Nulla di nuovo con il 2016 sul blocco delle supplenze

Nulla di nuovo con il 2016 sul blocco delle supplenze. Le forme all’appello crescono, ma il governo è sordo e i sindacati tacciono.

Ancora oggi, alla della riapertura delle scuole dopo la pausa natalizia, le firme contro il divieto delle supplenze continuano ad arrivare da molte città
Tra le ultime 30 dal Fantini di Vergato (BO), 140 firme da Ravenna, 10 firme dall’Istituto Saffi, 45 dalle primarie di Ravenna Garibaldi, Pasini, Pascoli, Randi, Torre; i genitori della scuola del Parco Trotter di Milano (380 adesioni); primaria 2 Agosto Bologna (90 adesioni); 100 adesioni dall’IC di Ostellato (FE) IC Serramazzoni (MO) 30 adesioni; IC 12 Bologna (327 firme); IC Stadioborgo Milano (40 adesioni); 10 Scuola infanzia Zamboni Bologna.
In tutto sono ora oltre 5.000. Intanto nelle scuola sono arrivati i docenti dell’organico potenziato che dovrebbero potersi impegnare in progetti formulati dalle scuole e collegati alle loro competenze, invece quasi generalmente vengono utilizzati per coprire le assenze di un giorno o fino a dieci giorni. In pratica il lavoro di questi docenti viene interrotto ogniqualvolta la scuola ha bisogno di supplenti. E’ immaginabile il disagio di lavorare in questo modo e la qualità di progetti portati avanti ad intermittenza.
Nulla di nuovo invece per quanto riguarda le supplenze del personale collaboratore scolastico (proibizione della sostituzione per assenze di una settimana) e di quello di segreteria (divieto assoluto di supplire).
Mandiamo quindi l’ennesima richiesta al governo di cancellare la norma che proibisce queste supplenze per ridare tranquillità, pulizia, efficienza e sicurezza alle nostre scuole. Il silenzio delle componenti della società politica nazionale è scandaloso.
Chiediamo ai sindacati, che in questi mesi non hanno rilanciato la raccolta firme asserendo di essere impegnati ad ottenere la cancellazione della norma attraverso la discussione nelle sedi contrattuali con il governo, di spendere almeno ora, consapevoli di non avere avuto alcun ascolto, almeno una parola pubblica su questo tema.
Chiediamo ai partiti di occuparsi di questo problema che colpisce la quotidianità scolastica. A tutti di risolvere il disagio creato da questa assurda norma che rende precario ogni impegno di chi oggi lavora nella scuola italiana.

Cesp – Centro Studi per la Scuola Pubblica – Bologna

Il libro double-face che aiuta a costruire un centro diurno per disabili

da Redattore sociale

Il libro double-face che aiuta a costruire un centro diurno per disabili

Marisa e Giancarlo Ferrari, disabili e sposati da 40 anni, hanno pubblicato un volume per raccontare le loro storie. Il ricavato finanzierà il progetto “Mai soli” dell’associazione Volare alto. I coniugi hanno in comune la passione per la psicologia e il desiderio di aiutare persone in difficoltà.

TORINO – Nessuno avrebbe scommesso sulla storia d’amore tra Marisa Bettassa e Giancarlo Ferrari, due giovani disabili che negli anni Settanta si innamorano e decidono di sposarsi. Eppure, dopo 40 anni di matrimonio, sono ancora insieme, vivono a Torino e hanno raccontato la loro vita in un doppio libro “Agli estremi dell’arcobaleno” e “Storia di un filo d’erba”. Le loro autobiografie ripercorrono gli ostacoli ma anche i successi di chi nonostante tutto è riuscito ad arrivare al traguardo: “In ritardo, forse più affaticati degli altri, ma ce l’abbiamo fatta”, racconta Giancarlo. Il ricavato sarà devoluto all’associazione “Volare alto” per realizzare un centro diurno e due appartamenti che accoglieranno a Torino persone con disabilità rimaste sole dopo la morte dei loro genitori.

Le vite di Marisa e Giancarlo si incrociano quasi per caso, unite dall’amore per la psicologia e dalla volontà di aiutare gli altri più che di ricevere aiuto. Marisa, al momento della nascita, ha una forte carenza di ossigeno al cervello. La conseguenza è una grave forma di tetraparesi spastica che le impedisce qualsiasi movimento del corpo. «Da bambina pensavano che fossi deficiente perché non riuscivo a parlare bene. Poi mio padre, che era un operaio, si è accorto che capivo e mi ha insegnato a leggere e a contare. Non sono potuta andare a scuola perché la legge non lo permetteva, ma ho comunque imparato tante cose», racconta. Non sono mancati, però, i momenti di sconforto: «Non riuscivo a capire perché ero venuta al mondo e per quale motivo proprio in quelle condizioni. Finché un giorno ho avuto una crisi e ho creduto che non valesse la pena vivere così. Volevo morire perché non trovavo una motivazione alla mia esistenza. Fu un pensiero molto lineare a salvarmi dalla disperazione: se anche un filo d’erba è utile perché costituisce il primo anello della catena alimentare, anche io potevo esserlo», dice Marisa. “Ho capito che potevo amare qualcuno alla pari degli altri, che potevo essere d’esempio nel mio modo di affrontare la vita. Ed ecco che mi sono messa ad attendere: ho aspettato di comprendere quale era il disegno che dovevo seguire perché in quel momento non riuscivo a vedere dove stavo andando. È passato del tempo e sono riuscita a laurearmi in psicologia, ho conosciuto l’uomo della mia vita e ho conquistato tutto quello che desideravo. Ora posso dire di avere avuto un’esistenza quasi sempre stupenda».

L’incontro con Giancarlo, anche lui nato asfittico ma con una disabilità meno grave, ha cambiato la vita di entrambi. “Come tutte le cose serie, la nostra storia iniziò per scherzo. Io gli dicevo: “Sono troppo handicappata, come fai a volermi bene?”. Mi rispondeva che ero stupida a parlare così, che l’amore vero può e deve andare oltre le apparenze», ricorda. I genitori di Giancarlo erano, però, contrari al matrimonio: per loro era inconcepibile che due persone bisognose di aiuto decidessero di vivere insieme. Ma, nonostante tutto, Marisa e Giancarlo sono andati dritti per la loro strada: «In tutti questi anni di vita in comune non ci è mai mancato qualcuno che ci desse una mano». A unirli c’è anche la passione per la psicologia. Giancarlo è diventato psicoterapeuta e ha dedicato tutta la sua vita ai tossicodipendenti nella struttura di accoglienza della Comunità papa Giovanni XXIII di Rimini. “Inserirmi nel loro mondo è stato affascinante e allo stesso tempo terribile. Entrarci significa rivoluzionare il proprio concetto di vita e trovarsi in una mentalità che non ha punti fermi”, sintetizza nel suo libro. “Partivo fortemente penalizzato in riferimento alla mia condizione fisica, ma volevo tentare ugualmente perché ero convinto che la mia persona potesse spogliare il tossicodipendente di alcune certezze fondamentali circa l’uomo e i suoi bisogni primari. Ho trascorso la mia esistenza a incontrare i giovani e le loro famiglie, ad ascoltare le loro storie piene di angoscia».

Tra i tanti ragazzi seguiti da Giancarlo, c’era anche Roberta. “Era sconcertata di avere un operatore handicappato, credevo che avrebbe subito interrotto la terapia; invece non è stato così. Sono riuscito a darle un po’ di coraggio perché anche io avevo vissuto tante difficoltà nella mia gioventù, la sofferenza ci univa. Dopo un paio di mesi si ammalò di Aids ma, nonostante questo, ha saputo recuperare quella gioia di vivere che prima non aveva”. “Ho cercato di dare il massimo con tutti i miei pazienti: alcune volte ci sono riuscito, altre no, ma ho imparato che quello che oggi sembra una meta irraggiungibile, domani può essere una piacevole realtà”. Ed è stato proprio questo il segreto del loro successo e della loro felicità: riuscire a donarsi agli altri, dimenticandosi dei loro problemi: “Tante persone sane nel fisico sono prive di voglia di vivere in quanto credono che per essere realizzati sia necessario raggiungere grandi mete. Noi abbiamo trovato negli altri l’appiglio per andare avanti, per fare delle nostre vite qualcosa di meraviglioso”, conclude Marisa. (Maria Gabriella Lanza)

Le proposte per l’autismo nel programma elettorale di Hillary Clinton

da Redattore sociale

Le proposte per l’autismo nel programma elettorale di Hillary Clinton

Sono circa 3,5 milioni gli americani con disturbo dello spettro autistico: un bambino ogni 68. E “i costi dei servizi sono al i là delle possibilità delle famiglie”. Così la candidata alla Casa Bianca avanza le sue proposte: diagnosi precoce, assicurazione sanitaria, ricerca e lavoro. Marina Viola: “Ha capito noi famiglie”

ROMA – Nella corsa alla Casa Bianca, la Clinton punta anche sull’autismo. E propone un piano per migliorare la vita delle famiglie che ci convivono ogni giorno. La notizia arriva direttamente dal sito della candidata, che proprio in questi giorni ha pubblicato un articolo dal titolo “Il piano di Hillary Clinton per supportare bambini, giovani e adulti con autismo e le loro famiglie”. Un bel pezzo di programma elettorale, che parte dal dato di “3,5 milioni di americani con spettro autistico”, dallala stima che il disturbo colpisca “un bambino su 68” e dalla consapevolezza che “i costi dei trattamenti e dei servizi sono al di là delle possibilità delle famiglie”. Di qui, le proposte della Clinton, che vanno a comporre un pezzo importante della sua campagna elettorale e del suo programma politico: in estrema sintesi, screening nazionale e diagnosi precoce; pressione sugli Stati federali per garantire un’assicurazione sanitaria a minori e adulti con autismo; lotta al bullismo per protegge gli studenti autistici; promozione di una “Autism works initiative”, per favorire l’inserimento lavorativo; infine, realizzazione del primo studio federale sulla presenza di questo disturbo nella popolazione adulta.

Una “proposta importante” secondo Marina Viola, che vive a Boston e ha una figlio con autismo, raccontato recentemente nel suo libro “Storia del mio bambino perfetto”. Commentando la notizia sul portale Pernoiautisti, la Clinton “a dire il vero, personalmente non mi fa impazzire – ammette Viola -: ha votato, in passato, contro i matrimoni gay, ha votato in favore della guerra in Iraq, ha partecipato entusiasta ai giochi sporchi della politica americana più abietta. Ma una proposta importante l’ha fatta: ha messo sul tavolo delle politiche e sociali una visione dell’autismo che condivido appieno, che ha proposto con il linguaggio giusto: non ha parlato di cure come se l’autismo fosse un cancro da debellare, non ha parlato di epidemia, non ha parlato di vaccini. Ha proposto un aiuto pratico per le persone autistiche adulte, sia dal punto di vista di possibilità di lavoro che di dignità di vita; ha parlato di un supporto alle famiglie, ha parlato di un supporto tecnico alle persone autistiche che non hanno voce. Ha capito, in poche parole. Ha capito cosa serve alle famiglie come la mia, che hanno paura che Trump vinca e Hillary perda”. (cl)

La Buona scuola diventa severa: arrivano gli ispettori esterni

da Corriere della sera

La Buona scuola diventa severa: arrivano gli ispettori esterni

Ci siamo, arrivano gli ispettori scolastici

a cura di Carlotta De Leo

Ci siamo, arrivano gli ispettori scolastici, ma non avranno nulla da spartire con quelli di deamicisiana memoria. Gli ispettori della Buona Scuola faranno parte dei Nev, Nuclei Esterni di Valutazione. Non si scherza, le scuole sono avvisate (e allertate).

L’acronimo scelto dall’Invalsi per il nuovo organismo sembra minaccioso, ma è solo una sigla, dietro c’è un progetto articolato e complesso (partito con l’ormai familiare Rav, Rapporto di Autovalutazione redatto dalle singole scuole e pubblicato sul sito del Ministero), e una sperimentazione nello scorso anno scolastico.Terminata quest’ultima fase, nei prossimi mesi di gennaio e febbraio si entrerà nel vivo dell’operazione, così come si è deciso nella Conferenza per il coordinamento funzionale del sistema nazionale di valutazione, costola dell’Invalsi appunto.

E cosa succederà nel concreto? Primo, si illustrerà la cosa alle scuole, ma non ci sono ancora i dettagli del documento che presenterà ai diretti interessati (presidi e professori), tempi e modalità della valutazione da parte degli ispettori esterni.

A metà febbraio si aggiorneranno i neo-valutatori, selezionati – per quest’anno scolastico 2015-2016 – tra i candidati ispettori promossi nel concorso del 2013, insieme ai dirigenti tecnici coordinatori dei Nev. I vari nuclei saranno quindi costituiti e abbinati alle varie scuole da visitare (verificare e valutare).

Infine, il calendario delle ispezioni, che si svolgeranno tra aprile e fine maggio, in circa 400 istituti, tra scuole statali e paritarie (questo il numero previsto dall’Invalsi per quest’anno). Ogni “visita” durerà tre giorni.

E quali saranno queste 400 “fortunate” scuole che accoglieranno per tre giorni gli ispettori dei Nev? Estratte a sorte o quasi, insomma un campione statistico, per il futuro si vedrà. In agenda ci sarà un’altra Conferenza, il 19 gennaio, e forse si aggiungeranno altri particolari.

Alla fine di tutto, è previsto un exit meeting (in italiano suona così provinciale, riunione conclusiva), in cui si indicano i punti di forza e le criticità riscontrate nella scuola. Segue “pagella” (per carità, una semplice “comunicazione informale di fine verifica”) da consegnare a preside e collaboratori. Rapporto da consegnare, naturalmente, non oltre il termine dell’anno scolastico in corso. Le scuole sono avvisate.

Scegliere on line gli istituti migliori. Ecco il portale EduscopioLavoro.it

da La Stampa

Scegliere on line gli istituti migliori. Ecco il portale EduscopioLavoro.it

Creato dalla Fondazione Agnelli è rivolto alle scuole tecniche e professionali
maria teresa martinengo

TORINO

Per la prima volta, grazie ad un incrocio di banche dati mai tentato prima in maniera tanto sistematica, gli studenti in uscita dalla scuola media possono ottenere informazioni sull’efficacia degli istituti tecnici e professionali nella prospettiva del lavoro. A permetterlo con pochi click, per ora limitatamente a Piemonte e Lombardia, è il portale EduscopioLavoro.it, progettato e realizzato dalla Fondazione Giovanni Agnelli con il Centro di Ricerca Interuniversitario per i Servizi di Pubblica utilità dell’Università Milano Bicocca e di un gruppo di esperti.

«La scelta del percorso di studi dopo le medie, della scuola superiore più adeguata alle aspirazioni e ai talenti di ciascuno, è un momento fondamentale – ha sottolineato John Elkann, vice presidente della Fondazione, ieri durante la presentazione al Politecnico – Da due anni la Fondazione Agnelli propone Eduscopio, che ci dice come le scuole superiori italiane preparano all’università. Con EduscopioLavoro ci rivolgiamo agli studenti che non intendono o non sanno ancora se proseguire all’università, mostrando loro in modo chiaro le prospettive occupazionali dei diplomati degli istituti tecnici e professionali».

 

GLI INDICATORI

Il portale (che ha analizzato gli esiti lavorativi di 106.312 diplomati di 750 scuole nel triennio 2009-2010, 2010-2011 e 2011-2012), offre la comparazione tra le scuole in un dato territorio scelto dallo studente nel raggio di 10, 20 o 30 chilometri dal proprio comune di residenza, distanze considerate ragionevoli per spostarsi ogni giorno. In quest’area – e non in assoluto – è logico cercare la scuola che offre i migliori risultati. La «graduatoria», sempre diversa a seconda dei punti di partenza, si basa su tre indicatori fondamentali: la percentuale di diplomati «occupati» che hanno lavorato per più di sei mesi nei due anni successivi al diploma; il tempo di attesa per il primo contratto significativo; la coerenza tra studi fatti e lavoro. È l’utente a scegliere quale indicatore utilizzare. «Naturalmente, per usare in modo efficace le risorse di EduscopioLavoro è necessario che lo studente, grazie anche all’indispensabile lavoro di orientamento che la scuola media dovrebbe fare, si sia già formato almeno un’idea di massima del percorso che intende seguire», ha spiegato Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli.

 

LA FOTOGRAFIA

Per realizzare il portale i ricercatori hanno attinto i dati a due fonti principali (accomunate dal codice fiscale, «opacizzato» però nel rispetto della privacy): l’Anagrafe Nazionale degli Studenti del Miur, che dispone delle informazioni sui diplomati, e le Comunicazioni Obbligatorie (COB) del Ministero del Lavoro, che descrivono ogni rapporto di lavoro dipendente nelle sue caratteristiche. Grazie a questi dati, ogni scuola è poi raccontata in una scheda che scende nel dettaglio della situazione dei giovani entro i primi due anni dal diploma: se hanno accesso a occupazioni più o meno stabili, a lavori saltuari, quanti lavorano, quanto lontano da casa, quanti lavorano e studiano, quanti sono disoccupati e quanti «dispersi», cioè «neet» o all’estero.

 

I dati di EduscopioLavoro rivelano che oltre la metà dei diplomati tecnici e professionali di Piemonte e Lombardia entra nel mondo del lavoro nei due anni successivi al diploma, che il 10,8% di diplomati ha alternato o svolto contemporaneamente attività e studio universitario, mentre il 20% si è dedicato completamente agli studi universitari. Nel 18% dei casi, i diplomati non risultano iscritti a corsi universitari né hanno avuto esperienze lavorative. In media, il tempo di attesa dal momento del diploma è 205 giorni, quasi sette mesi.

A quanto ammontano le tasse scolastiche?

da La Stampa

A quanto ammontano le tasse scolastiche?

Un pro memoria in delle vista iscrizioni al via dal 22 gennaio

Quali sono i bollettini da pagare obbligatoriamente per la scuola? In vista delle prossime iscrizioni alle scuole Superiori (il via è il 22 gennaio), Skuola.net spiega quanto e cosa pagare.

Premettendo che si fa riferimento al Decreto legislativo 16 Aprile 1994, n. 297, art. 200, il portale sottolinea che sono previste quattro tipologie di tasse.

TASSA DI ISCRIZIONE – è richiesta al momento dell’iscrizione alla scuola superiore, non è rateizzabile ed è devoluta integralmente all’Erario; L’importo è di 6,04 euro.

TASSA DI FREQUENZA – deve essere pagata ogni anno e per intero, sia nel caso l’alunno si ritiri dalla scuola sia nel caso sia costretto a interrompere la frequenza per vari motivi. Non deve essere ripetuto il pagamento in caso di trasferimento di uno studente a un altro istituto statale. L’importo è di 15,13 euro.

TASSA D’ESAME – deve essere pagata per intero al momento della presentazione della domanda per sostenere gli esami di idoneità, integrativi, di licenza, di qualifica, di Stato (o esame di maturità). L’importo è di 12,09 euro.

TASSA DI DIPLOMA – deve essere pagata in unica soluzione, al momento della consegna del titolo di studio. Costo euro 15,13.

ESONERO DAL PAGAMENTO DELLE TASSE – In alcuni casi si può essere esonerati dal pagamento delle tasse scolastiche e, per la precisione, questi casi riguardano il merito, motivi economici e l’appartenenza a speciali categorie di beneficiari.

CONTRIBUTI SCOLASTICI – Può accadere che, al momento dell’iscrizione alle scuole superiori, l’istituto scolastico richieda il pagamento di ulteriori bollettini, anche durante la scuola dell’obbligo. In questo caso si tratta di contributi scolastici.

Ne esistono di due categorie:

CONTRIBUTI OBBLIGATORI – le scuole possono richiedere il rimborso delle spese sostenute per conto delle famiglie quali, ad esempio, assicurazione individuale degli studenti per RC e infortuni, libretto delle assenze, gite scolastiche.

CONTRIBUTI VOLONTARI – le scuole possono chiedere, ma non obbligare, un contributo per finanziare attività e iniziative finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa. Tutti i contributi scolastici volontari devono essere deliberati dal Consiglio d’Istituto.

Pensioni, andarci a 62 anni svecchierebbe gli organici e favorirebbe il turnover

da La Tecnica della Scuola

Pensioni, andarci a 62 anni svecchierebbe gli organici e favorirebbe il turnover

“Anticipare l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni, contribuisce allo svecchiamento delle aziende e, con il turnover, a favorire l’ingresso delle giovani generazioni nel mondo del lavoro”.

A chiederlo, ribadendo un concetto espresso già nelle scorse settimane, è Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera.

“Un sistema pensionistico che costringe chi ha più di 65 anni a rimanere in attività, con i propri figli e nipoti disoccupati o precari, “è quanto di più stupido, inefficace e antimoderno possa esistere – aggiunge – il premier Renzi deve tenere fede alla parola data e fare del 2016 l’anno della flessibilità previdenziale”, ha detto Damiano.

Per il democratico, dunque, “il Governo se vuole contribuire a risolvere il problema dell’occupazione dei giovani, deve affrontare il tema della flessibilità del sistema pensionistico”.

Damiano, comunque, sostiene che “il lavoro rimane la priorità per gli italiani anche nel 2016”.

“I recenti dati sull’occupazione dell’Istat indicano un trend positivo nel mese di novembre – conclude – ma questo primo risultato ha bisogno di essere sostenuto e consolidato”.

Quello che non ha detto il presidente della commissione Lavoro della Camera, è che l’eventuale accesso ad un ritorno alla pensione anticipata a 62 anni, non avverrebbe senza oneri per i pensionandi: anche i disegni di legge presentati nel corso dell’ultimo periodo, prevedono una decurtazione dell’assegno pensionistico. La cui entità è proporzionale al numero di anni anticipati. E il prezzo, centinaia di euro mensili, in molti casi viene considerato troppo alto.

Valutazione scuole: la montagna partorisce un topolino, anzi di meno

da La Tecnica della Scuola

Valutazione scuole: la montagna partorisce un topolino, anzi di meno

Un altro pezzetto del complesso e complicato sistema di valutazione dovrebbe prendere avvio nelle prossime settimane.
Il Ministero ha comunicato che stanno per essere avviate le procedure per la designazione dei “nuclei esterni di valutazione” che dovranno a loro volta visitare le scuole e redigere un rapporto di sintesi.
Rapporto che dovrà essere poi utilizzato dalle scuole stesse per mettere in atto processi di miglioramento.
Il regolamento nazionale prevede che ogni anno debbano essere visitate 800 scuole, numero già molto piccolo, visto che le scuole italiane sono 8mila: al ritmo previsto dal regolamento l’intera operazione durerebbe 10 anni.

Ma adesso stiamo arrivando quasi al ridicolo: quest’anno si incomincia con 400 visite e non c’è nessuna garanzia che il prossimo anno il numero aumenti.
Peraltro tutto era ampiamente prevedibile ed è davvero strano che il Ministro e il suo staff non si siano ancora resi conto che l’operazione è davvero modesta, molto modesta.
Il fatto è che di ispettori tecnici non ce ne sono quasi più e anche le assunzioni effettuate nei mesi passati sono bastate appena per coprire il turn over. E’ vero che la legge 107 ha stanziato fondi per attribuire incarichi ispettivi ma va anche detto che le risorse basteranno appena per poche decine di assunzioni.
Insomma, come spesso accade nel nostro sistema scolastico agli straordinari “Piani Marshall” immaginati dalla poitica corrispondono nei fatti iniziative modestissime, o perchè non ci sono risorse sufficienti o perchè non si fa una adeguata pianificazione.

Concorso dirigenti scolastici, ecco le ultime novità

da La Tecnica della Scuola

Concorso dirigenti scolastici, ecco le ultime novità

Cresce l’attesa per il concorso per dirigenti scolastici, previsto inizialmente per il 2015, ma che sarà pubblicato nelle prossime settimane.

Come si è anticipato in precedenza, il concorso dovrebbe prevedere circa mille posti, il 20 per cento in più di quelli effettivamente liberi nell’anno scolastico in corso.
Gli aspiranti presidi, saranno chiamati a scegliere la selezione regionale in cui vorranno concorrere.
Come confermato dal Miur, la preselezione sarà incentrata su normativa, didattica, organizzazione e sicurezza scolastica: i candidati che supereranno questa fase potranno accedere alla prova scritta. E chi sarà valutato almeno con la sufficienza, potrà partecipare anche alla prova conclusiva: il colloquio finale.
La graduatoria definitiva regionale sarà formata dagli idonei, che verranno valutati dalla commissione anche dai titoli presentati.

Non si prevede nessuna novità per quanto riguarda i requisiti di accesso: potranno partecipare, infatti, i docenti e gli educatori assunti a tempo indeterminato in possesso di laurea magistrale o del vecchio ordinamento.

Altro dato certo è che, per essere ammessi, bisognerà aver svolto un periodo di servizio minimo: saranno ancora una volta cinque gli anni minimi necessari, ma la novità potrebbe essere rappresentata dal fatto che per raggiungere questa “anzianità” saranno conteggiati i periodi di docenza come precari, condicio sine quanon però, l’affinità con il titolo di servizio richiesto per la specifica disciplina insegnata.
Niente da fare per per i docenti precari abilitati: per il concorso, l’immissione in ruolo rimane un elemento imprescindibile.

I futuri vincitori parteciperanno ad un corso-concorso, per la prima volta sarà gestito dal Miur, ma finanziato dal Mef e che richiederà anche un contributo economico da parte dei docenti partecipanti. Anche le spese di vitto, alloggio e viaggio saranno a carico dei vincitori di concorso in formazione.

Secondo fonti attendibili, il corso non si svolgerà negli stessi orari dell’attività didattica, ma si prevedono delle formule di “full immersion” dal venerdì alla domenica.
Il Miur potrebbe optare, infine, anche all’utilizzo delle sospensioni dell’attività didattica nazionale, come i giorni di mancate lezioni nei periodi natalizi, pasquali ed estivi, per tenere il corso per i nuovi presidi.

Turi (Uil) sul comitato di valutazione: deriva burocratica

da tuttoscuola.com

Turi (Uil) sul comitato di valutazione: deriva burocratica
Le direzioni regionali nominano d’ufficio e in maniera unilaterale dirigenti e dirigenti in pensione

Una procedura all’italiana: dove non si arriva con la programmazione si decide con la burocrazia. E’ quanto sta accadendo – denuncia il segretario della Uil scuola, Pino Turi – per la formazione del comitato di valutazione nelle scuole”.

La legge – precisa il sindacalista – prevede che nel comitato sia nominato un  componente esterno, scelto tra docenti,  dirigenti scolastici e dirigenti tecnici, senza che sia previsto alcun compenso, per equità si direbbe. Ma invece di procedere con nomine ponderate, destinare a dare equilibrio e competenza, stanno decidendo le direzioni regionali nominando d’ufficio e in maniera unilaterale dirigenti e dirigenti in pensione.”

Il fatto che le direzioni si stiano orientando a nominare dirigenti, anche in pnsione, piuttosto che docenti, sostiene Turi, “indica una deriva tutta burocratica che non presagisce nulla di buono“.

Da un lato si obbligano i dirigenti ad accettare incarichi che non vogliono” – precisa Turi  – nella fattispecie sono  atti negoziali ricettizi che si perfezionano con l’accettazione e non possono essere attuati d’ufficio. E poi – aggiunge – sono incarichi non obbligatori che attengono alla libera scelta delle persone.

“Si sta gestendo” – si legge nella nota che la Uil Scuola ha inviato al Capo di Gabinetto del Miur – una delle più delicate novità normative con approccio meramente burocratico, come si trattasse di semplice adempimento, senza alcuna considerazione sulla ricaduta concreta di tali decisioni: una deriva burocratica che va, a nostro parere, interrotta e corretta”.  

Il ministro è ancora in tempo per intervenire“, conclude la Uil scuola, per evitare la formazione di comitati di valutazione “in cui tutti, genitori, studenti  e dirigenti possono dare lezioni e stabilire criteri di retribuzione dei docenti”. Ma “se veramente qualcuno pensa che genitori, studenti e dirigenti in pensione possano modificare e rinnovare la scuola italiana, vuole dire che in questo Paese la propaganda funziona, eccome“.

A. Pian, Visto in Sala

pianAlberto Pian, Visto in Sala
Lezioni di storytelling attraverso il cinema
Trenta storie cinematografiche, analizzate per aiutare a capire come viene strutturata e come si crea una storia di successo.

ISBN: 9788892536944 Protezione: DRM Free (Watermark) Anno di pubblicazione: gennaio 2016

Il libro è solo in formato digitale
Formati: ePub, PDF
Pagine: 228 (ePub): 296 (PDF)

Edizione: Street Lib Narcissus

ABSTRACT: Quelle che vi apprestate a leggere non sono “recensioni” di film.
Le storie cinematografiche sono un pretesto per affrontare i temi della narrazione sotto diversi punti di vista: l’articolazione di una storia, la creazione della suspense, le tematiche che riguardano i conflitti, le relazioni psicologiche, il rapporto con le fonti storiche, i canoni e gli stereotopi, le isotopie e tanti altri che aiutano a costruire storie efficaci.

“Quo vado?” di Gennaro Nunziante

“Quo vado?”, un film di Gennaro Nunziante con Checco Zalone

di Mario Coviello

 

quovado“Da grande voglio fare il posto fisso”: questa battuta, che è già diventata un tormentone, è pronunciata in una delle prime scene del film dal giovane Checco. Da anni impiegato nell’Ufficio Caccia e Pesca della Provincia, quando si vede togliere il lavoro per l’attuazione della nuova riforma, non si perde d’animo e non rinuncia al suo posto fisso, che gli è valso tanto rispetto e reverenza in famiglia e fra gli amici. Inizia così una peregrinazione nei più sperduti punti dell’Italia, senza mai perdersi d’animo e adattandosi con il suo fare strafottente, a costo di non firmare le dimissioni, come più volte incalzato dal senatore Binetto (simpaticissimo cameo di Lino Banfi). Finché non viene sbattuto al Polo Nord, “romantico” luogo di incontro con la ricercatrice Valeria (Eleonora Giovanardi).

Mi sono avvicinato all’ultimo film di Checco Zalone “ Quo vado”, campione di incassi di queste periodo natalizio con oltre 38 milioni di euro e cinque milioni e mezzo di spettatori, con la puzza sotto il naso dello spettatore che ama i film impegnati. E subito sono stato catturato dallo stile elementare e dalla comicità semplice ed efficace di Checco Zalone e del suo regista Gennaro Nunziante, che mirano volutamente in basso per colpire un po’ più in alto, ma prima di tutto nel segno. Dal paesino pugliese al Polo Nord. Dal calduccio del posto fisso al gelo del pack artico. Dall’italica autoindulgenza all’ipercorrettezza scandinava. Dagli incontri ravvicinati con i prosciutti e i sottolio conservati dai colleghi nei loro confortevoli uffici (pubblici), a quelli con le foche e gli orsi della stazione di ricerca in Norvegia, dove l’inamovibile impiegato di una Provincia pugliese Luca Medici,viene catapultato dalla perfida funzionaria Sonia Bergamasco per cercare di farlo dimettere come vuole la nuova direttiva.

Checco Zalone nella sua quarta fatica ci porta in giro per l’Italia, anzi in giro per l’italietta, quella dei tanti vizi e delle poche virtù. Col solito savoir-faire il comico pugliese ci fa ridere delle nostre debolezze, dei paradossi italici, dei cinismi della politica, che taglia le vecchie province e ingrassa i nuovi municipi, delle scorciatoie della gente comune che anela al “posto fisso” come bene ultimo nella vita. Zalone padre improvvisato di tre figli non suoi, di etnie e credi religiosi differenti, è il nostrano Forrest Gump che può arrivare ovunque, anche in Norvegia. I film di Zalone mi sono convinto che hanno grande successo perchè sono di grande accessibilità, vagamente infantili ,Checco è sempre un bambinone, in fondo. Ecco cosa dice di lui Lino Banfi “Anzitutto la fisionomia: è giovane, ma rappresenta anche la mezza età. Ha una comicità modernissima, ma sa giocare sul filone classico. È normalissimo, eppure coltissimo. Incarna in un corpo solo tre epoche diverse di comicità. È antico e moderno, anzi postmoderno. E ha tempi di battuta musicali: non gli sfugge mezzo dettaglio.” Alla splendida Sonia Bergamasco che ha il compito di convincere Checco a dimettersi dal posto fisso è stato chiesto: Secondo lei cosa ha portato più di cinque milioni di spettatori al cinema?
“E’ un numero stupefacente. Zalone ha intercettato il tema giusto nel momento giusto. Ha avuto una grande sensibilità, ha colto il momento. Molte persone che lo hanno visto mi hanno raccontato di essersi rispecchiati nel personaggio di Checco, nelle sue cadute, nelle sue fragilità, nel suo essere e non essere. Attraverso una risata liberatoria, gli spettatori riescono ad affrontare i loro limiti, mi sembra il film giusto al momento giusto. Qualche critico lo ha definito un film politico tra virgolette, lo è nella misura in cui è una fotografia, storpiata e grottesca, del nostro paese oggi. E’ politico perché ci riguarda come comunità, non si schiera a destra o sinistra, ma si mette dalla parte dell’uomo comune”.

E l’altra protagonista femminile Eleonora Giovanardi di Checco Anzolone dice “”La maschera di Checco riesce a parlare a chiunque, senza puntare il dito. La sua critica sociale è innanzitutto verso se stesso. Lui ama la gente e riesce a tirare fuori il bambino che ha dentro perché ha una intelligenza emotiva”. Mi piace che nel film sia uscito il Checco che ho conosciuto io”.

L’uomo zaloniano, messo a confronto con orizzonti più ampi di quelli del suo ufficetto di provincia, è capace di allargare le proprie vedute, di accettare famiglie allargate, di abbandonare retoriche maschiliste, perfino di imparare a non saltare le code o non suonare il clacson al semaforo.

Insomma, Quo Vado? non è un film banale. Offre spunti e riflessioni, sfrutta Zalone come un canale mediatico, ficcandoci dentro tutte quelle piccole e grandi cose che tengono ancorato un paese come il nostro. E così Quo Vado? si può permettere un finale che apre una speranza per il futuro. Quella speranza figlia di un rinnovamento al quale tutti siamo chiamati a contribuire.

Il merito, le spiegazioni ed i compiti a casa

Il merito, le spiegazioni ed i compiti a casa

di Francesco Scoppetta

 

Come spiegava ai suoi studenti il prof. John Keating (Robin Williams) nel film che è piaciuto a tanti, “L’attimo fuggente (1989)” di Peter Weir, per capire davvero bisogna saper cambiare il proprio punto di osservazione. Perciò li faceva salire sui banchi.

Ho l’impressione che anche dopo la L. 107/2015 ognuno continuerà a guardare fuori dal suo banco e vorrà (farci) credere che quella è la Realtà Vera. Dalla mia finestra vedevo il problema cruciale che ci pone la didattica tradizionale della lezione frontale, e che in parte i Regolamenti di riordino della scuola superiore di secondo grado (d.P.R. 15 marzo 2010) affrontano attraverso la scuola delle competenze. La didattica disciplinare tradizionale è basata sul seguente schema eterno “Spiegazioni + Assegno a casa + interrogazioni e compiti= voti”. Attraverso di essa si sono affermati i miti, scandagliati da Piero Romei, dello specialista disciplinare, un lavoratore autonomo che in ogni scuola mette i voti che vuole ed è in trincea contro la collegialità e nientedimeno l’organizzazione, valori appartenenti, essi dicono, insieme alle prove Invalsi, alla deriva aziendalista della scuola italiana. La scuola delle competenze deve invece fornire agli studenti saperi, saperi pratici e saperi critici, quelle competenze trasversali delle quali anche il mondo del lavoro ha tanto bisogno e che rappresentano il gap tra domanda e offerta di lavoro. E’ paradossale, il fatto che i giovani non trovino occupazione e le imprese viceversa alcuni profili professionali, non può non interessarci. Occorre convincerci che solo una parte di coloro che frequentano la scuola lo fanno per essere, cioè per apprendere disinteressatamente, in un dimensione umanistica della formazione, che non si propone una immediata utilità pratica di ciò che si è chiamati a studiare. Gli alunni, per capirci, non dovrebbero più sapere (avere 6): italiano, storia, matematica, ed. fisica…ma dovrebbero saper fare (abilità) alcune cose. Nel primo biennio di un istituto tecnico attraverso le Uda, le compresenze e la flessibilità dell’orario, le competenze trasversali da raggiungere sono: la capacità di imparare ad imparare, il problem solving, il team working, saper comunicare efficacemente, saper gestire il tempo. Ci dovrebbero essere solo verifiche intermedie e finali con i CdC, con 5 livelli di competenze. Il livello è fatto per migliorare, il voto ti etichetta. I voti farebbero capolino solo sulle pagelle (la contraddizione tra voti e livelli non è mia ma del sistema: Maurizio Tiriticco ha scritto molto bene su questo aspetto).

Insomma, andrebbero (e molte scuole lo stanno facendo) ripensati tempi e spazi della scuola, per es. attraverso la flessibilità dell’orario (ancora rigido e disciplinare) e la settimana corta. La settimana corta finora è un mezzo per spalmare le 32 ore in 5 giorni. Invece l’apertura pomeridiana per me è un sentiero stretto ma indispensabile per arrivare gradualmente ad una meta. Quale? Alle 32 ore di studio (matto e disperatissimo?). Lo schema tradizionale non funziona più da decenni perché lo studio a casa per fare i compiti riguarda gli studenti bravi, ed i bravi potrebbero finanche non venire a scuola la mattina e studiare da soli. Tutti gli altri, ragazzi normali e svogliati, a casa non studiano più (o pochissimo), a meno che non siano seguiti dalla famiglia. Bene, se questo è vero, la scuola italiana deve proporre un patto agli studenti: voi studiate (Attenzione: studiare…non venire, o stare a scuola) 32 ore settimanali a scuola e fuori di scuola sarete liberi dallo studio. Così a scuola non ci si dovrebbe limitare a spiegare e assegnare i compiti per casa, ma si farebbero insieme gli esercizi, si studierebbe sotto la sorveglianza del docente, si farebbe peer education e cooperative learning. Insomma, si imparerebbe. Nello schema tradizionale, ecco la partita del merito (ha ragione Stefanel, complessa ma non simbolica), il docente spiega e si auto-valuta 10, poi assegna per casa e mette i voti alla quantità di studio a casa. Studio al quale lui non ha assistito, per cui non sa quali difficoltà reali incontra il ragazzo. Lo intuisce un poco attraverso le interrogazioni ed i compiti ma ormai è troppo tardi perché il voto negativo è già stato dato. Per fare quello che si dovrebbe fare normalmente a scuola, e che sarebbe compito del docente di classe, aiutare lo studente a superare le difficoltà, il prof pretende l’attività aggiuntiva di recupero, pagata a parte, ma quando le uova sono già rotte, e il voto negativo è già sul registro. Invece della prevenzione dell’insuccesso si predilige la cura. La questione della Impossibile valutazione del merito andrebbe chiarita perché i sindacati, fateci caso, racchiudono tutta l’attività del professore sulla bontà della Spiegazione. Ed è vero, tutti i professori forse sanno spiegare bene, e comunque, dopo 10, 20 anni quasi tutti sono in grado di ripetere alla classe in maniera adeguata un argomento, ma solo pochi sono in grado e vogliono aiutare lo studente a migliorare le sue prestazioni. A capire i blocchi che incontra, i problemi didattici e di autostima che incontra. L’unica cosa che comunemente si dice per spiegare voti negativi è: Non studia oppure Non studia abbastanza. Le cause dell’insuccesso scolastico in genere al prof non interessano, è compito della famiglia, del docente privato, dello Stato, dello psicologo, indagare. Lui spiega poi interroga e mette il voto. Ecco perché tutti si ritengono bravissimi e non valutabili. E lo sono, i conferenzieri tutti lo fanno davvero bene, e la Mastrocola sicuramente era il massimo. Cambiare significa rimettere lo studente al centro della nostra attenzione. Guardare allo studente e non cantare più sempre la stessa canzone: “Me, myself and I”.

E infine, in futuro, occorrerebbe togliere di mezzo esami di licenza media o di Stato. Gli esami di ammissione andrebbero fatti dal ruolo successivo, scuole superiori e università. Per esempio, studenti che hanno finito la scuola primaria faranno un test di ammissione nella scuola superiore dove intendono iscriversi. Finita la scuola superiore, faranno un test di ammissione alla facoltà della città dove intendono frequentare. Vedremo finalmente la reazione di un genitore se il figlio non riesce ad entrare in una scuola o facoltà di prestigio. Altro che cento regalati e Invalsi boicottato.

AA.VV., Doremat – La Musica della Matematica

Doremat – La Musica della Matematica. Il Testo. Insegnare e imparare la Matematica con la Musica
A cura di D. Lentini, di A. Bianchi, C. Cuomo, G. Curti, D. Lentini, N. Magnani, R. Vagni.
Digital Index Editore, Modena, 2015. ISBN 9788899283056.

dorematPubblicato in formato eBook “Doremat – La Musica della Matematica. Il Testo. Insegnare e imparare la Matematica con la Musica” a cura di D. Lentini, dirigente dell’Enfap Emilia Romagna, Scuola di Istruzione e Formazione Professionale, dallaquale nasce l’intuizione del progetto Doremat.
Gli autori del testo sono A. Bianchi, C. Cuomo, G. Curti, D. Lentini, N. Magnani, R. Vagni
Prefazione di Bruno D’Amore e Postfazione di Giorgio Bolondi.

Questo testo nasce da un’intuizione che vede nell’innovazione della didattica una risorsa per motivare i ragazzi all’apprendimento della matematica ed è il frutto di una sperimentazione che dal 2007 ad oggi ha coinvolto quasi 2000 allievi tra scuole secondarie di primo e secondo grado in tutta Italia.

La metodologia didattica adottata ha come scopo l’insegnamento della matematica attraverso la musica e ha visto il proprio sviluppo attraverso un’attività di ricerca e sperimentazione che ha permesso di ripercorrere e mettere in evidenza le analogie che intercorrono tra matematica e musica, compiendo un sistematico lavoro di declinazione in chiave musicale delle conoscenze e delle competenze matematiche del curriculum della secondaria di primo grado fino alla terza classe della secondaria di secondo grado.
Ciò è stato reso possibile dalla stessa natura delle due discipline che usano linguaggi universali e hanno una comune matrice culturale.

Da questo lungo e approfondito lavoro di ricerca e sperimentazione è nato anche il testo per l’insegnamento della matematica attraverso la musica che funge da libro didattico per gli insegnanti dove sono descritti alcuni argomenti matematici dedicati a aritmetica, algebra e geometria, declinati in chiave musicale e proposti attraverso laboratori matematico-musicali.

Il testo è rivolto ai docenti di scuola secondaria di primo grado e primo triennio di scuola secondaria di secondo grado, ed è stato validato scientificamente dai dipartimenti di Matematica e di Musicologia dell’Università di Bologna.

Il libro fa parte della collana Digital Docet – Risorse didattiche digitali curata da Silvia Sbaragli. La collana presenta studi e proposte derivanti dalla didattica delle diverse discipline tesi a fornire agli insegnanti in formazione iniziale ed in servizio, di tutti i livelli scolastici, una lettura utile per acquisire professionalità e per interpretare le situazioni d’aula. I contributi presentati hanno un forte carattere teorico e empirico e puntano sulle riflessioni di ricerca che si trasformano in strumenti efficaci per la realizzazione di “buone” situazioni di insegnamento-apprendimento.