Fred Uhlman, in nome dell’arte
di Antonio Stanca
Ultimamente, su licenza del Corriere della Sera, è comparsa un’edizione speciale di Trilogia del ritorno dello scrittore tedesco, naturalizzato inglese, Fred Uhlman. Le traduzioni sono di Bruno Armando ed Elena Bona. Si tratta di tre racconti lunghi tenuti insieme da un filo conduttore e impegnati a dire della Germania prima e dopo la seconda guerra mondiale, a farne la storia tramite immagini, a mostrare quanto può diventare pericolosa una terra che ha dato i natali a Goethe, Schiller, Hölderlin, Beethoven, Bach. Non sembra possibile all’Uhlman che negli stessi posti ci siano stati eventi così diversi.
Nato nel 1901 a Stoccarda in una famiglia agiata, aveva studiato medicina, si era laureato nel 1923, aveva esercitato la professione di medico ed era stato anche pittore prima di cominciare con la narrativa. Alcuni suoi dipinti sono esposti in molti musei del mondo poiché nelle loro città Uhlman era vissuto per qualche tempo. Durante la guerra era stato negli Stati Uniti e anche qui si era fatto conoscere soprattutto come medico e pittore. Il narratore sarebbe venuto dopo ed anche lui sarebbe stato largamente riconosciuto e premiato. Oltre che negli Stati Uniti sarebbe vissuto in Francia, Spagna, Inghilterra e a Londra sarebbe morto nel 1985. Molti altri posti, molta altra vita cercò e sopportò per sfuggire alle vicende della Germania di quegli anni.
Trilogia del ritorno è la sua opera più nota ma anche la più discussa. I tre racconti che la compongono L’amico ritrovato, Un’anima non vile, Niente resurrezioni, per favore, sono ambientati nella Germania che si prepara alla seconda guerra mondiale e in quella della sconfitta. Nel primo si dice di un’intensa amicizia sorta tra due compagni di scuola di diversa classe sociale in un liceo di Stoccarda, nel secondo dei chiarimenti offerti da un compagno di scuola altamente aristocratico perché ritenuti necessari a salvare il rapporto d’amicizia con un compagno che pensava di essere stato rifiutato, nel terzo racconto si vede la rovina della Germania dopo la guerra e la si considera una giusta punizione. Un evento così drammatico, così tragico è stato percorso dall’inizio alla fine dell’opera tramite quanto gli è appartenuto, tramite la vita che vi avveniva nonostante tutto. Opera di scrittura ha fatto Uhlman di una sciagura, l’ha rappresentata in alcune delle sue parti: il compagno di scuola che crede di essere stato respinto dall’aristocratico quando questo ha già preparato le sue scuse, il ritorno del protagonista nel paese natale che, pur se di breve durata, è sufficiente a tenerlo lontano per sempre causa gli orrori che sono stati commessi.
L’abilità dello scrittore e del pittore ha determinato un risultato eccellente. Il pittore Uhlman non ha mai denunciato, ha sempre mostrato. Ha voluto far vedere, far sentire. Ha fatto della verità un elemento capace di valere più di ogni altro, di assumere caratteri superiori a quelli contingenti, quotidiani, di diventare un linguaggio più esteso quale appunto quello artistico. Attira una scrittura che tende a raggiungere questo livello, che scorre con naturalezza pur tra gli orrori, che ne fa motivo di condanna. Questo voleva Uhlman, voleva salvare i valori dell’anima, dello spirito, voleva mostrarli come ancora validi, resistenti alle intemperie dei tempi. Ha scritto questi racconti perché emergessero, si sapesse che ancora esistono e che a scomparire deve essere la violenza. Di origine spirituale, di antica derivazione era il suo umanesimo, quello che alimentava la sua vita e il suo lavoro insieme alla volontà di diffonderlo. Lo ha fatto in ognuno dei posti dove è stato.
In Germania da giovane aveva militato per il Partito Socialdemocratico ed era stato decisamente contrario alle posizioni naziste. Era rimasto molto rammaricato per non aver assistito ad una Germania in rivolta contro Hitler e i suoi, per non aver visto la Chiesa schierarsi a favore dei più poveri, dei più deboli. Era anche un uomo d’azione oltre che di cultura e d’arte e la sua vita ne offre testimonianza. Quello che intuiva, che concepiva, voleva che diventasse anche degli altri, che servisse a migliorarli fino a fargli pensare di poter ottenere così un mondo migliore. Era convinto che la pratica della pittura, quella della legge e l’altra della scrittura fossero tra le vie migliori per scopi simili.
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