tavolo tematico è stato aggiornato alla prossima settimana, quella del 10 giugno, per definire in maniera puntuale il percorso concorsuale riservato ai docenti precari che hanno le tre annualità di servizio nella scuola statale, stante la necessità di valutare approfonditamente tutti gli aspetti di questa procedura, attivabile successivamente alle GAE, alle GM del concorso 2016 e alle GMR del concorso 2018, e il cui impianto dovrà essere definito in termini inappuntabili anche sotto il profilo della costituzionalità.

I sindacati al termine della riunione hanno chiesto di affrontare il tema del concorso riservato per gli assistenti amministrativi facenti funzione di DSGA per i quali è stata presentata una proposta unitaria.

Competenze di base – 2a edizione: graduatorie definitive regionali

Fondi Strutturali Europei – Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020.
Asse I – Istruzione – Fondo Sociale Europeo (FSE). Obiettivo Specifico 10.2 – Miglioramento delle competenze chiave degli allievi – Azione 10.2.1 – Azioni specifiche per la scuola dell’infanzia – Azione 10.2.2 – Azioni di integrazione e potenziamento delle aree disciplinari di base con particolare riferimento al I e al II ciclo.
Avviso pubblico n. AOODGEFID/4396 del 09.03.2018 per la realizzazione di progetti di potenziamento delle competenze di base in chiave innovativa, a supporto dell’offerta formativa.
Pubblicazione graduatorie definitive regionali.

Prot. 18425 del 05 giugno 2019

Semplificazioni per acquisti strumentazioni

Acquisti di materiali, strumentazioni e servizi più semplici, rapidi e con la possibilità di scegliere nel libero mercato le opzioni migliori per chi fa ricerca nelle Università statali e nelle istituzioni dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica. È quanto prevede un emendamento che sarà presentato nell’ulteriore corso del procedimento parlamentare di conversione del decreto Sblocca-cantieri, o in un prossimo veicolo normativo, che svincola queste istituzioni – così come già previsto per gli Enti pubblici di ricerca – dal ricorso al MePA (il Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione) per l’acquisto di beni e servizi destinati all’attività di ricerca. L’emendamento sarà proposto e sostenuto dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti.
“Occorre semplificare la vita dei ricercatori – sottolinea Bussetti – consentendo loro di poter acquistare strumenti e servizi che ritengono più idonei per la loro attività andando anche oltre il MePA. Il Mercato elettronico della PA è uno strumento importante per la Pubblica Amministrazione, ma rischia di limitare l’autonomia di scelta dei ricercatori e anche di vincolarli a una burocrazia spesso inconciliabile con i tempi della ricerca. Quando le Università devono effettuare acquisti di beni e servizi nell’ambito dei progetti, necessitano di una flessibilità che è incompatibile con la standardizzazione caratteristica del MePA – prosegue il Ministro -. L’esenzione dal MePA, peraltro, è già prevista per gli Enti di ricerca. Mi pare perciò doveroso estenderla agli Atenei”.
Le attrezzature destinate alla ricerca universitaria e artistica, peraltro, sono di solito caratterizzate da una specificità tecnica tale che si possono ottenere offerte maggiormente vantaggiose unicamente rivolgendosi a un mercato di fornitori frequentemente poco interessati a inserirsi nella piattaforma MePA, spesso perché prevalentemente operanti su mercati esteri.

Alunni con disabilità – A.S. 2017/2018

a cura del MIUR – Ufficio Gestione Patrimonio Informativo e Statistica

Nel 2017/2018 erano presenti nelle aule scolastiche 268.246 alunni con disabilità, il 3,1% del totale, 14 mila in più rispetto all’anno precedente, quando erano il 2,9%. Rispetto a venti anni fa, gli alunni con disabilità certificata sono più che raddoppiati (erano 123.862 nel 1997/1998). Nel 2017/2018, il 93,3% degli alunni con disabilità ha frequentato una scuola statale, il 5,1% una paritaria, l’1,6% una non paritaria comunque iscritta negli elenchi regionali. Le classi con almeno un alunno con disabilità sono state 192.606, pari al 45% del totale delle 427.728 classi attivate, comprese le sezioni della Scuola dell’infanzia.
Nel 2017/2018 gli studenti con disabilità erano così distribuiti per ordine di scuola: 31.724 nella Scuola dell’infanzia, 95.081 nella Primaria, 71.065 nella Secondaria di I grado, 70.376 nella Secondaria di II grado. Netta la prevalenza del genere maschile.

Distribuzione territoriale
La Regione con la percentuale più alta di alunni con disabilità è stata l’Abruzzo (3,7%), quella con la percentuale più bassa, la Basilicata (2,3%).
A livello territoriale si è evidenziata una distribuzione disomogenea, con notevoli differenze tra le singole Regioni. Mediamente, nelle Regioni del Centro e del Nord Ovest l’incidenza è stata maggiore che nel resto d’Italia. Nel complesso del sistema scolastico, la presenza è stata del 3,1%, mentre nel Centro e nel Nord Ovest si è attestata al 3,2%, rispettivamente 53.748 alunni con disabilità su un totale di 1.667.396 e 70.611 su un totale di circa 2.203.000. Nel Nord Est si è registrata la percentuale più contenuta, pari al 2,7%.

Tipologie di disabilità
Il 96,4% degli alunni con disabilità aveva una disabilità psicofisica, l’1,4% una disabilità visiva, il 2,3% una disabilità uditiva.

La disabilità nella Scuola secondaria di II grado
La percentuale media di alunni con disabilità rispetto al totale dei frequentanti nella Scuola secondaria di II grado è stata prossima al 2,6%. Per i Licei l’1,3%, per gli Istituti tecnici pari al 2,2%, nei Professionali ha raggiunto il 6,6%.
Il 23,8% del totale degli alunni con disabilità frequentava un Liceo, il 27,3% un Istituto tecnico, il 48,9% un Istituto professionale.

Posti e docenti per il sostegno nella Scuola statale
Nel 2017/2018 il rapporto tra numero di studenti con disabilità e posti di sostegno è stato pari, nella scuola statale, a 1,69 alunni per posto di sostegno. Sempre nel 2017/2018 si è registrato un incremento rispetto all’anno precedente di oltre 16.000 unità sul numero di docenti per il sostegno in tutti gli ordini di scuola. In numero complessivo, è risultato pari a 155.977 su un totale di 872.268, così ripartito: 17.743 per l’Infanzia, 55.578 per la Primaria, 41.512 per la Secondaria di I grado, 41.144 per la Secondaria di II grado.

Le nuove regole dell’inclusione
L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità si appresta a fare un passo avanti: il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato lunedì 20 maggio, in via preliminare, un importante provvedimento che interviene per modificare significativamente le nuove norme in materia che sarebbero entrate in vigore il prossimo settembre e che vengono riviste mettendo sempre di più al centro lo studente e le sue necessità. A partire dall’assegnazione delle ore di sostegno che, d’ora in poi, avverrà anche con il coinvolgimento delle famiglie, fino a oggi lasciate fuori da questo processo. Cambia radicalmente l’approccio alla disabilità in ambito scolastico.
L’Italia, già all’avanguardia in materia, si allinea definitivamente al principio riconosciuto dalle Nazioni Unite secondo cui la disabilità è tale in relazione al contesto: solo offrire opportunità specifiche ai ragazzi con diverse abilità garantisce maggiore autonomia e una qualità della vita più elevata. Con l’approvazione delle nuove norme, dunque, sussidi, strumenti, metodologie di studio più opportune, saranno decisi non in modo ‘standard’, in relazione al tipo di disabilità, ma con un Piano didattico veramente individualizzato che guarderà alle caratteristiche del singolo studente.

Il costo dell’istruzione resta occulto

da Il Sole 24 Ore

di Luisa Ribolzi

Con lo stesso clamore delle grida manzoniane vengono periodicamente annunciati concorsi e sanatorie per inserire nella scuola nuovi insegnanti e risolvere una volta per tutte il problema del precariato. Eppure il Miur è già l’impresa italiana con il maggior numero di dipendenti, anche se è difficile avere dati esatti su quanti e quali siano, e la spesa per gestire questa macchina gigantesca è la quota dominante, se non esclusiva, della spesa per l’istruzione.

I dati più recenti sono quelli della Ragioneria dello Stato, con i preventivi per gli anni 2019-2021, estremamente dettagliati, che prevedono una diminuzione ulteriore dei già risicati stanziamenti, ma ne rinvio l’analisi agli esperti. A loro volta le cifre sintetiche fornite all’Ocse (relative al 2015) ci dicono che la spesa pubblica per l’istruzione è stata di 67,4 miliardi di euro, pari al 4,1% del Pil e all’8,1% della spesa pubblica. Questi valori sono inferiori a quelli della maggior parte dei paesi dell’Ocse: in Germania sono rispettivamente 4,5 e 10,3, in Francia 5,5, e 9,7, in Inghilterra 5,7 e 13,1, in Spagna 4,2 e 9,5: solo la Grecia e alcuni dei paesi dell’Est spendono meno di noi. Fatta cento la spesa per l’istruzione nel 2010 e confrontandola con il 2005 e il 2015, l’Italia è scesa da 103 del 2005 a 99 nel 2015, mentre sia la media Ocse che quella dell’Unione europea a 22 sono sempre salite, sia pure di poco.

A quanto pare, i decisori italiani non considerano la spesa per l’istruzione come un investimento, ma come un puro e semplice costo. Abbastanza paradossalmente, però, il costo per portare uno studente dalla scuola dell’infanzia al diploma nella scuola statale “gratuita” è molto elevato: nel 2009 servivano 108.625 euro (122.775 con due ripetenze). I tagli imposti dalla legge Tremonti (legge 133/2008) hanno fatto calare la spesa dapprima lentamente, poi bruscamente, perché nel 2012 si è scesi a 88.106 per risalire nel 2013 a 89.336. Nei cinque anni il calo è stato del 17% circa e ha inciso su tutti gli ordini di scuola: la voce su cui c’è stato un maggiore risparmio sono stati gli insegnanti, calati dell’11% circa, e con gli stupendi praticamente bloccati (dati ovviamente da aggiornare con le cospicue assunzioni previste dalla “buona scuola”). Nonostante il bilancio demografico già sfavorevole, il rapporto insegnanti/alunni si è mantenuto al di sotto della media europea, con un orario di servizio (ore per anno) che è anch’esso minore.

Il ministero stima anche il costo delle ripetenze: un anno perso nella scuola secondaria di primo grado o negli istituti professionali costa tra 6 e 7mila euro, molto di più un anno perso nella secondaria di secondo grado, che si aggira sugli 11.500 euro. Lo spreco di risorse umane si traduce anche in un sensibile aggravio economico, e può essere questa, più dell’attenzione a promuovere il successo formativo, uno dei motivi che invitano a contenere la dispersione.

Se poi vogliamo stimare quanto costa portare alla laurea un ragazzo, dovremmo tenere conto della diversità fra i corsi di laurea: utilizzando sempre le fonti Ocse (a cui fa riferimento anche il Rapporto Anvur), abbiamo per il 2015 una spesa annua per studente pari a 11,257 euro, contro una spesa media dei paesi Ocse di 15.656. Calcolando cinque anni di percorso netto (ma il tempo medio di laurea è di oltre sette) arriviamo a 56.285 euro, che aggiunti ai precedenti 89.336 danno un totale, sempre stimato, di 145.621 euro, a cui andrebbero aggiunte le spese delle famiglie, che per i ragazzi della scuola sono relativamente contenute, sostanzialmente libri e trasporti, mentre per l’università stime fatte da vari giornali o trasmissioni televisive, attendibili anche se non scientifiche, calcolano per i fuori sede in 8-10mila l’anno più le rette, che per le università statali sono proporzionali al reddito, e hanno un valore medio di circa 1600 euro per il triennio e 1800 per la laurea magistrale.

Forse bisognerebbe tenere presenti queste cifre quando si afferma, a ragione, che il problema degli italiani che espatriano è più grave di quello degli stranieri che arrivano: il centro studi Confindustria stima che ogni anno “esportiamo” capitale umano che ci è costato 5,6 miliardi di euro, cioè quasi un decimo di tutta la spesa per l’istruzione. Se aggiungiamo i costi sostenuti dalle famiglie che mandano i figli nelle istituzioni non statali, che hanno rette elevate, ma minori dei costi sostenuti per i ragazzi “statali”, abbiamo un quadro ancora più negativo. Qualsiasi politica seria sulla scuola dovrebbe partire da un’ accurata disamina delle risorse umane e finanziarie impegnate per la formazione dei propri giovani. E invece questa disamina non è accurata o meno. Semplicemente, non esiste.

La scuola non boccia (quasi) più

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Nell’Italia malata di bassa crescita c’è una voce che in realtà è cresciuta a ritmi sostenuti: gli studenti promossi a fine anno. Mentre il Pil in termini reali, tra il 2013 e il 2018, è aumentato del 2,9%, gli iscritti alle secondarie di II grado che, nel frattempo, hanno ottenuto il passaggio alla classe successiva sono saliti di oltre il doppio. Grazie innanzitutto a una riduzione delle bocciature. Che non sembra derivare da un miglioramento delle conoscenze su larga scala, visti i bassi livelli di apprendimento in lettura e matematica, bensì dai ripetuti allentamenti del sistema di valutazione degli alunni. Sia legislativi che interpretativi, e spesso trasversali ai governi in carica. Come dimostrano le ultime scelte su esame di maturità e istituti professionali che, c’è da giurarci, avranno un impatto sui risultati degli scrutini finali al via, a seconda dei casi, l’8 o il 10 giugno.

Criteri più blandi di valutazione

Guardiamo all’ultimo decennio. Del Dpr Gelmini del 2009 – quello che ha stabilito l’ammissione con il sei in tutte le discipline, condotta inclusa – è rimasto oggi ben poco. Alle medie, ad esempio, il decreto attuativo della legge 107, varato nel 2017 da Valeria Fedeli, ha previsto la promozione, deliberata dal consiglio di classe, «anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento», dunque pure in caso di attribuzione di uno o più voti inferiori a sei decimi. Ma l’allentamento inizia prima. Anche alla primaria infatti la bocciatura è limitata a «casi eccezionali» e serve la delibera all’unanimità dei docenti contitolari (se diventerà, poi, legge il Ddl che ripristina l’educazione civica in classe, sempre alle ex elementari, spariranno anche le note sul registro).

Alle superiori la “non ammissione alla classe successiva” scatta se si collezionano tante insufficienze più o meno gravi, secondo criteri stabiliti dal collegio dei docenti. Nei confronti degli alunni che presentano un’insufficienza non grave in una o più discipline, il consiglio di classe può sospendere lo scrutinio, in attesa che il debito formativo venga colmato con l’aiuto di iniziative di sostegno e di recupero organizzate dalla scuola.

Si arriva così alla maturità. Da quest’anno, da un lato, si potrà partecipare all’esame anche con un’insufficienza, previa delibera motivata del consiglio di classe. E, dall’altro, i test Invalsi continueranno a non avere peso.

Queste le regole generali. Con un’appendice particolare per i professionali: le linee guida in arrivo sanciranno il carattere «intermedio» della valutazione al termine del primo anno e un suo maggior collegamento con il progetto formativo individuale di ciascuno studente. In pratica, un appello ai prof a limitare le bocciature.

Il miglioramento anno dopo anno

I primi effetti di questi “nuovi indirizzi” di politica scolastica si vedono sui numeri: nel 2013/2014, alle superiori, i promossi erano il 65,1% degli scrutinati. Cinque anni dopo si è saliti di 6 punti al 71,1%, mentre, nello stesso periodo, i bocciati sono scesi dal 9,8% al 7,4. Contemporaneamente, gli ammessi all’esame di terza media hanno raggiunto il 98,3%, alla maturità il 96 per cento. Quasi l’unanimità, dunque. Che, quando si parla di scuola, raramente fa rima con qualità. Questa logica spesso viene associata alla necessità, legittima, di non lasciare nessuno studente indietro. Specialmente nei momenti di passaggio tra un grado di istruzione e l’altro, ad esempio dalle medie alle superiori. Per evitare fughe repentine dai banchi. Ma se l’intento dei ripetuti alleggerimenti nei criteri di giudizio appena descritto fosse quello un interrogativo sulla bontà delle ricette adottate nascerebbe ugualmente. Ancora di più se si pensa che l’anno scorso la dispersione scolastica è tornata a salire dopo un decennio di calo continuo.

Maturità 2019, tutte le novità in sintesi: dall’ammissione alle prove. Tutta la normativa

da Orizzontescuola

di Nino Sabella

L’esame di Maturità 2019, come detto in diversi nostri articoli, presenta diverse novità introdotte dal D.lgs. 62/2017. Vediamo sinteticamente quali sono.

Novità

  • Requisiti d’ammissione all’esame
  • Incremento del peso del credito scolastico
  • Modifiche nella struttura e nell’organizzazione delle prove di esame (prima e seconda prova scritta; colloquio)
  • Abolizione della terza prova
  • Introduzione delle prove standardizzate nazionali – livello 13 (ultimo anno scuola secondaria di II grado)

Normativa di riferimento

Qui tutta la normativa di riferimento.

Requisiti

Due dei requisiti di ammissione, introdotti dalla Riforma, sono stati prorogati al prossimo anno scolastico:

  • partecipazione prove Invalsi (si sono svolte ma non costituiscono requisito di ammissione all’esame a.s. 2018/19);
  • svolgimento Percorsi per le competenze traversali e per l’orientamento (ex alternanza scuola-lavoro che è stata svolta ma non costituisce requisito di ammissione all’esame a.s. 2018/19).

Per il 2018/19, pertanto, i requisiti di ammissione all’esame dei candidati interni sono i seguenti:

  • frequenza di almeno tre quarti del monte ore personalizzato, fatte salve le deroghe previste dal collegio docenti;
  • votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina. Nel caso di una votazione inferiore a sei decimi in una disciplina, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, l’ammissione all’esame;
  • voto di comportamento non inferiore a sei decimi.

Diversamente che in passato, dunque, si può essere ammessi all’esame anche con una insufficienza.

La partecipazione alla prova Invalsi e lo svolgimento dei Percorsi per le competenze traversali e per l’orientamento, invece, costituiranno due novità assolute dal 2019/20.

Credito scolastico

Il punteggio massimo conseguibile negli ultimi tre anni passa da 25 a 40 punti, attribuendo così un maggior peso, nell’ambito dell’esame, al percorso scolastico.

I 40 punti sono così distribuiti:

  • max 12 punti per il terzo anno;
  • max 13 punti per il quarto anno;
  • max 15 punti per il quinto anno.

Approfondisci

Prove d’esame

La terza prova, il cosiddetto “quizzone”, è stata abolita. Pertanto, i maturandi dovranno svolgere la prima prova scritta di italiano, la seconda prova scritta di indirizzo e il colloquio. Tutte e tre le prove sono state modifica nella struttura e nelle modalità di svolgimento:

Invalsi

Anche gli studenti delle classi V svolgono (lo hanno già fatto) la prova Invalsi che, dal prossimo anno scolastico, costituirà uno dei requisiti d’ammissione.

La prova, computer based, ha riguardato le discipline di Italiano, Matematica e Inglese.

Tutto sulla maturità 

Maturità 2019, seconda prova mista: quando si usano due griglie di valutazione e come si attribuisce voto

da Orizzontescuola

di redazione

La seconda prova dell’esame di Maturità 2019, in alcuni indirizzi di studio, sarà mista, ossia comprenderà due discipline.

Abbiamo approfondito le caratteristiche della succitata prova in Maturità 2019, caratteristiche seconda prova. Griglia valutazione unica per prove miste, le eccezioni

Griglie nazionali

Il Miur ha previsto e fornito delle griglie di valutazione delle prove nazionali, al fine di fornire alle commissioni elementi di omogeneità e di equità.

Nelle griglie sono definiti gli indicatori (in media 4-5 per ogni QdR), che costituiscono le dimensioni valutative collegate agli obiettivi che gli studenti devono conseguire e la commissione valutare.

Le Commissioni devono declinare gli indicatori in descrittori di livello, tenendo conto anche delle caratteristiche della traccia. Il Miur consiglia di definire prima la struttura fondamentale delle griglie e completare il lavoro dopo aver verificato il contenuto specifico della traccia.

Per ciascun indicatore viene definito un punteggio massimo, in modo da non superare il totale di 20 punti, il massimo attribubile alla prova.

Le griglie sono state pubblicate insieme ai sopra riportati quadri di riferimento.

Prove miste: griglia unica

Per le prove  miste è previsto che le Commissioni utilizzino un’unica griglia integrata.

Prove miste: due griglie

Si devono utilizzare due griglie di valutazione nel caso in cui le prove miste prevedano tra le materie la lingua straniera; in tal caso, essendo diversi gli indicatori, la Commissione provvederà a valutare la prova per parti.

Si utilizzeranno, ad esempio, due griglie per la seconda prova scritta negli istituti tecnici settore economico – indirizzo “Turismo”, dove la prova comprende le seguenti discipline:

  1. Discipline Turistiche e Aziendali
  2. Lingua Inglese

Attribuzione voto in caso di utilizzo di due griglie

Nel caso succitato, ossia di utilizzo di due griglie di valutazione, la commissione valuterà, come detto sopra, la prova per parti e attribuirà il punteggio adottando la media aritmetica tra le due parti.

Ecco i QdR dei vari istituti e indirizzi con relative griglie di valutazione:

Qui le materie della seconda prova

Maturità 2019, indicazioni per le scuole per la comunicazione dei dati

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Come ogni anno, gli esami di Stato del II ciclo sono accompagnati da una serie di attività di competenza delle scuole.

Con la nota prot. n. 1445 del 3 giugno 2019 il Miur riepiloga gli adempimenti per le scuole, a partire dal 5 giugno e fino all’insediamento della Commissione, quando dovranno caricare su SIDI le informazioni riguardanti i candidati all’esame:

  • abbinamenti candidati/commissioni
  • esito dello scrutinio finale “ammesso” o “non ammesso”, credito scolastico, eventuale inserimento della delibera di ammissione
  • inserimento degli “altri candidati” (candidati esterni, provenienti da scuole non paritarie, abbreviazione per merito).

La seconda fase delle attività interessa le commissioni d’esame, sia che scelgano di lavorare su “Commissione Web”, sia che scelgano un altro applicativo.

Segue un’altra fase di competenza delle scuole, con la comunicazione, dal 2 luglio, degli esiti degli esami di Stato.

La fase finale prevede le seguenti operazioni:

  1. produzione dell’Attestato (per svolgimento prove differenziate);
  2. produzione del Diploma (in formato A3);
  3. produzione del Supplemento Europass al Certificato.