LA SPOLIAZIONE DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA e LE FARNETICAZIONI DI FARAONE

LA SPOLIAZIONE DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA e LE FARNETICAZIONI DI FARAONE

L’ultima chicca è del sottosegretario del MIUR Davide Faraone: “I dirigenti
scolastici non devono essere dei manager, ma dei sindaci della comunità
scolastica!” Ed è una posizione che si sposa con una proposta di legge d’iniziativa
popolare, che sta velocemente circolando nelle scuole e sulla stampa, affiancata
dai resuscitati alfieri del preside elettivo e sostenuta dalla CGIL Scuola, il più
forte sindacato di comparto, nel mentre CISL, UIL e SNALS restano defilati, se
non completamente silenti: il che è a dire che, a chi – grazie al mirabile
autolesionismo dei colleghi – cumula un tasso di rappresentatività della categoria
pari al 53,84% (dati ultima rilevazione ARAN 31/12/2011) , e quindi può fare e
disfare le carte, della dirigenza scolastica non gliene può fregar di meno! A breve
l’ARAN pubblicherà i dati della rappresentatività del prossimo triennio e
verificheremo come ha reagito la categoria. Se chi la tradisce sarà ancora
premiato bisognerà solo recitare il mea culpa e scoprire un antidoto contro
l’autolesionismo con obbligo di vaccinazione.
E difatti, con il pretesto di liberarla dalle molestie burocratiche che la
astringono, la si vuole spogliare di tutte quelle competenze di tipo gestionale e
organizzativo, costituenti il connotato tipico di ogni dirigenza, sino a proporre –
con piena coerenza, perché c’è una logica in questa follia – l’abrogazione secca
dell’articolo 25 del D. LGS 165/01, punto o poco preoccupandosi che in tal modo
si disintegra l’intero assetto dell’autonomia scolastica, peraltro
costituzionalizzata, e di cui nella predetta proposta di legge non vi è la minima
menzione. Di modo che il risorto preside, completamente svincolato da ogni
incombenza burocratico-amministrativa-contabile-negoziale, in una parola
gestoria e organizzatoria, possa esclusivamente dedicarsi al coordinamento della
didattica, secondo un modello già superato dai decreti delegati degli anni Settanta
(cfr. art. 3 del D.P.R. 417/74, ora trasfuso nell’art. 396 del D.LGS 297/94) e
risalente al Regio decreto 30.04.1924, n. 965, artt. 10 ss.: di un soggetto
preposto alla conduzione – collegiale – della struttura didattica e –
gerarchicamente sottoposto al provveditore – alla struttura amministrativa
dell’istituto, con funzioni di sovraintendenza al buon andamento didattico,
educativo e amministrativo.

DIRIGENTISCUOLA ha contestato e contesta simili farneticazioni, siano
esse il frutto di ingenuità, di aperta malafede e/o di disegno “criminoso” teso a
giustificare l’attuale miserevole retribuzione, quand’anche sembrino
astrattamente una plausibile reazione nei confronti di chi tende alla completa
omologazione della dirigenza scolastica con la dirigenza amministrativa, secondo
il mantra per cui l’unica dirigenza vera è quella burocratica, garante della sola
legittimità formale degli atti e della regolarità delle procedure, ciò è a dire legata
alla cultura dell’esatto adempimento.
Questa la logica schizzata: chi dirige un ufficio che cura pratiche e
produce carte è un vero dirigente e merita una retribuzione da dirigente; chi,
invece, dirige una istituzione scolastica che, oltre a curare pratiche e produrre
carte, trasmette formazione e cultura, forma persone e cittadini, prepara le future
generazioni non può essere retribuito come un dirigente perché, in realtà è solo
un coordinatore della didattica, un tam quam non esset al punto che può essere
eletto dal collegio dei docenti! Solo delle persone ideoligizzate e/o completamente
ignare dell’attuale ruolo del dirigente scolastico o, peggio, ancora, ancorate ai
ricordi della propria esperienza scolastica, può fare simili farneticanti
affermazioni.
E’ ben vero che, con progressione geometrica, il dirigente scolastico è
stato, ed è, sempre più assorbito da compiti e responsabilità, a volte
necessariamente ed ineludibilmente strumentali alla sua precipua funzione
fondamentale e istituzionale, a volte e più spesso del tutto inconferenti e
inutilmente ultronei, con personale esposizione a pesanti sanzioni, anche di
natura penale. Non per questo però – senza arrivare addirittura all’assurdità
poc’anzi rimarcata – è necessario riscriverne il profilo strutturale e funzionale,
perché già disciplinato dal diritto positivo. Semmai sarebbe opportuno licenziare
un testo ricognitivo che sollevi i tanti interpreti dalla fatica di ricavare in via
ermeneutica la norma dal complesso delle disposizioni disseminate
nell’ordinamento giuridico di settore e generale, con esiti, inevitabilmente,
controversi per definizione. Giusto per richiamare velocemente alla memoria
quelli di più diretta e ricorrente afferenza, possono menzionarsi il D.LGS 165/01
e s.m.i.; il D.P.R. 275/99, Regolamento dell’autonomia; il D.LGS 297/94, in
materia di competenze degli organi collegiali che vanno ad incrociarsi con quelle
che, per ius superveniens, sono ora da ritenersi intestate al dirigente scolastico
e/o attribuite alla fonte negoziale; il Regolamento di contabilità delle istituzioni
scolastiche autonome, di cui al D.I. 44/01; i Contratti collettivi nazionali di
lavoro, posto che gli stessi siano ora legittimati, sia pure in modo surrettizio, a
dettare norme di organizzazione o, addirittura, di status, dopo l’avvenuta
emanazione del D. LGS 150/09, c.d. Riforma Brunetta.
Nell’ambito dei preannunciati, a brevissimo termine, testi normativi di
attuazione del programma La buona scuola e del DDL Madia, la riscrittura in
parola dovrebbe realizzare un sapiente mix imperniato su tre misure.
La prima è quella della creazione di un middle management all’interno di
ogni istituzione scolastica, vale a dire di figure professionali intermedie dotate di
competenze specialistiche o specializzate, sia sul versante della didattica (le
vecchie e mai nate figure di sistema?) che sul versante amministrativostrumentale,
ivi stabilmente incardinate (e previamente formate), tutte
differenziate funzionalmente e non collocate lungo un’impropria catena
gerarchica, operanti con precise responsabilità, prevalentemente su direttive del
dirigente scolastico, unico rappresentante legale e unico soggetto di imputazione
esterna. Per il primo aspetto sembrerebbero materializzarsi nel mondo del diritto
il docente mentor, di supporto della didattica, e il docente quadro intermedio, di
supporto organizzativo. Per il secondo aspetto, invece, si prospetta una
desertificazione del c.d. ufficio di segreteria, peraltro tuttora affidato a soggetti
professionali di incerta qualificazione, spesso con grave pregiudizio per il regolare
funzionamento delle istituzione scolastiche, siccome provenienti da percorsi
domestici pseudo concorsuali, senza che a tutt’oggi sia stata attivata la rigorosa
procedura di cui da ultimo è parola nelle Tabelle A e B allegate al CCNL Scuola.
Basterebbe rispondere a una sola domanda: Quanti degli attuali DSGA – oltre ad
aver superato un regolare concorso ordinario – sono in possesso di una laurea
specialistica in Giurisprudenza?, o in Scienze politiche, sociali e amministrative?,
o in Economia e commercio o titoli equipollenti?
La seconda misura è la valorizzazione dell’ art 8 del citato disegno di legge
1577, che dal generale contenitore o genus di Pubblica amministrazione,
estrapolando la species denominata Amministrazioni di istruzione e cultura, a tal
fine distinte dalle Amministrazioni statali, cancelli l’automatismo di cui è parola
nell’art. 1, comma 2 del D. LGS 165/01, che – salvo un’espressa previsione di
legge di segno contrario – oggi impone alle istituzioni scolastiche l’applicazione
automatica di disposizioni pensate per realtà ben più consistenti e/o aventi più
ampi raggi di azione ovvero differenti missioni.
Infine, e sempre contestualmente, si dovrebbero costituire ambiti
territoriali ottimali, sul modello delle reti di scuole ex art. 7, D.P.R. 275/99. Gli
stessi dovrebbero specializzarsi – con il concorso di adeguate risorse
attualmente allocate presso i resuscitati o esumati, sotto mentite spoglie,
provveditorati agli studi e/o attingendo dal personale in esubero in altre
amministrazioni pubbliche – per gli adempimenti amministrativi di carattere
seriale, pure necessari, così rendendo servizi più professionali alle istituzioni
scolastiche, decongestionate di tutte quelle procedure inerenti – l’elenco è parziale
e sbrigativo – la formazione e gestione delle varie graduatorie per i supplenti, le
attività contrattuali necessarie per la provvista di servizi, beni e forniture, la
complessa gestione dei progetti comunitari, gli adempimenti fiscali, tutta quella
serie di monitoraggi richiesti incessantemente, et similia, a prescindere da un
credibile avvio e dall’implementazione del processo di dematerializzazione.
DIRIGENTISCUOLA – da tempo e prima che dormienti sigle, sottoscrittrici
di tutti i contratti della vergogna, si inducessero, da ultimo, a indirizzare lettere
aperte ai dirigenti delle scuole solo per continuare a prendere in giro la categoria
– ritiene essere questo un plausibile percorso per assicurare la dovuta dignità alla
dirigenza scolastica e, del pari, idoneo a realizzare la tanto conclamata autonomia
scolastica, sino ad ora tenuta quiescente dal pactum sceleris tra le
sovraremunerate burocrazie ministeriali – dal doppio al quadruplo rispetto ai
cirenei pezzenti che quotidianamente si spendono in trincea – e le parassitarie
corporazioni sindacali. Un patto favorito dall’inerzia del Legislatore, di certo non
sollecitato dalla colpevole rassegnazione della categoria, renitente ad agire in
proprio e adusa a stimare conveniente affidarsi all’improbabile benevolenza altrui!
Il dubbio sorge spontaneo, asseriva Lubrano. Perché un sottosegretario
alla P.I., peraltro incompetente o ignorante in materia, un perito chimico che a 40
anni ancora non riesce a laurearsi in Scienze Politiche, sposa la tesi obsoleta
della CGIL?
Fino a quanto a farneticare era la CGIL non ci faceva caso più nessuno
tanto erano anacronistiche le nostalgiche farneticazioni, che ora a sostenere
quelle obsolete e scelerate tesi sia un sottosegretario di Stato alla P.I., non può
che destare sospetti e non può lasciare indifferenti. Ci permettiamo, anche per
motivi anagrafici e grazie all’esperienza maturata sul campo in 30 anni di
dirigenza, di consigliare al Sottosegretario Faraone di ricordare che quando parla
in veste ufficiale e come uomo di Governo farebbe bene a informarsi prima e a
misurare le parole, non fosse altro per non contraddire il Suo stesso Capo del
Governo che non perde occasione per affermare che il Dirigente Scolastico è un
dirigente tanto quanto se non più degli altri dirigenti. Oppure Renzi ha cambiato
idea e sonda le reazioni della categoria tramite un Suo delfino? Di certo un
dirigente scolastico non avrebbe alcuna difficoltà a dirigere un ufficio con cinque
dipendenti o a fare il Sottosegretario di Stato alla P.I. Quanti dirigenti
dell’amministrazione e/o Sottosegretari di Stato, sarebbero capaci di dirige una
scuola con tutte le responsabilità e le competenze che abbiamo sintetizzato, da
anni, nell’allegata tabella e che consigliamo al sottosegretario Faraone di leggere
attentamente.
Non è per caso, caro sottosegretario, che ogni tanto bisogna spararne una
grossa, tipo l’esternazione che le occupazioni delle scuole (un reato tollerato per
troppo tempo, una devastazione delle strutture pubbliche, una interruzione di un
pubblico servizio) fanno crescere e maturare (… la delinquenza, il disprezzo della
cosa pubblica, delle istituzioni, ecc…!!!), per apparire, per far si che si parli di
“Noi, anche male, purché si parli”?
Vogliamo augurarci che il Presidente Renzi smentisca le affermazioni del
sottosegretario Faraone, così come ha già fatto in altre occasioni, e noi saremo
tutti felici di ammettere che abbiamo capito male.

TABELLA CONFRONTO COMPETENZE DIRIGENTI II FASCIA

SETTIMANA CORTA, RESIDUI ATTIVI E TEMPO SCUOLA

SETTIMANA CORTA, RESIDUI ATTIVI E TEMPO SCUOLA
GUIDA PER GENITORI DA A.GE. TOSCANA

E’ giusto chiudere la scuola il sabato? Si possono avere classi a 36 ore? Come fare per recuperare i finanziamenti statali bloccati nei ‘residui attivi’? “E’ incredibile vedere quante situazioni sul filo dell’illegittimità emergono facendo consulenza ai genitori, ed è per questo che abbiamo pensato di mandare alcune coordinate fondamentali ai genitori impegnati nei Consigli d’istituto, che sono gli organi di governo nelle scuole -dichiara Rita Manzani Di Goro, presidente dell’Associazione genitori A.Ge. Toscana- Certo non si può fare di ogni erba un fascio, ci sono tantissimi istituti scolastici che conoscono approfonditamente la normativa e la applicano con scrupolo. La situazione però è davvero a macchia di leopardo e non si può mai sapere quali sorprese ci può riservare la scuola di nostro figlio”.

SETTIMANA CORTA – Occorre tenere presente che l’unico organo competente a decidere in merito alla chiusura del sabato è il Consiglio d’istituto (art. 10 D. Lgs. 297/1994). Per svolgere il suo compito al meglio, dovrà sentire non solo il parere del Collegio dei docenti, ma anche quello delle famiglie e, per la scuola superiore, degli studenti. Le aspirazioni al risparmio degli enti locali, pur meritorie, debbono rimanere un elemento di contorno.

”Il nostro parere è che la settimana corta può andare benissimo per la scuola primaria e quella dell’infanzia –dichiara Jachen Gaudenz, presidente di A.Ge. Arcipelago toscano e referente scuola di A.Ge. Toscana- ma già per la scuola media occorre fare un sondaggio per coinvolgere le famiglie nella decisione. Alle superiori poi è indispensabile sentire gli studenti, che passando da 6 a 5 giorni di scuola si troverebbero a fronteggiare un maggior carico di lavoro: più ore di lezione consecutive con un minimo di 6 ore e un rientro pomeridiano e fino a tre pomeriggi nei professionali, con maggiori disagi per gli studenti pendolari”.

CLASSI FUNZIONANTI A 26 E A 36 ORE – Se nella vostra scuola esistono delle classi di scuola primaria che funzionano a 26 ore (pari a 27 mensa compresa) ovvero a 36 o 38 ore, sappiate che quello è un vero e proprio abuso. La circolare sulle iscrizioni (n. 51 del 18.12.2014) e il D.P.R. 89/2009 sono molto chiari in proposito: gli orari ammessi sono 24, 27, fino a 30, 40 ore settimanali. Qualsiasi altra struttura oraria è illegittima. Gli organi collegiali della scuola non possono adottare delibere che stabiliscano diversamente.

SORTEGGIO – Sempre la circolare n. 51 del 18.12.2014, ammonisce i Consigli d’istituto a deliberare e rendere pubblici, prima dell’avvio delle iscrizioni, i criteri di precedenza per l’ammissione alla scuola. Tali criteri dovranno rispondere a principi di ragionevolezza quali ad esempio la vicinanza dell’abitazione alla scuola o gli impegni lavorativi dei genitori. “In quest’ottica, l’eventuale adozione del criterio dell’estrazione a sorte rappresenta l’estrema ‘ratio’ a parità di ogni altro criterio”.

ADOZIONE DEL PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA – Capita non di rado che nei Consigli d’istituto si chieda di approvare il POF a ‘scatola chiusa’, magari perché “l’ha già approvato il Collegio dei docenti”. Tutto ciò è assolutamente illegittimo: consigliamo a tal proposito di prendere visione del Regolamento dell’autonomia scolastica DPR 275/99 e in particolare della sintesi ad uso dei genitori disponibile sul nostro sito agetoscana.it nella rubrica Documenti scaricabili, unitamente alla scheda “Piano dell’offerta formativa: tempi e modi di attuazione”. REGOLA GENERALE: Non si approva nulla che non si sia potuto prima esaminare con la dovuta attenzione.

RESIDUI ATTIVI – La secca smentita del Ministero, subito a ridosso della notizia che i famigerati “residui attivi”, ossia i crediti che le scuole vantano nei confronti dello Stato, sarebbero stati radiati (ossia cancellati) per sempre, ha rincuorato molti Consigli d’istituto. A essere pignoli nella nota 18780 del 22 dicembre 2014 lo avevano detto davvero che: “Attesa la attuale situazione finanziaria di bilancio dello Stato e in considerazione della vetustà temporale di ‘residui attivi’ che risultano ancora iscritti nei bilanci di diverse istituzioni scolastiche , si auspica che con progressiva e ragionata programmazione gli stessi possano essere radiati nell’ambito della autonoma gestione amministrativo contabile e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente, tramite mirate delibere dei consigli d’istituto”.

La smentita però ci dà fiducia e allora vediamo cosa dobbiamo fare:
1 – riesumare i residui attivi spostandoli dall’aggregato Z01 alle schede di bilancio, dove potranno essere impegnati e spesi;
2 – inviare ‘flussi di cassa mensili’ che riportino effettivamente residui attivi (di cui si attende il finanziamento promesso) e non un ammasso indistinto di Z01 – Risorse da destinare;
3 – approfittare dei monitoraggi del Ministero in cui si richiede di dettagliare l’esistenza dei residui attivi (li hanno effettuati già due volte e alcune scuole più coraggiose hanno ottenuto indietro fino a 250.000,00 euro);
4 – utilizzare i fondi per la “sofferenza finanziaria”, elargiti già a fine 2013 e a fine 2014, e un po’ più malvolentieri anche i fondi provenienti dalla Legge 440 e destinati a spese per il funzionamento (D.M. 21.05.2014, n. 351), per ripianare i residui attivi esistenti in bilancio.

Non dobbiamo dimenticare che i ‘residui attivi’ non sono altro che finanziamenti per stipendi, esami di maturità ecc. (ossia spese di pertinenza dello Stato) promessi anni fa e mai giunti alle scuole. Per far fronte alle spese, le scuole hanno utilizzato tutto ciò che avevano: fondi dei comuni o provenienti da progetti, ma soprattutto il contributo volontario dei genitori. Occorre quindi far sì che i soldi ‘prestati’, tornino al mittente e vengano utilizzati a favore dei nostri figli e della didattica.
Nel dubbio, potete consultare le due lapidarie circolari ministeriali n. 312/2012 e 593/2013, disponibili sul nostro sito agetoscana.it alla rubrica Contributo volontario dei genitori.

L’Associazione genitori A.Ge. Toscana da 16 anni tiene gratuitamente corsi di formazione per genitori eletti nei Consigli di classe e d’istituto. Sul sito www.agetoscana.it è possibile trovare approfondimenti su Contributo volontario, funzionamento degli Organi collegiali, privacy ed altro ancora.
La consulenza è illimitata e gratuita per i propri soci; è inoltre possibile ottenere gratuitamente risposta a quesiti di interesse generale nel gruppo aperto di Linkedin “Genitori a scuola di partecipazione”.

‘Protocolli in Rete’, boom di domande per il primo bando

‘Protocolli in Rete’, boom di domande per il primo bando
933 le scuole partecipanti, on line elenco delle 54 beneficiarie
Ogni classe riceverà 25 Tablet e una Lim

Sono 18 primarie e 36 secondarie di I grado le 54 scuole che hanno ottenuto la fornitura di una lavagna interattiva multimediale e 25 tablet nell’ambito dell’avviso relativo al progetto “Smart Future”, pubblicato a seguito del protocollo d’intesa tra il Miur e Samsung.

L’avviso è stato pubblicato lo scorso 20 gennaio sul portale “Protocolli in Rete”, la vetrina attivata dal Ministero dell’Istruzione per raccogliere iniziative che favoriscano la diffusione dell’innovazione digitale nelle scuole.

Quest’oggi, all’indirizzo http://www.istruzione.it/ProtocolliInRete/, è stato pubblicato l’elenco degli istituti beneficiari. Complessivamente, dal 26 gennaio al 9 febbraio, sono pervenute al Ministero 933 domande di partecipazione all’avviso per il progetto “Smart Future”: un numero 17 volte superiore a quello previsto dall’offerta. L’iniziativa prevedeva, infatti, l’assegnazione di tecnologie digitali per  54 classi.

A livello regionale, è stata la Lombardia a far registrare la partecipazione più ampia con 207 domande (a fronte di 8 forniture messe a disposizione per la stessa Regione). La distribuzione territoriale evidenzia l’adesione più alta al Nord (51% di domande). Seguono Centro (25%) e Sud e Isole (24%).

L’ampia e tempestiva partecipazione delle scuole al primo degli avvisi resi pubblici dal Miur attraverso la vetrina di “Protocolli in Rete”, rappresenta per il Ministero un segnale importante del desiderio delle scuole italiane di innovarsi e di sperimentare nuove soluzioni per la didattica. Costituisce, inoltre, un apprezzamento, da parte di docenti e dirigenti scolastici, per questa nuova procedura informatizzata snella e trasparente messa in atto dal Miur per creare un canale di comunicazione e di interazione con il tessuto produttivo.

Contratti di lavoro al 31 agosto anche sugli spezzoni

Pioggia di risarcimenti grazie ai ricorsi ANIEF: necessario stipulare contratti di lavoro al 31 agosto anche sugli spezzoni se il posto risulta vacante

 

Il Tribunale del Lavoro di Arezzo bacchetta il MIUR sugli spezzoni orario ed emana tre sentenze di identico tenore in cui dichiara illegittimi i termini di ben 14 contratti di lavoro stipulati dal MIUR al 30 giugno di ogni anno su posto vacante, disponendone l’estensione al 31 agosto con relativa condanna al pagamento in favore dei nostri iscritti di tutte le mensilità non corrisposte. Grazie allo straordinario lavoro dei legali Fabio Ganci e Walter Miceli, viene nuovamente confermata l’illiceità dell’operato del MIUR; l’ANIEF invita tutti i precari che ricoprono o hanno ricoperto posti vacanti a ricorrere immediatamente per ottenere l’estensione del proprio contratto dal 30 giugno al 31 agosto di ogni anno.

 

L’Avvocato Simona Fabbrini, legale di fiducia dell’ANIEF sul territorio, forte dell’esperienza consolidata nel settore della normativa scolastica, ha agevolmente dimostrato in udienza che i posti ricoperti dai nostri iscritti erano senza ombra di dubbio vacanti, e il Giudice lo conferma rilevando che tale presupposto risulta anche deducibile “implicitamente dalla memoria di costituzione di parte convenuta, la quale ha allegato la natura non vacante dei posti con argomentazioni – inerenti il fatto che il servizio fosse stato prestato per un numero di ore inferiore a quello dell’orario di cattedra – che non assumono rilievo, posto che anche gli “spezzoni di orario” valgono a formare i posti vacanti”. Di conseguenza, in corretta applicazione del D.M. n. 131 del 2007 (Regolamento per il conferimento delle supplenze al personale docente ed educativo ai sensi dell’articolo 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124), le sentenze ribadiscono che il Ministero, “in ragione della natura dei posti assegnati, era tenuto ad assumere la ricorrente con contratti a tempo determinato aventi scadenza al 31 agosto di ciascun anno”.

 

In accoglimento dei tre ricorsi patrocinati dai legali ANIEF, dunque, il Giudice condanna il Ministero dell’Istruzione a corrispondere le retribuzioni che i nostri iscritti avrebbe percepito per la prosecuzione del rapporto di lavoro dal 1° luglio fino al 31 agosto di ciascun anno scolastico, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme mensilmente rivalutate dalla maturazione al saldo, con conseguente condanna a carico del MIUR soccombente a rimborsare le spese di lite, liquidate, per le tre sentenze, nel complessivo importo di € 4.500, oltre rimborso spese al 15%, i.v.a. e c.a. come per legge.

 

L’ANIEF invita tutti i lavoratori della scuola che ricoprono o hanno ricoperto posti vacanti e disponibili a dire NO agli abusi perpetrati dal MIUR e a ricorrere al Giudice del Lavoro per ottenere la corretta estensione dei propri contratti di lavoro a tempo determinato e segnala che è ancora possibile aderire al ricorso per vedersi riconoscere il proprio giusto diritto al contratto di lavoro fino al 31 agosto di ogni anno scolastico con le relative mensilità che il Ministero dell’Istruzione ha sempre, e illegittimamente, negato loro.

Punteggio al servizio militare svolto non in costanza di nomina

Il Tribunale di Gela dà ragione all’ANIEF: illegittime le disposizioni ministeriali che negano l’attribuzione del punteggio al servizio militare svolto non in costanza di nomina

 

Riaperta la stagione dei ricorsi ANIEF avverso le illegittime disposizioni ministeriali sull’attribuzione dei punteggio nelle Graduatorie a Esaurimento, ricominciano le sconfitte per il Ministero dell’Istruzione: il Giudice del Lavoro di Gela dà ragione agli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Giancarlo Longo disponendo l’attribuzione del punteggio del servizio militare di leva prestato non in costanza di nomina in favore di un nostro iscritto.

 

Il Giudice accerta l’orientamento costante della giurisprudenza ottenuto grazie anche alla grande professionalità dei legali ANIEF sia in sede di legittimità sia di merito e rileva che “il punteggio derivante dal servizio militare prestato vada riconosciuto anche quando effettuato non in costanza di nomina”. Ricordando l’art. 485 comma 7 del d.lgs 297/1994 (Testo Unico sulla scuola), statuisce espressamente che il servizio è valido a tutti gli effetti di legge, la sentenza rileva come “proprio l’esistenza di siffatta norma, speciale per il settore in questione, comporta l’illegittimità dell’art. 2, comma 5, del D.M. n. 44/2011 che, discostandosi dal chiaro disposto della fonte primaria, costituita dal d.lgs. 297/1994, ha limitato la valenza del servizio militare di leva con l’aggiunta del requisito dello svolgimento in costanza di servizio”.

 

Stante la portata generale della norma primaria, il Giudice ritiene senza dubbio che “il riconoscimento del servizio militare debba essere applicato anche alle graduatorie di accesso all’insegnamento, onde evitare che chi abbia assolto ad un obbligo, si trovi poi svantaggiato nelle procedure selettive” e accoglie il ricorso ANIEF dichiarando “il diritto del ricorrente all’attribuzione del punteggio relativo al servizio di leva prestato non in costanza di nomina nelle graduatorie in cui è inserito disponendo che l’amministrazione scolastica competente provveda alla relativa attribuzione”. MIUR condannato alla rifusione delle spese di lite commisurate in € 2.000 oltre Iva, cpa e spese generali nella misura del 15%.

Il MIUR non può sindacare sulla volontà del docente di spostamento dei 24 punti SSIS

Vittoria ANIEF presso il GdL di Siena: il MIUR non può sindacare sulla volontà del docente di spostamento dei 24 punti SSIS

 

Sentenza esemplare di pieno accoglimento quella ottenuta dall’ANIEF presso il Tribunale del Lavoro di Siena in cui viene ribadito il diritto, per i docenti pluriabilitati, allo spostamento del bonus premiale SSIS di 24 punti da una classe di concorso all’altra. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Simona Fabbrini danno ulteriore prova della loro indiscussa professionalità ottenendo piena conferma anche dell’immissione in ruolo del nostro iscritto, conseguita sin dal 2011 proprio in virtù di tale spostamento riconosciuto in via cautelare, che il MIUR aveva più volte, e pervicacemente, cercato di revocare.

 

Il Giudice, in pieno accoglimento delle tesi sostenute dall’ANIEF, rileva che la normativa secondaria invocata dal MIUR “per il diniego opposto al docente (art. 2, co. 3, d.m. 12/5/2011, n. 44,in riproduzione dell’art. 3, co. 2, d.m. 8/4/2009, n. 42), non può ritenersi attuativa della legge (art. 1, co. 4-quater d.l. 2009/n. 134, conv. 2009/n. 167) che, con carattere di indubbia eccezionalità per la compressione di un diritto finalizzato alla assunzione lavorativa, “non consente modificare la scelta già precedentemente effettuata in merito all’attribuzione del punteggio per i servizi prestati in relazione ad una o più specifiche graduatorie”: i servizi prestati, ma non l’attribuzione di punteggio non correlato, quale quello per l’abilitazione conseguita presso le SSIS, a servizi prestati, sebbene ad esso equiparato”.

 

La sentenza conferma che non sussiste una norma con forza primaria che ponga un limite o un divieto “alla scelta del docente di attribuire ed eventualmente spostare il punteggio in parola” e chiarisce che, anzi, il docente deve poter scegliere “secondo la personale valutazione del proprio insindacabile interesse, al fine del collocamento in posizione più vantaggiosa per l’ottenimento di supplenze annuali o la stessa immissione in ruolo”, rilevando – come sostenuto in udienza dai legali ANIEF – che lo stesso Decreto Ministeriale di aggiornamento delle GaE prevede che “Nell’ipotesi di più abilitazioni conseguite a seguito della frequenza di un unico corso, l’intero punteggio spetta per una sola abilitazione, a scelta dell’interessato” e che questo è “il solo, ragionevole, limite, nel momento in cui si ribadisce la centralità volitiva del docente”.

 

Il Giudice del Lavoro accoglie senza riserve, dunque, il ricorso patrocinato dai legali ANIEF e accerta il diritto del docente all’attribuzione del punteggio aggiuntivo di 24 punti nella classe concorsuale di interesse, “con efficacia retroattiva e definitiva”, di conseguenza confermando la sua immissione in ruolo e condannando il Ministero convenuto al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 3.000 oltre accessori.

Scuole pubbliche o solo statali?

Associazione TreeLLLe

Regione Lombardia

Convegno di presentazione della ricerca
“Scuole pubbliche o solo statali? Per il pluralismo dell’offerta: Francia, Olanda, Inghilterra, USA e il caso Italia”
Palazzo Lombardia – Auditorium Testori
Piazza Città di Lombardia 1 – Milano
2 marzo 2015 – Ore 14.30 – 17.30
Apre i lavori
VALENTINA APREA – Assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro di Regione Lombardia
Saluti istituzionali
DELIA CAMPANELLI – Direttore Generale USR per la Lombardia
Relazioni
ANTONINO PETROLINO – già Dirigente scolastico e Presidente ESHA (European School Heads Association)
Il caso USA (Charter School) e il caso Paesi Bassi
CLAUDE THELOT – già Presidente della Commissione per il “Débat national sur le futur de l’éducation en France” e del “Haut Conseil de l’évaluation de l’école”
Il caso Francia: le scuole “sotto contratto di associazione”
PETER MATTHEWS – Visiting Professor Institute of Education, University of London
Il caso Inghilterra: le Academies
ROSARIO DRAGO – già Ispettore tecnico dell’istruzione e Consigliere MIUR
Il caso Italia: le scuole paritarie
ATTILIO OLIVA – Presidente Associazione TreeLLLe
Considerazioni conclusive
Interventi
MARIA GRAZIA COLOMBO – già Presidente AGESC
LUIGI BERLINGUER – già Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca
DAVIDE FARAONE – Sottosegretario all’Istruzione
Conclusioni VALENTINA APREA

Per partecipare al convegno è necessario iscriversi al seguente link entro il 26 febbraio:
http://37.9.234.253/dettaglio-evento?id=6&cod=RL00

Alle elementari più spazio a musica, educazione fisica e inglese, alle superiori a economia e arte

da Il Sole 24 Ore

Alle elementari più spazio a musica, educazione fisica e inglese, alle superiori a economia e arte

di Eugenio Bruno

Potenziamento di musica, educazione fisica e inglese alle elementari e di storia dell’arte, diritto ed economia alle superiori. Estensione ai licei dell’alternanza scuola-lavoro e aumento da 100 a 400 ore nel triennio della sua diffusione negli istituti tecnici e professionali. Sono alcuni degli interventi per potenziare le competenze degli studenti che emergono dalle bozze di un decreto scuola per il resto ampiamente monopolizzato dalle misure per il corpo docente: una su tutte la stabilizzazione di oltre 100mila precari con annesso maxi-indennizzo per alcuni di loro (su cui si veda Il Sole 24 Ore di ieri).

Venerdì (forse) in Consiglio dei ministri
Eppure i primi articoli del Dl – che è atteso venerdì sul tavolo di Palazzo Chigi ma che potrebbe slittare al Cdm del 4 marzo vista l’esigenza di far tornare i conti sulle coperture – sono dedicati proprio al potenziamento, sin dalle primarie, di alcuni insegnamenti. Si parte dalla musica, che potrebbe guadagnare un’ora in quarta e quinta elementare. E, passando per l’educazione fisica e l’utilizzo di un docente «esperto» (un laureato in scienze della formazione primaria con l’abilitazione in educazione motoria), si arriva alle lingue straniere. Che significano soprattutto adozione della metodologia Clil per insegnare in lingua inglese le altre discipline. E ciò per due ore a settimana in quinta elementare dall’anno scolastico 2015/2016 e poi anche in quarta dal 2016/2017.

Tornano le compresenze dei docenti
Queste misure prese nel loro complesso porterebbero a un ripristino (almeno di fatto) della compresenza abolita dalle riforma Gelmini. A cui si sommerà il potenziamento di storia dell’arte, diritto ed economia nelle secondarie di II grado.Per realizzarle si attingerà ai circa 60mila precari (secondo le stime del sottosegretario Davide Faraone) che verranno assunti dalle graduatorie a esaurimento per far partire l’organico funzionale. Uno strumento che per elementari e medie sarà a disposizione del singolo dirigente scolastico alla guida dei plessi comprensivi mentre per le superiori dovrebbe essere organizzato sulla base di reti di scuole.

Alternanza scuola-lavoro
E veniamo all’alternanza scuola-lavoro. Due le novità principali contenute nel testo. Da un lato, l’estensione ai licei dei periodi di formazione on the job fino a un massimo di 200 ore. Contemporaneamente negli istituti tecnici e professionali si passerà dalle 100 ore attuali a 400 nel triennio (e non 600). Con la possibilità, nei territori a bassa industrializzazione, di svolgerla nelle Pa che sottoscriveranno uana convenzione ad hoc.

Il governo non chiuderà le Gae

da ItaliaOggi

Il governo non chiuderà le Gae

Nel dl le graduatorie ad esaurimento sopravvivono per infanzia e altre classi di concorso

Alessandra Ricciardi

A pochi giorni dal varo del decreto legge sulla Buona scuola, arriva il contrordine: le graduatorie ad esaurimento non saranno più tutte chiuse nel 2015 come inizialmente annunciato. I docenti precari che vi sono iscritti non rientreranno, solo perché targati Gae, nel mega piano assunzionale del governo. L’indicazione che emerge tra Palazzo Chigi e viale Trastevere è che (si vedano le anticipazioni di Italia Oggi) le immissioni in ruolo devono rispondere al reale fabbisogno della scuola, seppure misurato non sui parametri ad oggi utilizzati per le assegnazioni ma prevedendo docenti in surplus da utilizzare per le sostituzioni e per l’ampliamento dell’offerta formativa. Cancellati organico di diritto e di fatto, si costituirà così il nuovo organico dell’autonomia. Che alla primaria si tradurrà, per esempio, nel ripristino per alcune ore del doppio maestro. Insomma, sarà fatta una scrematura, in modo da assumere non solo i docenti utili in base alla classe di concorso ma anche quelli che stanno lavorando o hanno lavorato nelle scuole. Una scrematura che si baserà sul punteggio detenuto in graduatoria e che dovrebbe tenere fuori chi è in fondo alla classifica e che aveva aspettative assunzionali del tutto residuali.

Nell’elenco dei docenti delle Gae che non entrano nel piano assunzionale, ci sono i precari delle classi di concorso non più attive, così come i docenti in ampio eccesso rispetto alle disponibilità di cattedre. Per questi le Gae resteranno ancora aperte. Il caso più eclatante è quello della scuola dell’infanzia, dove meno di 10 mila candidati dovrebbero entrare nel piano 2015 rispetto a una platea tripla. Il ragionamento è che comunque si tratta di un tasso assunzionale di quasi dieci volte superiore rispetto alle immissioni che si sarebbero realizzate con il normale turn over.

Secondo le stime che sono state fatte dai tecnici del ministero dell’istruzione, in alcune regioni del Sud per assumere il primo candidato dell’ultimo 40% di una graduatoria a esaurimento dell’infanzia servirebbero in media dai 10 ai 40 anni scorrendo le liste con gli attuali tassi. Immettere in ruolo 10 mila precari subito è comunque una svolta.

Il governo si è deciso al cambio di passo sulle Gae dopo aver verificato che in caso contrario si sarebbero avuti docenti in esubero, assai difficili da impiegare, e al tempo stesso classi di concorso, per cui c’è effettivo fabbisogno, scoperte. Scremando la lista, tra Gae e vincitori /idonei dell’ultimo concorso, il piano assunzionale dovrebbe fermarsi a quota 125mila. Resterebbero coperti finanziariamente dalla legge di stabilità altre 23 mila assunzioni. Tutte da destinare in aggiunta al contingente del prossimo concorso nel quale si prevede una corsia preferenziale per i docenti delle graduatorie di istituto che hanno lavorato con contratti di durata annuale negli ultimi 4-6 anni. Per i precari di istituto sembra dunque sfumata l’ipotesi di un’immissione ope legis, la strada del concorso è ritenuta dai tecnici insuperabile. Seppure con gli accorgimenti del caso.

Il pacchetto scuola non è però ancora chiuso. Sui 36 articoli della bozza di decreto legge resta la verifica del ministero dell’economia e soprattutto il controllo di Palazzo Chigi, chiamato a contemperare le esigenze tecniche con quelle politiche. L’annuncio iniziale di chiudere tutte le Gae può anche essere smentito, non può esserlo l’obiettivo dello stop al precariato. Nel giro di due anni, è l’imperativo, a scuola si dovrà lavorare sui posti vacanti e disponibili solo per concorso.

Autonomia economica modello 5×1000

da ItaliaOggi

Autonomia economica modello 5×1000

Renzi: servono bilanci trasparenti

Emanuela Micucci

Dal 2016 autonomia economica alle scuole. Ma i bilanci devono essere trasparenti. L’annuncio arriva direttamente dal premier Matteo Renzi, domenica, al convegno sulla Buona Scuola organizzato dal Pd a Roma per un anno del suo governo. «Daremo autonomia alle scuole in futuro, spero dal 2016, anche dal punto di vista economico», spiega Renzi, «stiamo mettendo appunto un meccanismo serio, sul modello del 5×1000, nel quale ciascun genitore e cittadino nella dichiarazione dei redditi indica la singola scuola. A condizione», aggiunge, «che la scuola abbia un bilancio trasparente». «Un meccanismo che – sottolinea – sta funzionando per il volontariato, dove le richieste sono in overbooking, e che dovrà essere pensato per la cultura e la scuola». Un meccanismo che si andrebbe ad affiancare al contributo volontario che i genitori già danno alla scuola del figlio al momento dell’iscrizione e che non verrebbe eliminato. Un meccanismo che, inoltre, guardando all’esperienza del 5×1000, pone una serie di interrogativi.

Le scuole, con il contributo volontario, possono contare su soldi immediatamente disponibili e facilmente stimabili. Cittadianzattiva nel 2013 ha quantificato, per la prima volta, in circa 390 milioni di euro i finanziamenti che gli istituti ricevono annualmente dalle famiglie sotto forma di contributo volontario o donazioni di materiali e beni da parte delle famiglie, senza i quali non potrebbero tirare avanti. Quasi la stessa cifra, 391milioni, che nel 2012 le circa 33mila realtà del non profit si sono spartite dal meccanismo del 5×1000, con cui ciascun contribuente decide di donare i propri soldi in proporzione al suo reddito al volontariato o agli enti ricerca scientifica o alle attività sociali dei comuni o alle società sportive dilettantistiche. Nel meccanismo ora dovrebbero entrare anche le scuole. Con il rischio di una guerra tra poveri per accaparrarsi i fondi. Ma anche con le scuole che, ultime arrivate, partono in forte svantaggio. Infatti, gli italiani finora hanno preferito il terzo settore, a cui destinano i 2/3 dell’interno 5×1000, seguito dagli enti di ricerca. Molto dopo si trovano i comuni, che raccolgono 10 volte in meno rispetto alla ricerca. La maggior parte dei soldi finisce sempre nelle casse dei gruppi più grandi e meglio organizzati. Chi guadagna di più è chi ha i donatori più ricchi. Altro problema, i tempi lunghi prima di vedere i denari: «Passano anche 2 o 3 anni», sottolinea Pietro Barbieri, portavoce del Forum del Terzo Settore.

Assunzioni, incognita mobilità

da ItaliaOggi

Assunzioni, incognita mobilità

Per le nuove immissioni, nessun vincolo geografico e trasferimenti bloccati per tre anni. Cambiare scuola sarà necessario anche per gli aumenti

CArlo Forte

Cambiare sede non più solo per avvicinarsi alla famiglia. La mobilità dell’era Renzi porrà in cima alla classifica la ricerca del posto fisso e degli aumenti di stipendio. Secondo gli annunci fatti dal governo sulle nuove immissioni in ruolo, in attesa di trovare conferma nel testo del decreto legge sulla Buona scuola al consiglio dei ministri di venerdì prossimo, non seguiranno più la logica territoriale delle graduatorie provinciali a esaurimento. Agli aspiranti docenti aventi titolo assunzione a tempo indeterminato, infatti, saranno offerte cattedre lì dove risulteranno ubicate le disponibilità. A prescindere dalle province (e dalle regioni) dove gli aspiranti abbiano presentato la domanda. E non sarà considerato un limite nemmeno la classe di concorso.

Per agevolare ulteriormente l’individuazione delle disponibilità, laddove non sarà possibile assumere i docenti nella classe di concorso per la quale hanno i titoli, sarà loro offerta l’immissione in ruolo in classi affini. Ma per ritornare a casa dovranno comunque seguire le regole previste per la mobilità a domanda. Regole che, giova ricordarlo, non sono state scritte al tavolo negoziale da amministrazione e sindacati, ma direttamente dal legislatore. Si veda a questo proposito l’articolo 15 comma 10 bis del D.L. 104/2013. Che non può essere derogato dalla contrattazione collettiva, perché nel 2009, la legge 15 ha cancellato tale facoltà. Pertanto, chi sarà immesso in ruolo fuori provincia, con effetti a far data dal 1° settembre 2015, non potrà presentare la domanda di trasferimento per ritornare nella provincia di residenza per tre anni. Sempre che, nel frattempo, la legge non subisca ulteriori modifiche (prima il limite di permanenza era di 5 anni). Fin qui la mobilità ai fini delle immissioni in ruolo e la disciplina dei trasferimenti interprovinciali di chi otterrà l’immissione in ruolo dal prossimo 1° settembre.

E poi c’è la mobilità dei docenti di ruolo in generale. Che almeno per quest’anno non dovrebbe subire modifiche. Non fosse altro per il fatto che il ministero dell’istruzione sta già lavorando alle funzioni per consentire agli interessati di presentare le domande. E la relativa ipotesi di contratto è stata sottoscritta il 26 novembre scorso.

Ma dal prossimo anno dovrebbe essere prevista un’ulteriore opzione: il passaggio dall’insegnamento su cattedra all’organico funzionale. Secondo gli annunci del governo, tale passaggio dovrebbe consentire al docente interessato di essere svincolato dall’insegnamento curriculare. La sua funzione, infatti, dovrebbe essere quella di sostituire i colleghi assenti e di svolgere il lavoro al quale si dedicano attualmente i collaboratori del dirigente. A ciò va aggiunta un’ulteriore opzione: il trasferimento finalizzato alla maturazione degli scatti di carriera. Il governo, infatti, ha intenzione di abbassare l’importo dello stipendio dei docenti, cancellando gli adeguamenti retribuitivi legati al crescere dell’anzianità di servizio. Stando a quanto si è saputo, nella nuova progressione di carriera, l’anzianità di servizio dovrebbe assumere un ruolo marginale. Mentre a farla da padrone dovrebbe essere il cosiddetto merito. Ciò determinerà l’attribuzione degli aumenti solo ad alcuni. E quindi chi resterà fuori dovrà necessariamente ritentare cambiando scuola, sperando di essere più fortunato.

Fino ad oggi, non sono stati ancora resi noti i provvedimenti che dovrebbero fissare la nuova disciplina retribuiva dei docenti. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, però, le nuove regole non saranno scritte al tavolo negoziale, ma direttamente dal governo.

E dunque, l’esecutivo starebbe sul punto di dare il colpo di grazia al contratto collettivo di lavoro dei docenti. Dopo i colpi micidiali inferti dalla legge 15/2009 e dal decreto Brunetta, infatti, l’unica materia che era rimasta saldamente ancorata al tavolo negoziale era la disciplina delle retribuzioni.

E dunque, se il governo interverrà per legge anche su questo, la contrattazione collettiva andrà in pensione definitivamente

Via chi ha raggiunto i limiti d’età, dalla pensione non si scappa più

da ItaliaOggi

Via chi ha raggiunto i limiti d’età, dalla pensione non si scappa più

La circolare della madia: entro il 28 febbraio la notifica dei dirigenti

Nicola Mondelli

Ennesimo tentativo del ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, di favorire condotte omogenee da parte delle pubbliche amministrazioni nell’applicazione delle più recenti modifiche legislative intervenute in materia di soppressione dell’istituto del trattenimento in servizio e di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro.

Con la circolare n. 2 del 19 febbraio 2015 il ministro Madia ha infatti fornito una serie di indicazioni sulle modalità di applicazione delle novità legislative, sia con riferimento all’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio oltre l’età pensionabile, che alla disciplina della risoluzione unilaterale del rapporto. Che l’intervento del ministro fosse necessario, soprattutto con riferimento al comparto scuola, lo dimostra la sollecitudine con la quale alcuni uffici scolastici territoriali hanno immediatamente portato a conoscenza dei dirigenti scolastici i contenuti della circolare ministeriale con l’invito perentorio a darne immediata applicazione per quanto di loro competenza.

Per i dirigenti scolastici i chiarimenti contenuti nella circolare ministeriale impongono l’emissione di provvedimenti che devono essere posti in essere perentoriamente entro sabato prossimo, 28 febbraio. È entro questa data, infatti, i dirigenti scolastici dovranno fare pervenire ai docenti e al personale Ata interessati, ancorché in servizio con contratto a tempo indeterminato, il preavviso di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con effetto dal 1° settembre 2015. Un preavviso notificato successivamente sarebbe nullo e non produrrebbe gli effetti, indicati in premessa, voluti dal legislatore. Nei soli confronti del personale della scuola il preavviso di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro non è utilizzabile in qualsiasi momento, come avviene invece, per gli altri pubblici dipendenti, ma solo entro e non oltre il 28 febbraio, conditio sine qua non per accedere al trattamento pensionistico che nei confronti del personale della scuola può decorrere solo dal primo giorno dell’anno scolastico successivo a quello di cessazione dal servizio.

Presupposto per la risoluzione unilaterale è il possesso del requisito contributivo richiesto dalla normativa vigente – decreto legge 201/2011 e successive modificazioni – per il conseguimento della pensione anticipata( nel 2015, 42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 anni e sei mesi per le donne). Il ministro Madia ribadisce che il personale della scuola che ha maturato il requisito per l’accesso al pensionamento entro il 31 dicembre 2011 rimane invece soggetto al regime previgente. Nei confronti di questo personale l’amministrazione scolastica potrà pertanto legittimamente esercitare il recesso al raggiungimento del 65° anno di età entro il 31 agosto 2015, nonché al conseguimento dell’anzianità contributiva di 40 anni di servizio. In tutti i casi, la eventuale decisione di risolvere il rapporto di lavoro deve essere motivata con riferimento alle esigenze organizzative dell’istituzione scolastica.

Altra conferma è la persistente abrogazione/soppressione dell’istituto del trattenimento in servizio oltre i limiti di età richiesti dalla normativa vigente (65 anni per coloro che beneficiano della normativa previgente l’entrata in vigore della riforma Fornero), 66 anni e tre mesi per quanti sono soggetti alla normativa in vigore( decreto legge 201/2011 e successive modificazioni). Il rapporto di lavoro potrà invece proseguire nel caso in cui il dipendente non maturi alcun diritto a pensione al compimento dell’età limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. In tal caso potrà rimanere in servizio, per maturare i requisiti minimi per l’accesso alla pensione, non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età (limite al quale si applica, si legge nella circolare, l’adeguamento alla speranza di vita.

#riformabuonascuola, troppi nodi ancora da sciogliere

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola, troppi nodi ancora da sciogliere

Dopo la deludente convention del Pd, anche stavolta la presentazione dettagliata del piano potrebbe slittare: il via libera del CdM non comporterebbe, infatti, l’immediata divulgazione del testo di riforma. Intanto, si fa sempre più largo l’ipotesi di assunzione ridotta dei precari, su più anni e anche da seconda fascia d’istituto. Fondamentale, per decine di migliaia di candidati, sarà capire se verrà offerto loro di essere immessi in ruolo su altre province. Pericolo slittamento per carriera e organico funzionale.

Con il 27 febbraio che si avvicina, crescono aspettative e curiosità sui provvedimenti che dovrebbero cambiare la scuola italiana: la mancata definizione dei punti che più interessano personale e addetti ai lavori ha infatti spostato l’attenzione sull’approdo in Consiglio dei Ministri del decreto legge di riforma e del disegno di legge delega.

Per quanto ci risulta, tuttavia, anche stavolta, dopo la deludente celebrazione a Roma di un anno di Governo Renzi, la presentazione dettagliata del piano potrebbe slittare: l’approvazione in CdM, infatti, non comporterebbe l’immediata divulgazione del testo approvato. Ma solo una sua presentazione per sommi capi. Lasciando ancora una volta a bocca asciutta tutti coloro che l’attendevano.

Intanto, proprio sui punti salienti, si accavallano le ipotesi. Si dà, intanto, per certo che le assunzioni non avverranno in una sola tornata, nel senso che occorrerà almeno un biennio per la loro attuazione. Inoltre, il numero sarebbe inferiore ai quasi 150mila indicati nella prima bozza della Buona Scuola di inizio settembre. La cifra ora più plausibile sembrerebbe attorno ai 125mila immessi in ruolo. Ad avere la precedenza sarebbero sempre i docenti abilitati inseriti nelle GaE, ma senza alcuna certezza di assunzione in blocco. Anzi, a differenza di quanto si era stabilito sei mesi fa, la stipula dei contratti a tempo indeterminato sarebbe molto più ragionata: come avevamo spiegato alcuni giorni fa, l’amministrazione scolastica non trarrebbe grossi vantaggi dall’assumere personale su classi di concorso già in “sofferenza”. Come quelle dove vi sono già decine e decine di docenti di ruolo in sovrannumero. Una situazione presente, in particolare, in diverse province del Sud.

Rimane da capire, a tal proposito, se verrà proposto ai candidati al ruolo di spostarsi di provincia o addirittura di regione: si tratta di un passaggio chiave. Da cui dipende l’assunzione a titolo definitivo di decine di migliaia di docenti precari: ci riferiamo, soprattutto, alle tante maestre della scuola dell’infanzia presenti nelle GaE del Meridione. Poiché nelle loro province il numero di posti disponibili è limitato, gli verrà proposti di spostarsi anche a centinaia di chilometri?

I discorso diventa ancora più ingarbugliato, poi, quando ci si sposta tra gli abilitati di seconda fascia d’istituto. Il Governo ha fatto capire che il via libera c’è stato. Ma il problema, a questo punto, superato il principio, è la quantità di supplenti da assumere. Per il Miur sarebbero nemmeno 2mila. La cifra, però, appare francamente bassa. E i sindacati già parlano di ricorsi di massa.

Rimane ancora più intricato il discorso sulla carriera dei docenti: tramontato l’accesso limitato al 66% dell’organico in forza ad ogni istituto, rimane però confermato che non si andrà oltre a 60 euro di aumento stipendiale, da assegnare in prevalenza tramite il merito. Per gli scatti automatici, da assegnare probabilmente a tutti, rimarrebbero non oltre 20-25 euro di aumento medio. Mentre il resto, 35-40 euro, le ultime indiscrezioni indicano che sarebbero destinati sempre attorno al 60% del personale più meritevole. Insomma, l’idea di fondo rimarrebbe sempre la stessa. C’è il fondato pericolo, tuttavia, che la questione sia stata inserita nel decreto con tempi più lunghi. Anche perché, ricordiamolo, fino al 2018 di scatti in busta paga non dovrebbero vedersene.

Rimane anche da definire l’organico funzionale: dopo l’entusiasmo iniziale, più di qualcuno al Miur si è accorto che non sarebbe bastato assumere tra i due e i cinque docenti in più ad istituto per garantirlo. La stessa retromarcia sull’assunzione in blocco degli iscritti nelle GaE lo confermerebbe. Nelle ultime ore, inoltre, sta crescendo la convinzione che sarà molto difficile attuarlo con l’avvio del prossimo anno scolastico: c’è già chi giura che l’organico funzionale non si farà prima dell’anno scolastico 2016/17.

Il Miur intende onorare i propri debiti verso le scuole (ma in quanto tempo?)

da La Tecnica della Scuola

Il Miur intende onorare i propri debiti verso le scuole (ma in quanto tempo?)

Il Miur lancia l’ennesimo monitoraggio (il decimo, il ventesimo?) sui residui attivi e sostiene che per cancellare i debiti saldati occorre una delibera del consiglio di istituto. Ma se un Dsga si comportasse in questo modo rischierebbe di essere licenziato per palese incapacità.

Dopo le polemiche delle scorse settimane sulla questione dei residui attivi delle scuola, il Ministero cerca di correre ai ripari (ci aveva già tentato qualche giorno addietro la responsabile scuola del PD Francesca Puglisi) rendendo noto di aver già erogato nel mese di dicembre un apposito finanziamento di 72 milioni di euro per far fronte alle situazioni di maggiore sofferenza.
Per il 2015, sottolinea il Ministero, ai 111 milioni già previsti per il funzionamento amministrativo e didattico sono stati aggiunti altri 50 milioni.
Ma il comunicato del Miur lascia l’amaro in bocca a molti dirigenti e Dsga perchè parla di un ennesimo monitoraggio sui residui attivi di cui davvero non si comprende la necessita: i residui attivi risalgono almeno al 2005 e forse persino ad anni precedenti; di monitoraggi ne sono stati fatti a dozzine: ogni volta che i sindacati hanno sollevato la questione in un qualche incontro con i dirigenti del Miur si sono sentiti rispondere: “Avete ragione, ma per capire meglio la questione dobbiamo fare una rilevazione”
Ed è così che dal 2006 in poi di rilevazioni, verifiche, controlli, monitoraggi se ne sono fatti mediamente uno o due per ogni esercizio finanziario (senza contare che residui attivi e passivi vengono allegati a ogni conto consuntivo e, di fatto, registrati e “approvati” dagli stessi revisori dei conti).
Lascia poi molto perplessi una curiosa affermazione contenuta nel comunicato.
Il Miur – si legge – non ha mai chiesto alle scuole di cancellare i residui attivi (peccato che esistano in rete già da due mesi le fotocopie delle lettere che molte scuole hanno ricevuto); “alle scuole si è chiesto piuttosto di cancellare, tramite delibere dei Consigli di Istituto, i debiti divenuti ‘saldati’ a seguito dell’erogazione straordinaria disposta”.
Affermazione quanto meno curiosa dal momento che non ha nessun senso “cancellare” un debito con delibera del consiglio di istituto: quando un debito pregresso viene saldato, scompare dall’elenco dei residui passivi, e non serve nessuna delibera per eliminarlo. Gli unici residui che si cancellano con delibera del consiglio sono quelli in essere ed è del tutto evidente che se un debito viene pagato non compare più fra i residui passivi.
Forse per risolvere la questione, il Miur farebbe molto meglio ad ammettere che è pur vero che alle scuole era stato richiesto di cancellare i residui attivi esistenti ma che tale disposizione va intesa soltanto come un semplice suggerimento e non in modo tassativo.

Stipendi e merito, i sindacati verso lo strappo

da La Tecnica della Scuola

Stipendi e merito, i sindacati verso lo strappo

Si allunga la distanza rispetto alle posizioni del Governo, pronto a varare la #riformabuonascuola. La Uil: in America spendono mille miliardi di dollari l’anno su innovazione, tecnologia, cultura, da noi non si comprende cosa stiamo investendo; i docenti non sono sudditi a cui comunicare un editto. La Cisl: basta col depauperamento delle retribuzioni. L’Anief rompe gli indugi e indice lo sciopero dei docenti precari per il 17 marzo.

Cresce il malcontento dei sindacati per la Buona Scuola, in particolare per le novità in arrivo sul fronte della carriera e degli stipendi del personale. Il provvedimento, in CdM tra pochi giorni, non piace sia per il metodo adottato per determinarlo sia entrando nel merito dei contenuti. Tanto che tra i rappresentanti dei lavoratori comincia a prendere quota l’ipotesi di sciopero.

Il 24 febbraio ad esprimere tutto il suo dissenso è stata la Uil. Prima con Carmelo Barbagallo, il nuovo segretario generale, che a margine di un convegno a Napoli ha ricordato come al Governo si “di buona scuola, ma la nostra è la penultima in Europa. Dopo di noi c’è solo la Romania. È un anno che Renzi dice che avrebbero investito soldi per rimettere a posto le scuole – ha aggiunto – e speriamo che lo facciano”. “L’America sta investendo mille miliardi di dollari all’anno per avere un incremento del pil del 3,1%. Spendono su innovazione, tecnologia, cultura. Non so noi su cosa stiamo investendo”, ha concluso Barbagallo.

A rincarare la dose ci ha pensato Massimo Di Menna, segretario generale della Uil Scuola, che poco dopo ha ricordato all’Anso come sulla retribuzione e sulla progressione di carriera, gli insegnanti “non possono essere trattati come sudditi. Non si può fare un editto e poi comunicarlo”. Se ciò avverrà “faremo sentire le loro voci con la protesta”: “non è escluso lo sciopero”. Il, non usa mezzi termini e chiede “che materie come la retribuzione e la progressione economica degli insegnanti non vengano inserite nel decreto legge sulla scuola”, che il Governo si accinge a presentare in Consiglio dei Ministri.

Di Menna ha poi aggiunto: “non vorremmo che le assunzioni degli insegnanti annunciate dal Governo fossero solo fuochi d’artificio, ovvero che per la loro copertura si andassero a toccare le retribuzioni dei docenti, che peraltro sono ferme al 2009”. E per quanto riguarda gli scatti di merito introdotti dalla “Buona scuola”, ha spigato che “sono solo una cosa teorica, inesistente. Prima si deve capire cosa si intende per merito. Ad esempio, si parla tanto di valutazione, ma poi mancano gli ispettori”. In generale, “quello che serve – conclude Di Menna – è la certezza di risorse e la discussione con gli insegnanti”.

La Cisl Scuola, intanto, se l’è presa con quella parte di mass media che “mistifica la realtà quando si afferma, come accade anche oggi su qualche giornale, che per pagare gli scatti di anzianità si sono prosciugate le risorse per le attività a favore degli studenti”. Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, sostiene che in tal modo “si mistifica la realtà e si scarica sui lavoratori e su chi li rappresenta una colpa che non hanno, assolvendo i veri colpevoli, cioè i governi che hanno “rapinato” le retribuzioni del personale, colpendo l’unico elemento che finora faticosamente le protegge e impedisce che gli stipendi diventino ancor più inadeguati rispetto all’importanza e alla complessità del lavoro nella scuola”.

“Si impone pertanto una precisazione: le risorse per il miglioramento dell’offerta formativa sono a tutti gli effetti salario dei lavoratori, come lo sono gli scatti di anzianità. Ambedue le voci sono infatti disciplinate dal contratto di lavoro. Gli accordi con cui i sindacati, la Cisl Scuola tra questi, hanno deciso di dirottare sul salario fondamentale una parte del salario accessorio, sono stati la risposta obbligata a un depauperamento delle retribuzioni di tutti, una risposta data non “rubando” risorse altrui, ma semplicemente utilizzando quote di salario di propria competenza per far fronte a un’emergenza certamente non causata dal sindacato”.

“E’ a dir poco strana la pretesa che siano i lavoratori, autotassando i propri stipendi già magri, a dover finanziare i fondi per le attività aggiuntive. Ci pensino governo e parlamento, sempre così pronti a riempirsi la bocca di affermazioni solenni sul valore del lavoro nella scuola, sempre così assenti quando si tratta di dare seguito alle loro parole con scelte coerenti e concrete. Tocca a loro rifinanziare il fondo attraverso le necessarie scelte di investimento. Si smetta – conclude Scrima – di chiamare in causa a sproposito i nostri accordi”.

Intanto l’Anief, nella stessa giornata, ha rotto gli indugi, proclamato uno sciopero del personale precario docente: l’appello del sindacato è rivolto a 140.000 supplenti per partecipare ad un sit-in nei pressi del Parlamento. “Sono più di 120.000 i docenti precari che lavorano attualmente nelle nostre scuole – ricorda una nota – per lo più con un contratto al 30 giugno, spesso su un posto vacante: più della metà di essi, è chiamato dalle graduatorie d’istituto ma non può inserirsi nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento creata nel 2012, utile per le annunciate immissioni in ruolo del Governo. Inserimento in Gae, scatti di anzianità, ferie, primo gradino stipendiale, censimento posti vacanti: sono le parole d’ordine di uno sciopero e di una manifestazione che martedì 17 marzo 2015 intendono contrastare la precarietà, stabilizzare il personale, recuperare i diritti e la dignità del lavoro. Per questa ragione – conclude l’Anief – invitiamo tutto il personale docente a tempo determinato in servizio presso le Scuole a scioperare”.