Liceo Brocchi di Bassano del Grappa vince campione mondiale alla Zero Robotics Competition

Liceo Brocchi di Bassano del Grappa vince campione mondiale alla Zero Robotics Competition
Giannini: “Nostra scuola continua ad affermarsi a livello internazionale”

“Questa è la buona scuola di cui possiamo andare fieri. Una buona scuola che continua ad affermarsi a livello internazionale”. Così il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, commenta la finale del campionato mondiale per la programmazione di satelliti in miniatura, tenutasi oggi ad Amsterdam preso la sede dell’Agenzia spaziale europea e che ha visto primeggiare il liceo Scientifico ‘G. B. Brocchi’ di Bassano del Grappa.

Terzi classificati, gli studenti del Liceo Scientifico ‘Cecioni’ di Livorno.

Nella gara ‘virtual’, inoltre, si sono classificati primi a livello mondiale l’Itis ‘Vallauri’ di Fossano e l’Itis ‘Agnelli’ di Torino.

Alla Zero Robotics Competition, concorso organizzato per la parte italiana, fra gli altri, dal Politecnico di Torino, dall’Università di Padova, dall’Istituto Italiano di Tecnologia, dall’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte, dalla Rete Robotica a Scuola e dall’Agenzia Spaziale Italiana, insieme al Massachussets Institute of Technology (MIT), alla NASA e all’Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno partecipato studenti provenienti da Stati Uniti, Italia, Russia, Messico, Germania, Spagna, Grecia, Romania, Polonia.

I partecipanti si sono sfidati nella programmazione dei micro satelliti Spheres (Synchronized Position Hold Engage and Reorient Experimental Satellites) realizzati dal MIT (Massachusetts Institute of Technology) e situati all’interno della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), dalla quale quest’oggi l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti ha condotto la gara finale. Le squadre finaliste hanno comandato in remoto i robot a bordo dell’ISS.

Scuola: nuovi organici, nuovi equivoci

da Scuolanapoletana

Scuola: nuovi organici, nuovi equivoci

Franco Buccino

Recentemente l’onorevole Faraone ha fatto capire che l’organico funzionale non sarà formato da insegnanti di serie B, senza cattedra e a disposizione sul territorio, ma da insegnanti in carriera, quelli con gli incarichi, e magari “esonerati” dall’insegnamento. E cioè che l’organico funzionale, almeno nella visione del sottosegretario, diventa d’istituto e non territoriale. Il che sarebbe una bella cosa se ci fossero le condizioni. Intanto non giova questa incertezza alla vigilia dei provvedimenti. Non si sa quanti precari passeranno di ruolo dalle graduatorie ad esaurimento, quanti da quelle d’istituto; come avverranno le operazioni di nomina nelle varie province e regioni; a che flusso di mobilità assisteremo. E ora non si sa che tipo di organico funzionale avremo. L’unica certezza è che aumenterà il contenzioso.

Il fatto è che neppure la “buona scuola” affronta e tantomeno individua soluzioni per gli annosi problemi della scuola. In particolare per due di essi che interessano anche l’organico: le dimensioni dell’unità scolastica e l’organizzazione dell’attività didattica. Insieme a quello specifico e di fondo per il personale e la sua gestione, e cioè la distinzione tra organico di diritto e organico di fatto.

L’autonomia delle singole scuole non è decollata per tanti motivi; uno è sicuramente il fatto che per come sono dimensionate non hanno personale adeguato a svolgere le attività proprie di un organismo autonomo, da qualsivoglia punto di vista. La dirigenza nella scuola non decolla; il termine “scolastica” che doveva indicarne la specificità, è diventato il limite, la prigione nella quale si perdono tutti i suoi elementi costitutivi. Tra il dirigente, che non è altro che il vecchio preside, e i docenti, e tra il direttore dei servizi generali e amministrativi, che non è altro che il vecchio segretario, e il restante personale, assistenti e collaboratori, non c’è alcuno spazio per figure intermedie e possibili carriere; senza organico aggiuntivo e con un’organizzazione del lavoro estremamente rigida, le scuole si dibattono tra sostituzioni del personale, classi scoperte, carenza di locali, dispersione scolastica; non c’è modo per loro di garantire un orario di lezioni flessibile agli studenti, moduli alternativi alle classi in alcune fasi dell’anno, laboratori e quant’altro. L’unità scolastica deve essere ben più grande di una singola scuola di medie dimensioni. Solo in essa acquistano un significato la dirigenza scolastica, le figure intermedie, l’organico funzionale d’istituto, l’autonomia amministrativa, finanziaria. In essa si può concretizzare e praticare perfino l’autonomia didattica, così come la valutazione del personale, la verifica dei risultati, la capacità politica di interloquire con le varie istituzioni presenti sul territorio. Per realizzare le stesse attività una scuola con le dimensioni attuali avrebbe bisogno di un numero troppo elevato di personale di supporto.

Insomma, con un organico funzionale d’istituto la grande unità scolastica non sostituirà soltanto il personale assente, ma si farà carico di tutti gli impegni ai quali la scuola è chiamata. L’alternativa all’unità scolastica di grandi dimensioni è la rete di scuole. Un’alternativa affascinante, come la collegialità dei docenti, che fa pensare alla democrazia, alla partecipazione. Ma, anche se la sinergia è sempre auspicabile, rimarrebbero in piedi troppi problemi che sono in capo alle singole scuole. E però, in prima battuta, in attesa della creazione delle nuove unità scolastiche, la soluzione provvisoria non potrà essere che proprio una sorta di organico funzionale di più istituti. Una quota importante dei 150.000 precari da stabilizzare deve andare a rimpolpare tale organico di scuola in modo definitivo.

Ma, legato all’organico del personale, c’è un altro grosso problema: la distinzione tra organico di diritto e quello di fatto. L’organico delle scuole varia di anno in anno perché cambia il numero delle classi e perché, puntualmente, ogni anno si attua la mobilità del personale. Finora l’amministrazione ha tamponato le complicanze derivanti da tali operazioni, utilizzando incaricati annuali, precari, per posti che complessivamente ci sono sempre, anche se diversamente collocati, e che costituiscono questo marchingegno machiavellico dell’organico di fatto. I precari, bisognerebbe spiegare al professor Ichino, almeno nella scuola, non sono l’altra faccia dell’inamovibilità degli stabilizzati, ma i figli di questa astuzia un po’ perfida, che fa gli interessi solo dell’amministrazione. Senza farle risparmiare un euro, tra l’altro. I precari, in genere, solo all’inizio della loro attività lavorativa sostituiscono i docenti di ruolo: supplenze di quindici giorni, un mese, o poco più. In tale situazione sono a loro complementari e in qualche misura subordinati. Ma poi, con gli incarichi annuali, diventano loro colleghi a tutti gli effetti, anche nella considerazione degli studenti. Anche loro devono essere stabilizzati, devono essere immessi nei ruoli, come si diceva una volta, e, in attesa del superamento dell’organico di fatto e del varo dell’organico d’istituto almeno triennale, devono essere utilizzati in una sorta di dotazione organica territoriale o aggiuntiva.

Con la stabilizzazione dei 150 mila, e cioè, come annunciato, dal 1 settembre prossimo, in ogni scuola pubblica ci saranno docenti di ruolo appartenenti o all’organico funzionale d’istituto o all’organico funzionale territoriale; docenti non di ruolo saranno delle eccezioni. E quindi, a breve, scomparirà il supplente temporaneo, perché le scuole si organizzeranno in modo da rimediare diversamente alle assenze del personale, così come anche il supplente o incaricato annuale sarà rarissimo. E il servizio non di ruolo svolto servirà esclusivamente per qualche punto in più nei concorsi a cattedra. E’ una scelta coraggiosa e onerosa quella di stabilizzare il personale, che deve portare con l’organico stabile e funzionale tanti vantaggi alla scuola e alla sua autonomia, ma che deve anche garantire che non si riformi il precariato.

Unica certezza sono i tagli al personale e alle risorse

Scuola: Mascolo (Ugl),
unica certezza sono i tagli al personale e alle risorse
(dall’Agenzia ANSA)
L’Unica certezza per la scuola? I tagli al personale e alle risorse. E’ opinione del segretario nazionale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo, che domani incontrera’ dirigenti e iscritti di Brindisi e Taranto e lunedi’ terra’ una nuova riunione a Chieti.
“Dalle riunione e dalle assemblee che l’Ugl Scuola sta organizzando sul territorio, anche in vista delle prossime elezioni delle rsu, emergono le numerose problematiche del settore e – osserva – il totale stato confusionale del Governo in materia scolastica”.
“Questa situazione di instabilita’ – continua il sindacalista – lascia trasparire come l’attuale esecutivo abbia davvero le idee poco chiare: l’unica certezza che, purtroppo, il comparto ha in questo momento, e’ quella dei tagli agli organici del personale e alle risorse economiche destinate alle scuole. E’ indispensabile – conclude – mettere in campo misure immediate per far fronte alle problematiche della scuola italiana, che sono rinviate all’infinito come il rinnovo del contratto collettivo di lavoro e la riforma del sistema di reclutamento. L’eterno standby in cui sembra caduto il Governo mette davvero a rischio il rilancio e la valorizzazione delle istituzioni scolastiche, che invece vanno rese piu’ competitive per poter fornire ad alunni e famiglie un servizio di qualita'”.

Iscrizioni online, nel primo giorno 67mila domande

da Il Sole 24 Ore

Iscrizioni online, nel primo giorno 67mila domande

Nel primo giorno di apertura sono state 67mila le iscrizioni online effettuate dalle famiglie italiane. A renderlo noto è il ministero dell’Istruzione che ha comunicato il dato calcolato alle 18 di ieri.
Nel dettaglio risultavano inserite nel sistema informatico del ministero 80.476 domande di iscrizione online, di cui 67.164 già inoltrate alle scuole e, dunque, completate. In totale, da lunedì 12 sono 225.798 gli utenti che hanno richiesto la registrazione al sistema delle iscrizioni online e 215.614 l’hanno confermata.
Ci sarà tempo al 15 di febbraio per iscriversi in una classe prima di scuola primaria o secondaria di I e II grado per l’anno scolastico 2015/2016. Il Miur, per aiutare le famiglie nella procedura, ha messo a disposizione materiali informativi ad hoc sul sito www.iscrizioni.istruzione.it e un help desk che risponde allo 06.58494025.

La gestione educativa delle crisi comportamentali. Call for paper

USR Emilia Romagna. La gestione educativa delle crisi comportamentali. Call for paper

L’USR ER pubblica l’avviso di richiesta di segnalazioni da parte delle scuole di esperienze educative strutturate svolte sul tema della gestione educativa delle crisi comportamentali a scuola, in previsione del seminario che si terrà alla fine del mese di marzo 2015.

La paura e i dibattiti nelle scuole italiane «Prof, adesso colpiranno anche Roma?»

da Corriere della sera

La paura e i dibattiti nelle scuole italiane «Prof, adesso colpiranno anche Roma?»

La vignetta blasfema strappata di mano a chi vuole appenderla. Il flashmob per «Charlie»

Le stragi e la scuola. Come sono stati vissuti e come vengono metabolizzati i tre giorni di terrore in Francia fra i banchi dove studiano, giocano, litigano e crescono insieme bambini e ragazzi italiani e cinesi, romeni e maghrebini, sudamericani e cingalesi? «Quando giovedì scorso sono entrato in classe — racconta Emiliano Sbaraglia, fondatore di Underadio, l’emittente online di Save the Children contro la discriminazione, scrittore e prima ancora insegnante di scuola media a Frascati — ho respirato la loro paura, una paura fortissima. I ragazzi mi hanno quasi aggredito per chiedermi cosa ne pensassi dei fatti del giorno prima. È da settembre, dalla ripresa della scuola, che molti di loro sono convinti che il prossimo attentato sarà a Roma. Colpa dell’Isis, del Califfato islamico in Iraq e in Siria».
Gli eventi della settimana scorsa, racconta Sbaraglia, li hanno confermati nelle loro convinzioni: «Vede che avevamo ragione, prof? Mi hanno detto. Io gli ho spiegato che i due terroristi, i fratelli Kouachi, erano sì di religione musulmana ma nati in Francia, e da lì sono partito per raccontare loro la storia del colonialismo, su su fino alle Crociate e alla fine gli ho detto: mica vorrete tornare indietro di mille anni, no?».
Paura. Secondo Sbaraglia la paura si leggeva anche negli occhi di una sua studentessa irachena. Quando capitano questi fatti, i ragazzi islamici si sentono sempre un po’ chiamati in causa. Colpa anche di iniziative come quella dell’assessore all’Istruzione del Veneto Elena Donazzan (Fratelli d’Italia) che all’indomani del massacro di Charlie Hebdo ha inviato a tutti i presidi della regione una lettera in cui chiedeva loro di adoperarsi affinché i genitori dei bambini musulmani prendessero posizione condannando la strage, perché «se pure non si può dire che tutti gli islamici sono terroristi, è evidente che tutti i terroristi sono islamici». La scrittrice Mariapia Veladiano è uno di quei presidi: dirige l’Istituto di Istruzione Superiore Boscardin. «Da noi si è parlato molto di quello che era successo: i ragazzi dell’artistico in particolare si sono lanciati in una serie di reinterpretazioni del tema della matita e della libertà di espressione — dice —. Io credo che la scuola sia il luogo migliore per lavorare al disinnesco della reattività, che è un residuo animale della nostra anima. La cultura è il maggiore e più potente strumento contro la costruzione della guerra. Per questo la scuola pubblica va tutelata, perché è un presidio della convivenza». Purché si tenga fermo il principio che la libertà di ognuno arriva sin dove comincia quella dell’altro.
Non è andata così, purtroppo, all’istituto tecnico Oriani di Faenza dove un ragazzo, un giovane militante leghista, ha cercato di appendere una vignetta di Charlie in classe e una sua compagna di fede islamica gliel’ha strappata di mano. L’episodio è finito agli onori della cronaca in seguito alla denuncia dell’onorevole Gianluca Pini, segretario romagnolo della Lega, secondo il quale i docenti sarebbero intervenuti consigliando al ragazzo di desistere «per quieto vivere: un fatto lesivo della libertà di parola e di pensiero» — secondo Pini — tanto più in quanto lo studente aveva avuto il permesso dalla presidenza. Sì, ma non per appendere le vignette in classe: solo nei corridoi, che fa una bella differenza.
È andata molto meglio all’Istituto tecnico Zanon di Udine dove, all’indomani dell’attentato a Charlie Hebdo , i ragazzi hanno organizzato un flashmob davanti a scuola alle otto meno dieci: foto di gruppo con i cartelli «Je suis Charlie», poi tutti in classe. Silvia Iob, quarto anno di relazioni internazionali per il marketing, c’era: «Devo dire grazie alle mia rappresentante di classe che mi ha avvisato in tempo». E chi è la tua rappresentante? «Gliela passo subito, è qui vicino a me». «Buongiorno, mi chiamo Zahra, Zahra Bel Ahrache». Zahra vive a Codroipo con mamma (italiana) e papà (marocchino). «Anche se non tutti la pensavamo allo stesso modo sulle vignette — spiega —, quello su cui invece eravamo d’accordo è proprio che la libertà di pensiero va difesa». Ma tu personalmente ti sei sentita un po’ presa in mezzo? «Sì, questi eventi fanno pensare che la religione islamica sia violenta, ma confondere musulmani e terroristi significa darla vinta ai terroristi».
Nel mirino dei terroristi francesi è finita anche la comunità ebraica che nell’assalto al supermercato kosher di Parigi ha perso quattro suoi membri. Il liceo classico Manzoni è, da tempo, un punto di riferimento della comunità milanese. «Da noi — spiega la vice preside Elena Benaglia — non ci sono studenti di origine islamica, colpa del greco… Ma abbiamo una lunga tradizione di dialogo. In questi giorni nelle classi abbiamo lavorato molto su quello che era successo, leggendo e commentando i giornali. E non c’è mai stata l’ombra della confusione fra islamici e terroristi». Anzi. Visto che molti ragazzi del Manzoni fanno parte degli scout — cattolici dell’Agesci, laici del Cngei, ebrei di Hashomer — il liceo sta pensando di contattare anche gli scout musulmani per organizzare un torneo sportivo interconfessionale.
«Certo è incredibile — dice Sbaraglia — che nel Ventunesimo secolo non sia stata ancora introdotta nelle nostre scuole un’ora di storia delle religioni». L’idea è stata rilanciata qualche giorno fa, proprio alla luce delle stragi, da Francesca Campana Comparini, organizzatrice del Festival delle Religioni, con una lettera aperta su corriere.it/scuola . Ma in realtà una proposta analoga, sottoscritta da Paolo Scarpi, presidente del corso di laurea in Scienze delle religioni a Padova, insieme ai colleghi di Roma Tre e della Sapienza, giace già da un paio di mesi sul tavolo del ministero dell’Istruzione. «Nessuno vuol mettere in discussione l’insegnamento della religione cattolica che è frutto di un accordo fra Stati e in quanto tale dipende esclusivamente dalla volontà dei contraenti — spiega Scarpi —. Ma sono convinto che un’ora di storia delle religioni che sappia insegnare a distinguere fra i vari credi potrebbe servire ad aprire le menti al rispetto delle differenze. Non sarebbe poca cosa».
Orsola Riva

Nuova alternanza scuola-lavoro, presto il decreto Miur che la farà partire da settembre

da La Tecnica della Scuola

Nuova alternanza scuola-lavoro, presto il decreto Miur che la farà partire da settembre

Lo ha assicurato il ministro Giannini nel corso di una visita tenuta presso lo stabilimento Bosch di Modugno, dove la pratica degli stage è una realtà già avviata da tempo: entro fine febbraio prevederemo per decreto almeno 200 ore di lavoro per gli studenti degli istituti tecnici, formando anche i docenti per questo obiettivo. Perché l’istruzione é la chiave di soluzione del 90% dei nostri problemi. Anche per Elena Centemero (Forza Italia) la priorità è la formazione degli studenti: sarebbe meglio destinare a loro i fondi per la stabilizzazione dei 150mila precari.

Entro 45 giorni, la fine di febbraio, il Governo Renzi ha intenzione di approvare un decreto per inserire gradualmente a sistema l’alternanza scuola-lavoro già a partire dal prossimo anno scolastico. A dirlo è stato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, nel corso di una visita tenuta presso lo stabilimento Bosch di Modugno, dove la pratica degli stage è una realtà già avviata da tempo.

“Uno dei capitoli del provvedimento sulla ‘Buona scuola’ – ha detto il ministro – prevede la obbligatorietà dell’attività di laboratorio, che dal primo settembre 2015 diventa la nuova agenda curriculare delle scuole tecniche italiane”. Per poi aggiungere che, attraverso il decreto, “prevederemo almeno 200 ore di lavoro per gli studenti degli istituti tecnici, formando anche i docenti per questo obiettivo”.

“Qui alla Bosch – ha aggiunto Giannini – ho visto di più: la virtuosa concentrazione di una grande azienda che investe in formazione, e che ha una struttura formativa di eccellenza, e un istituto tecnico superiore, che è il risultato di Regione Puglia, Provincia, Università e Politecnico. Questi modelli noi siamo intenzionati a potenziarli e svilupparli ma non potranno essere estesi a tutto il Paese in maniera indifferenziata, ma dovranno seguire anche la vocazione territoriale e quella imprenditoriale”.

Va ricordato, a tal proposito, che parte del miliardo di euro stanziato per il 2015 nella Legge di Stabilità a favore della scuola andrà proprio alle attività di stage aziendale (oltre che per le assunzioni e la formazione di docenti e ds): si tratta di fondi indispensabili, visto che quest’anno sono stati destinati alle attività di alternanza scuola-lavoro le metà del 2013/14.

Secondo Elena Centemero, responsabile nazionale scuola e università di Forza Italia, “il rapporto Ue sull’occupazione mette in evidenza delle lacune strutturali nel nostro Paese, a cominciare dalla maglia nera in Europa quanto al numero di laureati tra i 30 e i 34 anni. Il governo, anche oggi, ribadisce l’impegno per l’alternanza scuola-lavoro, ma perché gli intenti portino a risultati concreti servono idee chiare e risorse economiche”. Centemero sostiene che “per quanto riguarda le risorse necessarie, senza le quali ogni annuncio è destinato a cadere nel vuoto, basterebbe evitare la stabilizzazione in massa dei precari tanto cara all’esecutivo”. Come dire: prima i giovani che siedono sui banchi e poi i precari chi siedono in cattedra.

Anche la Regione Puglia intende fare la sua parte in questa direzione. “Nel prossimo piano operativo regionale – ha ricordato Alba Sasso, assessore regionale all’Istruzione – abbiamo investito moltissimo negli istituti tecnici e previsto 20 milioni di euro per l’alternanza scuola-lavoro”, riferendo che anche la Porsche intende avviare una iniziativa simile a Brindisi.

Tornando alla visita di Giannini in Puglia, il ministro ha anche tenuto a dire, parlando in generale della scuola, che “l’istruzione é la chiave di soluzione del 90% dei nostri problemi“. E ancora: “o tutta la società, nelle sue componenti civile, imprenditoriale, alla parte politica che ha la responsabilità primaria, comincia a capire che quello é il punto centrale, che non ti dà magari i frutti nel semestre successivo, ma nei successivi 10-20 anni, oppure diventa complicato. Mi sembra sia riconosciuto ormai a livello europeo che l’Italia sta facendo esattamente questa inversione di rotta. Ora ci aspettiamo che lo facciano anche altri”.

“Nella Legge di stabilitá – ha ricordato il ministro – sono stanziati, in tempi ancora molto complessi, tre miliardi di euro, che testimoniano la volontá di questo governo di fare di questo settore quello cardine. Dobbiamo dare sostenibilità ai nostri progetti, e questo significa non solo un grande piano di assunzioni e formativo degli insegnanti, non solo l’alternanza scuola-lavoro ma creazione di una cultura di formazione e di collaborazione con l’impresa che poi faccia mettere a ciascuno il suo. Noi ci aspettiamo dalle imprese, italiane o straniere, che operano nel nostro Paese questo stesso tipo di disponibilità e di investimenti che abbiamo visto qui alla Bosch”.

Nel pomeriggio, Giannini, si è recata alla ‘Antica Masseria dell’Alta Murgia’, struttura confiscata alla mafia nel 2011 e oggi da lei inaugurata ad Altamura (Bari) dopo la riconversione a fini sociali. “I ragazzi – ha detto Giannini – sono molto sensibili a questo. Poter essere ospitati, avere attività ricreative e formative in un edificio che è stato confiscato alla mafia, significa avere la consapevolezza che c’è uno Stato che agisce”. La struttura è stata assegnata in comodato d’uso gratuito ad un’associazione temporanea di scopo, di cui fanno parte l’Associazione italiana Alberghi per la gioventù, il network ‘Più scuola meno mafia’ e una rete di scuole del territorio. All’interno della struttura sarà realizzato il progetto ‘Forte’ (Formazione, orientamento, reinserimento, tutorship, empowerment) che prevede la creazione di un Centro per il contrasto alla dispersione scolastica, per la formazione in alternanza scuola-lavoro e per il supporto a giovani con disagio.

Le assunzioni dei 150mila docenti precari si faranno solo tramite GaE

da La Tecnica della Scuola

Le assunzioni dei 150mila docenti precari si faranno solo tramite GaE

Dalle informazioni pervenute alla “Tecnica della Scuola”, Governo e Miur avrebbero intenzione di rispettare quanto già stabilito nelle linee guida della Buona Scuola approvate lo scorso settembre dal CdM. L’unica deroga varrebbe per qualche migliaia di idonei all’ultimo concorso. Mentre per gli abilitati con più di tre anni di servizio su posti vacanti, fuori dalle graduatorie ad esaurimento, non rimarrebbe che tentare di ricorrere in tribunale.

Prende corpo l’ipotesi di assumere i 150mila docenti precari quasi esclusivamente delle Graduatorie ad esaurimento. La notizia, annunciata alcuni giorni su questa testata giornalistica, dove si è spiegato che sarebbe intenzione del Governo di assumere “solo ed esclusivamente gli iscritti nelle Gae, che abbiano insegnato o meno, non importa per quanti anni”, ha avuto riscontri nelle ultime ore.

Secondo informazioni in possesso della “Tecnica della Scuola”, il Ministero dell’Istruzione sembrerebbe orientato a “pescare” i docenti abilitati, da assumere entro il prossimo 1° settembre, esclusivamente dalle Graduatorie ad esaurimento. A rendere possibile il compito, visto che alle medie e superiori potrebbero non esservi posti vacanti in tutte le classi di concorso, sarebbe l’istituzione dell’attesissimo organico funzionale.

L’intenzione di assumere quasi esclusivamente da GaE, del resto, era stata espressa già a settembre attraverso le linee guida della Buona Scuola approvate anche dal Consiglio dei ministri. Dove si riportava, a pag. 15, che i 150mila docenti sarebbero stati individuati tra “tutti i precari storici e tutti i vincitori e gli idonei dell’ultimo concorso”. E siccome questi ultimi, gli idonei all’ultimo ‘concorsone’, sarebbero solo poche migliaia di unità, viene da sé che praticamente il 95% delle assunzioni verranno effettuate estrapolando i nominativi delle cento Graduatorie ad esaurimento presenti nelle varie province italiane.

L’idea di fare “piazza pulita” delle GaE, inoltre, è stata più volte caldeggiata dal premier Matteo Renzi, oltre che dal ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Rimane il nodo dei precari, in possesso di abilitazione all’insegnamento, che hanno svolto più di 36 mesi di servizio su posti vacanti: la Corte di Giustizia europe ha detto, lo scorso novembre, che avrebbero anche loro pieno diritto all’immissione in ruolo. Se però, come sembra, il Governo e il Miur intendono invece tirare dritto, per molti di questi l’assunzione è destinata a passare per i tribunali.

Iscrizioni on line, ottima partenza: oltre 67.000 le domande già completate

da La Tecnica della Scuola

Iscrizioni on line, ottima partenza: oltre 67.000 le domande già completate

Dati ufficiali Miur: alle 18.00 del primo giorno di apertura delle iscrizioni on line, risultano inserite nel sistema informatico del Ministero 80.476 domande di iscrizione on line, di cui 67.164 inoltrate alle scuole e, dunque, completate. Sono 225.798 gli utenti che hanno richiesto la registrazione al sistema delle iscrizioni on line, 215.614 l’hanno confermata.

Non è nemmeno terminato il primo giorno di iscrizioni on line che dal Miur già trapela una certa soddisfazione: contraddicendo la cautela chiesta dallo stesso ministero dell’Istruzione (“le domande arrivate per prime non hanno diritto di precedenza”), dalle rilevazioni ufficiali emesse nella serata del 15 gennaio dal Miur risultano “già oltre 67.000” le iscrizioni effettuate dalle famiglie.

“Nel dettaglio – scrivono da Viale Trastevere – , alle 18.00 di oggi, risultano inserite nel sistema informatico del Ministero 80.476 domande di iscrizione on line, di cui 67.164 inoltrate alle scuole e, dunque, completate. Sono 225.798 gli utenti che hanno richiesto la registrazione al sistema delle iscrizioni on line, 215.614 l’hanno confermata”.

Vale la pena ricordare che comunque c’è tempo fino al 15 di febbraio per iscriversi in una classe prima di scuola primaria o secondaria di I e II grado per l’anno scolastico 2015/2016. A tal fine, il Miur ha predisposto un sito internet ad hoc per le iscrizioni.

Il Miur, per aiutare le famiglie nella procedura, ha anche messo a disposizione materiali informativi ad hoc sul sito www.iscrizioni.istruzione.it e un help desk che risponde allo 06.58494025

 

Posizioni economiche Ata: il MEF dice di no

da La Tecnica della Scuola

Posizioni economiche Ata: il MEF dice di no

Il MEF ritiene che a partire dal 1° settembre deve cessare l’erogazione di qualunque compenso destinato al personale Ata che aveva superato il concorso legato a nuovi impegni professionali.

La questione delle posizioni economiche Ata sta tornando di nuovo d’attualità. Le prospettive non sembrano particolarmente favorevoli per gli interessati anche se per il prossimo 21 gennaio i sindacati sono stati convocati presso il Ministero proprio per discutere l’argomento.
Il problema è di vecchia data ed è legato ad una norma del 2010 che aveva bloccato le retribuzioni individuali in tutto il pubblico impiego; e così anche collaboratori scolastici e assistenti amministrativi, che pure avevano superato un apposito concorso al quale erano collegate nuove e più impegnative mansioni (cura degli alunni disabili in modo particolare).
Il fatto è che a molti Ata destinatari dell’aumento previsto dalle nuove mansioni lo stipendio venne effettivamente aggiornato, ma nell’autunno del 2013 il MEF ne decretò il blocco e anzi chiese addirittura la restituzione di quanto già incassato.
La situazione era talmente paradossale che il Governo fu costretto ad approvare in fretta e furia un decreto legge (il n. 3 del gennaio 2014) che prevedeva l’erogazione di un compenso una tantum di importo pari all’aumento spettante fino al 31 agosto 2014.
In realtà la legge subordinava questa operazione alla sottoscrizione di un accordo sindacale, che in effetti c’è stato proprio nell’estate del 2014.
Stando alla legge e al contratto, quindi, a partire dal 1° settembre 2014 le posizioni economiche non dovrebbero più esistere.
Di fatto, però, il personale ha continuato a svolgere le mansioni aggiuntive (peraltro del tutto indispensabili per poter garantire il regolare funzionamento delle scuole) e così adesso il problema si pone nuovamente.
Stando a quanto dice Uil-Scuola, una parte delle economie del MOF è stata trasferita alle scuole che potranno così riconoscere un compenso forfetario per le attività svolte nel periodo settembre-dicembre 2014.
Ma per il 2015 non c’è molto da fare e il MEF ha già fatto sapere che di qui in avanti non è più possibile riconoscere compensi aggiuntivi al personale destinatario delle cosiddette “posizioni economiche”. I sindacati ovviamente non ci stanno ma la “battaglia” si prospetta lunga e complessa e l’incontro del 21 gennaio non sarà certamente risolutivo.

Supplenti: caricati i POS delle scuole per i pagamenti

da La Tecnica della Scuola

Supplenti: caricati i POS delle scuole per i pagamenti

L.L.

Con gli stipendi di gennaio saranno finalmente saldate anche le rimanenze di novembre e dicembre 2014

Finalmente in arrivo gli stipendi per i supplenti, anche con gli arretrati del 2014.

Il Miur ha infatti comunicato ai dirigenti scolastici l’erogazione dei fondi, che sono già a disposizione delle scuole.

Le somme caricate sui POS delle scuole dovrebbero garantire (il condizionale è d’obbligo) il saldo di novembre e lo stipendio di dicembre 2014.

“Come governo – scrive il Miur in un comunicato stampa del 14 gennaio – abbiamo voluto dare un segnale ai supplenti stanziando velocemente le risorse extra, 64,1 milioni di euro, necessarie a coprire il pagamento dei loro stipendi – sottolinea il Ministro Stefania Giannini – Quest’anno nel periodo settembre-novembre abbiamo avuto un picco di sostituzioni, con un incremento dell’11% rispetto allo scorso anno. Anche per questo si è reso necessario uno sforzo economico aggiuntivo su cui il governo non ha avuto esitazioni”.

“Purtroppo, – denuncia la Flc Cgil – la regolarizzazione del pagamento degli stipendi è dovuta avvenire in tutta fretta da parte delle segreterie, a causa dell’esiguo tempo dettato dall’apertura delle funzioni e dalle disfunzioni del sistema NoiPa, che ha continuato a funzionare a singhiozzo”.

Quindi c’è da augurarsi che i conteggi siano esatti e che l’emissione avvenga correttamente.

Il docente senza sede definitiva deve fare domanda di mobilità

da La Tecnica della Scuola

Il docente senza sede definitiva deve fare domanda di mobilità

Il CCNI sulla mobilità chiarisce le modalità che devono essere seguite dai docenti privi di titolarità. Per evitare sgradevoli sorprese, è bene che gli interessati prestino molta attenzione alla compilazione della domanda.

Chi sono i docenti senza sede definitiva? Si tratta di docenti immessi in ruolo alla data 1 settembre 2014, ma che per adesso hanno solo una sede provvisoria o sono in ruolo solo giuridicamente e quindi senza sede di titolarità. Inoltre si possono definire docenti senza sede definitiva, anche  il personale docente ed educativo che ha perso la sede di titolarità ai sensi dell’ articolo 36 del CCNL 2006-2009. Quest’ultima norma contrattuale consente al personale docente di ruolo di potere accettare, nell’ambito del comparto scuola, rapporti di lavoro a tempo determinato in un diverso ordine o grado d’istruzione, o per altra classe di concorso.
Quindi i docenti che hanno perso la sede di titolarità per effetto dell’art.36 su citato o gli insegnanti che non hanno ancora ricevuto una sede di titolarità, sono chiamati a presentare la domanda di mobilità per avere nuovamente o per la prima volta una sede di titolarità. I predetti docenti, al fine di ottenere una sede definitiva nel corso delle operazioni di mobilità, devono presentare domanda di trasferimento per le sedi della provincia di titolarità; in caso contrario vengono trasferiti d’ufficio con punti zero.

Si tratta di un trasferimento provinciale tra comuni differenti e quindi riferito alla seconda fase dei trasferimenti, ed è importantissimo produrre l’istanza corredata di tutti gli allegati, per evitare di avere la penalità di un’assegnazione della sede d’ufficio e con il punteggio azzerato. Cosa succede a questi docenti se il trasferimento a domanda non dovesse avere successo?
Qualora non ottengano alcuna delle preferenze espresse nella domanda, sono assegnati a sede definitiva sui posti residuati dopo i trasferimenti provinciali d’ufficio dei titolari sulla dotazione provinciale, prima delle operazioni della terza fase ovvero della mobilità professionale e mobilità territoriale interprovinciale.
A tal fine, seguendo l’ordine di graduatoria con cui gli stessi partecipano al movimento, a ciascun aspirante viene assegnata d’ufficio la prima sede disponibile in ambito provinciale, per una delle tipologie di posto richieste nella domanda seguendo la tabella di viciniorietà, a partire dal comune relativo alla prima preferenza valida espressa.
Qualora la prima preferenza sia un grande distretto si prende come comune di partenza il comune sede di distretto. È consigliabile per questi docenti, leggere con attenzione l’art.13 comma 2 dell’ipotesi di contratto sulla mobilità, in modo da evitare sorprese spiacevoli dovute ad ignoranza contrattuale.

Documento informatico: pubblicate le nuove regole tecniche

da La Tecnica della Scuola

Documento informatico: pubblicate le nuove regole tecniche

L.L.

Con DPCM del 13 novembre 2014 sono emanate le regole per la formazione e la conservazione sicura dei documenti informatici. Le pubbliche amministrazioni avranno 18 mesi per adeguarsi

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2015 è stato pubblicato il DPCM 13 novembre 2014 che detta le regole per la formazione, l’archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici sia per i privati che per le pubbliche amministrazioni.

Si tratta dell’ultimo tassello per lo switch off dal cartaceo al digitale, per la piena applicazione del Codice dell’Amministrazione digitale. Il Decreto stabilisce infatti tutte le modalità con le quali produrre un file digitale che abbia pieno valore legale, che si tratti di un certificato o di qualsiasi altro atto amministrativo.

Le pubbliche amministrazioni hanno 18 mesi di tempo per adeguarsi.

Consensi per l’educazione ambientale obbligatoria

da tuttoscuola.com

Consensi per l’educazione ambientale obbligatoria

Riceve consensi a livello politico e sindacale il progetto Miur-Ministero dell’Ambiente di rendere l’insegnamento dell’educazione ambientale obbligatorio in tutti i livelli di scuola, sia pure, come sembra, senza farne una materia aggiuntiva rispetto a quelle già previste.

A favore si sono espressi in particolare, sul versante politico, Elena Centemero, responsabile scuola di Forza Italia, e su quello sindacale il segretario della Flc Cgil Domenico Pantaleo, che parla di una decisione “sicuramente positiva e innovativa“.

Il sindacalista aggiunge che “per affermare un nuovo modello di sviluppo sostenibile è necessario che anche la scuola sia meno nozionistica e più aperta ai moderni conflitti che attraversano la società“. A suo giudizio “il sapere deve essere conoscenza organica della realtà per cambiare modi di produrre e consumare. Nell’agenda di Europa 2020 uno degli obiettivi fondamentali è la sostenibilità ambientale. Nei prossimi anni ciclo dei rifiuti, tutela del patrimonio ambientale e culturale, bonifiche, alimentazione sostenibile e bio-diversità saranno determinanti per migliorare la qualità della vita e saranno fondamentali per ripensare la stessa funzione del lavoro che dovrà servire a produrre beni sociali e ambientali“.

Alternanza scuola-lavoro, almeno 200 ore di lavoro per gli istituti tecnici

da tuttoscuola.com

Alternanza scuola-lavoro, almeno 200 ore di lavoro per gli istituti tecnici

L’istruzione è la chiave di soluzione del 90% dei nostri problemi“. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Stefania Giannini, oggi in visita allo stabilimento barese della Bosch dove è in atto un progetto di alternanza scuola-lavoro con gli studenti degli istituti tecnici.

O tutta la società, nelle sue componenti – ha aggiunto – civile, imprenditoriale, alla parte politica che ha la responsabilità primaria, comincia a capire che quello è il punto centrale, che non ti dà magari i frutti nel semestre successivo, ma nei successivi 10-20 anni, oppure diventa complicato. Mi sembra sia riconosciuto ormai a livello europeo che l’Italia sta facendo esattamente questa inversione di rotta. Ora ci aspettiamo che lo facciano anche altri“.

La visita allo stabilimento è stata anche l’occasione per parlare dell’alternanza scuola-lavoro, riguardo alla quale Giannini ha annunciato che entro febbraio il governo approverà un decreto per inserirla gradualmente a sistema, a partire dal prossimo anno scolastico: “Prevederemo – ha detto il ministro – almeno 200 ore di lavoro per gli studenti degli istituti tecnici, formando anche i docenti per questo obiettivo“.

Uno dei capitoli del provvedimento sulla ‘Buona scuola’ – ha ricordato il ministro – prevede la obbligatorietà dell’attività di laboratorio, che dal primo settembre 2015 diventa la nuova agenda curriculare delle scuole tecniche italiane“.

“Qui alla Bosch – ha aggiunto – ho visto di più: la virtuosa concentrazione di una grande azienda che investe in formazione, e che ha una struttura formativa di eccellenza, e un istituto tecnico superiore, che è il risultato di Regione Puglia, Provincia, Università e Politecnico. Questi modelli noi siamo intenzionati a potenziarli e svilupparli ma non potranno essere estesi a tutto il Paese in maniera indifferenziata, ma dovranno seguire anche la vocazione territoriale e quella imprenditoriale”.