A proposito dei fatti di Parigi e della… irresponsabilità della scuola

A proposito dei fatti di Parigi e della… irresponsabilità della scuola

di Maurizio Tiriticco

La domanda che in molti ci siamo posti sulla incapacità della scuola di integrare i nuovi nati al mondo della democrazia e della coesistenza di tutte le ideologie e di tutti i credi religiosi, richiede qualche approfondimento. Anche perché – almeno per quanto riguarda il nostro Paese – sono gli stessi dati relativi al nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione” a dirci che la scuola può poco in termini di significativi cambiamenti socioculturali. Si suol dire, ed è vero, che, comunque, “i figli degli operai diventeranno operai e che i figli dei professionisti diventeranno professionisti” e che le eccezioni sono pochissime. Pertanto, la Repubblica ancora non riesce a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…” (cos. Art. 3). Nel nostro Paese, la scuola non è ancora oggi in grado di rendere operativo quel precetto costituzionale di oltre 60 anni fa.
Per quanto riguarda gli avvenimenti parigini, è evidente che il Sistema di istruzione francese non è stato in grado di integrare al mondo della democrazia e della coesistenza di tutte le credenze, e le non-credenze, un coesistente numero di cittadini, molti dei quali nati in Francia, ma da famiglie provenienti da altri Paesi.
Insomma, sembra che la scuola possa ben poco a fronte dei condizionamenti socioeconomici, senz’altro più forti e incisivi di ciò che a scuola si insegna e si appende. Vi è una ragione di questo fenomeno che Karl Marx spiega – a mio giudizio – con estrema chiarezza. Nella prefazione a “Per la critica dell’economia politica”, del 1859, leggiamo: “Nella produzione sociale delle loro esistenze, gli uomini inevitabilmente entrano in relazioni definite, che sono indipendenti dalle loro volontà, in particolare relazioni produttive appropriate ad un dato stadio nello sviluppo delle loro forze materiali di produzione. La totalità di queste relazioni di produzione costituisce la struttura della società, il vero fondamento, su cui sorge una sovrastruttura politica e sociale a cui corrispondono forme definite di coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona il processo generale di vita sociale, politica e intellettuale. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza… I cambiamenti nella base economica portano prima o poi alla trasformazione dell’intera immensa sovrastruttura. Nello studio di tali trasformazioni è sempre necessario distinguere tra la trasformazione materiale delle condizioni economiche di produzione, che può essere determinata con la precisione propria delle scienze naturali, e le forme legali, politiche, religiose, artistiche o filosofiche – in una parola, ideologiche, in cui l’uomo diviene conscio di questo conflitto e lo combatte.”
Replico: “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”. L’analisi marxiana, materialistica, ovviamente, capovolge ciò che è in genere del senso comune, e trasmesso da sempre dalle religioni positive e dalle ideologie in genere, secondo cui sarebbe lo spirito che domina la materia. Per Marx in un assetto sociale sono attive la struttura e la sovrastruttura. Sono fattori strutturali tutto ciò che è materiale e le trasformazioni prodotte dal lavoro umano, quindi i concreti rapporti commerciali ed economici. Sono fattori sovrastrutturali le ideologie, i prodotti della cultura, l’arte la filosofia, la religione, la politica stessa… e l’educazione, e la scuola.
Ciò non significa, ovviamente, che non ci sia nulla da fare, che l’educazione e l’istruzione siano impotenti. Anche perché viviamo in un’epoca in cui apprendere per tutta la vita è una condizione prima di sviluppo economico e sociale, quindi anche politico e – se non è una parola grossa – spirituale. Il fatto stesso che, oggi, in forza dell’alto sviluppo delle tecnologie, la distanza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, tra fare e pensare, si sta sempre più riducendo, forse il dualismo di sempre tra struttura e sovrastruttura si sta anch’esso riducendo. Non è un adagio affermare che sempre più occorre “fare con la testa e pensare con le mani”.
Il che significa che la partita non è perduta, che l’istruzione aperta a tutti, di fatto obbligatoria per tutti, dalla culla alla tomba, come si suol dire, può farcela! A condizione, però, che i governi tutti sappiano investire nella scuola oggi e domani come e quanto si investe in genere nei settori strutturali. Occorre sfidare il pensiero marxiano, pensando che anche la scuola potrebbe diventare un fattore strutturale. A mio vedere, è la sfida delle società avanzate del Terzo millennio!

Ancora su “La buona scuola”

Ancora su “La buona scuola”

di Alessandro Basso

Cogliendo l’occasione di un momento di confronto sulla “Buona Scuola” promosso, a Pordenone, dall’Associazione “Norberto Bobbio”, ho consegnato al Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini questo documento di riflessione, sorto senza alcuna pretesa di esaustività, redatto al fine di partecipare alla discussione con un contributo proveniente dalla base.

Il Ministro sta portando a termine un tour nel territorio per far conoscere “la Buona Scuola”, iniziativa promossa dal Governo Renzi; per questo motivo l’analisi parte dal documento nella sua fase gestatoria.

Alcune osservazioni critiche, non costituiscono una disapprovazione tout court verso il documento, di cui, personalmente, apprezzo l’intento, gli spunti, alcune forme di confronto proposte dal Governo.

E anche, perché, un Dirigente Scolastico non può che essere a favore di una Buona Scuola, che valuta e si valuta attentamente.

Durante un incontro svoltosi nella nostra Regione, nello scorso mese di maggio, il Ministro puntualizzava, con argomentazioni compiute ed accurate, sulla necessità per la scuola di valutare i dirigenti. In quell’occasione, non c’è stato il tempo per confermare al ministro che i dirigenti sono pronti alla valutazione, tanto più che i nuovi assunti hanno formalizzato, durante l’anno di prova, un percorso di autovalutazione che ha movimentato la macchina del SNV nei territori e proprio i Dirigenti scolastici sono stati pionieri, forse un po’inconsapevoli, di quanto si stava muovendo a livello ministeriale.

 

Buona Scuola, Buoni insegnanti: equivale a tanti insegnanti?

L’entusiasmo per la mole di assunzioni prevista come caposaldo dell’intera riforma, ha esaltato molti, legittimamente e fisiologicamente. Gli interessati, poiché desiderosi di porre fine a percorsi di precariato infiniti; le associazioni di categoria, poiché da sempre inclini, per mandato associativo, a promuovere l’assunzione a tempo indeterminato nella scuola come punto di snodo di un Sistema di qualità: i numeri degli organici come leva per la attributo positivo e come segnale di un investimento nel settore dell’Istruzione.

Penso che l’opinione pubblica sia rimasta piuttosto indifferente a questo punto del documento che, mi è parso di capire abbia, invece, trovato alcune perplessità nel corpo dei dirigenti scolastici che attengono alla delicata questione del tempo scuola, specie nel primo ciclo d’istruzione. Siamo stati investiti, dal 2008 in poi, da un proliferare di Regolamenti, ben noti agli addetti ai mestieri, che hanno comportato non poche situazioni complesse da gestire, allorché si è andati ad intervenire, scuola per scuola sulla quantità di tempo di erogazione del servizio, andando incontro a forti riduzioni che oggi, grazie all’abilità dei Capi d’Istituto, sono andate a regime.

La domanda sorge spontanea: si è pensato bene a come occupare questi docenti? Sarà data vera autonomia alle scuole di gestire queste risorse? Mi sia concesso di esprimere un pensiero banale, ma questi docenti li potremo davvero utilizzare per la sostituzione dei colleghi assenti, superando rigidità orarie, di assegnazione al plesso? Perché per sostituire i colleghi assenti, è bene saperlo, è necessario che un docente cambi spesso l’orario e anche plesso di insegnamento, nel caso delle scuole primarie. Al momento, con le regole vigenti, non si può fare.

La risoluzione prospettata annovererebbe di impiegare il personale anche per progettualità anti-dispersione, per le quali, ad onor del vero, la nostra Regione si è attivata con impegno negli ultimi anni. In tal caso sarà necessario un confronto affinché queste progettazioni possano realizzarsi con una precisa definizione di compiti, responsabilità, spazi, tempi e risorse, coinvolgendo, in primis, gli Enti Locali.

Non ultimo, la graduatoria di provenienza del personale neo-assunto, non costituisca un vincolo per le scuole, in quanto il processo di definizione dell’offerta formativa avviene nelle scuole in modo rigoroso e scientifico, mai in modalità bottom-up: data la risorsa umana, si crea il percorso progettuale, ma viceversa.

Nel dibattito politico che ha accompagnato la Legge di Stabilità, che a ben leggere pare essere in una qualche contraddizione con alcuni passaggi della Buona Scuola ( è bene lasciar corso ai decreti attuativi per spingersi in giudizi) si è anche parlato di un ruolo da assegnare ai Dirigenti Scolastici in riferimento al vaglio delle competenze di questo personale. Non sarebbe forse più coerente e proficuo, mi spingo più in là, efficace ed efficiente, fare in modo che la Dirigenza possa vantare strumenti utili a dissuadere chi non è portato per l’insegnamento dal perpetuare a farlo? Ovviamente con tutti i legittimi e sacrosanti profili di pluralismo, possibilismo e pazienza che devono essere chiamati in causa quando si trovano percorsi alternativi per figure professionali del pubblico impiego. Giova al dibattito ricordare che di un insegnante poco preparato, poco attento alla didattica, non ne fanno le spese i dirigenti, ma gli alunni e le loro famiglie.

Può sembrare un paradosso, ma le Istituzioni scolastiche autonome italiane operano con un fortissimo centralismo decisionale, che diventa quasi totale in campo di risorse umane: reclutamento prima di tutto.

L’autovalutazione potrà configurarsi in un Sistema centralistico, dove le risorse umane sono scelte all’esterno dell’Istituto, quelle economiche dipendono da svariati fattori e mai ad abundantiam?

 

La governance e la dirigenza in una Regione a Statuto Speciale

La nostra è una Regione a Statuto Speciale, con delle grandi ulteriori potenzialità da esprimere nel campo dell’organizzazione scolastica ed educativa.

A seguito dell’entrata in vigore del nuovo assetto organizzativo nazionale e regionale del Miur avvenuto con il DPCM 98 del 11 febbraio 2014, è opportuno, come evidenziato da più fonti, ridisegnare l’assetto delle governance dei nostri uffici periferici. In questi casi, la forma è sostanza.

 

Buona Scuola è anche la persona giusta al posto giusto

È noto e oltremodo evidente anche all’esterno, che un sistema profilatosi negli anni ‘ 70, non può convivere con il nuovo volto assunto dalla Scuola autonoma a partire dalla fine degli anni ’90 e irrobustitosi, negli anni 2000 con l’attribuzione della qualifica dirigenziale ai Capi d’Istituto. La collegialità è une bene prezioso della nostra scuola, ma non può essere un freno alle attribuzioni assegnate per legge nel corso degli anni.

È urgente un nuovo assetto interno agli istituti ove si tenga conto dell’apertura al territorio portata dall’autonomia scolastica, delle competenze gestionali affidate ai dirigenti, del nuovo assetto della P.A. come si sta delineando con i processi politici in corso.

Con grande interesse e passione, chi come me ha affrontato l’ultimo concorso, ha condiviso e si è appassionato al tema della vice dirigenza, strettamente correlato alla definizione delle governance delle Istituzioni scolastiche. Su questo argomento si era trovata, negli anni, una condivisione bipartisan che è svanita nel nulla, così come rischiano di svanire nel nulla le “NOSTRE” figure di riferimento, con l’abrogazione dell’art. 459 del Testo Unico: i vicari, figure insostituibili e addirittura da potenziare, in quanto la gestione complessa degli Istituti non può e non deve essere verticistica, ma partecipata.

Si è letto che la figura del vicario rimarrà in capo alle scuole con l’organico funzionale. Il mio parere è che il vicario è l’unica figura, a oggi, che possiamo scegliere e alla quale possiamo affidare deleghe e responsabilità di guida dell’organizzazione a noi affidata. Vorrei, personalmente che rimanesse così e che almeno su questo tassello dell’organizzazione fossimo davvero autonomi, a vantaggio della comunità scolastica tutta.

In forte correlazione, vorrei anche sollevare il tema delle Funzioni Strumentali, figure di sistema che si sono consolidate nel tempo e che hanno rappresentano la vera essenza dell’autonomia.

Sono professionisti, al pari di altre figure del privato ben più riconosciute, che lavorano tutto l’anno, tutte le settimane, per far sì che l’offerta formativa si realizzi, ma prima ancora, si pensi . Sono le figure che si occupano dell’handicap, della dispersione, dell’alternanza scuola lavoro, dell’orientamento, delle nuove tecnologie. L’elenco potrebbe essere lungo. I fondi oggi disponibili permettono di retribuire centinaia di ore di lavoro con un compenso che è pari a circa cinquecento/seicento euro lordi. Non al mese, ben s’intenda.

È senz’altro da accogliere di buon auspicio il proposito di operare una riflessione pluriennale sulle risorse del MOF, tenendo conto che ciò di cui la scuola ha bisogno è : risorse CERTE in tempi CERTI, onde consentire il ciclo della PROGRAMMAZIONE ECONOMICA.

È da leggersi in questo senso il capitolo della Legge di Stabilità che prevede l’utilizzo prioritario delle risorse del MOF per il pagamento di ore eccedenti per lo straordinario in sostituzione dei colleghi assenti?

 

La Buona Scuola e lo status giuridico dei docenti

La stagione dei contratti, prima o poi, si dovrà aprire e non potrà non tener conto dell’esigenza di rivedere l’intero apparato giuridico di uno strumento che deve essere fortemente attualizzato e che deve trovare una pacificazione nella soluzione di alcuni temi forti (relazioni sindacali, rilievi disciplinari, assenze) superando l’interpretazione fuorviante tra versante pubblicistico e contrattuale.

Un esempio cardine della vetustà del contratto di lavoro dei docenti risiede nell’impianto delle cosiddette “quaranta ore” che oggigiorno non accontentano nessuno.

I dirigenti hanno tali e tanti obiettivi da mettere in campo, ma lo possono fare tenendo conto di questo vincolo esageratamente formale nell’impiego delle risorse umane, le 40 ore, appunto, che in alcuni casi viene superato dalla sola buona volontà individuale dei docenti: ma di sola buona volontà non si vive.

I docenti vivono la frustrazione di operare ben oltre questa soglia oraria, con riconoscimenti minimi o addirittura assenti. E la docenza non è un campo dove la frustrazione è ammissibile, anche nel confronto fisiologico con quei colleghi più restii all’impegno, che continuano a percepire, però, lo stesso trattamento economico.

È uno dei cavalli di battaglia del Governo, vi confidiamo con “viva speranza”.

 

Delle questioni economiche: Fondo Unico Nazionale (FUN)

Non in pane solo vivet homo (Matteo 4, 4 e Luca 4, 4)

Lo stipendio del dirigente scolastico si compone, è noto, di una quota tabellare, indifferenziata, cui si aggiungono una quota di posizione fissa, una quota di posizione variabile e, infine, un’indennità di risultato, che noi dirigenti assunti nell’anno 2012 non abbiamo ancora mai percepito. Lo stesso vale per l’indennità di reggenza “di compensazione”. E l’istituto della reggenza, tutti i colleghi lo possono confermare coralmente, è un impegno gravosissimo e dispendioso, ma permette alle scuole di continuare a sopravvivere nonostante l’assenza di un dirigente. Il dato non richiede commenti.

Disabilità e protezione civile

Disabilità e protezione civile:
http://www.abiliaproteggere.net/

Abili a proteggere presenta le attività che la Cooperativa Sociale Europe Consulting Onlus realizza con il Dipartimento della Protezione Civile per tenere alta l’attenzione sul soccorso e l’assistenza alle persone disabili in emergenza, ma anche per favorire interventi di prevenzione in questi ambiti.

Il sito raccoglie inoltre le esperienze di Associazioni di Volontariato, Associazioni di Categoria, Regioni ed enti locali, che intraprendono iniziative per coniugare le esigenze delle persone disabili con le attività di protezione civile.

Assenteismo, sono i docenti calabresi a “marinare” più volte la scuola

da Il Fatto Quotidiano

Assenteismo, sono i docenti calabresi a “marinare” più volte la scuola

La rivista “Tuttoscuola” ha raccolto gli ultimi dati sulle assenze nelle aule italiane. I maestri della scuola dell’infanzia sono costretti a letto più spesso dei professori delle superiori. I più diligenti sono gli insegnanti piemontesi

La scuola dove stanno a casa quattro professori su dieci

da Corriere.it

La scuola dove stanno a casa quattro professori su dieci

Alla «Santi Bivona» di Menfi (Agrigento) 70 insegnanti su 170 si dichiarano malati o parenti di disabili: così hanno diritto a tre giorni al mese di permesso

di Riccardo Bruno

La vicepreside attende all’ingresso con un sorriso malizioso: «No, io non ho la 104». Che non è un modello di automobile ma una legge, nata 22 anni fa per tutelare i lavoratori con gravi disabilità o costretti ad assistere figli e genitori in difficoltà. Qualcuno ne ha approfittato. Ad Agrigento è diventata un’epidemia, in questa scuola di Menfi, sulla costa meridionale della Sicilia, l’Istituto comprensivo «Santi Bivona», dove è stato battuto ogni record: 70 casi su 170 tra docenti e bidelli. Oltre il 40 per cento, carte mediche alla mano, sarebbe messo davvero male. «Abbiamo un triste primato, lo so» allarga le braccia la preside, Teresa Guazzelli.

A novembre ha consegnato l’elenco dei beneficiari della 104, come ha chiesto a lei e a tutta la provincia il provveditore, e adesso aspetta di capire cosa fare. «Noi dirigenti non possiamo che prendere atto delle certificazioni. Non abbiamo mansioni investigative, né possiamo valutare le singole patologie».


È evidente che anche a lei questo andazzo non piace, non solo per quel senso civico e di dovere che gli viene da tradizione familiare (il padre, il maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, proprio in queste terre fu ucciso dalla mafia nel ‘92) ma anche per ragioni pratiche. «Gestire tutto questo personale con la 104 pone non pochi problemi organizzativi». La norma dà diritto a 3 giorni al mese di permesso, per curarsi o curare gli altri, soltanto alla Santi Bivona di Menfi sono 210 giornate lavorative che vengono a mancare. «E c’è qualcuno che ti avvisa la mattina stessa che non verrà a scuola» lamenta la preside Guazzelli.

Nella provincia di Agrigento, capitale italiana dell’invalidità, vera o presunta, la bomba è deflagrata quando lo scorso settembre la Procura ha arrestato una ventina di persone, sopratutto medici compiacenti, e ne ha indagato oltre 100. Due anni di inchiesta, intercettazioni e pedinamenti, per dipingere un quadro che il gip ha definito senza timori «un circo». Nel quale ci sono pneumologi che soffiano nello spirometro perché il paziente non è in grado di sbagliare da solo il test, o radiologi che invitano «a mettersi storti» per far apparire patologie inesistenti.
Molti hanno ammesso e raccontato anche altro, e adesso la Procura ha aperto un nuovo filone con quasi 300 persone coinvolte. «Ci sono evidenti storture, un sistema di diffusa illegalità. Qualcuno non ha fatto il proprio dovere e ancora una volta è toccato alla magistratura svolgere una funzione di supplenza» osserva il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, che sta seguendo il corposo fascicolo con il capo dell’ufficio Renato Di Natale e il sostituto Andrea Maggioni.

Sulla strada però i pm stanno trovando altri alleati. Il provveditore Raffaele Zarbo ha da poco concluso il primo censimento sui beneficiari della 104, perché finora nessuno sapeva esattamente quanti fossero, e consegnato il cd all’Inps. I numeri sono da capogiro: 1.043 docenti su 4.031 considerando scuola dell’infanzia, primaria e medie; 469 su 1.823 nel personale Ata, dai direttori amministrativi ai tecnici. Praticamente uno su 4, con una punta di oltre il 30 per cento tra gli insegnanti d’asilo. «Se si scoprissero anomalie o falsità sono pronto a prendere provvedimenti disciplinari o a spostare il personale» promette il provveditore.
I vantaggi di farsi scudo della «104» sono molteplici. Non solo permessi garantiti, a volte si aggiunge anche un riconoscimento economico. E soprattutto, nel mondo della scuola, permette di chiedere il trasferimento definitivo o provvisorio vicino casa. «In una provincia come la nostra con tanti docenti e pochi posti, di fatto solo chi ha la 104 si vede accolta la domanda» ammette il provveditore Zarbo.

Adesso che la lista c’è, l’Inps ha in programma una verifica di massa, oltre 1.500 persone da sottoporre nei prossimi mesi a una visita medico-legale di verifica. Mai avvenuto in Italia. «È almeno da dieci anni che denunciamo questo malcostume, speriamo che sia la volta buona» si augura Dorenzo Navarra, maestro (senza la 104) di Sciacca costretto ogni giorno a raggiungere la cattedra a Palermo, 200 chilometri andata e ritorno.
Come presidente dell’associazione «Insegnanti in movimento», mille iscritti, è pronto a costituirsi parte civile nel processo che si farà sui furbetti delle cartelle cliniche. «Abbiamo visto di tutto, perfino colleghi che erano in permesso e poi mettevano online le foto della crociera, talmente si sentivano tranquilli. Si è toccato il fondo, e molti non lo sopportano più».

Miur, Insediato l’Osservatorio su edilizia scolastica

da La Stampa

Miur, Insediato l’Osservatorio su edilizia scolastica

Il sottosegretario all’Istruzione: “Non esiste infatti una buona scuola se non ci sono edifici all’altezza”
roma

L’Osservatorio sull’edilizia scolastica sarà un «luogo di confronto e discussione fra tutte le istituzioni coinvolte, ma anche e soprattutto un luogo di decisione, una sorta di sportello unico dell’edilizia scolastica». Così il sottosegretario all’Istruzione, Università e Ricerca Davide Faraone ha aperto la riunione di insediamento al Miur dell’Osservatorio sull’edilizia scolastica, tornato finalmente a riunirsi dopo diciassette anni.

Erano presenti i sottosegretari Pier Paolo Baretta per il ministero dell’Economia e Umberto Del Basso De Caro per il ministero delle Infrastrutture. Hanno partecipato i rappresentanti della Struttura di Missione per l’edilizia scolastica di Palazzo Chigi, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, della Conferenza delle Regioni, dell’Unione delle Province (Upi), dell’Associazione dei Comuni (Anci).

«Sull’edilizia il governo sta facendo un grande investimento oggettivo – ha proseguito il sottosegretario Faraone – e sta lavorando su due binari: quello dell’emergenza e quello della programmazione. Non esiste infatti una buona scuola se non ci sono edifici all’altezza. Anche attraverso l’Osservatorio dobbiamo rendere efficaci gli strumenti che esistono già e metterne in cantiere di nuovi».

Il sottosegretario ha poi posto l’accento sull’importanza dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, anche questa riavviata di recente. «Sarà uno strumento di trasparenza e di responsabilizzazione per gli addetti ai lavori – ha ricordato – Come Miur ci impegniamo a sollecitare le Regioni e a monitorare i lavori affinché sia completata entro il prossimo giugno».

L’Osservatorio dovrà portare avanti un’azione di semplificazione e connessione delle azioni messe in campo dalle istituzioni coinvolte per rendere più rapida la programmazione degli interventi in materia di edilizia scolastica e la realizzazione delle opere. Il calendario delle riunioni sarà serrato e la prossima, di carattere tecnico, si terrà a fine mese.

Cellulari in classe, New York vara la fine del proibizionismo

da La Stampa

Cellulari in classe, New York vara la fine del proibizionismo

Il sindaco De Blasio: “I genitori devono poter contattare i figli”. Ma i presidi non sono d’accordo
paolo mastrolilli

inviato a new york

I telefoni cellulari tornano nelle scuole di New York, ma non tutti sono contenti. E le distrazioni che offrono sono quasi l’ultimo dei problemi. Già durante la campagna elettorale il sindaco Bill de Blasio aveva criticato il divieto, imposto dal suo predecessore Michael Bloomberg. Secondo de Blasio i genitori dovevano avere la possibilità di restare in contatto con i loro ragazzi, e lui stesso aveva ammesso che suo figlio Dante violava la regola, portando di nascosto il proprio cellulare nelle classi della Brooklyn Technical High School.

Secondo Bloomberg i telefoni erano un problema, perché oltre alle distrazioni generavano una serie di guai, dal loro uso per copiare, fino a quello per organizzare risse. Il divieto però era stato applicato in maniera non omogenea. Nelle scuole più difficili, quelle dove si entra passando attraverso il metal detector, i cellulari venivano sempre bloccati all’ingresso, al punto che fuori era fiorito il business di camioncini che per un dollaro al giorno consentivano agli studenti di parcheggiare i loro apparecchi fino all’uscita. In quelle più tranquille, invece, non era difficile nascondere il telefonino e farlo entrare, e in alcuni casi gli insegnanti accettavano apertamente di tollerarlo, a patto di non vederlo.

Nuovo corso da marzo

Carmen Farina, il New York Schools Chancellor, ha scritto sul Daily News che dal 2 marzo il divieto verrà eliminato, per due motivi. Primo, il rispetto delle esigenze dei genitori: «E’ critico che le nostre famiglie stiano in contatto con i loro figli, prima e dopo la scuola». Secondo, le opportunità didattiche offerte dai cellulari: «Ci sono reali benefici per l’istruzione, incorporando questi oggetti nelle nostre aule. In tutto il Paese, gli insegnanti ormai li usano per superare le barriere linguistiche nelle classi multiculturali, incoraggiare la partecipazione, e ricavare dati sulla comprensione da parte degli studenti dei concetti chiave. Stanno insegnando ai ragazzi come usare la tecnologia in maniera sicura e responsabile, e diventare buoni cittadini digitali».

I contrari

Parecchi presidi, però, non hanno preso bene la decisione. Secondo loro, soprattutto quelli delle scuole più difficili, le distrazioni o il rischio di copiature sono il problema minore. I cellulari, infatti, possono essere usati per organizzare risse, chiamando gli amici a partecipare. Possono scattare foto o riprendere video inappropriati, o magari incitare i ragazzi a scegliere comportamenti inadeguati, proprio per riprenderli e diffonderli in rete. Per non parlare poi dei possibili furti, o delle discriminazioni che nascono fra chi ha il telefono, chi non se lo può permettere, e quale tipo viene sfoggiato.

Regole per l’uso

Per rimediare a questi problemi, la Commissaria Farina ha lasciato ai presidi la libertà di stabilire le regole per l’uso. E’ possibile limitarlo ai momenti di intervallo e ricreazione, e consentirlo o meno come supporto didattico. Alcuni potranno stabilire che i cellulari vanno messi in depositi specifici, oppure tenuti nascosti negli zaini. Nessuno, però, potrà impedire ad uno studente di chiamare o essere chiamato dalla sua famiglia prima, durante e dopo le elezioni.

Queste regole già promettono di provocare polemiche, se non altro per la diversità con cui verranno applicate nelle varie scuole della città. Da una parte, però, la pressione dei genitori stava salendo, mentre dall’altra l’efficacia del bando era sempre più incerta. Alla fine de Blasio ha scelto di rassegnarsi alla realtà e togliere il divieto.

70, tra docenti e personale, su 170 si dichiarano malati o parenti di disabili

da La Tecnica della Scuola

70, tra docenti e personale, su 170 si dichiarano malati o parenti di disabili

Succede alla “Santi Bivona” di Menfi (Agrigento), la scuola dove quattro professori su dieci stanno a casa. Carte mediche alla mano, il 40% sarebbe messo davvero male. “Abbiamo un triste primato, lo so”, allarga le braccia la preside

Ad Agrigento, scrive Il Corriere della Sera, è diventata un’epidemia, in questa scuola di Menfi, sulla costa meridionale della Sicilia, l’Istituto comprensivo “Santi Bivona”, dove è stato battuto ogni record: 70 casi su 170, tra docenti e bidelli.

A novembre, scrive ancora Il Corriere, la preside ha consegnato l’elenco dei beneficiari della 104, come ha chiesto a lei e a tutta la provincia il provveditore, e adesso aspetta di capire cosa fare.

È evidente che anche alla dirigente questo andazzo non piace anche per ragioni pratiche. “Gestire tutto questo personale con la 104 pone non pochi problemi organizzativi”. La norma dà diritto a 3 giorni al mese di permesso, per curarsi o curare gli altri, soltanto alla Santi Bivona di Menfi sono 210 giornate lavorative che vengono a mancare. “E c’è qualcuno che ti avvisa la mattina stessa che non verrà a scuola” lamenta la preside.

Nella provincia di Agrigento, capitale italiana dell’invalidità, vera o presunta, la bomba è deflagrata quando lo scorso settembre la Procura ha arrestato una ventina di persone, soprattutto medici compiacenti, e ne ha indagato oltre 100. Due anni di inchiesta, intercettazioni e pedinamenti, per dipingere un quadro che il gip ha definito senza timori «un circo». Nel quale ci sono pneumologi che soffiano nello spirometro perché il paziente non è in grado di sbagliare da solo il test, o radiologi che invitano «a mettersi storti» per far apparire patologie inesistenti.

Molti hanno ammesso e raccontato anche altro, riporta sempre Il Corriere della Sera, e adesso la Procura ha aperto un nuovo filone con quasi 300 persone coinvolte.

Ma i pm stanno trovando altri alleati, tra cui il provveditore Raffaele Zarbo che ha da poco concluso il primo censimento sui beneficiari della 104, perché finora nessuno sapeva esattamente quanti fossero, e consegnato il cd all’Inps. I numeri sono da capogiro: 1.043 docenti su 4.031 considerando scuola dell’infanzia, primaria e medie; 469 su 1.823 nel personale Ata, dai direttori amministrativi ai tecnici. Praticamente uno su 4, con una punta di oltre il 30 per cento tra gli insegnanti d’asilo.

I vantaggi di farsi scudo della “104” sono molteplici. Non solo permessi garantiti, a volte si aggiunge anche un riconoscimento economico. E soprattutto, nel mondo della scuola, permette di chiedere il trasferimento definitivo o provvisorio vicino casa.

Adesso che la lista c’è, l’Inps ha in programma una verifica di massa, oltre 1.500 persone da sottoporre nei prossimi mesi a una visita medico-legale di verifica. Mai avvenuto in Italia.

Come presidente dell’associazione “Insegnanti in movimento”, tuona un docente pendolare ligio alle regole, con mille iscritti, siamo pronti a costituirci parte civile nel processo che si farà sui furbetti delle cartelle cliniche. “Abbiamo visto di tutto, perfino colleghi che erano in permesso e poi mettevano online le foto della crociera, talmente si sentivano tranquilli. Si è toccato il fondo, e molti non lo sopportano più”.

Svolta sulle assunzioni?

da La Tecnica della Scuola

Svolta sulle assunzioni?

Sembra che l’idea del Governo sia quella di limitae le assunzioni ai docenti inseriti nelle GAE anche se se non hanno mai insegnato. Ma questa soluzione potrebbe aprire un ampio contenzioso.

Svolta sulle assunzioni? Stamattina il Ministro dell’Istruzione ha confermato che dal 1° settembre 2015 il grande piano assunzionale e i principi innovativi della ‘buona scuola’ saranno una realtà. I finanziamenti sono già stati assegnati nella Legge di Stabilità e prevedono un miliardo di euro subito e due a regime.
Ma chi verrà assunto? A quanto pare solo ed esclusivamente gli iscritti nelle Gae, che abbiano insegnato o meno, non importa per quanti anni. Il documento del Governo sostiene la necessità di assumere tutti i precari delle GaE, considerato che l’80% di essi detiene oltre 36 mesi di servizio, il tetto minimo per accedere al ruolo in possesso di titoli, e potrebbe chiedere la stabilizzazione alla luce della sentenza della corte europea.
Sono 150mila e in effetti, si pensa dopo il censimento richiesto agli ambiti territoriali di assumerne 100mila sui posti vacanti attualmente assegnati erroneamente in organico di diritto, 10mila su posti risultati dall’accorpamento degli spezzoni e dal riordino delle classi concorsuali, e altri 40mila in organico funzionale su reti di scuole per ampliamento offerta formativa e supplenze. Il tutto con l’obbligo di accettare l’immissione in ruolo ovunque verrà proposta (quindi anche a centinaia di chilometri dal domicilio) o di poter segnalare per disponibilità, in subordine alla provincia di appartenenza scelta durante l’ultimo aggiornamento.

Ma esistono anche tanti docenti abilitati tramite TFA, PAS, SFP, diploma magistrale, all’Estero, nonché precari AFAM, la formazione artistica e musicale, con 360 giorni.

Di questi che ne sarà? Marcello Pacifico (Anief-Confedir) afferma che sarebbe un grave errore continuando a trattare questi 100mila docenti come degli ‘invisibili’. Basterebbe, invece, aumentare l’organico ripristinando il tempo scuola ridotto negli ultimi sei anni e rendere così anche un migliore servizio agli studenti. Altrimenti il ricorso alla UE sarà ineludibile. Inoltre, va disapplicato il CCNL 4/8/11 firmato da Cisl, Uil, Snals e Gilda che toglie il primo gradone stipendiale ai neo-assunti E le nuove assunzioni, essendo state finanziate nella Legge di Stabilità, non possono avvenire a invarianza finanziaria.
Continua Pacifico:  “Molti di questi docenti, d’altronde, hanno prestato servizio come i primi, per più di tre anni, e sono quindi in grado di poter dimostrare al giudice che non vi era alcuna ragione sostitutiva nei contratti avuti: pertanto, difficilmente si accontenterebbero di una riserva di posti da mettere per il prossimo concorso a cattedra annunciato per 40mila posti”.
Il decreto Mille-proroghe 2015 potrebbe essere per l’Anief già l’occasione per inserire nella fascia aggiuntiva alle Gae i precari esclusi: il giovane sindacato ha già presentato, a tale scopo, un appello ai parlamentari perché modifichino il decreto legge n. 192 del 31 dicembre 2014 (mille-proroghe 2014), e si rispetti così la Costituzione e il diritto comunitario nonché la professione di migliaia di italiani che ancora credono nell’alto valore dalla formazione delle nuove generazioni.
Assunzioni sì, ma per tutti coloro che ne hanno diritto. Nessuno escluso.

Giannini: il terrorismo si combatte con cultura e formazione

da La Tecnica della Scuola

Giannini: il terrorismo si combatte con cultura e formazione

Così il ministro ha commentato la strage avvenuta nella redazione satirica di Parigi: quanto è accaduto rappresenta un attacco non alla Francia, ma all’Europa intera ed ai principi della democrazia.

“E’ con la cultura, la formazione e la conoscenza degli altri che si può sconfiggere il terrorismo”. Lo ha detto Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, sulla strage di Parigi parlando agli studenti di Gorizia.

“Sono profondamente convinta – ha dichiarato il titolare del Miur – che a partire dalla scuola e dall’istruzione primaria e dall’efficacia della formula del contatto e della conoscenza anche di mondi diversi, si possano risolvere questi grandi problemi”.

Giannini ha concluso sottolineando che “il terrorismo sta portando un attacco non alla Francia, ma all’Europa intera ed ai principi della democrazia”.

Giannini: a febbraio in Parlamento sarà presentato disegno di legge

da La Tecnica della Scuola

Giannini: a febbraio in Parlamento sarà presentato disegno di legge

 

Per l’edilizia scolastica sono già stati stanziati 50 milioni di euro, “mentre la legge di stabilita’ prevede un miliardo di euro subito e due a regime per la riforma”. Così il ministro dell’Istruzione a margine di un convegno a Gorizia.

“A febbraio verrà presentato in parlamento il ddl sulla scuola”, ha aggiunto il ministro affermando che che “dal primo di settembre 2015 il grande piano assunzionale e i principi innovativi della ‘buona scuola’ saranno una realta'”. “Lo slancio è dato da un grande progetto educativo con cui intendiamo far ripartire il paese” ha aggiunto Giannini, affermando di averne “parlato anche con il presidente Renzi dopo la pausa estiva”. “I finanziamenti – ha poi tenuto a precisare – sono già stati assegnati nella legge di stabilità e prevedono un miliardo subito e due a regime”

I sindacati scuola lamentano la mancanza di relazioni sindacali

da La Tecnica della Scuola

I sindacati scuola lamentano la mancanza di relazioni sindacali

I sindacati scrivono al Governo per lamentare l’assenza di relazioni sindacali soddisfacenti.

Parte tutto da un’affermazione del Presidente Renzi, che con un pressapochismo da lasciare attoniti, disse: “ ……avremo i sindacati contro? Ce ne faremo una ragione”.
Una frase studiata avendo sott’occhio i sondaggi che vedono il consenso per i sindacati, da parte dell’opinione pubblica, ai minimi storici. Facile maramaldeggiare, con cinismo e opportunismo, sulle difficoltà che sta vivendo il mondo sindacale e il mondo del lavoro del nostro Paese. Tuttavia l’affermazione fatta dal nostro Presidente del Consiglio dei ministri, sta trovando attuazione, con la mancanza delle regolari relazioni sindacali che un qualsiasi governo dovrebbe avere con le organizzazioni sindacali.
Anche nel mondo della scuola i rapporti ufficiali tra sindacati e ministro dell’Istruzione sono totalmente insufficienti. La mancanza di relazioni sindacali ha indotto i sindacati, unitariamente e concordemente, ad avanzare una lamentela ufficiale al ministro dell’istruzione Stefania Giannini. Riportiamo la richiesta fatta dai sindacati scuola inviata al Miur e precisamente al Dipartimento per il sistema educativo di Istruzione e Formazione, nella persona del dott. Luciano Chiappetta.

Le scriventi Organizzazioni sindacali si vedono costrette ad evidenziare un preoccupante decadimento delle relazioni sindacali su materie rientranti nella sfera di competenza del Dipartimento in indirizzo.
In particolare denunciano il fatto che i Decreti ministeriali n. 966 e 967 riguardanti rispettivamente i contingenti del personale scolastico da utilizzare per le funzioni di tutoraggio nei corsi di tirocinio Formativo Attivo e il riparto regionale dei posti per i TFA di sostegno sono stati pubblicati senza la preventiva informativa sindacale prevista dal vigente CCNL di comparto.
In data 29 dicembre 2014, inoltre è stata diramata la nota 0020175 della Direzione Generale del Personale scolastico contenente chiarimenti sulle procedure per i TFA, anche in questo caso senza alcuna preventiva informativa alle OO.SS.
Sono infine a tutt’oggi senza riscontro ben tre richieste unitariamente inviate dalle scriventi OO.SS al Direttore Generale per il personale scolastico, (Posizioni economiche ATA, CCNL ATA 7 agosto 2014, Rapporti Scuole e RTS), che si allegano per conoscenza, finalizzate al confronto su tematiche riguardanti problematiche che attengono alla applicazione di norme contrattuali di comparto.
Confidando in un recupero dell’attenzione dovuta all’esercizio di corrette relazioni sindacali, porgono distinti saluti.

Adesso si attende una risposta da parte del Governo.

Rilevazione scuola in ospedale e istruzione domiciliare

da La Tecnica della Scuola

Rilevazione scuola in ospedale e istruzione domiciliare

L.L.

La chiusura delle funzioni è prevista per il 26 gennaio 2015

Con la nota prot. n.7457/2014 il Miur ha comunicato l’avvio della rilevazione quantitativa e qualitativa sulla scuola in ospedale e a domicilio per l’anno scolastico 2014-2015.

L’indagine è finalizzata ad acquisire un quadro esaustivo di informazioni in relazione agli aspetti metodologici e organizzativi dell’attività didattica in ospedale e a domicilio nonché all’uso del Portale Scuola in Ospedale (PSO) e ai bisogni formativi correlati all’uso delle tecnologie.

La rilevazione interessa tutte le scuole con sezione ospedaliera e le scuole del territorio che abbiano fatto esperienza di istruzione domiciliare. I docenti ospedalieri e domiciliari dovranno accedere alla compilazione dei rispettivi questionari, uno per la scuola in ospedale e uno per l’istruzione domiciliare, reperibili ai seguenti indirizzi:

La rilevazione online terminerà il 26 gennaio 2015.

Duecento giorni di lezione all’anno? Possono bastarne meno

da La Tecnica della Scuola

Duecento giorni di lezione all’anno? Possono bastarne meno

E’ quanto ha sostenuto il sottosegretario Toccafondi in Commissione Cultura. Ma la sua risposta non è piaciuta all’onorevole Mara Carocci (PD) che ha dovuto ricordare al Governo che una nota ministeriale non può prevedere deroghe ad una legge.

I chiarimenti in materia di validità dell’anno scolastico forniti in Commissione Cultura dal Governo non bastano per nulla all’onorevole Mara Carocci del PD che aveva posto la questione nelle settimane scorse.
Il problema posto dalla Carocci era molto semplice: come garantire la validità dell’anno scolastico quando le lezioni vengono sospese per un consistente numero di giorni a causa di eventi climatici o per altre calamità naturali?
Il sottosegretario Toccafondi ha risposto in modo molto formale e asettico ricordando che l’art. 74 del TU del 1994 prevede che l’anno scolastico debba comprendere almeno 200 giorni di lezione.
Tuttavia, ha precisato Toccafondi, con una nota del 22 febbraio 2012 il Miur aveva stabilito che l’anno scolastico resta valido anche se, per cause di forza maggiore, consistenti in eventi non prevedibili né programmabili, i giorni di lezione scendono al di sotto dei 200 giorni in conseguenza di ordinanze sindacali di chiusura delle scuole.
In sede di replica la Carocci si dichiara del tutto insoddisfatta della risposta sottolineando che Toccafondi si è richiamato ad una circolare del MIUR che “non avendo natura legislativa, non è idonea a risolvere i concreti problemi che si sono determinati a causa della sospensione forzata, per numerosi giorni, dell’attività scolastica, la quale potrebbe subire ulteriori interruzioni a causa di eventuali nuovi fenomeni naturali di eccezionale rilevanza o di utilizzazione degli edifici scolastici quali sedi elettorali”.
Oltretutto, ha aggiunto la parlamentare del PD, per i docenti non è prevista contrattualmente la possibilità di essere presenti durante la sospensione delle attività didattiche e neppure  successivamente le lezioni perse
Insomma, secondo Carocci, sarebbe necessario un intervento di carattere normativo. Oltretutto va anche osservato che quella del 22 febbraio 2012 non è che una semplice nota: la questione non è di poco conto perché sulle circolari vere e proprie sono previsti controlli da parte della Corte dei Conti. Siamo proprio sicuri che se si fosse trattato di una circolare e non di una nota il provvedimento avrebbe superato il controllo?