Riforma dell’attuale modello organizzativo

“Il 5 ottobre 2019 si è celebrata in tutto il mondo la Giornata mondiale degli insegnanti. In Italia, soprattutto negli ultimi 20 anni, ci si è progressivamente allontanati dal modello di istruzione delineato nella Costituzione, in cui la scuola pubblica era chiamata ad assolvere un ruolo determinante di “ascensore sociale”. La riforma dell’attuale modello organizzativo, di stampo ‘piramidale’, è un tema di grande attualità per garantire un buon funzionamento delle istituzioni scolastiche, nell’ottica di ridefinire una nuova struttura che metta al centro la mission principale, ovvero l’insegnamento, e corresponsabilizzi in scelte e risultati tutti coloro che partecipano alla vita scolastica. Si tratta di una priorità cui è necessario dare seguito al più presto”.

Lo dichiara la capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Istruzione al Senato durante il convegno “La scuola che vogliamo. Idee e proposte per una Scuola Democratica”, in corso presso il Senato della Repubblica.

assemblea nazionale dei precari della Conoscenza

11 ottobre a Roma assemblea nazionale dei precari della Conoscenza con Maurizio Landini

Un’assemblea nazionale dei precari di scuola, università, ricerca, AFAM e formazione professionale, si svolgerà venerdì 11 ottobre a Roma, dalle ore 11.00 alle 14.00, nell’Aula Magna del CPIA 4 in via San Martino della Battaglia 9.

“Alla ricerca della stabilità. La conoscenza è un diritto, la stabilizzazione un dovere”, questo il titolo dell’iniziativa che sarà un’importante occasione di confronto con le lavoratrici ed i lavoratori sui temi delle stabilizzazioni, del reclutamento, della contrattazione inclusiva e degli investimenti in tutti i settori della Conoscenza. All’assemblea parteciperanno il segretario generale della categoria, Francesco Sinopoli e il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini.

Il precariato nei settori della Conoscenza tocca ormai numeri da record, con intere generazioni di lavoratori costrette a lavorare sotto ricatto. La stessa Commissione europea ha acceso i riflettori sull’Italia paventando l’ennesima procedura di infrazione per abuso dei contratti a termine e atipici nella pubblica amministrazione.

Nella scuola i contratti a termine coinvolgono migliaia di insegnanti ed ATA che da anni continuano a lavorare senza una prospettiva di stabilizzazione. Nell’università un arcipelago di co.co.co., contratti a prestazione d’opera, partite iva, assegni di ricerca, docenze a contratto, colmano una parte fondamentale delle attività di ricerca e didattica del sistema. Negli enti di ricerca è ancora incompleto il processo di stabilizzazione cominciato con la riforma Madia. Nell’AFAM la mancanza di strutturati meccanismi di reclutamento ha provocato lo sviluppo di un precariato diffuso sia tra il personale docente che tecnico amministrativo.

Occorre dare risposta all’emergenza del precariato con l’impiego di risorse adeguate e piani straordinari di stabilizzazioni che attraversino i diversi settori e rilancino a livello complessivo il ruolo della Conoscenza. Serve un cambiamento profondo della normativa vigente sia sul versante del reclutamento che dei diritti e bisogna ripensare il ruolo della contrattazione in chiave inclusiva: salari in ingresso, progressioni di carriera, maternità, permessi, ferie, malattia e welfare.

La FLC CGIL rilancia la propria lotta contro la precarietà e invita tutte e tutti a partecipare all’assemblea dell’11 ottobre.

Le classi “pollaio” sono il 5% del totale. Il governo: interverremo

da Il Sole 24 Ore

di Ilaria Ricci

Un milione di alunni in meno nei prossimi dieci anni. Oltre settantamila nel solo anno scolastico 2018/2019. Il calo demografico si abbatte sulla scuola. Mentre non scende, al contempo, l’organico dei docenti, cresciuto, almeno sulla carta e in termini di “caselle” disponibili, dai tempi della Buona Scuola. Eppure non accenna a scomparire il fenomeno delle cosiddette classi “pollaio”, le aule troppo affollate. Tanto che il governo giallo-rosso lo ha messo in pole position fra le priorità da affrontare nella Nota di aggiornamento al Def approvata lo scorso 30 settembre.

Il tema
Sulle aule sovraffollate c’è già una proposta di legge depositata alla Camera a gennaio che vede come prima firmataria l’attuale sottosegretaria all’Istruzione, Lucia Azzolina, deputata 5 Stelle. Il provvedimento, rimasto bloccato per motivi legati alla spesa necessaria per attuarlo, dovrebbe ora riprendere il suo cammino e arrivare più velocemente ad essere approvato. Il disegno di legge punta ad abbassare i limiti massimi di alunni per classe attualmente vigenti e in vigore dai tempi dell’ex ministro Gelmini.

I numeri
Ma quante sono in Italia le classi che possono definirsi “pollaio”? Secondo i dati forniti dal Miur nel corso della discussione sul disegno di legge presentato alla Camera, le classi sovraffollate sarebbero il 5% circa del totale nazionale. Con percentuali più alte nella scuola dell’infanzia, dove oltre un’aula su dieci ha più di 26 alunni e dove le classi con più di 34 risultano essere oltre 200, secondo i calcoli ministeriali. Meno affollate le primarie, dove il 3,6% delle classi ha oltre 26 alunni. Dato che sfiora il 10% nella secondaria di secondo grado. Decisamente più bassa la quota di classi pollaio nel secondo grado, si parla di poco più dell’1,1% di aule sopra i 30 alunni, ma qui la sofferenza è concentrata nel primo biennio, quello a maggior rischi di dispersione scolastica. In ogni caso si parla, per il secondo grado, di oltre 1.500 classi davvero piene, con 31 alunni di media, ma dove si arriva fino a 34. Ci sono anche più di 28mila classi in cui si va da 25 a 30 alunni.

La questione edilizia
Il dato dell’affollamento medio delle classi va legato poi a doppio filo a un altro tema cruciale, quello dell’edilizia scolastica. Le scuole italiane sono infatti spesso dislocate in strutture poco adatte e nate con altre destinazioni d’uso. Si tratta di plessi dove anche quando la classe non è tecnicamente un “pollaio” a causa del numero eccessivo di alunni si sta comunque stretti, gomito a gomito. Un problema per l’apprendimento e per la sicurezza dei ragazzi. Un tema, anche questo, nell’agenda di governo.


Alunni motivati e più bravi nei test se l’insegnante è empatico in classe e collaborativo con i colleghi

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Migliori punteggi nei test Invalsi, voti più alti e alunni più motivati se l’insegnante è empatico in classe e collaborativo con i colleghi. È quanto emerso dal progetto di ricerca OpenTeQ (Opening the black box of teacher quality) dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, volto a indagare quanto le competenze relazionali degli insegnanti siano un fattore alla base della qualità dell’insegnamento e se sia possibile accrescerle attraverso iniziative di formazione.

La ricerca, basata su una sperimentazione controllata, ha coinvolto 198 scuole secondarie di primo grado, distribuite in 11 province italiane e, già nel primo anno, circa 3mila insegnanti, prevalentemente di italiano e matematica. A loro è stato consegnato un libretto contenente moltissimi suggerimenti pratici – resi in stile colloquiale – per affrontare più efficacemente i problemi relazionali con i quali si confrontano quotidianamente nella scuola.

Per la stesura del libretto, i ricercatori hanno raccolto suggerimenti sull’insegnamento e sull’educazione disponibili a livello nazionale e internazionale, selezionati non solo dalla letteratura scientifica, ma anche dai principali blog di riferimento nel panorama educativo e da un ampio insieme di interviste in profondità con insegnanti di lungo corso. Gli insegnanti stessi hanno contribuito a produrre la formazione, grazie alla valorizzazione della loro esperienza. Ogni tema trattato nel libretto è corredato anche da un breve video, disponibile sulla piattaforma online dedicata al progetto: www.openteq.it.

L’indagine ha dimostrato sperimentalmente che le competenze relazionali degli insegnanti sono cruciali per l’apprendimento dei loro studenti. Grazie alla stimolazione della collaborazione tra gli insegnanti – che hanno apprezzato il libretto – si sono osservati diversi risultati positivi. Da un lato, l’aumento dell’autoefficacia degli insegnanti (+4 per cento) ovvero la loro percezione di saper ottenere l’impegno degli studenti e gestire la classe in modo funzionale; dall’altro il potenziamento della motivazione allo studio degli studenti di queste classi e il conseguimento di punteggi migliori nei test Invalsi (+3,1 per cento test di italiano e +4,5 per cento test di matematica). Tra questi studenti, inoltre, è stato registrato un tasso di promozione più alto dell’1 per cento. L’esperimento ha mostrato anche come i benefici siano stati più intensi nelle scuole in cui il libretto era stato distribuito secondo una logica di attivazione dell’intero collegio docenti, rispetto alle scuole in cui il libretto era stato consegnato individualmente agli insegnanti.

«Abbiamo analizzato scientificamente non solo la centralità della dimensione relazionale nell’insegnamento, ma soprattutto che è possibile fare molto in questa direzione attivando lo scambio comunitario tra docenti nelle scuole – dichiara Gianluca Argentin, coordinatore del progetto condotto in Università Cattolica e ricercatore del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca. Serve quindi investire sulla collaborazione tra insegnanti, come fatto anche nel nostro progetto, quale importante leva formativa. È necessario adottare politiche che rendano le comunità scolastiche più coese, collaborative e persistenti da un anno scolastico all’altro. La scuola italiana purtroppo è stata speso gestita in direzione opposta».

«La partecipazione attiva degli insegnanti è stata un valore aggiunto – osserva Tiziano Gerosa, assegnista di ricerca del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca – la collaborazione scuola-università ha prodotto benefici sia per i ricercatori sia per gli insegnanti, che si sono riflessi sugli studenti».

Il Miur: insegnanti, in Italia oltre 800mila posti in cattedra

da Il Sole 24 Ore

di Alessia Tripodi

Dai prof agli studenti, il Miur pubblica tutti i numeri dell’anno scolastico 2019/2020

Secondo i dati pubblicati dal Miur, per l’anno scolastico 2019/2020 sono oltre 835mila i posti per il personale docente per un totale di oltre 8 milioni di studenti. Anche se l’avvio delle lezioniappare minacciato dal caos nomine . Nel mondo sono 47 milioni di insegnanti per 527 milioni di alunni e anche Google lo scorso 5 ottobre ha celebrato la Giornata mondiale dei prof con un doodle dedicato.

APPROFONDIMENTO: Tutti i numeri del Miur per il 2019/2020

I numeri del nuovo anno scolastico
Gli insegnanti che saliranno in cattedra per l’anno scolastico appena iniziato sono 835.489, dice il Miur, di cui 150.609 per il sostegno. Tra i bravi troveranno oltre otto milioni di studenti: 7.599.259 nella scuola statale e circa 870mila nelle paritarie. Per le statali, la regione con il maggior numero di iscritti è la Lombardia (1.183.493 studenti), mentre il Molise, con 37.170 alunni, quella con il numero minore. Gli istituti statali sono 8.094, a cui si aggiungono – precisa il ministero – i 129 Centri provinciali per l’istruzione degli adulti, per un totale di 8.223.

Per i prof condizioni di lavoro molto diverse da paese a paese
L’obiettivo dell’Unesco è quello di «valorizzare la professione» dei docenti, spiega l’organizzazione, «incoraggiare il loro lavoro e sensibilizzare l’opinione pubblica ai loro meriti e al loro contributo al progresso della società». Alla Giornata mondiale degli insegnanti hanno aderito un centinaio di Stati con una serie di manifestazioni, nate anche per fare luce sulle condizioni di lavoro dei prof, che possono essere radicalmente differenti da un paese all’altro. Se nei paesi del “terzo mondo”, per esempio, gli alunni possono essere anche una novantina per classe – è il caso della Repubblica centrafricana – nei paesi industrializzati ci sono anche classi di 14 alunni, come in Israele, in Finlandia o in Lussemburgo.

Un ragazzo su 5 lascia le superiori o non è preparato

da Corriere della sera

Gianna Fregonara e Orsola Riva

Letti uno di seguito all’altro sono i numeri di una disfatta: 21 per cento nel Lazio, un ragazzo su cinque; 23 per cento in Molise, quasi uno su quattro; 25,7 in Basilicata e 26,8 in Puglia. E poi: Campania (31,9), Calabria (33,1), Sicilia (37) e Sardegna (37,4). Sono tantissimi e sono i ragazzi e le ragazze che il nuovo studio dell’Invalsi sulla «dispersione scolastica implicita», firmato da Roberto Ricci, considera perduti dal nostro sistema scolastico. Quelli che non finiscono le scuole superiori più quelli che arrivano sì al diploma finale ma con un livello di conoscenze così basso che quel pezzo di carta non gli servirà a nulla.

Di solito questa seconda categoria non si conta nei dati ufficiali, quelli che hanno fatto dire al premier Giuseppe Conte nel discorso di insediamento che «la dispersione scolastica resta un’emergenza». Negli ultimi due anni, complice la crisi, i giovani fra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato la scuola prima del traguardo finale sono tornati a crescere attestandosi sopra il 14 per cento. Siamo quartultimi in Europa. Peggio di noi fanno solo Romania, Malta e Spagna, mentre siamo stati superati anche dalla Bulgaria. Questi ragazzi che la scuola perde sono condannati alla marginalità sociale. Molti finiscono nei cosiddetti Neet: non studiano né lavorano e nei contesti più svantaggiati diventano preda della criminalità.

Ma non ci sono solo loro. C’è un altro esercito di ragazzi che la scuola «perde» anche se arrivano in fondo. A farli uscire dal cono d’ombra ci ha pensato l’Invalsi, usando i dati delle rilevazioni fatte all’ultimo anno delle superiori. Ragazzi che pur avendo in tasca un diploma di scuola superiore non sono in grado di capire un libretto di istruzioni di media difficoltà, figuriamoci un modulo assicurativo o bancario. Qualcuno potrà pensare che paragonarli ai «dispersi» veri e propri sia un’esagerazione retorica. Ma (purtroppo) non è così. Quelli che nei test Invalsi arrivano al massimo al livello due su cinque in italiano e matematica e sotto il B1 di inglese sono studenti che stanno per prendere il diploma ma è come se non avessero frequentato la scuola perché hanno le stesse competenze di ragazzini di terza media o al massimo di seconda superiore. In Italia sono il 7,1 per cento, nelle scuole del Nord non superano il 3-4 per cento, ma in regioni come la Calabria sono più del doppio.

La dispersione

Gli abbandoni scolastici sono tornati a crescere

Solo Romania, Malta e Spagna fanno peggio

Se si sommano a quelli che hanno abbandonato la scuola prima di arrivare al traguardo, il totale è da brivido: 22,1 per cento, più di un giovane su 5. Ma le differenze regionali sono enormi, tanto da disegnare una mappa dell’Italia spaccata in tre parti, dove solo Veneto, Friuli-Venezia Giulia e provincia di Trento riescono a stare vicino o sotto l’obiettivo europeo del dieci per cento di giovani che abbandonano la scuola in anticipo, mentre le altre regioni del Centronord sono fra il 15 e il 20 e al Sud si supera il 25% con punte ben oltre il 30 in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Eppure sarebbe possibile individuare precocemente i soggetti più a rischio, se solo lo si volesse. Sono coloro che già alla fine della terza media non raggiungono i traguardi attesi: il 14,4 per cento su base nazionale, fra il 25 e il 30 per cento al Sud e nelle isole. Questi ragazzi a 14 anni hanno accumulato un ritardo negli apprendimenti che è quasi impossibile recuperare «dopo». Di fronte a un fenomeno di questa gravità l’impegno dei singoli docenti e delle singole scuole non può bastare, perché è evidente, come dice la presidente dell’Invalsi Anna Maria Ajello, che «la dispersione è prima di tutto un fenomeno sociale e poi scolastico. E inizia fin dalla composizione delle classi, visto che in certe aree del Paese si dividono ancora gli studenti per provenienza e censo».

Stipendi, docenti italiani in fondo a classifica UE. Rapporto Eurydice

da Orizzontescuola

di redazione

Stipendi docenti italiani: in fondo alla classifica dell’Unione Europea.

Lo dice anche l’ultimo rapporto Eurydice relativo alle retribuzioni a.s. 2017/18.

Il rapporto Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe 2017/18” ha esaminato gli stipendi degli insegnanti e dei dirigenti scolastici delle scuole pubbliche pre-primarie, primarie e secondarie di 42 Paesi europei.

L’analisi si è focalizzata sulle principali variazioni degli stipendi tabellari negli ultimi tre anni ed ha confrontato gli stipendi medi effettivi dei docenti con il PIL pro capite e con i guadagni medi di altri laureati

L’importo degli stipendi medi lordi dei nostri insegnanti è pari a 28.147,00 euro, somma che ci colloca negli ultimi posti rispetto agli insegnanti delle maggiori economie dell’UE.

Questi i Paesi che occupano i primi dieci posti:

  1. Danimarca con 60.444,00 euro
  2. Germania con 55.926,00
  3. Austria con 48.974,00 euro
  4. Paesi Bassi con 47.870,00 euro
  5. Belgio con 44.423,00 euro
  6. Finlandia con 44.269,00 euro
  7. Svezia con 40.937,00 euro
  8. Regno Unito con 37.195,00 euro
  9. Francia con 33.657,00 euro
  10. Portogallo con 29.941,00 euro

Fondo MOF 2019/20, risorse assegnate a ciascuna scuola. Foglio di calcolo

da Orizzontescuola

di redazione

Fondo unico per il miglioramento dell’offerta formativa 2019/20: foglio di calcolo.

Ipotesi di CCNI 2019/20

Sottoscritta, come riferito, l’Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Integrativo, tramite la quale si assegnano alle scuole le risorse del Fondo unico per il miglioramento dell’offerta formativa 2019/20.

MOF 2019/20, siglato CCNI. Scheda UIL con ripartizione risorse

Fondo Unico per il Miglioramento dell’Offerta Formativa

Nel Fondo Unico per il miglioramento dell’offerta formativa,  istituito dall’articolo 40 del CCNL 2016/2018, confluiscono tutte le risorse destinate a:

  • fondo dell’istituzione scolastica (lettera a)
  • attività complementari di educazione fisica (lettera b)
  • funzioni strumentali all’offerta formativa (lettera c)
  • incarichi specifici ATA (lettera d)
  • progetti nelle aree a forte rischio sociale (lettera e)
  • ore eccedenti per le sostituzioni del personale (lettera f)
  • attività di recupero nella scuola secondaria di II grado (comma 5 lettera b)
  • risorse del bonus per la valorizzazione del merito dei docenti (comma 2 lettera a).

Foglio di calcolo

La Flc Cgil ha elaborato un foglio di calcolo finalizzato alla verifica delle risorse assegnate per ciascuna voce e per l’ammontare complessivo.

Il foglio di calcolo

Stop appalti pulizia, sindacati al Miur il 10 ottobre. Sciopero il 15

da Orizzontescuola

di redazione

In attesa del decreto per l’internalizzazione dei servizi di pulizia nelle scuole, i sindacati al Miur il 10 ottobre. Manifestazione e sciopero il 15.

La Filcams Cgil annuncia: “Il 10 ottobre incontro con il Miur per internalizzazione servizi di pulizia. Una prima seppur parziale buona notizia. E’ necessario ora lavorare per dare tempi certi e risposte alle lavoratrici e lavoratori. Per sostenere l’internalizzazione, la tutela dell’occupazione e contrastare le procedure di licenziamento delle aziende. Mobilitazione e sciopero martedì 15 ottobre 2019“. Sono convocate al Miur, giovedì 10 ottobre, anche la Fisascat Cisl, la Usb e la Uiltrasporti.

Il punto sul decreto

La legge di bilancio, come noto, ha previsto lo stop agli appalti di pulizia dal 1° gennaio 2020. Ad oggi non è però stato pubblicato il decreto per la procedura concorsuale, motivo per il quale i lavoratori temono che il processo di internalizzazione possa slittare.

Il 1° agosto si era svolto al Miur il tavolo tecnico con i sindacati, da cui erano emerse delle criticità relative soprattutto alla disparità tra il numero dei lavoratori e dei posti disponibili.

L’onorevole Luigi Gallo, in occasione dello sciopero nazionale indetto dalla Usb l’11 settembre, aveva rassicurato i lavoratori, confermando le assunzioni dal 1° gennaio.

Rassicurazioni sono arrivate anche dal Sottosegretario al Miur, De Cristofaro, il quale in una nostra intervista aveva riferito: “La reinternalizzazione dei lavoratori delle ditte esterne di pulizia è un impegno da completare e rendere concreto in tempi brevi. Vuol dire restituire alle scuole il personale adeguato e necessario per garantire la giusta vivibilità delle aule, per gli studenti e per gli stessi lavoratori. L’assunzione diretta oltretutto produrrà risparmi e garantirà maggiori qualità nelle istituzioni scolastiche“.

Requisiti assunzioni Ata

Le assunzioni Ata verranno effettuate sui posti accantonati, in totale 11.507 (tabella E delle dotazioni organiche 2019/2022). Il concorso avverrà per titoli e colloquio, una volta terminato si stilerà una graduatoria a livello provinciale.

Ricordiamo i requisiti per partecipare al concorso, da definire con il decreto atteso:

  • servizio per almeno 10 anni, anche non continuativi, compreso il 2018 e il 2019, presso le scuole statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari;
  • assunzione in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei predetti servizi.
    Restano esclusi dalla procedura selettiva gli ex lsu di Palermo (articolo 1, comma 622, della legge n. 205 del 27 dicembre 2017).

Ispettori scolastici, in arrivo concorso per 25 posti. Chi potrà accedere?

da Orizzontescuola

di redazione

In una delle bozze circolati del decreto-scuola che a breve sarà al vaglio del Consiglio dei Ministri contenente varie misure oltre a quella sui precari storici e l’avvio dei concorsi.

Concorso Ispettori (dirigenti tecnici)

In uno dei testi sul decreto-scuola circolante, sono presenti anche riferimenti ad un concorso per portare da 55 a 80 degli ispettori scolastici. Il Dl autorizza il Miur a “bandire un concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento, a decorrere da gennaio 2021, di dirigenti tecnici nel limite di una maggiore spesa di personale pari a 7,99 milioni di euro”.

Chi potrà accedere?

Potranno accedere al concorso dirigenti scolastici, docenti della scuola dell’infanzia e primaria, docenti della secondaria, rettori dei convitti nazionali, dirigenti dei conservatori di musica e delle accademie di belle arti. Requisito sarà il servizio e come titolo il diploma di laurea.

Testo a breve in CDM

Il testo potrebbe andare al vaglio del Consiglio dei Ministri questa o la prossima settimana, insieme ad altre misure riguardanti il mondo della scuola. Il concorso viene bandito in deroga a quanto previsto dall’articolo 4 – commi 3, 3 bis e 3 quinquies – del DL n. 101/2013, convertito in legge n. 125/2013, e a quanto previsto dall’articolo 1 – commi 300, 302 e 344 – della legge n. 145/2018.

Fioramonti, la scuola che vogliamo: didattica interattiva, lavori di gruppo e classe capovolta

da Orizzontescuola

di redazione

Il Ministro Fioramonti parlerà di didattica innovativa a  Didacta Firenze, la manifestazione su scuola e formazione che si svolgerà a Firenze dal 9 all’11 ottobre 2019.

Le parole di Fioramonti si basano su un’indagine Indire che ha messo a confronto metodologie didattiche tradizionali e innovative.

Lo studio è stato condotto su 381 classi del territorio italiano, che hanno utilizzato didattiche innovative, dal debate alla flipped classroom. 

Lo studio vuole dimostrare che studenti iscritti alle prime classi ottengono in genere risultati migliori nelle prove Invalsi.

Secondo i dati anticipati da Repubblica.it  “il 68% di queste classi con le avanguardie ha collezionato un punteggio medio in italiano superiore alla media delle classi tradizionali che si trovano in contesti con lo stesso livello socio-economico, mentre per matematica il dato è del 61,6%. “

Studenti, quelli che si diplomano senza avere le competenze di base: 35 mila l’anno

da La Tecnica della Scuola

Si parla ciclicamente di alunni che lasciano la scuola troppo presto, della cosiddetta dispersione scolastica: un fenomeno in lenta riduzione, oggi attestatosi sul 14,5% a livello nazionale – in base alle stime Eurostat aggiornati al 2018 – e con “punte” in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna superiori al 30%.

Risultati deludenti dopo 13 anni di studi

A questi numeri sulla dispersione scolastica “esplicita”, già allarmanti e molto lontani dalla soglia del 10% indicata da Bruxelles come obiettivo del prossimo anno, si devono però sommare quelli di una seconda tipologia di dispersione: quella “implicita”, pari al 7,1% (parliamo di oltre 35 mila studenti) riguardante a quei giovani che escono con un titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado, ma senza possedere nemmeno lontanamente le competenze di base che sarebbero previste dopo 13 anni di scuola.

In pratica, questi giovani non sarebbero in possesso delle cognizioni minime in Italiano e Matematica, per non parlare dell’Inglese.

Il termine è stato esplicitato da Roberto Ricci, responsabile nazionale prove Invalsi, sull’editoriale “La dispersione scolastica implicita” pubblicato questo mese.

Al Sud il dato diventa altissimo

Sommando le due percentuali, a livello nazionale si supera il 20%: significa che un ragazzo ogni cinque non ha terminato il secondo ciclo di istruzione oppure, pur avendolo concluso, non ha le competenze corrispondenti al livello atteso.

Se poi la dispersione “implicita” si somma a quella “esplicita” delle regioni del Sud, si giunge ad un davvero preoccupante 40% di giovani culturalmente inadeguati rispetto a quello che la società si attende da loro.

Le prime difficoltà alle medie

Secondo il responsabile nazionale prove Invalsi, il problema dell’abbandono precoce o della scarsa conoscenza delle competenze minimi, si evidenza già al termine delle scuole medie: eppure, fa notare Ricci, questo dato sfugge quasi totalmente alle statistiche ufficiali tradizionali.

Infatti, se nella provincia autonoma di Trento la percentuale di studenti in difficoltà nell’ultimo anno della scuola media è del 6,3%, del 6,6% in Friuli Venezia Giulia, del 7,2% in Valle d’Aosta e dell’8,1% in Veneto, nella provincia autonoma di Bolzano, nelle Marche e in Lombardia la percentuale sale all’8,3% ma balza al 10,2% in Emilia Romagna, al 10,8% in Umbria, all’11,6% in Toscana, al 12,1% in Liguria.

La percentuale sale al 13% nel Lazio, al 13,8% in Abruzzo e arriva al 16,5% in Molise, al 18,9% in Puglia, al 19,9% in Basilicata.

Scendendo ancora più a Sud, la dispersione assume dimensioni decisamente grandi: si va dal 22,2% in Sardegna al 25% della Campania, dal 27,9% della Sicilia fino al 29,6% della Calabria.

Serve un’azione tempestiva

Ma chi sono gli alunni in difficoltà? Ricci ha spiegato che si tratta di coloro che hanno raggiunto al massimo il livello 2 in Italiano e Matematica, ma non in Inglese, sia nella lettura che nell’ascolto.

L’esperto di prove Invalsi rimarca il fatto che “in alcune regioni del Paese oltre un allievo su quattro termina la scuola media con livelli di competenza di base del tutto inadeguati, creando così le premesse del fenomeno della dispersione scolastica, comunque la si intenda”.

“È del tutto evidente – conclude Ricci – che un’azione tempestiva di aiuto a questi giovani porterebbe, nel giro di pochi anni, a ridurre sensibilmente i livelli della dispersione scolastica complessiva”.

Salvi solo Veneto e Trento

Per quanto riguarda, invece, la dispersione totale, sommando quella che il dottor Ricci definisce “esplicita” e “implicita”, c’è da dire che solo il Veneto e la Provincia autonoma di Trento riescono a mantenere la quota dei dispersi totali al di sotto del 10% dei giovani, raggiungendo quindi l’obiettivo posto dall’Ue per il 2020.

In tutto il resto del centro nord la quota dei dispersi totali oscilla tra il 15 e il 20%. Anche da questa “visuale”, in diverse regioni del Mezzogiorno i dispersi totali sono più del 25% fino a raggiungere il 31,9% in Campania, il 33,1% in Calabria, il 37% in Sicilia e il 37,4% in Sardegna.

Il risultato è che un giovane su tre fra i 18 e i 24 anni in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna non possiede le competenze di base nella capacità di lettura, di fare semplici calcoli, per non parlare della comprensione dell’inglese.

Studente-atleta, continua la sperimentazione anche per l’a.s. 2019/2020

da La Tecnica della Scuola

Anche per il corrente anno scolastico il Miur intende implementare il sostegno e il supporto alle scuole nella programmazione di azioni efficaci che permettano di promuovere concretamente il diritto allo studio e il successo formativo degli studenti impegnati in attività sportive agonistiche di alto livello.

Il progetto è rivolto agli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, statali e paritari, frequentati da studenti-atleti di alto livello che rientrino nelle tipologie riportate nell’ALLEGATO 1 alla nota 4322 del 4 ottobre 2019.

L’adesione dovrà essere effettuata mediante la presentazione di un’apposita richiesta di ammissione, attraverso una procedura on-line su www.campionatistudenteschi.it.

Le funzioni del portale saranno aperte dal 10 ottobre all’8 novembre 2019.

Premio UNESCO 2019 sull’uso dell’ICT nell’istruzione, scadenza 31 ottobre

da La Tecnica della Scuola

Anche quest’anno l’Unesco promuove il Premio per l’uso dell’ ICT (Information and Communications Technology) nell’istruzione, al fine di riconoscere approcci innovativi nell’impiego di nuove tecnologie per ampliare e migliorare l’apprendimento, l’insegnamento e le prestazioni educative complessive nell’era digitale, in linea con l’Agenda 2030.

Il tema proposto per il 2019 è “L’uso dell’intelligenza artificiale (AI) per Innovare
l’istruzione, l’insegnamento e l’apprendimento”.

Ogni Nazione può proporre, entro il temine del 31 ottobre 2019, fino a tre
candidature.

AlPremio possono partecipare le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, statali e paritarie, ivi compresi i CPIA, con un progetto in corso pertinente al tema specifico dell’anno, ovvero che utilizza soluzioni basate sull’intelligenza artificiale per migliorare l’istruzione, per migliorare i risultati di apprendimento.

Le candidature possono essere proposte sul sito: https://en.unesco.org/themes/ict-education/ict-education-prize

Ricostruzione carriera docenti, c’è tempo fino al 31 dicembre: a cosa serve e come fare domanda

da La Tecnica della Scuola

Abbiamo già riferito che dal 1° settembre al 31 dicembre, per il personale di ruolo è possibile presentare domanda di ricostruzione carriera scuola.

Ci chiede un nostro lettore: “A cosa serve la ricostruzione di carriera? Come devo procedere?

La ricostruzione di carriera è molto utile per il personale scolastico, in quanto grazie ad essa, una volta superato l’anno di prova, si possono far riconoscere gli anni di precariato. Spieghiamo nel dettaglio a cosa serve.

A cosa serve la ricostruzione carriera scuola?

La ricostruzione carriera scuola consente di farsi riconoscere, ai fini dell’inquadramento negli scaglioni retributivi (gradoni), i servizi svolti prima dell’assunzione a tempo indeterminato. Per il personale della scuola, il sistema di progressione economica è articolato in gradoni di anzianità: 0-8, 9-14, 15-20, 21-27, 28-34, 35 e oltre. Ecco, in base alle tabelle messe a disposizione dalla Flc Cgil, come funzionano i gradoni.

Servizi valutabili ricostruzione carriera scuola

Una delle domande principali è: quali sono i servizi valutabili per la ricostruzione di carriera?

 L’insegnamento nelle scuole statali: durata minima di 180 giorni in un determinato anno scolastico, purché prestati in possesso di idoneo titolo di studio.
E’ valido come anno intero anche il servizio dal 1 febbraio fino agli scrutini finali (o al termine delle attività didattica nella scuola dell’infanzia). Esistono alcune limitazioni tra i vari ordini e gradi di scuola.

 Servizio di leva/civile: è pienamente valutabile se era in corso alla data del 31 gennaio 1987 o successivamente. Nel caso in cui tale servizio sia stato prestato prima del 31 gennaio 1987 vale solo se è coperto da nomina (costanza di impiego).

1. I servizi, nelle scuole dell’infanzia (sia di ruolo che non di ruolo) e primaria (solo se di ruolo) degli enti locali, ma solo nel caso in cui si è assunti a tempo indeterminato nell’infanzia o primaria.

2. I servizi prestati nelle scuole primarie parificate e nelle scuole secondarie pareggiate.

– I servizi nelle università come professore incaricato, assistente incaricato e assistente straordinario.

Istanze online ricostruzione carriera: come fare domanda

La domanda ricostruzione carriera docenti si presenta tramite il portale Istanze online, attraverso la quale ciascun docente potrà inoltrare la domanda di ricostruzione di carriera alla propria istituzione scolastica di titolarità o sede di incarico triennale entro fine anno.

Con l’apposita funzione del portale “Dichiarazione Servizi”, il docente potrà inviare alla scuola di titolarità o sede di incarico triennale l’elenco dei servizi utili ai fini della ricostruzione, validando quelli già inseriti a sistema o inserendo quelli che eventualmente non vi risultano, quelli svolti presso istituzioni scolastiche non statali o presso altre Amministrazioni.

La scuola alla quale verrà inviato l’elenco dei servizi provvederà, entro il 28 febbraio dell’anno successivo, alla verifica presso le altre istituzioni scolastiche o presso le Amministrazioni citate, avvalendosi anch’essa delle funzioni appositamente attivate a SIDI emetterà il relativo decreto di ricostruzione, se si tratta della scuola di titolarità o di incarico triennale del docente.