L’equipollenza dei titoli AFAM ai titoli universitari diventa legge

L’equipollenza dei titoli AFAM ai titoli universitari diventa legge

La legge di stabilità (Atto Camera n. 5534-bis-B) è stata approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 21 dicembre 2012.

Come sapete, essa contiene alcuni commi (dal comma 102 al comma 107 dell’articolo 1) dedicati espressamente al settore dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM), che recepiscono in parte i contenuti della proposta di legge n. 4822, attualmente in discussione alla Camera dei Deputati (VII Commissione Cultura), ma destinata a decadere a causa della conclusione anticipata della legislaura.

E’ una giornata storica per il comparto AFAM.
La legge di stabilità, all’art. 1, commi da 102 a 107, prevede infatti:
1. l’equipollenza dei diplomi accademici di I livello alle lauree universitarie della classe L-3 (Lauree triennali in Discipline delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda);
2. l’equipollenza dei diplomi accademici di II livello alle lauree magistrali universitarie (Lauree quinquennali nella classe LM 45 – Musicologia per Conservatori, Istituti musicali pareggiati e Accademia Nazionale di Danza; classe LM 12 – Design per l’ISIA; classe LM 65 – Scienze dello spettacolo e produzione multimediale per l’Accademia Nazionale di Arte Drammatica; classe LM 89 – Storia dell’arte, classe LM 12 – Design e classe LM 65 – Scienze dello spettacolo e produzione multimediale per le Accademie di Belle Arti);
3. l’equipollenza dei diplomi di vecchio ordinamento conseguiti anteriormente all’entrata in vigore della legge (e purché congiunti con il diploma di scuola secondaria di II grado) ai diplomi accademici di II livello (e dunque alle lauree magistrali);
4. la messa a regime di tutte le sperimentazioni entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge e l’equipollenza dei titoli sperimentali di I e II livello già conseguiti;
5. i diplomi accademici di II livello (e dunque anche quelli di vecchio ordinamento) costituiranno titolo di accesso per i corsi universitari di specializzazione e di dottorato di ricerca.

Diamo di seguito il testo definitivo dell’art. 1, commi 102-107, della legge di stabilità. Come si può notare, è stato accolto il rilievo del CNAFAM (formulato nel documento presentato dal Coordinamento durante l’audizione del 16/2/2012 sulla PDL n. 4822) circa la necessità del possesso del diploma di scuola secondaria di II grado ai fini dell’equipollenza del diploma di vecchio ordinamento alla laurea magistrale.

Art.1
[…]
102. Al fine di valorizzare il sistema dell’alta formazione artistica e musicale e favorire la crescita del Paese e al fine esclusivo dell’ammissione ai pubblici concorsi per l’accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso, i diplomi accademici di primo livello rilasciati dalle istituzioni facenti parte del sistema dell’alta formazione e specializzazione artistica e musicale di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, sono equipollenti ai titoli di laurea rilasciati dalle università appartenenti alla classe L-3 dei corsi di laurea nelle discipline delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda di cui al decreto ministeriale 16 marzo 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 153 del 6 luglio 2007.

103. Al fine esclusivo dell’ammissione ai pubblici concorsi per l’accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso, i diplomi accademici di secondo livello rilasciati dalle istituzioni di cui al comma 102 sono equipollenti ai titoli di laurea magistrale rilasciati dalle università appartenenti alle seguenti classi dei corsi di laurea magistrale di cui al decreto ministeriale 16 marzo 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 9 luglio 2007:
a) Classe LM-12 (Design) per i diplomi rilasciati dagli Istituti superiori per le industrie artistiche, nonché dalle Accademie di belle arti nell’ambito della scuola di «Progettazione artistica per l’impresa», di cui alla Tabella A del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212;
b) Classe LM-45 (Musicologia e beni musicali) per i diplomi rilasciati dai Conservatori di musica, dall’Accademia nazionale di danza e dagli Istituti musicali pareggiati;
c) Classe LM-65 (Scienze dello spettacolo e produzione multimediale) per i diplomi rilasciati dall’Accademia nazionale di arte drammatica, nonché dalle Accademie di belle arti nell’ambito delle scuole di «Scenografia» e di «Nuove tecnologie dell’arte», di cui alla Tabella A del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212;
d) Classe LM-89 (Storia dell’arte) per i diplomi rilasciati dalle Accademie di belle arti nell’ambito di tutte le altre scuole di cui alla Tabella A del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212, ad eccezione di quelle citate alle lettere a) e c).

104. I diplomi accademici di secondo livello rilasciati dalle istituzioni di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 21 dicembre 1999, n. 508 costituiscono titolo di accesso ai concorsi di ammissione ai corsi o scuole di dottorato di ricerca o di specializzazione in ambito artistico, musicale, storico artistico o storico-musicale istituiti dalle università.

105. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le istituzioni di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 21 dicembre 1999, n. 508 concludono la procedura di messa a ordinamento di tutti i corsi accademici di secondo livello.

106. I titoli sperimentali conseguiti al termine di percorsi validati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nelle istituzioni di cui al comma 102, entro la data di cui al comma 105, sono equipollenti ai diplomi accademici di primo e di secondo livello, secondo una tabella di corrispondenza determinata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dei medesimi principi di cui ai commi 102 e 103, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

107. I diplomi finali rilasciati dalle istituzioni di cui al comma 102, al termine dei percorsi formativi del previgente ordinamento, conseguiti prima dell’entrata in vigore della presente legge e congiuntamente al possesso di un diploma di scuola secondaria superiore, sono equipollenti ai diplomi accademici di secondo livello secondo una tabella di corrispondenza determinata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dei medesimi principi di cui ai commi 102 e 103, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
[…]

Il CNAFAM esprime tutta la propria soddisfazione per l’approvazione della legge. Ricorda di aver da sempre convintamente sostenuto la completa equiparazione dell’AFAM all’Università (si legga il nostro Manifesto programmatico), intervenendo più volte in audizione presso le competenti commissioni di Camera e Senato. Il Coordinamento tuttavia non può esimersi dal manifestare la propria perplessità per la postilla (aggiunta in extremis al Senato) per cui i diplomi di vecchio ordinamento sono equiparati alla laurea magistrale solo se conseguiti anteriormente all’entrata in vigore della legge di stabilità. Per quelli conseguiti successivamente dovrebbe dunque continuare a valere l’art. 4, comma 3-bis, della legge 508/1999, ossia l’equipollenza alle lauree triennali universitarie. Ciò provocherà una evidente disparità di trattamento tra possessori del medesimo titolo di studio. Possiamo immaginare che molti saranno i ricorsi.

Lettera alla dr.ssa Stellacci

Gent.ma Dott.ssa Stellacci,
a seguito delle affermazioni del Ministro Profumo, durante la video chat andata in onda al TG1 il giorno 20 dicembre, chiediamo con urgenza alcuni chiarimenti in merito.
Il Ministro afferma erroneamente per ben due volte che al concorso inizialmente non erano stati ammessi i non abilitati, ma che questi hanno potuto partecipare alla preselezione grazie ad un ricorso. Successivamente afferma anche, sempre erroneamente, che il concorso è stato bandito solo in classi di concorso e regioni in cui non sono presenti abilitati (cioè in c.d.c. esaurite).
Da dove nascono affermazioni simili? Dall’ignoranza del Ministro oppure da una strumentalizzazione dei media? E’ stato dichiarato il falso e Lei lo sa bene quanto noi precari.
Chiediamo, dunque chiarimenti pubblici da parte del Ministro.
Il concorso, e lo sappiamo bene, è stato bandito su classi di concorso in Regioni in cui risultano esuberi: Campania, Sicilia, Calabria, Sardegna, Puglia. Regioni che sono state a suo tempo già abbondantemente massacrate dai tagli, le cui graduatorie ad esaurimento sono infinite, inesauribili; ci sono addirittura ancora le graduatorie di merito (del concorso del ’99 e in alcuni casi anche del ’90) e gli esuberi dei docenti di ruolo. E il concorso era aperto ai non abilitati di tutte queste c.d.c., come risulta dal bando.
Perché dire il falso, perché affermare il contrario quando esistono dati e tabelle da voi stessi pubblicati?
Dove sarà inserita in ruolo la gente che passerà il concorso se non c’è la cattedra neanche per chi è di ruolo?
Quali sono le classi di concorso con le graduatorie degli abilitati esaurite?
Ci illumini, Dott.ssa Stellacci perché altrimenti non capiamo come mai ci siano così tanti insegnanti precari della scuola in attesa di stabilizzazione.
I dati sulle graduatorie e sui posti messi in bando dal concorso sono accessibili da chiunque, non sono segrete ma pubbliche, vogliamo mettere a confronto tali dati? Vogliamo dare una smentita a ciò che il ministro Profumo ha asserito con tanto candore?
Indignati? Offesi? Sì!
Chiediamo che, in nome della trasparenza, siano resi pubblici, in tempi brevi, le effettive disponibilità per Provincia e non per Regione . Dati dei quali sarete sicuramente già in possesso .
Sicuri di un gentile riscontro e chiarimento
Le porgiamo Distinti saluti.

Certificazioni di precedenza legge 104/92

Il Tribunale di Rossano conferma che le certificazioni di precedenza legge 104/92  devono essere possedute nei termini di scadenza delle domande di trasferimento e condanna il comportamento dell’ex dirigente dell’I. Omn.vo di Campana, anche al pagamento delle spese, per oltre 2.500 euro, per aver riconosciuto la precedenza, su autocertificazione a danno di altra docente. Soddisfazione del SAB che ha patrocinato tutto il contenzioso.

 

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Rossano, con sentenza n. 1182 del 17/12/2012, accoglie la domanda proposta dalla prof.ssa F. T. rappresentata e difesa in giudizio dagli avv.ti Domenico Lo Polito del foro di Castrovillari ed Elisabetta De Marco del foro di Rossano, dichiara illegittima l’esclusione dalla graduatoria interna d’istituto di altra docente per l’a.s. 2009/10, condanna i resistenti al risarcimento del danno determinato in via equitativa in 1.000,00 euro in favore della ricorrente ed, in solido tra loro, alla refusione delle spese e competenze di lite che liquida in 1.500,00 euro, oltre IVA e CAP come per legge.

Il SAB che tramite il segretario generale prof. Francesco Sola, ha patrocinato tutto il contenzioso, compresa la fase conciliativa con l’ex dirigente scolastico dott. P.P., delegato anche a rappresentare l’amministrazione nel contenzioso, ora in pensione, dell’Istituto omnicomprensivo di Campana, esprime viva soddisfazione per tale sentenza che conferma i dettati del contratto che regolamenta la mobilità, in particolare sulla perentorietà di alcuni termini di scadenza, come quelli di predisporre le graduatorie dei soprannumerari nei 15 gg. successivi alla scadenza delle domande di trasferimento, termine spesso disatteso dai dirigenti scolastici.

Nel merito, il predetto dirigente, a seguito di contrazione di organico di Italiano, Storia, ecc, e in presenza della trasformazione c/o la scuola media di Campana di un posto, da interno ad esterno con completamento c/o la sezione associata di Scala Coeli, andava a predisporre la graduatoria d’istituto per l’individuazione del docente da assegnare su detto posto ed escludeva, dalla medesima, una docente che aveva dichiarato di essere beneficiaria dell’art. 21 legge 104/92, per cui assegnava la prof.ssa F., con maggior punteggio, sul posto esterno.

Una volta acquisiti gli atti si contestava tale assegnazione in quanto, nei termini di scadenza delle domande di trasferimento, non era stata presentata nessuna certificazione, nemmeno, quella sostitutiva prevista dal contratto che regolamenta la mobilità, bensì una semplice dichiarazione di avere presentato domanda per il riconoscimento dei benefici ex legge n. 104/92, dichiarazione ritenuta non valida dal Giudice, ma valida dal dirigente scolastico che si è giustificato anche con il suo potere di assegnare i docenti alle classi ed ai plessi ritenendo, la sede associata di Scala Coeli, non sede autonoma in organico, bensì un plesso di Campana.

Anche tale giustificazione è illegittima in quanto, per le scuole medie e superiori, le sedi staccate e/o associate hanno un proprio organico e codice meccanografico per cui, ai fini della mobilità, sono considerate autonome ed esprimibili quindi, l’assegnazione dei docenti deve avvenire sull’organico di diritto, confermato o meno su quello adeguato alla situazione di fatto ma mai considerare dette scuole come classi o plessi della sede centrale.

In merito alla certificazione, il Giudice osserva che la norma è chiara e stabilisce che l’esclusione dalla graduatoria per l’asserito possesso di precedenze, debba essere diligentemente certificata e prodotta entro i termini stabiliti. Il dirigente, quindi, avrebbe potuto e dovuto solo valutare la documentazione in suo possesso a quella data, in maniera improrogabile cioè quella di scadenza delle domande di trasferimento e che le graduatorie interne d’istituto andavano predisposte nei successivi 15 gg dalla predetta data di scadenza valutando i titoli posseduti entro e non oltre tale data.

Acclarata l’esistenza del diritto vantato dalla ricorrente, bisogna valutare l’avanzata e conseguente richiesta risarcitoria del danno subito per la “sottrazione” della cattedra a lei spettante che ha comportato, per la predetta, l’assegnazione di una sede più disagiata, lontana km 15,5 dalla sua abitazione con l’obbligo a viaggiare per recarsi a Scala Coeli, con i relativi rischi e con innegabili ripercussioni patrimoniali e non, liquidati, con la somma simbolica di 1.000,00 euro relativa ai disagi subiti durante l’espletamento del servizio nell’a.s. da parte della ricorrente. All’accoglimento della domanda consegue la condanna dei convenuti alla rifusione delle spese di lite che liquida in 1.500,00 euro più IVA e CAP.

F.to Prof. Francesco Sola

Segretario Generale SAB

Il Governo non si preoccupa della salute dei lavoratori

Il Governo si preoccupa della febbre catarrale delle pecore e non della salute dei lavoratori

Quando la UE apre una procedura d’infrazione per tutelare i nostri ovini, subito, il legislatore interviene; quando ne apre una sui precari della scuola, invece, emana norme in deroga per abusare dei contratti a termine, senza pensare alla conseguenze esistenziali di tale scelte nella vita degli assunti e sanzionatorie a carico di tutta la comunità. ANIEF-Confedir chiede l’accesso agli atti e continua il ricorso ai tribunali.

Mentre l’ultimo decreto-legge n. 216/12 di questa legislatura reca disposizioni per attuare due direttive comunitarie del 2010 (n. 45 su sistema comune di imposta; n. 18 su congedo parentale), per rispondere a quattro procedure d’infrazione aperte nel 2012 (n. 369 su parità di trattamento fra uomini e donne; n. 370 su organi umani destinati ai trapianti; n. 372 su farmacovigilanza; n. 434 su vaccinazione contro la febbre catarrale degli ovini) e per eseguire una sentenza della Corte europea del 2009 (causa C-302), l’ultima finanziaria approvata ieri dal Parlamento (n. 5534-bis-B) prevede la proroga dei contratti a termine dopo i 36 mesi per i precari della pubblica amministrazione, con l’accordo dei sindacati (art. 1, c. 400), in deroga alla direttiva n. 70/99. La norma, d’altronde, è attualmente derogata nella scuola dopo l’approvazione della legge 106/2011, che è intervenuta, invano, per rispondere alla procedura di messa in mora dello Stato italiano per la mancata stabilizzazione del personale ATA, a seguito delle non soddisfacenti risposte date nel corso della procedura d’infrazione n. 2124 aperta nel 2010, a cui ne sarebbero seguite altre due nel solo 2012, riguardanti anche i docenti precari.

Il presidente ANIEF e delegato Confedir alla scuola e alle alte professionalità, Marcello Pacifico, proprio in questi giorni sta inoltrando alla Commissione UE un’istanza urgente di accesso agli atti su tutte le procedure d’infrazione attivate nello scorso trimestre contro lo Stato italiano per la violazione della direttiva comunitaria 1999/70, in nome del principio comunitario della trasparenza, vista la secretazione degli atti voluta dal Governo per la delicatezza della questione.

Ma se la questione è così delicata, perché il Governo oltre a pensare alla salute degli ovini non pensa anche alla salute dei lavoratori e alle tasche dei cittadini che potrebbero pagare condanne fino a 8 milioni di euro per ogni atto di messa in mora? Se il 15% del personale della scuola è utilizzato come precario non importa, se il rischio del burnout è ancora più alto nella professione docente perché parlarne, se addirittura qualcuno si priva della vita sono suoi problemi esistenziali. Ma fino a quando si abuserà della pazienza dei precari docenti, ata, infermieri o medici e di tutto il pubblico impiego? L’ANIEF-Confedir non smetterà di difenderli nei tribunali, visto che la giustizia sembra preclusa agli uomini che parlano ma non agli animali che belano.

Il Decreto legge n. 216/12, si occupa di:

– direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010 relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione;

– direttiva 2010/18/UE dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale);

– direttiva 2010/41/UE del 7 luglio 2010, sull’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne. che esercitano un’attività autonoma. Procedura di infrazione n. 2012/0369;

– direttiva 2010/53/UE del 7 luglio 2010 in materia di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti. Procedura di infrazione 2012/0370;

– direttiva 2010/84/UE del 15 dicembre 2010, relativa alla farmacovigilanza. Procedura di infrazione 2012/0372;

– direttiva 2012/5/UE del 14 marzo 2012, relativa alla vaccinazione contro la febbre catarrale degli ovini – Procedura d’infrazione 2012/0434;

– Esecuzione della decisione della Commissione europea 2000/394/CE del 25 novembre 1999 e della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, resa in data 6 ottobre 2011, nella causa C-302/09, Commissione europea c. Repubblica italiana.

Matematica, il successo dipende dalla motivazione

da lastampa.it

Matematica, il successo dipende dalla motivazione

berlino

Il successo in matematica a scuola non dipende da quanto uno studente è intelligente, ma da quanto è motivato e da quanto studia.

Lo ha scoperto uno studio pubblicato dalla rivista Child Development delle università tedesche di Monaco e Bielefeld, secondo cui l’intelligenza aiuta solo nei primi passi nel mondo matematico.

I ricercatori hanno studiato i dati di 3520 studenti delle superiori in Germania, determinandone l’abilità matematica insieme alle motivazioni e l’intelligenza.

Dallo studio è emerso che il quoziente intellettivo è strettamente legato al successo in matematica ma solo all’inizio dello sviluppo della competenza, mentre motivazione e tempo di studio diventano fattori più importanti, e l’intelligenza diventa trascurabile: «Questo suggerisce che le competenze matematiche possono essere acquisite con l’educazione – spiegano gli autori – e che programmi specifici per aumentare la motivazione potrebbero essere molto efficaci».

Concorso, a metà febbraio le prove scritte: stavolta non ci saranno simulazioni

da Tecnica della Scuola

Concorso, a metà febbraio le prove scritte: stavolta non ci saranno simulazioni
di Alessandro Giuliani
L’indicazione sul periodo di svolgimento è del ministro Profumo, che però smonta in partenza la possibilità che possano comparire esempi sui quesiti disciplinari a risposta aperta (probabilmente non più di 5) che verranno proposti agli 88.610 che hanno superato le preselettive. Gli unici riferimenti rimangono il bando di concorso e il decreto del direttore generale n. 80/2012.
Si svolgeranno nel mese di febbraio le prove scritte del concorso a cattedra, le cui preselettive si sono svolte nei primi due giorni di questa settimana e al termine delle quali il 77,5% dei partecipanti è stato estromesso,. La data precisa non è stata ancora comunicata, ma il mese è stato indicato dal ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, nel corso di una video chat tenuta su RaiUno: rispondendo alla domanda di un candidato che avendo passato la verifica dei test a risposta multipla chiedeva indicazioni sul periodo di svolgimento degli scritti (per quello comune a tutti stavolta servirà prendere almeno 28 punti su 40 complessivi), il Ministro ha detto che le prove verranno svolte a “metà febbraio, circa”.
Per quanto riguarda le modalità e la tipologie di prove che attendono gli oltre 88mila aspiranti rimasti in “gara”, Profumo ha freddato le speranze di quelli che speravano in qualche indicazione: il responsabile del Miur ha, infatti, sottolineato che stavolta, a differenza delle preselettiva, non sarà pubblicata alcuna simulazione.
Uno dei due strumenti utili ai candidati desiderosi di prepararsi al meglio per la verifica scritta rimane, allora, l’attenta lettura del bando di concorso. Negli articoli 7, 8 e 9, si parla, rispettivamente, della descrizione delle “Prove scritte ovvero scritto-grafiche”, nonché dell’“Articolazione delle prove scritte per classi di concorso comprese in ambiti disciplinari” e delle “Prove di laboratorio e pratiche”.
Il primo articolo, il 7, indica che le prove consisteranno “in una serie di quesiti a risposta aperta (le indiscrezioni parlano di non più di 5 domande n.d.r.) e sono finalizzate a valutare la padronanza delle competenze professionali nonché delle discipline oggetto di insegnamento”. Entrando nello specificità delle scuole, il Miur ricorda che “la prova scritta della scuola primaria comprende anche l’accertamento della conoscenza della lingua inglese”.
Al comma 4 si parla del punteggio: quello complessivo che potrà assegnare la commissione sarà “di 40 punti. Nel caso di due o più prove, il punteggio è ottenuto dalla media aritmetica delle singole prove, a ciascuna delle quali è assegnato un punteggio massimo di 40 punti. La prova è superata dai candidati che conseguono nella prova ovvero in ciascuna delle singole prove un punteggio non inferiore a 28 punti”.
Fanno eccezione i candidati che dovranno sostenere anche prove di laboratorio e pratiche: premesso che si tratta degli ambiti disciplinari 7 (cl. 36/A e 37/A), 8 (cl. 38/A – 47/A – 49/A), 4 e 9 (cl. 43/A – 50/A – 51/A – 52/A), il Miur ha stabilito che in questi casi “la commissione assegna, per la prova ovvero per le prove di cui al comma 1, un punteggio complessivo massimo di 30 punti. Nel caso di due o più prove, il punteggio è ottenuto dalla media aritmetica delle singole prove, a ciascuna delle quali è assegnato un punteggio massimo di 30 punti. La prova è superata dai candidati che conseguono nella prova ovvero in ciascuna delle singole prove un punteggio non inferiore a 21 punti. Al suddetto punteggio si somma quello conseguito nella prova” di laboratorio e pratica. “Il punteggio finale è di conseguenza espresso in quarantesimi e costituisce il punteggio di ammissione alla prova orale”.
Per avere dei riferimenti sui contenuti delle prove e i relativi programmi, suddivisi per disciplina, si deve invece fare un passo indietro. E andare a leggere l’art. 6 del bando, che riporta contenuti e programmi delle prove al decreto ministeriale del 21 settembre 2012, n. 80, oltre che all’allegato 3 dello stesso bando. Chi lo fa potrà verificare la presenza di diversi macro-argomenti. La cui vastità non farà certo piacere a candidati che si apprestano a svolgere le prove di febbraio. Per loro non rimane altro che iniziare a studiare. E anche bene, visto che ad oggi sono ancora presenti candidati in quantità ben superiore (circa otto volte) rispetto al numero (fisso) di quelli che prenderanno l’agognato ruolo.

Ma era possibile superare la selezione seguendo le regole ministeriali?

da Tecnica della Scuola

Ma era possibile superare la selezione seguendo le regole ministeriali?
di Daniela Girgenti
A seguito dell’articolo pubblicato sull’ultimo numero della Tecnica e quello redatto su questo sito da Pasquale Almirante ho ricevuto decine di e mail di lettori che mi hanno espresso la loro “solidarietà”. Ed è a questi lettori “svantaggiati” che dedico il racconto della mia avventura da candidata “infiltrata”.
Naturalmente, non mi ero presentata alla selezione per andare ad insegnare (avrei potuto farlo trent’anni fa) ma solo per capire il funzionamento della prova che sin dall’inizio mi è sembrata davvero demenziale.
Così come ho scritto nell’articolo, mi sono “allenata” solo con i mezzi messi a disposizione 19 giorni prima dal Miur e cioè con l’esercitatore ministeriale.
I 50 quesiti presentati, così come lo sono stati agli esami, erano in sequenza: 18 di logica, 18 di comprensione del testo, 7 di informatica e 7 di lingua straniera.
Ad ogni domanda, venivano fornite 4 risposte di cui, ovviamente, solo una giusta. Ma il problema non stava solo nella difficoltà delle domande che spaziavano dalle equazioni ai principi di fisica, dall’insiemistica agli indovinelli enigmistici, quanto nel fatto che una volta finita la prova (si avevano a disposizione 50 minuti per le 50 domande) il sistema ti diceva quante domande avevi azzeccato (in verde), quante ne avevi sbagliato (in rosso), ma non ti mostrava la risposta giusta.
Cosicché andavi avanti alla cieca senza renderti conto dei tuoi errori, senza poterti confrontare con altri (i quesiti erano 3.500 in totale) e senza poter capire se avevi sbagliato tu la risposta o era già errata in partenza.
Tutto questo meccanismo è stato elaborato dagli alti dirigenti del Miur per “evitare che gli aspiranti memorizzassero i quesiti”. Come se fosse possibile in 19 giorni mandare a memoria senza capirli migliaia di domande. E poi, anche se questo fosse successo, quanti candidati (dotati di memoria sicuramente eccezionale) sarebbero stati in grado di farlo: 1.000, 2.000? E per una così piccola percentuale si toglie alle altre centinaia di migliaia la possibilità di apprendere dai propri errori che è poi il principio base dell’insegnamento?
Inoltre, gli esami si sono svolti al computer privi di tastiere, perché tra le domande di informatica ce ne erano alcune che ne riguardavano l’uso (ad esempio quale lettera viene dopo la Q nella tastiera italiana). Mi chiedo, ma anziché togliere le tastiere rendendo a tutti (aspiranti e preposti al controllo) la vita difficile, non era più semplice togliere i quesiti che ne riguardavano l’uso?
Non mi soffermo più sulle assurdità di questi test di cui si è già tanto parlato, ma vorrei porre alcune domande al ministro Profumo.
Prima domanda: Chi ha superato le prove, ne sono certa, non ha utilizzato solo l’esercitatore ministeriale, ma si è servito di altri strumenti presenti su internet, dove oltre ai quesiti erano fornite anche le risposte giuste.
Così come segnalato in altro articolo, c’è stata, infatti, una vera e propria fuga di notizie a poche ore dalla messa in linea dell’esercitatore e il Ministero non ha potuto far nulla per evitarlo (siamo ancora in attesa di sapere che fine ha fatto l’ispezione della Polizia postale sulla “talpa” che ha fatto uscire (o li ha venduti?) i test a distanza di pochi minuti dalla loro pubblicazione. Come è finita? E per quale motivo, il Ministero dopo il furto non ha deciso di cambiare tattica e di fare lo stesso, dando a tutti la possibilità di conoscere le risposte giuste?
Seconda domanda: perché il Ministro non ha fornito a nessuno, neanche ai sindacati l’intera batteria dei test, con le relative risposte corrette, come previsto dal bando? Facendo così non ha dato a nessuno la possibilità di controllare il contenuto dei test né di capire se i quesiti somministrati ai candidati erano gli stessi di quelli contenuti nell’esercitatore.
Terza domanda:come sono state assegnate le sedi e le relative postazioni?
Un’ultima considerazione: chi si è mosso nella legalità, come la sottoscritta, senza navigare in siti pirata ma solo servendosi dell’esercitatore aveva probabilità vicino allo zero di superare la prova e quindi è stato fortemente penalizzato e svantaggito rispetto a chi che non ha rispettato le regole.
Desidererei avere delle risposte, come regalo di Natale, se non dal Ministro da coloro che hanno predisposto questa prima fase di selezione.
Infine grazie a chi mi ha scritto e come me è stato bocciato. Nessun aspirante ammesso alle prove successive, sino ad oggi mi ha inviato una riga. Spero che mi racconti la sua esperienza.
Comunque, auguri a tutti e in bocca al lupo a chi ce l’ha fatta!

daniela.girgenti@tecnicadellascuola.it

22 dicembre: arrivano le prime risposte degli ammessi e qualche commento degli esclusi.

Pensionamenti 2013 per i lavoratori della scuola. Guida ragionata

da Tecnica della Scuola

Pensionamenti 2013 per i lavoratori della scuola. Guida ragionata
di Giovanni Sicali
Mentre la circolare Inps n.131/2012 è valida per tutti i pensionandi d’Italia, i lavoratori della conoscenza – aspiranti all’agognata pensione – devono tenere conto della C.M. MIUR n. 98 del 20 dicembre 2012 prot. n. AOODGPER 9733 avente per oggetto: D.M. n 97 del 20 dicembre 2012. Cessazioni dal servizio dal 1° settembre 2013. Trattamento di quiescenza – Indicazioni operative
Il decreto ministeriale stabilisce la data del 25 Gennaio 2013 entro la quale il personale della scuola può presentare la domanda di cessazione dal servizio.
Il 25 gennaio di ogni anno è dedicato alla conversione di Saulo-San Paolo oltre che essere il giorno di chiusura dell’ottavario di preghiere per l’unità dei Cristiani… Ma questo ricordo lo lasciamo ai credenti. Per tutti gli altri, l’invito è a segnare a chiare lettere sul calendario il 25 gennaio 2013 ultimo giorno utile per produrre la domanda di quiescenza.
Tutti coloro che potevano andare in pensione il 1°/9/2012 possono pensionarsi l’1/9/2013. Difatti la circolare 98/2012 stilata a chiare lettere dal direttore generale Luciano Chiappetta dice che i requisiti posseduti al 31 dicembre 2011continuano ad essere validi. “Per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità i requisiti sono di 60 anni di età e 36 di contribuzione o 61 anni di età e 35 di contribuzione, maturati entro il 31 dicembre 2011. E, fermo restando il raggiungimento della quota 96, i requisiti minimi che inderogabilmente devono essere posseduti alla suddetta data, senza alcuna forma di arrotondamento, sono di 60 anni di età e 35 di contribuzione. L’ulteriore anno eventualmente necessario per raggiungere la “quota 96” può essere ottenuto sommando ulteriori frazioni di età e contribuzione (es. 60 anni e 4 mesi di età, 35 anni e 8 mesi di contribuzione). Il diritto al trattamento pensionistico di anzianità si consegue altresì , indipendentemente dall’età, in presenza di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a 40 anni maturato entro il 31 dicembre 2011. I requisiti utili per la pensione di vecchiaia sono di 65 anni di età per gli uomini e 61 di età per le donne, con almeno 20 anni di contribuzione. (15 per chi è in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1992) se posseduti entro la data del 31 dicembre 2011. Per le donne che optano per la pensione liquidata con il sistema contributivo rimane in vigore l’art. 1, comma 9, della L. 243/04 che prevede il requisito di almeno 57 anni di età e una contribuzione pari o superiore a 35 anni. In tal caso, tuttavia,ai fini del conseguimento del diritto al trattamento di pensione dal 1° settembre 2013 i requisiti anagrafici e contributivi devono essere stati conseguiti entro il 31 dicembre 2012. Tali lavoratrici sono destinatarie, infatti, della finestra di cui all’articolo 1, comma 21, della L. 148/2011.
Si ribadisce che, secondo quanto previsto dai commi 3 – seconda parte- e 14 dell’art. 24 della legge 22/11/2011 n.214 e specificato nella circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 2 dell’8 marzo 2012, tutti coloro che hanno maturato i requisiti di cui sopra, entro il 31 dicembre 2011, rimangono soggetti al regime previgente per l’accesso e per la decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia e di anzianità e non sono soggetti, neppure su opzione, al nuovo regime sui requisiti di età e di anzianità contributiva, fermo restando che si applica anche a loro il regime contributivo pro-rata per le anzianità maturate a decorrere dal 1/1/2012. Ne consegue che il personale che alla data del 31 dicembre 2011 ha maturato i requisiti per l’accesso al pensionamento vigenti prima del DL n. 201 del 2011 (sia per età, sia per anzianità contributiva di 40 anni indipendentemente dall’età, sia per somma dei requisiti di età e anzianità contributiva – cd. “quota”), e compie i 65 anni di età entro il 31 agosto 2013 dovrà essere collocato a riposo d’ufficio (salvo trattenimento in servizio)”.
Per tutti coloro che non rientrano nei requisiti sopra descritti e vogliono accedere alla quiescenza dall’1/9/2013 le regole da applicarsi sono le seguenti:
Per la pensione di vecchiaia il requisito anagrafico è di 66 anni e 3 mesi compiuti entro il 31 agosto 2013 (collocamento d’ufficio) o, a domanda entro il 31 dicembre 2013 in virtù della disposizione prevista dall’art. 59, coma9 della L.449/97, sia per gli uomini che per le donne, con almeno 20 anni di anzianità contributiva. La pensione anticipata, rispetto a quella di vecchiaia, potrà conseguirsi , a domanda, solo al compimento di 41 anni e 5 mesi di anzianità contributiva, per le donne, e 42 anni e 5 mesi per gli uomini da possedersi entro il 31 dicembre 2013, senza operare alcun arrotondamento. Va ricordato, in proposito, che per i dipendenti con età inferiore a 62 anni la norma prevede una penalizzazione”.
In conclusione, se repetita juvant, la domanda: “Chi potrà andare in pensione l’1/9/2013?” trova la seguente risposta sintetica (pubblicata già nel n.9 della Tecnica della Scuola online, alle pagg.18-19).
Ovviamente potranno pensionarsi coloro che (pur non avendo fatto richiesta di pensionamento) avevano già maturato i requisiti previsti dalla vecchia normativa al 31/12/11 e cioè per tre condizioni: – per “vecchiaia” chi aveva 65 anni e almeno 20 di contributi; – per “anzianità” con 40 anni di contributi a prescindere dall’età oppure per aver raggiunto quota 96 (almeno 60 anni e 36 di servizio o 61 e 35 di contributi).
Per tutti gli altri, la riforma prevede: (A) per la pensione di Vecchiaia che al 31/8/2013 abbiano 66 anni se uomini o 62 se donne; (B) per la pensione anticipata, al 31/8/2013 abbiano 42 anni e 5 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne. Per “anticipare” la pensione occorreranno almeno 62 anni di età pena una lieve riduzione economica nella percentuale del 2% per ogni anno prima dei 60 e dell’1% dopo.
Inoltre: dall’1/9/2013 si può subire la cessazione dal servizio da parte dell’Ufficio (ma con preavviso scritto): se nati prima dell’1/9/1947 con 20 anni di contributi, oppure con 15 svolti prima del 1/1/1993; se nati tra l’1/9/1947 e il 31/8/1948 ed entro il 31/12/2011 abbiano già maturato i requisiti della precedente normativa (cioè 35 anni di contributi).
Coloro i quali, pur ricevendo la comunicazione di pensionamento di Ufficio, volessero rimanere in servizio dovranno fare domanda scritta. Difficilmente l’Ufficio accoglierà le richieste data la crisi economica in atto. Ricordiamo infine che, le donne con 61anni di età e 20 di già al 31/12/11, continuano ad avere diritto ad andare in pensione secondo le vecchie regole senza penalizzazioni di sorta. E, sempre fino al 2015, le donne che abbiano 57 anni e 35 di contributi possono optare per il pensionamento ma accettando il trattamento solo contributivo, che risulta però economicamente sfavorevole per le forti riduzioni percentuali.

Irregolarità al concorso? In Abruzzo parte la denuncia della UilScuola

da Tecnica della Scuola

Irregolarità al concorso? In Abruzzo parte la denuncia della UilScuola
di A.D.F.
Dalla regione Abruzzo si ventilano possibili irregolarità nella prova preselettiva del cosiddetto concorsone: prove corrette via intranet e concorrenti già in possesso dei test? Investita la Procura.
L’irregolarità procedurale reale o presunta che sia, sembra essere una costante degli ultimi concorsi gestiti dal MIUR, partendo dal concorso per Dirigenti scolastici arrivando a quello per docenti.
L’attuale concorso a cattedra non fa eccezione, infatti, le notizie che giungono dalla regione Abruzzo raccontano di possibili irregolarità nella prova preselettiva del cosiddetto concorsone.
Irregolarità che possono sfociare nell’azione illecita, quando si sospetta e si denuncia alla Procura della Repubblica competente per territorio di prove corrette attraverso la rete intranet, ma soprattutto quando si afferma che alcuni candidati erano in possesso dei test della preselettiva una settimana prima della pubblicazione ufficiale da parte del ministero.
Nell’esposto che il sindacato UIL scuola Abruzzo ha presentato alla Procura della Repubblica e alla Polizia Postale si parla di irregolarità, di raccomandazioni, di segnalazioni e di fuga di notizie. La stessa fuga di notizie che fu denunciata il primo settembre 2011 riguardante la batteria dei test a risposta multipla valida per la preselezione del concorso a Dirigenti scolastici.
Oggi nel concorso a cattedra sappiamo che su 327.798 aspiranti docenti attesi se ne sono presentati 264.423, di cui solo 88.610 candidati pari al 33,5% sono stati ammessi alla fase concorsuale successiva. Una percentuale che identifica una preselezione severa e che proprio per questo motivo non doveva essere sminuita da esposti come quello della UIL scuola Abruzzo.
Ricordando che nel concorso per Dirigenti scolastici analogo esposto alla Polizia Postale non ebbe alcun riscontro mediatico nella sua definizione, l’augurio è che in questo caso sia data maggior informazione sulle fasi successive dell’indagine conoscitiva. Per maggiori informazioni sull’esposto UIL scuola Abruzzo.

Quali sono i doveri del docente durante le assemblee d’Istituto dei ragazzi?

da Tecnica della Scuola

Quali sono i doveri del docente durante le assemblee d’Istituto dei ragazzi?
di Lucio Ficara
In alcune scuole i dirigenti hanno concesso per il 22 dicembre l’ultima assemblea d’Istituto dell’anno, anche per scambiarsi gli auguri. È utile ricordare quali sono i doveri del docente durante lo svolgimento dell’assemblea d’Istituto e soprattutto quali sono i comportamenti da adottare qualora si fosse deciso di sospendere le attività didattiche.
Cominciamo con il dire che l’organizzazione e la vigilanza durante le assemblee d’istituto competono in via esclusiva al comitato studentesco o al presidente dell’assemblea e che comunque, al dirigente scolastico come specificato dalla circolare ministeriale n. 312/1979 e dall’art. 14 D.lgs. n. 297/94, spetta l’obbligo di intervenire in caso di necessità. Per cui il Ds, quale titolare dell’organizzazione dell’attività scolastica avvalendosi anche dei docenti fiduciari ai quali possono essere delegati specifici compiti come previsto dall’art. 25 n. 5 D.Lgs. n. 165/2001, è tenuto ad intervenire quando, in qualsiasi modo, venga a conoscenza che ricorrano gli estremi previsti dalla Legge per un suo intervento, che potrebbe giungere anche al limite di sospendere l’attività assembleare.
Bisogna ricordare, per principio di correttezza ,che non esiste nessun obbligo normativo da parte dei docenti, in caso di concessione di assemblea d’Istituto, che imponga loro di rispettare il regolare orario di servizio personale , rimanendo a disposizione nei locali della scuola, anche dopo che gli alunni sono usciti dalla scuola per rientrare a casa. Ci viene segnalato infatti che qualche dirigente ha scritto, incautamente, in circolari interne alla propria scuola , che esisterebbe tale obbligo di legge, asserendo quanto segue: “ai sensi del comma 8 art. 13 D. l.vo 297/94 all’assemblea di istituto possono assistere oltre al dirigente o suo delegato, i docenti che lo desiderino, i quali, sono comunque tenuti a rispettare l’orario personale, rimanendo a disposizione nei locali del liceo”.
È bene sapere che l’art.13 comma 8 prevede invece esattamente quanto segue: “non possono aver luogo assemblee nel mese conclusivo delle lezioni. All’assemblea di classe o di istituto possono assistere, oltre al preside od un suo delegato, i docenti che lo desiderino” e non è scritto da alcuna parte che i docenti sono tenuti a rispettare l’orario personale, rimanendo nei locali della scuola. Non si comprenderebbe, del resto a quali compiti didattici o di funzione all’insegnamento gli insegnati sarebbero chiamati ad assolvere in un giorno in cui le lezioni sono sospese. A supporto di tali convinzioni ci sono sentenze di giurisprudenza amministrativa, che hanno definitivamente chiarito quanto segue: “non è ipotizzabile per i docenti l’obbligo della semplice presenza nella scuola indipendentemente dall’impegno in attività programmate”; “non è consentito imporre al singolo insegnante obblighi di semplice presenza nella sede della scuola, i quali avrebbero carattere meramente formale, senza alcuna utilità per l’amministrazione” Consiglio di Stato n. 173/88, conforme: Tar Lazio n. 888/86. Insomma ne abbiamo abbastanza per dire che il Ds non può obbligare il docente a rimanere a scuola, quando l’attività didattica è sospesa. Questo dice la normativa vigente, altra cosa è lo spirito collaborativo dei docenti, che con particolare sensibilità e senso deontologico spontaneo, garantiscono la propria presenza fin quando gli alunni terminano l’assemblea e lasciano la scuola per fare rientro a casa.

Per imparare la matematica serve la motivazione

da tuttoscuola.com

Per imparare la matematica serve la motivazione

Uno studio pubblicato dalla rivista Child Development delle università tedesche di Monaco e Bielefeld sostiene che il successo in matematica a scuola non dipende da quanto uno studente è intelligente (l’intelligenza aiuta solo nella fase iniziale dell’apprendimento della matematica), ma da quanto è motivato e da quanto studia.

I ricercatori hanno studiato i dati di 3520 studenti delle superiori in Germania, determinandone l’abilità matematica insieme alle motivazioni e l’intelligenza. Dallo studio è emerso che il quoziente intellettivo è strettamente legato al successo in matematica solo all’inizio dello sviluppo della competenza, mentre successivamente la motivazione e il tempo di studio diventano i fattori più importanti, e l’intelligenza diventa trascurabile.

Secondo gli autori della ricerca “Questo suggerisce che le competenze matematiche possono essere acquisite con l’educazione e che programmi specifici per aumentare la motivazione potrebbero essere molto efficaci”.

ANP-Microsoft: premiati docente e classe dell’anno

da tuttoscuola.com

Alla presenza del ministro Profumo e del sottosegretario Ugolini
ANP-Microsoft: premiati docente e classe dell’anno

Sono stati assegnati ieri a Roma, alla presenza del ministro dell’istruzione Francesco Profumo e del sottosegretario Elena Ugolini,  i premi della quarta  edizione dell’Iniziativa “ANP per l’innovazione”,  realizzata da ANP per diffondere l’uso delle tecnologie informatiche nell’ambito dell’insegnamento,  stimolando i docenti a condividere i propri progetti educativi all’interno di una comune piattaforma di collaborazione.

La giuria ha preso in esame materiali didattici realizzati dai docenti, insieme alle loro classi, per rendere più efficace l’insegnamento. Come è tradizione tutti i partecipanti hanno potuto usufruire di materiali di approfondimento all’interno  di ambienti collaborativi messi a disposizione da Microsoft nella Community online ‘Apprendereinrete’.

Questi i vincitori nelle diverse sezioni previste:

Docente dell’anno: Cristofaro Sorrentino, Docente dell’I.C. “Dante Alighieri” Meldola (FC), che ha realizzato il progetto “Edmodo: l’apprendimento diventa multimediale, collaborativo, divertente e ‘social’ con il microblogging!”

Classe Digitale: Classi della Scuola Primaria C. Branda Castiglioni – Castiglione Olona (VA)  coordinate dall’insegnante Monica Albertin, che hanno realizzato il progetto:  “Hazzardus 7- Una sfida sui numeri romani”.

Il Docente dell’anno si è aggiudicato uno stage all’estero di una settimana, presso una scuola che fa uso didattico delle tecnologie in modo innovativo, per effettuare un’esperienza diretta in un paese diverso, per confrontare le metodologie di lavoro ed acquisire competenze utili per l’attività professionale.

Alla scuola cui appartengono le  classi vincitrici per la categoria Classe Digitale è stata assegnata  una Lavagna Interattiva Multimediale Promethean completa di videoproiettore integrato e di un breve corso per l’avvio all’uso.

La premiazione di questa iniziativa è ormai un appuntamento per l’Associazione e per la scuola. L’interesse e la partecipazione, insieme alla qualità sempre più elevata dei progetti presentati, – ha dichiarato Giorgio Rembado, presidente dell’ANP – sono testimonianza di quanto sia importante valorizzare i professionisti della scuola, portando in luce e premiando coloro che, con impegno e dedizione, si adoperano costantemente per migliorare la qualità della didattica e favorire risultati di apprendimento più elevati”.

A sua volta Rita Tenan, Direttore Public Sector Microsoft Italia, ha sottolineato che “l’impegno per la scuola è una delle priorità di Microsoft in Italia: è necessario che tutti gli attori coinvolti, in particolare i dirigenti scolastici e gli insegnanti, abbiano la possibilità e gli strumenti per raggiungere l’eccellenza in ambito didattico e realizzare una vera scuola 2.0”.

Il Protocollo d’intesa con ANP permette di realizzare azioni congiunte di formazione e sensibilizzazione del corpo insegnanti, ha proseguito Tenan, “per un utilizzo sempre più consapevole, sicuro e innovativo della tecnologia all’interno del percorso didattico. Grazie alla nostra community Apprendere in Rete, i docenti e i dirigenti avranno anche la possibilità di confrontarsi e di condividere le proprie esperienze, così da essere sempre aggiornati e informati sulle innovazioni in campo didattico”.

Non siamo maturi per l’Autonomia

NON SIAMO MATURI PER L’AUTONOMIA

di Gian Carlo Sacchi

 

Il termine della legislatura impone uno stop a tutti i provvedimenti, ma la ripresa dell’attività parlamentare potrebbe essere abbastanza rapida; un lasso di tempo utile ad un’approfondita riflessione in merito a quanto si è registrato sulla stampa e nei movimenti dell’opinione pubblica, soprattutto giovanile, da consegnare magari ad altri parlamentari per proseguire un lavoro indispensabile all’ammodernamento della governance degli istituti scolastici.

Un armamentario burocratico fermo a più di quarant’anni fa, centrato sulla rappresentanza, ma non sull’autonomia, che in tutti questi anni si è dimostrato sempre più carente nella reale partecipazione.

Lo scorrere del tempo ha visto il riconoscimento dell’autonomia scolastica con il conferimento della personalità giuridica alle scuole, che tuttavia necessitano ancora di adeguata rappresentanza; la riorganizzazione della funzione dirigenziale come ruolo di garanzia pubblica, tra la comunità e l’istituzione (se il dirigente scolastico deve essere un leader educativo nessuno lo nega, ma trattasi di un problema pedagogico); il riordino costituzionale del sistema in senso decentralistico fino ad arrivare al federalismo fiscale.

Insomma la scuola rimane una parte della Repubblica, presente nella riforma del titolo quinto della Costituzione, svolge la sua “funzione” sul versante della promozione culturale e della crescita delle persone, ma lo fa a partire dal territorio nel quale opera, integrandosi con le altre risorse educative presenti, ricercando soluzioni didattiche, organizzative, e di sviluppo professionale autonome, in grado cioè di ricercare efficacemente il raggiungimento degli obiettivi/standard istituzionali, per i quali verrà sottoposta a valutazione.

Abbiamo abbondantemente sperimentato che l’uguaglianza delle opportunità non vuol dire omogeneità nell’azione, il che nel nostro Paese ha contribuito ad aumentare la disequità. Autonomia dunque non è ulteriore squilibrio, il che si otterrebbe con la privatizzazione, ma è il tentativo di andare verso un riequilibrio se lo Stato svolgesse compiti di indirizzo e di verifica, stabilendo i “livelli essenziali delle prestazioni”, e lasciasse la gestione alle realtà del territorio: al “sistema delle autonomie” locali, sulla quale innestare una robusta professionalità garantita dallo stato stesso ma amministrata dalle regioni e degli “organici di istituto” e di rete.

E’ qui che ha preso forma la proposta di legge sull’autogoverno degli istituti scolastici, con buone intensioni bipartisan, ben presto però abbandonata da tutti, approvata in sede legislativa dalla Commissione cultura della Camera. Non vogliamo prestarci ad inutili insinuazioni sulle etichette che le sono state attribuite (ex Aprea….), ma semplicemente far presente che la personalità giuridica si è rivelata insufficiente per garantire autonomia alle scuole e che è “l’autogoverno” il dispositivo che può consentire loro di poter interpretare ed agire nella realtà, rimanendo ben salde nel sistema nazionale, il quale però non ha provveduto ad applicare i nuovi indirizzi costituzionali.

E’ rischioso e complicato mettere le scuole in una prospettiva statutaria, ma perché allora si è fatta la battaglia a difesa dell’autonomia statuaria delle università contro il centralismo gel miniano: sono diversi gli obiettivi politici ? L’elaborazione di uno statuto non deve essere la copiatura un facsimile ministeriale, ma il rilancio della partecipazione, delle giuste garanzie a tutte le rappresentanze nell’orizzonte di una collaborazione per la realizzazione di un’efficiente comunità che sappia interagire con la più ampia comunità sociale e civile, come già avevano affermato i decreti del 1974. L’inserire persone esterne negli organi di governo fa parte di questo dialogo (si pensi al peso che dovrebbero avere i comitati scientifici nell’istruzione tecnica e professionale e le Fondazioni che stanno alla base degli Istituti Tecnici Superiori), così come ricercare risorse sul territorio, cosa peraltro che già avviene, in un regime anche di sgravi fiscali. Tutto ciò non turba gli equilibri interni, che rimangono ancorati alle componenti fondamentali della comunità stessa.

Lo Stato deve offrire la possibilità, con una legge che rientra in quelle che il predetto titolo quinto considera “norme generali sull’istruzione”; sono gli statuti a declinare l’identità ed a fornire l’indirizzo della scuola. L’inghippo purtroppo c’è ancora ed è dato dagli strumenti di controllo degli atti, di vigilanza sugli organi e dai vincoli di bilancio, questi fanno ancora parte dell’ancien regime.

E’ dall’interno della scuola che si deve agire non solo per garantire (criterio paritetico e presidenza dell’organo di indirizzo ad un rappresentanze dei genitori) ma per motivare le componenti al pieno esercizio delle loro prerogative, in primis favorendo la libertà di insegnamento ed investendo sulla qualità della stessa. Statuto e regolamenti fondano i presupposti per l’esercizio del “patto” educativo tra docenti, studenti, famiglie e comunità locale.

La possibilità di realizzare assemblee degli studenti stessi è prevista dall’art. 7 del provvedimento, insieme ad altre iniziative che già da oggi sono alternative ad esse, ma che comunque devono rimanere nel dominio degli organi di governo della scuola stessa.

L’organizzazione didattica è resa più flessibile, sia in sede di progettazione che di valutazione, in modo da ruotare più attorno agli alunni che non ad ipotetiche classi, alle competenze che non alla media dei voti delle discipline, in coerenza con le caratteristiche di profili in uscita previsti dallo Stato, presenti nelle indicazioni nazionali per i diversi gradi e indirizzi scolastici e sulla base delle linee didattiche, educative e valutative definite dal consiglio dei docenti.

Se pensiamo all’introduzione di nuclei di valutazione delle scuole e non semplicemente del servizio
dei docenti, allora bisogna davvero realizzare l’autonomia, altrimenti si otterranno delle sovrastrutture, mentre è necessario, proprio anche per le direttive che vengono fornite dallo stesso Governo per il sistema nazionale di valutazione, collegare la valutazione interna con quella esterna. Un rapporto ed una giornata di comunicazione dei risultati del lavoro scolastico saranno strumenti e momenti di un sempre più importante “bilancio sociale”.

La legge contiene per la prima volta nel nostro ordinamento un percorso che garantisce la rappresentanza delle scuole autonome, a livello locale e via via fino a quello nazionale. Il Capo secondo ci offre una modalità di rappresentazione e di funzionamento di un sistema integrato dove lo Stato, le Regioni e le scuole autonome mettono in atto relazioni di sostegno e sviluppo del nostro sistema nazionale, articolato sui territori, con l’impegno di tutelare la libertà di insegnamento, l’autonomia delle stesse istituzioni scolastiche e la qualità complessiva della scuola italiana. Da qui trae origine tutta la legislazione regionale “concorrente”, così come previsto dal più volte citato titolo quinto.

Si potrà in tal modo valorizzare il contributo delle associazioni delle scuola autonome, che già si sono costituite spontaneamente, con maggiore capacità propositiva delle semplici reti di servizio, controllate ancora dall’amministrazione scolastica.

Questo è il percorso che potrà offrire definitivo consolidamento all’autonomia selle scuole e le porrà in dialogo con le autonomie territoriali per quanto riguarda più in generale i servizi educativi, scolastici e formativi, in una prospettiva europea.

Certo migliorare è sempre possibile, ma speriamo che riparta tra breve l’iter per giungere ad una nuova governance. Sarà bene tuttavia non confondere questo problema particolare, ancorché di importanza strategica, con tutti i guai che oggi affliggono la nostra scuola e che sono state la causa scatenante di tante proteste nelle quali è entrata a fare bellicosa mostra l’ex Aprea.

Si è anche sentito sparare su questo testo e dire di volere l’autonomia, ma la contraddizione vera sta da un lato nel confondere autonomia con privatizzazione, che qui non si vuole, e dall’altro nell’indebolire la cultura delle autonomie locali, compresa quella scolastica, appoggiando la spending review del Governo che si consacra oltremodo centralista.

Attendiamo i nuovi parlamentari, ma a giudicare dai tanti pezzi di autonomia rimasti incompiuti si può pensare davvero che non siamo maturi.