Sicurezza e responsabilità dei Dirigenti Scolastici

Sicurezza e responsabilità dei Dirigenti Scolastici, grande successo delliniziativa unitaria al MIUR

Si è svolta oggi 4 dicembre l’iniziativa unitaria promossa da FLC CGIL, CISL SCUOLA, UIL RUA E SNALS CONFSAL presso il Salone delle Comunicazioni del MIUR.
L’iniziativa è stata organizzata per dare rilievo alle emergenze professionali della dirigenza scolastica, a partire dalle responsabilità in materia di sicurezza nelle scuole.

All’incontro, svoltosi alla presenza della Vice Ministro Anna Ascani, hanno partecipato più di cento dirigenti (al limite della capienza preventivamente definita per l’uso della sala) in rappresentanza dei colleghi di ogni parte d’Italia.
Prima dell’avvio dei lavori la Senatrice Silvia Vono di Italia Viva ha rivolto un saluto ai convenuti, assicurando il proprio impegno a sostenere le ragioni dei dirigenti scolastici, anche sul versante della traduzione amministrativa delle norme di rango primario a garanzia della sicurezza delle scuole ed a tutela dei diritti di chi le dirige.

Sono quindi intervenuti i dirigenti presenti che hanno posto all’attenzione della Vice Ministro i problemi più urgenti delle scuole e delle connesse responsabilità dirigenziali. Sono state messe in rilevo anche le problematiche relative all’applicazione degli istituti contrattuali, dalla determinazione del FUN attraverso il suo rifinanziamento, alla questione della decurtazione dell’assegno ad personam, fino al problema della valutazione dei dirigenti scolastici.

La Vice Ministro ha assicurato l’impegno del MIUR e del governo a dar corso all’intesa sottoscritta il 29 ottobre scorso tra MIUR e Organizzazioni sindacali ed in particolare allo stanziamento nella legge di bilancio di congrue risorse per garantire un rinnovato ruolo degli enti locali ai quali sarebbe affidata la definizione dei rischi strutturali e l’indicazione delle misure necessarie a ridurre il rischio, da recepire all’interno del documento di valutazione dei rischi di competenza della singola scuola.

L’On.le Ascani ha anche assicurato un impegno per il finanziamento del FUN, teso a garantire il mantenimento degli attuali livelli retributivi dei dirigenti scolastici.
Sono poi seguiti gli interventi dei coordinatori nazionali dei dirigenti scolastici delle sigle promotrici dell’iniziativa e numerosi interventi dalla platea.

Sono state recepite le sollecitazioni dei dirigenti presenti sia sul piano del coinvolgimento delle strutture sindacali nei tavoli organizzati dagli enti locali sulla sicurezza sia sul piano delle risorse da destinare alla formazione sulla sicurezza.
Da tutte le sigle è venuto infine l’invito a mantenere alta la mobilitazione soprattutto in vista dell’approvazione della legge di bilancio 2020.

RAPPORTO OCSE – PISA

RETE STUDENTI E UDU: RAPPORTO OCSE – PISA, DESCRIZIONE DI UNA VERGOGNA ITALIANA, INVERTIRE LA ROTTA IMMEDIATAMENTE!

Il rapporto OCSE – PISA ci consegna, nuovamente, una realtà allarmante del sistema scolastico Italiano: i dati sulle capacità di lettura e comprensione del testo, il divario tra nord e sud e tra ricchi e poveri ci descrivono un Paese in cui la scuola non riesce ad adempiere ai suoi compiti di base.
“Sono risultati figli delle politiche degli ultimi 10 anni – afferma Federico Allegretti, Coordinatore Nazionale della Rete degli Studenti Medi – in un Paese in cui il sistema scolastico è sottofinanziato non ci si può aspettare che i dati consegnino la descrizione di una realtà rosea. Le nostre scuole sono fatiscenti, i nostri docenti sottopagati e la nostra didattica vecchia. Siamo costretti a studiare in un ambiente che non ci fornisce nessun tipo di welfare, dove i ricchi possono permettersi di portare avanti gli studi mentre i poveri sono relegati ai margini di un sistema che fa della competizione e della premialità del merito i suoi cardini.”
“Impressionante è il divario di punteggi che vediamo tra il Nord e il Sud del nostro Paese, segno di una povertà educativa, in particolare nel meridione del nostro paese molto diffusa, ma che va affrontata senza mettere la famosa “polvere sotto il tappeto” – dichiara Enrico Gulluni Coordinatore Nazionale dell’Unione degli Universitari – è diventato ormai fondamentale investire su scuola, università e ricerca, perché si sta andando a colpire una intera generazione che non riuscirà ad avere le conoscenze adeguate per affrontare il mondo del futuro e i cambiamenti necessari per migliorare il nostro paese” 
“È inutile piangere sul latte versato – conclude Allegretti – come Rete degli Studenti Medi sono anni che chiediamo una inversione di rotta sui temi della scuola. La classe politica, invece di commentare, di prenda la responsabilità di risolvere il problema avviando una fase di ricostituzione del comparto dell’istruzione italiana. È insopportabile essere testimoni di un sistema classista, che avalla l’esistenza di due velocità all’interno del Paese: il divario tra Nord e Sud, tra scuole e studenti e studentesse di seria A e serie B è una vergogna che non può essere giustificabile. Se questo Paese vuole ripartire, bisogna farlo dalla scuola, senza lasciare indietro nessuno.”

Approvato alla Camera il decreto scuola

Decreto scuola, i docenti precari traditi. Subito Pas gratuito per dare soluzione al precariato

Approvato alla Camera, il decreto scuola passa al Senato per l’approvazione definitiva.

Il testo originario e quello emendato non risolvono in alcun modo la gravissima situazione dei 200.000 insegnanti precari, ancora una volta costretti a concorrere per una miseria di posti di ruolo che altro non farà che fomentare la continua guerra tra poveri.

48.000 posti in tutto, comprensivi dei posti su sostegno, restano uno schiaffo nei confronti di chi da anni porta avanti la Scuola Pubblica Statale con contratti che, quando va bene, scadono il 30 di giugno.

La riapertura delle terze fasce d’istituto altro non è che un atto dovuto, in considerazione del massiccio ricorso alle MaD messo in atto dai dirigenti scolastici, procedura per nulla controllabile o trasparente, pronta ad accogliere ogni tipo di familismo o clientelismo e contro la quale USB Scuola si è già espressa.

La trasformazione delle terze fasce in graduatorie provinciali è una soluzione tampone nel breve periodo, in nessun modo però possono diventare nuove GaE, dentro le quali molti di noi hanno trascorso decenni di precariato e che in alcune regioni sono ancora piene di aspiranti, con l’aggravante di essere utilizzabili solamente ai fini delle supplenze senza mai una speranza di stabilizzazione.

La procedura straordinaria avviata dal governo rasenta la farsa: un quizzone computerizzato, una batteria di domande a risposta multipla su tutto il programma di studi, dalle avvertenze generali alla disciplina. Un esame finale al termine dell’anno di prova davanti ad un comitato di valutazione “arricchito” da due membri esterni. Un metodo innovativo di unire da un lato il risparmio economico (con il quiz si snelliscono le commissioni e i membri esterni non avranno alcun compenso) e dall’altro la possibilità sempre più concreta di ricattabilità dei docenti neoassunti da parte dei dirigenti scolastici.

L’inserimento del “coding” all’interno dei requisiti ci lascia basiti. Una “disciplina” finora mai obbligatoriamente richiesta, mai inserita all’interno dei percorsi universitari per il conseguimento dei crediti d’accesso ai concorsi, viene inserita oggi, alla vigilia della pubblicazione del bando di concorso, previsto per la fine di dicembre. Un nuovo balzello da pagare alle università private e telematiche? Un nuovo ostacolo per gli insegnanti precari?

La prossima pubblicazione di un nuovo bando TFA sostegno è un altro “cerotto” che verrà applicato ad una ferita gravissima della scuola italiana: la mancanza di docenti specializzati sul sostegno lede il diritto all’inclusione degli studenti più fragili e non vi si pone rimedio con l’utilizzo di volenterosi precari. Manca ancora il contingente, i docenti che stanno seguendo adesso i corsi di specializzazione sono 14.000, non ci aspettiamo da questo governo stanziamenti tali da garantire una quantità di posti molto maggiore, richiedendo per altro una modifica di requisiti per i tanti ITP che volessero partecipare, per i quali era garantito il titolo attuale fino al 2024/25 mentre adesso dovranno possedere almeno una laurea triennale e i 24 cfu.

Gli Assistenti Amministrativi che per anni hanno retto le posizioni di DSGA non vedranno alcuna procedura agevolata, nessun nuovo stanziamento per i Collaboratori e i Tecnici.

Per quanto USB Scuola gioisca per una battaglia ventennale finalmente portata a giusta conclusione con l’assunzione di circa 11.250 ex LSU ATA e appalti storici, troviamo inaccettabile il decreto scuola nel suo insieme e siamo pronti ad intraprendere ogni possibile iniziativa di mobilitazione e di lotta contro un provvedimento che non stabilizza nessuno, che lascia in situazione di vita e di lavoro instabile migliaia e migliaia di lavoratori che dovrebbero essere assunti senza ulteriori procedure e indugi e, in attesa della dovuta stabilizzazione, chiediamo l’attivazione di un percorso abilitante gratuito per tutti i docenti che abbiano tre annualità di servizio, così da consentire il conseguimento dell’abilitazione a tutela della professionalità acquisita nei tanti anni di servizio.

#Quellochesaremo

‘#Quellochesaremo’, al via la campagna digital del MIUR

La scuola si racconta
per dare voce all’Italia che sarà

Chi saranno i cittadini di domani? Dove si progetta l’Italia del 2050? I palazzi in cui si decide sono solo quelli del Governo e del Parlamento o sono anche i licei, gli istituti professionali, le scuole? È la nuova campagna digital del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dall’hashtag #Quellochesaremo. La campagna percorre i luoghi centrali in cui si forma il futuro della società.

A presentarla, questa mattina al MIUR, il Ministro Lorenzo Fioramonti alla presenza della Vice Ministra Anna Ascani e della Sottosegretaria Lucia Azzolina.

Le classi in cui ogni giorno i nostri docenti insegnano con passione sono “l’aula più importante del Paese”, viene ricordato nel video della campagna. I team di ricercatori che in ogni ambito si distinguono a livello internazionale sono “la coalizione per il domani”. I “banchi in cui si decide il futuro” sono le scuole e le università. I giochi di “palazzo” su cui è focalizzato il lavoro del Ministero sono i momenti ludici e di crescita che i tanti bambini e ragazzi trascorrono tra gli edifici scolastici. 

La campagna è costruita sull’affinità semantica che lega alcuni termini delle istituzioni scolastiche e di quelle democratiche. Lanciata oggi sui canali social del Ministero con un video,  proseguirà con card social e con il coinvolgimento di influencer e della vasta community digitale del Ministero di Viale Trastevere.

D. Di Pietrantonio, L’Arminuta

Dall’Abruzzo una scrittrice…

di Antonio Stanca

   Dall’Abruzzo viene Donatella Di Pietrantonio: ad Arsita, in provincia di Teramo, è nata nel 1963, a L’Aquila si è laureata in Odontoiatria, a Penne, in provincia di Pescara, risiede e lavora come dentista pediatrica. Qui si dedica pure alle attività di giornalista e scrittrice. Nella narrativa sarà il romanzo Mia madre è un fiume del 2011 a rappresentare il suo esordio, poi, nel 2013, verrà il secondo, Bella mia, chiaramente riferito alle conseguenze del terremoto del 2009, e nel 2017 pubblicherà L’Arminuta, terzo romanzo che ora ha avuto presso Einaudi la sua prima edizione nella serie “Super ET”. Con quest’opera la Di Pietrantonio ha vinto nel 2017 il Premio Campiello e il Premio Napoli. Nel 2019 ne è stato tratto uno spettacolo teatrale. Altri riconoscimenti ha avuto la scrittrice per le altre sue opere, anche tradotte in lingue straniere sono state e tutte ambientate in quell’Abruzzo che lei vive con l’amore per la sua terra d’origine, al quale si sente indissolubilmente legata. Dell’Abruzzo vuole dire, l’Abruzzo vuole mostrare la Di Pietrantonio, i luoghi, gli ambienti, gli usi, i costumi, la lingua di questa terra vuole far vedere, la testimone vuole essere di una storia, di una vita che è rimasta indietro nel tempo, che dimenticata è stata da quel processo che ha assunto il nome di modernità. Soprattutto le zone interne dell’Abruzzo hanno sofferto questo problema e lì è andata la scrittrice a scoprire come si vive, cosa succede, da lì ha tratto i motivi della sua scrittura, i temi della sofferenza, della pena, quelli che derivano dalla povertà, dalla privazione, dalla perdita. Anche ne L’Arminuta scrive di una famiglia povera, numerosa, che negli anni ‘70 vive lontana dal centro urbano, all’interno della sua regione, in montagna, e che ha affidato uno dei suoi figli, una piccola bambina, ad una famiglia agiata, quella di una cugina della madre che non ha figli e vive in città. Questo confronto tra la montagna e la città, tra l’interno e l’esterno dell’Abruzzo, tra la povertà e la ricchezza, percorrerà tutto il romanzo e prenderà maggiore evidenza quando la cugina deciderà di rimandare, di far tornare presso i genitori la piccola che le era stata affidata. Ora aveva tredici anni, l’aveva tenuta da quando era in fasce e madre era stata da lei creduta. Ritornata a casa, tra i veri genitori e i tanti fratelli, soffrirà della differenza tra i due ambienti, non si adatterà allo stato di miseria di quello attuale, vorrà rientrare nella condizione precedente ma non sarà possibile ché separata si era quella cugina dal marito, con un altro uomo si era messa, con questo aveva avuto un figlio e a lui doveva ora badare. Non poteva più essere la madre buona, la madre ricca di prima, non poteva più tenere in casa la ragazza e la situazione per questa diventerà drammatica. Sarà lei “l’arminuta”, la ritornata, e intorno a lei comincerà a crearsi una lunga, interminabile storia fatta di passato e di presente, di genitori creduti e di genitori veri, di fratelli e sorelle sconosciuti, di bene prima vissuto e di male ora sofferto. Saranno tante le situazioni nuove, impreviste che quella ragazza vivrà, tanti i pensieri che attraverseranno la sua mente, gli aspetti che la sua vita assumerà. Sempre incompiuta, però, rimarrà, mai le sarà possibile ordinarla, realizzarla. Mai potrà più stare nella città, nella casa, con la donna che voleva e che aveva creduto madre senza sapere di essere figlia di un’altra. Quella la potrà solo aiutare, sostenere economicamente mentre la vera madre non può fare neanche questo: la situazione che si è creata è la vicenda che la scrittrice fa scorrere nel romanzo e che rimane sospesa, priva di soluzione, che per tutti diventa amara.  

  Un dramma si è rivelata quella che era sembrata la semplice soluzione di un problema tra parenti che tanto si fidavano l’uno dell’altro. Un’opera di letteratura ha fatto la Di Pietrantonio di una storia della sua terra. A nudo ha messo l’interiorità di tante persone, tanti modi di pensare, di vivere ha fatto conoscere, un universo soprattutto femminile ha disvelato e sempre con la semplicità, la facilità propria della sua lingua. In avvenimenti naturali ha trasformato questa situazioni che si andavano sempre più complicando.

   E’ un altro merito della scrittrice!

Scuola, il conto delle assunzioni sale a 70mila unità

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Si riaprono le assunzioni nella scuola: altre 9mila cattedre recuperate dai pensionamenti avvenuti con Quota 100, verranno coperte – probabilmente già in corso d’anno – con docenti stabili. Poi scatteranno due nuove selezioni (una ordinaria e l’altra riservata e più snella) per immettere in ruolo altri 48/49mila professori (di questi almeno 24mila a settembre 2020). Disco verde anche a un nuovo concorso per insegnanti di religione (dopo oltre 15 anni dall’ultimo). Non solo: vengono riaperte le graduatorie di terza fascia (dove le scuole attingono per nominare supplenti) con proroga fino all’anno scolastico 2022/2023; e arriva un nuovo meccanismo, una “call veloce” per coprire più rapidamente (consentendo spostamenti anche fuori regione) le cattedre che ogni anno restano vuote al termine delle operazioni ordinarie di assunzione.

Nel giorno in cui l’Ocse certifica i ritardi negli apprendimenti degli studenti italiani (su cui si veda altro articolo a pagina 24), dalla Camera, con 282 sì e 212 no, arriva il primo via libera al decreto Scuola, il cui piatto forte è invece il personale, docente e non. Ora la palla per l’ok definitivo, che deve arrivare entro il 29 dicembre, passa al Senato.

Tra concorsi, stabilizzazioni e sanatorie di vario tipo, il conto complessivo dei nuovi inserimenti nella scuola arriva a cifra tonda, vale a dire 70mila unità. Ai 48/49mila precari a cui guardano i due nuovi concorsi, si sono aggiunti infatti, nell’ordine, la statizzazione di 11.263 lavoratori impegnati in attività di pulizia e decoro; il migliaio di capi segreteria “Dsga facenti funzione” per i quali si apre a un concorso straordinario a cui potranno partecipare coloro con tre anni scolastici di servizio dal 2011/2012; i 59 nuovi dirigenti tecnici dal 2021; e gli 87 dal 2023. A questi 61mila contratti a tempo indeterminato già previsti nel testo originario, si sommano, adesso, le 9mila cattedre liberate da Quota 100, e che nei prossimi mesi saranno coperte stabilmente.

Il provvedimento, 10 articoli in totale, estende poi il bonus merito (quest’anno vale 160 milioni di euro) anche ai supplenti con contratto fino al 30 giugno o al 31 agosto (lo scorso anno erano oltre 130mila); introduce il coding tra le metodologie didattiche da acquisire nell’ambito dei crediti formativi o durante il periodo di formazione e prova; per quanto riguarda i cosiddetti “diplomati magistrali”, apre alla trasformazione del contratto di lavoro a tempo determinato in caso di sentenza sfavorevole, con il duplice obiettivo di evitare un licenziamento e di garantire la continuità didattica.

Tra le ultimissime novità inserite alla Camera spicca l’ampliamento della platea di coloro che potranno partecipare al concorso straordinario: saranno ammesse le candidature sia dei docenti che abbiano maturato servizio nei percorsi di Istruzione e formazione professionale (IeFP), sia di coloro che abbiano effettuato una delle tre annualità richieste dall’anno scolastico 2008/2009, sia di chi sta svolgendo nell’anno in corso la terza annualità di servizio.

Novità anche per le scuole paritarie, che avranno la possibilità di sostituire temporaneamente i docenti con personale educativo. Confermata invece l’esclusione di presidi e personale scolastico dall’obbligo delle rilevazioni biometriche.

Alcune misure del decreto riguardano anche l’università. Una su tutte: l’aumento da 6 a 9 anni la durata dell’Abilitazione scientifica nazionale che consentirà ai 27mila aspiranti prof universitari di non vedere scadere il “patentino” già ottenuto e di partecipare ai concorsi banditi dagli atenei.

Troppe assenze e poche risorse: 15enni italiani indietro in lettura

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Da un lato, le assenze dai banchi quasi triple rispetto al resto del mondo. Dall’altro, la carenza generalizzata di risorse lamentata dai presidi. Fatto sta che la capacità di lettura degli studenti italiani continua a peggiorare. E anche in scienze sono messi male mentre in matematica se la cavano. A dirlo sono le rilevazioni Pisa-Ocse 2018 che valutano le conoscenze e competenze chiave dei 15enni sparsi per il globo. Ad arrancare, dal punto di vista territoriale, sono soprattutto il Sud e le isole. Mentre, per tipologia di scuola, a restare indietro sono soprattutto gli istituti professionali.

La classifica Pisa-Ocse

L’indagine 2018 esamina più di 11mila studenti in Italia (600mila nel mondo, con 79 Paesi partecipanti di cui 37 dell’Ocse). Il focus (che esce dal 2000 con cadenza triennale) stavolta è sulla literacy in lettura, definita nel Pisa come «la capacità degli studenti di comprendere, utilizzare, valutare, riflettere e impegnarsi con i testi per raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e partecipare alla società». Con due focus minori sulla literacy matematica (intesa sostanzialmente come le capacità di impiegarla per spiegare e prevedere fenomeni più generali) e quella scientifica (che può tradursi come l’abilità di interpretare i dati e le prove in modo scientifico).

In ritardo Sud e isole

Entrando nel dettaglio, i 15enni italiani ottengono un punteggio di 476, che è inferiore alla media Ocse (487) di 11 punti e che ci colloca a distanza siderale dalle prime: le cinesi Pechino, Shanghai, Jiangsu, Zhejiang e Singapore. Di fatto, su 37 Paesi Ocse ci posizioniamo tra il 23° e il 29° posto. Nello stesso gruppo di Svizzera, Lettonia, Ungheria, Lituania, Islanda e Israele. E dietro a Spagna e Portogallo. A penalizzarci è soprattutto il ritardo del Mezzogiorno: se Nord Est (501) e Nord Ovest (498) si piazzano addirittura sopra la media Ocse e il Centro (484) è lì lì, Sud e isole invece arrancano, dal basso rispettivamente dei loro 453 e 439 punti.

Ok i liceali, male i professionali

Lo studio conferma anche il peso del tipo di scuola frequentata: i ragazzi dei licei ottengono i risultati migliori (521), davanti a istituti tecnici (458), professionali (395) e centri di formazione professionale (404). Guardando alle competenze, la fotografia non cambia: nei licei il 9% di studenti raggiungono livelli elevati nel Pisa (top performer) e al contempo solo l’8% non raggiunge il livello minimo (low performer). Laddove negli istituti professionali e nei centri di formazione professionale il 50% non raggiunge il livello minimo di competenza.

Male le scienze

Il ritardo si manifesta anche in matematica e scienze. Perché se è vero che i 15enni italiani, in matematica, ottengono un risultato medio in linea con la media Ocse (487 contro 489), nelle scienze siamo in ritardo di oltre 20 punti (468 noi contro una media di 489). In entrambi i campi tornano le divaricazioni territoriali, con il Nord e il Sud della penisola separati di circa 70 punti. Anche in matematica e scienze uno studente su quattro non raggiunge il livello base di competenze. Specialmente a causa di una riduzione del gruppo top. In matematica – dove i risultati sono migliorati nel 2009 e poi rimasti stabili – è low performer circa il 15% di studenti del Nord contro il 30% del Sud. In scienze la stessa forbice diventa di 15-20% a 35% e i dati peggiorano quasi inesorabilmente dal 2006.

Differenze di genere

Il gender gap italiano si manifesta già in classe. Le studentesse italiane ottengono 25 punti in più dei colleghi maschi. Nel Nord Est e nel Sud isole i punti di differenza sono perfino superiori. Ma lo stesso non accade per le discipline Stem. In matematica i ragazzi ottengono un risultato superiore alle ragazze di 16 punti (più del doppio della media Ocse). In scienze le ragazze incassano performance leggermente superiori (due punti in più). Ma, guardando avanti, il quadro resta sconfortante: uno studente su 4 e solo una studentessa su 8 con i risultati migliori in matematica o scienze prevedono di lavorare come ingegnere o come professionista nelle scienze all’età di 30 anni.

I fattori di ritardo

Passando all’esame del clima scolastico dai dati emergono due fattori di contesto degni di nota. Il primo riguarda i ragazzi. Nelle due settimane precedenti le rilevazioni il 57% dei 15enni di casa nostra ha saltato almeno un giorno di lezione contro il 21% di media. Il secondo interessa il contesto. Con i dirigenti scolastici che – nonostante le maxi-assunzioni degli ultimi quattro anni – lamentano una maggiore carenza di personale e di materiale rispetto agli stranieri. E qui senza alcuna distinzione di ceto sociale o ambito territoriale.

L’ascensore sociale si è bloccato

Il rapporto Pisa-Ocse si sofferma infine sull’equità del sistema italiano. Gli studenti con alto livello di rendimento che si aspettano di conseguire un titolo di studio superiore al diploma sono 9 su 10 di quelli che provengono da realtà socio-economiche avvantaggiate; mentre solo 6 su 10 da realtà svantaggiate. Ed è una zavorra che rischia di penalizzarli per sempre se consideriamo che 2 studenti su 5 svantaggiati sì, ma dall’alto rendimento non si aspettano di finire l’università. L’ennesimo spreco di capitale umano che non ci possiamo permettere.

Anp: Ocse dimostra che va cambiato modello didattico

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«Trovo apprezzabile il lavoro svolto, per il quale dobbiamo ringraziare dirigenti scolastici e docenti; ha partecipato alla rilevazione oltre il 90% delle scuole interessate e i dati raccolti dovrebbero consentire di determinare processi ed esiti del sistema formativo. Sarebbe opportuno che le scelte del decisore politico fossero sempre legate a dati e analisi concreti come quelli offerti dall’indagine Ocse-Pisa». Lo afferma il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Antonello Giannelli.

«In tema di politica scolastica si osserva come occorra sgomberare il campo da elementi culturali, stereotipi, giudizi che condizionano scelte di insegnamento ed esiti del sistema educativo», sottolinea Giannelli, secondo il quale i dati evidenziano come, ad esempio, le ragazze «pur essendo presenti in misura maggiore tra i top performer, durante il cammino scolastico siano implicitamente indotte a dirigere il proprio destino universitario e quindi lavorativo, in direzioni condizionate dagli stereotipi sociali e di genere».

In matematica i risultati raggiunti sono in linea con quelli dei coetanei mentre in scienze gli studenti italiani ottengono un risultato medio significativamente inferiore. Conclude Giannelli: «Non servono nuove riforme ma il rinnovamento della prassi didattica che passa necessariamente attraverso la programmazione e l’attuazione di un piano di aggiornamento per supportare i docenti in questa difficile sfida. L’Anp, da tempo, auspica il superamento dell’attuale modello didattico trasmissivo, basato sull’apprendimento nozionistico, per adottare un approccio fondato su formulazione di ipotesi, deduzione di conseguenze e confronto con la realtà».

Save the children: una foto impietosa della povertà educativa in Italia

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«I nuovi dati Ocse-Pisa ci trasmettono una fotografia impietosa della povertà educativa in Italia e mettono in luce la crisi del sistema di istruzione e l’incapacità del sistema scolastico di contrastare e superare le disuguaglianze educative. I risultati scolastici dei nostri studenti, che soprattutto in lettura e scienze peggiorano rispetto al passato, continuano ad essere profondamente segnati da ampi divari di carattere territoriale, sociale e di genere, e questo non fa che tradursi in difficoltà e ostacoli che si troveranno inevitabilmente davanti per affrontare la vita quotidiana e costruirsi il futuro al quale hanno diritto». Lo afferma Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, commentando i dati sulle competenze scolastiche degli studenti in Italia diffusi ieri dall’indagine Ocse-Pisa.

«Un quadro cupo in cui c’è da aggiungere il forte rischio che anche i migliori perdano la fiducia e la speranza nell’istruzione come perno per migliorare la propria condizione,
visto che tra gli studenti svantaggiati con alto rendimento, solo 3 su 5 si aspettano di completare l’istruzione terziaria, mentre, tra quelli socio-economicamente avvantaggiati con alto rendimento il rapporto sale a 7 su 8», ha proseguito Raffaela Milano.

Particolarmente allarmanti, sottolinea l’Organizzazione, i dati sulle differenze territoriali, con il doppio degli studenti che, al sud, non raggiunge le competenze minime in matematica
rispetto ai coetanei del nord. Allo stesso modo, forte preoccupazione desta anche il fatto che nel nostro Paese 1 studente su 4 non raggiunga le competenze minime in scienze: una
disciplina che dall’analisi svolta nel recente Atlante dell’infanzia (a rischio) di Save the children emerge come una priorità educativa, per attrezzare i giovani a costruire una
società più sostenibile nell’ottica della necessità di un nuovo governo dei rischi ambientali.

Scuola, rapporto Ocse-Pisa. Uno studente su 20 comprende un testo. La Cenerentola delle materie è Scienze

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Sanno distinguere tra fatti e opinioni quando leggono un testo di un argomento a loro non familiare? Un quindicenne su venti riesce a farlo. La media Ocse è di uno su dieci. Mentre gli studenti che hanno difficoltà con gli aspetti di base della lettura sono uno su quattro: non riescono ad identificare, per esempio, l’idea principale di un testo di media lunghezza.

Niente da fare, dunque. I ragazzi italiani non migliorano nella capacità di leggere e comprendere un testo, un’emergenza nota da tempo e che era già emersa anche nell’ultimo rapporto Invalsi sugli studenti di terza media. Se si guarda alle superiori, siamo sempre sotto la media nel confronto internazionale. E peggioriamo rispetto a rilevazioni di dieci anni fa.

Un campanello di allarme che risuona dalla nuova indagine Ocse-Pisa che valuta le competenze dei 15enni rispetto alla lettura, la matematica e le scienze. A rappresentare una popolazione totale di 32 milioni di studenti quindicenni di tutti i 79 paesi ed economie partecipanti a questa edizione – presentata oggi – sono circa 600mila studenti che hanno sostenuto il test al computer della durata di due ore. In Italia, 11.785 studenti hanno sostenuto la prova, rappresentativi di una popolazione di circa 521.000 studenti quindicenni.

I risultati confermano i miglioramenti degli studenti italiani in matematica. Rimangono invece sotto la media Ocse per la lettura, definita come la capacità di comprendere, utilizzare, valutare, riflettere e farsi coinvolgere da un testo. E peggiorano le capacità nelle scienze. Si confermano inoltre il divario tra Nord e Sud, tra licei e professionali e le differenze di genere. Risultati che fanno dire ad Anna Maria Ajello, presidente Invalsi, che “non scatta una presa in carico del problema rispetto alla lettura di dati che, al contrario, devono preoccupare”.

Il punteggio dell’Italia nella lettura è di 476 contro 487 della media Ocse. Il nostro Paese si colloca tra il 23° e il 29° posto tra i paesi Ocse. Un dato abbastanza stabile rispetto all’ultima rilevazione del 2015 (485). Ma se si guarda indietro i nostri ragazzi sono peggiorati: meno 11 punti rispetto al 2000 e  meno 10 punti rispetto a dieci anni fa (2009) nelle competenze di lettura.

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L’Italia è a livello di Svizzera, Lettonia, Ungheria, Lituania, Islanda e Israele. Le province cinesi di Beijing, Shanghai, Jiangsu, Zhejiang e Singapore ottengono un punteggio medio superiore a quello di tutti i paesi che hanno partecipato alla rilevazione.

La novità è che per la prima volta sono state introdotte letture tratte da testi digitali per testare le conoscenze della generazione Z, nata nel 2004, che legge e s’informa sul web. Gli studenti italiani sono più bravi nei processi di comprensione (478) e di valutazione e riflessione (482), se la cavano peggio nell’individuare informazioni (470).

Non è una novità, ma sulle capacità di lettura si conferma il divario tra Nord e Sud: gli studenti delle aree del Nord ottengono i risultati migliori, al di sopra della media Ocse (Nord Ovest 498 e Nord Est 501), mentre i loro coetanei delle aree del Sud sono quelli che presentano le maggiori difficoltà (Sud 453 e Sud Isole 439). +

Scuola, rapporto Ocse-Pisa. Uno studente su 20 comprende un testo. La Cenerentola delle materie è ScienzeCondividi

Saltano agli occhi anche le differenze tra liceali, che ottengono i risultati migliori (521) e i ragazzi degli Istituti tecnici (458) e professionali (395) e della formazione professionale (404). Nei licei troviamo la percentuale più elevata di studenti che raggiungono i livelli più alti, definiti come top performer: sono il 9% contro il 2% dei tecnici. Chi raggiunge il livello minimo di competenza nella lettura è l’8% nei licei, percentuale che sale al 27% nei tecnici,. Non raggiunge il livello 2 – quello minimo – almeno il 50% degli studenti degli Istituti professionali e della Formazione professionale.

In lettura le ragazze superano i ragazzi di 25 punti; nel Nord-Estee nel Sud Isole il divario arriva a 30 e 35 punti di differenza. Il vantaggio delle ragazze è confermato anche da una presenza maggiore di ragazzi che non raggiungono il livello minimo di competenza: circa il 28% contro il 19%.

Scuola, rapporto Ocse-Pisa. Uno studente su 20 comprende un testo. La Cenerentola delle materie è ScienzeCondividi

In Matematica va meglio. Gli studenti italiani hanno ottenuto un punteggio medio (487 – era 490 nel 2015) in linea con la media dei paesi Ocse (489). Un risultato simile a quello di Portogallo, Australia, Federazione Russa, Repubblica Slovacca, Lussemburgo, Spagna, Georgia, Ungheria e Stati Uniti. Anche qui le differenze si fanno sentire confermando una scuola a due velocità. Gli studenti del Nord Est, con un punteggio di 515, e quelli del Nord Ovest, con 514, ottengono risultati mi­gliori rispetto agli studenti del Centro (494), del Sud (458) e del Sud Isole (445). In particolare le due province di Trento e Bolzano hanno ottenuto risultati non dissimili dai Paesi scandinavi.

Dal 2009 ad oggi l’andamento dei risultati Pisa in matematica è rimasto costante. Rispetto ai cicli precedenti, la rilevazione del 2018 ha mostrato un miglioramento solo in confronto al 2003 (+21 punti) e al 2006 (+25 punti). Sono i ragazzi, soprattutto quelli che raggiungono i livelli più eccellenti, a superare le ragazze. Nei paesi Ocse, la differenza media tra maschi e femmine in matematica è di 5 punti, in favore dei primi. In Italia questa differenza è più elevata: 16 punti.

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Peggiora la situazione delle competenze in Scienze: il punteggio è di 468 contro la media Ocse di 489. Nel 2015 era di 481. Più in generale, se si guarda a un periodo più lungo, la media dei risultati in scienze nel 2018 è significativamente inferiore a quella osservata nel periodo 2009-15. L’Italia si colloca in linea con Turchia, Slovacchia e Israele e, tra i paesi partner, Croazia, Bielorussia, Ucraina.

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Le differenze nei risultati medi tra macro-aree si confermano molto marcate: gli studenti del Nord Ovest e del Nord Est ottengono i risultati migliori con rispettivamente 491 e 497 punti. Seguono gli studenti del Centro con 473 punti, infine troviamo quelli del Sud e del Sud Isole (rispettivamente 443 e 430 punti). I licei ottengono un risultato medio in scienze significativamente superiore (503) a quello di tutti gli altri tipi di scuola e gli Istituti tecnici conseguono un risultato (460) che supera quello degli Istituti professionali (394) e dei Centri di Formazione professionale (408).

La scuola delle disuguaglianze

Il sistema scolastico non sblocca l’ascensore sociale. Le scuole tendono ad essere frequentate da studenti con lo stesso background socio-economico e culturale, rileva l’indagine. E questo crea un effetto di segregazione. Basti pensare che la varianza dei risultati tra scuole in Italia è del 43% della varianza totale contro il 29% della media Ocse.

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A parità di competenze, si rileva una maggiore difficoltà a immaginare il proprio futuro se i ragazzi vengono da condizioni svantaggiate dal punto di vista sociale. Gli studenti eccellenti che vogliono un titolo superiore al diploma sono 9 su 10 se provengono da un contesto socio-economico avvantaggiato; scendono a 6 su 10 se sono socio-economicamente svantaggiati.

E sono forti gli stereotipi di genere che resistono. Le aspettative di carriera degli studenti con i risultati migliori in matematica e scienze lo dimostrano: un ragazzo su quattro prevede di lavorare come ingegnere o come professionista nelle scienze all’età di 30 anni. Tra le ragazze la percentuale è inferiore: solo una su otto immagina così il suo futuro.

«Bisogna essere esigenti con studenti e insegnanti: è in gioco il futuro del Paese»

da Corriere della sera
di Francesco Avvisati, Ocse

I nuovi risultati dell’indagine PISA devono allertare sullo stato dell’istruzione in Italia. Gli studenti italiani mantengono, in media, un livello sufficiente soltanto in matematica; ma a fronte di cambiamenti rapidi, anche tecnologici, che richiederebbero competenze scientifiche diffuse e la capacità di usare, in maniera critica, l’informazione quasi infinita – e spesso di scarsa qualità – che si trova on line, il livello di preparazione scientifica e le capacità di comprensione del testo degli studenti italiani sono calate tra il 2012 e il 2018.

Il divario Nord-Sud

Certo, molti dei problemi evidenziati dai dati Pisa non sono nuovi. Il forte divario territoriale, tra aree del nord Italia in cui il sistema di istruzione ha buoni esiti, anche nel confronto internazionale, e aree del meridione dove gli esiti dell’istruzione sono sotto la sufficienza per un numero inaccettabile di ragazzi e ragazze, è noto da tempo agli addetti ai lavori ed è stato messo in luce anche nei dati dell’Invalsi, che consentono analisi ben più approfondite sulle origini e le cause di questi divari. Di fronte alla ripetizione di questi risultati, è necessaria una rapida presa di coscienza dei decisori politici.

Assenteismo cronico

Ma i problemi dell’istruzione non riguardano solo gli insegnanti o il ministero competente; e in molti possono contribuire a risolverli. Per fare un esempio: l’Italia è uno dei paesi dove l’assenteismo degli studenti è più elevato – più della metà degli studenti italiani ha saltato almeno un giorno di scuola nelle due settimane precedenti il test (sono meno di uno su sei in Francia o in Germania, e solo uno ogni venti in Corea o in Giappone). Potremmo dire con Woody Allen che l’80% del successo è presentarsi sul palco; e verrebbe da chiedersi cosa ne pensano i genitori, e se davvero è così difficile migliorare in questa particolare classifica. Ma non sarebbe neppure giusto scaricare la responsabilità dei problemi della scuola sui genitori.

Il ruolo dei genitori e della società

È la società nel suo insieme a veicolare rappresentazioni che possono influire negativamente sull’impegno di studenti e insegnanti, e dunque sull’apprendimento. Ad esempio, sappiamo da tempo che l’Italia è un Paese con scarsa mobilità sociale: le indagini comparative ci dicono che la probabilità che un ragazzo di origine modesta migliori la sua posizione nella società rispetto a quella della famiglia in cui è cresciuto è sempre stata bassa in Italia. I dati Pisa mostrano che ciò riflette non solo disparità nell’accesso a un’istruzione di qualità, ma anche una forma di auto-censura sulle aspettative per il futuro: molti degli studenti di origine modesta che ottengono risultati eccellenti, che consentirebbero loro di completare un percorso di studio lungo, non credono che conseguiranno un titolo di studi di livello universitario. Questi ragazzi e ragazze hanno probabilmente internalizzato i consigli di genitori, zii, insegnanti, amici – e una certa rassegnazione che finisce per influire sulle scelte di percorso e quindi per avverarsi.

Al centro del dibattito politico

Dobbiamo cominciare a pensare al sistema di istruzione come all’immagine del Paese che verrà. Se vogliamo un futuro migliore per il Paese, dobbiamo tornare a essere esigenti con la scuola, e accompagnarla negli sforzi necessari per affrontare le sfide del futuro. Altri Paesi hanno intrapreso questa strada e stanno vedendo i frutti di una strategia di miglioramento per la scuola. Il Portogallo è stato in grado di ripensare l’offerta formativa e di migliorare i propri risultati Pisa, pur affrontando una grave crisi economica. La Svezia ha invertito un declino che pareva irrisolvibile, facendo della qualità dell’istruzione una priorità anche del dibattito politico. Il Regno Unito ha migliorato i propri risultati in matematica puntando in maniera decisa sulla formazione degli insegnanti, a partire dalla scuola elementare.

La formazione degli insegnanti

Le scelte politiche effettuate, così come i contesti, sono diversi in ciascun Paese: ma in ciascuno di questi Paesi, l’istruzione è percepita come un problema troppo importante per essere lasciato ai soli addetti ai lavori. Nei prossimi dieci anni, la popolazione degli studenti diminuirà in Italia di circa il 10%, e quasi la metà degli insegnanti oggi in servizio andrà in pensione. Ciò rappresenta un’occasione forse unica per ripensare le priorità del sistema di istruzione – mettendo gli studenti, e il futuro del Paese che essi saranno chiamati a costruire, – al centro della riflessione.

Nuovi professori con lauree ad hoc

da Italiaoggi

Alessandra Ricciardi

I nuovi docenti vanno formati all’università, con lauree ad hoc. Sul modello di quanto già avviene per gli insegnanti di infanzia e primaria. È la proposta lanciata da Lucia Azzolina, sottosegretario all’istruzione del Movimento5stelle, «ne parlerò con il ministro Fioramonti». Azzolina con ItaliaOggi fa il punto sul dl scuola, al voto della Camera, e sulla legge di bilancio. Per la quale conta di portare a casa la stabilizzazione in organico di diritto di una quota di docenti di sostegno.

Domanda. Il decreto legge su scuola e università è all’ultimo passaggio alla Camera. È il primo provvedimento della nuova maggioranza sulla scuola, come lo giudica?

Risposta. Il decreto scuola è un provvedimento che comincia a mettere ordine in un settore dove per decenni ci sono state stratificazioni normative. E risposte sul precariato molto diverse che sono andate a sovrapporsi generando, spesso, il caos. Non è un provvedimento perfetto. Nessuna legge lo è. Ma costituisce un inizio. E contiene, nelle sue linee, un messaggio preciso: abbiamo operato per tamponare l’emergenza, per dare risposta ad alcune categorie di precari rimaste in «bilico» a causa di decisioni che non sono state prese correttamente in passato. Ora, però, si deve andare avanti con l’ordinario.

D. E dunque?

R. Servono concorsi banditi regolarmente e regole chiare per l’accesso alla cattedra e agli altri ruoli nella scuola. Non a caso abbiamo inserito un collegato alla manovra proprio sulla formazione dei docenti e il reclutamento. In futuro mi auguro che non ci sia nuovamente bisogno di decreti d’urgenza per quanto concerne il reclutamento del personale scolastico.

D. Sul decreto legge del precedente governo, il Movimento 5 stelle aveva sollevato perplessità contro l’ipotesi di nuovi Pas e concorsi riservati. Cosa cambia adesso?

R. Abbiamo fatto un lavoro certosino, siamo stati chiusi ore in commissione, per valutare pesi e contrappesi. Non accontenteremo tutti, ma, nel solco delle obiezioni che avevamo sollevato durante la precedente esperienza di governo, abbiamo operato cercando di garantire diritti senza mettere da parte il merito: in classe devono andare insegnanti motivati e preparati, ne va della formazione dei ragazzi. Vogliamo concorsi seri e possibilità, per chi ne ha i requisiti, oltre che il semplice diritto acquisito, di ottenere la cattedra. Il lavoro fatto dalla maggioranza e dal Movimento 5 stelle alla Camera ha migliorato il testo. Abbiamo accolto alcune istanze che ci sono arrivate dagli stessi precari.

D. Facciamo degli esempi?

R. Ad esempio abbiamo aperto la procedura straordinaria di concorso a chi sta concludendo quest’anno i tre anni necessari per accedere, il che consentirà la partecipazione di molti giovani. Abbiamo inserito una norma, che io stessa ho voluto, per consentire a chi vuole spostarsi su altra regione, di prendere il ruolo prima attraverso una ‘call’ veloce, con garanzia di continuità didattica, che consentirà anche di tagliare le supplenze che sono arrivate, soprattutto al Nord, a livelli record.

D. In merito alla legge di Bilancio, che novità ci saranno da parte del governo?

R. Ci sono due battaglie che voglio portare avanti. La prima è quella sul sostegno, per tagliare le deroghe e avere più organico di diritto. Serve un tavolo di lavoro rapido al Miur in collaborazione con il Mef, su questo tema che ci consenta di analizzare in modo chiaro i numeri e le urgenze. Dobbiamo dare risposte alle famiglie: non si può sempre finire in tribunale per avere il sostegno a cui si ha diritto o contare, appunto, sulle possibili deroghe. Ci sono poi le classi pollaio, che seguo da tempo: spero di portare a casa le risorse che servono per limitare questo fenomeno dannoso per la sicurezza e l’apprendimento.

D. I docenti di sostegno specializzati sono sempre pochi rispetto a quelli di cui vi è effettivo bisogno. Che intervento pensate di portare avanti? Quanti posti pensate di poter portare in organico di diritto? E in quanto tempo?

R. La legge di Bilancio può essere il contenitore giusto per il principio normativo della trasformazione di una parte dell’organico di fatto in organico di diritto. Un incremento di organico che deve poi andare di pari passo con le specializzazioni e con i concorsi per assumere. Altrimenti poi manca chi mettere sui posti. Dobbiamo anche attuare il decreto legislativo 66, coinvolgendo tutta la comunità scolastica e anche le famiglie e i ragazzi con disabilità sull’inclusione.

D. Uno degli allegati annunciati alla legge di Bilancio riguarda la riforma del sistema di formazione e reclutamento per i docenti. Verso quale direzione?

R. Ora siamo concentrati sulla partita del decreto scuola e sulla legge di bilancio. Chiusi questi passaggi, lavoreremo sul sistema di reclutamento e formazione. Io ho una mia idea personale, che discuterò con il ministro Lorenzo Fioramonti: l’insegnamento deve essere una vocazione e non una scelta di ripiego. È a 23-26 anni al massimo che devi aver deciso se vuoi fare l’insegnante e ti devi formare per farlo. Immagino quindi per la scuola secondaria percorsi di formazione simili a quelli della scuola dell’infanzia e della primaria, con un sistema di lauree che conferiscano la preparazione, comune e specialistica, necessaria all’insegnamento delle varie discipline. E poi concorsi che si susseguono regolari nel tempo per assumere questi laureati.

Maestri diplomati, niente presa giuridica. Dsga, fuori i non laureati

da Italiaoggi

Marco Campione

La Commissione bilancio della Camera ha di fatto modificato il decreto legge scuola con il parere dato ieri sul testo uscito dieci giorni fa dalle Commissioni congiunte Cultura e Lavoro, che hanno emendato il Decreto scuola accogliendo anche numerose proposte delle opposizioni. La Bilancio ha licenziato un parere favorevole ma con condizioni, che hanno recepito alcune osservazioni e contrarietà della Ragioneria generale dello stato. In particolare, la V Commissione è intervenuta, per quel che riguarda il settore istruzione, su due punti: l’articolo aggiuntivo 1-quinquies, sui diplomati magistrali, e il comma 6 dell’articolo 2, sui Dsga, i direttori dei servizi generali amministrativi.

Diplomati magistrali: l’esecuzione delle decisioni giurisdizionali avverse ai maestri solo diplomati avrebbe comportato l’interruzione del rapporto di lavoro. La scelta politica del legislatore era stata quella di contemperare una molteplice esigenza, quella degli alunni a non vedersi sostituire il docente quasi a metà dell’anno scolastico, quella dei docenti che avrebbero dovuto lavorare sui posti assegnati ai dm e quella dei diplomati a non ritrovarsi da un giorno all’altro senza una fonte di reddito. L’equilibrio si era raggiunto in una norma del dl che posticipava al 30 giugno la scadenza del contratto sottoscritto dai diplomati, dava decorrenza giuridica dal primo settembre 2019 al contratto a tempo indeterminato degli aventi diritto, consentiva l’erogazione ai diplomati della Naspi nei mesi di luglio e agosto. Il parere della Commissione V ha lasciato in essere solo il primo intervento, quello per garantire la continuità didattica, con il rischio però di generare nuovo contenzioso da parte degli aventi diritto.

Per i Dsga era previsto del decreto legge originario un concorso straordinario per i cosiddetti facenti funzione con tre anni di servizio, maturati a partire dall’anno scolastico 2011/2012; questi vincitori saranno comunque assunti dopo quelli del concorso ordinario in corso di svolgimento. Le commissioni di merito avevano convenuto, in virtù del fatto che hanno partecipato all’ordinario, di consentire a tutti i facenti funzione, anche a quelli senza titolo di laurea, di partecipare anche allo straordinario, contemperando questa misura (ricordo che i vincitori dello straordinario saranno assunti dopo quelli del concorso ordinario) con l’aumento del numero massimo di idonei consentito per il concorso ordinario. Il parere della V Commissione ha espunto l’allargamento della platea ai facenti funzione senza titolo, mantenendo però l’incremento degli idonei del concorso ordinario. Non è chiaro al momento in cui scriviamo se l’Aula interverrà per ripristinare il testo originario.

Terza fascia senza abilitazione

da Italiaoggi

Carlo Forte

Riapertura della terza fascia delle graduatorie d’istituto senza obbligo di previa abilitazione ed accesso al concorso straordinario anche a chi sta completando in quest’anno il terzo anno di servizio necessario. Sono queste le modifiche più importanti apportate dalle commissioni parlamentari al decreto legge. Ed è su questa base che si è svolta la discussione delle linee generali della legge di conversione ieri in aula alla Camera dei deputati chiamata ad approvare in prima lettura il disegno di legge di conversione in legge del dl 129/2019 su scuola e università, il primo del governo giallorosso. Prossimo scoglio il Senato, dove però il testo dovrebbe arrivare blindato per completare l’iter di approvazione, che, in ogni caso, non potrà superare i 60 giorni, che scadranno il 28 dicembre, pena la decadenza. Ecco in sintesi i principali contenuti del decreto coordinati con le modifiche fin qui approvate.

Anche per i prossimi tre anni sarà possibile chiedere di essere inseriti nella terza fascia delle graduatorie di istituto senza possedere l’abilitazione. Gli aspiranti docenti che vi sono già inclusi potranno continuare a rimanervi anche senza il possesso dei 24 Cfu. Coloro che lo chiederanno per la prima volta, invece, potranno farlo solo previo conseguimento dei 24 Cfu. Resta fermo l’obbligo di possedere comunque il titolo di studio di accesso.

Per partecipare al concorso straordinario gli aspiranti docenti dovranno essere in grado di vantare almeno tre anni di servizio, di cui almeno uno nella disciplina per cui si concorre. Il periodo utile ai fini della maturazione del triennio va dall’anno 2008/2009 al corrente anno scolastico. I soggetti che per maturare il triennio avranno bisogno dell’anno in corso saranno ammessi con riserva. La riserva sarà sciolta solo se il terzo anno risulterà svolto entro il 30 giugno prossimo. In caso contrario gli interessati saranno esclusi dalla procedura concorsuale.

Il servizio prestato sul sostegno senza titolo non sarà utile ai fini del concorso sul sostegno, ma sarà considerato valido per la classe di concorso. Sempre ai fini della maturazione del triennio utile all’accesso alla procedura straordinaria, sarà considerato valido anche il servizio prestato per effetto dei decreti salvaprecari del 2009 e del 2013.

Per accedere alla procedura straordinaria, solo per conseguire l’abilitazione, oltre al servizio prestato nelle paritarie sarà considerato valido anche il servizio prestato nella formazione professionale.

Purché tale servizio sia stato svolto per insegnamenti riconducibili a quelli relativi alle classi di concorso. Ai docenti già in ruolo nella scuola statale sarà concesso di partecipare alla procedura straordinaria, ai soli fini abilitativi, se saranno in grado di vantare tre anni di servizio maturati in tempo utile (a prescindere dalla classe di concorso) unitamente al possesso del titolo di accesso alla classe di concorso. Per i docenti di ruolo il nuovo testo prevede, infatti, una deroga all’obbligo di avere prestato almeno uno dei tre anni richiesti nella classe di concorso a cui si riferisce la procedura.

Il programma a cui fare riferimento per la preparazione al concorso straordinario sarà lo stesso del concorso ordinario del 2016. Resta confermata la prova scritta computer basic, che si intenderà superata al conseguimento del punteggio minimo di 7/10. I quesiti saranno validati da un comitato tecnico da costituire a livello centrale. La prova orale al termine dell’anno di prova si svolgerà, come previsto, davanti al compitato di valutazione dell’istituzione scolastica di servizio. Ma il nuovo testo prevede che il comitato dovrà essere integrato da due commissari esterni (il testo originario nel prevedeva uno solo). E uno dei due commissari esterni dovrà essere necessariamente un dirigente scolastico.

Docenti di religione cattolica, il nuovo testo prevede l’indizione di un concorso ordinario per titoli ed esami riservato al reclutamento con contratti a tempo indeterminato degli insegnanti di religione cattolica. La procedura concorsuale prevede una riserva dei posti del 50% per i candidati che abbiano prestato almeno tre anni di insegnamento. Fino a quando la selezione non sarà terminata con l’approvazione della graduatoria di merito, le immissioni in ruolo dei docenti di religione continueranno ad essere effettuate scorrendo le graduatorie del precedente concorso.

Gli aspiranti docenti inseriti nelle graduatorie di merito dei concorsi o nelle graduatorie a esaurimento potranno concorrere alle immissioni in ruolo anche in graduatorie di una o più province di altra regione. Questa facoltà sarà concessa a domanda e le relative assunzioni avverranno in coda a quelle ordinarie.

Gli aspiranti inclusi nelle graduatorie a esaurimento potranno chiedere di essere inclusi nelle graduatorie a esaurimento aggiuntive di una o più province di una stessa regione, ma non potranno chiedere di essere inclusi in coda alle graduatorie di merito dei concorsi.

E viceversa: i candidati inclusi nelle graduatorie di merito dei concorsi potranno chiedere di essere inclusi in coda alle graduatorie dei concorsi di una o più province nella stessa regione, ma non potranno chiedere di essere inclusi in coda alle Gae. Infine, gli aspiranti docenti inclusi nelle graduatorie del 2016 potranno esercitare l’opzione di coda per le graduatorie dei concorsi non selettivi del 2018. Ma i candidati inclusi negli elenchi di merito dei concorsi del 2018 non potranno far valere l’opzione aggiuntiva per le graduatorie dei concorsi del 2016.

Il nuovo testo prevede, inoltre, la costituzione di graduatorie provinciali da utilizzare, sempre per le supplenze, al termine delle operazioni di assunzione a tempo determinato effettuate tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento.

A differenza delle graduatorie a esaurimento, che sono valide per tutte le disponibilità utili ai fini delle supplenze, le graduatorie provinciali avranno valore, per ogni singolo soggetto incluso, per sole 20 istituzioni scolastiche, che dovranno essere previamente indicate dagli interessati all’atto della presentazione delle domande. In pratica dunque, la fase provinciale delle assunzioni a tempo determinato sarà suddivisa in due step: l’ufficio procederà a scorrere anzitutto le graduatorie a esaurimento e al termine di questa operazione procederà allo scorrimento delle graduatorie provinciali. Le disponibilità che dovessero residuare da queste operazioni saranno gestite dai dirigenti scolastici tramite lo scorrimento delle graduatorie di istituto.

Il reclutamento dei dirigenti scolastici non avverrà più con un corso-concorso, ma con un mero concorso per titoli ed esami. La selezione sarà organizzata su base regionale. Nessuna novità di rilievo, invece, per l’accesso alle selezioni, che sarà consentito ai docenti in possesso di laurea magistrale o di laurea conseguita secondo il vecchio ordinamento che siano anche in grado di vantare almeno 5 anni di servizio nel ruolo di appartenenza.

Da gennaio 2021 l’organico del ministero dell’istruzione sarà ampliato con ulteriori 59 dirigenti tecnici di ruolo e, a decorrere dal 2023, di altri 87.

Docenti, la prima fascia 3-8 utile per ottenere lo scatto

da ItaliaOggi

Francesca De Nardi

La fascia 3-8 è riconosciuta anche per il servizio scolastico svolto a tempo determinato prima dell’1.09.2010. Lo ha sancito il Tribunale di Monza, Sezione lavoro, con la sentenza del 31 ottobre n. 496. Nella controversia in esame una docente di scuola primaria, prima dell’immissione in ruolo aveva prestato insegnamento con contratti a tempo determinato dall’anno scolastico 2003/2004 al 2011/2012. Aveva così chiesto che venisse accertato il suo diritto al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata durante il periodo lavorativo di precariato, compreso lo scatto 3-8 e aveva chiesto che le venisse riconosciuta la differenza retributiva per il periodo anteriore all’immissione in ruolo, durante il quale aveva reso i servizi di docente con contratti a tempo determinato senza il riconoscimento di alcuna progressione stipendiale, dal momento che questa era prevista solo per i lavoratori assunti a tempo indeterminato. Il Tribunale ritiene fondata la domanda. Riscontra, infatti, che mentre per il personale di ruolo il Ccnl del Comparto Scuola prevede l’individuazione di fasce di anzianità a cui corrispondono diverse tabelle retributive, il personale assunto a tempo determinato mantiene sempre lo stipendio tabellare iniziale. Tale disciplina deve essere disapplicata perché in contrasto con il principio di non discriminazione di fonte comunitaria.Alla luce di questo principio, il giudice ha così confermato l’orientamento uniforme della giurisprudenza di merito consolidatasi negli ultimi anni, secondo cui il personale assunto in ruolo dopo il 2011 che abbia, prima di tale data, prestato servizio con contratti a tempo determinato presso il Miur ha diritto di vedersi applicare le stesse regole previste per il personale con contratto a tempo indeterminato. Pertanto, la doppia clausola di salvaguardia, prevista dall’accordo del 4 agosto 2011 esclusivamente in favore del personale già in servizio a tempo indeterminato alla data del 1.9.2010, deve estendersi anche ai dipendenti che iniziarono a lavorare alle dipendenze del Miur prima di tale data in virtù di contratti a tempo determinato. Ne consegue il diritto della docente alla corresponsione del risarcimento del danno pari alle differenze retributive tra lo stipendio tabellare corrispondente alla fascia 3-8 anni, acquisita dopo 3 anni di effettivo servizio non di ruolo, e quello corrispondente alla fascia stipendiale base, effettivamente percepito.