L’assurda deroga al dimensionamento scolastico 2024-2025
Francesco G. Nuzzaci
Fa specie l’aver letto nella gazzetta ufficiale del 30 dicembre u.s. l’articolo 5 del decreto legge n. 215/2023, recante Disposizioni in materia di termini normativi (c.d. mille proroghe), nel punto in cui ripristina, sia pure per il solo anno scolastico 2024-2025 e per un limitato numero di istituzioni scolastiche (185 sull’intero territorio nazionale), l’istituto della reggenza, che invece la legge 197/2022 e il decreto ministeriale attuativo 127/2023 avevano inteso cancellare in radice, con assegnazione ad ognuna delle circa ottomila istituzioni scolastiche di un proprio dirigente e un proprio DSGA, facendo così venir meno le scuole sottodimensionate. E trovando pieno conforto nella sentenza della Corte costituzionale n. 223/2023, depositata il 22 dicembre u.s., che ha respinto il ricorso delle regioni Puglia, Toscana ed Emilia-Romagna ictu oculi del tutto pretestuoso in quanto palesemente privo di fondamento giuridico e già segnato nell’esito da una sua consolidata, notoria,giurisprudenza.
Ciò nonostante e pur dopo che il Giudice delle leggi si è pronunciato, le ricorrenti regioni, unitamente ad altre e a varie sigle sindacali affiancatesi, continuano a recitarecopioni precostituiti, che prescindono dai dati di realtà ovvero artatamente li manipolano, veicolando autentiche falsità quali la perdita di centinaia di sedi scolastiche con tutto quello che ne riviene in termini occupazionali, l’affollamento delle classi e la completa sparizione di scuole nelle zone interne. Sedi scolastiche, o di erogazione del servizio, che invece non vengono toccate, come non vengono toccati gli alunni, i docenti e il personale ATA che ivi opera, non essendo previsti tagli in organico; ma che per contro e qualora il ricorso fosse stato accolto – dovendosi perciò continuare ad applicarsi l’ancora vigente normativa, pure questa a suo tempo inutilmente impugnata – non avrebbero potuto avere né un proprio dirigente né un proprio DSGA, perché al di sotto dei 600 alunni (400 nelle zone in deroga) e dunque destinate a doppia reggenza. Mentre dal prossimo primo settembre faranno capo a un’istituzione-ufficio non più acefalo dei suoi vertici: tutte, tranne le 185 che invece la doppia reggenza la dovranno mantenere, benché fino al 31 agosto 2025 e per essere poi riaccorpate; con l’esito di (ri)caricare su un dirigente scolastico e su un DSGA, per quanto di rispettiva competenza, la gestione di un doppio bilancio, di una doppia e proliferante contrattualistica, di una doppia conduzione delle relazioni sindacali d’Istituto, di doppie sedute e deliberazioni degli organi collegiali, di doppia interlocuzione con famiglie e con la pletora di soggetti, istituzionali e non, agenti nei territori e con il solo labile supporto del docente c.d. collaboratore vicario esonerato dalla sua funzione professionale per inventarsi esperto di tutto (e giuridicamente responsabile di nulla).
Con tutta franchezza, ci sfugge la razionalità di questa improvvida decisione del legislatore dell’ultima ora.
È scritto nel testo che essa ha – avrebbe – il fine di garantire l’attuazione della riforma prevista dal PNRR, di riorganizzazione del sistema scolastico per renderlo più efficiente. Ma se così è riesce arduo capire il senso di una misura provvisoria, peraltro finanziata attingendosi al Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (MOF), atteso che la complessa progettualità inerente alla Missione 4 – Componente 1 e alla sua gestione si proiettano su un arco di tempo pluriennale.
Essa si sarebbe potuta pure giustificare qualora queste sedi si fossero rese disponibili per riassorbire eventuali esuberi di dirigenti scolastici in alcune regioni – che però in concreto non sussistono, più che compensati dal superiore numero di pensionamenti per raggiunti limiti d’età – o per allargare la mobilità interregionale per i colleghi emigrati oltre il Rubicone. Ma tutto ciò è escluso, poiché resta fermo il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, non vi è un incremento delle facoltà assunzionali e – sempre su queste 185 istituzioni scolastiche benignamente concesse ad tempus – non sono possibili operazioni di mobilità e nomine in ruolo.
Sembra allora un – ben misero – contentino alle regioni e a sindacati. Ma potrebbe anche essere un piccolo passo avanti: se è il prodromo di una auspicata sinergia tra i diversi soggetti istituzionali e loro concorde azione nel costruttivo coinvolgimento dell’opinione pubblica, onde premere all’unisono su Governo e Parlamento affinché dal primo settembre 2025, mercé l’annuale legge di bilancio, risulti realizzata una decisa riduzione degli attuali coefficienti 900/1000 alunni a non oltre i 600/700 e alla cui stregua ridisegnare un ragionevole dimensionamento scolastico.
Se non è verosimile far corrispondere le nuove istituzioni scolastiche, tutte per definizione normo-dimensionate, agli attuali quarantamila e più plessi o luoghi di erogazione del servizio, non potranno neanche tollerarsi mega-istituti che, per consentire – in una sorta di solidarietà forzosa – la costituzione di scuole autonome nei piccoli luoghi che popolano il nostro Paese, possono arrivare ai duemila studenti e ai trecento e oltre tra docenti e personale ATA, ingovernabili sui canonici e compresenti versanti gestionale, dei rapporti con il territorio, educativo-didattico: sicché il nanismo delle une e il gigantismo delle altre darebbero corpo al medesimo singolare effetto di un’offerta formativa non rispondente ai reali bisogni delle studentesse e degli studenti.
Giustamente si è detto che queste, di fatto, non sarebbero più vere autonomie vocate alla didattica ovvero alla progettazione e realizzazione di un’offerta formativa di qualità ed inclusiva, quanto piuttosto enti a prevalente funzione amministrativa.
L’investimento necessario è davvero piccolo, con costialquanto contenuti, a fronte del grande beneficio di un servizio pubblico migliore. Ma non giova il persistente arroccamento su posizioni di assoluta intransigenza, quando non si voglia porre in essere una vera e propria – ma impropria – opposizione tutta politica.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.