Mobilità: firmato il contratto. Domani l’ordinanza

Le domande vanno presentate on line

Mobilità: firmato il contratto. Domani l’ordinanza

Docenti dal 26 febbraio al 16 marzo 2015
Personale Ata: dal 18 marzo al 15 aprile 2015

 

Il 23 febbraio 2015, tra le organizzazioni sindacali e il Miur, è stata firmato il CCNI sulla mobilità del personale docente e Ata, per l’anno scolastico 2015/16.

Per la UIL scuola ha partecipato Pasquale Proietti.

Gli unici elementi di novità rispetto al testo precedente riguardano i riferimenti alle statizzazioni di alcune scuole (Enna e Bologna), l’area unica di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado. E’ stata inoltre recepita la riorganizzazione dei Centri territoriali per l’educazione degli adulti nei CPIA. La mobilità verso i CPIA e’ stata regolamentata all’art. 47 del contratto e riguarda solo il profilo del DSGA. Per ora non cambia nulla per il restante personale, sia Ata che docente, che mantiene la titolarità nei rispettivi CTP.

Le parti hanno convenuto di non apportare modifiche alle tabelle di valutazione, limitandosi ad introdurre alcuni elementi di chiarezza nelle relative note:

– riconoscimento della maturazione del punteggio per il servizio pre ruolo per il personale che fruisce del congedo biennale per l’assistenza ai familiari con grave disabilità (art. 5 del D.Lvo 151/2001);

– il periodo di frequenza dei corsi di “dottorato di ricerca”, ai fini della continuità di servizio, non va valutato né nella scuola, né nel comune.

In applicazione di quanto disposto dal Consiglio di Stato, è stato stabilito che anche per il passaggio nei ruoli della scuola dell’infanzia conservano valore abilitante all’insegnamento i titoli di studio conseguiti entro l’anno scolastico 2001/02.

Al comma 4 dell’art. 1 e’ stata prevista la possibilità di riapertura della trattativa in presenza di interventi normativi che dovessero avere effetti sulla mobilità.

Per le scuole di ogni ordine e grado, le domande di trasferimento, di passaggio di cattedra e di ruolo del personale docente nonché le domande di mobilità del personale Ata devono essere compilate on line e trasmesse alla scuola via web.

Didattica Orientativa

Didattica Orientativa

di Salvatore Amato

L’azione orientativa ha accompagnato l’esistenza dell’uomo nel corso dei secoli, modificandosi parallelamente allo sviluppo della società umana. Nella nostra civiltà, fino al diciannovesimo secolo la pratica di orientamento si poteva definire come una “pratica spontanea”, la pratica professionale ha preso forma parallelamente allo sviluppo della società industriale che richiede una disponibilità continua all’aggiornamento e alla formazione, unitamente ad una rapida capacità di adattamento e riconversione delle proprie competenze.
L’esigenza di un orientamento che si realizzi lungo un continuum attraverso l’arco della vita e non si limiti ad un atto episodico viene ribadito a livello internazionale anche nella “Raccomandazione” conclusiva sul tema dell’orientamento del Comitato di esperti al Congresso internazionale UNESCO a Bratislava (1970).
A livello europeo il ruolo strategico attribuito all’orientamento nella lotta alla dispersione e all’insuccesso formativo trova adeguati riferimenti nel Memorandum del 2000 condiviso dagli stati membri dell’Unione Europea e nel successivo documento contenente i 15 indicatori considerati rilevanti per la qualità dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (Lifelong learning).
A livello italiano, merita una riflessione la Direttiva Ministeriale n. 487 del 6 agosto 1997 che sottolinea la necessità di un rinnovamento della concezione e della pratica dell’orientamento: una nuova visione del concetto di orientamento, promosso al ruolo di “componente strutturale dei processi educativi” e non più un’attività laterale, saltuaria, circoscritta, mirata a risolvere situazioni di transizione o scelte come può essere il passaggio dalla scuola media alla scuola superiore o da questa all’università.
Nel corso del ventesimo secolo l’orientamento è stato ed è tutt’ora oggetto di studio e tema di confronto fra differenti teorie, sia dal punto di vista ideologico e sia metodologico, specialmente nell’ambito formativo.
All’inizio è prevalsa una concezione “psicologistica” dell’orientamento, che a partire dagli anni ’70 è stata sostituita da una concezione “socio-economica” che vede succedersi tre modelli consecutivi di orientamento di cui il primo aperto al mondo del lavoro e sottomesso al sistema socioeconomico, il secondo chiuso, isolato rispetto al mondo esterno e finalizzato principalmente al successo formativo dello studente e il terzo che favorisce il pieno sviluppo della persona e, allo stesso tempo, inserisce l’individuo nel contesto sociale e nei processi di cambiamento in corso in esso.
In questo processo di ricerca ci sono stati in Italia alcuni contributi teorici di grande rilievo nella letteratura dedicata alla didattica orientativa, inizialmente riferiti alla scuola media ma successivamente sempre più decisamente all’intero sistema scolastico.
Per fare un breve irrinunciabile riferimento mi rifaccio alla Prof.ssa Maria Luisa Pombeni la quale nel 2000 introduceva la nozione di competenze orientative necessarie per auto-orientarsi, distinguendo le competenze orientative specifiche, che si sviluppano esclusivamente attraverso interventi intenzionali gestiti da professionalità competenti, con le cosiddette azioni orientative (di monitoraggio o di sviluppo) dalle competenze orientative generali, finalizzate principalmente ad acquisire una cultura ed un metodo orientativo (orientamento personale) e propedeutiche alle prime, che si acquisiscono principalmente attraverso i saperi formali (per esempio la didattica orientativa).
Nella nostra società complessa, caratterizzata da profondi cambiamenti, ci si interroga su quello che devono “fare” le scuole per far sviluppare queste competenze agli studenti.
Devono semplicemente riprodurre la cultura, uniformare i giovani a uno stesso stile, secondo la concezione sofistica della téchne ad esempio trasformandoli in tanti “piccoli” italiani come sosteneva il Linati dopo l’Unità d’Italia per esigenze di unificazione?
O la scuola farebbe meglio a dedicarsi all’ideale altrettanto rischioso di preparare i giovani ad affrontare il mondo in evoluzione che dovranno abitare?
In questo secondo caso, però, come faremo a decidere quale sarà quel mondo e cosa richiederà loro?
Nel mondo in cui viviamo, in continua evoluzione, l’unica soluzione percorribile per la scuola è quella di educare gli studenti all’autonomia, alla indipendenza, alla responsabilità, alla capacità di inventare il proprio futuro, rendendoli immuni da ogni forma di massificazione, di inquadramento.
Sotto il profilo pedagogico, l’orientamento come approccio educativo suscita quindi molto interesse e ci pone d’obbligo l’interrogativo, se esso debba essere considerato un mezzo o un fine.
Se l’orientamento è considerato un mezzo (téchne educativa/orientativa), per l’educazione delle persone, significa che è un problema di razionalità tecnica e sotto questo aspetto, sarebbe solo una raffinata “tecnica manipolatoria”, attraverso la quale qualcuno si impone su un altro facendogli interiorizzare, come scelte libere ed autonome, gli oggettivi rapporti di forza culturali, personali e sociali delle strutture di potere esistenti.
Se l’orientamento è considerato un fine, per l’educazione delle persone, significa che non è solo un problema di razionalità teoretica o tecnica, ma di razionalità pratica, umana, quella morale, che coinvolge la volontà, la libertà e la responsabilità di ciascuno.
Fin qui è emerso chiaramente che l’orientamento non costituisce più un processo a sé stante o indipendente, che si affianca al processo formativo, bensì si identifica con esso e se ne distingue solo in quanto contribuisce alla chiarificazione della scelta, ponendo, responsabilmente, l’individuo di fronte all’ambiente che lo circonda.
Di qui l’importanza, di un’ipotesi di lettura epistemologica dell’orientamento, per riflettere sul nostro modo di conoscere e di formarci, negli ambienti di apprendimento formali dove quasi tutto l’impianto della conoscenza ruota attorno all’apparato disciplinare e le discipline costituiscono l’oggetto dell’attività formativa.
Le discipline con i saperi che ne conseguono, sotto l’aspetto epistemologico, non sono intese come contenitori o classificazioni di conoscenze (come potrebbero esserlo le materie), ma come strutture e metodologie di pensiero e linguaggi (norme specifiche) per leggere la realtà o come strumenti per agire sulla realtà per una costruttiva integrazione di chi apprende nell’ambiente in cui vive.
Visto il duplice ruolo che può assumere la disciplina, a questo punto, è lecito porsi la seguente domanda: sarebbe bene, insegnare le discipline o insegnare con le discipline?
La mediazione, istruita dalla razionalità pratica, umana, che coniuga insieme le discipline come oggetto dell’apprendere e le discipline come strumento d’azione apprenditiva e formativa, ci conduce al fine dell’azione educativa “buona”: la competenza orientativa.
Alla luce di tutto ciò i docenti non possono più considerare l’orientamento come un’azione di tipo progettuale, affidata esclusivamente a funzioni strumentali o a figure di sistema, ma devono progressivamente acquisire l’ottica orientativa, per una didattica orientativa, come imprescindibile condizione dell’attività didattica quotidiana.
Scuola e territorio necessitano quindi di docenti e dirigenti formati, capaci di governare la complessità del processo alla scelta per mezzo di offerte formative e non semplicemente informative.
E’ in questo nuovo scenario che al Dirigente Scolastico è richiesta una cultura organizzativa, da ricercare nel quadro normativo e nella ricerca scientifica, che gli consenta di cogliere il senso e la trasformazione nel superamento del vecchio modo direttivo di gestire la scuola.

prospettiva

LETTERA APERTA AI DIRIGENTI DELLE SCUOLE

LETTERA APERTA AI DIRIGENTI DELLE SCUOLE

 

Caro collega,

è in atto una vera e propria campagna volta ad emarginare la dirigenza scolastica dal quadro delle altre dirigenze delle amministrazioni pubbliche, o addirittura ad eliminarla del tutto. I segnali sono molteplici:

  • l’esplicita esclusione della dirigenza scolastica dal “ruolo unico della dirigenza statale” di cui al testo del DdL 1577 in discussione al Senato;

  • la proposta di legge, inizialmente “di iniziativa popolare” ed ora fatta propria da un certo numero di parlamentari sia della Camera che del Senato, con cui – fra l’altro – si chiede l’abrogazione della norma “fondante” della dirigenza scolastica, cioè l’art. 25 del DLgs. 30 marzo 2001 n. 165;

  • l’appoggio pubblico che il maggior sindacato del comparto scuola – la FLC CGIL – ha recentemente manifestato alla proposta di legge in questione, attraverso l’adesione del suo segretario generale, Domenico Pantaleo (il quale ha poi parzialmente preso le distanze: ma l’adesione resta e costituisce fatto politicamente rilevante);

  • l’iniziativa di due dei firmatari della proposta di legge in questione di scrivere a tutte le istituzioni scolastiche della Repubblica per chiedere la diffusione fra il personale e le famiglie del testo della proposta stessa e l’apertura di un pubblico dibattito in merito, con esplicito riferimento ad una pretesa “par condicio” rispetto al documento governativo sulla Buona scuola.

Né meno insidiose sono le proposte – molte volte formulate nelle recenti assemblee dei dirigenti da parte delle diverse organizzazioni sindacali – per una riscrittura del profilo professionale. In tali proposte si fa spesso riferimento ad una “ricentratura” del ruolo sulla missione educativa, lasciando ad altri i compiti gestionali ed organizzativi, visti tout court come sinonimo delle molteplici molestie amministrative e dei soffocanti carichi burocratici di cui la funzione è stata caricata negli ultimi anni. Un dirigente cui fossero sottratte le prerogative gestionali ed organizzative cesserebbe per ciò stesso di essere un dirigente, per diventare una sorta di coordinatore didattico, un primus inter pares fra i docenti.

Questo moltiplicarsi di iniziative anti-dirigenza scolastica si colloca, ironicamente, alla vigilia della emanazione dei provvedimenti sulla Buona Scuola, che richiederebbero invece – esplicitamente – un potenziamento del ruolo. E’ lo sforzo, da parte di quel variegato mondo politico e sindacale che non ha mai in realtà accettato l’autonomia e la dirigenza per tornare indietro, “prima che sia troppo tardi”. Non è un caso se la stessa proposta di legge che intende cancellare l’art. 25 vuole riportare la scuola agli ordinamenti degli anni Settanta e non cita neppure una volta, nei suoi quasi trenta articoli, la parola “autonomia”.

Le argomentazioni – da quelle più dirette e radicali a quelle più morbide e striscianti – vanno tutte nella stessa direzione: via dalla scuola ogni potere organizzativo e spazio all’autodeterminazione dei singoli operatori. Esse riposano su una serie di leggende metropolitane, a cominciare da quella per cui un milione di addetti, cui viene conferita la massima libertà individuale di autodeterminazione, potrebbero dar vita ad un sistema nazionale di istruzione per spontanea adesione a valori che si suppongono condivisi. Una favola, o un incubo, che solo chi conosce realmente come funzioni la scuola può misurare appieno.

Ma c’è un’altra leggenda che va sfatata con decisione, tanto maggiore quanto più forte è il suo potere seduttivo: quella secondo cui la complicazione burocratica e la molestia amministrativa siano la conseguenza diretta e naturale della condizione dirigente. Si tratta di un assunto contrario a logica e ad evidenza: basta guardarsi attorno, alle altre dirigenze pubbliche, per rendersene conto. E’ vero il contrario: i carichi burocratici e la persecuzione amministrativa sono un mezzo per impedire al dirigente di fare il dirigente, per trasformarlo in un travet schiacciato dagli adempimenti e privo della libertà intellettuale e del tempo per svolgere a pieno la propria funzione naturale: che è quello di organizzare, intorno ad un progetto comune ed al servizio della comunità, il lavoro di chi fa parte della stessa unità organizzativa.

Le funzioni delle amministrazioni sono, da sempre: di indirizzo e controllo, di organizzazione e gestione, di supporto e servizio. In un sistema bene ordinato ed in tutte le amministrazioni che funzionano, le prime appartengono al vertice politico (il Ministero), le seconde ai dirigenti delle unità operative, le terze agli uffici periferici dell’amministrazione.

Solo nella scuola il Ministero non esercita i poteri che sarebbero suoi propri (e la mancanza di un indirizzo e soprattutto di un controllo non è l’ultima causa dello sfascio attuale), mentre pretende di esercitare quelli di organizzazione e gestione, e scarica sui dirigenti delle scuole quelli di servizio. Non è questo il modo corretto di intendere la distribuzione delle responsabilità. Il Ministero deve tornare a fare il suo, posto che sappia ancora come si fa. Gli uffici periferici (UAT) si occupino delle questioni burocratiche e dei servizi di supporto (legali, previdenziali, contenzioso, anticorruzione e quant’altro); e ai dirigenti delle scuole si lasci quello che è il loro compito e cioè la gestione e l’organizzazione delle risorse umane e professionali sul campo.

Caro collega, è importante che ciascuno di noi comprenda che ci si trova ad un bivio: o si riprende l’iniziativa e l’orgoglio professionale, respingendo le sirene di una impossibile de-responsabilizzazione, o saremo costretti ad intraprendere il cammino della ritirata. Dobbiamo dire alto e forte che non sono le responsabilità che ci fanno paura, ma che rifiutiamo di considerare responsabilità quelle che non sono altro che adempimenti di servizio, che spetterebbero ad altri e vengono scaricati su di noi: non solo per alleggerire chi dovrebbe occuparsene, ma per soffocare il nostro tempo e per impedirci di esercitare il nostro ruolo. Dirigenza e complicazione burocratica non sono sinonimi, sono in antitesi fra loro.

La battaglia per il ruolo unico della dirigenza non è diversa da quella per la dirigenza tout courte da quella  per l’equiparazione retributiva a tutta la dirigenza pubblica: sono facce diverse di una stessa medaglia. Come facce diverse di un’altra medaglia sono la proposta di legge di iniziativa popolare, il tentativo di riscrivere il profilo professionale e l’esclusione dal ruolo unico. Si tratta di capire quali sono le implicazioni di questi due scenari, che sono alternativi fra loro: e di scegliere il proprio campo.

Anp ha fatto la propria scelta e da sempre: non ha motivo di cambiare. Altri – che per un tempo hanno fatto finta di percorrere la stessa strada – cercano oggi di promuovere scelte diverse, che portano, in un modo o nel’altro, alla negazione dell’autonomia delle scuole e della dirigenza piena di esse. C’è chi lo fa in modo aperto e dichiarato e chi lo fa indirettamente e senza scoprirsi. Ma una qualità fondamentale per i dirigenti è comprendere ed interpretare gli scenari che si agitano intorno a loro, cercando di condizionarli.

Se sei già un nostro iscritto, ti chiediamo di confermare con  un rafforzato impegno personale le ragioni della nostra battaglia culturale e politica per la dirigenza fra gli altri dirigenti. Se non lo sei ancora, questo è il momento per riconsiderare le tue scelte e per comprendere dove sta l’interesse della scuola ed il tuo interesse professionale.

La vittoria è ancora possibile, come lo è stata quindici anni fa, se avremo visione chiara ed unità di intenti. Chi ci vuole divisi e deboli non lavora per noi, ma contro di noi: occorre comprenderlo e contrastarlo.

Ti saluto e ti invito ad unirti a noi fin da queste settimane decisive per il futuro della buona scuola e di tutta la categoria.

#labuonascuola: alla Fondazione BML il Ministro Stefania Giannini

#labuonascuola: alla Fondazione BML il Ministro Stefania Giannini
Prosegue a Lucca il ciclo organizzato da Accademia Nazionale dei Lincei, Comune di Lucca e FBML

“Come si fa a diventare Ministro dell’istruzione?” Con questa domanda Alessandro, classe terza della scuola primaria Lombardo Radice di Lucca, è intervenuto al secondo appuntamento degli “Incontri con le eccellenze” all’auditorium della Fondazione Banca del Monte di Lucca dove questa mattina il sindaco di Lucca Alessandro Tambellini, il presidente della FBML Alberto Del Carlo e il presidente dell’Accademia dei Lincei Lamberto Maffei hanno accolto il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Stefania Giannini.
“Ho studiato con impegno e serietà, ho seguito la mia passione per le lettere classiche.. ed ho avuto anche un po’ di fortuna”, ha risposto il Ministro.

Moltissimi gli argomenti affrontati insieme al pubblico: in sala infatti c’erano diversi studenti degli istituti superiori “Fermi”, “Pertini”, “Giorgi” e del Liceo classico di Barga, insieme a docenti, dirigenti e alle massime autorità cittadine. Gli interventi degli studenti più piccoli hanno destato interesse per la loro sagacia e per il progetto sperimentale che li coinvolge a scuola, guidati dalla maestra Patrizia Piccinini, che prevede l’apprendimento della matematica con l’uso di un manuale finlandese.

Rispondendo poi alle domande degli studenti più grandi, Stefania Giannini ha ripercorso tutte le tappe della riforma de #labuonascuola che sta attuando: informatizzazione e internazionalizzazione, più ore di stage nelle aziende, maggiore spazio alla pratica e ai laboratori senza trascurare la preparazione classica, costante aggiornamento e migliore preparazione dei docenti, anche nel seguire gli alunni con disabilità. Fanno parte del disegno di riforma anche un maggiore spazio allo sport e un più diffuso studio della lingua straniera, già a partire dalla primaria, così come una migliore partecipazione di studenti e famiglie alla vita scolastica con la possibilità di esprimere forme di giudizio sulla qualità di insegnamento.

Il prossimo appuntamento sarà con l’ex primo ministro Giuliano Amato che prenderà parte ad “Incontri con le eccellenze” parlando “Sul mondo, sull’Europa, sull’Italia” sabato 21 marzo alle 17,30.
Un particolare ringraziamento va alla scuola “Pertini” i cui studenti hanno operato un gradito servizio di accoglienza dei partecipanti all’incontro.

La buona scuola e i tre assi di Renzi: abolizione del precariato, merito e innovazione

da FirstOnLine
23/02/2015

La buona scuola e i tre assi di Renzi: abolizione del precariato, merito e innovazione

di Donatella Purger

La buona scuola c’è già nel Paese ma per diffonderla e renderla sistema occorrono tre salti di qualità che possano innescare circuiti virtuosi: l’abolizione del precariato, un sistema premiante del merito e una decorosa carriera degli insegnanti e l’innovazione – Ma la rivoluzione di Renzi prima ancora che nelle leggi deve avvenire nella testa dei docenti.

 

“La tradizione non è ricordare le ceneri ma tener vivo il fuoco”: la citazione di Mahler che Matteo Renzi ha rivolto ai giovani musicisti dell’Accademia di Santa Cecilia, che avevano terminato di eseguire l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana di Mascagni, all’iniziativa organizzata ieri dal PD a Roma presso la sala conferenze “Nazionale Spazio Eventi” sulla scuola, non ha strappato grandi applausi come le numerose frizzanti battute alle quali il Premier ci ha abituato e di cui ha costellato anche questo discorso, ma è forse la cifra di una manifestazione che voleva essere prima di tutto una iniezione di fiducia e di spirito di concretezza in un clima festoso. Non era perciò fuori luogo ricordare al pubblico presente che le prime cose da rottamare nella scuola sono la burocrazia, la rigidità delle procedure soffocanti e il vuoto formalismo per dare respiro alle cose vive e vere.

E vivo e vero era proprio il cuore della manifestazione, tra l’intervento del Ministro della Pubblica Istruzione e dell’Università Stefania Giannini e le conclusioni del Presidente del Consiglio, in cui battevano il contributo e l’esperienza delle tante buone scuole che quotidianamente tentano di scrollare i polverosi e obsoleti simulacri di erudizione per tenere vivo il fuoco scoppiettante della curiosità e della ricerca di vie insolite verso il sapere, tanto per restare vicini alla metafora di Mahler.

I veri protagonisti di una buona scuola che c’è, e forse è anche diffusa, ma che purtroppo non è ancora sistema, si sono così avvicendati sul palco numerosissimi a raccontare e a presentare le belle attività che conducono: le esperienze di alternanza scuola-lavoro, le scuole dell’Infanzia di Reggio Emilia che nel mondo tutti ci copiano, la Junior Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia e molte altre attività, scandite da interventi di figure di riferimento per l’educazione, tra cui la più prestigiosa quella dell’ex ministro Luigi Berlinguer, presidente della commissione per la musica.

“Ho sentito dire che bisogna cambiare questa scuola italiana perché con l’impianto educativo di questa scuola, per quanto grande sia stata la tradizione e la qualità degli insegnanti, l’Italia non andrà da nessuna parte. Persino l’opinione pubblica ha ancora un’idea di scuola fatta di banchi e di cattedra che da altre parti non esistono più. Questo ritornello sul cambiare mi ha aperto fortemente il cuore e la speranza.”  L’intervento di Berlinguer, che ha poi sviluppato il tema dell’arte e della bellezza come fondamenti dell’educazione, ha strappato numerosi applausi e una standing ovation finale conclusa dall’abbraccio con Renzi. Segno anche dell’emozionalità che ha caratterizzato questa festa.

Una festa, appunto e, anche se le cronache si sono molto concentrate sulle cadute organizzative come l’affollamento rissoso all’ingresso della sala o sulle scontatissime contestazioni becere dei soliti malpancisti e non sono mancate, come sul Corriere della Sera, note pungenti sul carattere celebrativo della manifestazione e sulle aspettative deluse di conoscere i dettagli dei provvedimenti in arrivo sul tavolo del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio, tuttavia, le anticipazioni su almeno le tre questioni nodali della riforma in arrivo sono emerse dai discorsi, soprattutto del ministro Giannini e del premier Renzi. E sono quelle dell’assunzione di oltre 120.000 precari – “basta con la supplentite”, ha detto il sottosegretario Davide Faraone – la valutazione del merito e la carriera dei docenti, l’innovazione della scuola.

Una buona scuola c’è già nel Paese e le buone pratiche presentate in questa circostanza concorrono a dimostrarlo. Ma anche se diffusa, non è ancora sistema. Perché la buona scuola diventi sistema c’è proprio bisogno della soluzione di questi tre nodi strategici ma a condizione che essi possano innescare circuiti virtuosi e rendano effettiva l’abolizione del precariato, consentano il sistema premiante del merito e facciano scattare l’innovazione, prima ancora che negli strumenti da usare, nelle menti degli operatori.

Le riforme però camminano sulle gambe delle persone: e in questo senso le resistenze al cambiamento diffuse e il pervicace conservatorismo di certa sinistra e di certo sindacato rendono il cammino tutto in salita. Però è giusto provare e cominciare a cambiare.

SETTIMANA CORTA, COME LE IDEE DI CHI LA IMPONE

SETTIMANA CORTA, COME LE IDEE DI CHI LA IMPONE

 

L’Unicobas scuola esprime netta contrarietà rispetto all’orientamento della Amministrazione provinciale di forzata introduzione della settimana corta su cinque giorni per le scuole superiori. Completamente fuori da ogni prassi anche la modalità con cui la vicenda ha preso le mosse in assoluto spregio a qualsiasi riferimento normativo, alle competenze degli organi collegiali e delle rappresentanze sindacali.

Le competenze della Provincia riguardano la manutenzione e la conduzione strutturale delle scuole superiori, non l’organizzazione dell’orario, e questo la Provincia lo sa bene: La nota inviata ai Dirigenti scolastici infatti comunica che l’amministrazione provinciale ha intenzione di prevedere per il 2015-16 un orario scolastico articolato su cinque giorni e rimane in attesa delle comunicazioni delle scuole; apparentemente quindi nessuna determinazione tassativa in materia di orario, per il semplice fatto che ciò sarebbe fuori dalle competenze dell’ente locale .

I Dirigenti scolastici livornesi si sono prestati al gioco delle parti e hanno dato semaforo verde alla richiesta della Provincia arrogandosi un’autonomia decisionale che non hanno, confidando probabilmente su quanto prevede il decreto Brunetta, ma confondendo molto la materia con una fretta che ingenera sospetto.

A chi giova questa operazione?

A Livorno il Nautico, il professionale Orlando e il biennio del liceo classico funzionano già su cinque giorni per scelta autonoma. L’Iti Galilei, e probabilmente anche altre scuole, se la cosa dovesse andare avanti, potrebbero avere una deroga, visto l’orario settimanale particolarmente elevato e scarsamente comprimibile in cinque giorni. E allora? Tutto questo rumore per risparmiare una mezza giornata (il sabato) alla settimana su quattro mesi di riscaldamento nelle poche scuole residue? Se consideriamo le vacanze natalizie non si arriva a venti mezze giornate di presunto risparmio: vale la pena sconvolgere per l’intero anno con un’imposizione esterna l’assetto organizzativo e didattico delle scuole per ottenere un abbattimento di costi che sarebbe tra l’altro eroso dalle maggiori spese di energia elettrica e riscaldamento dovute all’incremento dell’apertura pomeridiana?

Comprimere l’orario delle lezioni su cinque giorni comporta problematiche notevoli per l’organizzazione della didattica, l’uso curricolare di laboratori e delle palestre, fruibili solo a rotazione, nonché per le varie attività di recupero e potenziamento previste dall’offerta formativa; ma i problemi sono anche di carattere organizzativo e riguardano organizzazione dei trasporti e dei servizi di refezione, oltre che interferenze con il tempo extrascuola di molti studenti e delle loro famiglie.

C’è poi tutta la partita relativa all’organizzazione dell’orario di lavoro di docenti e personale ATA, materia di contrattazione sindacale e non certo di decisione unilaterale: la settimana corta avrebbe ricadute pesantissime sulla turnazioni, già faticose da sostenere attualmente, soprattutto per il personale ATA, visti i tagli costanti al personale e sulle garanzie da attuare (mensa gratuita o buoni pasto, incentivo per flessibilità, organizzazione dei recuperi d’orario) per tutti i lavoratori a cui verrebbe imposto un surplus di turnazione o l’ orario spezzato.

Questo i Dirigenti scolastici lo sanno bene. Eppure, almeno a Livorno, hanno prontamente risposto all’invito della Provincia promettendo collaborazione, senza acquisire pareri dagli organi collegiali e spesso senza consultare la RSU e il responsabile della sicurezza. Perchè questa sintonia perfetta tra Dirigenti della Provincia e Dirigenti scolastici? Il Decreto Brunetta garantisce premi di risultato ai Dirigenti che realizzano obiettivi ( e il risparmio, ovvero l’adeguamento imposto dalla legge di stabilità, è un obiettivo), mostrando chiaramente che i compiti a cui sono chiamati più che alla tutela del servizio pubblico puntano al suo smantellamento.

I Dirigenti scolastici obbedienti tengano presente ciò che è già avvenuto in altre zone: l’amministrazione provinciale ha semplicemente deliberato il bilancio non prevedendo la copertura di alcune spese scolastiche. I presidi hanno imposto la settimana corta assumendosi una responsabilità impropria e sono stati sanzionati in tribunale.

Anche questa volta, come in altre occasioni, ci opponiamo all’ennesimo taglio che si abbatte sulla scuola.

Non dimentichiamo che la Provincia sta già operando drastici risparmi sul settore, poiché ha quasi azzerato gli interventi di manutenzione di propria competenza, con gravi responsabilità anche in ordine alla sicurezza: infiltrazioni di acqua, allagamenti, infissi pericolanti, riscaldamento non funzionante sono la realtà quotidiana di molte scuole, problemi che se non risolti, dovranno obbligatoriamente essere convogliati in esposti , denunce e richieste di intervento ad organismi vari.

E’ indispensabile che tutte le componenti della scuola, gli organi collegiali, le organizzazioni sindacali siano coinvolte in questa delicata fase, ritirando imposizioni inaccettabili nonché fuori competenza, già peraltro sanzionate da numerose sentenze.

 

Il segretario regionale Claudio Galatolo

Dalla stabilizzazione dei precari alla carriera dei prof, fino all’alternanza: ecco la riforma

da Il Sole 24 Ore

Dalla stabilizzazione dei precari alla carriera dei prof, fino all’alternanza: ecco la riforma

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

 Un maxi-assunzione di precari che svuoterà (ma non del tutto) le graduatorie a esaurimento e attingerà anche a quelle d’istituto. L’introduzione di una vera e propria carriera degli insegnanti che lascerà alle scuole l’ultima parola sui docenti da premiare. Il potenziamento di musica, inglese ed educazione fisica alle primarie e di storia dell’arte alle superiori (ma non in tutti gli indirizzi). Il rafforzamento dell’alternanza scuola-lavoro. Di ora in ora (e di bozza in bozza) il pacchetto «Buona Scuola» assume un contorno sempre più definito. Dopo la convention del Pd sul primo anno di vita del governo che si è tenuta ieri a Roma e che ha visto il premier Matteo Renzi rilanciare la riforma come «la base dell’Italia che vogliamo per i prossimi 30 anni», i riflettori sono puntati sul Consiglio dei ministri di venerdì 27 che dovrebbe varare un decreto con le misure urgenti e un disegno di legge delega con la riforma di più ampio respiro.

Stabilizzazione precari
La novità più attesa (quanto meno dal corpo docente) è il piano di assunzioni a cui stanno lavorando gomito a gomito i tecnici del Miur, del Mef e di palazzo Chigi. La sua finalità è quella ribadita da Renzi e dal ministro Giannini ieri: tirare una linea sul passato e far sì che in futuro nella scuola si entri solo per concorso. Passando ai dettagli del provvedimento d’urgenza, il numero di precari che beneficeranno della stabilizzazione non è ancora stato definito. Ma dovrebbe aggirarsi tra i 120 e i 130mila docenti. Un totale leggermente inferiore ai 148.100 indicati nelle linee guida presentate a settembre. Di questi circa 100-110mila arriveranno dalle famose “Gae”. Con un’avvertenza: le graduatorie a esaurimento non saranno svuotate del tutto ma secondo necessità. Incrociando due variabili: il fabbisogno delle scuole e le risorse stanziate dalla stabilità (1 miliardo nel 2015 e 3 miliardi a partire dal 2016).

Concorso
Nelle classi di concorso (si pensi a matematica e fisica) in cui le Gae non basteranno si attingerà agli iscritti in seconda fascia, cioè alle graduatorie di istituto. Si partirà da coloro che hanno 36mesi di contratti a termine negli ultimi cinque anni, così da andare incontro alla sentenza Ue del 26 novembre scorso, e si proseguirà via via con tutti gli altri. Per un contingente che al momento è stimato tra le 20-30mila unità. Solo una minima parte di questo contingente verrà assunto il 1° settembre. I supplenti, quindi, non spariranno: visto che gli altri docenti delle graduatorie di istituto potranno ottenere un incarico a tempo determinato fino al termine delle lezioni che, da quanto si apprende, costituirà un titolo preferenziale ai fini del concorso che verrà bandito l’anno prossimo e che dovrebbe mettere a disposizione, nell’arco di un triennio, dai 40-50mila posti (molto dipenderà anche dal turn-over atteso). Così da portare a 170-180mila se non di più la portata dell’intera operazione precari.

Organico funzionale
Nel calcolare il fabbisogno complessivo delle scuole (e dunque il contingente di prof da assumere) si terrà conto dell’organico funzionale che partirà l’anno prossimo e che verrà gestito dai singoli dirigenti scolastici in collaborazione con il Collegio dei docenti. Tradotto in pratica dovrebbe sostanziarsi in 5-6 insegnanti in più nelle singole scuole primarie e in un paio alle secondarie. Che serviranno sia a rafforzare, non per forza in termini di ore in più, alcuni insegnamenti – musica, inglese ed educazione fisica alle elementari e storia dell’arte in tutti i licei e in alcuni indirizzi degli istituti tecnici – sia a fronteggiare con più efficacia gli abbandoni scolastici.

Carriera degli insegnanti
A cambiare sarà anche la carriera degli insegnanti. Il progetto, annunciato dal sottosegretario Davide Faraone (Pd) al Sole 24Ore qualche settimana fa, di voler sostituire i “vecchi” scatti di anzianità con un meccanismo premiale a scadenza triennale fondato in minima parte sugli anni di servizio e in una quota più ampia sulle funzioni aggiuntive (da mentor o da quadro intermedio) ricoperte dai docenti sarebbe confermato. Con una particolarità non di poco conto: i fondi verrebbero girati alle scuole e sarebbero poi i dirigenti scolastici, d’intesa con i nuclei di valutazione, a decidere gli insegnanti da premiare e in che misura. Dirigenti scolastici che -l’ha confermato Renzi ieri – saranno valutati insieme alle scuole nel loro complesso e ai prof.

Il possibile indennizzo
A completare il quadro delle novità per i professori o aspiranti tali c’è poi l’ipotesi un maxi-indennizzo per coloro che hanno lavorato più di 36 mesi e che preferiscono non aderire al piano di stabilizzazioni perché magari già hanno un altro contratto a tempo indeterminato. In un numero di mensilità massime che va ancora individuato e che consentirebbe di chiudere i conti con i ricorsi che sono seguiti alla sentenza Ue del 26 novembre scorso.

Scuola-lavoro
Per un pacchetto di norme che necessitano ancora di un’ultima messa a punto ce n’è un altro che sembra più stabilizzato. E che riguarda l’aumento dei poteri derogatori in tema di edilizia scolastica, con la possibilità del governo di esercitare poteri commissariali sugli enti che non intervengono nei tempi, il rafforzamento del digitale nelle aule e il raddoppio da 100 a 200 delle ore di alternanza scuola-lavoro negli istituti tecnici e professionali.

Il disegno di legge
Un tema, quello del rapporto tra imprese e istruzione, che dovrebbe trovare spazio anche nel Ddl delega. Da un lato, con la riforma dell’istruzione professionale e, dall’altro, con il potenziamento (con annesso aumento dei controlli sui bilanci) degli Its. Delega che dovrebbe anche innovare nel profondo tanto le classi di concorso quanto l’abilitazione degli insegnanti nell’ottica di trasferire dalle università alle scuole il ruolo di “palestra formativa” dei docenti.

Maturità, l’attribuzione dei punti bonus dipende dal risultato delle prove di esame

da Il Sole 24 Ore

Maturità, l’attribuzione dei punti bonus dipende dal risultato delle prove di esame

di Andrea Alberto Moramarco

All’esame di maturità, la Commissione esaminatrice può motivatamente concedere il punteggio bonus, fino ad un massimo di 5 punti, solo se sussistono i requisiti richiesti per la sua attribuzione, ovvero per l’anno scolastico 2013/2014 un credito scolastico di almeno 15 punti ed un risultato complessivo nelle prove di esame di almeno 70 punti. Impugnare i verbali di valutazione delle prove di esame non consente di integrare il secondo di tali requisiti.

Il caso
Questa (evidentemente non scontata) affermazione è del Tar Bari che con la sentenza 21/2015 ha respinto il ricorso di uno studente di un liceo classico che aveva impugnato i verbali di valutazione delle prove scritte, i verbali di procedura di correzione delle sue prove d’esame e gli atti con cui gli veniva attribuito il voto finale del suo esame di maturità. Lo studente aveva ottenuto il punteggio di 93/100, risultante della somma dei crediti scolastici e dei voti ottenuti in sede di esame, senza dunque il punteggio bonus, che non gli era stato assegnato dalla Commissione.

Il bonus dipende dal voto dell’esame
I giudici amministrativi hanno ritenuto, nella specie, che il punteggio complessivo dato dalla Commissione non può essere ritenuto viziato o illogico. E ciò perché «il voto numerico attribuito dalla Commissione esaminatrice esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della Commissione medesima, contenendo in sé la sua motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, soprattutto allorquando siano stati predeterminati, come nella specie, adeguati criteri di valutazione che consentano di ricostruire ab externo la motivazione di tale giudizio». E, ferma la validità dei voti espressi dalla Commissione, il Tar ha rilevato l’impossibilità di applicare il bonus allo studente perché il suo punteggio complessivo nelle prove d’esame era pari a 69, difettando così uno dei presupposti per l’attribuzione del punteggio extra, ovvero il risultato complessivo nelle prove di esame di almeno 70 punti, previsti dall’ordinanza 37/2014 del Miur, relativa agli esami di maturità per l’anno scolastico 2013/2014, di cui lo stesso studente lamentava la violazione.

Scuola, Giannini: “Assunzioni solo per concorso pubblico”. Renzi contestato dai precari: “Stiamo facendo nuove regole”

da Repubblica.it

Scuola, Giannini: “Assunzioni solo per concorso pubblico”. Renzi contestato dai precari: “Stiamo facendo nuove regole”

Il ministro dell’Istruzione: “Basta babele graduatorie”. “Vogliamo portare la scuola dal ‘900 al terzo millennio”. Il premier: “Ascolto tutti, poi si decide”. Un insegnante dalla platea: “No alle classi pollaio”
di VALERIA PINI

ROMA – “Assunzioni nella scuola solo per concorso pubblico. Via la babele di graduatorie che sembravano accontentare tutti, ma non accontentavano nessuno”. E’ iniziata con un annuncio del ministro Stefania Giannini l’evento del Pd per presentare “La scuola cambia, cambia l’Italia”, organizzato per festeggiare il primo anno del governo del premier Mattero Renzi. Un grande meeting che ha visto come protagonista anche Renzi. Un evento mediatico nel quale non sono mancate alcune contestazioni. Quando Renzi ha incominciato a parlare è stato interrotto da un gruppo di insegnanti precari.

Le proteste. “Sono un insegnante precario,anch’io sono iscritto al Pd e voglio dire la mia davanti a tutti”, ha detto uno di loro. “Lo so che gli addetti ai lavori non si fidano più della politica. La frustrazione porta gli insegnanti a non crederci più, nello Stato – ha replicato Renzi – . Siamo nell’imminenza di un momento molto importante dal punto di vista normativo: stiamo per riscrivere le regole sulla scuola”. E la prossima tappa del calendario del governo sarà la Rai. “Senza la riforma della Rai, che non vuol dire cambiare palinsesto, non siamo nelle condizioni di fare alcun investimento educativo. A marzo si parte”, ha sottolineato il premier che sulle nuove norme ha puntualizzato: “Ascoltare tutti non vuol dire non fare più niente, sennò è paralisi, palude, lo stesso atteggiamento che ha bloccato l’Italia per 20 anni e che non consentiremo che continui”.

Il terrorismo. L’istruzione come punto di partenza per creare una società vivibile. Renzi lo ricorda con un esempio. “I terroristi non usano le zattere, non arrivano attraverso le zattere”: coloro che hanno compiuto i recenti attentati “sono usciti dalle scuole europee e sono cittadini europei che non hanno trovato nella scuola l’integrazione, l’educazione e il confronto”, ha detto. “Perdiamo tanti ragazzi che possono essere recuperati alla scuola. Quello della dispersione scolastica deve diventare un tema centrale nel nostro dibattito. “In futuro chiederemo autonomia anche dal punto di vista economico, così che una parte della dichiarazione dei redditi possa andare a una singola scuola”, ha aggiunto Renzi.

La ressa per entrare. La giornata di oggi è stata una grande kermesse per il Pd e il governo. Per partecipare all’incontro, c’è stata una ressa all’ingresso dello Spazio Esposizioni in via Palermo. All’esterno dell’edificio si è accalcata una folla di partecipanti, che, nonostante l’invito, non è riuscita a entrare. Per parlare di futuro nelle aule sono state scelti anche sportivi. Il presidente onorario dell’Inter e storico capitano della squadra nerazzurra, Javier Zanetti, ha regalato una maglia personalizzata al presidente del Consiglio, mentre Marco Belinelli, campione della nazionale italiana di basket, ha inviato un video per ricordare l’importanza dello sport.

LEGGI I ragazzi in platea: “Sì, serve la carta igienica, ma fateci sognare”

Il precariato scolastico. A salire sul palco per prima, il ministro Giannini, che ha elencato i principali punti della ‘rivoluzione del governo’. Per essere più moderna e attuale, la scuola deve partire prima di tutto dai suoi insegnanti. Per troppo tempo, ha detto il ministro, ci siamo rassegnati “alla babele di graduatorie” e lo stesso è successo per la carriera degli insegnanti, che “da sogno impossibile sta per diventare realtà praticabile”.  “La prima candelina” del governo Renzi “l’ha spenta Poletti con il Jobs Act con il quale si è cercato di tornare alla normalità nel mercato del lavoro, togliendo il precariato e dando lavoro buono all’Italia. Anche nella scuola vogliamo tornare alla normalità con la fine del precariato scolastico”. “Vogliamo portare la scuola dal ‘900 al terzo millennio – ha aggiunto Giannini – . A giorni un decreto legislativo darà corpo ad un lavoro intensissimo. Vogliamo dare un nuovo progetto educativo all’Italia per una scuola migliore”.

LA SCHEDA Così la rivoluzione in classe di SALVO INTRAVIATA

Il merito. Nel suo discorso, il ministro ha parlato anche di merito, un tema molto discusso in materia di pubblico impiego: “Fino a sei mesi fa la reazione di fronte a qualsiasi proposta di valorizzazione del merito per i docenti era un ‘No’. Ora abbiamo abbattuto un paradigma che sembrava inamovibile. A luglio le scuole presenteranno un rapporto di autovalutazione. E il fatto che l’anzianità non scomparirà del tutto nel decreto non significa che abbiamo rinunciato a misurare e premiare il merito”.

Il ruolo sociale dei docenti. L’obiettivo è “ridare dignità e un ruolo sociale agli insegnanti”, ha spiegato Giannini che ha attaccato il precariato: “A qualcuno ha fatto comodo” ha detto, sottolineando che il fenomeno ha avuto costi di tipo economico (“Nel 2014 abbiamo speso 866 milioni di euro per coprire le supplenze annuali”) e anche “un costo sociale”. Su questo punto è intervenuto poco dopo anche Renzi. “Stiamo facendo passare l’idea che se a scuola c’è un problema con un alunno è comunque colpa dell’insegnante e mai dei ragazzi. Quando andavo a scuola io, se l’insegnante chiedeva di parlare con i miei genitori, loro mi alzavano da terra…”, ha detto il premier.

Un ponte con il mondo del lavoro. Fondamentale per il governo il collegamento con il mondo del lavoro. Sull’alternanza scuola lavoro “dobbiamo uscire dall’occasionalità per mettere in atto il più grande sforzo finanziario e di semplificazione mai fatto”, ha detto il ministro. Giannini ha quindi lanciato un messaggio agli imprenditori e agli studenti: “Ai primi – ha detto – ricordo che portare in azienda un giovane e non è un costo ma un investimento per l’azienda e quindi per il futuro del paese. Ai giovani – ha aggiunto – voglio dire che misurarsi con un lavoro durante il corso di studi e un’ esperienza di completamento delle vostre coerenze, un esperienza essenziale che arricchisce la vostra formazione”.

La contestazione al ministro. Giannini ha quindi sottolineato che il progetto del governo prevede anche il potenziamento di alcuni insegnamenti, come Lettere e Matematica  ma anche Arte, Musica, le Lingue straniere. E ancora attenzione sarà data alla scuola digitale e al ‘sostegno’. Su quest’ultimo punto ha commentato il  caso del bambino autistico lasciato solo in aula a Valmontone, vicino Roma. “Le stanzette del silenzio degli innocenti nella Buona Scuola non ci saranno, non avranno spazio”. Un lungo discorso che è stato interrotto da un insegnante presente in platea, ha gridato:  “Ministro, abrogate la riforma Gelmini. No alle classi pollaio!”.

La scuola come bellezza. “La scuola deve essere bellezza. E’ l’eros che muove le cose. A scuola non ci si deve ‘spallare’, non ci si deve annoiare!”, ha detto l’ex ministro dell’Istruzione, presidente del comitato per l’insegnamento della musica, Luigi Berlinguer, prendendo la parola all’iniziativa. Un intervento, al termine del quale Berlinguer ha ricevuto l’abbraccio del presidente del Consiglio Renzi.

La sfida del premier: mai più precari

da Corriere della sera

La sfida del premier: mai più precari

Da un lato: «Mai più insegnanti precari e graduatorie». Dall’altro: «Fateci parlare, ascoltateci».

Da un lato: «Mai più insegnanti precari e graduatorie». Dall’altro: «Fateci parlare, ascoltateci». Lui risponde: «Parliamo da sei mesi, siete qui solo per uno spazio in tv». Loro lo contestano: «Diteci cosa volete fare realmente». Lui ne approfitta e parte proprio da loro, dagli insegnanti precari che gli urlano contro appena sale sul palco e prende il microfono alla giornata del Pd «La scuola che cambia, cambia l’Italia», organizzata ieri a Roma per il primo anno di governo.
Il premier Matteo Renzi, che dal primo giorno a Palazzo Chigi sulla scuola ci ha messo la faccia, racconta della riforma che «non è come le altre perché è l’idea dell’Italia che vogliamo per i prossimi 30 anni» e della «Buona Scuola che in Italia c’è già, ma va migliorata». Ma per farlo, dice, «si deve partire dagli insegnanti che devono tornare il punto centrale della scuola: ciò che mia figlia sarà dipenderà dagli insegnanti che troverà sulla sua strada».
E quindi, sì al loro ruolo sociale, perché «una volta si diceva “l’ha detto la maestra” ed era la Cassazione», e oggi «facciamo passare il messaggio che i nostri figli abbiano sempre ragione». Così, prima di tutto bisogna assumerli i precari, «conosco questo dolore, so che significa non poter fare un progetto a lungo termine: basta con le graduatorie e lo spezzatino», perché «non possiamo consentire che uno ancora prima di arrivare in cattedra abbia perso già tutti gli entusiasmi».
Il decreto che «cambia tutto» arriverà in Consiglio dei ministri il 27 febbraio: calcolati 120 mila precari assunti (meno però dei 150 mila annunciati). Poi ci sarà un disegno di legge delega. «Un piano organico — spiega la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini — di cui si parla da 15 anni: la precarietà ha fatto comodo a qualcuno». Nel 2014, ricorda, «abbiamo speso 876 milioni di euro per coprire le supplenze annuali».
Con la riforma arriverà quasi il 10 per cento in più di insegnanti stabili. Dovranno portare in classe più arte, più musica, più sport, più lingua straniera. E dal 2016, si assumerà solo con i concorsi pubblici. Ma «il lavoro per la Buona Scuola è appena cominciato», promette il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone che dice «basta alla supplentite e alla didattica precaria» e sì «a valutazione dei prof e scatti di merito». Poiché «alcuni insegnanti non sono degni del loro compito» (Renzi), verranno valutate «didattica e formazione e valorizzata la professione del docente: chi lavora con passione deve avere un congruo riconoscimento» (Faraone). I fondi: un miliardo per il 2015. Tre dal 2016. E dal 2016 annuncia Renzi, «il 5 per mille potrà andare alla scuola». Che significa anche edilizia scolastica.
Ma tutti i sindacati bocciano la riforma di Renzi: «Una presa in giro» (Cisl); «Solita retorica e nessun impegno concreto» (Cgil); «Kermesse di slogan, aspettiamo i fatti» (Gilda); «Titoli e buone intenzioni, ma neanche un euro per impegno e professionalità degli insegnanti» (Uil). L’ex ministro Luigi Berlinguer sintetizza: «La scuola deve far godere, non annoiare».
Claudia Voltattorni

Sui conti la mina dei precari miliardi di spesa per i ricorsi

da Il Messaggero

Sui conti la mina dei precari miliardi di spesa per i ricorsi

La Flc-Cgil ha già in mano 20mila cause formalizzate in cui si chiedono i risarcimenti e la stabilizzazione di chi si è visto rinnovare i contratti oltre i 36 mesi

I COSTI
ROMA La scuola che cambia, per cambiare il Paese. Anzi, per traghettare l’istruzione, come ha spiegato il ministro Stefania Giannini. Ma per il sistema scolastico italiano restano non pochi dossi da smussare. A partire da uno dei punti più delicati, inseriti all’interno della riforma “La buona scuola”. Il paragrafo in questione rientra nel capitolo assunzioni docenti precari. L’esecutivo ne è certo, lo stesso presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è tornato a ricordarlo: «Entro settembre assumeremo 150mila docenti precari» (149mila per l’esattezza) inseriti nelle graduatorie a esaurimento. E per gli altri? Per gli insegnanti delle graduatorie d’istituto o per quelli che, pur non avendo ancora ottenuto l’abilitazione, da anni salgono in cattedra a coprire i posti mancanti, le assenze dei docenti di ruolo? Sono 141.116 i docenti che sono tali, senza esserlo nei fatti, cui lo Stato rinnova di anno in anno i contratti per le supplenze brevi o annuali. Ufficialmente nella riforma la loro situazione non viene presa in considerazione se non in parte, concentrando l’attenzione su quelli delle graduatorie a esaurimento.
LA SENTENZA

Eppure c’è una sentenza, emanata lo scorso 26 novembre, dalla corte di Giustizia europea che bacchettava l’Italia: la pubblica amministrazione non avrebbe dovuto – e non dovrà più -reiterare contratti a tempo per i docenti precari oltre i tre anni. Più di due mesi fa si spianava la strada ai ricorsi. E questo il governo lo sa. La Flc-Cgil ha già in mano 20mila cause formalizzate in cui si chiedono i risarcimenti e la stabilizzazione di chi si è visto rinnovare i contratti oltre i 36 mesi. Le sentenze iniziano anche ad arrivare: da Trani a Napoli, passando per Crotone fino a Roma. Nella Capitale il tribunale del Lavoro ha riconosciuto a cinquanta insegnanti il danno economico. Solo per questi cinquanta, il Miur dovrà sborsare circa un milione 400mila euro. Se quindi il ricorso sarà vinto, come possibile, da molte decine di migliaia di persone , la cifra complessiva che lo Stato dovrà risarcire può ammontare a centinaia di milioni o forse a miliardi di euro .
I RICORRENTI

Inoltre ci sono più di 80mila insegnanti fuori dalle graduatorie a esaurimento, che quindi non dovrebbero ottenero il ruolo neanche con la stabilizzazione e che possono fare ricorso. «Per il primo ministro – spiega il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – sono un po’ di meno: 25mila». Tuttavia se in 80 mila dovessero decidere di passare alle vie legali con un rimborso medio di 30mila euro ciascuno, lo Stato si troverebbe a dover sborsare oltre 2 miliardi di euro. Converrebbe assumerli. «Il governo – conclude Pacifico – potrebbe decidere di allargare la stabilizzazione anche a chi è fuori dalle Gae, trovando in sostanza un altro miliardo di euro». Ma servono davvero tutti questi docenti? Altroché. Ben 640mila sono quelli di ruolo ma solo per il 2015, fa di conto ancora l’Anief, 70mila insegnanti hanno firmato un contratto a tempo per supplenze annuali fino al trenta giugno. La spesa? Ben 800mila euro.
Camilla Mozzetti

Prof solo per concorso e soldi dal 5 per mille ecco la scuola del futuro

da Il Messaggero

Prof solo per concorso e soldi dal 5 per mille ecco la scuola del futuro

La scuola che verrà è in rampa di lancio

LA RIFORMA
ROMA La scuola che verrà è in rampa di lancio. Ce l’hanno messa il Presidente del Consiglio Renzi e il ministro dell’Istruzione Giannini intervenendo ieri al meeting organizzato dal Pd a Roma. nell’auditorium di via Palermo: «La scuola cambia, cambia l’Italia». Il dramma dei precari, la valutazione dei docenti, il nodo dell’edilizia scolastica, i criteri per le assunzioni: di tutto e di più, una specie di rivoluzione per «passare dal ’900 al Terzo Millennio».
DUE PROVVEDIMENTI
Per vedere nero su bianco ci sarà da attendere solo qualche giorno perché nel Consiglio dei ministri di venerdì dovrebbe essere già discusso un decreto legge -per i problemi più urgenti- e un disegno di legge delega, tutti e due sulla scuola, preparati con l’obbiettivo di voltare finalmente pagina. Gli insegnanti, innanzitutto. Ce ne erano tanti fra il pubblico e alcuni hanno anche contestato («No alle classi pollaio», si è sentito gridare), ma il premier Renzi le ha affrontate a una a una e ne è venuto a capo, anche riconoscendo. «Lo so che gli addetti ai lavori non ne possono più e non si fidano della politica. La frustrazione degli annunci fatti cui non è corrisposto un impegno porta gli insegnanti a non crederci e questa è una partita difficile. Ma la responsabilità è far ripartire l’Italia dalla scuola». E ancora: «Ascoltare tutti non vuol dire non fare niente. Si ascolta e poi si decide, se no è la palude che ha bloccato l’Italia per 20 anni».
BASTA GRADUATORIE

E cosi è arrivato il primo, vero annuncio. L’ha dato il ministro Stefania Giannini: «Basta con la babele delle graduatorie che sembravano accontentare tutti ma non accontentavano nessuno. Le assunzioni nella scuola saranno solo per concorso pubblico». Poi il secondo annuncio, che è in realtà una conferma: l’assunzione dei precari delle graduatorie a esaurimento. L’ha spiegato alla platea il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone: «Saranno assunti 150mila precari entro settembre 2015, con l’inizio del nuovo anno scolastico». La piaga del precariato nella scuola è storica e ha risvolti anche strettamente economici, come ha voluto sottolineare il ministro Giannini: «Nel solo 2014 abbiamo speso 866 milioni di euro per coprire le supplenze».
«LO HA DETTO LA MAESTRA…»

È stato poi affrontato il punto cruciale del merito. Renzi ha premesso: «L’insegnante non è l’ultima ruota del carro, ma il motore fondante della società. Se una volta dicevi “lo ha detto la maestra” era come se avesse deciso la Cassazione». Ma ci sono fra gli insegnanti «esempi di bellezza fulgida e altri che non sono degni del compito loro assegnato». Questo è il nodo, questo è il motivo per il quale verranno introdotti per gli insegnanti degli
BASTA GRADUATORIE

E cosi è arrivato il primo, vero annuncio. L’ha dato il ministro Stefania Giannini: «Basta con la babele delle graduatorie che sembravano accontentare tutti ma non accontentavano nessuno. Le assunzioni nella scuola saranno solo per concorso pubblico». Poi il secondo annuncio, che è in realtà una conferma: l’assunzione dei precari delle graduatorie a esaurimento. L’ha spiegato alla platea il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone: «Saranno assunti 150mila precari entro settembre 2015, con l’inizio del nuovo anno scolastico». La piaga del precariato nella scuola è storica e ha risvolti anche strettamente economici, come ha voluto sottolineare il ministro Giannini: «Nel solo 2014 abbiamo speso 866 milioni di euro per coprire le supplenze».
«LO HA DETTO LA MAESTRA…»

È stato poi affrontato il punto cruciale del merito. Renzi ha premesso: «L’insegnante non è l’ultima ruota del carro, ma il motore fondante della società. Se una volta dicevi “lo ha detto la maestra” era come se avesse deciso la Cassazione». Ma ci sono fra gli insegnanti «esempi di bellezza fulgida e altri che non sono degni del compito loro assegnato». Questo è il nodo, questo è il motivo per il quale verranno introdotti per gli insegnanti degli scatti di merito da affiancare a quelli di anzianità. Sempre Renzi che chiosa: «Tutti sono chiamati a mettere in gioco». Infatti si immagina una specie di circolo virtuoso, come ha voluto chiarire Faraone: «Gli insegnanti potranno fare carriera. I dirigenti che saranno chiamati a valutarli a loro volta saranno valutati». Quindi si è tornati ad accarezzare il sogno di una vera autonomia dei nostri istituti scolastici, gli stessi istituti che oggi sono chiamati a chiedere ogni anno un «contributo» alle famiglie, gli istituti che non hanno neppure «i soldi per comprare la carta igienica», come urlava un contestatore in sala. Ebbene, il governo è dell’idea di introdurre un meccanismo del 5 per mille «per la cultura e per la scuola». Secondo Renzi «daremo autonomia alle scuole in futuro, spero dal 2016, anche dal punto di vista economico. Sarà un meccanismo serio nel quale ciascun genitore e cittadino in dichiarazione dei redditi indica la singola scuola». Lo sguardo è stato rivolto anche agli immigrati: «L’integrazione linguistica e culturale degli studenti figli di migranti sarà uno dei punti cardine -ha detto il ministro Giannini- Non vogliamo che l’Italiano diventi la prima lingua straniera parlata in Italia».
TERRORISTI IN CLASSE

Renzi ha voluto dire di più, si è agganciato alla minaccia del terrorismo: «I terroristi non usano le zattere, non arrivano attraverso le zattere. Quelli che hanno compiuto recenti attentati sono usciti da scuole europee e sono cittadini europei che non hanno trovato nella scuola l’integrazione, l’educazione e il confronto». a chiuso parlando di Rai: «La riforma della scuola non basta, è solo l’inizio del percorso. Senza la riforma della Rai … noi non siamo in condizione di fare alcun investimento sull’aspetto educativo».
Nino Cirillo

#riformabuonascuola, i sindacati temono che il doppio decreto cambi stipendi, orario e carriera

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola, i sindacati temono che il doppio decreto cambi stipendi, orario e carriera

Pantaleo (Flc-Cgil): alla giornata sulla Scuola la solita retorica, con parole vuote, se non si cambia verso pronti alla mobilitazione. Scrima (Cisl): una presa in giro. Di Menna (Uil): c’è un buco nero, neanche un euro per riconoscere impegno e professionalità. Gilda: kermesse di slogan e propositi, ora attendiamo Renzi al varco venerdì in CdM. Pacifico (Anief): poche garanzie su larghe fette di personale che hanno diritto all’assunzione.

Non le mandano a dire: i sindacati della scuola hanno come comune denominatore la delusione per l’andamento della giornata sulla Scuola, organizzata dal Pd nel giorno del primo compleanno del Governo Renzi.

Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, dice diche che dalle parole del premier, “Matteo Renzi e della Ministra Stefania Giannini sulla scuola”, non è arrivata “nessuna novità rispetto alle politiche sbagliate dei governi precedenti. Non ci sono proposte concrete per una scuola di qualità e aperta a tutti e impegni concreti per tornare a investire in istruzione. Abbiamo ascoltato la solita retorica, condita da parole vuote e senza tenere conto delle tante emergenze quotidiane che le scuole devono affrontare”.

La Flc-Cgil, quindi, “rivendica investimenti, stabilizzazione per tutti i lavoratori precari, il rinnovo del contratto e valorizzazione professionale. Il vocabolario del governo è invece più precarietà, licenziamenti, autoritarismo, classificazioni e competizione. Vogliamo una riforma dell’istruzione che parta dal basso coinvolgendo tutte le forze disponibili a un vero cambiamento. Si intende invece procedere in modo autoritario come fatto con il jobs act”.

“Occorre costruire un vasto schieramento per una riforma dal basso radicalmente diversa da quella prospettata dal Governo. Il Parlamento e le forze sociali non possono essere escluse da una discussione sul merito dei provvedimenti sulla scuola. Se non si cambia verso siamo pronti alla mobilitazione”, conclude Pantaleo.

Decisamente contrariato è anche Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola: “ogni giorno che passa – sostiene – appare sempre più chiaro che la proposta del Governo sulla scuola è una colossale presa in giro. Nessuna soluzione vera per i precari: un premier illusionista vuol far credere che li assumerà tutti, in realtà decine di migliaia rischiano di perdere il lavoro che svolgono, precariamente, da anni”.

Scrima sostiene che i supplenti, “dopo tante promesse di riscattarli da una condizione retributiva mortificante”, rischiano ora di trovarsi “le carriere finanziate con lo scippo degli attuali stipendi in nome di una meritocrazia di facciata. Gli scatti di anzianità sono stati l’unico fattore di parziale difesa salariale per chi lavora nella scuola: toglierli ha un solo risultato, diminuire seccamente le retribuzioni, già oggi tra le più basse d’Europa. La scuola è una cosa seria, non la si trasformi – conclude il sindacalista Cisl – in un palcoscenico per esibizionismi privi di senso e di valore”.

Anche Massimo Di Menna, segretario generale della Uil Scuola, presente all’evento svolto a due passi di via Nazionale, a Roma, usa parole di dissenso: “dall’iniziativa del PD di questa mattina, titoli e buone intenzioni – sottolinea Di Menna – con un grande buco nero, neanche un euro per riconoscere impegno e professionalità degli insegnanti e del personale. Ancora una volta la gratificazione sociale non è altro che una pacca sulle spalle”.

Perché mentre “la spesa per istruzione, in rapporto alla spesa pubblica resta al penultimo posto in Europa e – mettono in evidenza dalla Uil Scuola –  gli stipendi restano fermi.  Sui provvedimenti che stanno scrivendo nel chiuso delle stanze ministeriali nessun elemento di chiarezza e trasparenza. Rimane il blocco del contratto, fermo al 2009 con stipendi tra i più’ bassi d’Europa”.

“Sulla carriera degli insegnanti neanche un euro e per ora nessuna idea. Insistiamo su quanto detto al Ministro – puntualizza Di Menna – il Governo eviti di intervenire per decreto sull’attuale assetto retributivo, su orario, retribuzione, progressione economica, tutte materie contrattuali, eviti, in conflitto con la scuola, dopo le 400 mila firme presentate dai sindacati scuola, di aprire un conflitto con la scuola. Si apra un confronto vero”.

Per il leader della Uil Scuola è “positiva la conferma del piano di assunzioni per settembre 2015 di 130/140 mila insegnanti. Vanno coperti anche i posti di personale Ata.  Il decreto preveda organico funzionale stabile e copertura per tutti i posti con contratto a tempo indeterminato; per questo occorre prevedere immissioni in ruolo anche da personale di seconda fascia ora abilitato. Se non si fa così il precariato viene inevitabilmente reiterato”.

Per la Gilda degli Insegnanti l’evento “La scuola che cambia, cambia l’Italia” è stata solo “una kermesse di slogan e propositi apparentemente validi, ma adesso attendiamo Renzi al varco il prossimo 27 febbraio quando in Consiglio dei ministri approderanno il decreto legge sulle immissioni in ruolo e il disegno di legge delega”.
Secondo la Gilda, presente alla manifestazione con diversi rappresentanti sindacali alcuni punti “lasciano già perplessi, come l’idea di devolvere il 5 per mille alle singole scuole che rischierebbe di mettere gli istituti nelle mani di finanziatori privati. Meglio sarebbe, invece, come da noi proposto più volte, defiscalizzare i contributi volontari delle famiglie”.

“Registriamo che sia il ministro Giannini che Renzi hanno ammesso sostanzialmente le numerose critiche al documento La Buona Scuola che – continua l’organizzazione guidata da Rino Di Meglio – li ha costretti a rivedere alcune parti del progetto, in particolare la cancellazione degli scatti di anzianità”.
“Rimangono le forti perplessità della Gilda su valutazione del merito e carriera perchè non è per nulla chiaro quali saranno i criteri utilizzati per valorizzare la professione docente né  chi giudicherà i valutatori. Confidiamo che su questi temi non ci si limiti a un dibattito a colpi di email e di tweet, come vorrebbe Renzi, ma si apra un dialogo reale con i docenti e i sindacati che li rappresentano”.
“Se, come ci risulta, nel CdM di venerdì si discuterà anche del Regolamento delle nuove classi di concorso, – conclude la Gilda – dobbiamo denunciare il mancato coinvolgimento delle organizzazioni sindacali su un argomento di grande importanza per i docenti e per tutta l’organizzazione didattica”.

 

Deluso pure Marcello Pacifico, presidente Anief, secondo cui c’è “ancora troppa confusione sulle 150mila assunzioni. Renzi dice che vuole eliminare il precariato, ma si continuano ad avere poche garanzie su larghe fette di personale che hanno diritto all’immissione in ruolo. Anche gli Ata penalizzati. Il merito dei docenti? Nessuna preclusione, ma prima si allinei lo stipendio. Mancano poi norme a tutela degli scatti e delle mensilità estive dei precari. Bene il potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro, ma serve una riforma complessiva. Sull’introduzione dell’arte e della musica tutti d’accordo, però ricordiamoci che le discipline da introdurre sono diverse e hanno bisogno di un tempo scuola allargato”.

#riformabuonascuola, tanto tuonò che non piovve: tutto rimandato al CdM di venerdì 27

da La Tecnica della Scuola

#riformabuonascuola, tanto tuonò che non piovve: tutto rimandato al CdM di venerdì 27

Terminata la presentazione PD “La scuola che cambia: cambia l`Italia” c’erano diversi partecipanti, in testa i rappresentanti sindacali, che hanno lasciato la sala masticando amaro. Abbiamo allora provato a saperne di più avvicinando i relatori del PD, protagonisti della giornata. Ma non c’è stato verso: per il momento rimaniamo fermi ai titoli…

Tanto tuonò che non piovve. Alla fine la montagna ha partorito il topolino. Tutto quel rumore per nulla… Non occorre abusare delle metafore, ma in certe occasioni valgono più di lunghi commenti. E terminata la presentazione “La scuola che cambia: cambia l`Italia”, organizzata dal PD, c’erano diversi partecipanti, in testa i rappresentanti sindacali,  che lasciavano la sala masticando amaro: l’annunciata presentazione dei contenuti più vicini al personale della scuola (assunzioni, carriera, merito, scatti di anzianità, tanto per ricordarne alcuni) è stata infatti rimandata a venerdì 27 febbraio, quando verrà approvato in Consiglio dei ministri il doppio decreto di riforma: un decreto legge e un disegno di legge delega, con quest’ultimo che necessita di tempi decisamente più lunghi (stiamo parlando di anni), poiché si tratta comunque di “una legge ordinaria”, da approvare quindi in “Parlamento attraverso il normale iter procedurale”.

Abbiamo allora provato a saperne di più, dopo gli interventi, avvicinando i relatori del PD, protagonisti della giornata. Nella ressa di presenti – giornalisti, operatori televisivi, personale, curiosi e addetti alla sicurezza – non siamo stati però fortunati. Ma non poteva andare diversamente, considerando anche la limitatezza degli spazi scelti per la presentazione dell’evento (sarebbe anche da capire perché si è optato per una sala con appena 200 posti a sedere, dopo aver annunciato per settimane l’importanza dell’evento).

Matteo Renzi, il premier, era irraggiungibile, con una miriade di giornalisti e telecamere che lo attorniavano. Davide Faraone, il sottosegretario, non siamo riusciti nemmeno a vederlo. Abbiamo invece incrociato il ministro Stefania Giannini mentre lasciava la Sala Convegni: ci siamo presentati e le abbiamo chiesto chiarimenti, ma senza esito.

A quel punto abbiamo provato a girare il quesito a Francesca Puglisi, responsabile nazionale Scuola del PD e organizzatrice della giornata, che ai piedi del palco rilasciava interviste e faceva foto con diversi presenti. Puglisi ci ha spiegato che “si tratta di argomenti di carattere contrattuale, che verranno presentati la prossima settimana in Consiglio dei ministri. Oggi abbiamo dato spazio alle tante esperienze che stanno arricchendo la Buona Scuola” e che porteranno finalmente “all’autonomia scolastica di ogni istituto”. Tutto chiaro, no? Solo per chi si accontenta dei titoli. Gli altri dovranno aspettare ancora cinque giorni.