L’Intesa del 30 novembre è di ostacolo alla perequazione

L’Intesa del 30 novembre è di ostacolo alla perequazione

Come avevamo previsto e ampiamente motivato fin dai primi giorni dopo la sua sottoscrizione da parte di alcune confederazioni sindacali, l’Intesa del 30 novembre è di ostacolo alla piena perequazione della categoria dei Dirigenti delle scuole.

Nella mattinata odierna si è svolto un incontro politico tra il MiIUR e le Organizzazioni Sindacali rappresentative per un confronto prima dell’apertura dei tavoli contrattuali presso l’ARAN.

Ad inizio seduta il Ministero ha espresso l’intenzione di tener fermo come punto di riferimento proprio l’Intesa.

ANP ha ribadito fermamente che a quel tavolo la CIDA – Confederazione di riferimento –  non era presente e che, comunque, non ne ha condiviso né lo spirito né la lettera. Disapproverebbe, pertanto, un impianto di Atto di Indirizzo che ne volesse integralmente recuperare il contenuto.

In modo particolare, per quanto attiene alle rivendicazioni in tema di retribuzione della categoria, è inaccettabile il riferimento agli 85 euro medi lordi pro capite, così come altrettanto inaccettabile il dichiarato intento di ridurre la forbice retributiva, valorizzando prioritariamente  i livelli retributivi più bassi. Entrambe le modalità si oppongono al raggiungimento dell’obiettivo della piena perequazione della categoria.

ANP ha ricordato, infatti, che il CCNL è lo strumento che regola il rapporto sinallagmatico: è un equilibrio tra dare e avere. A funzioni, oneri, responsabilità deve corrispondere una retribuzione adeguata, almeno corrispondente a quella degli altri dirigenti dello Stato. Una visione ideologica del contratto è interamente da respingere. La retribuzione deve corrispondere alla quantità e alla qualità del lavoro.

ANP ha, infine, aggiunto che non si deve in alcun modo perdere di vista l’unità contrattuale che deriva dall’unicità dell’Area Istruzione e Ricerca. In tal senso rifiuta che il contratto sia il luogo di ridefinizione del profilo del Dirigente.

Fa notare che il contratto dell’ex Area VII nulla dice circa il profilo dei Dirigenti, mentre lo fa quello dell’ex Area V. È come dire che i Dirigenti di Università e Ricerca sanno chi sono, mentre ai Dirigenti delle scuole va detto! La legge ben disciplina questo aspetto e ad essa ANP fa riferimento. Sovrapposizioni, affiancamenti, duplicazioni non servono e addirittura sono dannose e foriere di contenziosi.

La linea di ANP è ferma. L’obiettivo della perequazione non è trattabile.

Chi ha svenduto la categoria firmando un’Intesa che rischia di bloccarne le legittime aspettative ne risponderà ai colleghi.

Certo non noi!

Alternanza e abusi sessuali

Alternanza e abusi sessuali: l’indignazione della FLC. Ora basta: bisogna voltare pagina

La vicenda delle ragazze di Monza che hanno subito abusi sessuali durante un’esperienza di alternanza scuola lavoro presso un centro di formazione professionale, testimonia in maniera esemplare la deriva in cui rischia di sprofondare questa attività resa obbligatoria dalla legge 107/15 nell’ambito della scuola secondaria  superiore. Nonostante le ripetute richieste da parte della FLC CGIL e delle studentesse e degli studenti per un applicazione graduale dell’alternanza, per l’eliminazione del numero di ore obbligatorie, per l’individuazione di soggetti ospitanti mediante procedure rigorose, continuano a pervenire notizie di abusi nei confronti delle persone in formazione. In molti casi l’attività di alternanza si è trasformata in lavoro nero. Semplici circolari o dichiarazioni della ministra non sono più sufficienti. La FLC CGIL manifesta la sua totale solidarietà e vicinanza alle studentesse vittime degli abusi e chiede che i colpevoli vengano puniti severamente.

E’ tempo di rimediare ai guasti profondi prodotti dalla legge a partire dalla cancellazione  delle norme sulla precisa quantificazione delle ore in alternanza e sulla finalizzazione di tale attività.
Chiediamo inoltre di rendere operativa la carta dei diritti delle studentesse e degli studenti e che i soggetti ospitanti vengano individuati obbligatoriamente dal registro nazionale delle imprese in alternanza.

Pessima Scuola, alternanza scuola lavoro un fallimento

on. Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana):
Pessima Scuola, alternanza scuola lavoro un fallimento. 
Studenti camerieri a gratis, ora incubo ragazze violentate.
 
Sull’alternanza scuola – lavoro in Sardegna abbiamo avuto casi di studenti diventati camerieri a gratis, in Puglia studenti mandati a distribuire sempre a gratis volantini o a pulire bagni di o tavoli in un ristorante ora da Monza la notizia terribile dell’incubo vissuto da 4 studentesse violentate da un imprenditore durante uno stage.
E’ arrivato il momento di fare subito una seria riflessione sul fallimento dell’alternanza scuola lavoro : siamo di fronte ad una pessima attuazione della pessima riforma della buona scuola, altro che slogan. Il Miur si dia una mossa
Lo afferma Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana.

Osservatorio Disabilità: Pietro Barbieri coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico

Osservatorio Disabilità: Pietro Barbieri coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico

 

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali ha dunque firmato il decreto che ricostituisce l’Osservatorio nazionale sulla disabilità. Un passaggio importante che consente di rilanciare un luogo di confronto e di elaborazione attorno alle politiche per le persone con disabilità e per una concreta applicazione della relativa Convenzione ONU e del Programma di azione. Già in sé la notizia ha raccolto l’apprezzamento della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, ma ora un secondo aspetto è motivo di ulteriore soddisfazione.

Apprendiamo informalmente che il coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio sarà Pietro Barbieri – commenta Vincenzo Falabella, Presidente FISH – e ciò, per tutti noi, rappresenta un elemento di orgoglio e un traguardo importante. Barbieri mi ha preceduto alla presidenza della FISH, che ha animato e coordinato per poco meno vent’anni. Ha poi saputo trasferire questa esperienza nel Forum del Terzo Settore di cui è stato apprezzato portavoce per 4 anni. Ora il nuovo incarico che è per lui e per l’intero movimento il riconoscimento di un autorevole e credibile protagonismo. Oltre ad una indubbia competenza, a Barbieri va riconosciuta la capacità di interlocuzione con associazioni, organizzazioni sindacali, privato sociale e istituzioni, favorendo il confronto e la crescita comune. A Barbieri rivolgiamo un augurio di buon lavoro. FISH sarà presente ed attiva all’interno dell’Osservatorio con i suoi dirigenti in pieno spirito di collaborazione e apertura.”

Il decreto ufficiale di ricostituzione dell’Osservatorio dovrebbe essere registrato in questi giorni, presentando quindi l’intera composizione del consesso.

Rinnovo del CCNL

Rinnovo del CCNL comparto Istruzione, Ricerca e relativa area dirigenziale: confronto politico al MIUR

E’ da poco terminata al MIUR la riunione conclusiva dei tavoli tecnici propedeutici all’avvio delle trattative all’Aran sul rinnovo del contratto del comparto

Istruzione, Ricerca e relativa Area dirigenziale. Presenti il sottosegretario Vito De Filippo, l’ufficio di  gabinetto del MIUR e le Direzioni Generali del personale scuola, università, ricerca e AFAM.

L’incontro di oggi è frutto dell’avvio di una metodologia del confronto che da sempre abbiamo sollecitato e che apprezzabilmente l’amministrazione ha fatto propria negli ultimi tempi.

Quanto ci è stato illustrato sembra andare nella giusta direzione nel momento in cui apre alla possibilità di un rapporto negoziale non irrigidito da indicazioni prescrittive, così come più volte avevamo richiesto negli incontri preparatori.

C’è l’intenzione di trattare nella parte generale, relativa a tutti i settori, quegli istituti comuni con i riferimenti necessari a raccogliere e accogliere le esigenze dell’universo lavorativo rappresentato.

Riteniamo assai positivo il richiamo alla libertà di insegnamento e all’autonomia della ricerca, ma pensiamo che essi assumeranno maggior valore nel momento in cui si farà analogo richiamo – come dai noi richiesto – ai caratteri distintivi dei settori del comparto che sono connotati dai tratti autonomistici e di autogoverno propri delle comunità delle istituzioni pubbliche della conoscenza.

Il tema dell’inclusività del contratto, ossia la volontà di evitare ogni discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori di ruolo, che la FLC CCGIL ha sempre posto come misura innovativa della nuova stagione contrattuale, chiama in causa il tema delle risorse, essendo impensabile garantire l’inclusività senza uno stanziamento aggiuntivo. La pari dignità del lavoro prestato nei settori della conoscenza è un aspetto determinante, frutto della battaglia FLC che ha portato fino alla Corte di Giustizia Europea le ragioni dei precari.

Riteniamo che il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro sia un argomento fondamentale da porre al tavolo negoziale, così come riteniamo di grande importanza riportare in contratto la fondamentale questione della deburocratizzazione del lavoro nella scuola, ossia l’eliminazione di quel pesante fardello di pratiche amministrative che grava su dirigenti, personale ATA e docenti. Principio che vale anche per Università, ricerca e Afam.

Resta la necessità di esser incisivi riguardo il rapporto tra legge e contratto,  valorizzando il ruolo della contrattazione di secondo livello, soprattutto su materie come mobilità e salario accessorio, formazione, valorizzazione professionale, improvvidamente sottratte alla contrattazione che alla contrattazione devono ritornare.

Dal 2008 a oggi i nostri settori hanno subito un progressivo impoverimento di risorse causato anche dal mancato rinnovo dei contratti che, nei fatti, ha provocato un consistente taglio ai piani dell’offerta formativa e della ricerca.

Un buon contratto è uno strumento in grado di promuovere innovazione e autonomia. Per fare questo è necessario un forte impegno della politica per allineare gli investimenti pubblici del nostro Paese, in istruzione e ricerca, alla media degli investimenti europei.

Secondo le previsioni del MIUR l’avvio della trattativa in sede Aran dovrebbe aprirsi già a fine luglio, a partire dal comparto “Istruzione e Ricerca” per poi proseguire con l’area V.

La scuola è aperta a tutti

La scuola è aperta a tutti

di Margherita Marzario

Abstract: L’Autrice propone un breve commento dell’art. 34 1° comma della Carta costituzionale alla luce delle tesi di alcuni pedagogisti e altri umanisti

Una delle affermazioni costituzionali suscettibili di più interpretazioni è quella contenuta nel 1° comma dell’art. 34 della Costituzione: “La scuola è aperta a tutti”.

“Scuola” è un nome collettivo che si riferisce a un soggetto collettivo, che interagisce con altri soggetti (quel “tutti” che è complemento di termine). La scuola è aperta a tutti, non a tutto: non può essere mercificata, bistrattata, contesa, fino a essere annientata. Il Costituente ha usato una proposizione breve (la più corta in tutto l’articolato), netta e precisa, senza l’aggiunta di altre condizioni. Sembra un’affermazione apodittica che richiama altre disposizioni costituzionali fondamentali, come “La libertà personale è inviolabile” (art. 13 comma 1 Cost.).

Scuola che suscita gratitudine in molti, come nelle parole di Claudio Imprudente, giornalista e scrittore “diversabile”: “Guardiamo con occhi di gratitudine anche alla nostra scuola statale che, nonostante le difficoltà economiche, rimane un’eccellenza per l’integrazione degli alunni con disabilità. Specie quando intercetta insegnanti che ben interpretano il loro splendido ma complicato ruolo”.

Scuola che desta tanti interrogativi, come nell’analisi dello psicoanalista Massimo Recalcati[1]: “Non respira, non conta più nulla, arranca, è povera, marginalizza, i suoi edifici crollano, i suoi insegnanti sono umiliati, frustrati, scherniti, i suoi alunni non studiano, sono distratti o violenti, difesi dalle loro famiglie, capricciosi o scurrili, la sua nobile tradizione è decaduta senza scampo. È delusa, afflitta, depressa, non riconosciuta, colpevolizzata, ignorata, violentata dai nostri governanti […]. È già morta? È ancora viva? Sopravvive? Serve ancora a qualcosa oppure è destinata a essere un residuo di un tempo ormai esaurito?”.

Scuola che rappresenta la memoria di tutti: “Ricordati che sei polvere: d’accordo. Se però posso scegliere di cosa: non dell’oro, non della conchiglia, ma polvere di gesso di una parola appena cancellata dalla superficie di lavagna. E intorno un’aula di scolari applaude la fine della scuola” (lo scrittore Erri De Luca in “Polvere”). La lavagna tradizionale rappresenta un patrimonio di ricordi per tantissime generazioni: lo stridore del gesso che provocava i brividi ad alcuni, le nuvolette di polvere quando cadeva il cassino (cancellino), la gara dei bambini per cancellare la lavagna o per andare a prendere i gessetti dalla bidella. La LIM (lavagna interattiva multimediale) non dovrebbe sostituire la lavagna tradizionale ma la dovrebbe affiancare. La scuola deve essere multimediale, digitale, tecnologica, “2.0”, “3.0”, ma continuare a essere emozionale. Essa stessa deve essere “lavagna” su cui docenti e discenti devono scrivere e leggere esperienze culturali. Anche questo realizza l’inciso costituzionale: “La scuola è aperta a tutti”.

Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, afferma che la scuola: “È una palestra per la formazione cognitiva ed emotiva dell’individuo. Offre l’occasione di conciliare bisogno di affermazione e appartenenza a un gruppo. Per questo, tutelata da squilibri e prevaricazioni, va riprogrammata nell’interesse di tutti”. Sia questo uno dei significati dell’asserto costituzionale: “La scuola è aperta a tutti”.

La scuola, senza significato, senza scopo, diventa un luogo di detenzione e non di attenzione (dal pensiero del sociologo statunitense Neil Postman). Qualsiasi luogo, anche la famiglia, senza significato, senza scopo, rischia di diventare un luogo di detenzione e non di attenzione.

Illuminante l’intervento di Eric Hanushek, uno dei più grandi esperti internazionali di economia dell’istruzione: “Disponiamo oggi di un’importante serie di ricerche che ci indicano con chiarezza quanto la qualità degli insegnanti abbia un’enorme influenza sugli studenti e il loro futuro. […] Nell’arco di un singolo anno scolastico, lo scarto fra le conoscenze acquisite dagli studenti di un insegnante eccellente rispetto a quelli che hanno seguito un insegnante scadente equivale alla frequenza di un intero anno di un gruppo medio di riferimento” (,)[2]. L’insegnamento è esplicazione della libertà e educazione alla libertà (art. 33 Cost.). È il lavoro che prepara le nuove generazioni ai lavori futuri: è il lavoro che più concorre al progresso materiale o spirituale della società (art. 4 comma 2 Cost.). Anche per questo dovrebbe essere eccellenza (da “salire oltre tutti”) e dovrebbe mirare all’eccellenza.  L’insegnamento fa la scuola e non il contrario; non a caso, la scuola (art. 34 Cost.) è disciplinata dopo l’insegnamento nel testo costituzionale.

La storica e giornalista Lucetta Scaraffia richiama: “La scuola innanzitutto deve insegnare a scrivere e a leggere correttamente nella propria lingua, in modo da avere accesso alla cultura e all’informazione, ma anche in modo da non essere ingannati da un cattivo avvocato, da un contratto disonesto, da una falsa notizia. Avere il possesso della propria lingua è un requisito fondamentale per essere rispettati e capiti, per non restringere la propria rete di rapporti alle persone che già si conoscono e che fanno parte di un ambiente limitato”. La scuola è luogo deputato all’educazione alla libertà personale (art. 13 Cost.) e all’esercizio della libertà personale: libertà di e da, libertà della persona e di essere persona. Quell’essere cui si riferiva don Lorenzo Milani, “profeta dell’educazione”[3]: “Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio ad averla piena. Insistono, perché scriva per loro un metodo. […] Sbagliano la domanda, poiché non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna “fare” per fare scuola ma solo di come bisogna “essere” per poter fare scuola!”.

Anche lo scrittore Simone Perotti coniuga scuola e libertà: “A scuola si dovrebbe parlare soprattutto del concetto chiave della vita del singolo: la libertà. Quel difficile percorso che può portarci a vivere in un modo molto simile a come vogliamo, sconfiggendo i draghi sputafuoco dei condizionamenti, i limiti imposti dal sistema economico, le trappole commerciali, fiscali, edonistiche, e riappropriandoci in tempo utile della nostra esistenza”. “Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, a prescinderne dalle frontiere, sia verbalmente che per iscritto o a mezzo stampa o in forma artistica o mediante qualsiasi altro mezzo scelto dal fanciullo” (art. 13 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). La scuola non sempre è stata e non sempre è fucina di libertà perché spesso presa da altre occupazioni e preoccupazioni. Ci vorrebbero più “scuole di Barbiana”, perché come diceva don Milani: “In Africa, in Asia, nell’America Latina, nel mezzogiorno, in montagna, nei campi, perfino nelle grandi città, milioni di ragazzi aspettano d’esser fatti eguali”[4]. Lo scrittore e insegnante Eraldo Affinati precisa: “[…] don Milani ha insistito di più sulla necessità di assicurare l’uguaglianza delle condizioni di partenza, di fare cioè in modo che la gran parte dei giovani si muova, inizialmente, dalla stessa linea. Combattere le disuguaglianze, dunque, per favorire lo sviluppo intellettuale degli studenti, non certo per tentare di appiattirne la personalità”[5]. La scuola non deve attenersi solo ai due articoli ad essa dedicati nella Costituzione, articoli 33 e 34, ma innanzitutto ai principi espressi nei primi articoli della Costituzione, articoli 1-4, dalla democrazia al lavoro.

Operando in tal modo la scuola realizza quanto previsto nelle “Nuove indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione” (settembre 2012), tra cui: “Alla scuola spetta il compito di fornire supporti adeguati affinché ogni persona sviluppi un’identità consapevole e aperta. […] La scuola raccoglie con successo una sfida universale, di apertura verso il mondo, di pratica dell’uguaglianza nel riconoscimento delle differenze. […] Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. […] L’elaborazione e la realizzazione  del  curricolo  costituiscono  pertanto  un  processo  dinamico  e  aperto, e rappresentano per la comunità scolastica un’occasione di partecipazione e di apprendimento continuo. […] La presenza di  comunità  scolastiche,  impegnate  nel  proprio  compito,  rappresenta  un  presidio  per la  vita democratica e civile perché fa di ogni scuola un luogo aperto, alle famiglie e ad ogni componente della società, che promuove la riflessione sui contenuti e sui modi dell’apprendimento, sulla funzione adulta e le sfide educative  del  nostro  tempo,  sul  posto  decisivo  della  conoscenza  per  lo  sviluppo  economico,  rafforzando  la tenuta etica e la coesione sociale del Paese”.

L’art. 34 della Costituzione è l’unico in cui è usato il termine “aperta”, che evoca direttamente quella rimozione degli ostacoli di cui al 2° comma dell’art. 3 sulla cosiddetta uguaglianza sostanziale e le locuzioni “rendere utilizzabili, accessibili, disponibili, alla portata di tutti i fanciulli” dell’articolo 28 (relativo all’istruzione) della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Così la scuola è inclusiva e non esclusiva e occlusiva. Inclusività: quel concetto che ingloba e supera tutti quelli adottati sinora, compresa l’integrazione, perché accoglie tutti e ognuno, insieme e individualmente, la totalità e la singolarità.


[1] M. Recalcati in “L’ora della lezione. Per un’erotica dell’insegnamento”, edizioni Super ET Opera viva (Einaudi), 2014

[2] In un convegno a Roma il 12 dicembre 2013.

[3] L. Milani in “Esperienze pastorali”, 1958

[4] L. Milani in “Lettera a una professoressa”, 1967

[5] E. Affinati in “L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani”, edizioni Mondadori, 2016

Rischio Biologico

Il sindacato OR.S.A TERRITORIALE chiede  che venga riconosciuto il Rischio Biologico, al quale docente o collaboratore scolastico, possono trovarsi esposti alle varie patologie infettive.

 

Lo dice forte e chiaro Antonino Barbagallo, segretario Nazionale Orsa Territoriale, Negli ultimi anni si è osservato un forte aumento sia dei traffici commerciali sia degli spostamenti umani per ragioni turistiche, lavorative e sbarchi immigratori, che hanno portato nuove patologie infettive che sembravano fossero state debellate (tubercolosi, nuovi virus ecc.), o alla rapida diffusione a livello globale di agenti biologici, Questa caratteristica, oltre ad essere sicuramente un problema di sanità pubblica, riveste una particolare rilevanza anche per il personale scolastico. La trasmissione degli agenti patogeni avviene: per il contatto con soggetti potenzialmente infetti, contatto diretto con superfici e oggetti contaminati, ecc

Tale condizione non è legata allo stato di salute dai lavoratori  bensì all’attività lavorativa che gli stessi svolgono e dall’ambiente di lavoro.

Gli agenti patogeni presenti soprattutto nelle scuole possono causare: infezioni batteriche (scarlattina, faringiti, otiti, …); infezioni virali (varicella, morbillo, rosolia …); parassitosi (pediculosi,dermatiti,…).

Per il Docente e il collaboratore scolastico  il contagio può essere pericoloso e può determinare conseguenze anche gravi e irreversibili.

Primo fra tutti, la profilassi igienico-sanitaria; capita più frequentemente rispetto ad una volta di ritrovarci in aula con alunni  febbricitanti con sintomi vari, o con eruzioni cutanee non ben identificabili, o con pediculosi in atto. Ogni giorno, quotidianamente, ci troviamo a lavorare in questa realtà, quindi l’esposizione al rischio biologico è altissima da considerare, inoltre l’obbligo di presentare il certificato per la riammissione a scuola dopo cinque giorni di malattia introdotto nel 1967 con un Decreto del Presidente della Repubblica (DPR n. 1518), non è più necessario farlo in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Liguria, Provincia di Trento, Piemonte, Provincia di Bolzano, Emilia Romagna.

Per tutti questi motivi, chiediamo  al sig. ministro che venga riconosciuto al personale scolastico esposto permanente al rischio malattie infettive, l’indennità nella misura di euro 100. Mensile.

Vaccini, sforbiciata alle multe: dai 7.500 euro di cifra massima prevista inizialmente si passa a 500 euro

da Il Sole 24 Ore

Vaccini, sforbiciata alle multe: dai 7.500 euro di cifra massima prevista inizialmente si passa a 500 euro

di Barbara Gobbi

Multe ridotte ai minimi per le famiglie “no vax”. Eliminazione della segnalazione dei genitori recalcitranti alla Procura presso il Tribunale per i minori. Più spazio al dialogo, con le aziende sanitarie che – in caso di mancato rispetto dell’obbligo – convocheranno i genitori per «fornire ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e sollecitarne l’effettuazione». Il disegno di legge 2856 di conversione del decreto legge 73 – relatrice Patrizia Manassero (Pd) – che istituisce l’obbligo vaccinale a scuola per bambini e ragazzi da zero a sedici anni, ha concluso ieri la sua prima settimana di esame in Aula al Senato. Un avvio lento, cominciato con la bagarre che mercoledì in aula aveva accompagnato l’intervento della ministra della Salute, Beatrice Lorenzin. Poi, accantonata anche l’ipotesi fiducia, l’esame è partito.

Drastica la sforbiciata all’impianto sanzionatorio: le multe, che nel testo originario andavano da 500 a 7.500 euro, in base alla gravità dell’inosservanza (una o più mancate vaccinazioni), ora – con una modifica sostenuta da tutti i gruppi parlamentari – oscilleranno in un range tra 100 e 500 euro. Una sanzione che, malgrado le richieste di più senatori di ridurre l’obolo a una cifra meramente simbolica – si è parlato anche di centesimi di euro – è stata mantenuta proprio per giustificare l’obbligatorietà della norma. Che – lo ricordiamo – la legge introduce per gli iscritti ad asili nido, materne e superiori.

Ma contrariamente a quanto richiesto da più parti, Regioni incluse, l’obbligo non riguarderà gli operatori sanitari e scolastici: la commissione Bilancio del Senato ha respinto, per mancanza di copertura, l’emendamento (inizialmente approvato dalla Igiene e Sanità), presentato in questo senso dai senatori di Forza Italia. I quali, malgrado la riproposizione di più versioni, avallata infine dalla stessa relatrice, si sono visti respingere anche la proposta di poter effettuare le vaccinazioni, affidate a medici coadiuvati da infermieri, nelle farmacie territoriali. Anche qui, l’assenza di copertura – ma pure la Federazione dei medici si era opposta – ha fatto naufragare la modifica al testo.

Resta accantonato fino a martedì 18 luglio – quando Palazzo Madama riprenderà l’esame degli emendamenti con la prospettiva di votare entro mercoledì 19 luglio gli otto articoli del testo, da inviare alla Camera per la conversione in legge entro la deadline del 6 agosto – il parere della commissione Bilancio sull’emendamento a firma M5S (ma presentato in formulazioni analoghe anche da altri gruppi parlamentari, maggioranza inclusa). Prescrive la produzione di formulazioni “monocomponenti” per i vaccini obbligatori: una modifica appesa innanzitutto all’esito della Relazione tecnica chiesta dalla V commissione alla Ragioneria generale dello Stato e che, se dovesse “passare”, consentirebbe agli individui già immunizzati naturalmente di superare l’obbligo di sottoporsi ai “pacchetti” di somministrazioni oggi disponibili, tetravalenti ed esavalenti.

Il Senato ha approvato infine – con parere favorevole del Governo e della relatrice – l’emendamento (forzista) che estende il vincolo ai minori stranieri non accompagnati. Saranno sottoposti, come i loro coetanei residenti in Italia, al nuovo pacchetto di dieci profilassi obbligatorie (nel testo d’ingresso erano dodici) – anti poliomielitica, anti difterica, anti tetanica, anti epatite B, anti pertosse, anti Haemophilus influenzae tipo b, anti morbillo, anti rosolia, anti-parotite, anti varicella – e alle quattro vaccinazioni «ad offerta attiva e gratuita», su cui era stata già raggiunta, con accordo by-partisan Pd-Forza Italia, l’intesa in commissione Igiene e Sanità: cioè anti-meningococco B e C, anti pneumococco e anti rotavirus. Sarà il ministero della Salute, entro dieci giorni dalla conversione in legge del decreto e sulla base della verifica dei dati epidemiologici e delle coperture vaccinali ottenute, a dare indicazioni pratiche alle Asl per la chiamata attiva su queste quattro profilassi.

Infine, vanno ricordate le altre modifiche al decreto, introdotte già in XII commissione: l’istituzione dell’Anagrafe vaccinale nazionale – necessaria ad avere finalmente il polso della situazione su coperture, epidemiologia ed eventuali emergenze – e la negoziazione obbligatoria dei prezzi dei vaccini in capo all’Aifa, l’Agenzia nazionale del farmaco.

La protesta dei presidi: ministra Fedeli, noi non assumiamo prof

da Corriere della sera

La protesta dei presidi: ministra Fedeli, noi non assumiamo prof

Lettera alla titolare dell’Istruzione di 426 dirigenti scolastici: troppe responsabilità, non procederemo alla chiamata diretta dei docenti. E annunciano nuove proteste

Chiara Voltattorni

Roma Quattrocentoventisei nomi. Da Torino a Soverato (Catanzaro). Da Foggia a Castiglione della Pescaia (Grosseto). decine di nomi sotto una lettera di protesta indirizzata alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. Sono i presidi d’Italia che «dichiarano la propria inerzia» e quindi annunciano che «non procederanno alla chiamata diretta». Non sceglieranno cioè gli insegnanti per le proprie scuole, meccanismo previsto dalle novità della riforma della Buona scuola. Ci penseranno, spiegano nella loro lettera, gli uffici scolastici regionali.

La protesta

La lettera dei presidi arriva a pochi giorni dall’annuncio della ministra Fedeli di un piano che entro il primo settembre dovrebbe portare ognuno al proprio posto, insegnanti neo assunti, docenti trasferiti, supplenti, tanto da far cominciare la scuola senza il caos degli anni scorsi. Ma la protesta dei dirigenti scolastici potrebbe far saltare tutto. Gli oltre 400 presidi di tutta Italia vogliono denunciare ancora una volta la loro «situazione ormai insostenibile» sia per la retribuzione «non proporzionale al nostro carico di lavoro e responsabilità», sia per le «inadeguate condizioni di sicurezza delle scuole», sia «per «le continue molestie burocratiche». Perché, «sui dirigenti scolastici si invera il paradosso di essere i dirigenti meno retribuiti della pubblica amministrazione e quelli su cui grava il maggior carico di responsabilità, rischi e oneri lavorativi».

«Noi solo capri espiatori»

Conclusione: non sceglieranno e assumeranno loro i prof di cui ogni scuola avrà bisogno. Saranno gli uffici scolastici regionali ad assegnarli «d’ufficio», appunto. Ma la protesta non si fermerà qui. I presidi annunciano «altre» manifestazioni di protesta e sottolineano che «il dirigente scolastico è ormai un mero capro espiatorio». Alla ministra Fedeli chiedono quindi di «entrare nei dettagli di quanto sopra esposto e acquisirne una consapevolezza diretta, perché banalmente non ce la facciamo più». Siamo solo all’inizio.

Graduatorie Istituto, il Sidi alle scuole: inviate i dati pure la domenica. Si lavorerà da casa?

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie Istituto, il Sidi alle scuole: inviate i dati pure la domenica. Si lavorerà da casa?

“Si comunica che l’orario di disponibilità delle funzioni dell’area reclutamento è stata estesa dalle ore 7.00 alle 22.00 con Sabato e Domenica inclusi”.

A comunicarlo alle scuole è stato il Sidi, Sistema telematico centralizzato, a proposito della possibilità per le segreterie di inoltrare fino al prossimo 25 luglio le valutazioni di titoli e servizi presentati dai candidati all’aggiornamento della seconda e terza fascia di circolo e d’Istituto per il triennio 2017/2020.

Il posticipo della scadenza e l’estensione a tutti i giorni della settimana, si è ritenuta probabilmente necessaria a seguito dell’alta mole di domande (secondo Italia Oggi circa 700mila) e del non molto tempo a disposizione per inoltrarle all’amministrazione centrale.

Tuttavia, la sottolineatura sull’apertura delle funzioni nel week end e fino a tarda sera, non è piaciuta a diversi dirigenti scolastici.

Cosa significa, hanno detto, questa disponibilità a far inserire i dati anche in giorni e orari non lavorativi? Perché si dà la possibilità agli assistenti amministrativi, ai Dsga e agli stessi dirigenti scolastici, di operare quando le scuole sono chiuse? È forse un invito a connettersi pure fuori orario di servizio? E, in tal caso, chi pagherebbe la prestazione lavorativa extra?

A farsi portavoce del malumore è stata Maddalena Gissi, leader Cisl Scuola. La quale, dopo aver detto che “è stata una decisione apprezzabile quella di prorogare il termine entro cui le scuole dovranno procedere all’inserimento a sistema delle domande di aggiornamento delle graduatorie di II e III fascia dei docenti”, ha voluto subito mettere le mani avanti: “non si può pensare che il lavoro possa svolgersi a orario continuato, anche di sabato e di domenica, come si potrebbe dedurre dalle disposizioni riguardanti l’apertura straordinaria delle funzioni SIDI dalle 7 alle 22, domenica compresa”.

Secondo la segretaria generale Cisl Scuola, “su questo va sgombrato immediatamente il campo da ogni possibile equivoco. Chiederemo pertanto di essere convocati al più presto al Miur per i dovuti chiarimenti al fine di evitare che le istruzioni impartite possano essere interpretate in modo distorto, con un aggravio delle condizioni di lavoro del personale assolutamente inaccettabile”.

In pensione a 67 anni, entro fine mese sapremo la verità: no unanime dei sindacati

da La Tecnica della Scuola

In pensione a 67 anni, entro fine mese sapremo la verità: no unanime dei sindacati

Coerenza, concretezza, prospettive: sulle pensioni i sindacati chiedono compatti un impegno al Governo, ad iniziare dal blocco dell’innalzamento della quota a 67 anni.

Sulle pensioni “chiediamo coerenza e concretezza, poiché l’unica e ultima possibilità di intervenire è la legge di Bilancio. Il sindacato è mobilitato per conseguire questi importanti obiettivi”, si legge nella nota a chiusura dell’attivo unitario svolto il 13 luglio a Roma alla presenza di oltre 300 delegati.

“Siamo consapevoli che questo confronto si svolge nella fase particolare di fine legislatura, ma proprio per questo” occorre intervenire con la prossima manovra, spiegano i segretari confederali Roberto Ghiselli (Cgil), Maurizio Petriccioli (Cisl) e Domenico Proietti (Uil).

I Confederali hanno innanzitutto rilanciato la proposta della pensione contributiva di garanzia “per dare prospettiva previdenziale ai giovani e a chi ha carriere lavorative fragili”, che “dovrà essere incardinata nel sistema contributivo ma con dei correttivi solidaristici, sostenuti dalla fiscalità generale, e che dovrà valorizzare anche il lavoro di cura e le specificità di genere”.

Centrali anche le questioni della flessibilità in uscita e del superamento degli automatismi legati alle aspettative di vita poiché “non è pensabile ipotizzare ulteriori aumenti dell’età pensionabile, dal momento che già oggi le norme italiane sono fra le più penalizzanti in Europa. Occorre tenere conto dei profili sociali e delle differenze legate ai singoli percorsi lavorativi”.

Pronta a manifestare il dissenso, si dice la Cgil. “Se il governo non ci dà risposte riprenderemo la mobilitazione“, ha detto il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli.

Per il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, la priorità è quella di “eliminare l’automatismo tra aspettativa di vita ed età pensionabile“, che rischia di far salire l’asticella a 67 anni dal 2019. Si tratta per il sindacato di interventi connessi, parte di un ‘pacchetto’ da discutere con il Governo. Esecutivo che con “l’attivo unitario di oggi incoraggiamo di nuovo su temi per noi fondamentali”, ha aggiunto Petriccioli.

Il più ottimista apare il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, per il quale “il Governo sta facendo dei piccoli passi in avanti, ci aspettiamo delle risposte in questi giorni”. Sul blocco dell’età pensionabile, che rischia di salire a 67 anni nel 2019, il sindacalista sottolinea come “anche il parlamento si sia schierato per impedire l’aumento“, ricordando l’appello ‘bipartisan’ dei presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato.

Dopo il tavolo tecnico di martedì, il confronto al ministero del Lavoro dovrebbe riprendere a breve, per arrivare a un punto politico a fine mese. Tra le questioni da affrontare, evidenzia Proietti, ci sono anche “le pensioni di garanzia per i giovani, i bonus contributivi per le donne impegnate in periodi di cura e la riforma della governance dell’Inps, perché non ci può essere un solo uomo al comando”.

Il nodo, come sempre, è quello dei finanziamenti. Entro due settimane sapremo se il Governo avrà la forza, ma anche il coraggio, visto che siamo a fine legislatura, di dire no a quello che al momento sembrerebbe un destino già scritto.

La legge 107, l’Avvocatura dello Stato e la difesa della P.A.

da La Tecnica della Scuola

La legge 107, l’Avvocatura dello Stato e la difesa della P.A.

Il contenzioso che ha innescato la legge 107/2015 e di cui i media si occupano riportando le varie pronunce della magistratura ha aperto anche un altro campo di analisi nella giurisprudenza che riguarda gli aspetti procedurali legati al processo del lavoro.
Si tratta di questioni che riguardano il comparto scuola ma più in generale quello dell’intera della pubblica amministrazione relativamente ai soggetti che ne assumono la difesa in giudizio.
E’ noto infatti che al fine di ridurre il notevole carico di lavoro dell’Avvocatura dello Stato è stato introdotto l’art. 417 bis cpc che si applica nelle ipotesi in cui la P.A. sia attrice o convenuta e offre la possibilità ai dipendenti della stessa P.A. di sostenere la difesa dell’Amministrazione davanti al giudice del lavoro, a meno che non vengano in rilievo questioni di massima o di notevoli riflessi economici dove è l’Avvocatura dello Stato che decide di assumere direttamente la trattazione della causa.
Si tratta di un articolo che ha subito diverse critiche da parte della dottrina perché nella riforma del processo del lavoro gli uffici legali non si limitano soltanto come in passate esperienze simili alla predisposizione di relazioni per l’Avvocatura dello Stato o alla trasmissione di documenti ma provvedono a compiti più complessi come la redazione degli atti difensivi e le attività di udienza.
Le critiche da parte della dottrina sono arrivate considerando, fra le altre cose, il dettato dell’art. 417 bis in cui si usa l’espressione “dipendenti”, per l’affidamento della rappresentanza in giudizio dell’ente. L’espressione è abbastanza generica e potrebbe confliggere con l’art. 33, comma 5 Cost., che prescrive il superamento di un esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale e anche al diritto costituzionalmente garantito alla P.A. di avere un’adeguata difesa in giudizio.
Ma su questi punti la recente giurisprudenza costituzionale si è espressa e ha legittimato la difesa in virtù del rapporto organico instaurato fra P.A e il suo dipendente.
Tutto questo in linea generale, ma quali potrebbero essere i casi concreti che si verificano?
E’ frequente infatti che nei primi gradi di giudizio l’avvocatura a cui è stato notificato l’atto come previsto dalla normativa vigente non assuma la lite e lasci dunque la rappresentanza all’Amministrazione che si avvale di propri dipendenti.
Ciò è consentito soltanto limitatamente al giudizio di primo grado e riguarda anche la fase cautelare (il classico provvedimento d’urgenza) e dunque considerata la natura impugnatoria dovrebbe escludersi nel procedimento del reclamo come affermato dal trib. di Caltanissetta con la pronuncia del 29 marzo 2000.
Del resto il reclamo dopo la riforma del giudice unico si svolge innanzi al giudice di primo grado (pur in composizione collegiale) e ciò avvalora la tesi di cui sopra. Questo per citare un fatto estremamente tecnico.
Ma potrebbero verificarsi casi, ben più complessi, come ad es. quello in cui l’impiegato-difensore ex art. 417 bis c.p.c. è un collega (spesso che opera nello stesso ufficio) del ricorrente.
Così come potrebbe accadere l’esatto contrario in cui si presenti la circostanza che un dipendente dell’ufficio legale sia fra i soggetti citati o comunque interessati alla causa e ciò metterebbe in discussione il principio di terzietà garantito invece dall’avvocatura, per cui la facoltà concessa all’amministrazione ex art. 417 bis di stare in giudizio “avvalendosi direttamente di propri dipendenti” non dovrebbe trovare seguito, quantomeno per ragioni di opportunità e comunque potrebbe considerarsi anche una questione di massima.
In questi casi l’atto di delega o la previa intesa con l’avvocatura che alcuni uffici giudiziari spesso pretendono, ma non sempre, sarebbe interessante da verificare anche se è prassi di considerare atti irrilevanti nel processo e quindi sottratti al parere del giudice.

Dirigenti con incarichi presso altre amministrazioni: compilazione Portfolio dal 14 luglio

da La Tecnica della Scuola

Dirigenti con incarichi presso altre amministrazioni: compilazione Portfolio dal 14 luglio

Con nota prot. n. 8603 dell’11 luglio 2017 il Miur ha comunicato l’apertura delle funzioni per la compilazione on line del Portfolio DS con incarichi presso altre amministrazioni.

Dal 14 luglio e fino al 31 agosto 2017, le funzioni saranno disponibili sul Portale del Sistema nazionale di valutazione.

Per la compilazione i Dirigenti scolastici dovranno accedere, possibilmente non utilizzando Internet explorer, al Portale del Sistema nazionale di valutazione – Area Dirigenti – Portfolio DS (raggiungibile all’indirizzo http://ext.pubblica.istruzione.it/portfoliods/login).

I Dirigenti scolastici che sono già in possesso di credenziali per l’accesso al Portale utilizzeranno queste stesse per entrare nell’area riservata. Per l’eventuale necessità di recupero delle credenziali, si potrà utilizzare la procedura presente nella maschera di login.

Ai Dirigenti che, invece, ne sono sprovvisti, verranno fornite via e-mail le modalità per accedere al portale.

Eventuali richieste di chiarimento e/o di supporto potranno essere avanzate all’indirizzo email snv@istruzione.it .

Nuove regole per gli scioperi: fuori gioco i sindacati di base

da La Tecnica della Scuola

Nuove regole per gli scioperi: fuori gioco i sindacati di base

Il Senato ci riprova e forse questa potrebbe essere la volta buona: i tempi potrebbe essere maturi per l’approvazione di una legge di modifica delle regole sugli scioperi.
Le Commissioni congiunte Lavoro e Affari Costituzionali si riuniranno infatti il prossimo 19 luglio per un esame congiunto delle proposte di legge già presentate da tempo.
Le due proposte più importanti sono la n. 1286 a firma del senatore Maurizio Sacconi (AP-NCD) e la n. 2006 a firma di Pietro Ichino (PD) che però dovrebbero essere unificate in un testo base comune
La novità principale riguarda la proclamazione degli scioperi che sarà riservata alle sigle sindacali con almeno il 50% di rappresentatività. In pratica ai sindacati di base sarà di fatto impedito di proclamare scioperi.
Per la verità entrambi i disegni di legge riguardano solo il settore dei trasporti e non tutti i servizi pubblici essenziali; in altre parole nella scuola dovrebbero continuare a valere le regole attualmente in vigore.
Ma nelle ultime settimanane il senatore Ichino è intervenuto per precisare la proposta e non è da escludere che alcune “misure” possano riguardare anche altri servizi pubblici. In paritcolare potrebbe esserci una “stretta” sulle assemblee sindacali  che non dovranno più incidere sulla regolarità del servizio scolastico; inoltre chi vorrà aderire allo sciopero dovrà comunicarlo almeno 5 giorni prima.
Sul disegno di legge pesa però la situazione politica complessiva perchè si tratta di capire se la maggioranza di Governo riuscirà ad avere i numeri per far approvare la proposta.
Passato lo scoglio del Senato, il percorso del disegno di legge potrebbe essere meno complicato, perchè alla Camera i numeri sono diversi.
Delicata appare anche la posizione dei sindacati rappresentativi che potrebbero essere disponibili a sostenere la proposta di legge in quanto vedrebbero diminuire di molto la “concorrenza” dei sindacati di base.

Mobilità: precedenza anche a chi assiste il genitore disabile

da La Tecnica della Scuola

Mobilità: precedenza anche a chi assiste il genitore disabile

Altro duro colpo al sistema delle precedenze nelle operazioni di trasferimento come disciplinato dal CCNI sulla mobilità del personale docente.

Dopo la declaratoria di nullità del CCNI dell’8.04.2016, laddove non prevedeva la precedenza assoluta in favore dei genitori di figli disabili gravi (a prescindere dalla fase di mobilità cui si partecipa), sancita dal Tribunale di Genova, questa volta il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ne ha dichiarato la nullità nella parte in cui non riconosce la precedenza nei trasferimenti interprovinciali in favore dei figli che assistono un genitore disabile grave.

Il caso deciso dal Giudice del lavoro di Barcellona PG riguarda un docente, referente unico per l’assistenza alla madre disabile grave, che nella domanda di mobilità aveva dichiarato di voler fruire della precedenza prevista dall’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992.

A fronte del diniego al riconoscimento della precedenza nei trasferimenti interprovinciali, tenuto conto che l’art. 13 del CCNI dell’8 aprile 2016 riconosce la precedenza nei trasferimenti solo ai genitori, ai tutori e ai coniugi obbligati all’assistenzadel disabile in situazione di gravità, mentre per il figlio che assiste il genitore con disabilità grave riconosce il diritto di fruire della precedenza tra province diverse “esclusivamente nelle operazioni di assegnazione provvisoria” il docente si rivolgeva al Giudice del lavoro.

Accogliendo le tesi difensive dell’avvocato Salvatore Spataro del Foro di Catania, il Tribunale siciliano ha rilevato la nullità del citato art.13 del CCNI per violazione della norma speciale di cui all’art. 601 del T.U. sulla scuola (D.Lgs. n. 244/1997), la quale prevede che gli artt. 21 e 33 della legge n. 104/1992 comportano la precedenza anche in sede di mobilità, con il conseguente riconoscimento in favore del docente della precedenza nelle operazioni di mobilità interprovinciale.

Sulla medesima questione risultano pendenti analoghi ricorsi dinanzi a diversi Tribunali del lavoro e non resta che verificare come si orienterà la giurisprudenza in merito, fermo restando che quella in commento risulta essere la prima pronuncia favorevole, particolarmente importante per il principio che afferma.