Sulle dimissioni del Ministro

La dichiarazione di Pino Turi sulle dimissioni del Ministro Fioramonti

Che fossero rimaste le motivazioni delle dimissioni è abbastanza chiaro – riflette il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi  – non si è vista alcuna inversione dell’azione politica e di governo della scuola, in termini di necessari investimenti.

Trovare le risorse necessarie per il futuro del paese, anche dai profitti delle imprese che inquinano, era la richiesta del ministro la cui visione, magari un po’ utopica, ma che manca all’attuale politica, non ha trovato risposte.

Chapeau al ministro per coerenza e visione – commenta Turi.

Speriamo che trovi riscontro, in futuro, in termini di discontinuità politica.

Restano da portare a conclusione le partite aperte al Miur che sono state oggetto di specifici accordi con il sindacato, con la fase attuativa del decreto legge approvato di recente.

I tempi della scuola non corrispondono a quelli della politica, ci auguriamo che il Premier e il Governo ne prendano atto.

L’attuale crisi va assolutamente chiusa nel più breve tempo possibile, ne va della vita di questo Governo.

Dimissioni Fioramonti: ora garantire risorse e stabilità

Dimissioni Fioramonti: ora garantire risorse e stabilità

Comunicato stampa della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL

Roma, 26 dicembre – Appare difficile commentare le dimissioni del ministro Fioramonti, soprattutto se si fa riferimento al tempo scelto per consegnare la lettera a Palazzo Chigi, il giorno di Natale e pochi giorni dopo la sottoscrizione di impegni precisi assunti con le forze sindacali, rappresentative della grande maggioranza di lavoratrici e lavoratori della Scuola, dell’Università e della Ricerca. Non possiamo tacere sul fatto che le dimissioni di un ministro, oltre ad avere pesanti conseguenze sul piano politico, hanno ripercussioni soprattutto sul piano istituzionale, a partire dal Quirinale, per finire al Parlamento chiuso per ferie, e dunque impossibilitato a dibatterle.

Nel merito delle ragioni delle dimissioni del ministro, spetta ora al presidente del Consiglio Conte chiarire la posizione del governo in materia di risorse per l’Istruzione e la Ricerca, altrimenti il rischio è che qualunque ministro che seguirà non potrà fare a meno di seguire le
orme di Fioramonti.

In una recente intervista, il ministro dell’Economia Gualtieri aveva avvertito che su Istruzione e Ricerca il governo aveva agito su due fronti: bloccare i tagli previsti dal precedente governo, pari a circa sei miliardi di euro, e, anzi, restituire circa due miliardi. E tutto ciò era noto ai ministri fin dalla elaborazione della legge di Bilancio 2020. Come sindacati avevamo reagito sostenendo che le risorse erano e restano insufficienti per sostenere la struttura dell’Istruzione. Ma erano e restano del tutto inadeguate per sostenere Università e Ricerca.

Dunque, un problema relativo alle risorse esiste, come esiste un problema gigantesco di rinnovo del contratto nazionale di lavoro, e siamo in attesa di risposte concrete, fattuali sugli impegni  sottoscritti il 19 dicembre. Da chi? In primo luogo dal presidente del Consiglio Conte a cui chiediamo di garantire continuità e stabilità ad un settore strategico dell’amministrazione dello Stato e in secondo luogo, dal titolare del MEF, Gualtieri, che si è impegnato a rilanciare il settore strategico dell’istruzione e della Ricerca fin dalla elaborazione del prossimo Documento di economia e finanza (Def), reperendo nuove e più congrue risorse. Se le dimissioni del ministro Fioramonti sono state utili ed efficaci lo si verificherà sulla base di quegli impegni assunti da Conte e Gualtieri.  E non certo da alchimie di natura eminentemente politicistica di schieramento.

Ei fu

Ei fu

di Gabriele Boselli

Può una morte onorevole riscattare un’esistenza mediocre? 

Dati i tempi è cosa straordinaria che un ministro dell’istruzione rassegni le dimissioni per non esser riuscito a tener fede ai propri impegni programmatici.

Unico precedente, che io ricordi, quello di Tullio De Mauro, che si dimise piangendo essendosi riconosciuto non all’altezza della situazione.

Tutti gli altri ministri degli ultimi trent’anni, anche quelli tragicamente inadeguati e produttivi solo di arretramenti come Gelmini, Fioroni, Fedeli e Bussetti si aggrapparono alla poltrona sino alla fine del governo di cui facevano parte, disonorando la cattedra su cui si erano seduti Gentile, Bottai, Valitutti, Spadolini, Berlinguer e (pochi) altri uomini di valore.

Non che Fioramonti abbia combinato molto, ma il gesto terminale delle dimissioni -se non tattico e studiato per farsele respingere- lo colloca nell’Olimpo, accanto alla dea Minerva.

DA MINISTRO DELL’ISTRUZIONE A MINISTRO DELL’IPOCRISIA

RETE STUDENTI E UDU – FIORAMONTI: DA MINISTRO DELL’ISTRUZIONE A MINISTRO DELL’IPOCRISIA

Lorenzo Fioramonti lascia il MIUR dopo soli 4 mesi, dicendo che al governo sarebbe servito più coraggio, in manovra, per investire su istruzione, università, ricerca.
Così si conclude il percorso di Fioramonti nella squadra di governo, durante il quale l’ormai ex ministro ha prima promesso 3 miliardi, altrimenti dimissioni, poi ha ritrattato, smettendo di parlare di dimissioni ma chiedendo di lasciarlo lavorare, per poi invece dimettersi lasciare definitivamente nella notte di ieri.
Dichiara Enrico Gulluni, Coordinatore Nazionale dell’Unione degli Universitari: “Siamo d’accordo con lui: sarebbero serviti più coraggio e più lungimiranza.Ma forse Fioramonti dimentica che lui di questo governo ha sempre fatto parte, che fino a ieri ne è stato Ministro, in una posizione con l’agibilità politica di cambiare le cose. “
Continua Federico Allegretti, Coordinatore Nazionale della Rete degli Studenti Medi: “Non dimentichiamo anche che, fino a pochi mesi fa, proprio Fioramonti è stato Vice Ministro del governo giallo-verde, che non ha investito un centesimo sull’istruzione e aveva addirittura nominato Capo Dipartimento MIUR Giuseppe Valditara, relatore legge Gelmini, che distrusse l’istruzione pubblica già nel 2010. Volendo essere davvero coerenti, Fioramonti si sarebbe dovuto già dimettere da un bel po’.”
La triste conferma che emerge da queste dimissioni è che l’istruzione rimane ai margini delle agende di tutti i governi, di qualsiasi colore essi siano, e non bastano dichiarazioni roboanti a cambiare le cose. Ci auguriamo che le almeno dimissioni del Ministro siano utili a rimettere al centro del dibattito pubblico scuola, università e ricerca. 
Concludono Allegretti e Gulluni: “Da anni, da molto prima che l’ormai ex ministro lo dicesse, denunciamo il sottofinanziamento cronico e strutturale dell’istruzione pubblica, e continueremo a batterci affinché essa abbia un ruolo centrale nello sviluppo di questo paese.Servono fatti, non solo parole.

LE DIMISSIONI DEL MINISTRO

L’AVEVA DETTO E L’HA FATTO: LE DIMISSIONI DEL MINISTRO FIORAMONTI

Comunicato dell’Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Lorenzo Fioramonti si è dimesso. Il gesto merita da parte del mondo della scuola, ma non solo da questo, una riflessione non di maniera ma seria e articolata.

Il motivo – asserito, ma probabilmente autentico – della decisione sta nel rifiuto da parte dei ministri che contano, vale a dire quelli economici, di concedere alla Scuola fondi per una somma dai due ai tre miliardi, quale egli aveva richiesto. Sul punto dobbiamo esprimerci con estrema chiarezza: richiesto, per fare cosa? È un’antica illusione che per ovviare allo stato pre-comatoso della scuola italiana basti aumentare la dotazione economica del comparto, così da provvedere a nuove assunzioni, all’ammodernamento delle strutture fisiche, alle dotazioni dei laboratori. Ma non è un’illusione dovuta a mera insipienza: magari lo fosse. È piuttosto il portato di una visione materialistica  che rifiuta di pensare la scuola in termini di istruzione e formazione umana, riducendola a un servizio sociale che da una parte “toglie i ragazzi dalla strada” (con il risultato che la scuola diventa una strada coi banchi) dall’altra fornisce agli studenti una preparazione esclusivamente funzionale alla professione, confermando l’asse storico costituito da “tre i”, INVALSI, didattica per competenze, “sette competenze” recepite dall’ Europa-padrona, promozione indiscriminata qualunque sia il numero di insufficienze, e a future diavolerie che sicuramente usciranno dal cilindro della didattica pragmatistica. A questa visione di tipo aziendale, coerentemente fa da corollario una classe insegnante dotata del minimo storico di prestigio sociale, affogata nella burocrazia (telematica piuttosto che cartacea) e in  perenne subordinazione di fronte al Dirigente-manager. 

Dobbiamo osservare che in tale prospettiva il Ministro Fioramonti, nel breve mandato, non aveva apportato alcuna variante. Di suo aveva introdotto o ventilato iniziative che benevolmente definiremmo balzane, e che non solo in noi avevano suscitato sconcerto: ricordiamo fra le altre la sostituzione dei crocefissi con la cartina politica del mondo, in duplice omaggio sia al laicismo che all’ideologia globalista, l’istituzione dell’insegnamento della climatologia in ogni curriculo scolastico,  e altre amenità che per brevità non menzioniamo.

Detto, o meglio ribadito, tutto questo, dobbiamo all’ex Ministro Fioramonti un riconoscimento.

In un Paese in cui l’istituto delle dimissioni sembra abolito per legge, in cui, dal più infimo posto di socio di bocciofila di paese al più altro scranno parlamentare, nessuno presenta le dimissioni qualunque cosa accada (a meno di arresto in flagranza, e talora neppure in quel caso) Fioramonti ha prima avvertito che si sarebbe dimesso, poi ha preso atto dell’indisponibilità dei suoi soci di governo, infine ha rassegnato le dimissioni. In uno scenario politico di ominicchi abbracciati alla poltrona come naufraghi al salvagente in mezzo ai marosi, ha dimostrato di essere un uomo, e dato così agli studenti italiani un raro esempio di coerenza e di dignità.  Onore dunque non al Ministro, ma all’uomo.

Alfonso Indelicato
Responsabile della Comunicazione AESPI

SULLE DIMISSIONI DEL MINISTRO

IL PRESIDENTE DELL’ANP GIANNELLI SULLE DIMISSIONI DEL MINISTRO FIORAMONTI

L’ANP ha appreso dalle agenzie di stampa delle dimissioni del Ministro Lorenzo Fioramonti. La notizia, nell’aria da alcuni giorni, ci preoccupa per l’inevitabile incertezza che si abbatte sul mondo della scuola e, soprattutto, per le ragioni delle dimissioni legate al mancato reperimento dei fondi necessari all’istruzione ed alla ricerca.
Il Presidente dell’ANP, Antonello Giannelli, così commenta: ”il Ministro Fioramonti, che ringrazio per l’impegno profuso durante il mandato, è stato un interlocutore sensibile e partecipe; questo suo gesto dimostra coerenza ma rende evidente la scarsa considerazione della politica per la scuola; nei nostri incontri, Fioramonti si è dimostrato consapevole delle difficoltà vissute dai dirigenti scolastici, dai docenti e dal personale ATA”.
Attendiamo ora di conoscere il nome del nuovo ministro e, conclude Giannelli, “Siamo pronti a incontrarlo per presentare il punto di vista del sindacato più rappresentativo dei dirigenti e che raccoglie i docenti desiderosi di migliorare il proprio livello professionale. L’istruzione deve essere riconosciuta dalla politica quale settore fondamentale del nostro Paese e, pertanto, ha bisogno di una visione chiara e di ingenti investimenti. In particolare, devono essere assicurate la sicurezza degli edifici, la formazione iniziale e continua del personale, la stabilizzazione degli organici e la loro adeguata remunerazione. Dobbiamo avviare al più presto un piano strutturale di innovazioni per innalzare la qualità degli apprendimenti che, come dimostrano tutti gli esiti delle rilevazioni nazionali e internazionali, non è ad oggi soddisfacente. Tutto questo non può prescindere da una seria riflessione sulle prerogative dei dirigenti, chiamati a garantire la complessa gestione delle istituzioni scolastiche autonome”.

Il Ministro e il problema “scuola”

Il Ministro e il problema “scuola”

di Enrico Maranzana

Lorenzo Fioramonti, ministro del MIUR, si è dimesso. Ha giustificato il suo abbandono affermando: “Che ci sto a fare nel governo” se non ci sono soldi?

La rivalutazione retributiva dei docenti delle scuole è  alla base della decisione: strategia adottata negli anni 80, senza successo, da Amintore Fanfani. 

Oggi, come allora, non è stata riconosciuta l’origine dello stallo dell’istituzione scuola che, nel 1974 è stata ristrutturata per adeguarla alla dinamicità e all’imprevedibilità del mondo contemporaneo. 

La funzione docente, che consisteva nella trasmissione della conoscenza, è stata ridefinita, per abbattere la complessità del problema educativo. 

Si consideri il Decreto sull’autonomia scolastica del 99, autonomia che “Si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione d’interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana..”.

Il percorso che conduce alla ridefinizione della funzione docente è richiamato e riaffermato. Inizialmente si devono identificare i caratteri della società in cui gli studenti interagiranno (aspetto formativo), successivamente si devono ipotizzare e gestire percorsi per promuovere i comportamenti corrispondenti (aspetto educativo); seguono gli accordi per coordinare gli insegnamenti, unificandoli per dar efficacia all’istruzione e, per finire, la progettazione dei singoli insegnanti che, oltre a trasmettere una fedele immagine della propria disciplina, qualificano la loro azione perseguendo le indicazioni collegialmente elaborate. 

Ridefinizione che il mondo scolastico ha rifiutato, a tutti i livelli.

E’ emblematica la legge 107/2015 che “Dà piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni”.  Per cestinare la norma sull’autonomia scolastica, sopra trascritta, è stata richiamata la legge con cui il parlamento aveva delegato, temporalmente, la funzione legislativa al governo. La delega è ormai priva di valore per il decorrere del tempo. Il legislatore voleva rivitalizzare la norma con un inammissibile errore giuridico: “Successive modificazioni”.

Altrettanto significative sono le strutture decisionali delle scuole, visibili in rete, che mostrano le relazioni intercorrenti tra i diversi organismi scolastici: determinano il fluire del servizio. Sono tutti contrari alla legge: ricalcano i tipici modelli concettuali degli inizi del secolo scorso.

Questo lo scenario in cui collocare la decisione del ministro Lorenzo Fioramonti.

Lorenzo Fioramonti si dimette, avrebbe consegnato lettera a Conte

da Orizzontescuola

di redazione

Il Ministro dell’Istruzione, dopo la Legge di Bilancio approvata qualche giorno fa, avrebbe deciso di dimettersi.

Le dimissioni onorano l’impegno preso con l’elettorato al momento della sua nomina. Infatti, aveva legato il suo mandato al reperimento di 3mln di euro per scuola e Università. Cifra non presente nella legge di bilancio.

Avrebbe voluto dimettersi il 23, subito dopo l’ok della Camera alla manovra. Poi Lorenzo Fioramonti si è preso qualche altro giorno, ma tra stasera e domani mattina dovrebbe ufficializzare il passo indietro da ministro dell’Istruzione.

L’esponente pentastellato avrebbe già consegnato al premier Conte la lettera di dimissioni

Secondo quanto riporta l’Agi, “andrebbe a costituire un gruppo alla Camera a sostegno del premier  come embrione di un nuovo soggetto politico. Nei giorni scorsi si sono fatti i nomi di alcuni deputati che potrebbero seguirlo, tra cui Nunzio Angiola e Gianluca Rospi, ma anche l’ex M5s Andrea Cecconi.

Lauree e profili professionali più richiesti fino al 2024. Insegnamento al quinto posto

da Orizzontescuola

di redazione

Secondo quanto pubblicato nel volume sulle previsioni dei fabbisogni occupazionali in Italia (2019-2023) realizzato da Unioncamere e Anpal , saranno necessari tra i 3 e i 3,2 milioni di nuovi occupati per soddisfare le esigenze di tutto il comparto produttivo italiano comprensivo sia delle imprese private sia della pubblica amministrazione.

Lo studio fornisce delle stime sulla domanda di lavoro nei prossimi cinque anni in base a due scenari che dipendono dalle stime sulla crescita del Pil e dal tasso di turnover occupazionale.

I titoli di studio più richiesti sulla base del fabbisogno totale 2019-2023 sono:

Medico-sanitario (da 171.400 a 175.800 unità)
Economico (da 151.800 a 162.200 unità)
Ingegneria (da 126.800 a 136.400 unità)
Giuridico (da 98.000 a 102.900 unità)
Insegnamento e formazione (da 91.900 a 96.800 unità)
Politico-sociale (da 59.600 a 62.900 unità)
Letterario (da 56.100 a 60.000 unità)
Architettura (da 56.000 a 59.400 unità)
Linguistico (da 34.000 a  36.800 unità)
Scientifico, matematico e fisico (da 28.900 a 30.600 unità)
Psicologico (da 25.600 a 27.000 unità)
Chimico-farmaceutico (da 24.900 a 26.600 unità)
Geo-biologico e biotecnologico (da 15.200 a 16.500  unità)
Agroalimentare (da 12.300 a 13.100 unità)
Statistico (da 6.500 a 6.800 unità)

L’80% dei nuovi occupati nel quinquennio (2,6 milioni di lavoratori), secondo lo studio, verrà assunto per affrontare il naturale turnover occupazionale (la cosiddetta replacement demand), per cui solo il restante 20% di lavoratori farà parte della cosiddetta expansion demand, ossia la domanda di lavoro incrementale che identifica la creazione di nuovi posti di lavoro.

La “Digital Transformation” e l’Ecosostenibilità coinvolgeranno tra il 26 e il 29% dei lavoratori di cui le imprese e la Pubblica Amministrazione avranno bisogno nei prossimi 5 anni.

Per quanto riguarda la filiera “Ecosostenibilità”, le imprese avranno bisogno tra i 519mila e 607mila.

Sede di titolarità: è solo su scuola, non esistono più titolarità su ambito e incarico triennale su scuola

da Orizzontescuola

di Giovanna Onnis

Tutti i docenti titolari su sede lo sono su specifica scuola. Non esiste più la titolarità su ambito territoriale

Una lettrice ci scrive:

Immessa in ruolo con la Buona scuola nell’anno scolastico 2015/16  sono confusa  circa la mia e la situazione di tanti docenti come me che hanno avuto la titolarità su ambito. Il contratto triennale con la scuola dove insegno è cessato da un anno , si è rinnovato tacitamente per altri 3 anni ?

Con l’anno scolastico 2019/20 è stata abrogata la chiamata diretta per i docenti di tutti gli ordini e gradi di istruzione. Dal corrente anno scolastico, infatti, tutti i docenti risultano titolari su una specifica scuola e non esiste più la titolarità su ambito territoriale

Eliminata la titolarità su ambito

La titolarità su ambito territoriale risulta eliminata per tutti i docenti .

Prima delle operazioni di mobilità per l’a.s. 2019/20, infatti, tutti i docenti a tempo indeterminato titolari di ambito e incaricati su scuola hanno acquisito la titolarità nella scuola nella quale hanno avuto  l’incarico triennale

Nello stesso modo, prima delle operazioni di mobilità per l’a.s. 2019/20 tutti i docenti a tempo indeterminato titolari su ambito, privi di incarico su scuola, sono stati assegnati sulla provincia (esuberi provinciali).

Riferimenti normativi

Il riferimento normativo è l’art.6 comma 8 del CCNI sulla mobilità, dove si stabilisce quanto segue

“Prima di eseguire la mobilità, i docenti con incarico triennale , ivi inclusi i docenti con incarico triennale in scadenza al 31 agosto 2019, acquisiscono la titolarità sulla scuola di incarico. I  docenti titolari su ambito, privi di incarico su scuola,  sono assegnati sulla provincia”

Conclusioni

Tale operazione è stata effettuata, per tutti i docenti interessati, prima delle operazioni di mobilità, a prescindere dalla loro partecipazione  o meno ai trasferimenti o passaggi.

L’operazione è avvenuta nella piattaforma ministeriale SIDI  tecnicamente dal 27 febbraio 2019, ma la titolarità su scuola risulta avere decorrenza dall’anno scolastico 2019/20, quindi dal 1° settembre 2019

La nostra lettrice, quindi, risulta titolare nella scuola in cui ha avuto il conferimento e il rinnovo automatico dell’incarico triennale dal corrente anno scolastico.  Non è più titolare nell’ambito territoriale, ma nella scuola e, conseguentemente,  non è più interessata da incarico triennale.

Ponti e giorni festivi 2020: le date più importanti

da La Tecnica della Scuola

Il 2019 non è stato avaro di ponti ma il 2020 sarà più generoso e darà tante occasioni per allungare ferie e festività.

Il 2020 sarà un anno bisestile, quindi vedrà l’aggiunta del 29 febbraio.

La prima occasione per festeggiare sarà ovviamente il primo gennaio (mercoledì), seguito dall’Epifania (6 gennaio) che quest’anno cadrà di lunedì, consentendo quindi di organizzare un week-end “lungo”.

I ponti e feste 2020: le date

Così come segnala Sky Tg24, potenzialmente i ponti più lunghi del 2020 saranno quelli del 2 giugno e dell’8 dicembre. Sia la festa della Repubblica che l’Immacolata, infatti, cadranno di martedì, quindi in tanti potrebbero avere la possibilità di usufruire della chiusura aziendale del lunedì o di chiedere un unico giorno di ferie per averne a disposizione ben quattro lontano dal posto di lavoro.

I ponti e feste 2020: Pasqua

Nel 2020 la Pasqua non sarà “alta” come nel 2019 (21 aprile), ma cadrà il 12 aprile, con il conseguente lunedì dell’Angelo che sarà in calendario il 13 del mese. Questo anticipo impedirà di legare la festività al 25 aprile e al primo maggio, come invece è stato possibile nel 2019.

I ponti e feste 2020: le altre festività

Come ogni anno, anche nel 2020 ci sono festività che ricorrono di sabato e di domenica e che quindi sono un po’ “sprecate” in termini di assenze giustificate a lavoro o a scuola.

La festa della Liberazione (25 aprile) sarà un sabato, così come Ferragosto (15 agosto) e Santo Stefano (26 dicembre), anche se in quest’ultimo caso il fine settimana sarà comunque prolungato visto che Natale (25 dicembre) sarà il venerdì precedente.

Il giorno di Tutti i Santi (1 novembre) cadrà di domenica, mentre in compenso la Festa dei lavoratori del primo maggio sarà un venerdì, aprendo le porte a un altro possibile week-end “lungo”.

Buone notizie arrivano anche per il momento di passaggio tra 2020 e 2021: quest’ultimo inizierà infatti con 3 giorni di potenziale riposo visto che il primo gennaio 2021 è un venerdì.

Ecco le dettaglio tutte le festività del 2020:

1 Gennaio – Mercoledì
6 Gennaio – Lunedì
Pasqua 2020 – Domenica (12 aprile)
Pasquetta – Lunedì (13 aprile)
25 Aprile 2020 – Sabato
1 Maggio 2020 – Venerdì
2 Giugno 2020 – Martedì
15 Agosto 2020 – Sabato
1 Novembre 2020 – Domenica
8 Dicembre 2020 – Martedì
25 Dicembre 2020 – Venerdì
26 Dicembre 2020 – Sabato
31 Dicembre 2020 – Giovedì

Fioramonti verso le dimissioni: ‘Che resto a fare nel Governo?’

da Tuttoscuola

Sembra ufficiale: Lorenzo Fioramonti esce dalla compagine governativa in quanto nella Legge di bilancio 2020 non sono stati stanziati i 3 miliardi che aveva chiesto per Scuola e Ricerca fin dal suo insediamento. Secondo agenzie stampa pare che l’inquilino di Viale Trastevere abbia infatti già consegnato le dimissioni al premier, Giuseppe Conte. Già nelle ore scorse alcuni quotidiani avevano riportato una battuta pronunciata da Fioramonti alla presenza di alcuni colleghi: “Che resto a fare nel Governo?” .

“Sulla scuola abbiamo fatto passi avanti importanti. Alcuni proprio in queste ore e ci stiamo muovendo nella direzione giusta. E alla fine vedremo se saranno sufficienti”, aveva detto il Ministro in merito sullo stanziamento previsto nella manovra in tema di istruzione. Era il 12 dicembre e la discussione sulla legge di bilancio stava entrando nel vivo. A Trieste, a margine del vertice dei ministri della ricerca, Fioramonti aveva ricordato che “la scuola in questo Paese avrebbe bisogno di 24 miliardi. I 3 miliardi che io ho individuato, non sono la sufficienza” ma rappresentano “la linea di galleggiamento”.

Ora, a circa 48 ore dall’ok della Camera alla Manovra, Fioramonti sembra davvero deciso a fare un passo indietro. Stando inoltre a voci non smentite pare che il Ministro sia addirittura intenzionato non solo a dimettersi, ma ad uscire dal M5S per formare un gruppo parlamentare al quale potrebbero aderire almeno una decina di “dissidenti” che contestano la linea del capo politico Luigi Di Maio.