La mia svolta pedagogica

La mia svolta pedagogica

di Maurizio Tiriticco

 

Dopo aver girovagato per tutte le scuole del Lazio con incarichi annuali, finalmente, vincitore del mio primo concorso, approdai alla scuola media Ottavia di Roma. Era l’anno scolastico 1963-64, primo della grande riforma di cui alla legge 1859/1962: una legge per cui anch’io mi ero battuto! E tanto! In quegli anni, comunque, erano in molti a non ritenere opportuno abolire l’avviamento professionale. Il ritornello di sempre: non tutti sono portati per lo studio. E poi perché liquidare il latino? Per aprire la scuola ai figli di tutte le classi sociali? E rendere così gli studi più facili? In effetti, non si trattava di rendere gli studi più facili, ma di permettere l’accesso alla scuola e alla cultura a quelle classi sociali che da sempre ne erano state escluse. Ma è proprio vero che la cultura è solo quella dei borghesi e dei piccolo-borghesi? Questi erano gli interrogativi che mi ponevo in quegli anni. E non era un caso che proprio nel 1962 Carlo Salinari pubblicasse un saggio illuminante: “Storia popolare della letteratura italiana”. Insomma, la cultura è tutto ciò che un aggregato sociale esprime come lingua, abitudini, costumi. Il fatto è che poi, nel dipanarsi della storia, i gruppi dominanti hanno imposto la loro cultura a danno di qualsiasi cultura “altra”.

Tornando al fatidico anno scolastico 1963/64, il mio entusiasmo era alle stelle e cominciai fin dal primo giorno di scuola a mettercela tutta: pronto a fare delle lezioni meravigliose destinate a un pubblico infantile che nel giro di un triennio avrebbe preso netta padronanza nel leggere e nello scrivere in forma più che corretta e piena consapevolezza dei diritti e dei doveri di cui alla nostra bella Costituzione repubblicana.

Ma giorno dopo giorno il mio entusiasmo cominciò a scemare: mezza classe mi ascoltava e studiava, ma l’altra mezza si ostinava a guardarmi di sottecchio: nessun’attenzione, niente compiti a casa, spallucce o occhiatacce. Avvertivo che mi sentivano come una sorta di nemico. Che fare? Mi interrogai: come rompere quel muro di gomma? Eppure le mie lezioni erano belle e interessanti: lo sapevo. Negli anni precedenti, come incaricato, non avevo mai avuto problemi di questo tipo. Cos’era che non andava?

Mi feci coraggio. E un bel mattino “presi di petto” gli alunni più ostinati: feci un bel predicozzo, molto aperto e anche un po’ cattivello, e dissi: vivete in una repubblica che vuole che tutti i cittadini siano eguali; basta con i ricchi e con i poveri; basta con quelli che non sanno leggere e scrivere; avete la fortuna di studiare gratis e nel giro di tre anni migliorare la vostra lingua, conoscere nuove cose, aspirare a un lavoro migliore di quello dei vostri genitori… e qui fui interrotto. Per la prima volta dopo tanti giorni l’alunno Bomba, piccolo piccolo, primo banco, che da sempre mi aveva guardato storto e in silenzio, aprì bocca: “Io a scola nun ce vojo veni’. Io vojo lavorà”… e io sorpreso lo invitai a continuare. “Io ciò er forno e lavoro co’ mi’ padre… e mo’ nun ce posso più lavorà e mi padre sta solo”.

Poche parole che mi stupirono e mi segnarono. Un tumulto di pensieri mi assalì. Dopo Bomba parlarono altri. E tutti sostenevano le stesse ragioni. Che venivano a fare a scuola e a perdere tempo con i libri, quando a casa, a bottega, in campagna o non so dove c’era tanto da fare? Ragionamenti che oggi nessuno fa più e fortunatamente, ma che allora avevano una piena giustificazione. Obbligo di istruzione! Appunto! Obbligati a fare una cosa che non avevano e non avrebbero mai scelto. Ovviamente, non si trattava di atteggiamenti diffusi su larga scala, ma, in effetti, una parte della popolazione vedeva nell’obbligo, appunto, un obbligo non ripagato. Ripensai a quei carabinieri presi d’assalto coi forconi quando con le prime leggi dello Stato postunitario venne sancito un obbligo di istruzione elementare biennale. Si rubavano braccia a una campagna già povera e da sempre!

Dopo giorni e giorni in quella prima B mezza classe prese la parola: tutti contro l’obbligo e contro di me, la Legge, lo Stato, che fa perdere tempo sui libri a chi, da sempre, ha invece a che fare con le cose. Mi ricordai quei versi del Giusti a Gino Capponi che i miei alunni certamente non conoscevano: “Gino mio, l’ingegno umano partorì cose stupende, quando l’uomo ebbe tra mano meno libri e più faccende”. La saggezza popolare è sempre grande! E per me fu una doccia scozzese! Mi resi conto di non avere capito nulla. Un conto sono i Princìpi, Sacrosanti, altro conto i Fatti, più che Sacrosanti.

E non cercai di convincere Bomba dell’importanza dello studio, ma di comprendere, invece, che cosa veramente pensasse. “Certamente, gli dissi, il pane è importante…”. “E io lo faccio”, soggiunse Bomba. Ed era sottinteso: “e tu no”! Raccolsi la sfida, confessai la mia ignoranza in materia di panificazione e gli proposi di parlarci del suo lavoro. Bomba accettò. Il giorno dopo si presentò in aula con una cesta in cui c’erano tanti pani di diverso formato: le faccende opposte ai libri. Confesso che rimasi più che sorpreso. Senza molto pensarci su, gli proposi di salire in cattedra e di spiegarci tutto di quei pani. E con molta modestia mi andai a sedere sul suo banco. Bomba, dall’alto di una cattedra che sembrava fosse una vetta conquistata, ci fece una lezione meravigliosa, non so quanto corretta sotto il profilo grammaticale, ma ricchissima sotto il profilo dei contenuti. Capii che fare il fornaio non è affatto una cosa semplice.

Ma capii non solo tutto del pane, ma anche tutto dell’insegnamento. Lo scendere dalla cattedra e ascoltare come un alunno “ignorante”, con tanto di virgolette, potesse insegnarmi e insegnarci qualcosa non fu solo un’intuizione momentanea, ma divenne una pratica quotidiana. Bomba finalmente “si iscrisse” per la prima volta nella prima B! E seguirono gli altri, a turno, giorno dopo giorno, ciascuno a parlare di sé e del suo lavoro. Da cosa nasce cosa. E nei giorni che seguirono le faccende presero il posto dei libri. E la cattedra veniva occupata a turno dai miei alunni ormai felicemente obbligati. Comunque, le materie di studio, quelle della tradizione e dei programmi ministeriali, non vennero affatto abbandonate. Venivano aggredite trasversalmente. Il pane ha una sua storia, è diverso da Paese a Paese; a monte del pane ci sono civiltà diverse, geograficamente collocate. Il pane implica farina, l’agricoltura, l’acqua, i fiumi e gli acquedotti. Il pane si vende: i conti aritmetici. Mi è difficile scrivere in poche righe quel lento capovolgimento della didattica tradizionale. Dai libri ai fatti, alle cose. E Bomba e i più ex resistenti si ritrovarono a redigere appunti, a far di conto e così via. Bomba fotografò i suoi diversi tipi di pane: ne nacquero cartelloni con relative scritte esplicative. Io correggevo e non mettevo voti. E Bomba e i suoi compagni di “classe sociale”, più che di “classe d’età”, addirittura pretendevano che io correggessi! Le materie di studio divennero dei calzini rovesciati. Io non stavo più in cattedra: divenni a poco a poco regista di un nuovo modo di “stare a scuola” e di “fare lezione”. E non sapevo nulla di pedagogia! Per me, roba da maestrine delle elementari!

Però, nella misura in cui legavo sempre più con i miei alunni, dislegavo con i miei colleghi, anzi con le mie colleghe del consiglio di classe. Tiriticco non sa tenere la disciplina! Gli alunni fanno quello che vogliono! Non studiano! In effetti “non studiavano” nel senso classico della parola. Libro di grammatica, niente! Antologia, qualcosina qua e là… e io stesso per certi versi mi sentivo un po’ in colpa. Però i miei alunni scrivevano e parlavano, leggevano poco dei libri di testo, ma leggevano tutto di ciò che loro stessi scrivevano. E pretendevano, tra di loro, delle calligrafie leggibili! E si correggevano anche! Insomma, la classe era diventata una sorta di cantiere! E non sapevo nulla di un certo Freinet. E non mi rendevo conto che in quell’aula si stavano confrontando due metodi di studio.

Capii tutto più tardi. Alla fine di quell’anno scolastico le bocciature fioccarono, non solo nella mia scuola, ma in tutto il Paese! Che cosa stava succedendo? E fioccarono anche l‘anno successivo, e poi ancora. L’innalzamento dell’obbligo di istruzione di almeno otto anni, sancito anche dalla Costituzione, era un fallimento? Ma fallivano gli alunni o falliva la scuola? Gli interrogativi erano tanti, finché nel 1967 apparve un libro, di una strana casa editrice, una Lettera a una professoressa, in cui si leggeva che “a prima vista sembra scritto da un ragazzo solo, invece gli autori sono otto ragazzi della scuola di Barbiana”. Ma nel ’67 io ero già “passato di grado”. Avevo vinto il concorso per le scuole secondarie: un altro mondo! Gli alunni non erano obbligati e professori e professoresse erano tenuti a promuovere o a bocciare, come sempre!

E tornai al mio ruolo di sempre! Ma il mio cuore era sempre là con gli alunni obbligati ad apprendere e gli insegnanti obbligati a fare apprendere. E la lettera di Don Milani fu per me un toccasana. E capii che era la scuola media a fallire, non i suoi alunni. Di lì la mia svolta pedagogica! Di fatto, anche se comunista, la mia formazione era pur sempre crociana, come comunista/crociano – se si può dir così – era stato il mio maestro, Natalino Sapegno. E la pedagogia ai nostri occhi era pur sempre un cascame, un potpourri di discipline. Poi mi capitò tra le mani Educazione e condizionamento sociale di Aldo Visalberghi: aria nuova, aria fresca! I miei dubbi e le mie incertezze vennero illuminati, se si può dir così, e mi avviai decisamente sul terreno della ricerca pedagogica. Il ’68 e il movimento studentesco furono una sorta di viatico e il ritorno all’università fu una scelta che direi obbligatoria. Raffaele Laporta stava lavorando a La difficile scommessa, una lettura critica sugli accadimenti di quegli anni nelle scuole e nelle università.

E dieci anni con Raffaele segnarono una sorta di rinascita, quella che segnò la mia svolta pedagogica.

Legge autismo, in assenza di risorse “puntare su famiglia, scuola e tecnologie”

da Superabile

Legge autismo, in assenza di risorse “puntare su famiglia, scuola e tecnologie”

Al Convegno nazionale Aira si esamina la legge sull’autismo, in vigore da tre mesi. Arduino: “Bene Lea su autismo, che vuol dire diritti esigibili. Ma senza risorse cosa si può fare? Valorizzare quel che si ha: formazione insegnanti, diffusione tecnologie e programmi mediati dai genitori”

ROMA – Ci sono due grandi assenti nella legge sull’autismo in vigore da settembre: la scuola e i soldi. Ma tanto si può fare, valorizzando le risorse che ci sono e le nuove possibilità che questa normativa offre. E’ questa, in sintesi, la lettura della legge che ha offerto questa mattina Giuseppe Maurizio Arduino, responsabile del Centro autismo e sindrome di Asperger della Asl Cuneo1, intervenendo alla seconda giornata di lavori del Convegno nazionale dell’Aira, l’associazione italiana di ricerca sull’autismo. Ripercorrendo la nuova legge articolo per articolo, Arduino ha evidenziato le principali novità positive, segnalando però anche le criticità e proponendo soluzioni per aggirarle.

Lea ovvero “diritti esigibili”. Tra gli aspetti positivi, c’è sicuramente “il riferimento alle linee guida, con la specificazione che questa vadano aggiornate, non solo sulla base della letteratura scientifica, ma anche delle buone pratiche”, ha osservato. Soprattutto, c’è “la definizione delle prestazioni fornite dai servizi sanitari per l’autismo come Lea, che significa diritto esigibile da tutti coloro, bambini e adulti, che hanno ricevuto una diagnosi”. Altro merito della legge è di “chiedere alle regioni di mettere a punto percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, parlando di modelli organizzatici in base alle situazioni locali”. Positivo, per Arduino anche il fato che, all’articolo , la legge parli di attività di ricerca, che riguardi anche le buone pratiche terapeutiche ed educative”.

La scuola dov’è? Nella legge però “manca la parola scuola, che non viene mai nominata – ha osservato Arduino – La legge infatti si rivolge per lo più ai servizi sanitari e questo è positivo, ma non può certo prescindere dalla scuola: il riferimento infatti c’è nell’articolo 4, dove si citano le ‘linee di indirizzo’ del 2012, che parlano di processi di inclusione scolastica e integrazione tra interventi sanitari e scolastici”.

L’invarianza finanziaria e “l’arte di arrangiarsi”. Il punto più critico della legge sull’autismo è però probabilmente l’articolo 6, il quale “ci dice che dobbiamo fare tutto questo con la clausola dell’invarianza finanziaria – osserva Arduino – Abbiamo calcolato che, solo in Piemonte, se dovessimo garantire 10 ore a settimana di assistenza (a fronte delle attuali 2) ai 109 bambini 0-3 anni diagnosticati, servirebbero oltre 2 milioni in più di oggi: bisognerebbe infatti passare da 544.320 a 2.721-600 euro. Allora la domanda è: come possiamo offrire percorsi di trattamento appropriati, secondo le Linee guida e nel rispetto dei Lea, senza risorse dedicate? Come rendere operativa e concreta una legge senza copertura finanziaria?”. La domanda, apparentemente irrisolvibile, non resta senza risposta: per Arduino, “bisogna aprire il frigo e cucinare ciò che troviamo: dobbiamo insomma valorizzare le risorse che ci sono”. E queste risorse sono principalmente tre.

Famiglia, scuola, tecnologie. Sono questi i tre ambiti che vanno valorizzati: la scuola, “in cui ad oggi il bambino autistico vive il 90% del suo rapporto individualizzato. E’ la scuola quindi la prima grande risorsa che dobbiamo potenziare, soprattutto attraverso la diffusione della formazione, anche tramite soluzioni a basso costo come gli sportelli autismo”. La seconda risorsa è la famiglia, attraverso “programmi mediati dai genitori, che sono raccomandati anche dalle Linee guida”. Infine, le tecnologie, “come la formazione on line, le piattaforme web e le consulenze via Skype. Alcune buone prassi in questo senso stanno già dando buoni frutti e in futuro andranno certamente enfatizzate”. (cl)

Al via indagini diagnostiche sui solai di 7mila istituti

Edilizia scolastica, Giannini firma decreto:
“Al via indagini diagnostiche sui solai di 7mila istituti”

Al via i controlli sui solai e i controsoffitti di oltre 7mila scuole italiane. Il Ministro Stefania Giannini ha firmato il decreto di approvazione della graduatoria degli istituti in cui saranno effettuati gli interventi.

“Con la Buona Scuola abbiamo stanziato 40 milioni di euro per effettuare i monitoraggi che servono per garantire maggiore sicurezza ai nostri ragazzi. Si tratta di un’altra delle azioni strategiche del nostro Piano per l’edilizia scolastica  che va avanti a tappe serrate fin dal nostro insediamento”, ricorda il Ministro Stefania Giannini.

Sono state 13.584 le candidature pervenute da parte degli Enti locali, 7.304 le ispezioni che verranno effettuate per una spesa complessiva di oltre 36 milioni di euro. Le risorse rimanenti saranno successivamente redistribuite, con un nuovo decreto.

Per individuare gli istituti scolastici che saranno oggetto delle ispezioni, il Miur ha indetto una procedura pubblica per ottenere le candidature da parte degli Enti locali. Gli Enti che hanno ottenuto il finanziamento hanno tempo per affidare gli incarichi per le indagini diagnostiche fino al 31 gennaio 2016, termine che il decreto ha prorogato rispetto a quello inizialmente previsto per il prossimo 31 dicembre.

L’elenco completo delle scuole che saranno coinvolte nelle indagini è disponibile qui:

http://www.istruzione.it/edilizia_scolastica/indagini_diagnostiche.shtml

Infografica_IndaginiDiagnostiche

Diritto al reinserimento nelle GaE

Tribunale di Forlì: il MIUR non può negare il diritto al reinserimento nelle GaE previsto dalla legge.

 

Accolto il reclamo ANIEF per l’immediato reinserimento di una nostra iscritta nelle Graduatorie ad Esaurimento d’interesse. Il Tribunale del Lavoro di Forlì accoglie il reclamo patrocinato dagli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli, Francesca Lideo e Tiziana Sponga e accorda misura cautelare d’urgenza disapplicando i decreti ministeriali nella parte in cui non permettono il reinserimento dei docenti cancellati nei precedenti aggiornamenti per non aver prodotto domanda di permanenza in GaE.

 

Il Tribunale del Lavoro di Forlì, infatti, conferma che “l’art. 1, comma 1 bis, del d.l. n. 97/2004, conv. con modif. dalla l. n. 143/2004 – il quale prevede che il mantenimento nella graduatorie allora “permanenti” sia subordinato alla presentazione di domanda dell’interessato da presentarsi entro il termine fissato per l’aggiornamento della graduatoria con apposito decreto, a pena di “cancellazione dalla graduatoria per gli anni scolastici successivi” – prevede altresì che “A domanda dell’interessato, da presentarsi entro il medesimo termine, è consentito il reinserimento nella graduatoria, con il recupero del punteggio maturato all’atto della cancellazione”.

 

Ancora una volta è stata confermata la tesi ANIEF, dunque, ribadendo che “non esiste alcuna impossibilità di contemporanea applicazione tra la previsione generale del carattere ad esaurimento delle graduatorie e la disposizione che consente il reinserimento in graduatoria di chi già avesse maturato il diritto all’inserimento in graduatoria e ne sia stato cancellato soltanto per non aver presentato tempestiva domanda di aggiornamento”. Il Tribunale del Lavoro di Forlì, dunque, ha “ritenuto che i vari decreti ministeriali che si sono succeduti nel tempo, a decorrere dal DM n. 42 del 8.4.2009, compreso il n. 235/14, sono andati oltre l’attuazione della norma primaria, laddove, nel prevedere che la permanenza nelle graduatorie, a pieno titolo o con riserva, avviene su domanda dell’interessato da presentarsi entro il termine indicato, hanno espressamente stabilito che “la mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione definitiva dalla graduatoria”, senza consentire alcuna possibilità di reinserimento e senza prevedere alcuna forma di comunicazione agli interessati, già inclusi nelle graduatorie, circa l’onere di presentare domanda di aggiornamento al fine di evitare la conseguenza sanzionatoria della cancellazione in via definitiva”.

 

Il provvedimento ottenuto dall’ANIEF a tutela dei docenti cancellati illegittimamente “a vita” dal MIUR, ha evidenziato come “i decreti ministeriali in questione sono illegittimi e vanno disapplicati, non potendo essi negare il diritto al reinserimento nelle graduatorie, previsto dalla legge”, con conseguente condanna del Ministero dell’Istruzione all’immediato reinserimento della nostra iscritta al fine di conseguire l’attribuzione di contratti di lavoro a tempo determinato e indeterminato in virtù della sua corretta collocazione nelle Graduatorie ad Esaurimento d’interesse.

Scuola, 2 ricerche su competenze digitali e bisogni formativi

Scuola, 2 ricerche Indire su competenze digitali e bisogni formativi
I dati su 9.508 studenti e 7.732 docenti presentati all’Università di Padova

Indire ha presentato all’Università di Padova (in occasione del convegno “Digital Literacy: Policies, research and good practices”) due studi sulle competenze digitali e i fabbisogni formativi realizzati su un significativo campione di studenti (9508) e di docenti (7732) che hanno seguito dei corsi nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) 2007-2013. Le ricerche sono state condotte nel corso del 2015 in istituti scolastici di ogni ordine e grado delle Regioni del Sud (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia).
STUDENTI – L’indagine sui 9.508 alunni conferma che gli investimenti in ambienti di apprendimento significativi e ben strutturati sviluppano una maggiore consapevolezza e migliori competenze digitali. Nelle scuole dove è più frequente l’uso della LIM è più alta la percentuale di studenti dal rendimento “alto” o “eccellente”. I dati non confermano la rappresentazione ricorrente dei “nativi digitali”: i ragazzi che sono nati e crescono in un contesto di ampia diffusione delle tecnologie non sono necessariamente esperti sul modo migliore di utilizzarle. I numeri mostrano che lo svolgimento di attività didattiche a scuola sull’utilizzo del web e delle tecnologie digitali è correlato a un più consapevole impiego delle tecnologie da parte dei giovani a casa. Ad esempio, tra gli studenti che usano quotidianamente in classe software creativi (linguaggi di programmazione, montaggio video ecc.) il 44% pubblica propri contenuti creativi anche a casa, mentre la percentuale scende al 22% per chi non ha mai svolto a scuola tale attività. Un altro dato riguarda la capacità di collaborare. I giovani che a scuola partecipano settimanalmente ad attività collaborative online sono più propensi a organizzare o gestire un lavoro di gruppo in rete (55%, contro il 30% di chi non ha mai svolto in aula tali attività). Inoltre, il 71% degli studenti che ha partecipato a scuola ad attività didattiche su “come selezionare fonti in rete” riesce a svolgere efficacemente i compiti a casa, con una percentuale che scende al 43% per chi non ha svolto tali attività a scuola. Rispetto ai fabbisogni formativi degli studenti, l’82% dichiara di voler migliorare la conoscenza delle lingue, mentre il 79% vorrebbe acquisire competenze spendibili nel mondo del lavoro. Tra gli altri fabbisogni, la capacità di organizzarsi e raggiungere gli obiettivi (78%), di comunicare e lavorare in gruppo (71%).
DOCENTI – Rispetto agli oltre 7 mila insegnanti coinvolti nell’indagine, i risultati evidenziano come l’aver partecipato a molti corsi di “formazione digitale” sia strettamente legato a un’alta frequenza nella realizzazione di alcune attività a scuola: istruire i ragazzi a selezionare fonti attendibili in rete, usare le tecnologie per dare risposte agli studenti, scambiare materiali, risorse e opinioni con colleghi tramite il web. I docenti più attivi nella “formazione digitale” esprimono soprattutto il bisogno di formarsi sull’uso dei più nuovi strumenti per la produzione di contenuti digitali e sull’integrazione delle tecnologie nel curricolo e nella pratica didattica quotidiana (fino al 9% in più rispetto a coloro che non hanno “formazione digitale”). L’indagine è in linea con altre ricerche internazionali (OCSE) che mostrano come un’alta percezione della self-efficacy (percezione della propria capacità di portare a termine con successo un compito) incida nella gestione della classe, nella soddisfazione personale del docente e nelle sue scelte didattiche più innovative. Infatti, tra i docenti della scuola secondaria di secondo grado, coloro che esprimono un’alta percezione della self-efficacy nell’uso delle tecnologie per la didattica sono il 75% mentre coloro che si sentono sicuri, per esempio, nelle competenze disciplinari, sono solo il 62% (differenza analoga si riscontra con tutte le altre competenze professionali).
Le due ricerche sono state finanziate dal PON 2007-2013 “Competenze per lo Sviluppo” FSE e sono state realizzate da un team di ricercatori Indire diretto dalla dirigente di ricerca Caterina Orlandi e composto da Annalisa Buffardi, Samuele Calzone, Claudia Chellini, e Gabriella Taddeo dell’Area Azioni di sistema, analisi del sistema scolastico nazionale e internazionale, rapporti col mondo del lavoro.
Lo studio si inserisce nel panorama più ampio delle attività di ricerca condotte dall’Indire sull’impatto e sui risultati dell’uso delle tecnologie a scuola. Le ricerche evidenziano che nelle scuole dove l’utilizzo della tecnologia è diffuso in modo capillare e ben integrato nelle attività didattiche emergono dei riscontri positivi in termini di dispersione scolastica, di rendimento superiore in alcune materie e migliore inserimento degli studenti all’uscita del percorso formativo nel mondo del lavoro. In questa ottica, ad esempio, si pone lo studio (presentato il 23 ottobre scorso a Firenze nel corso del Primo Forum nazionale sull’Innovazione) in cui sono stati analizzati 9 Licei, 8 Istituti tecnici e 2 Istituti professionali, per un totale di 14.152 studenti (in media 22 per classe) e 1.273 docenti.

RISPETTO E CONSIDERAZIONE PER IL PERSONALE A.T.A.

Signor Presidente,
La contattiamo per chiederLe spiegazioni su alcuni punti a noi non chiari. Nella sua news n. 399 datata 11.11.2015 al punto 1 Contro il precariato Lei scrive:
“..Doveva essere flessibilità, spesso era solo precariato, talvolta al limite dello sfruttamento..”
“..Negli ultimi venti anni solo due leggi hanno ridotto il precariato: il JobsAct e la Buona Scuola..”.
Peccato che quelle sulla scuola abbiano permesso l’immissione in ruolo anche di persone che non erano precarie, perché ad esempio avevano i loro studi avviati di architetti o di avvocati a scapito di docenti, che sono rimasti fuori da questa fase e abbiano dimenticato tutte le migliaia di docenti con diploma di abilitazione ante 2000 e/o laureati in Scienze della Formazione Primaria ed Infanzia con un percorso di studio universitario completo.
Peccato che abbiano creato nuovi disoccupati, cioè tutti quei PRECARI A.T.A., che lavoravano nelle tante scuole statali italiane e che non hanno avuto supplenze perché avete ridotto drasticamente gli organici e avete vietato ai Dirigenti Scolastici di nominare supplenti su assenti, a parte pochi casi previsti dalle normative vigenti.
Nella news succitata scrive:
“..Ieri altri 50.000 insegnanti italiani, costretti per anni a un precariato umiliante..”
Ed invece gli A.T.A. precari costretti anche loro per anni a un precariato umiliante e disorganizzato, cosa sono? Cittadini d’infimo ordine da non considerare neppure, tanto da non citarli se non per eliminarli? Invece che una lettera di assunzione a tempo indeterminato hanno ricevuto “un nulla di fatto”, anzi; infatti se uno dei pochi AT.A. rimasti, dopo le drastiche riduzioni d’organico, si assenta non viene neppure più sostituito in linea di massima, perché tanto per Voi non serve a nulla, non fa nulla.
Dice “..precarietà al limite dello sfruttamento..”, ma per noi PERSONALE A.T.A. è ormai sfruttamento da tanti anni.. troppi!! Come si può definire diversamente ciò che avviene nelle scuole a seguito delle contrazioni di organico e del divieto di nominare supplenti previsto dalla Legge di Stabilità 2015?
Le segreterie, rimaste tristemente sguarnite ad affrontare tutte le innumerevoli pratiche quotidiane, devono fronteggiare anche tutto il surplus lavorativo dovuto alle produzioni delle graduatorie d’istituto dei docenti che continuano ad essere sfornate durante l’anno scolastico, alle conseguenti nuove convocazioni con il solito sistema SIDI che non funziona mai regolarmente e alle molteplici immissioni in ruolo ovviamente solo dei docenti.
Gli assistenti tecnici ormai non vengono considerati; per Voi probabilmente sono un fastidio, soprattutto quelli necessari per i laboratori d’informatica poiché avete inventato gli “animatori digitali” cioè docenti da pagare ulteriormente e da utilizzare al posto degli assistenti tecnici anche negli Istituti Comprensivi come chiediamo noi da tempo con minor costo per le casse dello Stato.
I collaboratori scolastici o vengono spostati come marionette da una scuola o addirittura da un comune all’altro subendo cambi di turno repentini, a scapito soprattutto della sicurezza e dell’igiene, o rimangono soli in scuole disposte anche su più piani.

Lei scrive: “..Per anni le Istituzioni hanno permesso che si creasse un ingiustificato e odioso precariato tra i docenti..” Invece va benissimo quello degli A.T.A.: non importa se da anni sono precari storici con stipendi da fame.
Altre sue frasi “..Conosco bene la rabbia e la frustrazione che tutto ciò ha provocato in molti suoi colleghi.. dover cambiare istituto ogni anno senza una progettualità, ricevere la lettera di licenziamento alla fine dell’anno scolastico anziché gli auguri di buone vacanze. Essere considerati pacchi postali da spedire in varie zone della provincia e attendere le convocazioni di fine agosto come un rito umiliante e angoscioso. So quanto per molti di voi tutto ciò sia stato vissuto come una profonda ingiustizia: impossibile del resto apprezzare uno Stato che rende precario il lavoro..”. Superfluo qualsiasi commento, perché le sue stesse parole potrebbero essere usate anche per i precari A.T.A., anzi una domanda mi sorge spontanea… Ma un uomo navigato di sinistra come Lei non dovrebbe essere il paladino delle uguaglianze sociali?
Invece siamo ancora una volta messi da parte come scarpe vecchie per sistemare i soprannumerari delle province.
Ma Lei nella news afferma:
“..Le cose sono cambiate..” per gli A.T.A. in peggio!!!
“..Con la Buona Scuola abbiamo innanzitutto messo più soldi nell’educazione..”
“..Ci hanno chiesto di fermarci, raccontando tante falsità come quella di chi diceva che le assunzioni ci sarebbero state comunque in nome di una presunta sentenza europea..”.
Peccato che si riescono sempre a trovare le risorse finanziarie per tutti: edilizia scolastica, scuole paritarie, proroghe appalti di pulizie delle cooperative private, bonus docenti ed ora forse bonus diciottenni, ma per il personale A.T.A. NO, i soldi sono finiti, anzi, non ci avete proprio considerati se non per risparmiare proprio su di noi e addirittura gli assistenti amministrativi devono anche rendicontare alcune di queste uscite, per la serie dovete vedere ma non fiatare!!!
Peccato che la sentenza europea non sia presunta ma vera e vorremmo sapere come potrete giustificare le non assunzioni in ruolo del personale A.T.A. (c’è una chiara indicazione della Commissione europea, la quale proprio sul personale A.T.A. ha aperto, con l’invio di una lettera di messa in mora il 14 marzo 2011, la procedura d’infrazione  2010/2124 nei confronti dell’Italia per il non corretto recepimento della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato).
“..E noi siamo orgogliosi della scuola italiana che con tutti i suoi limiti ha punti di forza straordinari..”
E ce lo permetta Egregio Presidente, fra questi ci sono gli A.T.A.
Sono anni oramai, che noi A.T.A. siamo figli di nessuno, siamo anche noi dipendenti del MIUR sulla carta ma a fatti da anni siamo amministrati dal Ministero dell’Economie e delle Finanze.
Forse nessuno Le ha detto che tra le tante ingiustizie nei nostri confronti ci sono quelle relative alle
posizioni economiche che da anni non vengono pagate a molti di noi che hanno superato una selezione e un corso formativo obbligatorio, al termine del quale hanno ricevuto un incarico per  ulteriori compiti che stanno comunque espletando per senso del dovere e di responsabilità.

Chiediamo fermamente che vengano immessi in ruolo anche i precari A.T.A. aventi titolo perché non ci siano più tali macroscopiche disparità di trattamento nell’ambito dello stesso settore.
Chiediamo che vengano da subito pagate tutte le posizioni economiche A.T.A. da anni bloccate.
Chiediamo il bonus per la formazione o l’acquisto di materiale idoneo alle nostre mansioni come quello attribuito a docenti e , presumibilmente, a neo maggiorenni.
Ma in primis Gentilissimo Presidente chiediamo IL RISPETTO E IL RICONOSCIMENTO DI TUTTA LA CATEGORIA DEL PERSONALE A.T.A.
Al termine del nostro sfogo rinnoviamo il nostro invito a venire in una qualsiasi scuola statale del nostro vasto territorio dove si lavora senza tregua fra mille difficoltà dal mattino al pomeriggio inoltrato o,addirittura, a sera; capireste così come sia effettivamente complesso e complicato il nostro lavoro portato avanti con fatica, spirito di sacrificio e abnegazione nell’interesse della collettività.
Come nelle precedenti nostre comunicazioni a Lei inviate restiamo a disposizione per qualsiasi richiesta e/o chiarimento e proposta costruttiva e porgiamo distinti saluti.

Il Vice Presidente Nazionale
Antonio Carrella

Le competenze degli studenti del futuro

da Il Sole 24 Ore

Le competenze degli studenti del futuro

di John De Jong

Quest’anno hanno aderito al programma PISA circa mezzo milione di studenti quindicenni di una settantina di Paesi di tutto il mondo. Il nome non c’entra con la città della torre pendente, l’acronimo sta per «Programme for International Student Assessment»programma per la valutazione internazionale dell’allievo, promosso dall’Ocse e nato perché i Paesi volevano valutare il livello del proprio sistema educativo per preparare le nuove generazioni a portare il loro contributo alla società. Ogni tre anni PISA valuta le competenze degli studenti nella lettura, nella matematica e nelle scienze e comunica ai Paesi aderenti se il loro livello educativo globale sta migliorando e se risponde o meno ai requisiti della società. I contenuti del test sono definiti da un gruppo di esperti che rappresentano i diversi Paesi e si confrontano per capire cosa servirà alle prossime generazioni per potersi realizzare nella vita.

PISA non è dunque un mero inventario di cosa viene insegnato nei Paesi che vi prendono parte, ma si prefigge piuttosto di capire cosa servirebbe, cosa andrebbe insegnato. Gli esperti definiscono il quadro del test di valutazione che viene poi valutato dai rappresentanti dei governi, del mondo del lavoro e dagli insegnanti e professori dell’istruzione terziaria per verificare che ci sia tutto quello che serve. Il test non valuta solo il livello di conoscenze, ma anche se gli studenti sono in grado di applicare le loro conoscenze ai compiti della vita vera che prevedono l’uso della lettura, della matematica e delle scienze.

A ogni ciclo il programma dedica particolare attenzione a una delle tre capacità o ambiti di competenza, poi il quadro viene aggiornato con gli ultimi approfondimenti in materia per essere sicuri che soddisfi i requisiti futuri. Il PISA 2015 è stato dedicato alle scienze e sono stati adottati nuovi approcci alla “literacy” scientifica.

La competenza scientifica è definita come la capacità di rapportarsi a questioni scientifiche e ai concetti di scienza da cittadino consapevole. Una persona scientificamente alfabetizzata pertanto è pronta a sostenere un ragionamento su scienza e tecnologia che richiede le competenze per spiegare scientificamente i fenomeni, valutare e definire la ricerca scientifica e interpretare i dati e le prove in modo scientifico, questo significa che il programma sonderà se gli studenti sono preparati a comprendere il mondo in cui vivono da un punto di vista scientifico, se per esempio sono capaci di verificare se il ragionamento contenuto in un articolo di giornale è fondato e anche se sono in grado di capire la relazione che intercorre tra le emissioni di CO2 e il cambiamento climatico globale.

All’interno del programma vengono definiti i livelli di competenza scientifica. Il livello minimo per partecipare e dare un contributo alla società è il livello 2. Al livello 2 gli studenti sono capaci di usare i contenuti, le conoscenze procedurali ed epistemiche per fornire spiegazioni, valutare ed elaborare le ricerche scientifiche e interpretare i dati nei contesti di vita reale che richiedono un basso livello di domanda cognitiva; sono in grado di stabilire alcune relazioni tra diversi fonti di dati in un numero ristretto di contesti e di descrivere semplici relazioni causali; possono distinguere tra alcune semplici questioni scientifiche e non scientifiche e fare la differenza tra variabili indipendenti e dipendenti in una data ricerca scientifica o in un semplice progetto sperimentale di loro ideazione; possono elaborare e descrivere dati semplici, individuare errori elementari e muovere osservazioni fondate sull’affidabilità delle affermazioni scientifiche. Gli studenti possono elaborare argomentazioni parziali per mettere in discussione e sviscerare i meriti di spiegazioni e interpretazioni di dati confliggenti e progetti sperimentali in alcuni contesti locali e globali.

Alcuni studenti hanno raggiunto un livello 6 di competenza scientifica. A quel livello gli studenti sono molto più preparati ad affrontare problemi e spiegazioni scientifiche, sono capaci di utilizzare contenuti e conoscenze procedurali ed epistemiche per fornire spiegazioni coerenti, valutare e strutturare ricerche scientifiche e interpretare i dati in tante, diverse situazioni complesse di vita reale che richiedono un alto livello di domanda cognitiva, sono in grado di stabilire collegamenti adeguati tra tante diverse fonti complesse di dati, in diversi contesti e fornire spiegazioni di relazioni causali a diversi livelli, sono capaci di distinguere in modo coerente questioni scientifiche e non scientifiche, spiegare gli obiettivi di una ricerca e verificare le variabili importanti di una data ricerca scientifica o di qualsiasi progetto sperimentale da loro ideato, convertire le rappresentazioni di dati, interpretare i dati complessi e dimostrare una capacità di esprimere i dovuti giudizi sull’affidabilità e l’esattezza di qualsiasi affermazione scientifica. Gli studenti che hanno raggiunto il livello 6 sono capaci di esprimere in modo coerente un pensiero e un ragionamento scientifici che richiedono l’uso di modelli e idee astratte e di applicare quei ragionamenti a situazioni insolite e complesse e sviluppare argomentazioni per criticare e valutare spiegazioni, modelli, interpretazioni di dati e progetti sperimentali in una serie di contesti personali, locali e globali.

Una grande innovazione di PISA 2015 è il passaggio dai test cartacei a quelli elaborati al computer. Nel caso delle scienze questo ha permesso di presentare problemi più realistici agli studenti poiché i test prevedono simulazioni di esperimenti e fanno vedere direttamente i risultati delle loro azioni.

Oltre agli ambiti cognitivi più tradizionali della lettura, della matematica e delle scienze, PISA esplora i nuovi ambiti importanti del XXI secolo. Il nuovo ambito scelto per PISA 2015 è il «problem solving collaborativo». Oggigiorno il lavoro di problem solving viene svolto quasi ovunque in squadra. Nell’ambito della ricerca sono sempre più numerose le pubblicazioni firmate da più autori. Un buon spirito collaborativo è cruciale per il successo di gruppi, famiglie, corporation, istituzioni pubbliche, organizzazioni e agenzie governative. Un elemento non collaborativo può avere conseguenze molto negative sul successo della squadra e un buon leader può esercitare un effetto catalizzatore positivo. Collaborazione qualificata e comunicazione sociale facilitano il rendimento sul luogo di lavoro come nella ricerca interdisciplinare tra scienziati. I sistemi educativi statali e nazionali attribuiscono sempre più importanza all’apprendimento basato sui progetti e sull’indagine, questo prevede che il percorso formativo ruoti intorno alla capacità di formulare pensiero critico, al problem solving, al self-management (la gestione delle emozioni) e alle abilità collaborative.

I test di questo mezzo milione di studenti sono attualmente in fase di elaborazione. I ricercatori studieranno il rapporto tra la variabile del background dello studente, i suoi interessi e i suoi risultati nel PISA. I risultati verranno pubblicati su un report che sarà divulgato a dicembre 2016. I Paesi che hanno aderito al programma sono impazienti di sapere come sono andati e se hanno conseguito risultati migliori del PISA 2012.

Ed è già in preparazione il PISA 2018 al quale hanno espresso la volontà di aderire più di 80 Paesi. L’ambito principe sarà la competenza della lettura che presenta sempre maggiori sfide nell’era elettronica. Nell’era della lettura su carta il lettore sapeva che i libri e gli articoli erano stati rivisti e controllati prima di essere pubblicati. Nell’era elettronica il lettore deve valutare e controllare tutto quello che legge su Internet, se è vero o se è solo una trappola per fargli spendere soldi o indurlo a credere in un’idea pericolosa.

L’altro ambito sperimentale del PISA 2018 sarà la conoscenza globale, un’altra abilità indispensabile nel XXI secolo.

Il programma valuterà se gli studenti sono abbastanza preparati a capire che il mondo in cui viviamo è globalmente interconnesso, che dovranno essere in grado di comunicare in modo efficace con i popoli di altre culture e capire e rispettare le filosofie diverse dalle loro.

Ai futuri datori di lavoro interessa soprattutto sapere come se la cavano gli studenti con le abilità necessarie per stare al passo con i tempi, come il problem solving collaborativo, il pensiero critico e la conoscenza globale. Nel sondare quelle abilità il programma PISA aiuta i sistemi educativi a capirne l’importanza e a trasmetterle alle nuove generazioni.

(Traduzione di Francesca Novajra)

Il ministro Giannini: “Serve un Erasmus degli insegnanti”

da La Stampa

Il ministro Giannini: “Serve un Erasmus degli insegnanti”

«Occorre lavorare per realizzare un programma Erasmus degli insegnanti». Serve «una Schengen dei docenti per mettere a confronto le esperienze nei diversi paesi». Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, incontrando al Miur il suo omologo giapponese, Hiroshi Hase in vista del G7 che si terrà in Giappone a maggio 2016. Tre i temi in agenda proposti dalla nazione ospitante per il vertice dedicato all’educazione: competenze, innovazione della didattica e mobilità internazionale.

«Particolarmente importante per quanto ci riguarda – ha osservato Giannini – è la cooperazione internazionale: un punto strategico, soprattutto nell’area del Mediterraneo. È una soluzione reale alle difficoltà che viviamo in questo momento», in particolare dopo i fatti di Parigi. «Occorre creare una forte collaborazione».

Giannini ha ricordato che dopo il Giappone toccherà all’Italia organizzare l’incontro. «Occorrerà sviluppare una riflessione sulla collaborazione internazionale e mettere al centro delle nostre agende politiche l’educazione: è una risposta forte alle questioni di politica internazionale».

Il ministro Hase ha ricordato infine che, in vista dell’abbassamento dell’età per il diritto al voto da 20 a 18 anni, in Giappone diventerà fondamentale promuovere l’insegnamento dell’educazione civica nella scuola superiore.

Parlando poi dei docenti italiani, Giannini ha aggiunto: «Ci sta a cuore lo status dell’insegnante e la riforma della scuola ha tolto i docenti dall’instabilità. Resta però il nodo dello stipendio che è ancora basso, come noi non vorremmo che fosse. Questo è un tema che ci sta a cuore».

Risparmi del MOF utilizzati per coprire un errore del MIUR

da La Tecnica della Scuola

Risparmi del MOF utilizzati per coprire un errore del MIUR

Una parte significativa dei risparmi del fondo di istituto 2014/2015 servirà di fatto a coprire una maggiore spesa causata da un errore del Ministero.

Il “curioso” utilizzo di una parte dei risparmi registrati al termine dell’anno scolastico viene segnalato dalla Flc-Cgil che fa il punto della situazione in fatto di fondo di istituto.
Il risparmio contabiizzato alla fine dell’anno è decisamente modesto (meno di 3 milioni di euro) ma 400mila euro dovranno servire per rimediare ad un errore di calcolo fatto dal Ministero con una assegnazione effettuata durante i mesi esitivi: si tratta della quota spettante per le ore dell’attività sportiva che era stata calcolata al lordo delle trattenute a carico dello Stato anzichè del dipendente. In pratica alle scuole i fondi erano stati accreditati in misura superiore a quella spettante. Le scuole li avevano comunque utilizzati completamente per retribuire attività che erano state comunque svolte.
A questo punto le soluzioni potevano essere solamente due: o recuperare quanto pagato in eccedenza sul prossimo cedolino mensile o utilzzare i risparmi accertati per coprire la maggiore spesa (la terza soluzione – far pagare l’errore a chi lo aveva commesso – non è stata neppure presa in considerazione).
Nei prossimi giorni sindacati e ministero si incontreranno ancora per chiudere definitivamente la questione e per sottoscrivere formalmente l’accordo sull’impiego dei 3milioni di risparmio.

Slitta pure il concorso per dirigenti scolastici

da La Tecnica della Scuola

Slitta pure il concorso per dirigenti scolastici

Il 2015 doveva essere l’anno della riforma e dei concorsi pubblici: la prima è andata in porto, i secondi rischiano di slittare al 2016.

Perché se la selezione diretta di oltre 63mila nuovi docenti dovrebbe essere bandita a ridosso della fine dell’anno, con il ministro Giannini che stavolta ha preso un impegno preciso, di quella che doveva portare alla scelta dei nuovi dirigenti scolastici si sono perse le tracce.

Lasciando spiazzate decine di migliaia di potenziali candidati, a cui è stato detto a più riprese di tenersi pronti. Anche perché la loro presenza a capo degli istituti risulta sempre più indispensabile, visto che ci sono quasi mille scuole autonome che continuano ad andare in reggenza e che abbondno presidi costretti a rincorrere e spendersi tra 6-7 sedi e plessi a loro affidati.

Del fatto che ci sia estremo bisogno di nuovi capi d’Istituto è quindi pacifico. Sulla sua effettiva attuazione, invece, continuano ad esserci dubbi e difficoltà. A quanto risulta alla Tecnica della Scuola, i nodi principali da sciogliere sono almeno due.

Il primo riguarda il probabile commissariamento, attraverso la Legge di Stabilità in via di approvazione, della Scuola della pubblica amministrazione ovvero la Sna: è questo organismo, infatti, per legge deputato alla formazione dei prossimi dirigenti pubblici della scuola.

Ma venendo meno l’apporto di questo ente, i docenti vincitori del concorso per nuovi dirigenti verrebbe delegato al Miur. Il quale sarebbe tutt’altro che pronto a ricoprire questo genere di onere.

Ci sono poi delle indecisioni sui requisiti d’accesso. Su cui al ministero dell’Istruzione stanno ancora ragionando. Ciò malgrado lo scorso mese di marzo (9 mesi fa!) ai sindacati fosse stato detto che tecnicamente per l’approvazione finale del Regolamento relativo alle procedure concorsuali mancasse solo l’ok del Consiglio di Stato.

Ad oggi ci sarebbero delle incertezze sull’eventuale allargamento della platea dei partecipanti a tutto il personale di ruolo. A quanto ci risulta, però, i 5 anni di servizio svolto non possono essere superati: resta da capire, allora, se varranno anche quelli svolti come precari. Mentre rimangono davvero ridotte al lumicino le possibilità che possano accedere i precari. Tanto che alcuni sindacati, proprio oggi, hanno parlato di possibili ricorsi e di sentenze favorevoli alla partecipazione dei precari nei concorsi pubblici proprio per diventare dirigente scolastico.

Fase C: supplenze, completamento orario e sostituzione collaboratori del Dirigente

da La Tecnica della Scuola

Fase C: supplenze, completamento orario e sostituzione collaboratori del Dirigente

L.L.

In attesa di formali istruzioni ministeriali, l’USR Friuli Venezia Giulia riporta alcune indicazioni operative illustrate e discusse nel corso della conferenza di servizio del 3 dicembre scorso.

In particolare, i chiarimenti forniti riguardano:

  • Supplenze sui posti di potenziamento
  • Completamento dell’orario di supplenza
  • Sostituzione dei collaboratori del dirigente scolastico
  • Validità del periodo di prova e di formazione previsto dal DM 850 per i docenti assunti nelle fasi B e C (anche con orario settimanale di servizio inferiore all’orario completo)
  • Rapporti di lavoro a tempo parziale
  • Esaurimento delle graduatorie
  • Attività di coprogettazione.

Li riportiamo di seguito:

Supplenze sui posti di potenziamento

Potranno essere stipulati incarichi con scadenza 30 giugno nei casi in cui il posto di potenziamento non sia stato assegnato per mancanza di aspiranti o non sia stato coperto per differimento (sui posti vacanti sussiste la possibilità di proroga al 31 agosto).

Relativamente ai posti di potenziamento per il sostegno, è possibile procedere alla copertura dei posti effettivamente assegnati alla scuola e rimasti vacanti (nessun aspirante) o disponibili (per differimento) solo in presenza di docenti in possesso del titolo di specializzazione.

L’individuazione del destinatario di proposta di assunzione spetta alla scuola “polo” nel caso di non esaurimento delle GaE; negli altri casi al singolo dirigente sulle graduatorie d’istituto della medesima classe di concorso del potenziamento attribuito.

Come previsto dal comma 95 dell’art. 1 della legge 107, le assenze sui posti del potenziamento non possono essere coperte mediante contratti di supplenza breve e saltuaria.

Il dirigente scolastico valuterà, nell’ambito delle proprie competenze gestionali, l’esistenza di condizioni concrete di compatibilità e l’opportunità di utilizzare il docente del potenziamento, che abbia assunto servizio nella scuola in cui svolgeva la precedente supplenza, a beneficio degli alunni cui era stato assegnato nell’incarico di supplenza, così da garantire la continuità didattica ad anno scolastico inoltrato.

Completamento dell’orario di supplenza

Il docente che ha differito l’assunzione di servizio, impegnato su supplenza con orario inferiore all’orario completo, essendo un docente con contratto a t.i. e perciò escluso dalle graduatorie di supplenza, non può partecipare ad alcuna operazione di conferimento di supplenza per il completamento dell’orario, né a livello provinciale né su graduatorie d’istituto.

Sostituzione dei collaboratori del dirigente scolastico

Nel caso in cui il posto di potenziamento destinato alla sostituzione del collaboratore del dirigente risulti vacante o disponibile (mancanza di aspiranti o differimento) potranno essere stipulati contratti di supplenza con scadenza 30 giugno, anzitutto attingendo dalle GaE. Nel caso si debba far ricorso alle graduatorie di istituto, in presenza di fabbisogno orario inferiore all’orario completo (frazione di posto per semiesonero), ciascuna istituzione scolastica provvede alla supplenza, per la quota oraria di competenza, utilizzando la classe di concorso di proprio interesse.

Condizione essenziale per l’attivazione della supplenza è che ciò non comporti aggravio di spesa in rapporto al costo del corrispettivo posto di potenziamento di cui la scuola non fruisce.

Validità del periodo di prova e di formazione previsto dal DM 850 per i docenti assunti nelle fasi B e C (anche con orario settimanale di servizio inferiore all’orario completo)

  • Supplenza su classe di concorso, su un dato grado: è valida per ruolo su classe uguale o affine del medesimo grado
  • Supplenza sostegno su infanzia o primaria: è valida per ruolo sostegno infanzia o primaria
  • Supplenza sostegno su secondaria I o II grado: è valida per ruolo sostegno secondaria I o II grado
  • Supplenza sostegno su un dato grado: è valida per ruolo su posto comune del medesimo grado

Rapporti di lavoro a tempo parziale

Potranno essere oggetto di supplenza, per la restante parte di orario, i posti attribuiti con contratto part-time.

Esaurimento delle graduatorie

In caso di esaurimento delle GaE, gli incarichi a tempo determinato sui posti di potenziamento potranno essere attribuiti, per la stessa classe di concorso, tramite l’utilizzo delle graduatorie di istituto, o, in mancanza, delle graduatorie degli istituti viciniori, così come previsto dal Regolamento delle supplenze, art. 7, comma 9, DM 13 giugno 2007 n. 131.

Nel caso in cui l’istituzione scolastica abbia avuto in assegnazione un docente di una classe di concorso non presente nell’istituzione medesima, si rivolgerà alla scuola viciniore, facendosi inviare la specifica graduatoria, secondo quanto previsto dal citato Regolamento delle supplenze.

Attività di coprogettazione

Ai fini del migliore e più razionale utilizzo del personale neo immesso in ruolo nella fase “C”, i dirigenti possono promuovere la costituzione di accordi di collaborazione tra le istituzioni scolastiche del territorio, anche di diverso ordine e grado; tali accordi dovranno prevedere l’utilizzo congiunto del personale docente per la realizzazione dei progetti di potenziamento di cui al comma 7 dell’art. 1 della Legge 107/2015.

Il servizio prestato su tali attività sarà riconosciuto ai fini del superamento del periodo di prova e di formazione.

Entro il 21 dicembre le richieste di partecipazione a “Sport di Classe”

da La Tecnica della Scuola

Entro il 21 dicembre le richieste di partecipazione a “Sport di Classe”

L.L.

Torna anche quest’anno il progetto nazionale promosso e realizzato dal Miur e dal Coni per promuovere l’adozione delle 2 ore settimanali di attività motoria nella scuola primaria.

Nello specifico, il modello di intervento delineato ha l’obiettivo di:

  • dare la possibilità di partecipazione a tutte le scuole primarie d’Italia
  • coinvolgere tutte le classi dalla 1^ alla 5^
  • coprire l’intero anno scolastico
  • promuovere l’adozione delle 2 ore settimanali di attività motoria nella scuola primaria
  • promuovere i valori educativi dello sport
  • motivare le giovani generazioni all’attività motoria e fisica

Sono destinatarie tutte le scuole primarie italiane.

Gli istituti scolastici possono inviare richiesta di partecipazione al progetto entro il 21 dicembre 2015 formalizzando la propria adesione sul sito www.progettosportdiclasse.it.

Tutte le indicazioni sono contenute nella nota MIUR prot. n. 16552 del 4.12.2015

Gli studenti italiani non vogliono diventare docenti

da La Tecnica della Scuola

Gli studenti italiani non vogliono diventare docenti

L’ultimo rapporto Pisa in Focus dell’OCSE, evidenzia come gli studenti italiani siano sempre meno invogliati ad intraprendere la carriera di insegnante.

Come riporta Corriereuniv.it, solo il 5% degli intervistati, ovvero studenti di 15 anni, vorrebbe diventare un docente da grande, cioè vale a dire 1 alunno su 100.
In base a quanto è emerso dal rapporto, le motivazioni di questo “rifiuto” dei giovani verso la carriera di professore, sono legate allo scarso appeal sociale ma soprattutto agli stipendi, troppo bassi se confrontati con altri professionisti o meglio ancora, con i docenti europei, che in alcuni Paesi riescono a raggiungere quasi il doppio dei nostri docenti.
Emerge anche un altro problema leggendo i dati del rapporto: le studentesse sembrano essere più propense dei ragazzi ad intraprendere la strada dell’insegnamento.
Come sostiene Francesca Borgonovi, ricercatrice Ocse, “è un problema ulteriore perché i ragazzi hanno in genere voti più bassi delle femmine, sono meno propensi a iscriversi all’università e anzi tendono più facilmente ad abbandonare gli studi prima del diploma. La mancanza di un figura maschile di riferimento dentro la scuola non li aiuta a impegnarsi di più: al contrario rischia di facilitarne l’allontanamento, soprattutto in chi proviene da contesti socio-economici più svantaggiati”.

Borse di studio “Itaca”: scadenza 13 dicembre

da La Tecnica della Scuola

Borse di studio “Itaca”: scadenza 13 dicembre

L.L.

I figli o orfani ed equiparati dei dipendenti e dei pensionati della pubblica amministrazione iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e dei pensionati utenti della Gestione Dipendenti Pubblici hanno l’opportunità di fruire di borse di studio per soggiorni scolastici all’estero.

Destinatari del bando “Programma Itaca” sono i giovani che in possesso dei seguenti requisiti:

a) avere conseguito la promozione senza recupero di debiti formativi nell’anno scolastico 2014/2015;

b) essere iscritti, all’atto di presentazione della domanda, al secondo o terzo anno di una scuola secondaria di secondo grado;

c) non essere in ritardo nella carriera scolastica per più di un anno.

L’importo massimo di ciascuna borsa di studio è di:

a) € 12.000,00 (Europa) e € 15.000,00 (Paesi extra europei) per la borsa di studio riferita ad un soggiorno di durata pari all’intero anno scolastico 2016/2017;

b) € 9.000,00 (Europa) e € 12.000,00 (Paesi extra europei) per la borsa di studio riferita ad un soggiorno di durata pari ad un semestre dell’anno scolastico 2016/2017;

c) € 6.000,00 (Europa) e € 9.000,00 (Paesi extra europei) per la borsa di studio riferita ad un soggiorno di durata pari ad un trimestre dell’anno scolastico 2016/2017.

Per richiedere una borsa di studio, è necessario presentare domanda entro le ore 12,00 del giorno 13 dicembre 2015, esclusivamente per via telematica dal sito dell’Inps.

I dati dell’infanzia nell’Anagrafe dello studente

da tuttoscuola.com

Dopo anni di attesa
I dati dell’infanzia nell’Anagrafe dello studente
Il Garante della privacy ha espresso parere favorevole

Il Garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento n. 522 dell’8 ottobre 2015, ha espresso parere favorevole per l’integrazione dell’Anagrafe Nazionale degli Studenti (ANS) mediante l’inserimento anche dei dati relativi ai bambini frequentanti le scuole dell’infanzia appartenenti al sistema nazionale di istruzione (statali e paritarie).

Lo schema di decreto ministeriale, per il quale vi è stato il sì del Garante, dispone che le istituzioni scolastiche dell’infanzia appartenenti al sistema nazionale di istruzione trasmettano all’Anagrafe i dati, riferiti ai propri iscritti, indicati nell’allegato tecnico al predetto decreto n. 74 del 2010 e precisamente: il codice meccanografico assegnato allo studente; il codice fiscale; cognome e nome; data di nascita; comune o stato estero di nascita; sesso; cittadinanza; comune di  residenza; età del I anno di frequenza.

L’estensione dell’anagrafe dello studente alla scuola dell’infanzia era attesa da molto tempo, ma è stata necessaria una legge apposita (legge 17 dicembre 2012, n. 221, la quale stabilisce che “l’anagrafe nazionale degli studenti di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76 è altresì alimentata dai dati relativi agli iscritti alla scuola dell’infanzia”) che ha, comunque, trovato applicazione dopo ben tre anni di attesa.

Sarà ora possibile conoscere meglio un settore scolastico nel quale si intuisce la presenza di situazioni dubbie, soprattutto in taluni territori, circa l’esatta consistenza dei dati di popolazione scolastica, grazie ai quali possono continuare a funzionare (illegittimamente?) sezioni con un numero minimo di bambini.