L’estate dei ragazzi lontani dalla scuola per quattro mesi

L’estate dei ragazzi lontani dalla scuola per quattro mesi

Franco Buccino

da Repubblica ed. Napoli, 15 luglio 2024

Come ogni anno, arrivati a luglio, cominciamo a notare di nuovo i ragazzi per strada. Dalla fine di maggio gradualmente hanno lasciato la scuola. E noi abbiamo “usufruito” di meno traffico e più posti nei mezzi pubblici. Loro hanno cominciato il lungo ponte che si concluderà, per la stragrande maggioranza, considerando anche avvii faticosi di anno scolastico, tra orari provvisori e cambi di docenti, solo all’inizio di ottobre. Esattamente quattro mesi. Un terzo dell’intero anno!

Non voglio trovare i colpevoli, così come si fa di solito. Si “contendono” il primo posto nelle responsabilità i docenti, che comincerebbero, secondo un diffuso pregiudizio, una lunga vacanzainsieme con presidi e restante personale, e il caldo, sempre insopportabile e ora con l’aggravante dei “cambiamenti climatici”.

Ma vittime involontarie, sì. Le trovo. I ragazzi. Soprattutto quelli che tra quattro mesi saranno sempre gli stessi, anzi perfino peggiorati un po’… Come si fa a non considerare questo vuoto di quattro mesi, come si fa a riclassificarli, i ragazzi, immersi nella povertà educativa, senza nessuno scrupolo, senza nessuna assunzione di responsabilità, da parte della scuola, delle autorità, del ministro?

Certo, ci sono Scuole Aperte. Ma poche scuole, pochi progetti, pochi i ragazzi coinvolti. Se pure aggiungiamo campi estivi delle parrocchie, scout, viaggi di studio (per chi se li può permettere), perfino lavoro nero camuffato da stage, sono sempre pochi. E soprattutto non risolviamo la contraddizione delle scuole che lasciano i ragazzi “senza scuola” per un periodo così lungo. Non possiamo chiuderle per quattro mesi per poi tentare di riaprirle, anzi di farle riaprire. C’è una titolarità che è in capo alle scuole, e non ad altri.

Ma come mi capita da dire spesso, per eliminare o almeno ridurre la povertà educativa, c’è posto per tutti. L’importante che ognuno faccia quello che sa fare. Senza scambi di ruolo nel periodo estivo! C’è bisogno che, insieme, costruiscano un progetto che non sia solo la somma di attività, che le associazioni e i volontari non si trasformino in scuole e insegnanti, e gli insegnanti in esperti di tempo libero e di attività culturali. Ma provare, insieme, a raggiungere gli obiettivi, tanti in comune, con attività diverse, eppure, per tanti aspetti, complementari. C’è bisogno, per i ragazzi,di spezzare la monotonia delle lezioni, dalla cattedra. Devono imparare a fare e a saper fare, come si diceva una volta.

Le esperienze dei patti educativi, così invocati da autorità civili e religiose, spesso sono deludenti. Manca fondamentalmente l’incontro tra scuola e terzo settore. Qualche anno fa, in una prima esperienza di patti, si arrivò, da parte del ministero, a dare la possibilità di continuare a svolgere il progetto alla ripresa del nuovo anno scolastico. È a dire: d’estate si fa la parte assegnata alle associazioni, poi, all’avvio del nuovo anno scolastico, si passa alla parte della scuola. Che novità!

Ci sono naturalmente le eccezioni. Proprio di recente quel che ho scritto su queste pagine di scuola e volontariato, le esperienze fatte a Napoli e provincia, ha sorpreso molti. Primo progetto “Scuola e volontariato”: le classi aderenti con i loro insegnanti sono state collegate a un’associazione di volontariato del territorio, con un tutor del Centro Servizi Volontariato di Napoli che ha fatto da collegamento. L’esperienza di volontariato che hanno fatto insieme all’associazione, l’hanno raccontata con un video e testimonianze in una due giorni finale. Il secondo, “Giovani Redattori”, realizzato insieme da web-radio e dal Csv, è stato un percorso che attraverso l’utilizzo della tecnologia digitale ha inteso favorire la partecipazione dei giovani alla comunicazione sociale.

Si tratta non solo di bei progetti che introducono ragazzi e giovani al mondo del Terzo Settore, ma di un percorso che dimostra anche un’esemplare collaborazione tra scuole ed enti di terzo settore. La novità, e l’esemplarità, per gli enti del terzo settore, consiste nel non dover scimmiottare le scuole in doposcuola, corsi di recupero, necessariamente negli edifici scolastici e nelle stesse aule. Ma di proporre e sviluppare temi formativi, come appunto il volontariato, la comunicazione sociale, i beni comuni. E poi: cinema, teatro, sport. Sempre in collaborazione con le scuole e gli insegnanti. In un’unica offerta formativa, arricchita, della scuola e del terzo settore. Per tutto l’anno, ma soprattutto nei mesi estivi. Nei quasi quattro mesi, in cui i ragazzi spesso sono lasciati a sé stessi. Soprattutto i più fragili, che scorgiamo disorientati per le strade, o i disabili, che spesso diventano del tutto invisibili!

La pagella non si fa in tribunale, il TAR rafforza il ruolo dei docenti nelle bocciature: “Professori, arbitri indiscussi del rendimento scolastico”

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

Il Tar della Campania ha fatto chiarezza su un tema delicato e ricorrente nel mondo della scuola: la possibilità di intervenire nel merito del giudizio emesso dagli insegnanti nei confronti di uno studente.

Con la sentenza 3663/2024, il tribunale amministrativo ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione dei docenti, quando si tratta di bocciature, è sostanzialmente insindacabile.

Il caso in questione riguardava uno studente che, al termine dell’anno scolastico, aveva riportato numerose e gravi insufficienze. Di conseguenza, non era stato ammesso alla classe successiva. I genitori dell’alunno, ritenendo che tale giudizio non fosse adeguato all’effettivo rendimento del figlio e non conforme alle normative vigenti, avevano deciso di ricorrere al Tar.

Il tribunale, tuttavia, ha respinto il ricorso, sottolineando alcuni punti chiave:

  • Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche espresse dall’amministrazione scolastica è consentito solo in casi di palese irragionevolezza o illogicità dell’operato dei valutatori.
  • Il giudice può verificare se il procedimento di valutazione sia conforme alle norme e ai criteri prestabiliti, ma non può entrare nel merito delle valutazioni stesse.
  • Intervenire sulle valutazioni significherebbe invadere l’area dell’insindacabile merito valutativo riservato agli organi tecnici, come il consiglio di classe o la commissione d’esame.

La sentenza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: le decisioni dei docenti in merito alle valutazioni degli studenti godono di un’ampia discrezionalità tecnica. Ciò significa che, salvo casi eccezionali di evidenti irregolarità procedurali o illogicità manifeste, tali decisioni non possono essere messe in discussione da organi esterni alla scuola.

La sentenza del Tar Campania si inserisce in un filone giurisprudenziale che mira a tutelare l’autonomia e la professionalità dei docenti nel delicato compito di valutare il percorso formativo degli studenti. Allo stesso tempo, pone l’accento sull’importanza di procedure valutative trasparenti e conformi alle normative vigenti.

Per gli studenti e le famiglie, tale decisione sottolinea l’importanza di un impegno costante nello studio e di una collaborazione attiva con i docenti durante l’intero anno scolastico. Per i docenti, rappresenta una conferma della fiducia che il sistema giuridico ripone nella loro capacità di valutare in modo equo e professionale il percorso formativo degli alunni.

SENTENZA


Prestito fino a 25mila euro riconosciuti agli studenti più bravi

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Fino a 25mila euro saranno riconosciuti agli studenti più bravi col cosiddetto “Fondo studio” che permette ai giovani meritevoli, ma che non hanno mezzi finanziari sufficienti, di intraprendere un percorso di studi o completare la propria formazione grazie a un prestito garantito dallo Stato, ma che dovrà essere restituito.

Si tratta del prestito sull’onore, già molto diffuso in Usa, e attivo anche in Italia, ma che ha avuto una modifica attraverso la quale gli impegni assunti dal Fondo gestito da Consap, in relazione alle risorse attualmente disponibili, si concretizza nel rilascio di garanzie finanziarie assistite dallo Stato.

L’emendamento, spiegato dal Sole 24 Ore, chiarisce che il gestore svolge anche per conto dell’Amministrazione titolare del Fondo le attività relative all’escussione della garanzia e al recupero dei crediti. I soggetti finanziatori, prevede l’emendamento, sono tenuti a indicare, in sede di richiesta della garanzia, le condizioni economiche di maggior favore applicate ai beneficiari in ragione dell’intervento del Fondo

Il Fondo Studio, istituito presso Consap nel 2010, avrà il via libera definitivo, quando, dopo un tavolo tecnico, tutte le banche potranno erogare velocemente il credito agli studenti meritevoli.

L’obiettivo è incrementare le politiche finalizzate all’inclusione finanziaria, agevolando l’accesso al credito bancario da parte di studenti universitari e neolaureati, ai fini dell’apprendimento e approfondimento di percorsi professionali e lavorativi.

I finanziamenti ammissibili alla garanzia del Fondo sono cumulabili tra loro fino ad un massimo di 25mila euro, erogati in rate annuali di importo non inferiore a 3.000 euro e non superiore ai 5.000 euro.


Servizi infanzia: a rischio il piano asili nido del Governo, a causa di una legge approvata qualche mese fa

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Il piano di estensione dei servizi educativi per la prima infanzia (asili nido, micronidi e sezioni  primavera) su cui il Governo sta puntando molto soprattutto per ridurre i divari territoriali e per incrementare l’occupazione femminile al sud, potrebbe subire rallentamenti anche a causa di una legge approvata nei mesi scorsi dal Parlamento quasi all’unanimità.
Si tratta della legge 55 del  15 aprile 2024 che prevede l’obbligo d’iscrizione all’albo degli  educatori professionali socio-pedagogici anche per gli educatori dei  servizi educativi per l’infanzia.
Sulla questione è già intervenuta l’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) che sta chiedendo al Governo di modificare al più presto questa disposizione escludendo il personale educativo da tale obbligo. ANCI afferma che si tratta di “una disposizione non condivisa nelle opportune sedi istituzionali, che metterà in grave difficoltà i Comuni nel reclutamento del personale, con il serio rischio di mettere in discussione l’avvio delle attività dei servizi educativi a settembre, fino a paralizzare un servizio essenziale per le famiglie, i bambini e le bambine, oltre a creare una grande confusione per gli operatori di questi servizi”.

Per capire meglio la questione abbiamo posto alcune domande a Massimo Nutini, esperto di legislazione scolastica e degli enti locali.

Per quale motivo, a suo parere, una presa di posizione così dura da parte di ANCI?

Mi pare chiaro: nel proprio comunicato l’Anci parla di un provvedimento inaspettato e non condiviso nelle dovute sedi istituzionali, denunciando i gravi rischi che potranno derivare dalla possibile interpretazione restrittiva della norma in questione.

Quindi si tratta solamente di una questione di metodo e di termini per adeguarsi alla norma?

Assolutamente no! Anzi direi che la questione principale sta nel fatto che la norma, come emendata durante il procedimento di approvazione, confonde due profili professionali molto diversi, non tiene conto del fatto che il personale dei servizi educativi per l’infanzia opera alle dipendenze di soggetti pubblici e privati autorizzati o accreditati che, nel rispetto di precise normative nazionali, regionali e regolamenti locali, è già soggetto alla verifica del possesso dei titoli e delle competenze, e, infine, partecipa a ben definite procedure di formazione in servizio, seguite da un coordinamento pedagogico, anche nell’ambito di forme di collaborazione e di integrazione dei servizi educativi con le scuole dell’infanzia, sino a prendere parte alla costituzione di Poli per l’infanzia che strutturano, sul piano gestionale, organizzativo e pedagogico, un unico e condiviso percorso educativo dalla nascita fino ai sei anni.

E tutto questo cosa significa?

Significa che, in un lavoro come quello dell’educatore d’infanzia, dove è regolamentato anche come ci si deve comportare quando si ha necessità di andare in bagno, la previsione di un Albo rappresenta solo un aggravio e un costo, oppure un ricavo vista dall’altro punto di vista, ma non aggiunge niente in termini di professionalità, di qualità del servizio e neppure di riconoscimento del ruolo di tali operatori che, è bene ricordarlo, nel sistema educativo dalla nascita fino ai sei anni, sono quelli con peggiori condizioni contrattuali sia giuridiche sia economiche.

Quindi a suo parere l’obbligo di albo e di Ordine per questi educatori deve essere espunto dalla norma?

Sicuramente sì! La previsione dell’obbligo dell’iscrizione, per questo personale, all’albo degli educatori socio-pedagogici, potrebbe portare a collocare i servizi educativi per l’infanzia nella prospettiva dei servizi sociali e degli interventi professionali privati che rappresenterebbe un arretramento rispetto alle finalità e agli obiettivi stabiliti dalla stesso decreto legislativo 13 aprile 2017 , n. 65 il quale ha nel suo stesso oggetto la “Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107”.

Il termine per l’iscrizione agli albi scade l’8 agosto, quindi si deve fare in fretta…

A mio parere il termine dell’8 agosto è solo un termine ordinatorio e, anche se non fosse cambiata la legge, non accadrebbe niente a chi non si è iscritto. Però si deve agire con urgenza sia per dare certezze ai comuni e agli altri gestori dei servizi che, a mio parere, devono unirsi per mantenere una coerenza del ruolo dell’educatore d’infanzia con gli obiettivi del sistema integrato, che impone una visione unitaria del percorso educativo, pur storicamente distinto in due segmenti: lo 0-3, che comprende i servizi educativi, e il 3-6, che corrisponde alle scuole dell’infanzia. Questo stessa finalità dovrebbe essere appoggiata anche dal Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Assegnazioni provvisorie 2024/25, il docente può richiedere una sola precedenza e conviene inserire la più alta in ordine di elencazione

da La Tecnica della Scuola

Di Lucio Ficara

La sezione delle precedenze è la sezione D, si può selezionare una sola precedenza. Chi possiede più di una precedenza ha la convenienza di indicare quella collocata più in alto in ordine di elencazione. Le precedenze solo elencate in ordine di importanza e di trattamento nell’assegnazione della sede.

Conviene inserire la precedenza di assistenza al genitore con 104/92 o quella di lavoratrice madre per figlia di età inferiore ai 6 anni?

Ad una domanda del genere bisogna rispondere che conviene optare per la precedenza per assistenza al genitore in stato di gravità, ai sensi dell’art.33, commi 5 e 7 della legge 104. È utile sapere che l’art.8, comma 1 del CCNI utilizzazioni, elenca in ordine di importanza le precedenze riferite all’assegnazione provvisoria, quindi è impossibile sbagliarsi. In tale elencazione, la precedenza per assistere il genitore che versa in uno stato di gravità, sta al punto IV lettera i) dell’art.8, comma 1 del CCNI mobilità annuale, mentre la lavoratrice madre con figlia di età inferiore ai 6 anni è la successiva in elenco. Precisamente la precedenza per essere lavoratrici madri con figli di età inferiore ai 6 anni, è collocata al punto IV lettera l) dell’art.8 del CCNI utilizzazioni.

Precedenza e preferenze

La precedenza per l’assistenza al genitore con 104 e in stato di gravità, è riconosciuta a condizione che si indichi come prima preferenza sintetica il comune o distretto sub-comunale di assistenza, eventualmente preceduta dall’indicazione analitica di scuole dello stesso comune, prima di indicare preferenze (sia di singola scuola, sia sintetiche) relative ad altri comuni. In assenza di posti richiedibili nel comune ove risulti domiciliato il soggetto disabile è obbligatorio indicare il comune viciniore a quello del domicilio dell’assistito con posti richiedibili ovvero una scuola con sede di organico in altro comune anche non viciniore che abbia una sede/plesso nel comune di domicilio dell’assistito.
L’indicazione della preferenza sintetica del predetto comune, ovvero per il distretto scolastico per i comuni suddivisi in più distretti, è obbligatoria anche nel caso di comuni in cui esista una sola istituzione scolastica. La mancata indicazione del comune o distretto di assistenza preclude la possibilità di accoglimento da parte dell’ufficio della precedenza sia per il comune (o distretto sub comunale) che per eventuali preferenze relative ad altri comuni, ma non comporta l’annullamento dell’intera domanda.

Utilizzo di smartphone/1: il ministro ne vieta l’uso anche per fini didattici. Ecco come

da Tuttoscuola

Con circolare 5274 dell’11.07.2024 “Disposizioni in merito all’uso dello smartphone e del registro elettronico nel primo ciclo d’istruzione – A.S. 2024-25” il ministro Valditara ha disposto precise regole per gli alunni, dall’infanzia alla secondaria di I grado, relativamente allo smartphone in classe e all’utilizzo del registro elettronico per i compiti a casa.

Sulla base di riferimenti internazionali e su studi relativi alla non opportunità dell’impiego dello smartphone in classe, con casi estremi di rischi della salute, il ministro ha disposto il divieto tassativo dello smartphone in classe per tutti gli alunni, dai più piccoli ai più grandi, anche per fini educativi e didattici.

Conseguentemente ha posto a carico delle istituzioni scolastiche l’obbligo di aggiornare il regolamento d’istituto, prevedendo anche la possibilità di sanzioni disciplinari per gli alunni della secondaria di I grado che non rispettino il divieto.

Utilizzo degli smartphone

“……… Alla luce delle considerazioni che precedono, a tutela del corretto sviluppo della persona e degli apprendimenti, si dispone il divieto di utilizzo in classe del telefono cellulare, anche a fini educativi e didattici per gli alunni della scuola dell’infanzia, fino alla secondaria di I grado, salvo i casi in cui lo stesso sia previsto dal Piano educativo individualizzato o dal piano didattico personalizzato, come supporto rispettivamente agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento ovvero per documentate e oggettive condizioni personali.

Potranno, invece, essere utilizzati, per fini didattici, altri dispositivi digitali, quali pc, tablet sotto la guida dei docenti. …

Le istituzioni scolastiche del primo ciclo provvederanno, pertanto, ad aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa, anche prevedendo, nella scuola secondaria di I grado, specifiche sanzioni disciplinari per gli alunni che dovessero contravvenire al divieto di utilizzo in classe dello smartphone.”

Utilizzo del registro elettronico

“……. Al fine di sostenere, fin dai primi anni della scuola primaria e proseguendo nella scuola secondaria di I grado, lo sviluppo della responsabilità degli alunni nella gestione dei propri compiti … si raccomanda di accompagnare la notazione sul registro elettronico delle attività da svolgere a casa con la notazione giornaliera su diari/agende personali…

Invalsi 2024/1. Valditara: ‘Importanti miglioramenti’

da Tuttoscuola

I risultati delle prove Invalsi 2024 sono stati presentati alla Camera dei Deputati, lo scorso 11 luglio, alla presenza, e con un impegnato intervento, del ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara. Un ulteriore segnale del rilievo, anche istituzionale, che le prove Invalsi hanno assunto nel tempo, passando gradualmente dalla dimensione quasi solo tecnica di repertori statistici, un po’ autoreferenziali, percepiti dagli insegnanti come atti burocratici dovuti, a quella socio-politica di indicatori utili a orientare le scelte dei governi e dei ministri (come auspicato oltre mezzo secolo fa da Aldo Visalberghi, ispiratore del CEDE-Invalsi), ma anche quelle degli stessi docenti.

Come riferito da Tuttoscuola in questo ampio servizio, il rapporto Invalsi 2024, illustrato dal suo presidente Roberto Ricci col supporto di una ampia documentazione statistica, mostra che continuano ad esserci, come sempre, luci ed ombre: da un lato si osservano infatti visibili segnali di ripresa e miglioramenti in diversi livelli e settori scolastici che fanno ben sperare nel definitivo superamento dei danni agli apprendimenti arrecati dal Covid, mentre dall’altro continuano a sussistere (anche se in riduzione) forti disparità territoriali, o legate alla provenienza sociale, che richiedono interventi mirati per garantire a tutti pari opportunità di successo.

Fenomeni che, al di là dei trend in ascesa o discesa, sono sempre esistiti, verrebbe da dire, considerato che il già ricordato Visalberghi, dopo anni di studi e ricerche sul problema, riassunse il suo pensiero in un articolo, pubblicato nell’aprile 1987 sul mensile ‘Il Regno di Napoli’ (‘La scuola senza qualità. Se vuoi istruirti, nasci al Nord’), nel quale quantificava nel 25% il divario tra Nord e Sud per quanto riguarda le competenze in Italiano e Matematica-Scienze già a conclusione della scuola elementare. Fenomeni peraltro che fotografano andamenti che possono essere effetto di azioni di politica scolastica intraprese anni e anni prima. La corsa che fa la politica a iscriversi meriti o addossare responsabilità  sui cambiamenti da un anno all’altro – a seconda che gli stessi soggetti si trovino ora al governo e ora all’opposizione – è stucchevole.

Interessanti considerazioni su una lettura critica dei dati Invalsi le ha fatte piuttosto Cristiano Corsini, Professore ordinario di Pedagogia sperimentale presso l’Università Roma TRE, in un intervento sul nostro sito di cui consigliamo la lettura.

Il ministro Valditara, dal canto suo, vede il bicchiere mezzo pieno: “I risultati mostrano sin dalla scuola primaria un importante miglioramento. E questi segnali arrivano per alcuni temi particolarmente delicati, vedono addirittura l’inizio di una svolta”. Per questo “Dobbiamo attuare ed estendere il più possibile la riforma dell’istruzione tecnico professionale. Abbiamo previsto il potenziamento dell’italiano, della matematica e dell’inglese proprio nei professionali dove sappiamo che i ragazzi mostravano particolari carenze. Dobbiamo poi insistere sul potenziamento della didattica innovativa, tecnologica, con un’IA che sia al servizio della personalizzazione degli apprendimenti. Abbiamo avviato una sperimentazione nelle scuole con dei kit per docenti. Abbiamo investito nella formazione degli insegnanti per l’uso dell’IA al servizio degli studenti, soprattutto per quelli con disabilità. Dobbiamo modernizzare la nostra didattica senza dimenticare che la guida del docente è fondamentale”.

Un ottimismo duramente contestato dall’opposizione, come vediamo nella successiva notizia.