Ripensare la maturità… ma da subito!!!

Ripensare la maturità… ma da subito!!!

Strano Paese il nostro! Di certi problemi si parla quando c’è una contingenza, poi non se ne parla più finché ci si accorge che non c’è più tempo per pensarci e per decidere! Quando invece in un mondo ormai ad ampi spazi (la globalizzazione) e a tempi lunghi (la necessità di progettare secondo prospettive lungimiranti) sarebbe estremamente necessario assumere con tempestività provvedimenti la cui adozione fosse anche scandita e/o differita nel tempo!

In questi giorni stiamo tutti parlando degli esami di maturità (che non maturano più e poi vedremo il perché), della natura delle prove e delle reazioni degli studenti: di una certa levatura sono le tracce per la prima prova, difficile è il passo di Aristotele e così via. Più in là faremo il conto dei “promossi” e dei cento e lode conseguiti. E poi il silenzio, finché… Passerà un altro anno e un altro ancora e poi verrà il 2015, o meglio il giugno del 2015, quando andrà a regime e alla sua prima conclusione il riordino avviato dal Ministro Gelmini. Un riordino che ha definitivamente spostato l’asse dalla “scuola delle conoscenze” alla “scuola della competenze”. Le virgolette stano a segnalare che si tratta di questioni non da poco e su cui occorre riflettere molto più compiutamente di quanto una semplice sottolineatura non dica. E allora che accadrà il giugno del 2015? Avremo riformato l’attuale esame di Stato perche si possano veramente accertare e certificare le competenze terminali di cui alle Indicazioni nazionali e alle Linee guida?

Ma per capirci qualcosa occorre andare con ordine e ripercorrere un po’ l’intera vicenda della nostra “maturità”. Il concetto è stato introdotto con la riforma Gentile e intendeva sottolineare, appunto, che uno studente che aspirasse a studi superiori “seri”, quindi universitari, che avrebbero consentito l’esercizio delle cosiddette “professioni liberali”, non dovesse soltanto sapere ciò che aveva studiato nel percorso liceale ma dovesse essere anche e soprattutto “maturo”, dimostrare di avere padronanza di ciò che aveva appreso e di saperne discutere anche criticamente: una maturità che potremmo definire di alto livello intellettuale. L’esame si svolgeva lungo quattro prove scritte, italiano, latino-italiano, italiano-latino, greco-italiano, e una orale: prove a tutto campo e su tutte le materie del triennio liceale. E la maturità la commissione la evinceva dalla capacità che il candidato dimostrava di saper scrivere e discutere con competenza, diremmo oggi, o meglio, a ragion veduta, come dicevamo ieri, circa le conoscenze acquisite in laboriosi anni di studio. E non è stato un caso che da quelle tornate d’esame, rigoroso, difficile, destinato a pochi, classista, se vogliamo, siano uscite generazioni di professionisti che hanno dato lustro alla intellighenzia del nostro Paese. E non è neanche vero che fosse un esame nozionistico. I commissari degli anni venti e trenta erano tutti professori universitari e i maturandi si contavano sulla punta delle dita. I programmi ministeriali, prescrittivi indubbiamente, erano però estremamente succinti e mirati, e gli insegnanti del triennio liceale classico avevano ampia libertà di scelta in ordine ai contenuti, anche perché gli studenti erano tenuti a “lavorare” in funzione di un rigoroso esame di Stato.

Entro i suoi limiti classisti, la riforma Gentile era finalizzata alla creazione di una classe dirigente che avesse solide basi culturali, anche perché le professioni stesse di un certo rilievo sociale erano tutte curvate su di una cultura umanistica più che su una cultura scientifica [1]. Il rigore dell’esame venne alleviato nel 1940, quando il Ministro Bottai, a causa della guerra, apportò una serie di semplificazioni. Ma nell’immediato dopoguerra si tornò all’esame di sempre e il riordino del Ministro Gonella del 1951 ne replicò il tradizionale rigore.

Poi, con lo scorrere degli anni, il concetto stesso di maturità è venuto assumendo a poco a poco una nuova connotazione, più psicologica che culturale. Vediamone le ragioni. Dopo il boom socioeconomico degli anni Cinquanta e Sessanta, la domanda sempre più diffusa di accedere all’istruzione e alla cultura da parte di un numero sempre più alto di cittadini rendeva necessaria una parallela e progressiva riforma dell’intero nostro sistema di istruzione, cosa che non avvenne se non in misura estremamente parziale. Nel ’62 venne istituita la scuola obbligatoria ottonnale, per altro limitata alla somma di due tronconi di scuole, l’elementare di sempre e la media della riforma Bottai (varata con la Carta della scuola del 1939), tronconi ancora oggi esistenti [2]. Per quanto riguarda il secondo grado di istruzione, invece di riordinare programmi, finalità e obiettivi, ci si limitò solo a parziali e mirati ritocchi, effettuati più per curvare e facilitare i percorsi gentiliani alle esigenze di una platea studentesca assolutamente nuova in quanto a milieu socioculturale, ma fortemente desiderosa di un riscatto sociale, che a proporre percorsi originali e nuovi. In effetti, ci si limitò più ad abbassare l’assicella delle difficoltà che a creare curricoli che rispondessero alle esigenze di un nuovo pubblico e di nuove istanze culturali e professionali.

Tutto sommato, sarebbe stata necessaria la presenza di un secondo Gentile… adatto ai nuovi tempi e alle nuove necessità, ma così non è stato! Si cominciò quindi a dare risposte molto parziali: a modificare l’esame di maturità non per renderlo rispondente alle nuove esigenze di cultura e di preprofessionalità, ma per adeguarlo sic et simpliciter ad una domanda di promozione sociale e di diplomi – i pezzi di carta che aprono tutte le porte – più che di una nuova cultura!

E’ sufficiente leggere lo spirito e la lettera della legge 119 del 1969 – quando si doveva rispondere a un movimento studentesco che chiedeva una scuola aperta a tutti, contro “l’autoritarismo dei professori e dei baroni” e contro “una cultura fatta solo per i ricchi” – per comprendere come e perché la “riforma” nascesse più per dare un contentino alla piazza che per avviare “nuovi” percorsi secondari e “nuovi” esami di Stato. Insomma la scelta fu quella di “facilitare” il vecchio più che di “adottare” il nuovo!

La citata legge prevedeva che “l’esame di maturità ha come fine la valutazione globale della personalità del candidato” (art. 5) e che “a conclusione dell’esame di maturità viene formulato, per ciascun candidato, un motivato giudizio sulla base delle risultanze tratte dall’esito dell’esame, del curriculum degli studi e da ogni altro elemento posto a disposizione della commissione” (art. 8). La curvatura “psicologica” – se si può dir così – era evidente: la personalità del candidato aveva un ruolo preponderante a fronte di quella preparazione culturale “alta” considerata, invece, preminente dalla riforma Gentile. In effetti, con quel disposto, si poteva essere maturi anche in presenza di una preparazione non ottimale.

Seguirono anni in cui aumentò il numero dei diplomati, forse a dismisura, e più tardi quello dei laureati – l’Italia era pur sempre il paese dei dottori! – ma non è detto che aumentasse anche il fattore qualità. Tutto andò per il meglio finché dovevamo giocare in casa – chi controllava la qualità dei nuovi maturi? – ma le cose cominciarono a scricchiolare con gli anni Novanta, dopo Maastricht, quando la CEE cedette il posto all’Unione europea e quando la politica dell’istruzione divenne una questione transnazionale. E l’Europa cominciò a chiederci: che cosa significa “maturo”, con 60 o con 36? Che cosa conosce e cosa sa concretamente fare il vostro studente maturo? Come dobbiamo “leggere” i vostri titoli di studio? Come compararli con quelli di altri Paesi dell’Unione? Insomma, quello di maturità – stando alla definizione della legge 119/69 – era un concetto che, per la sua genericità, implicava da parte degli esaminatori la ricerca di atteggiamenti e aspetti della persona che non è sempre facile rilevare e che rinviano più a un’indagine psicologica che a un esame di Stato. Ne fanno fede quelle migliaia di giudizi vaghi e generici che le commissioni formulavano a giustificazione della votazione ottenuta dal candidato.

Fu così che per tutti gli anni Novanta avvertimmo la necessità di lavorare a un nuovo esame di maturità, o meglio ad un esame di Stato che dicesse poco o nulla circa una pretesa maturità del candidato, ma molto o tutto su che cosa concretamente sapesse fare in relazione a quanto appreso negli anni di scuola. Fu allora che si prese atto che si doveva cominciare a parlare di competenze e che queste non riguardassero soltanto le cosiddette attività manuali, un luogo comune che ancora oggi non è del tutto stato superato. In effetti, nel mondo del lavoro e nella formazione professionale si parlava ormai da anni di competenze [3]. Nel 1973 il Ministero del Lavoro istituì l’Isfol, l’istituto che per statuto doveva e deve occuparsi della professionalità dei lavoratori. In seguito, con la legge quadro 845 del 1978, scrivemmo che “la Repubblica promuove la formazione e l’elevazione professionale… al fine di rendere effettivo il diritto al lavoro e alla sua libera scelta e di favorire la crescita della personalità dei lavoratori attraverso l’acquisizione di una cultura professionale” e che “la formazione professionale è strumento della politica attiva del lavoro, si svolge nel quadro degli obiettivi della programmazione economica e tende a favorire l’occupazione, la produzione e l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro” (art. 1). Le sottolineatura stanno ad indicare come ormai si lasciava per sempre dietro le spalle la formazione professionale come puro e semplice addestramento manuale e che proprio la crescita culturale e professionale di ciascun lavoratore costituiva la garanzia per una nuova visione del lavoro, del resto conforme alla stessa istanza costituzionale (art. Cost. 1).

Gli anni Novanta furono significativi per comprendere come fossero ormai maturi i tempi non solo per giungere ad una produttiva interazione tra il mondo della formazione professionale regionale e quello dell’istruzione statale, ma anche per modificare un esame di maturità ormai incongruente con le reali necessità sia di un proseguimento degli studi che per l’accesso al mondo del lavoro; e in un’ottica che ormai fosse sovranazionale, europea! Era anche necessario ricondurre i saperi, comunque e in qualsiasi settore acquisiti, a definizioni meno generiche e più puntuali, a vere e proprie competenze! Al termine degli anni Novanta l’operazione giunse al suo termine.

Con la legge 425/97 riscrivemmo ex novo l’esame di Stato: cancellammo lo stesso concetto di maturità, da ritenersi inefficace e superato, non leggibile in termini operativi (proseguimento degli studi, ingresso nel mondo del lavoro, comparabilità con altri titoli dell’Ue) per sostituirlo con una certificazione che desse “trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea” (art.1) [4]. Riformammo anche la natura delle prove e i criteri di valutazione. La prima prova scritta doveva essere più aderente alle nuove molteplici forme di lettura e di scrittura, per cui al tema tradizionale vennero aggiunte l’analisi del testo, il saggio breve e l’articolo di giornale. Con la terza prova scritta vennero introdotte tipologie di prove adottate in altri contesti internazionali, ma nuove per la nostra scuola superiore (fatta eccezione per alcune sperimentazioni in atto nell’istruzione tecnica e in quella professionale). Venne riformulato il colloquio pluridisciplinare, venne introdotto un nuovo sistema di verifica/valutazione, con l’introduzione dei punteggi al posto dei voti della tradizione [5] Vennero anche quantificati con dati punteggi il credito scolastico e il credito formativo del candidato in modo da rendere conto nella misura più oggettiva possibile del suo personale curricolo.

La legge era chiara. Il fine ultimo e significativo del nuovo esame era quello di “dare trasparenza” alle competenze acquisite dal candidato. Però, occorreva tradurre il dettato della norma in termini operativi: e questo era compito di un regolamento. I tempi erano quelli che erano: la legge di riforma era del dicembre del ’97, nel giugno del ’99 avremmo avuto la prima tornata d’esame; ma un esame così innovativo non poteva non avere serie ricadute, a ritroso, sugli stessi percorsi scolastici, e non solo sull’ultimo anno, ma almeno sull’ultimo triennio. E l’inizio dell’anno scolastico ‘98/99 era alle porte. Per non dire, poi, che l’innovazione più significativa era quella della certificazione delle competenze: ma che cos’è una competenza? Se oggi, anche in forza della Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, disponiamo di una definizione netta ed inequivocabile del concetto di competenza, allora disponevamo soltanto di una letteratura ricchissima, però non univoca, anche di esperienze, che però venivano dal mondo della formazione professionale.

Si doveva varare il regolamento, ma si dovevano anche indicare le competenze da certificare. La discussione fu ampia e vivace, ma non ci furono né le convergenze necessarie né i tempi tecnici per raggiungere una definizione condivisa di competenza e neanche per individuare e descrivere le competenze terminali di ciascun percorso di studi. Nel Regolamento applicativo della legge (dpr 323 del 21 luglio ’98), all’articolo 1, c. 3 si legge: “L’analisi e la verifica di ciascun candidato tendono ad accertare le conoscenze generali e specifiche, le competenze in quanto possesso di abilità, anche di carattere applicativo, e le capacità elaborative, logiche e critiche acquisite”. Si tratta di indicazioni generiche, da cui non si evince con chiarezza che la certificazione non può essere a tutto campo, ma deve riguardare soltanto specifiche competenze, di cui abilità e conoscenze sono solo fattori costitutivi. La non chiarezza normativa d’altra parte non poteva neanche dare luogo ad una scrittura di competenze, da effettuare per altro in tempi rapidi. Si giunse pertanto a una soluzione temporanea. Nel dm 450 /98, relativo appunto alle certificazioni, all’articolo 3 leggiamo: “I modelli del diploma e delle certificazioni integrative del diploma sono conformi rispettivamente all’allegato A e B, facenti parte integrante del presente provvedimento. I modelli delle certificazioni integrative del diploma hanno carattere sperimentale e si intendono adottati limitatamente agli anni scolastici 1988-99 e 1999-2000”. Il che significava che l’Amministrazione si dava due anni di tempo per procedere a individuare, definire e descrivere le competenze terminali di ciascun percorso. Di anni ne sono trascorsi quattordici!!! E di competenze da certificare a tutt’oggi neanche l’ombra!

In questi anni, comunque, passi in avanti se ne sono fatti: la citata Raccomandazione europea ci ha dato una definizione “certa” di competenza; il riordino del secondo ciclo di istruzione è andato in porto. E sia nelle Linee guida degli istituti tecnici e professionali che nelle Indicazioni nazionali dei licei le competenze terminali sono indicate, anche se nell’Indicazioni con espressioni molto più sfumate. Quindi abbiamo tutto il tempo necessario per provvedere al riordino dell’esame di Stato. E’ prioritariamente importante verificare se la formula di una esame tradizionale centrato sulla verifica di conoscenze raggiunte è funzionale anche all’accertamento e alla certificazione di competenze acquisite, stante la differenza qualitativa che corre tra il conoscere e il fare. In effetti si apre un terreno nuovo per il nostro sistema di istruzione, fino ad oggi ancora “inesperto” in materia di certificazione di competenze.

A volte suonano risibili definizioni normative come quella che ritroviamo nel comma 3 dell’articolo 1 del dm 9/10, relativo all’”adozione del modello di certificazione dei saperi e delle competenze acquisite dagli studenti al termine dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione”, dove leggiamo testualmente: I consigli di classe, al termine delle operazioni di scrutinio finale, per ogni studente che ha assolto l’obbligo di istruzione della durata di 10 anni, compilano una scheda, secondo quanto riportato nella seconda pagina del modello di certificato di cui al comma 1. Le schede riportano l’attribuzione dei livelli raggiunti, da individuare in coerenza con la valutazione finale degli apprendimenti che, per quanto riguarda il sistema scolastico, è espressa in decimi ai sensi del dpr n. 122 del 22 giugno 2009, articoli 4, 5 e 8”. E’ ovvio che una competenza non prescinde da una serie di conoscenze, ma va anche sottolineato che non esiste una continuità lineare tra valutazione di apprendimenti e certificazione di competenze. Valutare e certificare afferiscono a due mondi diversi, anche se contigui. Se problematiche di questo tipo non si affrontano per tempo e con tempi adeguati, il rischio è che giungeremo al fatidico 2015 o con un nulla di fatto o con un dm abborracciato! I tempi per riflettere, ricercare, discutere e assumere decisioni univoche e produttive per i nostri giovani e per le loro prospettive future ci sono. Evitiamo che i tempi a volte brevi della politica schiaccino i tempi del nostro sistema di istruzione, che brevi non sono e richiedono decisioni meditate e non affrettate!

Maurizio Tiriticco



[1] Qui si aprirebbe un altro discorso sui rapporti tra ricerca umanistico-letteraria e ricerca scientifica nella nostra storia, che, ovviamente, ci porterebbe lontano dal seminato.

[2] L’accenno critico non toglie nulla al fatto che la scuola dell’obbligo ottonnale, dopo alcuni anni di difficoltà, ha permesso a milioni di italiani, da sempre esclusi non solo dalla cultura ma anche dalla prima alfabetizzazione, di accedere ai primi livelli di una nuova alfabetizzazione. Il fatto che poi nel corso degli anni la scuola media sia andata man mano perdendo la sua caratterizzazione è un altro discorso. In altri contributi ho affrontato questo problema.

[3] Con la nascita della Comunità economica europea (Trattati di Roma del 1957), i problemi dell’economia e del lavoro cominciarono ad avere un respiro europeo. La stessa formazione professionale, stante l’avvento delle nuove tecnologie nelle attività produttive, fu oggetto di grande attenzione. Non a caso nel 1975 venne istituito il Cedefop, Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale, l’agenzia europea incaricata di promuovere e sviluppare l’istruzione e la formazione professionale nei Paesi membri. Si cominciò veramente ad adottare un linguaggio comune: e la questione delle competenze costituì un motivo di grande attenzione. Giova anche ricordare che l’Europa cominciò ad occuparsi di istruzione e di scuola solo con il varo del Trattato di Maastricht, 1992, e la nascita dell’Unione europea, istituzione i cui poteri erano e sono ben più ampi di quelli della CEE.

[4] In seguito, al fine di rendere di pari dignità, anche se diversi, i percorsi di istruzione, di competenza dello Stato, e quelli della formazione professionale, di competenza delle Regioni (art. Cost. 117, edizione del 1949), con la legge 30/2000 l’istruzione statale e la formazione professionale vennero configurate come “Sistema educativo di istruzione e di formazione” (art.1) Com’è noto, con la legge 53/2003 la legge 30/2000 venne abrogata, ma il concetto dell’unitarietà del sistema di istruzione pubblica, statale e paritaria (si veda al proposito la legge 62/2000) e di “istruzione e formazione professionale” regionale (art. 117 del novellato Titolo V della Costituzione: vedasi la legge Cost. 3 del 2001) venne confermato. Nell’epigrafe della legge 53/2003, infatti, leggiamo “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”.

[5] La scelta venne adottata nella considerazione che il voto implica sempre un giudizio soggettivo dell’insegnante, mentre il punteggio è l’esito di una lettura oggettiva della prova effettuata in ordine a indicatori predeterminati.

Nota 28 giugno 2012, Prot. MIUR AOODGOS 4091

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica

Ai Direttori Generali degli Uffici scolastici regionali
Loro sedi
Ai Dirigenti scolastici delle Istituzioni scolastiche statali e paritarie del primo ciclo (per il tramite degli UU. SS. RR.)
Loro sedi
p.c. Al Capo di Gabinetto Al Capo Dipartimento per l’istruzione Al Capo dell’Ufficio legislativo
Sede

Oggetto Indicazioni nazionali per le scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione. Proroga consultazione delle istituzioni scolastiche.

Con circolare n. 49 del 31 maggio 2012, questa Direzione Generale ha comunicato alle istituzioni scolastiche le modalità e i termini per la compilazione del questionario relativo alla bozza delle Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione presso l’Ansas, fissando al 30 giugno p.v. il termine ultimo di compilazione on line. A causa della notevole quantità di richieste di accreditamento da parte delle scuole prive della password di accesso assegnata alla istituzione (cfr. circolare 49/2012 nella parte Indicazioni tecniche), si rende necessaria una proroga dei termini indicati al fine di favorire la completa compilazione del questionario.

Il nuovo termine è fissato al 7 luglio 2012.

Il Direttore Generale
F.to Carmela Palumbo

Avviso 28 giugno 2012

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali
Direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi

A seguito delle segnalazioni pervenute da parte delle Commissioni si forniscono i seguenti chiarimenti in merito alla documentazione finale da produrre:

La documentazione è analiticamente descritta nei seguenti verbali :

  • Verbale della riunione della Commissione destinata agli adempimenti conclusivi delle operazioni d’esame
  • Verbale di restituzione dei locali, di documenti, registri e stampati e di consegna del plico al dirigente scolastico dell’Istituto

Le scuole che utilizzano “Commissione web” hanno a disposizione funzioni per produrre in automatico i seguenti documenti :

1 – Registro esami
È prodotto – a conclusione della valutazione finale – seguendo il percorso Stampe » Registro Esami
Il registro esami – Quadro Sinottico Candidati; è per classe e riporta riga per riga una sintesi dei dati di ogni candidato. Questo documento deve essere prodotto in duplice copia; le due copie devono essere consegnate al Dirigente Scolastico dell’istituto sede principale d’esame.

2 – Scheda del candidato
Riporta in dettaglio le informazioni che riguardano il candidato. Si produce seguendo il percorso Stampe » Scheda Candidato.
La Scheda Candidato è strutturata, per ciascun candidato, su più pagine; la prima parte è a cura della scuola, la seconda è a cura della commissione. A conclusione dei lavori di valutazione ogni scheda deve essere stampata e firmata dal presidente di commissione e inserita nel plico sigillato.

3 – Albo esiti finali
Questo documento è prodotto alla fine delle operazioni di valutazione finale, seguendo il percorso Adempimenti Finali » Stampa Albo Esito Esami.
L’albo esito esami è per classe e riporta i dati dei candidati con esito finale dell’esame (positivo/negativo) e il punteggio totale ottenuto. Se l’esito è negativo il punteggio totale non viene riportato. La commissione può scegliere se stampare solo i candidati con risultati positivi oppure tutti i candidati. L’albo esiti finali deve essere firmato dal presidente.

4 – Il certificato di superamento prove
È prodotto dal SIDI dopo che la Commissione ha chiuso le attività di valutazione dei candidati. La funzione consente di integrare le informazioni mancanti e di stampare il certificato.

Pensare per Competenze

PENSARE PER COMPETENZE….
alcuni appunti su quello che vado rimuginando

di Nella Lucia Zini

“La parola capire è molto importante in questo contesto, perché direi che oggi la parte predominante di ciò che si fa a scuola, almeno in America, non ha niente a che fare con il capire. Ha a che fare con la memorizzazione di materiale che poi viene verificato con i test. Capire per me significa partire da qualcosa che si è imparato, una competenza, una conoscenza, un concetto, e saperlo applicare adeguatamente in una situazione nuova. Raramente chiediamo agli studenti di farlo. La scoperta più interessante della scienza cognitiva nei confronti dell’istruzione è stata quella di avere verificato che quando chiediamo anche ai migliori studenti delle migliori scuole di utilizzare le conoscenze in una situazione nuova, normalmente non sanno farlo.”

La crisi della democrazia

La crisi della democrazia… come al tempo degli zar

di  Maurizio Tiriticco

E’ semplicemente mostruoso: basta una parola della Merkel e le borse sprofondano! Titolo de “Il Messaggero” di oggi 26 giugno! Possibile che le sorti del pianeta siano oggi così saldamente nelle mani di pochi decisori? Investiti dal voto popolare, è vero, ma… Tutta la nostra storia passata è fatta di pochi, pochissimi “uomini” e milioni di “caporali”! La volontà del Principe, dei principi di ogni tempo, era una e una sola. E per una sua parola migliaia di sudditi, o meglio di soggetti, di non/persone, venivano strappati dai campi in cui lavoravano dall’alba al tramonto come servi e mandati al macello in battaglie campali, in cui ci si ammazzava senza alcun umano perché. E i generali dall’alto delle colline dettavano ordini! Dopo una splendida giornata di sole – la primavera era la stagione migliore per le battaglie più cruente – su quei campi giacevano migliaia di cadaveri, senza un nome, semplicemente ignoti animali da macello. E poi il giorno dopo altri poverissimi servi delle campagne vicine correvano a spogliare i cadaveri di ciò che era rimasto dopo la spoliazione effettuata dai servi soldati superstiti vincitori! Vincitori? Di che? Di che cosa?

Quanto sarebbe durata la loro povera vita? La speranza di vita si aggirava sui 30, 35 anni circa, ma pochissimi superavano questo limite. Anime vive come anime morte. C’era una differenza tra la vita e la morte? Gogol ci ha insegnato che erano solo numeri, sapientemente contati dagli oculati amministratori dei principi, degli zar, che giocando con nomi di defunti facevano il buono e il cattivo tempo. Il nome contava, come numero, non la persona, viva o morta che fosse. Una parola, uno schiocco di dita e la volontà di pochissimi decideva della vita e della morte dei più. Vladimir III di Valacchia non fu l’unico impalatore! E c’era una tecnica raffinatissima per impalare, anche per crocifiggere e bruciare eretici e streghe sui roghi. E quanta ricercatezza nell’esercizio della tortura: se resisti sei salvo; ma, se non resisti, sei reo confesso! E quanta cura nel verbalizzare interrogatori tra una tirata di corda, una squassata, uno sgrassamento, un triangolo! Quanti raffinatissimi strumenti! Il piacere di provocare dolori lancinanti! Meno male che Guillotin inventò la morte veloce: l’inventore della morte dolce, un benefattore dell’umanità!

E’ vero che ci sono state le grandi rivoluzioni, quella borghese che poi ha prodotto Napoleone, un nuovo zar; quella proletaria, che poi ha prodotto Giuseppe Stalin, un altro zar! Ma veniamo a noi, oggi: la crisi della politica, così la chiamiamo; tanti gli “onorevoli” indagati, un Parlamento discreditato e Cinque stelle che si profilano all’orizzonte. E’ vero! Non siamo più servi della gleba e ci lasciano anche protestare. Le lotte contro le discariche, la no tav, le manifestazioni di Piazza San Giovanni, ma gli esodati avanzano… quanti sono? In un paese civile e dotato delle tecnologie più avanzate sembra che nessuno sia capace di contarli! Per non dire dei milioni di “esodati” – si chiameranno in un modo diverso! – della Repubblica popolare cinese! O del terzo e del quarto mondo! E i milioni di bambini anch’essi “esodati” che nei continenti devastati dal colonialismo europeo ieri e dalle multinazionali oggi fabbricano i giocattoli per i nostri bambini più fortunati… ancora! Per quanto?

E un’Onu che non interviene a frenare il massacro siriano. I diritti dell’uomo? Tutti li conosciamo, ma le tante dittature del mondo li violano ogni giorno e le democrazie sembrano affondare in una crisi di cui non si vede l’uscita. Quella moneta, che inventammo per non barattare più grano con carne, per commerciare spezie e tessuti, anche per pagare lautamente capitani di ventura, oggi ha conquistato la sua “indipendenza” e viaggia sovrana! Mentre i prodotti del lavoro non valgono più nulla! E i G20, i G8, i G4… i nuovi grandi della terra tutti in fila e sorridenti nelle foto di rappresentanza, i nuovi zar… tutti democraticamente eletti!

Insomma, valgono solo le parole di pochi o di pochissimi e degli ignoti personaggi che giocano sui tassi, sui bond, sugli spread… e sul sudore di milioni di lavoratori.

A quando una democrazia planetaria in cui contino il lavoro, quello vero, e le parole di tutti? E la moneta torni a fare la moneta! Occorre una terza rivoluzione? Che sia fatta da tutti e autenticamente democratica? Prima dell’apocalisse? Non so…

 

Bozza Accordo (27.6.12)

Bozza di accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano concernente finalità, tempi e modalità di attuazione del Titolo V, Parte II, della Costituzione, per quanto attiene alla materia Istruzione e sperimentazione di interventi condivisi tra Stato e Regioni per la migliore allocazione delle risorse umane, strumentali ed economiche al fine di elevare la qualità del servizio – Accordo ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lett. C) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. AOODGPER.4930

Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per il Personale scolastico – Ufficio II

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. AOODGPER.4930

Ai DIRETTORI GENERALI degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI

Oggetto: DD.DD.GG. 13.7.2011 e 14.7.2011 Concorso Dirigenti Scolastici – Rilascio nuove funzionalità SIDI.

In riferimento alle procedure concorsuali in oggetto si comunica che in data 3 luglio 2012 verranno rilasciate in esercizio, nell’ambito dell’applicativo “Gestione Candidati USR – Reclutamento”, le nuove funzionalità sotto elencate volte a consentire a codesti Uffici Scolastici Regionali la gestione della graduatoria delle procedure concorsuali di cui trattasi:

  • Gestione graduatoria
  • Stampa graduatoria (D.D.G. 13.7.2011 – D.D.G. 14.7.2011)
  • Stampa elenchi a supporto (D.D.G. 13.7.2011 – D.D.G. 14.7.2011)
  • Prospetto numerico graduatoria (D.D.G. 13.7.2011 – D.D.G. 14.7.2011)
  • Prospetto numerico Prova Orale (D.D.G. 13.7.2011 – D.D.G. 14.7.2011).

Per agevolare il processo di inserimento del contratto e primo incarico, verranno, inoltre, rilasciate le seguenti funzionalità:

  • Acquisizione anagrafica
  • Elenco nomine (report)

Si segnala che per quegli Uffici Scolastici Regionali che abbiano già elaborato la graduatoria al di fuori del SIDI sarà comunque necessario l’inserimento a sistema di tutti i dati relativi alla procedura concorsuale in quanto indispensabili sia per l’elaborazione della graduatoria definitiva, che per le successive immissioni in ruolo dei vincitori.

Si rappresenta, infine, che, come di consueto, sul portale SIDI, nell’ambito dei Procedimenti Amministrativi, Dirigenti Scolastici sarà disponibile il manuale utente del quale si prega di prendere visone.

La presente nota sarà pubblicata sulla rete INTRANET di questo Ministero.

IL DIRETTORE GENERALE
F.to Luciano Chiappetta

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. 3959

Ministero dell’Istruzione dell’Università e dello Ricerco
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione
Dipartimento per l’Istruzione

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. 3959

Ai Direttori Generali Regionali
Loro Sedi
Ai Dirigenti degli Uffici scolastici provinciali
Loro Sedi
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano
Bolzano
Al Dirigente Generale per la Provincia di Trento
Trento
Al Sovrintendente degli studi per la Regione Valle D’Aosta
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca
Bolzano
All’Intendente Scolastico per la Scuola Località Ladine
Bolzano

Oggetto: II edizione di LibrAperto Le fiabe di Hans Christian Andersen “Proprio dalla realtà viene fuori la fiaba più bella” ottobre-novembre 2012; maggio 2013, Teatro Aurora di Firenze – Scandicci. Percorsi per la scuola d’infanzia e la scuola primaria. Convegno e mostra conclusivi.

Si comunica che l’Associazione Diesse Firenze e Toscana – Didattica e l’Innovazione Scolastica, Centro per la Formazione e l’Aggiornamento – organizza la II Edizione dell’iniziativa “Libraperto”, un progetto che intende favorire e rafforzare la dimensione europea nell’istruzione nonché l’educazione alla lettura e alla comprensione di testi narrativi e letterari anche di autori stranieri.

L’iniziativa, che nell’edizione precedente ha coinvolto circa 600 docenti e studenti delle scuole d’infanzia e scuole primarie di numerose regioni del territorio nazionale, prevede un ciclo di incontri che si svolgeranno da ottobre a novembre 2012 e un convegno e mostra conclusivi a maggio 2013.

Il tema della II edizione di Libraperto è Le fiabe di Hans Christian Andersen “Proprio dalla realtà viene fuori la fiaba più bella”.

Gli alunni e i docenti dovranno presentare elaborati e lavori sulla base di percorsi di lettura di un’opera letteraria, puntando su un autore di lingua europea e favorendo in tal modo il lavoro interdisciplinare e la valorizzazione delle esperienze più significative.

Il ciclo di incontri del percorso didattico si terrà da ottobre a novembre 2012 e il convegno e mostra conclusivi a maggio 2013 presso Teatro Aurora di Firenze – Scandicci.

Le iscrizioni delle scuole dovranno essere inviate entro e non oltre il 28 settembre 2012 all’Associazione Diesse Firenze (www.diessefirenze.org e-mail segreteria@diessefirenze.org, te1. 055-7327381, fax. 055-7377104).

Si pregano le SS.LL. di dare la più ampia diffusione, presso le scuole di rispettiva competenza, all’iniziativa in oggetto.

IL DIRETTORE GENERALE
Giovanna Boda

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. 3960

Ministero dell’Istruzione dell’Università e dello Ricerco
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione
Dipartimento per l’Istruzione

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. 3960

Ai Direttori Generali Regionali
Loro Sedi
Ai Dirigenti degli Uffici scolastici provinciali
Loro Sedi
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano
Bolzano
Al Dirigente Generale per la Provincia di Trento
Trento
Al Sovrintendente degli studi per la Regione Valle D’Aosta
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca
Bolzano
All’Intendente Scolastico per la Scuola Località Ladine
Bolzano

Oggetto: VII edizione de Le Vie d’Europa William Shakespeare “Seems, madam! Nay it is; I know not seems”, Firenze 22 marzo 2013 Teatro Aurora di Firenze Scandicci. Convegno e concorso nazionale per docenti e agli studenti degli istituti di istruzione secondaria di I grado

Si comunica che 1’Associazione Diesse Firenze e Toscana – Didattica e l’Innovazione Scolastica, Centro per la Formazione e l’Aggiornamento – organizza la VII Edizione dell’iniziativa “Le Vie d’Europa”, un progetto che intende favorire e rafforzare la dimensione europea nell’istruzione nonché l’educazione alla lettura e alla comprensione di testi narrativi e letterari anche di autori stranieri.

L’iniziativa, che nelle edizioni precedenti ha coinvolto circa 4.000 docenti e studenti delle scuole secondarie di primo grado del territorio nazionale, prevede un concorso e un convegno conclusivo.

Il tema della VII edizione è William Shakespeare “Seems, madam! Nay it is; I know not seems”.

Gli alunni e i docenti dovranno presentare elaborati e lavori sulla base di percorsi di lettura di un’opera letteraria, puntando su un autore di lingua europea in studio nelle nostre scuole e favorendo in tal modo il lavoro interdisciplinare e la valorizzazione delle esperienze più significative.

Fanno parte integrante del Convegno e sono messi a concorso gli elaborati prodotti dagli studenti divisi nelle seguenti sezioni: Italiano-racconto; Italiano-tesina; produzione in inglese; produzione artistica. Per la partecipazione è obbligatoria la produzione di almeno un elaborato.

Il Convegno si terrà il 22 marzo 2013 presso il Teatro Aurora di Firenze Scandicci.

Le iscrizioni delle scuole dovranno essere inviate entro e non oltre il 17 novembre 2012 all’ Associazione Diesse Firenze (www.diessefirenze.org e-mail segreteria@diessefirenze.org, te!. 055-7327381, fax. 055-7377104).

Si pregano le SS.LL. di dare la più ampia diffusione, presso le scuole di rispettiva competenza, all’iniziativa in oggetto.

IL DIRETTORE GENERALE
Giovanna Boda

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. 3961

Ministero dell’Istruzione dell’Università e dello Ricerco
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione
Dipartimento per l’Istruzione

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. 3961

Ai Direttori Generali Regionali
Loro Sedi
Ai Dirigenti degli Uffici scolastici provinciali
Loro Sedi
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano
Bolzano
Al Dirigente Generale per la Provincia di Trento
Trento
Al Sovrintendente degli studi per la Regione Valle D’Aosta
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca
Bolzano
All’Intendente Scolastico per la Scuola Località Ladine
Bolzano

Oggetto: XII edizione de I Colloqui Fiorentini: Giovanni Verga “Il semplice fatto umano farà pensare sempre” Convegno e concorso nazionale Firenze 28 febbraio – 02 marzo 2013

L’iniziativa, rivolta ai docenti e agli studenti degli istituti di istruzione secondaria di II grado, consiste nella partecipazione al Convegno e al relativo Concorso Nazionale dal titolo “I Colloqui Fiorentini – nihil alienum”.

I Colloqui Fiorentini – nihil alienum, che nelle varie edizioni hanno superato le 12.000 presenze, ripercorrono, anno dopo anno, i maggiori autori della letteratura italiana oggetto dell’esame finale di stato, ma anche dello studio nel biennio della scuola secondaria di II grado.

L’XII edizione del Convegno è dedicata alla figura di Giovanni Verga “11 semplice fatto umano farà pensare sempre”, e si terrà dal 28 febbraio al 2 marzo 2013 a Firenze presso il Palazzo dei Congressi. Nel corso delle tre giornate gli studenti avranno modo di valorizzare le loro capacità di elaborazione dei contenuti culturali e le loro capacità espressive; i docenti potranno incrementare la loro attività didattica nel confronto con i
colleghi e gli esperti presenti.

Fanno parte integrante del Convegno e sono messi a concorso gli elaborati prodotti dagli studenti divisi nelle seguenti sezioni: Tesina (obbligatoria per la partecipazione), Narrativa, Arte e Progetto Didattico (facoltativa per i docenti).

Le iscrizioni delle scuole dovranno essere inviate entro e non oltre il 31 ottobre 2012 all’ Associazione Diesse Firenze (www.diessefirenze.org e-mail segreteria@diessefirenze.org , tel. 055-7327381, fax. 055-7377104).

Si pregano le SS.LL. di dare la più ampia diffusione, presso le scuole di rispettiva competenza, all’ iniziativa in oggetto.

IL DIRETTORE GENERALE
Giovanna Boda

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. AOOODGPER 4924

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per il personale scolastico
Uff. III

Nota 27 giugno 2012, Prot. n. AOOODGPER 4924

Agli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI

Oggetto: Graduatorie ad esaurimento

Si fa riferimento a notizie che pervengono circa iniziative di cancellazione nei riguardi di aspiranti presenti nelle graduatorie ad esaurimento in situazione di riserva in quanto, pur avendo superato l’esame di ammissione alle scuole di specializzazione, sono impossibilitati al completamento del percorso abilitante delle SSIS.

Al riguardo, si fa presente che, in considerazione del fatto che il comma 17 dell’art.15 del D.M. n. 249 del 10 settembre 2010 prevede che tali aspiranti docenti siano ammessi, senza procedura di preselezione, ai corrispondenti corsi di T.F.A., le posizioni di riserva devono essere conservate in attesa del loro scioglimento mediante la prevista, diversa modalità di conseguimento dell’abilitazione.

f.to IL DIRETTORE GENERALE
Luciano Chiappetta

 

Titolo Quinto, un’altra ripartenza

Titolo Quinto, un’altra ripartenza

di Gian Carlo Sacchi

L’ultimo decennio è costellato di false partenze per l’applicazione del Titolo Quinto della Costituzione revisionato nel 2001 e sancito con tanto di referendum popolare.

Un solenne pronunciamento della Conferenza delle Regioni nel 2008 è stato in ballo circa due anni per avere il concerto dello Stato nell’apposita Conferenza Unificata, senza risultato; il 20 giungo 2012 l’apposita commissione degli assessori regionali stila un’altra bozza di accordo, che riparte per tutto l’iter politico-burocratico.

Sappiamo che tanto tempo è passato senza che ne centrodestra ne centrosinistra avessero sottoscritto l’apposita intesa: ora speriamo nel governo tecnico ?

Il problema non è quello del colore della maggioranza politica, ma dello scontro centro – periferia, che nemmeno il così detto federalismo fiscale è riuscito pienamente a risolvere. L’attuale inquilino di viale Trastevere sembra abbia aperta una porta alle Regioni, proprio in un momento in cui oltre al centralismo burocratico-sindacale si farà sentire la necessità del risparmio: tagliare a monte infatti è più facile che non attuare un decentramento che rischia di moltiplicare i centri di spesa. E’ tuttavia solo un’adeguata riorganizzazione dei poteri che può mettere in atto la compartecipazione alle entrate fiscali regionali e locali, e sempre a condizione che l’aumento delle tasse possa servire allo sviluppo dei territori e non soltanto a rimpinguare le casse dello stato, altrimenti siamo di nuovo in un circolo vizioso senza uscita.

Il documento uscito dagli esponenti regionali infatti ripercorre nuovamente tutto l’iter decentralistico, inaugurato ben prima del titolo quinto e rimasto sulla carta; quello che lascia con il fiato sospeso è il giro delle risorse economiche: dove si risparmia nelle strutture statali infatti non è detto che possa trovare un equilibrio sul piano locale, e così per completare il quadro si dovrà mettere mano sia ad una nuova legislazione nazionale (si pensi soltanto alla difficoltà di definire i Livelli Essenziali delle Prestazioni) ed a non poche legislazioni regionali di “sistema”, se si vuole andare fino in fondo e cioè arrivare alla gestione del personale, così come aveva indicato nel 2004 la Corte Costituzionale.

Fino a qui è stato sostanzialmente il ministero ad opporsi: il miracolo lo farà la spending review ? Ma anche le Regioni non si sono dimostrate molto entusiaste di un corpo normativo che inseriva il servizio educativo, scolastico, formativo,dal nido all’istruzione e formazione professionale, tra le “funzioni fondamentali” loro e degli enti locali alle quali ovviamente bisogna far fronte con il suddetto federalismo fiscale, peraltro, com’è noto, non completato.

Rincuora sapere che tra di loro i nostri Lander si siano accordati, ma sui tempi di messa in opera, pur indicati con una sequenza stringente, si possono nutrire ancora molte perplessità, soprattutto data la complessità delle operazioni: “decentramento delle funzioni amministrative (era già previsto dal DL.vo 112/1998) e riparto della funzione legislativa; trasferimento delle risorse finanziarie, umane e strumentali”. Sul fronte regionale poi si pone la “modulazione del raggiungimento degli obiettivi secondo diverse modalità e la definizione di condizioni e modalità per l’attuazione della sperimentazione di nuovi modelli organizzativi”.

Oltre al dimensionamento della rete scolastica, già di competenza delle Regioni, viene inserito il riparto delle dotazioni organiche sulle quali però siamo ancora abbastanza in alto mare, anche se una proposta interessante era già stata approvata dalle medesime per cercare di inserire un calcolo ponderato di dette risorse, ma fino ad ora anch’essa è stata abbandonata, non solo per la questione finanziaria, ma anche per i livelli di contrattazione (deve essere inserito quello regionale), per il calcolo degli organici funzionali di istituto e la possibilità per alcune di esse, nonché per le province autonome, di accedere direttamente al reclutamento del personale.

Il Ministero chiede alle Regioni solo un parere su un organico definito a livello nazionale che cerca di far combinare la popolazione scolastica con le disponibilità economiche, ottenendo sempre un nulla di fatto in sede di Conferenza Unificata proprio perché alla fine si tratta di una manovra che non tiene conto delle reali esigenze dei territori.

Un’interessante operazione da condividere sarà l’organizzazione delle banche dati, affinché si abbiano informazioni sul funzionamento dell’intero sistema ai vari livelli territoriali: oggi il flusso informativo riguarda ciò che deve confluire all’ISTAT e che serve per la gestione del personale; altri elementi, tipo l’edilizia scolastica, la dispersione, ecc., sono sempre più necessari, anche in riferimento alle richieste dell’UE, ma spesso fanno parte o di ricerche particolari o si trovano in osservatori realizzati da alcune realtà regionali.

L’applicazione concordata del titolo quinto pone peraltro fine al contenzioso dinnanzi alla Corte Costituzionale alla quale spesso viene demandato il compito di occupare il vuoto politico, anche al fine di eliminare il frequente sovrapporsi di competenze e iniziative dei diversi livelli di governo.

Costi e fabbisogni standard, nonché i criteri di perequazione, vanno considerati secondo l’esigibilità e la sostenibilità del servizio e perciò dovranno vedere il pieno coinvolgimento degli enti locali e delle autonomie scolastiche.

Sul riparto delle dotazioni organiche c’è una scadenza, il 30 ottobre 2012, e, nell’ambito della compatibilità finanziaria, saranno le Regioni a distribuire il personale in base alla programmazione dell’offerta formativa, secondo quanto stabilito, come si è detto, da un’apposita legge regionale, pena la sospensione dei trasferimenti. E qui c’è un bel daffare per molte assemblee legislative.

I suddetti progetti sperimentali saranno avviati previa accordo tra il Ministero e le single Regioni e potranno riguardare:

– nuovi modelli organizzativi delle istituzioni scolastiche, anche valorizzando le reti di scuole;

– modelli di reclutamento del personale;

– interventi innovativi per l’edilizia scolastica;

– raccordo dei sistemi informativi tra i diversi livelli istituzionali finalizzati al governo della rete scolastica, della gestione delle iscrizioni e per gli interventi di lotta alla dispersione.

Il nuovo documento si conclude con l’indicazione di circa un anno di tempo per realizzare tutto quanto, ma è proprio sui tempi che come detto all’inizio si nutrono perplessità, anche in relazione alla complessità dell’attività legislativa, da entrambe le parti. A ben guardare lo scadenzario andrà ad impattare pressappoco con la fine della legislatura. Un’altra volta le Regioni avevano approvato un masterplan più o meno di questo genere ponendo come termine settembre 2009. Questa sarà la volta buona ?

Il testo proposto è concreto e mostra consapevolezza circa la coerenza e l’efficacia degli esiti dell’operazione: non si può che esprimere ancora una volta fiducia e speranza.