DDL scuola: rinvio per l’organico dell’autonomia (e relative assunzioni)

da La Tecnica della Scuola

DDL scuola: rinvio per l’organico dell’autonomia (e relative assunzioni)

Basta fare 4 conti per scoprire che il disegno di legge potrà entrare in vigore, salvo imprevisti, agli inizi di luglio.

Commentare come si sta sviluppando il percorso parlamentare e politico e del ddl sulla scuola è diventato ormai difficile, anzi quasi impossibile. Un mese e mezzo fa pareva (Giannini dixit) che in poche settimane il provvedimento sarebbe stato festosamente approvato dal Parlamento per entrare in vigore già nei primissimi giorni di maggio, in modo da consentire agli uffici del Miur di predisporre tutti gli atti amministrativi necessari per realizzare le assunzioni di 100mila precari (forse nessuno ricorda che l’anno scorso per assumerne molti di meno USR e uffici provinciali lavorarono quasi ininterrottamente dai giugno fino al al 30 agosto (e in qualche caso anche oltre).
Adesso si scopre (si fa per dire, visto che la nostra testata lo aveva previsto già da tempo) che alla Camera, se tutto filerà liscio, il provvedimento arriverà in aula il 14 maggio per essere votato e approvato entro il giorno 19. Lunedì 4 l’Ufficio di presidenza della Camera dovrebbe definire questa ipotesi e farla approvare dai deputati.
Subito dopo il ddl passerà al Senato che potrebbe iniziarne l’esame il 26 maggio. Ma c’è un particolare di non poco conto: non è detto che nella settimana dal 25 al 30 maggio il Senato lavori a pieno ritmo, dal momento dato che si tratta proprio dei giorni antecedenti il voto regionale. E’ possibile quindi che tutto slitti al 3 giugno anche se, per la verità, grazie ai regolamenti parlamentari al Senato i lavori dovrebbero procedere in modo molto più spedito. In ogni caso è molto difficile che questo passaggio si concluda prima della metà di giugno; e poi bisogna tenere conto del fatto che se il Senato (come è probabile) apporterà qualche modifica, il provvedimento dovrà tornare alla Camera per l’approvazione definitiva. Insomma si arriverà almeno al 20 giugno (ipotesi ottimistica).
Ma la storia continuerà perchè ci saranno i tempi tecnici per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Solo allora si potrà iniziare a dare il via agli atti amministrativi conseguenti. A quel punto ci sarà da capire quali parti del ddl potranno essere applicate già da settembre e quali dovranno per forza di cose essere rimandate al 2016/2017: albi territoriali, piano triennale e organico funzionale faranno quasi certamente parte del “pacchetto” di disposizioni rinviate di un anno. Ma a rischio potrebbe esserci anche una quota consistente di assunzioni e cioè esattamente quelle legate all’organico dell’autonomia.

Adozioni libri di testo, tutto come prima

da La Tecnica della Scuola

Adozioni libri di testo, tutto come prima

Confermate le istruzioni dello scorso anno, con l’abolizione del vincolo pluriennale e la riduzione dei tetti di spesa. Entro il 15 giugno dovranno essere trasmessi all’AIE i dati delle adozioni

Restano confermate anche per il prossimo anno scolastico le istruzioni già impartite lo scorso anno in riferimento alle adozioni dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado.

Ricordiamo le novità più importanti illustrate nella nota n. 2581 del 9 aprile 2014:

  • Abolizione vincolo pluriennale di adozione
  • Riduzione tetti di spesa scuola secondaria
  • Realizzazione diretta di materiale didattico digitale

Nel confermare i contenuti della disposizione del 2014, con nuova nota prot. n. 3690 del 29/04/2015 il Ministero fornisce alcune precisazioni riguardanti la riduzione dei tetti di spesa nella scuola secondaria.

Il tetto di spesa relativo alla dotazione libraria per le classi prime e seconde di scuola secondaria di primo grado e per le classi prime, seconde, terze e quarte di scuola secondaria di secondo grado, che sarà definito con decreto ministeriale eventualmente rivalutando, per l’effetto inflattivo, i tetti di spesa individuati per le adozioni dell’anno scolastico 2012-2013′, viene ridotto del 10 per cento solo se tutti i testi sono stati adottati per la prima volta a partire dall’anno scolastico 2014/2015 e realizzati nella versione cartacea e digitale accompagnata da contenuti digitali integrativi (modalità mista).

Viene invece ridotto del 30 per cento il tetto di spesa relativo alla dotazione libraria per le classi prime e seconde di scuola secondaria di primo grado e per le classi prime, seconde, terze e quarte di scuola secondaria di secondo grado, che sarà definito con decreto ministeriale eventualmente rivalutando, per l’effetto inflattivo, i tetti di spesa individuati per le adozioni dell’anno scolastico 2012-2013, solo se tutti i testi sono stati adottati per la prima volta per l’anno scolastico 2014/2015 e realizzati nella versione digitale accompagnata da contenuti digitali integrativi (modalità digitale).

È nella seconda decade di maggio che le adozioni dei testi scolastici sono deliberate dal collegio dei docenti per tutti gli ordini e gradi di scuola.

Altra data da ricordare è il 15 giugno 2015, entro la quale sarà necessario comunicare i dati delle adozioni sul sito www.adozioniaie.it

Istruzioni sull’utilizzo della piattaforma per l’autovalutazione

da La Tecnica della Scuola

Istruzioni sull’utilizzo della piattaforma per l’autovalutazione

L.L.

Da oggi è accessibile la piattaforma web per realizzare il RAV entro il prossimo 31 luglio. Il Miur spiega come fare

Ieri abbiamo dato notizia delle presentazione della “piattaforma operativa unitaria”, accessibile da oggi, che le scuole potranno utilizzare per produrre, entro il 31 luglio, il loro primo Rapporto di autovalutazione.

Ora, con la nota prot. n. 3746 del 30 aprile, il Miur spiega come accedere alla piattaforma e come compilare il RAV.

Per accedere per la prima volta alla piattaforma i dirigenti scolastici dovranno utilizzare il link ricevuto sulla propria casella di posta, sul quale dovranno inserire la user-id della casella di posta istituzionale

senza il dominio @istruzione.it (es: se l’indirizzo email è nome.cognome@istruzione.it Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E’ necessario abilitare JavaScript per vederlo. , l’accesso alla piattaforma sarà solo nome.cognome) e dovranno impostare la password.

Per accedere successivamente alla piattaforma ci si potrà collegare all’area riservata del “portale sulla valutazione” (http://www.istruzione.it/valutazione/).

Una volta effettuato l’accesso, il dirigente scolastico dovrà individuare i componenti dell’Unità di autovalutazione da abilitare per l’accesso alla piattaforma. Per la compilazione del RAV si dovranno utilizzare le funzioni disponibili nella sezione “destra” della homepage.

Hanno la possibilità di accedere ai dati che popolano gli indicatori:

il Dirigente scolastico e i componenti dell’Unità di autovalutazione da lui accreditati per quanto riguarda i dati della singola scuola con tutti i livelli di comparazione prima evidenziati. Ogni scuola potrà così confrontarsi e compararsi con tutte le scuole del Paese attraverso alcuni indicatori di riferimento comuni.

il Direttore generale dell’USR per quanto riguarda i dati di tutte le scuole appartenenti al territorio di competenza di quell’USR.

Terminata la compilazione del RAV in ogni sua parte si potrà attivare la funzione “pubblica il RAV”, che permette di renderlo disponibile nell’apposita sezione di “Scuola in chiaro” dedicata alla Valutazione.

Solo il dirigente scolastico, quale diretto responsabile dei contenuti e dei dati inseriti nel Rapporto di autovalutazione, è abilitato all’approvazione e alla pubblicazione del RAV.

A seguito dell’invio al portale del Ministero il dirigente scolastico pubblicherà il RAV anche sul sito della propria scuola.

La pubblicazione del RAV avverrà attraverso 2 forme: una forma completa ed una semplificata.

Nel primo caso, il RAV verrà pubblicato in tutte le parti che la scuola avrà completato e con tutte le tabelle che avrà ritenuto opportuno inserire. Nel secondo caso, la pubblicazione semplificata del RAV ha come obiettivo riportare in un diagramma, di facile lettura e di immediata percezione, l’autoanalisi svolta dalla scuola con i punti di forza e di debolezza.

Per dare maggiore evidenza e chiarezza alle analisi svolte e alle scelte intraprese, i dati interni agli indicatori saranno pubblici (ad eccezione di alcuni dati riservati alle scuole).

Quindi, tutti coloro che sono interessati al processo di autovalutazione e alla realizzazione del RAV intrapreso delle istituzioni scolastiche, potranno avere a disposizione tre possibilità di consultazione:

–       una consultazione di facile e immediata lettura attraverso il RAV semplificato

–       una consultazione analitica e argomentata attraverso il RAV completo

–       una consultazione di tutti i dati interni agli indicatori che hanno portato alla elaborazione del RAV attraverso la consultazione di “Scuola in chiaro”.

Esami I ciclo: indicazioni sullo svolgimento della prova nazionale

da La Tecnica della Scuola

Esami I ciclo: indicazioni sullo svolgimento della prova nazionale

L.L.

Il Miur fornisce istruzioni sia per la trasmissione della prova nazionale e custodia dei plichi, sia per lo svolgimento della prova il 19 giugno (in sessione ordinaria), indicando anche tutto quello che è necessario fare dopo le prove, compresa la rilevazione degli esiti

Come ogni anno, anche a conclusione dell’a.s. 2014/2015, nelle scuole superiori di I grado gli studenti dovranno superare un esame di Stato per potere essere ammessi alle scuole superiori.

Nell’ambito dell’esame, il 19 giugno, a partire dalle ore 8.30, si svolgerà, in sessione ordinaria, la prova nazionale Invalsi. Sono previste anche due prove suppletive il giorno 24 giugno e il giorno 2 settembre, sempre con inizio alle ore 8.30.

La prova nazionale consiste in un primo fascicolo di matematica e da un secondo fascicolo di italiano.

Le modalità di trasmissione della prova nazionale alle scuole sedi di esame, con l’individuazione degli uffici e responsabili della ricezione, custodia e consegna dei pacchi, sono state illustrate con nota prot. 3752 del 30 aprile 2015, alla quale è allegato un documento tecnico che fornisce indicazioni su consegna e apertura dei plichi da parte della commissione, sulle modalità di svolgimento e successiva correzione, e sui due tipi di rilevazione (nazionale e a campione) delle quali le segreterie scolastiche dovranno occuparsi.

Il 5 maggio a Roma sono attesi 20mila docenti

da La Tecnica della Scuola

Il 5 maggio a Roma sono attesi 20mila docenti

I sindacati confederali che hanno organizzato per martedì prossimo 5 maggio la manifestazione di Roma, nel giorno dello sciopero della scuola, prevedono che nella Capitale sfileranno “più di 20mila persone”

I lavoratori raggiungeranno la città in pullman e treno anche dalle altre regioni del centro Italia.

Quella a Roma, infatti, non sarà una manifestazione nazionale, essendo stati organizzati contemporaneamente cortei anche a Bari, Cagliari, Catania, Milano e Palermo.

Nella Capitale il programma (approvato dalla Questura) prevede il concentramento alle 9.30 in Piazza della Repubblica: il corteo sfilerà poi per Largo Santa Susanna, Piazza Barberini, Trinità dei Monti e si concluderà a Piazza del Popolo, dove sono previsti degli interventi dal palco.

Elezioni CSPI: i conti non tornano

da La Tecnica della Scuola

Elezioni CSPI: i conti non tornano

Mancano nei verbali provinciali i riferimenti alla schede bianche e nulle e questo potrebbe falsare un po’ i dati. Ma intanto si profila un’avanzata dei sindacati minori (Anief, Cobas, Unicobas e USB).

C’è qualcosa di strano nelle elezioni del Consiglio Superiore per la Pubblica Istruzione: i sindacati maggiori sembrano aver preso un po’ sottogamba la scadenza, lo stesso Ministero non si è prodigato dal punto di vista comunicativo e adesso, lo scrutinio delle schede procede con qualche punto interrogativo.
Il dubbio principale riguarda il conteggio delle schede bianche e nulle che – a quanto pare – non viene evidenziato nè nei fogli di calcolo nè nei verbali delle Commissioni provinciali che raccolgono i dati provenienti dalle scuole.
Il problema non è secondario, vediamo perchè. Facciamo un esempio.
Nella provincia X abbiamo 1.000 votanti che hanno espresso il loro voto così:
lista A   500 voti
lista B   300 voti
lista C   150 voti
Totale voti validi e tenuti in conto per la distribuzione dei seggi: 950
Si dà per scontato che le bianche e le nulle siano complessivamente 50.
Sarebbe però importante evidenziare questo dato sia nel fogli di calcolo sia nel verbale perchè se invece risultasse che bianche sono 40 e le nulle 30, ci troveremmo di fronte ad un dato sicuramente anomalo: 950 voti validi + 40 bianche e 30 nulle danno un totale di 1.020 schede che non corrisponde al numero dei votanti. Significa che da qualche parte c’è un errore che sarebbe bene individuare e correggere. Il conteggo completo e “trasparente” di schede bianche e schede nulle servirebbe insomma come un “controllo” ulteriore sulla regolarità dei numeri dichiarati.
Non è una questione da poco soprattutto perchè ci sono pervenute segnalazioni di comportamenti “curiosi” da parte di qualche commissione elettorale.
Per esempio in un caso del genere
lista A  20 voti di lista  e 3 preferenze al candidato X
il conteggio è stato fatto qualche caso attribuendo solo 17 voti validi per la lista  + 3 voti per il candidato X
o al contrario assegnando alla lista 23 voti (i 20 complessivi più i 3 con la preferenza).
Se non si inseriscono dati delle nulle e delle bianche questi errori possono passare inosservati.
Il fatto è che – per quanto ne sappiamo – nè il Miur nè gli USR hanno fornito alle commissioni elettorali istruzioni chiare e precise sulle modalità di calcolo di voti, voti di lista e preferenze.
Intanto si sa già che il Miur vorrebbe avere in mano tutti i dati verso la metà del mese di maggio, in modo da procedere alla proclamazione degli eletti il giorno 19.
Qualche dato – parzialissimo e molto ufficioso – sta però già trapelando e mette in evidenza che i sindacati rappresentativi perdono terreno nei confronti delle organizzazioni più piccole (Anief, Cobas, Unicobas e USB in particolare) che – tutte insieme – potrebbero arrivare addrittura al 25%.

Sviluppo economico e legalità dipendono dall’istruzione

da La Tecnica della Scuola

Sviluppo economico e legalità dipendono dall’istruzione

Più istruzione porta a maggiore sviluppo economico e a meno crimini. Questa la sintesi della lectio magistralis tenuta dal direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, nella sede palermitana dell’università Lumsa

E il direttore Rossi ha pure tenuto a evidenziare, scrive Il Velino, come il sistema educativo sia essenziale allo sviluppo economico anche attraverso il canale di una maggiore legalità. Da molte analisi internazionali e nazionali, anche di economisti di Palazzo Koch, emerge che “l’aumento del livello di istruzione ha un effetto generale di riduzione della propensione degli individui a commettere crimini nell’età adulta” ha spiegato Rossi secondo cui “l’accumulazione di capitale umano – inteso come l’insieme di capacità, competenze, conoscenze, abilità professionali – aumenta il costo-opportunità di commettere crimini e abbassa l’inclinazione al rischio degli individui”. “In Italia, un allungamento del tempo di permanenza a scuola degli adolescenti riduce il tasso di criminalità al Centro-Nord, rischia invece di avere effetti perversi nelle aree più infiltrate dalla criminalità, in cui la stessa scuola può essere luogo di contagio” ha detto ancora il dg di Bankitalia ma “è importante non solo la quantità ma la qualità dell’insegnamento, al cui centro vanno messi i valori civili di buon comportamento nella società”. Inoltre, “l’istruzione favorisce l’accumulazione di capitale sociale, cioè lo sviluppo di attitudini ‘pro-sociali’, quali la fiducia nel prossimo, la reciprocità, l’abitudine a cooperare. Il capitale sociale argina la criminalità”.

Per Rossi occorre inoltre prevedere “una maggior presenza femminile nei ruoli decisionali, in particolare pubblici” perché ciò “può avere effetti positivi sulla diffusione della corruzione”: “Da indagini empiriche – ha chiarito -, le donne risultano tendenzialmente meno soggette al rischio di corruzione”. Rossi ha parlato anche della criminalità organizzata che “distorce il libero mercato”. “Si stima che i costi indiretti (ad es. per assicurazione e sicurezza) e diretti (pizzo) per le imprese del Sud siano pari a due volte e mezzo quelli sostenuti dalle imprese centro-settentrionali – ha osservato -. Esiste un legame empiricamente osservabile tra criminalità organizzata e incentivi pubblici. Più criminalità è presente in un territorio e più incentivi pubblici arrivano: non per maggior merito delle imprese riceventi, ma per cattive decisioni pubbliche, presumibilmente orientate da fenomeni corruttivi. La criminalità organizzata – ha concluso il dg della Banca d’Italia -, oltre a comprimere in generale lo sviluppo economico, ha effetti deleteri su specifici aspetti della vita economica: credito, investimenti esteri, mercato del lavoro”.

Più ispettori per valutare i DS

da tuttoscuola.com

Il Ddl avanza rapidamente
Più ispettori per valutare i DS
L’emendamento all’art. 7 presentato dalla relatrice di maggioranza Maria Coscia. Subemendamenti entro domenica 3 maggio 2015, alle ore 12

Dopo il comma 8 aggiungere il seguente

8bis. Il Nucleo per la valutazione dei dirigenti scolastici è composto sulla base dell’ art. 25, comma l del decreto legislativo n. 165 del 200 l e può essere articolato in funzione delle modalità previste dal processo di valutazione. La valutazione è coerente con l’incarico triennale, con il profilo professionale ed è connessa alla retribuzione di risultato. Al fine di garantire le indispensabili azioni di supporto alle scuole impegnate per l’attuazione della Riforma di cui alla presente Legge ed in relazione alla indifferibile esigenza di assicurare la valutazione dei dirigenti scolastici e la realizzazione del sistema nazionale di valutazione di cui al DPR n. 80 del 2013, viene disposto un reclutamento temporaneo di dirigenti tecnici, conferiti a personale della scuola in possesso dei requisiti richiesti per accedere alle procedure concorsuali ordinarie, nel limite delle risorse di 7 milioni di euro per il triennio successivo all’entrata in vigore della presente Legge.

Conseguentemente all’articolo 24 comma 2, le parole: 97.713.000 euro per l’anno 2016, a 134.663.000 euro per l’anno 2017, a 81.963.000 euro per l’anno 2018, sono sostituite dalle seguenti: 90.713.000 euro per l’anno 2016, a 127.663.000 euro per l’anno 2017, a 74.963.000 euro

per l’anno 2018,
Conseguentemente la lettera d) del comma 2 dell’art. 21 è soppressa.

La sinistra in Commissione: meglio di niente…

da tuttoscuola.com

La sinistra in Commissione: meglio di niente…
Iannuzzi e Mussini (gruppo misto): ok al nostro emendamento per revisione annuale del POF

Lavorare in questo modo convulso non rende un buon servizio alla scuola e alle famiglie. Il ddl Giannini contiene anche errori di sostanza che, se non corretti, rischiano di renderne difficile l’applicazione. Ma è pur vero che pensare di riscrivere ex novo il testo è mera fantascienza. Visti anche gli impedimenti esterni, quali la fiducia all’Italicum, che non sono di poco conto“. Così la senatrice del gruppo Misto, Maria Mussini e il deputato Cristian Iannuzzi.

Per fortuna – evidenziano – qualche stortura è stata superata. A cominciare dal piano triennale dell’offerta formativa, previsto nell’articolo 2 del ddl. Un’ipotesi inapplicabile soprattutto sul piano dello stanziamento delle risorse da parte delle scuole, il cui numero di iscritti varia di anno in anno. Grazie alla nostra battaglia, almeno, la revisione del piano sarà annuale“.

Ma è soprattutto sul tema della collegialità che Mussini e Iannuzzi si sono focalizzati: “Sempre all’articolo 2, benché la funzione del dirigente scolastico risulti rafforzata – concludono – per lo meno gli organi collegiali vengono coinvolti e il personale Ata è incluso nel calcolo del fabbisogno. Certo – concludono – in maniera risicata rispetto a quanto previsto nelle nostre proposte emendative, ma meglio di niente“.

Insomma si registra, come sull’Italicum, una attenuazione dell’opposizione frontale al disegno di legge da parte di parlamentari che l’avevano fin qui combattuto senza sfumature.

QUANDO I CONTI… TORNANO INSEGNARE E APPRENDERE LA MATEMATICA

3° CONVEGNO
QUANDO I CONTI… TORNANO
INSEGNARE E APPRENDERE LA MATEMATICA
Dalla ricerca scientifica all’esperienza educativo-didattica

Sede e date del Convegno
Palacongressi di Rimini, 15 e 16 maggio 2015

Il Convegno è aperto ai contributi di professionisti che desiderano presentare un’esperienza innovativa condotta nel campo dell’insegnamento della matematica.
Hai tempo fino al 31 marzo per inviare una buona prassi che – previa selezione del coordinamento scientifico – sarà inserita nella sezione dedicata e presentata al Convegno.
In particolare, l’attenzione sarà rivolta a:
•esperienze educative significative che si siano dimostrate particolarmente valide nell’esperienza «sul campo»;
•laboratori ed attività realizzate con uno strumento della collana «Artefatti intelligenti» ;
•nuovi artefatti ideati e sperimentati in classe.

La scuola come quarto potere costituzionale

La scuola come quarto potere costituzionale

di Maurizio Tiriticco

 

Ferdinando Imposimato in un convegno tenutosi a Roma lo scorso 24 aprile, promosso dagli insegnanti dell’Adida, nell’esprimere la sua preoccupazione nei confronti del disegno di legge di riforma della scuola presentato dal Governo Renzi, ha voluto sottolineare che si tratta di un vero e proprio attacco “contro la democrazia e la Costituzione e contro il diritto degli studenti a ricevere gratuitamente una seria educazione e formazione culturale e morale a vantaggio della loro persona e della collettività. A differenza dello Stato totalitario, lo Stato democratico, perseguendo l’interesse collettivo alla cultura, lascia alle persone libertà di formarsi e non stabilisce con arbitraria sopraffazione, quello che è etico e giusto insegnare (Atti costituzionali, relazione A Moro 18 ottobre 1946)”. E, a sostegno della sua tesi, ha voluto ricordare come lo stesso Piero Calamandrei sostenesse che la scuola è un vero e proprio organo costituzionale.

Mi piace riportare quanto testualmente ebbe a dire in proposito Piero Calamandrei nel suo intervento al terzo Congresso dell’ADSN, Associazione per la Difesa della Scuola Nazionale, tenutosi in Roma l’11 febbraio 1950: “La scuola, come la vedo io, è un organo costituzionale. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola L’ordinamento dello Stato, sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue”.

In tempi non sospetti, in un articolo dallo stesso titolo, del 9 ottobre 2012, avanzavo l’dea della scuola come “quarto potere”, sollecitato da un documento varato dal Coordinamento nazionale per la Scuola della Costituzione, contenente severe e fondate critiche al pdl 953, meglio noto, allora, come proposta Aprea. E sostenevo anche che l’autonomia della Scuola, o meglio dell’intero “Sistema educativo di istruzione formazione” – così hanno voluto denominarlo due ministri di posizioni politiche avverse, Luigi Berlinguer, con la legge 30/2000, e Letizia Moratti, con la legge 53/2003 – ha e deve avere un respiro ben più ampio di quello indicato dalla legge delega 59/1997 e dal dpr 275/99, un respiro costituzionale. E non è un caso che, con la legge costituzionale 3/2001, con cui si è modificato il Titolo V della Costituzione, al comma 3 dell’articolo Cos. 117, l’autonomia delle istituzioni scolastiche sale al rango costituzionale.

In quell’articolo così mi esprimevo:

“Se queste considerazioni sono vere, perché non rivendicare allora il fatto che il Sistema di istruzione si colloca come un quarto potere autonomo e indipendente dagli altri? La sua diretta discendenza è data dalla Carta costituzionale (e si potrebbero citare altri articoli, oltre ai già noti 2, 3, 9, 33, 34, 117), come dalla Carta discendono le autonomie dei tre poteri canonici. Tutte le disquisizioni sui rapporti tra Stato, Parlamento, Miur e Istituzioni scolastiche (fino a che punto deve giungere la decretazione centrale?) vengono a cadere nel momento in cui si ritorna alle origini stesse della separazione dei poteri, che ovviamente non significa – e non lo è – la via delle delegificazione! Esiste un Ministero della Giustizia ed esiste una Magistratura indipendente (anche se a volte emergono delle frizioni). Quindi possono e devono continuare ad esistere un Miur e una Scuola autonoma: ai quali sono affidati finalità e compiti diversi”.

“Tutto questo per dire che l’autonomia non solo viene da lontano, ma costituisce, o dovrebbe costituire, la garanzia stessa dell’esercizio della democrazia. I Padri costituenti hanno anche guardato lontano quando, nella Parte seconda, hanno chiaramente indicato quale fosse la scelta di fondo di un Paese democratico: l’indipendenza dei tre poteri, dalla felice intuizione di quel Montesqiueu che in pieno Illuminismo gettò le basi teoriche di un governo della Cosa Pubblica che fosse autenticamente democratico. Ricordo a memoria quella sua massima, secondo la quale, ‘perché non si possa abusare del potere, occorre che il potere arresti il potere’. E’ una delicata operazione di uncinetto quella svolta dai nostri Padri costituenti, quando hanno puntualmente descritto gli ambiti e i limiti del Governo, del Parlamento, della Magistratura: una tripartizione che è nel contempo il sale della democrazia e l’esercizio dell’autonomia”

Se queste considerazioni, di ieri e di oggi, sono vere, è anche vero che l’autonomia delle istituzioni scolastiche non può e non deve essere rimessa in discussione da un ddl che non solo attenta al principio stesso dell’autonomia, ma intende costruire una scuola “altra” che con la Costituzione e con la nostra storia non ha nulla a che fare.

Educarsi e educare: alla responsabilità mediante la responsabilità

Educarsi e educare: alla responsabilità mediante la responsabilità

di Margherita Marzario

 

Abstract: La responsabilità intesa come capacità di dare risposte, di dare conto delle proprie scelte indagata e illustrata nell’universo familiare come motore dell’educazione.

 

Nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si parla due volte della personalità del fanciullo e più volte della responsabilità, dapprima di tutta la famiglia (nel Preambolo), poi dei genitori e di altri adulti, infine del fanciullo (nell’art. 29). Per lo sviluppo della personalità dei bambini e dei ragazzi è fondamentale educarli alla responsabilità. Quello che riguarda o fa la persona è personale, nel bene e nel male, dal bene al male; non riconoscere la responsabilità di quello che si sceglie di fare significherebbe spersonalizzare in toto l’agire quotidiano (è anche questo il significato dell’inciso costituzionale dell’art. 27 comma 1 Cost., “La responsabilità penale è personale”, e non occorre arrivare alla commissione di un reato per rendersene conto). Responsabilità è anche saper attribuire a ciascuno il suo: conoscere i propri limiti, le proprie colpe, riconoscere le conquiste e i meriti altrui. La personalità di ogni persona è delineata dalla libertà e dalla responsabilità di tutto quello che fa. Sviluppo della personalità e assunzione della responsabilità corrispondono al binomio “svolgimento della personalità” e “adempimento dei doveri di solidarietà”, enunciato nell’art. 2 della Costituzione.

In questo percorso di educazione alla responsabilità è fondamentale la responsività dei genitori, in particolare della madre, intesa come capacità di dare una risposta adeguata ai bisogni e agli stati emotivi espressi dal bambino, condizione necessaria per favorire il processo di crescita ed individuazione come essere distinto dalla generalità. È necessario che il bambino si distacchi dai genitori e che si percepisca come “individuo”, che significa letteralmente “che non si può dividere, tutto ciò le cui parti non possono dividersi, senza che perda la sua effige, il suo carattere e, quindi, tutto ciò che ha una personalità, un’esistenza tutta sua speciale”. Distaccandosi sanamente dai genitori il bambino si percepisce e conosce come individuo con una propria individualità e così riconosce anche gli altri, senza aver bisogno di correre e ricorrere sempre dai genitori, soprattutto per farsi giustificare o spalleggiare dai genitori in caso di malefatte o altro. Con la responsività si mettono in pratica nei confronti del bambino il “riconoscere” e il “considerare” (entrambi i verbi evocano qualcosa da fare insieme), basilari nella vita relazionale, formulati teoricamente nel Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Perché “occorre preparare appieno il fanciullo ad avere una vita individuale nella società, ed allevarlo nello spirito degli ideali […] e in particolare nello spirito […] di tolleranza” (dal Preambolo della Convenzione). “Avere una vita individuale” è il contrario dell’individualismo dilagante e “spirito di tolleranza” è la capacità di prendere su di sé qualcosa, quindi il contrario dell’essere scaricabarili, come avviene nella quotidianità.

Si educa e ci si educa alla responsabilità soprattutto nella vita quotidiana familiare; la genitorialità è connaturalmente responsabilità perché la parola “genitore”, colui che genera, finisce col suffisso “-tore”, proprio dei nomi indicanti l’agente, e chi agisce sa che, socialmente e giuridicamente, è responsabile di quello che fa, che ad ogni sua azione corrisponde una reazione. “Molto spesso la parola “responsabilità” evoca immagini plumbee: sacrifici, rinunce, limitazioni di libertà e via soffrendo. In realtà, molti padri e molte madri potranno confermare che la nascita di una figlia o di un figlio li arricchisce, aggiunge senso alla loro esistenza e consente di immaginare un futuro al di là dei limiti temporali della loro vita. A proposito di responsabilità, nessuno ragionevolmente può considerare responsabile di alcunché un neonato: la sua totale dipendenza dagli adulti gli preclude ogni possibilità di scelta. Quella medesima totale dipendenza fa sì che una totale responsabilità ricada sugli adulti dai quali dipende il suo sviluppo fisico e psicologico e, più in generale, su tutti quegli adulti che con lui stabiliscono relazioni. Nel corso dello sviluppo il bambino conquista nuove autonomie, riduce la dipendenza iniziale, altre dipendenze si creano, si riducono e scompaiono, sempre più sarà un individuo che sceglie, che è responsabile, che sul bisogno d’amore cercherà di innestare una scelta d’amore. La famiglia è dunque anche questo: un luogo in cui apprendere a convivere con il conflitto, con le differenze, dove imparare che la fertilità – quanto cioè di più vicino alla felicità l’essere umano possa conquistare in questo mondo – è possibile nella relazione tra diversi, che l’identità si conquista con il confronto e anche con l’opposizione, che non c’è nulla da temere nel riconoscersi differenti” (lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro).

“Anche se difficile, genitori e nonni non possono sempre dire “sì”. Con apertura al dialogo, autorevolezza, chiarezza e coerenza si può ottenere molto dai figli” (Elisa Mazzola, psicologa e psicoterapeuta). Dire no (motivato) ai bambini e ragazzi significa dare orientamento e consigli (art. 5 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia), guidare (art. 14 Convenzione), preparare ad assumere le responsabilità della vita (art. 29 lettera d Convenzione). “È innegabile che dire di no, per i genitori o ancora di più per i nonni, è talvolta difficile. Ma basta fermarsi un momento a riflettere sul significato che può assumere un “no” detto nel modo giusto e nella situazione giusta per capire quanto possa diventare importante per la crescita del bambino. Nella vita di tutti i giorni dobbiamo rispettare delle regole e saper riconoscere dei limiti per mantenere relazioni positive con il mondo che ci circonda e questa capacità di capire ciò che si deve e non si deve fare si inizia ad apprendere fin dalla prima infanzia” (Elisa Mazzola). Dire no rientra nelle responsabilità, nei diritti e nei doveri dei genitori, e delle altre figure adulte significative, di impartire al fanciullo, in modo consono alle sue capacità evolutive, l’orientamento ed i consigli necessari all’esercizio dei diritti (art. 5 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Perché ai diritti corrispondono doveri e i diritti non possono essere senza limiti, altrimenti diventano abusi e soprusi. “Un “no” che sia ragionevole, chiaro e che sia accompagnato da coerenza e lungimiranza educativa ripaga alla lunga di quei momenti in cui il pianto del ragazzo o le male parole che lo accompagnano feriscono e chiudono lo stomaco. […] I “no” detti in una particolare situazione devono essere gli stessi per ogni situazione simile, ossia è importante essere coerenti. È inoltre fondamentale che entrambi i genitori mantengano la stessa linea educativa e che siano d’accordo sulle regole e i comportamenti da rinforzare nel bambino in modo da non creargli confusione” (Elisa Mazzola). Dire, spiegare e mantenere la posizione del “no” è un aspetto della coralità e della coerenza tra i genitori, anche e soprattutto quando sono separati tra loro. “Comune” (dal latino “cum” e “munis”), “che compie il suo incarico insieme con altri”: comune è la genitorialità che deve essere basata su coralità educativa, coerenza, comunicazione tra i genitori e con i figli. “[…] i genitori hanno comuni responsabilità in ordine all’allevamento ed allo sviluppo del bambino” (art. 18 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

“Quello educativo è ormai un disagio vero e proprio, radicatosi nei nostri ragazzi a partire dall’assenza totale di regole, di valori, di consapevolezza circa l’esito delle loro azioni. […] L’assenza totale di un mondo adulto capace di veicolare contenuti di alcun tipo. Qui mancano, innanzitutto, i genitori. Che nel “lasciar fare” ormai dominante nel rapporto coi figli rinunciano alla severità necessaria al rapporto educativo: un rapporto che presuppone ed esige delle regole e, spesso, dei “no”. […] Ma ai ragazzi la sola punizione non basta, non serve. Quello che devono capire, e interiorizzare, è il senso della responsabilità di quello che fanno e il rispetto per l’altro. Insegnarlo loro comporta fatica, e richiede tempo, ma è l’impegno che ci è chiesto come educatori e non possiamo, non dobbiamo abdicarvi” (la pedagogista Chiara Palazzini). I genitori hanno l’obbligo di “assistenza morale” (nel novellato art. 147 cod. civ.), che richiede anche severità (da “ciò che ispira rispetto”) e che non può essere abdicato. Severità che significa pure rimproverare (secondo alcuni da “riprovare”), redarguire, richiamare, riprendere, tutti verbi che cominciano col prefisso ri- che esprime ripetizione, ritorno ad una fase anteriore, intensità: quanto si fa (o si dovrebbe fare) in ogni relazione soprattutto educativa.

Tra una figlia adolescente e un padre rintracciato dopo anni di allontanamento: “Papà, hai mai pensato a me? – Hai bisogno di qualche aiuto? – Cosa? – Hai bisogno di soldi? – Io voglio solo parlare con te” (dal film “La mia adorabile nemica”). Nella legislazione si parla di “genitorialità responsabile” e di “responsabilità genitoriale”. Responsabile è colui che risponde. Un genitore responsabile, ed in particolare un padre responsabile, è colui che risponde e deve saper rispondere alle esigenze di amore del figlio, di ogni figlio (che può richiedere più o meno severità).

Nel nucleo familiare tra fratelli e sorelle ci si corresponsabilizza, in modo particolare i primogeniti sono referenti per i secondogeniti che “[…] Hanno un partner che sa fare un po’ meglio quello che sanno fare loro, ma non è distante come l’adulto. Da lui imparano tutto ciò che serve. Non sempre è vero che i secondogeniti sono i più bravi, ma lo sono di più quando la relazione fraterna ha una qualità positiva, quando esistono cooperazione e scambio. Tanto più due fratelli vanno d’accordo tanto più avranno la possibilità di scambiarsi conoscenze. Sono importanti sia l’ordine di genitura che la qualità del rapporto. Il vantaggio per i secondogeniti vale soprattutto quando sono meno abili a livello verbale. Se un bambino è meno preparato dal punto di vista linguistico, ha più difficoltà a interagire con l’adulto. Avere un fratello funziona, allora, come cuscinetto di protezione. Sono i bambini che ne hanno più bisogno a trarne maggiore beneficio” (Serena Lecce, docente di psicologia evolutiva). La relazione tra fratelli ha una grande valenza pedagogica perché consente anche di “preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia” (come enucleato tra gli obiettivi dell’educazione nell’art. 29 lettera d della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

“Una prima cosa si può dunque insegnare ai ragazzi: che essere umili non significa disprezzare se stessi o fare i falsi modesti, come qualcuno potrebbe essere tentato di pensare. Significa invece riconoscere e vivere la dignità e la responsabilità della propria figliolanza […]. E quindi significa anche non avere atteggiamenti superbi, non sentirsi autosufficienti, non autocompiacersi e vantarsi per le doti che si hanno o per le opere buone che si compiono, non essere pieni di orgoglio” (la giornalista e scrittrice Cristina Uguccioni). Imparare ad essere figli è imparare il senso del rispetto e della reciprocità, alla base di ogni relazione. Anche per questo si è passati dall’art. 315 del codice civile “Doveri del figlio verso i genitori” alla nuova formulazione dell’art. 315 bis “Diritti e doveri del figlio” (introdotto dalla L. 219/2012).

“Il mondo degli adulti è alle prese con il fatto che i ragazzi di oggi non riconoscono il valore del limite, non hanno paura degli adulti, non si sentono toccati da castighi o sensi di colpa. E così invoca le regole nel tentativo di ritornare al rispetto dell’adulto come detentore di un valore simbolico. E questo è ormai impossibile. Io sono tra quelli che reputano che sia una conquista che i bambini non abbiano più paura del papà o della maestra. Sarà retorico, ma credo che il fondamento dell’educazione oggi sia l’esempio, la testimonianza. Il padre trasmette ciò che è da come tratta la mamma, la casa, il denaro, il potere, il codice stradale. Il bambino lo segue non per obbedire a una regola ma per stima e per affetto” (lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet). “I genitori o le altre figure aventi cura del fanciullo hanno primariamente la responsabilità di assicurare, nei limiti delle loro possibilità e delle loro disponibilità finanziarie, le condizioni di vita necessarie allo sviluppo del fanciullo” (art. 27 par. 2 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). La relazione genitoriale, ed ogni relazione significativa, dovrebbe essere basata su responsabilità (capacità di dare risposte, soprattutto delle proprie scelte) e sviluppo (togliere dal viluppo), consentire ai bambini di svolgere la vita senza condizionamenti, pregiudizi, dipendenze affettive o di altra natura.

“[…] il giovane è spinto a trasgredire, a superare i limiti: fa parte della sua natura di curioso della vita, ma non c’è nulla di peggio del non poter capire dov’è questo limite e dunque dove inizia la trasgressione, perché mancano adulti capaci di prendersi le proprie responsabilità. Da un lato, questo porta a trasgressioni sempre più clamorose per far sì che qualcuno si accorga dell’esistenza del ragazzo altrimenti invisibile. Dall’altro, la nostra cultura ha elaborato un’assoluta novità nella storia della specie: la trasgressione senza punizione, una specie di assicurazione contri i rischi della trasgressione” (Fulvio Scaparro). Nell’art. 40 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, in cui si dettano i principi della giustizia penale minorile, si parla, a proposito del minorenne reo, di “esigenza di facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli assumere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima”. Anziché occuparsi del reinserimento dei giovani devianti nella società, urge pre-occuparsi dell’inserimento dei giovani nella società: questa è l’emergenza quotidiana educativa e così si costruisce la vera giustizia sociale. Occorre investire di più nelle aule scolastiche e non in quelle giudiziarie.

Lo psicanalista francese Tony Anatrella[1] fa notare come gli scambi sessuali vissuti come pura ricerca di sé non aiutano certo ad accettare l’altro, così come la sessualità vissuta unicamente come piacere, come attività impulsiva, non si lascia facilmente integrare in un progetto di amore (vita) e di fedeltà (lealtà) inscritto nella durata. La sessualità – etimologicamente da “tessere” o da “separare”, quindi componente essenziale dell’identità – non deve essere intesa come oggetto di una specifica disciplina sotto il nome di “educazione sessuale” sin dalla scuola dell’infanzia ma come percorso di vita, come trama di quello sviluppo di cui si parla nell’art. 27 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Uno sviluppo che comincia da quello fisico per farsi mentale, spirituale, morale sino all’apertura sociale per divenire matura vita relazionale ed intima. In ciò conta molto l’esempio di vita degli adulti, “cresciuti negli anni e nella persona, quanto basta per avere intelletto e discernimento”. Quant’enucleato nell’art. 27 par. 2 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si riferisce anche alla crescita sessuale, che non è solo anatomia e spiegazione del ciclo mestruale o degli spermatozoi. “È necessario riconoscere le differenze che contraddistinguono ogni età della vita, c’è un tempo per entrare nel mondo e uno in cui guidare gli altri nello stesso percorso. Ricostruire un linguaggio comune che impedisca all’indispensabile asimmetria tra generazioni di trasformarsi in incomunicabilità” (Duccio Demetrio, filosofo dell’educazione). I genitori devono essere tali e non amici dei propri figli, devono avere la capacità e la responsabilità di guidarli verso la loro vita, come si ricava dagli articoli 14 e 18 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. I genitori devono assumersi le responsabilità già dal concepimento e dalla scelta della fecondazione. “La fecondazione eterologa viene giustificata, inoltre, anche dall’idea che non conti tanto la genitorialità biologica, quanto quella «sociale», di chi, cioè, desidera il figlio e quindi svolge volontariamente il ruolo di genitore. Ma allora perché non adottare un bambino? Anche in questo modo la genitorialità è sociale, ma nel caso dell’adozione si rimedia a un male già avvenuto, a un disastro affettivo che si può riparare. La fecondazione eterologa, invece, il male lo crea, perché i figli, prima o poi, vorranno sapere come sono nati, e rimarranno turbati, vorranno sapere chi è il loro vero genitore, e magari lo andranno a cercare, se possibile, per conoscerlo” (Lucetta Scaraffia, storica e giornalista). La vera genitorialità sociale o diffusa è data dal fare veramente comunità (termine che compare tre volte nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia), da “comune”, dal latino “cum”, con, e “munis”, incarico, pertanto significa “unito ad altri con l’obbligo per ciascuno di qualche prestazione” e conseguentemente col diritto di ricevere qualche beneficio. Fare comunità nei confronti dei bambini è avere altresì comune responsabilità, anche delle conseguenze della fecondazione eterologa o di altre scelte che possono rivelarsi egoistiche, come maternità surrogata, utero in affitto, “stepchild adoption” (letteralmente “adozione del figliastro”, adozione del figlio “biologico” dell’altro partner in un coppia dello stesso sesso) o altre ancora.

“Occorre ricordare che il destino non è fissato, ma è legato alle azioni della persona e, solo in minima parte, al caso che non è influenzabile. Nemmeno il passato si può modificare, quindi è necessario imparare ad accettare i propri errori e le perdite subite in modo da continuare a vivere una vita piena. Non dobbiamo accontentarci di sopravvivere” (Cesare Guerreschi, psicologo e psicoterapeuta, esperto in patologie legate alle dipendenze): traducibile giuridicamente in “[…] preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera” (art. 29 lettera d Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). “Responsabilità” è saper fare i conti col passato, rispondere delle proprie azioni e raddrizzare il proprio percorso per incontrarsi con quello altrui. La “società libera” è quella libera da e di condizionamenti, dipendenze, pregiudizi e preclusioni.

“Ma i campi di guerra della nostra sconfitta generazionale sono tanti. In famiglia, con le donne, con i figli. Una generazione di indecisi, di uomini incapaci di sostenere. E questo, se vogliamo non sarebbe stato neanche un disvalore. Avrei amato una classe che rompeva lo schema familiare. Basta chiesa, basta casa, basta famiglia. Ma noi l’abbiamo fatto per paura, per tedio, non per progetto. Dunque non vale. Una rivoluzione involontaria, che si traduce solo in cambiamento dei costumi, è peggio del peggiore conformismo. Abbiamo rotto il modello sociale tradizionale solo in apparenza, solo per incapacità, e per sostituirlo con quale altro modello. Quando si dice «no» a qualcosa, dopo si sta meglio, dopo si fa quello che si desiderava: ciò per cui il no era stato partorito. E cosa abbiamo fatto noi dopo i figli illegittimi, dopo le separazioni, dopo gli adulteri, dopo le lotte per gli alimenti, dopo i no sul sagrato della chiesa, all’ultimo momento, dopo il lavoro flessibile?” (lo scrittore Simone Perotti). Gli adulti di oggi mancano di responsabilità e progettualità sottraendo presente e futuro alle nuove generazioni.

“I figli non sono album da colorare come piace a noi” (Khaled Hosseini, medico e scrittore)[2]. “Non c’è nessuno che riesca a fuggire del tutto dall’incantesimo dell’infanzia” (la scrittrice giapponese Banana Yoshimoto)[3]. La vita rivela il meglio di sé nell’infanzia ed è responsabilità degli adulti che sia così e che i bambini siano solo bambini. “Ogni bambino ci dice nella sua maniera la bellezza e le ferite della vita e ci richiama così alla nostra responsabilità” (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance di giugno 2007). “Voglio dire agli studenti di non essere impazienti. Il vostro è un momento magico, importante per tutta la vita. Non siate impazienti di passare. È un momento magico. Bisogna sempre prepararsi” (Vittorio Storaro, direttore della fotografia). Tra i possibili significati etimologici di “magia”, vi sono “purificare, ingrandire, onorare, festeggiare”: tutti gli adulti hanno la responsabilità di trasmettere alle nuove generazioni quest’atteggiamento verso la vita. “Dalla buona o cattiva educazione dei giovani, dipende il futuro della società” (don Giovanni Bosco). Tutto questo rappresenta la responsabilità degli adulti, da quella civilistica “in educando” (art. 2048 cod. civ.) a quella genitoriale che, discutibilmente, ha sostituito la potestà genitoriale in seguito al decreto legislativo 28 dicembre 2013 n. 154 “Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219”.

“Essere al mondo, per quello che ho potuto capire, è quando ti è affidata una persona e tu ne sei responsabile e allo stesso tempo tu sei affidato a quella persona ed essa è responsabile per te” (lo scrittore Erri De Luca)[4]. Responsabilità: «abilità» di vita, «sponsalità» con l’altro, contro l’«esilità» della quotidianità (quella che il sociologo Zygmunt Bauman chiama “liquidità”).

 

 

[1] Tony Anatrella, “Interminables adolescences. Les 12-30 ans”, Editions du Cerf, Paris 1988

[2] Khaled Hosseini, “Il cacciatore di aquiloni”, Piemme, 2004

[3] Banana Yoshimoto (pseudonimo di Mahoko Yoshimoto), “Presagio triste”, Feltrinelli, 2003

[4] Erri De Luca, “Non ora, non qui”, Feltrinelli, 1992

Una LIM per ogni classe!

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La nostra scuola, prima in Italia, ha attivato una moderna forma di crowdfunding interattivo.

E’ noto a tutti quanto sia difficile per il mondo della pubblica istruzione far quadrare i bilanci e a maggior ragione quanto sia spesso impensabile poter potenziare e innovare gli strumenti a disposizione dei nostri studenti.

Il nostro Istituto, stimolato anche dalle recenti indicazioni governative espresse nel tanto discusso documento “La Buona Scuola”, si è dato da fare cercando modalità che, senza gravare sulle famiglie, ci offrissero la possibilità di migliorare la nostra proposta formativa.

L’obiettivo che ci siamo dati: poter dotare ogni classe del nostro Istituto di una LIM (lavagna interattiva multimediale).

La soluzione che abbiamo adottato: mettere insieme mondo economico e Famiglie nell’interesse comune dei giovani, creando un’interazione virtuosa basata sulla trasparenza e aperta a chiunque condivida lo stesso scopo sociale.

Luciano Maschio
Dirigente dell’IC Conegliano 2 “G.B. Cima”

La Buona scuola: l’ottimismo della ragione non è di casa

La Buona scuola: l’ottimismo della ragione non è di casa
risposta ad Aldo Tropea

di Maurizio Tiriticco

 

Caro Aldo! Io da questo governo, “nostro”, eletto da noi, di sinistra, oltre il 40% dei voti alle europee, non mi sarei mai aspettato una bufala grossa così! Sono anni che conduciamo una battaglia o, se vuoi, un discorso” sulla scuola, che va in una certa direzione, quella avviata da Berlinguer e da De Mauro – con tutti i suoi limiti – centrata su un riordino complessivo dell’intero sistema educativo di ISTRUZIONE e FORMAZIONE: discorso che, del resto, ha anche caratterizzato le iniziative di ministri di centro destra, Moratti e Gelmini, piene di limiti, e che con il “nostro” governo avremmo dovuto correggere, ma… Invece è uscita quella preoccupante Buona scuola, scritta da chi e perché… MA CHI GLIELO HA CHIESTO!!!

Il DISCORSO “nostro” era avviato da tempo e, dopo anni di berlusconismo e di centrodestra, occorreva riprendere quelle fila, su tre percorsi, se vuoi, AUTONOMIA, CURRICOLI, COMPETENZE, sempre nell’ottica della Scuola della Costituzione, fondata sulla cittadinanza, sull’offerta formativa inclusiva, sul rafforzamento dell’esistente e sulla ripresa di un percorso interrotto.

NULLA DI TUTTO QUESTO ho visto, abbiamo visto!!! Hanno tirato fuori dal cappello un coniglio inatteso, come al circo… da quel cappello è uscito di tutto, ma nulla di quanto atteso e sollecitato e sostenuto da anni. Ho letto la Buona scuola e ho letto il ddl. E mi sono detto: ma questa è la scuola di un altro Paese, di non so dove, ma noi “che ci azzecchiamo” con questi discorsi? Non è roba nostra, non ci riguarda, non è sulla scia e sull’onda della scuola per cui abbiamo lottato e lavorato io e te e tanti altri. E’ un calzino rovesciato! Siamo al Circo Togni! Come contenuti e come linguaggio!

Dentro quelle proposte non c’è l’eco della 517, dei programmi del ’79, dei programmi dell’85, non c’è il respiro dei Programmi Brocca, o del Progetto 92, non ci sono i progetti assistiti dei tecnici, non c’è l’obbligo di Don Milani, non c’è la nostra storia, non c’è l’Europa! C’è una Scuola Altra, disegnata con tratti aziendalistici, scuole da premiare e sostenere e scuole da punire e da chiudere; dirigenti a cui è data carta bianca, insegnanti che dovranno “piacere” e i cui titoli varranno solo il due di briscola! Che faranno un concorso senza poter scegliere la sede. Che traghetteranno da una scuola all’altra, se traghetteranno, sempre in attesa di una chiamata! Avanzata chissà con quali criteri, diversi da scuola a scuola, da dirigente a dirigente.

E poi la mannaia della valutazione di sistema! Già vedo l’Invalsi che si frega le mani! Tra il gracidare di migliaia di RAV, RAV, RAV. Carte su carte impazzite e inutili, buone solo ad aprire e chiudere il bordone dei finanziamenti. E in un Paese di raccomandazioni e bustarelle ci sarà da ridere, o meglio da soffrire! Perché questo istituto frascatano, tra una foglietta e l’altra, sarà il vero nuovo Ministero dell’Educazione Nazionale! Io e te abbiamo buona memoria! E sai cosa voglio dire. E il Miur possiamo anche chiuderlo! Avremo la scuola a punti, a seconda del gradimento dei clienti genitori e dei padroncini dirigenti!

E questa sarebbe l’autonomia? No, caro Aldo! Io non ho “lavorato” per la scuola di Giannini, Faraone e Puglisi e degli altri anonimi estensori di Buone scuole e ddl.

I Padri Costituenti hanno scritto nel lontano 1947 articoli chiarissimi sul nostro sistema di istruzione generalista e di formazione professionale e te li voglio ricordare: 2, 3, 4, 9, 33, 34, e il novellato 117. Che indicano e sanzionano principi che nel ddl non esistono! No, Aldo! Il polpettone che ci stanno proponendo e imponendo è indigeribile! L’ho detto e l’ho scritto! Piuttosto, si dessero da fare per sanare quello sconcio dei 150.000 precari, che è una vergogna a fronte della quale gli amici stranieri rimangono solo stupefatti e increduli! Il precariato! Un’arma di ricatto che si protrae da decenni! Ma, se non si sbrigano, conoscendo la nostra amministrazione, i precari rimarranno tali a vita! QUESTA E’ L’UNICA COSA CHE DEVONO FARE! Per il resto, devono solo tacere!

Purtroppo, non solo parlano, ma hanno anche scritto! Ebbene, sappi che il testo, sotto il profilo giuridico-formale, è impreciso, lacunoso, oscuro e offrirà il fianco a mille scritturazioni, a mille imprecisioni. Purtroppo, pensano anche di giocare con un linguaggio che non è il loro! Ma me lo aspettavo perché quella Buona scuola non eccelle affatto sotto il profilo formale. Sembra più un testo pubblicitario per brave massaie che un testo propositivo di un riordino rigoroso e SERIO! Perché il ddl divenga operante, occorreranno decine e decine di decreti delegati, e la RIFORMA RENZIANA procederà a pezzi e a bocconi! Passeranno anni e anni! Tra mille incertezze, mille imprecisioni, mille ricorsi!

Una valanga sta per abbattersi sul nostro SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE! Speriamo che non sia così, ma, purtroppo, è stagione di terremoti.

Caramente, Maurizio

INSEGNARE E APPRENDERE LA MATEMATICA

3° CONVEGNO
QUANDO I CONTI… TORNANO
INSEGNARE E APPRENDERE LA MATEMATICA
Dalla ricerca scientifica all’esperienza educativo-didattica

Data e sede del Convegno
15-16 maggio 2015 – Palacongressi di Rimini

Presentazione
«La matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e per affrontare problemi utili nella vita quotidiana; contribuisce a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri». Partendo proprio dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione (MIUR, 2012), questa terza edizione del Convegno presenta le più recenti novità provenienti dalla ricerca scientifica, facendo il punto sulle diverse proposte didattiche, a livello teorico e pratico, per l’insegnamento-apprendimento della matematica. Inoltre, è dedicato ampio spazio all’individuazione tempestiva delle difficoltà matematiche e all’intervento educativo-didattico personalizzato in base ai reali bisogni dell’alunno in difficoltà.

Obiettivi
I diversi temi affrontati, nelle 2 sessioni plenarie e nei 20 workshop di approfondimento, consentiranno ai partecipanti di:
• acquisire conoscenze e competenze sui meccanismi di base dell’apprendimento dei numeri e del calcolo
• individuare tempestivamente le difficoltà di apprendimento in matematica
• impostare interventi didattici mirati e trattamenti riabilitativi efficaci