52mila assunzioni, in Lombardia lo stesso numero del Sud e avere l’assegnazione sarà dura

da La Tecnica della Scuola

52mila assunzioni, in Lombardia lo stesso numero del Sud e avere l’assegnazione sarà dura

Al Sud c’è carenza di posti liberi. Quindi è normale che che la maggior parte delle assunzioni si svolgano al Nord.

Come è più che normale che i docenti del Belpaese, in prevalenza meridionali, si debbano spostare di regione.

Anche quest’anno, la regola italica non è venuta meno. A confermarlo, analizzando il contingente di immissioni in ruolo del 2017 pubblicato dal Miur, è una analisi della rivista Tuttoscuola.

Le regioni settentrionali avranno a disposizione complessivamente il 58% dei 52 mila posti per le immissioni in ruolo, il Mezzogiorno circa un quarto e il Centro quasi il 18%.

“Non si tratta di una spartizione politica o discrezionale né il risultato di una contrattazione sindacale, ma è la conseguenza oggettiva delle risultanze dei recenti trasferimenti del personale docente, al termine dei quali sono rimaste vacanti e disponibili le sedi da assegnare per le nomine in ruolo”, spiega la rivista.

Del resto, continua, “il flusso migratorio di docenti dal Nord al Sud ha riempito e in qualche caso saturato le sedi meridionali lasciando vuote le sedi di provenienza al Nord”. Di conseguenza, “una maggiore disponibilità di posti al Sud in questa tornata di assunzioni sarebbe stato come avere la botte piena e la moglie ubriaca”.
Il top di sedi disponibili, secondo quanto risulta dalle elaborazioni di Tuttoscuola, è della Lombardia con 12.688 posti, (un posto su quattro), circa come quelli di tutte le regioni meridionali, Isole comprese, messi insieme. All’ultimo posto troviamo invece il Molise, con lo 0,4% di posti disponibili per le immissioni in ruolo.
Insomma, nulla di nuovo sotto il sole. Se non che rispetto allo scorso anno saranno molti meno neo-assunti ad avere l’assegnazione provvisoria: la deroga al blocco per tre anni è rimasta, ma le norme per l’accesso al beneficio sono diventate più stringenti, ad iniziare da quella di coprire un posto di sostegno solo se in possesso della specializzazione agli alunni disabili.

Presentato il Piano di Educazione alla Sostenibilità. Fedeli: scuola e università al centro

da La Tecnica della Scuola

Presentato il Piano di Educazione alla Sostenibilità. Fedeli: scuola e università al centro

Il Piano di Educazione alla Sostenibilità è stato presentato al Miur dalla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli.

Il Piano è stato elaborato dal Gruppo di lavoro “Scuola, Università e Ricerca per l’Agenda 2030”, costituito a maggio di quest’anno, composto da esperte ed esperti e vertici del Ministero e coordinato da Enrico Giovannini.

Sono ben 5 i milioni per progetti di efficientamento energetico nelle scuole elaborati da studentesse e studenti durante percorsi di Alternanza scuola-lavoro.

Formazione per le docenti e i docenti neoassunti e in servizio sui temi della sostenibilità.

Borse di mobilità internazionale finanziate dal Fondo Giovani per studentesse e studenti in condizioni economiche svantaggiate.

65 borse di dottorato su ambiti di ricerca coerenti con l’Agenda 2030 dell’Onu e con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile, prevista dalla legge 221 del 2015.

È motivo di orgoglio per me – ha dichiarato la Ministra Fedeli – presentare il Piano di Educazione alla Sostenibilità, primo contributo strutturato dei Ministeri per l’attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030. Uno dei primi atti dal mio insediamento è stata la creazione del Gruppo di lavoro che ha prodotto questo importante documento. Scuola, università e mondo della ricerca sono centrali nella promozione di forme di  sviluppo sostenibile. Il sapere è elemento trasversale per il cambiamento: migliora conoscenze, competenze, stili di vita. Diffonde modelli virtuosi di produzione e consumo sostenibili e una cittadinanza consapevole e attiva. E investire sulle nuove generazioni, le cittadine e i cittadini del domani, vuol dire agire sul lungo periodo per far sì che passi in maniera radicale questo cambiamento di paradigma. L’Agenda 2030 pone come quarto obiettivo l’educazione di qualità. Stiamo agendo e continueremo a farlo per conseguire questo risultato. Ma siamo convinti che il Miur, in quanto Ministero cui spetta il compito di scegliere strategicamente nel campo dell’educazione e dell’istruzione, possa essere vettore per diffondere la sostenibilità in ogni campo della società e sostenerla dal punto di vista culturale e tecnologico. Il Piano presentato oggi risponde a questa volontà e a questa visione”.

Sono 20 le azioni iniziali delineate nel Piano, riguardanti tutto lo spettro di attività del Ministero. Sono raggruppate in quattro macro-aree: strutture ed edilizia; didattica e formazione delle e dei docenti; università e ricerca; informazione e comunicazione.

Saranno inseriti requisiti di sostenibilità degli edifici tra i criteri per la realizzazione degli interventi nella programmazione dei fondi PON, dei poli innovativi per l’infanzia, del piano triennale nazionale, nel bando per gli Arredi innovativi e nel bando per i Fondi per Edilizia AFAM (Alta formazione artistica, musicale e coreutica).

Saranno destinati 5 milioni di euro per finanziare interventi di efficientamento energetico delle scuole progettati dalle ragazze e dai ragazzi durante percorsi di Alternanza o percorsi di educazione ambientale.

Sarà predisposto un protocollo per l’Alternanza scuola-lavoro con ENEA, per percorsi durante i quali studentesse e studenti possano partecipare a progetti di valutazione energetica delle scuole. La legge 440 sarà orientata verso tutti gli obiettivi dell’Agenda 2030, con un percorso unitario e coerente, per costruire sempre più una scuola che sia strumento per la sostenibilità sociale, economica e ambientale.

Saranno lanciate nei prossimi giorni le linee guida relative al comma 16 della Buona Scuola per contrastare stereotipi, violenza e discriminazioni in linea con la Convenzione di Istanbul.

Saranno destinate alle studentesse e agli studenti, in base alla condizione economica delle famiglie di appartenenza, borse di mobilità internazionale, finanziate dal Fondo Giovani, per permettere questa esperienza a chi, altrimenti, non potrebbe accedervi. Verranno stanziate 65 borse di dottorato su ambiti di ricerca coerenti con l’Agenda 2030 e con la Strategia Nazionale, costruiti insieme da Università e territori.

Le slide:

https://www.slideshare.net/miursocial/piano-per-leducazione-alla-sostenibilit-78344980

Stipendio, come modificare la modalità di riscossione e la residenza fiscale

da La Tecnica della Scuola

Stipendio, come modificare la modalità di riscossione e la residenza fiscale

Se si vuole variare la modalità di riscossione dello stipendio è possibile utilizzare la funzionalità self-service “Modalità di riscossione” presente nell’Area riservata del portale NoiPA.
Attraverso una procedura guidata è infatti possibile effettuare una nuova richiesta di variazione delle modalità di riscossione o visualizzare l’elenco delle variazioni già presentate precedentemente tramite il portale, elencate per anno di interesse.
Si ricorda che, nel caso in cui si stia accedendo all’area privata del Portale NoiPA con codice fiscale e password (senza utilizzare la CNS), sarà necessario inserire anche codice identificativo di sicurezza, il PIN, al termine dell’operazione.

Invece, per procedere alla variazione della propria residenza fiscale, è necessario utilizzare la funzionalità self-service “Residenza Fiscale”, presente nell’Area riservata del portale. Anche in questo caso, se si sta accedendo all’area privata del Portale NoiPA con codice fiscale e password (senza utilizzare la CNS), bisognerà inserire anche il pin, al termine della procedura.

Utilizzazioni/assegnazioni IRC, educativi e licei musicali: le prossime scadenze

da La Tecnica della Scuola

Utilizzazioni/assegnazioni IRC, educativi e licei musicali: le prossime scadenze

Ricordiamo che il 21 luglio scorso il Miur ha fornito indicazioni in merito all’invio delle domande per il personale educativo, gli nsegnanti di religione cattolica e le utilizzazioni nei licei musicali.

Le domande di mobilità, in formato cartaceo, relative agli utilizzi nei licei musicali e alle assegnazioni provvisorie e alle utilizzazioni del personale docente di religione cattolica e del personale educativo andranno inviate, all’Ufficio territorialmente competente per la provincia e/o l’Istituzione scolastica presso la quale si intende chiedere la mobilità annuale secondo la seguente tempistica:

entro il 2 agosto personale utilizzato nelle discipline specifiche dei licei musicali

  • entro il 5 agosto personale educativo e docenti di religione cattolica

 

Resta confermata la tempistica per le domande della scuola secondaria di primo e secondo grado entro il 2 agosto.

Stretta sulle malattie, da settembre più controlli in nuove fasce: si passa a 9 ore al giorno?

da La Tecnica della Scuola

Stretta sulle malattie, da settembre più controlli in nuove fasce: si passa a 9 ore al giorno?

Cambiano le regole per verificare lo stato di malattia del personale: lo prevede l’atto di indirizzo sul polo unico per le visite sulle assenze per malattia, previsto dalla riforma Madia.

Le novità – che prevedono anche “premi” ai medici che effettuano le visite fiscali, in base agli obiettivi raggiunti – dovranno tenere conto delle linee guida Inps-sindacati ed entreranno in vigore dal prossimo 1° settembre, quindi con l’avvio del nuovo anno scolastico.

A riferirlo è l’agenzia Ansa, che è venuta in possesso di un’anteprima dell’atto di indirizzo nazionale: nel documento, che estende alla P.A la competenza dell’Inps, si parla di una “migliore distribuzione e copertura territoriale degli accertamenti, la riduzione dei costi anche in ragione di un’ottimale dislocazione dei medici e del contenimento dei rimborsi e delle indennità chilometriche, l’equa assegnazione degli incarichi, nonché l’incremento del numero e dell’efficienza dei controlli, utilizzando al meglio le risorse a tal fine specificatamente attribuite”.

È prevista anche “un’indennità oraria base di disponibilità e maggiorazioni proporzionate al numero di visite di controllo domiciliari e ambulatoriali ed eventualmente legate a specifici obiettivi” che potranno essere previsti nelle convenzioni tra Inps e sindacati dei medici che svolgono gli accertamenti sui lavoratori dipendenti pubblici e privati assenti per malattia.

Scatterà anche il divieto per incarichi a chi ha raggiunto l’età da pensione e “se già in essere, cessano”.

Come già detto, il polo unico della medicina fiscale partirà dal primo settembre, con una ‘fase ponte’, anche nel caso in cui non sia stato ancora firmato l’accordo tra l’Inps e i sindacati per regolare il rapporto di lavoro dei medici.

Fino a che non ci sarà l’intesa si applica “la vigente disciplina”, garantendo “la disponibilità ad effettuare gli accertamenti medico-legali domiciliari per le assenze per malattia nelle fasce orarie stabilite per i dipendenti sia del comparto pubblico, sia di quello privato”.

Fasce di reperibilità che per ora sono diverse ma saranno omologate con un decreto ad hoc. Oggi sono previste quattro ore al giorno per il settore privato (dalle 10 alle 12 la mattina e dalle 17 alle 19 la sera) e sette per il pubblico (dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18).

In un primo momento si era pensato che l’armonizzazione della reperibilità a casa si risolvesse con un orario a metà tra il pubblico e il privato, quindi con cinque massimo sei ore complessive giornaliere di fasce orarie. Qualche mese fa, però, il presidente Inps fece intendere che il monte orario si sarebbe potuto addirittura incrementare, tanto che La Tecnica della Scuola parlò di “ritorno all’ora d’aria”.

E siccome il nuovo testo del pubblico impiego stabilisce la competenza esclusiva in capo all’Inps sui controlli medico-legali, mentre finora per la P.A in campo ci sono state le Asl, c’è da pensare (più di qualcuno direbbe temere) che le possibilità di arrivare a nove ore al giorno di obbligo a casa non siano così peregrine.

Smartphone a scuola: dal prossimo anno potrebbe cambiare tutto

da Tuttoscuola

Smartphone a scuola: dal prossimo anno potrebbe cambiare tutto

Se fino a qualche mese gli studenti dovevano fare attenzione a nascondere il proprio smartphone durante le ore di lezione per paura di un sequestro, dal prossimo autunno le cose potrebbero cambiare. Il fedele ‘amico’ dei teenager infatti potrebbe non essere più bandito a scuola se utilizzato per scopi didattici. Una ‘rivoluzione’ che potrebbe partire, se alcune tempistiche verranno rispettate, già dal prossimo autunno, secondo quanto scrive Skuola.net.

La possibilità, scrive Skuola.net, è stata annunciata durante l’evento organizzato a Roma per fare il punto sui primi diciotto mesi del Piano Nazionale scuola Digitale. Tra le novità in arrivo, infatti, c’è la creazione di un gruppo di lavoro che avra’ proprio lo scopo di studiare il potenziale utilizzo di smartphone e tablet in classe.

A partire dal 15 settembre gli esperti incaricati si impegneranno a stilare delle nuove linee guida che regolino l’uso di questi dispositivi a scuola. Il gruppo di lavoro, ha spiegato la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, “servirà a chiarire l’utilizzo di dispositivi personali delle studentesse e degli studenti in classe, intervenendo sulle attuali circolari, risalenti a un periodo troppo lontano da oggi, e promuovendo un uso consapevole e in linea con le esigenze didattiche. Avrà 45 giorni per pubblicare delle linee guida chiare ed efficaci per le scuole”.

L’ultima regolamentazione che disciplinava l’uso del cellulare, ricorda Skuola.net, risale al 2007. Si tratta di una circolare emanata da Fioroni, in quel periodo a capo del dicastero di Viale Trastevere, che bandiva l’uso del cellulare a scuola con parole nette e chiare. La nuova strada presa dal Miur, invece, riabiliterebbe l’uso dei ‘device’ personali, ovviamente regolato e reso utile all’attività didattica.

Non basta una buona legge per cambiare la scuola

da Tuttoscuola

Non basta una buona legge per cambiare la scuola 

*di Speranzina Ferraro

Due sono gli elementi chiave su cui puntare per garantire la qualità delle attività formative per tutti gli studenti:

  1. la rete tra i soggetti coinvolti;
  2. la formazione degli operatori, sia i docenti delle scuole sia i formatori dell’IeFP.

Da questi non si può prescindere se si vuole garantire un accesso equo a un’istruzione di qualità per raggiungere i più svantaggiati e per integrare le persone provenienti da contesti eterogenei nell’ambiente di apprendimento, in modo da costruire le basi di una società aperta e democratica valorizzando la cittadinanza attiva.

L’Europa non ha mancato in molte occasioni di ribadire l’importanza della formazione agli Stati membri. In particolare il Comunicato di Bruges (2010) invita a investire e migliorare la formazione iniziale e lo sviluppo professionale permanente dei docenti e formatori di I&FP, con un’offerta formativa flessibile che consenta di:

– Acquisire le opportune competenze;
– assumere compiti formativi più ampi e complessi;
– affrontare meglio la crescente eterogeneità dei discenti;
– sperimentare nuovi metodi di apprendimento;
– sfruttare al massimo le nuove tecnologie.

A seguire, nella Relazione congiunta 2015 sull’attuazione del quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET2020) il Consiglio e la Commissione hanno indicato le nuove priorità per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione, tra cui:

– conoscenze, capacità e competenze significative e di alta qualità, sviluppate grazie all’apprendimento permanente, con particolare attenzione ai risultati dell’apprendimento per l’occupabilità, l’innovazione, la cittadinanza attiva e il benessere;
– istruzione inclusiva, uguaglianza, equità, non discriminazione e promozione delle competenze civiche;
– istruzione e formazione aperte e innovative, anche attraverso una piena adesione all’era digitale;
– forte sostegno agli insegnanti, ai formatori, ai dirigenti scolastici e ad altro personale del settore dell’istruzione.

È da queste priorità che si deve partire per costruire una scuola inclusiva per tutte le differenze, in quanto è ormai chiaro, come le statistiche europee ci dicono, che i bassi livelli sia di conoscenze, sia di competenze di base hanno pesanti ripercussioni sul progresso economico e mettono a dura prova i processi di inclusione e cittadinanza, limitando la realizzazione di un gran numero di persone in termini personali, professionali e civili.

La qualità dell’istruzione e della formazione lungo tutto l’arco della vita non può essere però affrontata senza una cornice strategica che sostenga contemporaneamente lo sviluppo personale sia in termini di competenze di base e trasversali (creatività, imprenditorialità, pensiero critico, problem solving, competenze digitali, ecc.), sia di orientamento permanente per assumere decisioni coerenti e percorsi in linea con bisogni e attitudini. Inoltre, è evidente che intervenire in termini di apprendimento permanente significa garantire il raccordo e la continuità tra istruzione e formazione e mondo del lavoro. La collaborazione e la condivisione di una strategia d’intervento, con attenzione per le misure di prevenzione, di intervento precoce, a partire dalla scuola dell’infanzia, e di compensazione, richiedono un impegno a lungo termine e responsabilità condivise ma anche specifiche.

Il primo passo è mettere in grado i docenti di saper leggere e rispondere ai bisogni e alle caratteristiche che ogni studente manifesta e all’esigenze della società e di un mondo del lavoro in continua evoluzione. I docenti vanno però sostenuti nel cambiamento e va migliorata la formazione iniziale e continua puntando sulla personalizzazione dell’apprendimento e sul coinvolgimento attivo dello studente, le sole modalità in grado di garantire un apprendimento fondato e duraturo, lo sviluppo delle personali capacità e attitudini, la riflessione sugli errori, la comprensione di dove si sta andando e cosa si vuole perseguire. Centralità della persona significa promuovere il ruolo attivo del soggetto nei processi di conoscenza, significa promuovere occasioni di apprendimento a partire da compiti/problemi che nascono dall’esperienza che li circonda, significa favorire l’apprendimento per scoperta affrontando e risolvendo problemi e compiti reali, significa far cogliere il legame tra individuo e realtà, significa favorire la valutazione basata su processo e prodotti realizzati.

Immissioni in ruolo: in tutto il Meridione tanti posti quanti in Lombardia

da Tuttoscuola

Immissioni in ruolo: in tutto il Meridione tanti posti quanti in Lombardia

Le regioni settentrionali avranno a disposizione complessivamente il 58% dei 52 mila posti per le immissioni in ruolo, il Mezzogiorno circa un quarto e il Centro quasi il 18%. Non si tratta di una spartizione politica o discrezionale né il risultato di una contrattazione sindacale, ma è la conseguenza oggettiva delle risultanze dei recenti trasferimenti del personale docente, al termine dei quali sono rimaste vacanti e disponibili le sedi da assegnare per le nomine in ruolo. A renderlo noto è una nuova elaborazione di Tuttoscuola dei dati Miur.

Nessuna sperequazione o ingiustizia a danno del Sud. Il flusso migratorio di docenti dal Nord al Sud ha riempito e in qualche caso saturato le sedi meridionali lasciando vuote le sedi di provenienza al Nord.

Il risultato finale è stato quello di un minor numero di sedi disponibili al Mezzogiorno e di un maggior numero di posti disponibili al Nord.
Una maggiore disponibilità di posti al Sud in questa tornata di assunzioni sarebbe stato come avere la botte piena e la moglie ubriaca.

Come precisato dal Ministero dell’Istruzione nell’informativa sui contingenti dei posti, si tratta del “numero dei posti vacanti e disponibili presenti in ogni provincia/regione, suddivisi per tipo di posto, classe di concorso e risultanti al sistema informativo al termine delle operazioni di mobilità.” 

Di conseguenza il decreto ministeriale prot. 522 del 26.07.2017 precisa che “le assunzioni in ruolo sono effettuate sui posti che risultano vacanti e disponibili per l’intero anno scolastico”. Per le nomine in ruolo nelle regioni settentrionali andranno 30.023 posti (di cui 20.579 posti comuni e 9.444 di sostegno) e nel Mezzogiorno 12.794 (di cui 10.155 posti comuni e 2.639 di sostegno).

Il top di sedi disponibili, secondo quanto risulta dalle elaborazioni di Tuttoscuola, è della Lombardia con 12.688 posti, (un posto su quattro), circa come quelli di tutte le regioni meridionali, Isole comprese, messi insieme. All’ultimo posto troviamo invece il Molise, con lo 0,4% di posti disponibili per le immissioni in ruolo.

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Risultati Invalsi, il commento dell’esperto: ‘Ecco perché non bisognerebbe anticipare l’ingresso alle elementari’

da Tuttoscuola

Risultati Invalsi, il commento dell’esperto: ‘Ecco perché non bisognerebbe anticipare l’ingresso alle elementari’

“L’idea di anticipare l’età di ingresso dei bambini in prima elementare è stata mal interpretata: in passato era legata solo a quei minori che, per effetto della data di nascita, avevano già effettuato i tre anni di scuola Materna e solo per qualche mese si decideva di evitare di fargli fare il quarto anno di Materna, che in effetti era di troppo. Di questa spiegazione è rimasta oggi, però, solo la possibilità di andare in prima elementare a 5 anni. Opzione considerata da molti genitori e insegnanti un attestato di merito per il figlio o per l’alunno, considerato intelligente”. Commenta così  a Dire Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, le Rilevazioni Nazionali degli apprendimenti 2016-17 pubblicate dall’Istituto Invalsi, in cui si legge che gli alunni anticipatari (quelli che vanno in prima elementare a 5 anni) hanno punteggi in italiano e matematica che risultano inferiori a quelli dei loro compagni andati a scuola a 6 anni. Un gap che, in molti casi, si conserva anche alle superiori.

“La pratica clinica e terapeutica svolta in questi anni – continua lo psicoterapeuta – ha portato a determinare che sicuramente tutti i bambini che vanno a scuola a cinque anni sono normalmente intelligenti, ma la statistica ci porta a vedere che su 100 minori anticipatari il 30% arranca fortemente, il 40% fatica e il restante 30% risulta in linea con gli altri”. Cosa accade? “Quel 40% e 30% degli anticipatari che riescono negli studi danno nel tempo una sensazione di leggerezza e facilità. Un’immagine fallace – ricorda l’esperto – perché il 40% vive molte difficoltà. Invece quel 30% di bambini che veramente fatica, esplode poi in problemi di varia natura. Parliamo sempre di alunni intelligenti, la loro difficoltà nasce dal fatto di essere affettivamente immaturi. Hanno bisogno del terzo anno di Materna – sottolinea lo psicoterapeuta – come tutti i bambini d’altronde, e togliergli un anno significa sacrificarli sull’altare dell’efficienza e della prova”.

L’IdO affronta questa criticità da molto tempo, tanto che nel 2011 condusse una ricerca in 12 scuole pubbliche romane per dimostrare che la dislessia “non era un danno corticale, o un qualunque danno al cervello o ancora una disfunzione cerebrale – afferma il direttore – perché su 1.300 studenti, tra i bambini diagnosticati come dislessici – più opportunamente dovrebbero essere indicati come bambini con difficoltà di apprendimento – negli anticipatari la percentuale si attestava al 14%, mentre tra gli alunni andati a sei anni a scuola era al 3%. Dati che indicano – chiarisce Castelbianco – che la richiesta di prestazioni è esageratamente anticipata: i bambini a cinque anni non sono pronti, devono maturare, cioè frequentare il terzo anno della scuola dell’Infanzia, per passare dal secondo anno di materna – dove si realizza una vera attività di socializzazione, integrazione e gioco – a una richiesta di attenzione e prestazione in prima elementare. Di fatto questi piccoli alunni che vanno ‘male’ presentano tutti, a detta delle insegnanti, una difficoltà di attenzione, non stanno fermi, non capiscono, sono frettolosi nell’affrontare le cose. Lo fanno perché vogliono terminare subito – spiega lo psicoterapeuta – in quel momento per loro la scuola diventa ansiogena”.

L’Istituto Invalsi disegna poi una demarcazione netta tra il Centro-Nord e il Sud Italia sul tema degli anticipatari: “Nelle due aree settentrionali gli anticipatari sono meno dell’1%, sia nella scuola primaria che nella secondaria di primo e secondo grado, mentre nel Centro salgono leggermente, mantenendosi comunque intorno all’1%; nelle due aree meridionali e insulari, invece,raggiungono, in qualche caso, anche il 4%”.

Secondo il direttore dell’IdO questo divario è legato “alla tendenza di considerare che se un figlio va a scuola prima, il merito è di tutta la famiglia perché é la dimostrazione dell’intelligenza del proprio erede. Al Nord l’informazione pedagogica è arrivata prima – prosegue lo psicoterapeuta – hanno capito che mandare a scuola i bambini a cinque anni non li aiuta, anzi li penalizza. D’altra parte l’informazione nel mondo funziona così: parte dagli Stati Uniti, arriva in Inghilterra, attraversa l’Europa, scende in Italia e poi dal Nord passa al Sud. Un esempio adesso riguarda l’età di accesso al nido – dimostra l’esperto – adesso in America si sta dibattendo con toni molto accesi sull’opportunità di mandare i bambini al nido ad almeno 18 mesi di vita, invece che a sei. Questo perché non è vero che i bambini a 6 mesi sono già sufficientemente autonomi per essere separati dalla madre – sottolinea lo psicologo – è dimostrato che per godere di una maggiore autonomia affettiva e di serenità, il bambino dovrebbe avere almeno 18 mesi”.

C’è ancora un’ultima domanda: dare uno stipendio alle madri per tenerle a casa fino ad almeno un anno di età sarebbe poi così deficitario rispetto allo spendere soldi per creare asili nido? “Il discorso fu fatto in epoche non lontane – ricorda il direttore dell’IdO – si pensò che se i due genitori avessero lavorato entrambi, la maggiore entrata economica si sarebbe poi tradotta in una maggiore serenità mentale dei propri figli. Un concetto vero fino a un certo punto – precisa Castelbianco – non si può pensare che un anno di stipendio possa compensare l’assenza della madre. Andrebbero rifatti i conti – conclude – basti pensare quanti di questi bambini fanno pagare alla società i costi del loro ingresso troppo prematuro al nido, cosi’ come troppo prematuro alla scuola elementare”.

#IoLeggoPerché, torna l’iniziativa per arricchire le biblioteche scolastiche

da Tuttoscuola

#IoLeggoPerché, torna l’iniziativa per arricchire le biblioteche scolastiche

Torna per il terzo anno consecutivo #IOLEGGOPERCHÉ, “la più grande iniziativa nazionale di promozione del libro e della lettura organizzata dall’Associazione Italiana Editori a sostegno delle biblioteche scolastiche di tutta Italia, con il patrocinio del MiBACT (Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo) e RAI, in collaborazione con il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), sotto gli auspici del Centro per il libro e la lettura e in collaborazione con ALI (Associazione Librai Italiani – Confcommercio) e AIB (Associazione Italiana Biblioteche)”.

Un lavoro comune – sottolinea l’Aie – per portare nella quotidianità di bambini e ragazzi i libri e la lettura e per far crescere, ciascuno con il proprio contributo, un nuovo lettore. Il progetto vede inoltre riconfermata la proficua sinergia con Libriamoci. Giornate di lettura nelle scuole, l’iniziativa promossa da MIBACT e MIUR per portare la lettura ad alta voce nelle scuole, anche attraverso la partecipazione di autori, giornalisti ed editori. Da oggi ufficialmente scuole, librerie, biblioteche, studenti e genitori possono registrarsi – fino al 2 ottobre – e mettersi in rete attraverso il sito www.ioleggoperche.it, aderendo così all’iniziativa, che prenderà poi vita tra il 21 e il 29 ottobre 2017 nelle tantissime librerie partecipanti in tutta Italia. Nei nove giorni di ottobre i cittadini potranno donare uno o più libri per tutte le scuole che si saranno iscritte e gemellate nel frattempo con le librerie aderenti. A pochi giorni dalla riattivazione delle iscrizioni, sono già più di 1.000 le scuole iscritte e 700 sono le librerie che hanno già confermato la propria partecipazione sulla piattaforma con ben 865 richieste di gemellaggio attivate.

Per la prima volta l’iniziativa si rivolge anche alle scuole dell’infanzia, oltre alle scuole primarie, secondarie di primo e di secondo grado. Con una missione vera e propria: la creazione e lo sviluppo delle biblioteche scolastiche, identificate come il terreno strategico in cui seminare e fare germogliare la passione per la lettura sin dalla più tenera età per i futuri cittadini.

Secondo un’indagine realizzata dall’Ufficio studi AIE, e a cura di AIE e AIB per #ioleggoperché 2016, il 97,4% delle scuole italiane oggi ha una biblioteca scolastica, ma con una dotazione di libri notevolmente inferiore rispetto al 2011: la ricerca ha evidenziato che, a fronte di 2.501 volumi registrati per scuola nel 2016, nel 2011 ne risultavano 3017. Un patrimonio scarso e poco aggiornato, pari a 3,9 libri per studente. Di qui il senso dell’iniziativa: durante la scorsa edizione, ben 124.000 nuovi volumi sono andati ad arricchire il patrimonio librario delle scuole italiane, di cui 62.000 donati dai comuni cittadini e 62.000 donati dagli Editori. Ora i giochi sono aperti per incrementare ulteriormente questo primo risultato concreto: al termine della campagna 2017, gli Editori rinnoveranno infatti il loro contributo alle biblioteche scolastiche con un numero di libri equivalente alla donazione nazionale (fino a un massimo di 100.000 copie).

Il contributo degli editori verrà distribuito tra le scuole che ne faranno richiesta, seguendo la procedura presente sul sito, e sarà ripartito tra febbraio e marzo 2018 tra i vari ordini scolastici, secondo disponibilità. Le biblioteche civiche, grazie al coordinamento di AIB, daranno da parte loro un prezioso appoggio non solo per la divulgazione dell’iniziativa, ma anche organizzando eventi, incontri con gli studenti, presentazioni, servizi informativi speciali, visite guidate. Tutti gli appuntamenti potranno essere comunicati e promossi sulla piattaforma di #ioleggoperché e fare da cassa di risonanza alla manifestazione.

Sordita’, sordomutismo e indennita’ di comunicazione

La Legge per Tutti del 28-07-2017

Sordita’, sordomutismo e indennita’ di comunicazione

Sordità, sordomutismo e indennità di comunicazione: qual è la differenza fra una persona sorda, una persona sordomuta ed una persona ipoacusica?
Che differenza c’è tra sordi e sordomuti?La distinzione fra le ipotesi ha importanza al fine del riconoscimento di erogazioni statali ed indennità, in quanto a seguito di una modifica legislativa del 2006 l’indennità di comunicazione viene riconosciuta soltanto alle persone che, secondo la legge vigente, possono rientrare nella definizione attuale di sordi.

Sordità e sordomutismo: cos’è l’indennità di comunicazione?
L’indennità di comunicazione è un’erogazione economica, istituita nel 1988 [1] in favore dei sordomuti [2].
L’indennità di comunicazione è svincolata da limiti di reddito, non passibile di revisione e non reversibile (non si può dunque lasciare ai propri eredi): pagata per dodici mensilità, per il corrente anno 2017 l’importo è fissato in 255,79 euro mensili.

Sordità e sordomutismo: a chi spetta?
In Italia, fino al 2006, si considerava sordomuto colui che fosse «minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva (fino al compimento di 12 anni) che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio».

Con l’introduzione della legge del 2006 [3], però, il legislatore ha modificato questa nozione, sostituendo in tutto l’ordinamento il termine sordomuto con il termine sordo. Per la nuova definizione, che sostituisce la precedente disposizione, si considera sordo «il minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio».

Secondo quanto attualmente previsto, dunque, il sordo è colui che un tempo veniva chiamato per legge «sordomuto», cioè la persona che alla nascita, avendo una lesione dell’apparato uditivo, non ha avuto la possibilità di acquisire la capacità del linguaggio, quindi la capacità di parlare e di sentire. Risulta dunque determinante l’essere nati con tale patologia.

Questa precisazione fa sì che abbia diritto all’indennità di comunicazione anche la persona sorda – dalla nascita – che, benché dotato di una protesi acustica, o magari a seguito di un intervento di impianto cocleare, è – o è stata – in grado di recuperare la capacità del linguaggio.
Poiché quindi l’indennità è volta alla minorazione, e non al recupero dalla malattia stessa (cioè la sordità) è sufficiente ci sia la menomazione per avere titolo a chiedere l’indennità.

Diverso invece il caso per la persona che è «sorda» secondo il linguaggio comune. Infatti l’adulto che, per vari motivi, perde progressivamente l’udito – e diventa quindi sordo nella dizione comune, che usiamo tutti i giorni – in realtà è un soggetto “ipoacusico”. Di conseguenza, non rientra nei requisiti per richiedere l’indennità di comunicazione, ma questo non significa che sia privo di supporto economico da parte dello Stato. Infatti, siccome potrebbe necessitare di una protesi acustica al fine di migliorare la propria capacità uditiva, la legge gli riconosce comunque un contributo economico per l’acquisto delle protesi: questo contributo è vincolato però al riconoscimento dell’invalidità civile, e non al riconoscimento della sordità.
L’invalidità civile deve essere riconosciuta specificamente per l’ipoacusia, e deve avere una percentuale superiore al 35%.

di Chiara Pezza

Autismo, via libera in commissione a 2 centri regionali nelle Marche

da Redattore Sociale del 28-07-2017

Autismo, via libera in commissione a 2 centri regionali nelle Marche

ANCONA. Parere favorevole della quarta commissione alla creazione di due centri regionali per autismo nelle Marche. La commissione regionale Sanita’ ha espresso all’unanimita’ parere favorevole alla delibera di giunta inerente la costituzione del Centro regionale autismo per l’eta’ evolutiva e del Centro regionale autismo per l’eta’ adulta. I componenti della commissione hanno ribadito la raccomandazione a “rivalutare la figura dello psichiatra, come responsabile dell’equipe del Centro regionale autismo per l’eta’ adulta, con altra figura che abbia una particolare formazione ed esperienza nei disturbi dello spettro autistico al fine di evitare il rischio di medicalizzazione e di inviare, annualmente, al Consiglio regionale un report in merito alla attivita’ dei due centri”.

150mln per la realizzazione dei Poli per l’infanzia

Scuola, Fedeli firma decreto: 150mln per la realizzazione dei Poli per l’infanzia. Via libera alla costruzione di nuove scuole anche con i Fondi immobiliari

(Roma, 28 luglio 2017) Via libera a due decreti per la realizzazione di istituti innovativi e dei nuovi Poli per l’infanzia. La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli ha firmato ieri il decreto di riparto dei 150 milioni di euro di risorse Inail per il triennio 2018-2020, che le Regioni potranno utilizzare per la realizzazione di Poli per l’infanzia, previsti dal decreto attuativo della Buona Scuola relativo al potenziamento del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni. La Ministra ha inoltre firmato, nei giorni scorsi, il decreto per il finanziamento anche attraverso il cosiddetto “fondo immobiliare” di otto scuole innovative, tra le quali una del primo ciclo ideata da Renzo Piano e una del secondo ciclo progettata da Mario Cucinella insieme alle studentesse e agli studenti vincitori del primo hackathon sull’edilizia scolastica.

I Poli per l’infanzia sono pensati per potenziare la ricettività dei servizi e sostenere la continuità del percorso educativo e scolastico di tutte le bambine e di tutti i bambini. In un unico plesso o in edifici vicini, sorgeranno, grazie alle risorse ripartite, più strutture di educazione e di istruzione per bambine e bambini fino ai sei anni, per offrire esperienze progettate nel quadro di uno stesso percorso educativo, in considerazione dell’età. La distribuzione di risorse è stata effettuata sulla base della popolazione scolastica 0-6, secondo dati Istat, e sul numero di edifici già presenti con riferimento alla fascia di età 3-6 anni. Obiettivo: favorire la realizzazione di nuovi Poli in quelle aree in cui è maggiore la domanda e poche sono le strutture disponibili. Il decreto definisce i criteri per l’acquisizione delle proposte progettuali da parte delle Regioni. Sia il riparto che i parametri per l’individuazione dei criteri sono stati concordati con Regioni, Anci e Upi e approvati all’interno dell’Osservatorio per l’edilizia scolastica, il 21 giugno scorso.

“Un altro tassello della Buona Scuola e dei suoi decreti attuativi va a posto. La firma al decreto di riparto delle risorse Inail per la realizzazione dei Poli per l’infanzia – ha dichiarato la Ministra Fedeli – è un atto importante che ci accompagna verso la concreta costruzione di un sistema di istruzione ed educazione di qualità e uniforme su tutto il territorio nazionale. Si pongono le condizioni per società eguali e di pari opportunità già dalla nascita. Credo sia un passaggio rivoluzionario e atteso per combattere la povertà educativa e sostenere le famiglie”.

Spazi di apprendimento innovativi, tecnologici, sostenibili e progettati in maniera partecipata verranno realizzati grazie allo strumento del “fondo immobiliare”. Con la firma al decreto vengono stanziate risorse per la costruzione di otto scuole innovative, due delle quali progettate dagli architetti Renzo Piano e Mario Cucinella. Con decreto successivo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca verranno definiti i criteri per l’individuazione delle aree in cui sorgeranno questi istituti.

Infine, è stato avviato oggi l’iter per la definizione della programmazione triennale 2018-2020 ed è alla firma il decreto per la destinazione dei 10 milioni alle aree del Centro Italia colpite dal sisma del 2016.

Corso di perfezionamento per conoscere e contrastare la violenza contro donne e minori

Nasce il corso di perfezionamento per conoscere e contrastare la violenza contro donne e minori

Partirà a novembre presso l’Università di Milano-Bicocca il primo corso multidisciplinare dedicato alla formazione di esperte/i per la prevenzione e il contrasto della violenza contro donne e minori.

 

Milano, 27 luglio 2017 – Nasce all’Università di Milano-Bicocca il Corso di perfezionamento – il primo del genere in Lombardia -, dedicato alla formazione di figure professionali esperte in prevenzione e contrasto della violenza contro donne e minori.

Il Corso – dal titolo “La violenza contro donne e minori: conoscere e contrastare il fenomeno” – inizierà nel nuovo anno accademico 2017/18. Coordinato dalla professoressa Marina Calloni, docente di filosofia politica e sociale, il Corso è promosso dal centro EDV Italy Project presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale.

L’iniziativa nasce dall’urgenza di attivare una formazione professionalizzante e specializzante in materia di prevenzione e contrasto della violenza contro donne e minori, come evidenziato da casi di attualità e come sottolineato da normative internazionali, fra cui la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica), oltre che da leggi nazionali e piani regionali.

Scopo del Corso è di fornire una formazione multidisciplinare adeguata, tale da creare una prospettiva integrata nelle azioni di contrasto della violenza all’interno delle reti territoriali inter-istituzionali antiviolenza, e di valorizzare tutti gli attori sociali coinvolti a vario titolo, nel rispetto degli specifici ambiti di competenza.

Per questo, il Corso ha il duplice obiettivo di formare nuove figure professionali e insieme di rafforzare le competenze di chi già opera nel campo della prevenzione e del contrasto alla violenza di genere.

Il programma del Corso, organizzato in sei macro aree, intende offrire un’introduzione e un approfondimento della questione, secondo le “quattro P”, come definite nella Convenzione di Istanbul: Prevenzione, Protezione e sostegno alle vittime; Perseguimento dei colpevoli; Politiche integrate.

ll Corso rappresenta uno sviluppo delle molteplici attività innovative (di formazione, ricerca, terza missione e internazionalizzazione) svolte negli ultimi anni da EDV Italy Project, che intende applicare un metodo di lavoro inclusivo e interattivo, comprendente la collaborazione fattiva tra istituzioni, centri anti-violenza, associazioni e professioniste/i.

Oltre che dalla professoressa Marina Calloni, il Comitato direttivo è composto dalla professoressa Patrizia Farina (demografa), dalla professoressa Claudia Pecorella (docente di diritto penale) e dalla dottoressa Giorgia Serughetti (ricercatrice in questioni di genere).

Le/ i docenti del Corso sono accademici, figure istituzionali e professionisti/e, esperti qualificati e ben noti nel settore di interesse.

Le lezioni partiranno a novembre 2017 e termineranno a maggio, per un totale di 112 ore d’insegnamento e 20 cfu.

Per la visione del programma dettagliato del Corso clicca qui.

Le iscrizioni online sono aperte fino al 19 settembre tramite procedura descritta nel bando.