Organismo di raffreddamento MIUR

Organismo di raffreddamento MIUR: la posizione dell’ANP

Si è riunito oggi 20 dicembre 2019 presso il Miur, alla presenza del Ministro Fioramonti, l’organismo di raffreddamento e conciliazione per affrontare le problematiche relative ai dirigenti scolastici, con specifico riferimento alle tematiche della sicurezza, della stabilizzazione del FUN e della sostenibilità dei carichi di lavoro.

L’ANP, componente dell’organismo, ha ribadito quanto deliberato dal Consiglio Nazionale il 15 dicembre scorso, sostenendo, tra l’altro, che l’ultrattività dei CIR e lo squilibrio tra risorse e andamento dell’organico di fatto non garantisce ai dirigenti delle scuole la dovuta certezza retributiva.

Abbiamo altresì riproposto le nostre richieste in materia di sicurezza, evidenziando la necessità che gli enti locali effettuino periodici sopralluoghi degli edifici scolastici e si assumano la responsabilità della valutazione dei rischi strutturali, nonché di istituzione del livello professionale dei quadri quale middle management necessario per sostenere il lavoro della dirigenza e per attuare una vera leadership diffusa.

Il Ministro si è impegnato “a richiedere alle competenti Amministrazioni, entro il 31 dicembre, una variazione di bilancio in favore del FUN, a valere sulle risorse disponibili nel proprio stato di previsione per l’e.f. 2019, nella misura minima di 10 milioni di euro, fatta salva la verifica sulla capienza di bilancio”. Il MIUR si è altresì impegnato ad attuare quanto previsto dall’accordo politico sottoscritto con le organizzazioni sindacali il 29 ottobre e ad aprire al più presto dei tavoli di confronto su tutte queste tematiche.

Nel prendere atto degli impegni assunti dal Ministro, l’ANP sollecita la chiusura delle contrattazioni integrative regionali per gli anni scolastici 2017/18 e 2018/19 e chiede con forza che, in vista della prossima stagione contrattuale, sia garantita una volta per tutte l’assegnazione delle risorse necessarie a rendere stabile nel tempo la parte variabile della retribuzione di posizione dei dirigenti delle scuole.

FIRMATA LA CONCILIAZIONE AL MIUR

FIRMATA LA CONCILIAZIONE AL MIUR
Il Ministro assume precisi impegni. Sindacati sospendono iniziative di mobilitazione

Si è svolto ieri, 19 dicembre 2019, con la diretta partecipazione del Ministro Fioramonti, l’incontro fra sindacati e MIUR per l’esperimento del tentativo di conciliazione a seguito della proclamazione dello stato di agitazione in tutti i settori del comparto Istruzione e Ricerca da parte di FLC CGIL, CISL FSUR, UIL Scuola RUA, SNALS Confsal e GILDA Unams.

Dal Ministro sono stati assunti precisi impegni in ordine alle questioni oggetto del confronto (rinnovo del CCNL, contrasto alla precarietà, nuovo sistema per le abilitazioni, passaggio dei facenti funzioni nel ruolo dei DSGA, soluzioni per completare la stabilizzazione dei precari in Enti di Ricerca, Università ed AFAM), definendo in modo puntuale tempi, modalità e strumenti attraverso i quali portarle a positiva soluzione, come indicato nel verbale di conciliazione sottoscritto dalle parti. Il primo tavolo di confronto, incentrato sullo svolgimento dei concorsi, è stato fissato per il 7 gennaio. Entro gennaio partirà quello sui percorsi di abilitazione, in vista del ddl collegato alla legge di bilancio in corso di approvazione. Per i facenti funzioni DSGA il ministro è impegnato a inserire una norma ad hoc nel primo provvedimento legislativo utile.

Entro e non oltre il mese di gennaio prenderà avvio, in raccordo col negoziato presso la Presidenza del Consiglio, il tavolo per il rinnovo del CCNL di comparto. Sempre entro il mese di gennaio si attiveranno i tavoli specifici di settore per Scuola, Università e Afam e Ricerca.

Nel verbale si fa inoltre preciso riferimento alla necessità di consolidare il carattere unitario e nazionale del sistema d’istruzione.

Alla luce dei precisi impegni assunti dal Ministro, sulla cui puntuale attuazione i sindacati continueranno a vigilare, è stata decisa la sospensione dello stato di agitazione.

Roma, 20 dicembre 2019

FLC CGIL

Francesco Sinopoli

CISL FSUR

Maddalena Gissi

UIL Scuola Rua

Giuseppe Turi

SNALS Confsal

Elvira Serafini

GILDA Unams

Rino Di Meglio

Ok del Senato al decreto-precari: in arrivo altre 70mila assunzioni nella Scuola

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Le assunzioni nella scuola sono come gli esami: non finiscono mai. Un’ulteriore conferma è arrivata ieri con il via libera definitivo del Senato (con 160 sì, 121 no e nessun astenuto) alla fiducia sul decreto salva-precari che sblocca, a diverso titolo, circa 70mila posti per insegnanti, capi segreteria, ispettori e addetti alle pulizie negli istituti scolastici. Un provvedimento che punta anche a frenare il boom di supplenze a cui abbiamo assistito quest’anno. Con due misure introdotte durante il precedente giro parlamentare alla Camera, su input della sottosegretaria Lucia Azzolina (M5S): l’applicazione a tutti i docenti neoassunti dell’obbligo di restare per 5 anni nello stesso istituto e una “call” con cui assegnare a candidati residenti fuori regione le eventuali cattedre rimaste scoperte dopo il primo giro di immissioni in ruolo. Tra le proteste dell’opposizione e i mugugni dei sindacati che giudicano ancora insoddisfacenti il set di interventi varati dal governo.

Entro febbraio i due bandi

La fetta più ampia di assunzioni riguarderà i prof. Circa 9mila verranno immessi in ruolo già quest’anno (con decorrenza giuridica retrodata al 1° settembre 2019) per riempire altrettanti vuoti che sono stati provocati da Quota 100 ma non sono stati riempiti a inizio anno per una serie di ritardi amministrativi. A questi si aggiungeranno altri 48mila posti per insegnare nelle scuole medie e superiori: metà attraverso un concorso ordinario aperto ai neolaureati (che non arriveranno in cattedra prima del 2021/22) e metà attraverso un concorso straordinario (e semplificato visto che si comporrà solo di uno scritto al Pc e di una lezione simulata da passare almeno con 7/10) riservato ai precari con 3 anni di servizio tra l’anno scolastico 2008/2009 e il 2019/2020.

Almeno in partenza le due selezioni viaggeranno in parallelo, tant’è che il Miur è intenzionato a emanare i due bandi entro febbraio; dopodiché si separeranno e solo i vincitori dello “straordinario” potranno essere assunti già nel 2020/21. Per gli altri se ne parlerà nel 2021/22. A questa platea già ampia si aggiungerà poi un contingente (ancora da quantificare) di prof di religione cattolica a cui sarò destinato un concorso ad hoc, a distanza di oltre 15 anni dal precedente.

Le altre assunzioni in agenda

Per arrivare al totale di 70mila assunzioni citate all’inizio bisogna aggiungere al computo, innanzitutto, la statizzazione (a partire dal 1° marzo e con una selezione per soli titoli) di 11.263 lavoratori impegnati in attività di pulizia e decoro nelle scuole da almeno 10 anni e quella di 45 collaboratori scolastici, ex Lsu del comune di Palermo. Ma anche il concorso straordinario per un migliaio di capi segreteria “Dsga facenti funzione” con tre anni scolastici di servizio dal 2011/2012 e i 146 dirigenti tecnici (59 nel 2021 e 87 dal 2023) con funzioni di ispettore.

Abilitazione semplificata

Tornando agli insegnanti, il decreto varato ieri non è fatto di sole assunzioni. Per i precari con 3 anni di servizio alle spalle (anche se maturati nelle scuole paritarie) il decreto convertito ieri in legge contiene però un altro paracadute oltre al concorso straordinario: la possibilità per chi avrà superato lo scritto con almeno 7/10 e avrà ottenuto una supplenza fino al 31 agosto o fino al 30 giugno di abilitarsi. A patto di conseguire anche i 24 crediti formativi richiesti per l’insegnamento. Precari che potranno ricevere anche una fetta del bonus merito finora riservato ai docenti di ruolo, insieme peraltro a tutto il personale scolastico e per effetto di una contrattazione con i sindacati in base alle novità previste sullo stesso tema nella legge di bilancio 2020.

La continuità didattica

Di altre due norme contenute nel decreto potrebbero beneficiare, seppure in maniera indiretta, anche gli studenti. Stiamo parlando, da un alto, dell’estensione a tutti i prof neoassunti dell’obbligo di restare per 5 anni nella stessa scuola anziché per 3 anni nella stessa provincia (su cui si veda Il Sole 24 ore di lunedì 16 dicembre). E, dall’altro, delle “call” che a partire dal 10 settembre potranno essere bandite dagli uffici scolastici provinciali sulle immissioni in ruolo andate deserte, per cercare dei candidati tra gli iscritti alle graduatorie a esaurimento o di merito residenti nelle altre regioni. Con l’obiettivo esplicito di ridurre il boom di supplenze a cui abbiamo assistito quest’anno. E, dunque, di aumentare la tanto agognata continuità didattica per gli alunni.


Fioramonti (per ora) resta al suo posto

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

Il ministro Lorenzo Fioramonti resta al suo posto. Almeno per ora. Ma la situazione dalle parti di viale Trastevere è così fluida che il quadro potrebbe mutare a breve. Già a ridosso delle festività natalizie o all’inizio del nuovo anno. E prese di posizione sulla manovra e sulle poche risorse che destina al mondo dell’istruzione – come quella arrivata ieri dalla Conferenza dei rettori (Crui) contro una legge di bilancio che «penalizza l’università» e «dimentica i giovani» – potrebbero anche spingere il responsabile del Miur a compiere un passo indietro.

I termini della questione sono ormai noti. All’indomani della nomina a ministro dell’Istruzione nel governo Conte 2, Fioramonti ha rilanciato un monito che lo aveva già caratterizzato quando era viceministro nell’esecutivo Conte 1. ALzando la posta che allora era di 1 miliardo per atenei e ricerca e arrivando a 3 miliardi per scuola e università da reperire nella prima legge di bilancio utile. Altrimenti si sarebbe dimesso. Dei 3 miliardi invocati urbi et orbi dall’esponente pentastellato nel disegno di legge di bilancio, che lunedì 23 dicembre dovrebbe ottenere il via libero definitivo di Montecitorio, non c’è traccia. Nella sua relazione alla commissione Cultura della Camera, Gabriele Toccafondi (Iv) ha quantificato infatti in 536 milioni il maggiore stanziamento per il 2020 in dotazione al Miur rispetto al 2019.

Per ora, a chi gli ha chiesto se ha ancora intenzione di dimettersi, Fioramonti ha risposto laconicamente: «Mie possibili dimissioni? Sono qui e come potete vedere sto lavorando, sto lavorando…». Una circostanza confermata dai suoi più stretti collaboratori. Del resto i dossier aperti non mancano. Sia in materia di scuola, come lo sblocco delle risorse dell’8 per mille destinate all’edilizia scolastica. Sia in materia di università, dove le urgenze più grandi riguardano il decreto che riforma i dottorati e, soprattutto, l’istituzione della nuova anagrafe della ricerca e dei ricercatori. Non farla partire significherebbe impedire all’Agenzia Anvur di emanare il bando per il nuovo ciclo di valutazione della qualità della ricerca: la Vqr 2015/19. E rallentare l’aggiornamento dei criteri da usare per assegnare agli atenei i fondi premiali.

Laurea abilitante e formazione obbligatoria per

da Il Sole 24 Ore

di Andrea Gavosto*

Nell’intervista al Sole 24 Ore del 16 dicembre , la sottosegretaria all’Istruzione Lucia Azzolina tocca due punti importanti per il futuro della scuola.
Il primo riguarda i meccanismi di formazione e assunzione dei nuovi docenti, con l’istituzione di una laurea abilitante anche per chi vuole lavorare nelle scuole secondarie (oggi esiste già per quelli dell’infanzia e primaria). Perché rivedere i criteri di ingresso nella professione insegnante? L’attuale sistema – basato su concorsi, di fatto da 20 anni poco regolari nel tempo, e su graduatorie a esaurimento – è ormai fallimentare: in ogni area del Paese non si trovano i docenti da mettere in ruolo in materie fondamentali (scientifiche, ma non solo); al tempo stesso, sono ormai quasi 200 mila i supplenti annuali. I governi hanno provato a intervenire con soluzioni estemporanee – di fatto, spesso sanatorie – assumendo insegnanti senza valutazione delle loro capacità, così impoverendo la qualità dell’insegnamento.

Per attenuare la distanza fra domanda delle scuole e offerta dei docenti, evitando un ulteriore degrado qualitativo, occorrerebbe un meccanismo di accesso continuo alla professione con una valutazione severa delle competenze e una voce in capitolo dei singoli istituti nella scelta di chi serve loro davvero. Sebbene le strade possibili siano più d’una (commissione permanente di abilitazione, concorso, laurea a numero chiuso, chiamata diretta eccetera), la proposta di Azzolina ha il merito di reintrodurre il fondamentale principio che, per diventare insegnante, occorre soddisfare standard professionali elevati. Inoltre, abilitazione e assunzione in ruolo vanno considerati due passaggi distinti: per potere insegnare tutti devono essere abilitati, ma ciò non dà – come è stato per molti decenni – diritto all’assunzione, che dipende dai bisogni delle scuole.

Il secondo punto innovativo dell’intervista riguarda la struttura del corso di laurea abilitante e si ispira a un concetto semplice, perfino ovvio, ma spesso ignorato: sapere bene una materia non significa saperla insegnare. Così, dopo una triennale di preparazione disciplinare, la proposta è una laurea magistrale che si concentri sulla formazione pedagogica e didattica, come pure sulle capacità di lavorare in squadra con gli altri colleghi e relazionarsi con efficacia con i ragazzi. È positivo che – come Azzolina sembra pensare – il percorso preveda anche, come in molti altri paesi europei, fasi di tirocinio in vere classi scolastiche, prima del conseguimento della laurea.

Vedremo se questo governo saprà dare gambe a una buona idea, che, però, da sola non basta a dare una svolta. Infatti, se riformare la formazione iniziale per i nuovi professori delle secondarie è necessario, altrettanto lo è occuparsi della formazione in servizio e dell’aggiornamento degli insegnanti già in cattedra.
Per capirlo, basta riflettere sul calo demografico: entro il 2030, in Italia ci saranno 1.100.000 studenti in meno. A regole invariate, dunque, meno classi e meno insegnanti. È prevedibile che il flusso di giovani docenti neoassunti non sarà così importante; dovremo, semmai, fare funzionare al meglio la scuola con i docenti che già ci sono, offrendo loro e pretendendo da loro una costante manutenzione della qualità di insegnamento. La questione in gioco qui è certo di contenuti, ma anche giuridica: la formazione in servizio deve essere obbligatoria. In una società nella quale saperi, competenze e tecnologie hanno un passo sempre più veloce, è inconcepibile che un insegnante non sia tenuto a conoscere le innovazioni nella didattica e naturalmente anche le evoluzioni nelle diverse discipline.

La legge della Buona scuola di Renzi aveva previsto l’obbligatorietà della formazione in servizio e dell’aggiornamento: l’ultimo contratto di lavoro nazionale della scuola sottoscritto da Miur e sindacati l’ha invece riportata a un’ambigua opzionalità. In queste settimane sono partite le trattative per il nuovo contratto. Sarebbe grave se – per rincorrere le ventate di populismo che attraversano la scuola – la necessità di rendere obbligatoria e verificabile la formazione in servizio restasse di nuovo lettera morta.

Direttore della Fondazione Agnelli

Linee di indirizzo per favorire lo studio dei ragazzi adottati

da Il Sole 24 Ore

Con la nota 42267 del 11 dicembre 2019, l’Ufficio scolastico regionale per il Lazio ha comunicato alle scuole che al link http://coordinamentocare.org/guide-scuola/ sono disponibili le brochure relative alle “Linee di indirizzo per favorire lo studio dei ragazzi adottati” e alle “Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine”, realizzate da Care (Coordinamento delle associazioni familiari adottive e affidatarie in rete) con supporto e patrocinio del Miur e dell’Agia (Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza).

Si tratta di due guide snelle e immediatamente fruibili corredate di strumenti, suggerimenti e grafica per meglio consentire a genitori, insegnanti e operatori di approfondirne e diffonderne i contenuti.

Le due pubblicazioni includono in modo chiaro e sintetico, a seconda del contesto trattato, parti dedicate alla conoscenza dell’adozione, alla conoscenza dei vissuti dei bambini e dei ragazzi in affido, di quelli ospiti delle strutture di protezione e dei ragazzi migranti non accompagnati, alla perdita e alla creazione dei legami, agli effetti degli eventi traumatici sugli apprendimenti, come anche sezioni su come affrontare la “storia personale” in classe e bibliografie ed esperienze dei protagonisti.

Mettendo al centro la necessità e la possibilità di rispettare i tempi dei bambini, di operare con flessibilità e di approfondire la formazione e l’attività di rete, le due pubblicazioni si propongono come documenti semplici e completi allo stesso tempo a disposizione delle famiglie e di chi si occupa, nella scuola e nei servizi pubblici e privati, del benessere di questi bambini e ragazzi. All’interno trovate anche il QR-code da cui scaricare entrambe le pubblicazioni.

In arrivo 8,2 milioni per gli animatori digitali nelle scuole

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

In arrivo nelle scuole oltre 8,2 milioni di euro per finanziare l’azione degli animatori digitali. È stato firmato un decreto che stanzia fondi che gli istituti potranno utilizzare per rendere sempre più operativa l’Azione #28 del Piano Nazionale Scuola Digitale, che punta a coinvolgere tutta la comunità scolastica sui temi dell’innovazione.

Gli obiettivi
«Stiamo dando alle scuole risorse per compiere concretamente una piccola rivoluzione», ha commentato la viceministra dell’Istruzione, Anna Ascani, che ha spiegato: «Gli animatori digitali svolgono un importante ruolo di coordinamento e di promozione dell’innovazione didattica. Li stiamo supportando – ha aggiunto – nel loro lavoro, perché crediamo che i nostri istituti debbano avere tutti gli strumenti necessari per vincere e governare le sfide dei tempi in cui viviamo».

L’impatto per le scuole
In media ciascuna istituzione scolastica riceverà mille euro. «Questo vuol dire – ha concluso Ascani – che nessuna delle 8.000 scuole del nostro territorio nazionale rimarrà fuori da questa misura. È fondamentale che ogni istituto sia messo nelle condizioni di operare al meglio: vogliamo un Paese a un’unica velocità, che vada spedito nel futuro».

Bandi concorso straordinario e ordinario secondaria: riunione con i sindacati subito dopo Epifania

da Orizzontescuola

di redazione

Concorso straordinario e ordinario per la secondaria: dopo l’approvazione del Decreto scuola, si mette in moto la macchina organizzativa per la pubblicazione dei bandi.

Il sindacato Anief ha incontrato il Ministro Fioramonti in occasione della riunione di conciliazione, il quale ha anticipato che i tavoli per discutere in concreto dei concorsi per il personale docente saranno convocati subito dopo l’Epifania.

Già stamattina il Sottosegretario Azzolina aveva comunicato che il Miur è già al lavoro, pertanto i tempi dovrebbero essere brevi.

La pubblicazione del decreto in gazzetta Ufficiale è attesa per venerdì 27 dicembre.

La particolarità del Decreto è la previsione di due bandi di concorso contemporanei.

I docenti in possesso dei requisiti potranno partecipare ad entrambi, per la stessa regione o diversa, per la stessa o per diversa classe di concorso.

Animatori Digitali avranno mille euro a scuola per formare docenti su innovazione digitale

da Orizzontescuola

di redazione

Il Sottosegretario Ascani (PD) comunica “In arrivo 8,2 milioni per finanziare l’azione degli animatori digitali. Risorse per compiere concretamente una piccola rivoluzione”

8.2 milioni per finanziare azione degli animatori digitali

“In arrivo nelle scuole oltre 8,2 milioni di euro per finanziare l’azione degli animatori digitali. È stato firmato un decreto che stanzia fondi che gli istituti potranno utilizzare per rendere sempre più operativa l’Azione #28 del Piano Nazionale Scuola Digitale, il cui obiettivo è la realizzazione di attività di formazione interna e di coinvolgimento di tutta la comunità scolastica sui temi dell’innovazione.

Stiamo dando alle scuole risorse per compiere concretamente una piccola rivoluzione: gli animatori digitali svolgono un importante ruolo di coordinamento e di promozione dell’innovazione didattica.

Li stiamo supportando nel loro lavoro, perché crediamo che i nostri istituti debbano avere tutti gli strumenti necessari per vincere e governare le sfide dei tempi in cui viviamo”. Così la Vice Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Anna Ascani.

Ciascuna istituzione scolastica riceverà mille euro. Questo vuol dire che nessuna delle 8.000 scuole del nostro territorio nazionale rimarrà fuori da questa misura. È fondamentale che ogni istituto sia messo nelle condizioni di operare al meglio: vogliamo un Paese a un’unica velocità, che vada spedito nel futuro”, conclude Ascani.

Formazione docenti, è obbligatoria?

da La Tecnica della Scuola

La formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale, come previsto dal comma 124 della Legge 107 del 2015 (Buona Scuola), che così recita:

“124. Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria”.

Quindi, da come si evince dalla norma in questione, la formazione deve essere “in servizio”, quindi nell’ambito delle ore retribuite previste dal CCNL. E deve essere “obbligatoria, permanente e strutturale”, intendendo quindi la formazione come un’attività rientrante nella funzione docente.

Le singole istituzioni scolastiche definiscono le attività di formazione in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa, con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle scuole, sulla base delle priorità indicate nel Piano nazionale di formazione. Tale Piano è adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria.

Il piano di formazione d’istituto

Il 19 novembre 2019 è stata sottoscritta tra Miur e Organizzazioni sindacali  l‘ipotesi di contratto con cui sono stati definiti i criteri per ripartire direttamente alle scuole le risorse per la formazione del personale docente, educativo e ATA per il triennio 2019/2022.

Nel documento, viene definito cos’è il piano di formazione d’istituto, che deve essere realizzato in coerenza con gli obiettivi del PTOF, con le priorità nazionali e con i processi di ricerca didattica, educativa e di sviluppo, considerate anche le esigenze ed opzioni individuali. Esso comprende le attività deliberate dal Collegio dei docenti e le azioni formative proposte dal Direttore per i Servizi Generali ed Amministrativi per il personale ATA.

Queste iniziative sono progettate dalla scuola singolarmente o in reti di scopo, favorendo anche la collaborazione con le Università, gli Istituti di ricerca, e con le Associazioni professionali qualificate e gli Enti accreditati.

Il Piano di formazione d’istituto può comprendere quindi anche iniziative di autoformazione, di formazione tra pari, di ricerca ed innovazione didattica, di ricerca-azione, di attività laboratoriali, di gruppi di approfondimento e miglioramento, precisando le caratteristiche delle attività e le modalità di attestazione.

Quante ore?

La Legge 107 del 2015 non prevede un monte ore predefinito per le attività di formazione. L’unico vincolo che pone è che la formazione debba essere svolta durante il servizio dei docenti. Pertanto, l’obbligatorietà della formazione è strettamente legata al servizio orario dei docenti, che quindi non dovranno svolgere le attività oltre le ore previste dal contratto di lavoro.

Quando un corso è obbligatorio?

Come già detto, è il Collegio dei docenti che stabilisce le attività formative obbligatorie. Quindi non è il Dirigente scolastico a decidere cosa sia obbligatorio e cosa no, ma può sanzionare un docente che non partecipi alla formazione obbligatoria deliberata dal Collegio, in quanto si tratterebbe di inadempimento agli obblighi di servizio.

Diplomati magistrale, la soluzione prevista dal decreto scuola

da La Tecnica della Scuola

Il decreto scuola è legge, lo ha deciso il Senato, nella mattinata del 19 dicembre con il voto di fiducia al Governo. Questo vuol dire che è stata approvata anche la soluzione per i diplomati magistrale in Gae.

Diplomati magistrali, cosa prevede il decreto scuola

Con l’approvazione si chiarisce cosa succede ai docenti con sentenze ancora pendenti, quindi i diplomati magistrale in GaE con riserva, ma anche i docenti diplomati Itp.

Viene disciplinato definitivamente, e quindi non solo per quest’anno scolastico, l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali che comportano la decadenza dei contratti di immissione in ruolo o di supplenza conferiti con riserva.
La norma prevede che, per garantire agli alunni la continuità didattica, qualora i provvedimenti di decadenza intervengano dopo il ventesimo giorno dall’inizio delle lezioni definito dal calendario scolastico, i contratti a tempo indeterminato o determinato vengano tutti trasformati in contratti a tempo determinato fino al 30 giugno.

Ciò vuol dire che i diplomati magistrale destinatari delle sentenze potranno continuare a lavorare con contratti sino al 30 giugno.
Pertanto, i docenti diplomati magistrali che nel corso dell’anno avranno la sentenza negativa non saranno licenziati ma avranno una trasformazione del proprio contratto da indeterminato a determinato fino al termine delle attività didattiche. Lo scopo principale di questa misura è quello di garantire la continuità didattica per gli alunni.

Diplomati magistrale in Gae: una storia infinita

In realtà, come abbiamo riportato in precedenza, il Consiglio di Stato ha sancito il No per l’inserimento in Gae dei diplomati magistrale. Anche la Cassazione ha confermato in qualche modo la decisione di Palazzo Spada.
E’ arrivata anche la sentenza di merito del Tar Lazio che, ovviamente, ha confermato il tutto.

Ricordiamo che, avverso la sentenza dell’Adunanza plenaria del 20.12.2017 era stato infatti proposto un ricorso innanzi le Sezioni unite della Corte di Cassazione, essendosi rilevato un eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato.

A pesare sulla vicenda c’è senza dubbio la mancata presa di posizione da parte della politica, del tutto colpevolmente assente sino ad ora.
Il concorso straordinario infanzia e primaria previsto dal decreto dignità resta comunque una misura non soddisfacente in raffronto alla platea di interessati. Per non contare il fatto che le assunzioni dei vincitori del concorso straordinario potrebbero restare parcheggiati per un po’ di tempo in graduatoria.

Diplomati magistrali: i motivi del no della Plenaria

Ecco i punti cardine della nuova pronuncia del Consiglio di Stato:

– i decreti di aggiornamento delle graduatorie (in particolare del d.m. n. 235 del 2014), non hanno natura normativa né possono qualificarsi quale atto amministrativo generale; rivolgendosi a destinatari già noti al momento dell’adozione, ovvero tutti coloro e solo coloro che sono già inseriti nelle GAE, i decreti di aggiornamento sono quindi atti amministrativi che si rivolgono ad un gruppo delimitato di soggetti, qualificabili quindi quali atti amministrativi “collettivi”;

– conseguenza della predetta natura dei DM di aggiornamento è che l’annullamento del DM 235/2014 disposto dal Consiglio di Stato con sentenza 1973/2015, non può avere efficacia generale (“erga omnes”), bensì limitata ai soli ricorrenti;

– non è invocabile l’istituto del “prospective overruling”, ossia la possibilità di applicare i principi enunciati nella sentenza 11/2017 ai soli ricorsi depositati dopo il 20.12.2017.

Per i diplomati magistrali in Gae, pertanto, resta solo la speranza della corte di Giustizia Europea, l’ultima spiaggia per vedersi riconoscere l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento a pieno titolo.

Religione, “concorsone” per coprire 14 mila posti. Precari insoddisfatti. Lo Snadir: ci vediamo in tribunale

da La Tecnica della Scuola

Dopo più di tre lustri, nel 2020, verrà dunque bandito un nuovo concorso per insegnanti di religione cattolica, con la metà dei posti riservata a chi vanta tre annualità da almeno 180 giorni: lo prevede, tra le varie disposizioni, il decreto salva precari approvato il 19 dicembre dal Senato come gli stessi contenuti su cui la Camera dei Deputati aveva dato in via libera lo scorso 3 dicembre. È una decisione importante, perché nel frattempo in Italia tre docenti di religione su cinque sono rimasti intrappolati nel lembo del precariato: parliamo di 14 mila supplenti su un totale di 24 mila.

Solo che non prenderà il via quel concorso riservato ai precari con almeno tre anni du supplenze tanto reclamato da sindacati e partiti politici anche della maggioranza.

E, soprattutto, alla fine, il concorso ordinario, approvato con il decreto salva precari, metterà a disposizione per le assunzioni non molto di più di 6 mila posti, di cui appena 3 mila da assegnare ai precari storici. Quindi, ben 8 mila cattedre continueranno ad andare ogni anno a supplenza.

Cosa è stato approvato

Nell’articolo 1-bis si prevede, infatti, che il ministro dell’istruzione “è autorizzato a bandire, entro l’anno 2020, previa intesa con il Presidente della Conferenza episcopale italiana, un concorso per la copertura dei posti per l’insegnamento della religione cattolica che si prevede siano vacanti e disponibili negli anni scolastici dal 2020/2021 al 2022/2023”.

Per i supplenti non si è andati oltre la metà dei posti che si metteranno nel bando di concorso: “Una quota non superiore al 50 per cento dei posti del concorso di cui al comma 1 – si legge sempre nel decreto approvato – può essere riservata al personale docente di religione cattolica, in possesso del riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano, che abbia svolto almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, nelle scuole del sistema nazionale di istruzione”.
Nel frattempo, continueranno ad “essere effettuate le immissioni in ruolo mediante scorrimento delle graduatorie generali di merito” del concorso riservato, per esami e titoli, datato “febbraio 2004”, anche questo riguardante tutti i gradi scolastici.

Tutto rimane immutato

Non è andato in porto, così, l’emendamento annunciato da Gabriele Toccafondi, capogruppo di Italia Viva in Commissione Cultura della Camera, che si era impegnato per portare avanti in Senato un provvedimento per aprire al “concorso riservato per il maggior numero di posti consentito, da affiancare all’ordinarioe per il “superamento del limite del 70% che la norma attuale prevede per i contratti a tempo indeterminato”.

In effetti, anche il limite del 70% di assunzioni di docenti di religione sul totale dei posti liberi, è un handicap non indifferente per la copertura delle cattedre.

Lo Snadir e la ‘cultura dello scarto’

Il concorso ordinario non soddisfa innanzitutto i sindacati, che rivendicavano per i docenti di religione lo stesso trattamento (il concorso riservato) adottato per gli insegnanti curricolari.

Lo Snadir non le manda a dire: “Purtroppo la Politica non ha voluto ascoltare le legittime richieste dei docenti precari di religione”, sostiene il sindacato col maggior numero di iscritti di religione in Italia.

“Per anni – continua lo Snadir – si è cercato di aggirare il problema del precariato di religione con interventi superficiali e non risolutivi, fino a quest’ultimo vergognoso e inaccettabile art.1-bis approvato definitivamente oggi. Tale ingiustizia ha trovato la sua giustificazione tra i paladini della ‘cultura dello scarto’”.

Il confronto a questo punto potrebbe continuare in tribunale: “Di fronte a tale ingiustizia, lo Snadir proporrà iniziative per la tutela dei precari, sia presso i tribunali interni che presso le corti europee per la tutela del principio di uguaglianza e non discriminazione tutelati dalla nostra carta costituzionale, dalla carta di Nizza e dalla clausola 4 della direttiva 1999/70”.

Decreto scuola, dall’a.s. 2020/2021 scatta il vincolo dei 5 anni su scuola

da La Tecnica della Scuola

Il Decreto Scuola, nel testo approvato alla Camera il 3 dicembre scorso e votato con la fiducia il 19 dicembre, introduce un’importante modifica al comma 3 dell’articolo 399 del T.U. delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

Il nuovo comma 3 prevede infatti che, a decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l’anno scolastico 2020/2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in altra istituzione scolastica ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso soltanto dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell’istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero.

Tale vincolo non si applica al personale di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), purché le condizioni previste siano intervenute successivamente alla data di iscrizione ai rispettivi bandi concorsuali ovvero all’inserimento periodico nelle graduatorie permanenti.

Ovviamente, per gli assunti prima dell’a.s. 2020/2021, resta valido il precedente vincolo triennale, perché la disposizione si applica appunto alle immissioni in ruolo disposte dal prossimo anno scolastico.

Il Decreto Scuola inserisce a seguire anche il comma 3-bis, secondo il quale l’immissione in ruolo comporta, all’esito positivo del periodo di formazione e di prova, la decadenza da ogni graduatoria finalizzata alla stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato per il personale del comparto scuola, ad eccezione di graduatorie di concorsi ordinari per titoli ed esami di procedure concorsuali diverse da quella di immissione in ruolo.

Decreto scuola è legge: via libera dal Senato. Scelta coraggiosa per la continuità didattica

da Tuttoscuola

Via libera anche dal Senato al decreto scuola. Con 160 voti favorevoli, 121 contrari e nessun’astensione, il Senato oggi, giovedì 19 dicembre, ha votato la fiducia al Governo approvando definitivamente, nel testo licenziato dalla Camera, il ddl n. 1633, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, sul reclutamento del personale scolastico. Per l’entrata in vigore ora dobbiamo attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Pittoni (Lega): “Via libera rappresenta  suicidio politico del M5S nel mondo affollato dei precari ‘storici’ della scuola”Il voto di fiducia del Senato che oggi accompagna l’approvazione definitiva del decreto scuola apre intanto la strada ad una importante rivoluzione per assicurare la continuità didattica a favore degli alunni. 

Clicca qui per leggere il testo del decreto scuola

Infatti tutti i docenti che entreranno in ruolo prossimamente dovranno prestare servizio nella scuola assegnata per 5 anni. Soltanto dopo questo quinquennio di continuità effettiva di servizio potranno chiedere trasferimento o assegnazione ad altra scuola.

Il vincolo quinquennale degli insegnanti nella stessa istituzione scolastica avrà l’effetto di assicurare un corrispondente quinquennio continuativo della loro presenza in classe a tutto vantaggio degli alunni.

Lo prevede all’art. 1 del decreto il comma 17.1 che così recita: “A decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l’anno scolastico 2020/ 2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria, l’utilizzazione in altra istituzione scolastica ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso solamente dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell’istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero”.

Le famiglie degli alunni sorridono, mentre i sindacati protestano per l’invasione di campo del Parlamento su una materia di natura contrattuale.

Una dozzina d’anni fa, di fronte ad un analogo provvedimento che prevedeva il blocco dei trasferimenti per un biennio, i sindacati si avvalsero del potere di disapplicazione e lo congelarono. Questa volta, però, non sarà possibile farlo, perché un altro comma del decreto salva-precari, il 17.2, lo impedisce; dispone infatti che “Le disposizioni di cui al comma 17.1. non sono derogabili dai contratti collettivi nazionali. Sono fatti salvi i diversi regimi previsti per il personale immesso in ruolo antecedentemente al termine di cui al comma 17.1”.

Decreto scuola, le misure previste

Oltre a a una maggiore attenzione alla continuità didattica, in arrivo nuovi concorsi per la messa in ruolo di circa 50.000 docenti della scuola secondaria e una nuova selezione per gli insegnanti di religione cattolica. Più attenzione anche alla semplificazione delle procedure di reclutamento e stabilizzazione degli Enti pubblici di ricerca. Sono alcune delle principali misure previste dalla Legge approvata oggi in Senato che ha convertito il decreto 126/2019 per la riduzione del precariato del personale scolastico e degli Enti pubblici di ricerca.

Nuovi concorsi per i docenti: quasi 50 mila assunzioni
Circa 24.000 i nuovi insegnanti che potranno salire in cattedra a partire dal prossimo anno scolastico con un concorso ordinario. Altrettante cattedre saranno a disposizione con un concorso straordinario. Il provvedimento amplia la platea degli aspiranti docenti che potranno partecipare a questa selezione straordinaria  e conseguire l’abilitazione. Il bando per la scuola secondaria statale di I e di II grado è aperto agli insegnanti con almeno 36 mesi di servizio (a partire dall’anno scolastico 2008/2009). Al concorso, che sarà avviato contestualmente a quello ordinario, potranno partecipare per i posti di sostegno anche i docenti che stanno svolgendo il corso di specializzazione, oltre a quelli già specializzati. È prevista la partecipazione, ai fini abilitanti, oltre che per i professori delle paritarie, anche per gli insegnanti dei percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP). Il servizio svolto nelle scuole statali nell’ambito dei progetti regionali di contrasto al fenomeno della dispersione scolastica è considerato valido ai fini della partecipazione alla procedura straordinaria.

Dopo 16 anni viene aperto un nuovo concorso anche per i docenti di religione cattolica. Il bando darà un peso all’esperienza pregressa di lavoro, riconoscendo un punteggio al servizio svolto e prevedendo una riserva di posti.

I docenti che hanno già vinto un concorso, o che sono iscritti nelle Graduatorie a Esaurimento (GAE), e che attendono di essere immessi in ruolo, potranno ora chiedere di essere assunti anche in regioni diverse da quelle della propria graduatoria. Inoltre i vincitori e gli idonei del concorso bandito nel 2016, potranno iscriversi anche nelle graduatorie di merito ad esaurimento costituite in occasione del concorso straordinario del 2018. In questo modo avranno una nuova e ulteriore possibilità di essere immessi in ruolo.
Ai docenti che non è stato possibile assumere sui posti lasciati liberi dai colleghi andati in pensione per ‘quota 100’ sarà riconosciuta, subito, l’immissione in ruolo ai fini giuridici. Sceglieranno il posto con priorità rispetto alla mobilità e alle nomine a tempo indeterminato del prossimo anno scolastico.
Le graduatorie di istituto sono riaperte e affiancate da nuove graduatorie provinciali per l’attribuzione degli incarichi a tempo determinato.

Via le impronte digitali e sì al potenziamento del coding
Per assicurare la continuità didattica, anche per l’anno scolastico 2019/2020, ai diplomati magistrali destinatari di sentenze che comportano la decadenza dal ruolo, sarà garantita la permanenza in servizio sino al termine delle attività didattiche.
Viene potenziato il coding nella formazione iniziale dei docenti.
Per tutto il personale scolastico viene confermata l’esclusione dalla rilevazione biometrica delle presenze.

Pulizia scuole: internalizzato il servizio
Novità non solo per il personale docente. Vengono internalizzati i servizi di pulizia e gli altri servizi ausiliari nelle scuole di ogni ordine e grado. Per i cosiddetti ex LSU, è prevista una proroga di due mesi per consentirne la stabilizzazione. In questo modo sarà possibile organizzarsi per un miglior coordinamento tra la domanda di lavoro e i posti disponibili. Il provvedimento approvato dal Senato prevede anche una seconda fase della procedura di stabilizzazione che permetterà di recuperare i posti rimasti eventualmente disponibili consentendo di partecipare con il requisito di 5 anni di servizio.

Misure per i precari dell’università e della ricerca
Specifiche misure sono previste anche per il personale precario degli Enti pubblici di ricerca. Un riconoscimento particolare sarà dato all’esperienza maturata nei diversi ambiti della ricerca scientifica italiana. Aumenta, anche, da 6 a 9 anni la durata dell’Abilitazione Scientifica Nazionale.

“Il via libera al decreto scuola con la fiducia del Senato – ha dichiarato Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura a palazzo Madama e responsabile Istruzione del partito, intervenuto in dichiarazione di voto – rappresenta il suicidio politico del M5S nel mondo affollato dei precari ‘storici’ della scuola, condannati con questo provvedimento in molti casi all’emarginazione sociale avendo ormai raggiunto un’età in cui è estremamente difficile in Italia trovare occupazioni alternative e ai quali in campagna elettorale il partito di Grillo aveva fatto – al contrario – promesse mirabolanti. Ma soprattutto rappresenta la perdita definitiva di credibilità in tale settore del PD, pronto ormai ad appiattirsi su qualsiasi scelta dei grillini, pur di non ridare la parola ai cittadini. Gioirà solo il mercato dei corsi e delle pubblicazioni preparatorie ai concorsi”.

Fioramonti a un passo dalle dimissioni? Il Ministro: ‘Sto lavorando’. M5S: ‘Resti al suo posto’

da Tuttoscuola

Dimissioni sì, dimissioni no. Lo scorso 18 dicembre si dava quasi per certo il passo indietro del ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti. Secondo quanto riferito da Il Messaggero, il Ministro aveva parlato con Di Maio e informato anche il premier Conte sostenendo di lasciare per una questione di coerenza a causa dei pochi finanziamenti destinati alla scuola dalla finanziaria. Ai cronisti che però hanno chiesto a conferme, circa le dimissioni imminenti, il Ministro avrebbe risposto: “Sono qui e come potete vedere sto lavorando, sto lavorando…”.

Intanto al Governo si prendono le difese del Ministro. “Il possibile passo indietro del ministro Fioramonti – dichiarano i deputati M5S in Commissione Cultura – è un’evenienza che non vogliamo prendere nemmeno in considerazione e siamo lieti che confermi che è al lavoro al suo posto. Con il ministro e i sottosegretari abbiamo impresso una svolta alle politiche relative a istruzione, università e ricerca, costruendo insieme una visione globale nella quale innestare politiche e provvedimenti normativi, tra cui il decreto Istruzione e i diversi interventi contenuti nella legge di Bilancio. Questo lavoro congiunto deve piuttosto continuare con ancora maggiore slancio: lo sforzo per individuare in manovra risorse adeguate è stato ragguardevole anche se non si sono raggiunti gli obiettivi auspicati. È il momento di segnare le prossime tappe di un percorso che grazie a Fioramonti ci è già valso una importante apertura di credito in Europa e nel mondo in tema di ricerca e innovazione”.

“Fioramonti è un eccellente ministro, ha fatto un lavoro straordinario – ha dichiarato anche Francesco Boccia, parlamentare Pd e ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, intervenendo ad Agorà su Rai Tre -. Spero che Lorenzo non solo resti, ma venga aiutato a fare un lavoro straordinario che sta facendo con altri, con Anna Ascani e tanti altri”.

Intanto sulla pagina Facebook del ministro Fioramonti non appare alcun cenno alle dimissioni, anzi. Il Ministro continua a raccontare sui social il suo lavoro, dal suo impegno nei confronti della ricerca e dell’ambiente, fino al racconto delle buone pratiche a scuola.