Diplomati magistrali, raggiunta l’intesa: ecco che cosa succede

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

Dovrebbe essere siglata venerdì mattina l’intesa sui diplomati magistrali che non hanno ancora avuto una sentenza definitiva di licenziamento e che sono in attesa di una decisione della magistratura. Parliamo di almeno tremila insegnanti assunti con clausola di riserva, che saranno sicuramente licenziati durante l’anno scolastico, quando i giudici amministrativi recepiranno la sentenza del Consiglio di Stato, confermata dalla Cassazione, e dovranno lasciare la cattedra ad un supplente. Un rischio per la continuità didattica e per i docenti, che la scuola non vuole correre: è per questo che Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno avviato un confronto con il governo in modo da portare a casa un accordo che salvaguardi le varie componenti. Anche se mancano le ultime verifiche sui costi e sui modi, l’intesa prevede la possibilità, per i diplomati magistrali, di rimanere in carica con contratto annuale fino al 30 giugno, in modo da non lasciare cattedre scoperte durante l’anno. E, contemporaneamente, di dare ai docenti che sono già predesignati per occupare quei posti- sulla base delle graduatorie- la titolarità giuridica della cattedra stessa. «Accordo soddisfacente – commenta Pino Turi, segretario della Uil scuola- se verrà confermato, perché dà un po’ di certezze sia alle famiglie sia all’amministrazione scolastica. Se non si chiude, si rompe», avverte.

La tutela

La logica dell’intesa è infatti quella di tutelare gli studenti: con i tempi della magistratura, che sono lenti e frammentati, il rischio è che le sentenze arrivino sparse durante l’anno, facendo saltare le cattedre all’improvviso e causando disagi e buchi a scuola. Invece in questo modo gli insegnanti che attualmente coprono quelle cattedre potranno portare a termine l’anno scolastico. E nello stesso tempo chi sa già di avere diritto a quel posto ne potrà usufruire almeno da un punto di vista giuridico, quindi ai fini dell’anzianità di servizio e degli anni di permanenza obbligatoria su una cattedra. La soluzione, che fa leva sul decreto dignità e la formula sul giudicato amministrativo, dovrebbe essere inserita in un emendamento al decreto legge sui precari: l’alternativa sarebbe un disegno di legge ma i tempi rischierebbero di essere più lunghi.

Concorso DSGA, prove scritte 5 e 6 novembre: le sedi

da La Tecnica della Scuola

Si svolgeranno il 5 e 6 novembre 2019 le prove scritte del concorso pubblico, per esami e titoli, per la copertura di 2004 posti per Dsga.

I candidati si dovranno presentare nelle rispettive sedi d’esame muniti di un documento di riconoscimento in corso di validità e del proprio codice fiscale.

La durata di ciascuna prova è pari a 180 minuti.

LEGGI ANCHE: Concorso DSGA: indicazioni per le prove scritte e griglie di valutazione

Gli USR stanno pubblicando gli elenchi delle sedi in cui si svolgeranno le prove, nonché alcune indicazioni utili.

BASILICATA

CALABRIA

EMILIA ROMAGNA

FRIULI VENEZIA GIULIA

LAZIO

LIGURIA

LOMBARDIA

MARCHE

MOLISE

PIEMONTE

PUGLIA

SARDEGNA

SICILIA

TOSCANA

VENETO

I candidati dovranno munirsi di una o più penne di inchiostro nero o blu, in quantità sufficiente alla redazione della singola prova. Dovranno essere utilizzate penne di un unico colore, atteso che l’utilizzo di penne di colore diverso sarà considerato segno di riconoscimento della prova idoneo e sufficiente a comportare, in sede di correzione della stessa, la sua non valutabilità.

Concorso DSGA: indicazioni per le prove scritte e griglie di valutazione

da La Tecnica della Scuola

In merito al concorso DSGA, il Miur ha pubblicato un avviso contenente le indicazioni per lo svolgimento delle prove scritte, che come sappiamo si svolgeranno i prossimi 5 e 6 novembre 2019.

Le prove si svolgeranno nelle sedi individuate dai singoli USR.

Le operazioni di identificazione dei candidati avranno inizio dalle ore 8.

I candidati dovranno presentarsi nelle rispettive sedi d’esame all’ora indicata muniti di un documento di riconoscimento in corso di validità e del codice fiscale. La mancata presentazione nel giorno, ora e sede stabiliti, a qualsiasi causa dovuta, comporterà l’esclusione dal concorso.

Ammissibilità dei testi

Al momento dell’identificazione si procederà alla verifica dell’ammissibilità dei testi normativi previsti dal bando di concorso ovvero leggi, atti aventi forza di legge, fonti di rango secondario e contratti collettivi nazionali del lavoro (compresi codici o raccolte normative), purché non commentati o annotati con dottrina e giurisprudenza (con esclusione delle sentenze della Corte costituzionale riportate in addenda ai singoli articoli interessati direttamente dalle pronunzie di incostituzionalità totale o parziale).

I testi normativi non possono riportare alcun tipo di appunto o annotazione a mano o essere muniti di schemi di qualunque genere, contenenti “mappe” esplicative o “tabelle” che non siano quelle previste dalla legge, aggiunte, suggerimenti o specificazioni di tipo dottrinario o enciclopedico di qualunque tipo. Sono inoltre esclusi i manuali, le circolari e le note ministeriali.

In sintesi, sono duqnue ammessi: codici o le raccolte di leggi, comunemente diffusi in commercio, corredati da indici cronologici, analitico-alfabetico (o sistematico-alfabetico) e/o sommario e i dizionari della lingua italiana. Inoltre, è ammesso il DI 28 agosto 2018, n. 129, relativo al “Regolamento recante istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 1, comma 143, della legge 13 luglio 2015, n. 107”.

Le commissioni esaminatrici ed i comitati di vigilanza possono procedere al controllo dei codici e dei testi ammessi in ogni momento della procedura sino alla conclusione delle prove concorsuali.

Divieti

È inoltre vietato introdurre in sede di esame cellulari, palmari, smartphone, smartwatch, tablet, fotocamere/videocamere e ogni strumento idoneo alla memorizzazione di informazioni o alla trasmissione di dati. Se eventualmente detenuti, devono essere spenti e depositati prima dell’inizio della prova.

Esclusione dal concorso

Il possesso nel corso della prova di testi normativi, raccolte di leggi e/o codici non conformi a quanto sopra esplicitato o degli strumenti richiamati nel capoverso precedente comporta l’esclusione dalla procedura concorsuale.

Svolgimento delle prove

Le prove scritte avranno inizio alle ore 10,00 simultaneamente in tutte le sedi d’esame.

Le prove scritte si svolgeranno in formato analogico e consisteranno in:

  1. una prova costituita da sei domande a risposta aperta, volta a verificare la preparazione dei candidati sugli argomenti di cui all’allegato B del decreto ministeriale del 18 dicembre 2018, prot. n. 863.
  2. una prova teorico-pratica, consistente nella risoluzione di un caso concreto attraverso la redazione di un atto su un argomento di cui all’allegato B del decreto ministeriale del 18 dicembre 2018, prot. n. 863.

La durata di ciascuna delle prove di cui al comma 1 è pari a 180 minuti, fermi restando gli eventuali tempi aggiuntivi di cui all’articolo 20 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Punteggi

La commissione assegna alle prove scritte un punteggio massimo di 30 punti ciascuna.

A ciascuno dei sei quesiti a risposta aperta della prima prova la commissione assegna un punteggio compreso tra zero e 5 che sia multiplo intero di 0,5.

Alla prova teorico pratica la commissione assegna un punteggio compreso tra zero e 30.

Nel caso in cui il candidato riporti un punteggio nella prima prova inferiore a 21 punti, non si procede alla correzione della prova teorico-pratica.

Accedono alla prova orale i candidati che abbiano conseguito, in ciascuna delle prove, un punteggio di almeno 21/30. Il punteggio delle prove scritte è dato dalla media aritmetica dei punteggi conseguiti in ciascuna delle prove.

Registro

All’ingresso ed all’uscita dalla sede di concorso, i candidati sono tenuti a firmare il registro d’esame.

Griglie di valutazione

Il Miur ha anche pubblicato le griglie di valutazione delle prove scritte.

Intellettuali e Scuola

Intellettuali e scuola

di Stefano Stefanel

​Proviamo a simulare un’ipotesi di lavoro (suffragata però da prove pubbliche – leggi articoli e libri – quasi inconfutabili) e proviamo a trarre delle conclusioni come se quest’ipotesi fosse reale. Per prima cosa costituiamo una squadra di intellettuali, che – a vario genere – negli ultimi tempi si sono occupati di scuola, anche con una certa invasività e sicurezza (che non è chiaro da dove gli venga). I nomi: Massimo Cacciari, Giovanni Floris, Susanna Tamaro, Paolo Crepet, Paola Mastrocola, Umberto Galimberti, Alessandro D’Avenia, Ernesto Galli Della Loggia, Angelo Panebianco. Simuliamo sei domande e proviamo a prevedere sei risposte.

Prima domanda

La scuola deve essere più severa e rigorosa e quindi vanno bocciati più studenti perché bisogna mettere fine ad un certo buonismo e lassismo di questi ultimi anni?- Prima risposta: penso che tutti e nove risponderebbero Sì.

Seconda domanda

L’Italia è il fanalino di coda dell’area Ocse per quanto riguarda la dispersione scolastica e inoltre ha un enorme numero di giovani Neet che non studiano e non lavorano; deve quindi attivare politiche contro la dispersione scolastica?- Seconda risposta: penso che tutti e nove risponderebbero Sì

Terza domanda

Bisogna vietare l’uso del telefonino o dello smartphone a scuola perché disturbano l’apprendimento dello studente e inducono ad uno studio sbagliato?- Terza risposta: penso che tutti e nove risponderebbero Sì

Quarta domanda

E’ necessario aumentare le competenze digitali dei nostri studenti visto anche che la competenza digitale è tra quelle indicate dall’Unione Europea, che ormai tutte le professioni sono digitalizzate e che l’Italia – su questo punto – è piuttosto indietro rispetto ad altri paesi dell’area Ocse?- Quarta risposta: penso che tutti e nove risponderebbero Sì

Quinta domanda

E’ necessario ritornare ad uno studio di sole conoscenze lasciando da parte la retorica delle competenze?- Quinta risposta: penso che tutti e nove risponderebbero Sì

Sesta domanda.

Solo uno studente competente è in grado di utilizzare conoscenze e abilità in situazione e a non trovarsi in una condizione di alto tasso di conoscenze e basso tasso di utilizzabilità delle stesse in quanto obsolete o troppo stantie?- Sesta risposta: penso che tutti e nove risponderebbero Sì​

Poiché sono fermamente convinto che andrebbe così adesso provo a capire come sia possibile dare risposte contraddittorie, creando di fatto un corto circuito interpretativo, pur nell’ambito di un pensiero complesso ma ben organizzato. E’ abbastanza agevole comprendere come non si possa combattere la dispersione bocciando di più, come non si possano migliorare le competenze informatiche vietando l’uso degli strumenti multimediali (device) a scuola, come sia impossibile cementare competenze solide e spendibili se non si lavora nell’ambito di una didattica per competenze. Riconosco che è più complesso comprendere come questi pensieri contraddittori possano convivere nella stessa mente o nella stessa persona: è vero che siamo dentro una simulazione, ma è anche vero che gli intellettuali citati (compresa la più estremista e reazionaria tra tutti, Paola Mastrocola) più volte e pubblicamente si sono espressi sui temi che ho citato, con argomenti che si possono far risalire alle mie ipotetiche domande. 

Provo ad individuare alcune interpretazioni che riporto di seguito. La prima interpretazione si lega ad un’idea elitaria e universitaria di cultura, per cui non si possono dare patenti di alcun genere agli ignoranti e per cui una volta stabiliti degli standard intellettuali chi non li raggiunge deve essere bocciato. Questa idea intellettuale cozza contro la realtà pratica in cui né il Ministero italiano, né l’Unione Europea, né l’Ocse, né l’Onu si sono mai sognati di fissare questi standard culturali, che invece gli intellettuali italiani ritengono di avere bel saldi in testa. Per cui credo che veramente l’intellettualità italiana (rappresentata sul fronte della pubblicistica scolastica da chi ho citato), che per lo più insegna nelle Università, ritenga che bocciando di più si produce minor dispersione, perché i bocciati capiscono che si fa sul serio e si mettono a studiare. Così come ritengo che molti intellettuali e troppi insegnanti pensino che vietando l’uso dello smartphone a scuola e costringendo soggetti digitalizzati ad utilizzare i libri si migliori lo studio e si potenzino le competenze digitali. Secondo questo pensiero dovrebbe accadere che, al pomeriggio, quando tutti gli studenti sono connessi mentre fanno i compiti per casa e studiano, l’uso consapevole del web miglioraperché attraverso la repressione gli studenti comprendono la necessità di un uso selettivo e culturale del web. Infine credo che tutti gli intellettuali (me compreso se posso ritenermi tale) non si farebbero mai aggiustare un impianto elettrico rotto o trapanare un dente cariato da un soggetto non competente, ma dotato di molte conoscenze e molte abilità, però ugualmente la crociata contro le competenze sta facendo strada. Alla base di un pensiero contraddittorio, spacciato per realistico e coerente, c’è in questa prima interpretazione la certezza che se si comunica in modo preciso e deciso che bisogna studiare tutti gli studenti immediatamente si mettono a studiare. E’ la vecchia idea delle elite, che sanno più del popolo cosa serve al popolo.

​La seconda interpretazione è più impietosa: chi più chi meno gli intellettuali sono comunque tutti benestanti o ricchi. Lo sono diventati per merito e studiando (qualcuno con qualche scorciatoia, ma niente di che, comunque i migliori vanno avanti) e dunque si stupiscono di come non sia evidente a tutti che studiando si raggiunge anche un benessere economico che, ovviamente, permette di ragionare sul mondo e non solo su come sbarcare il lunario. Poiché, ovviamente, primum vivere, deindephilosophari l’intellettualità italiana non si capacità di come una fetta consistente di studenti si accontenti del vivere, traguardo in sé non difficilissimo da raggiungere in una società occidentale come è quella italiana, e non decida di investire per poter “filosofare” a portafoglio pieno. Il punto di partenza per cui in Italia ci sono oltre un milione di giovani Neet (cioè di ragazzi che non studiano e non lavorano), che le competenze digitali degli italiani sono deboli rispetto a quelle dei giovani degli altri paesi dell’area Ocse e che il mondo cerca competenze certificate e spendibili interessa poco o niente, perché i tre problemi non vengono rapportati alle bocciature, alla proibizione dell’uso dello smartphone a scuola, della repulsione della scuola italiana (in molta parte) per il concetto di competenza, vista come una sorta di diavoleria tecnica priva di contenuti reali.

La terza interpretazione è che il mondo universitario e della comunicazione scritta sia uscito dalla percezione dei problemi reali della scuola che ha quotidianamente a che fare con otto milioni di studenti di tutti i tipi, mentre l’intellettualità italiana ha a che fare con studenti universitari lontani dai problemi della scuola di base (quella dei BES, dei Dsa, dei diversamente abili, degli stranieri di prima e di seconda generazione, degli stranieri senza conoscenze di lingua italiana, dei bambini e dei ragazzi figli di famiglie dedite ai selfie e a whatsapp e non alla lettura di qualsivoglia cosa sia stampata su una carta, con la sola eccezione forse degli scontrini fiscali). Quindi i ricchi possono scegliere tra carta e web e possono trovare nella scuola un utile accompagnamento per la scelta migliore, i poveri stanno tutti ammassati nel web abbandonati dal sistema dell’istruzione e selezionati da una società che si rifà a modelli intellettuali del secolo scorso.

La lettura dei testi prodotti dagli intellettuali citati sulla scuola mostrano una grande incomprensione di quello che è il suo essere un fenomeno obbligatorio e di massa. Mi pare sfuggono loro alcuni concetti-base: l’obbligo non può accompagnarsi alla selezione, un sistema che lascia indietro le persone è un sistema che poi ne pagherà le conseguenze, la cultura è un punto di arrivo non di partenza. Però i miei vagiti di nicchia nulla possono contro i tuoni della potenza mediatica loro (giustamente) concessa. E dunque il loro pensiero – folle e distruttivo – sta entrando sempre più nell’immaginario comune, anche di coloro che lavorano a scuola. Questo immaginario è purtroppo anche attratto dall’idea che, dato che l’insegnante e la scuola hanno perso la grande stima sociale che un tempo avevano, bisogna mettere in atto qualche vendetta e far capire con la forza quello che con la persuasione, la didattica e la pedagogia non si è riusciti a far capire.

#IOLEGGOPERCHÉ 2019

Al via la nuova edizione della grande iniziativa sociale, promossa da AIE, che ha portato sino ad ora oltre 650mila libri nuovi nelle biblioteche scolastiche di tutta Italia

Iscrizioni aperte per le scuole sul sito www.ioleggoperche.it, che diventerà anche Osservatorio delle attività avviate con i libri

L’appuntamento per donare un libro è dal 19 al 27 ottobre 2019

Il Ministro Bussetti: “Un eccezionale motore di promozione della lettura. Invito tutti quanti a partecipare a questa nuova edizione e a dare il proprio contributo”

Riparte #ioleggoperché, la grande iniziativa nazionale dell’Associazione Italiana Editori (AIE) che punta a formare nuovi lettori, rafforzando nella quotidianità dei ragazzi l’abitudine alla lettura grazie alla creazione e al potenziamento delle biblioteche scolastiche. E che in soli tre anni ha portato fino ad ora oltre 650mila libri nelle scuole italiane.
L’edizione 2019 del progetto – che conferma la collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), con il Centro per il Libro e la Lettura, con l’Associazione Librai Italiani (ALI) e il Sindacato Italiano Librai e Cartolibrai (SIL), con l’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) e con il supporto di SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori, – parte oggi e culminerà nel periodo 19 – 27 ottobre.
Da oggi e fino al 20 settembre le scuole italiane (primarie, secondarie di primo e secondo grado e scuole d’infanzia) potranno iscriversi sulla piattaforma www.ioleggoperche.it che, successivamente, permetterà loro anche di raccontare le attività avviate grazie ai libri arrivati con il progetto. Il sito diventerà quindi – con il contributo attivo delle scuole – un osservatorio unico e privilegiato, un’agorà di riferimento della lettura tra i banchi. Dalla fine del mese di aprile anche le librerie potranno iscriversi ed entreranno poi nella fase operativa i gemellaggi tra scuole e librerie.
La parola d’ordine per il 2019 sarà “crescere ancora”: “La partecipazione diffusa delle scuole – ha sottolineato il presidente di AIE, Ricardo Franco Levi – che ha coinvolto nella scorsa edizione 9.195 scuole in tutta Italia, pari a oltre 2milioni di bambini e ragazzi dai 3 ai 18 anni – è il primo grande tassello di un lavoro di squadra che, a partire dagli editori, coinvolge Istituzioni, biblioteche, media e privati cittadini per formare i lettori di domani. Vorremmo davvero che tutte le scuole italiane potessero arricchire il loro patrimonio di libri: per questo ci auguriamo che il progetto continui a crescere, grazie alla generosità e al coinvolgimento di tutti. E puntiamo quest’anno a rafforzare la collaborazione con le tv per raccontare, sempre meglio e sempre di più, la dimensione e le ricadute sociali di questa iniziativa. Vorremmo trasformarla in una Bookthon, una specie di Telethon dei libri, per diffondere il più possibile sia la chiamata alla partecipazione sia i valori positivi che le scuole sono in grado di veicolare”.
La conferma della dimensione sociale viene anche dai numeri. Un’indagine di approfondimento realizzata dall’Ufficio studi AIE (a cui hanno partecipato 2.679 scuole aderenti al progetto 2018) ha evidenziato come i libri di #ioleggoperché siano stati usati nel 54% dei casi per book talk, laboratori, confronti tra studenti, e in un altro 12% per recensioni e schede libro, a opera dei ragazzi stessi, utili a orientare i loro coetanei nella scelta di quali libri leggere, e nel 5% per letture assegnate dall’insegnante. Non solo però attività “di classe”: a sorpresa è emerso dall’indagine anche il piacere di portarsi a casa un libro da leggere. Per primarie e secondarie, risulta che spessissimo (40% delle risposte) le scuole hanno evidenziato la scelta spontanea dei bambini e ragazzi di portarsi a casa i libri, e “sempre” o “spessissimo” i ragazzi si sono consigliati tra loro quale libro leggere tra quelli donati.
“Il merito di #ioleggoperché – ha commentato il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti – è che mette in circolo l’amore per i libri e per la lettura. Un’attività unica, che si sostanzia di passione: una parola che vogliamo torni a essere centrale nel percorso formativo dei nostri giovani. Grazie a questa iniziativa, ogni cittadino può entrare in una libreria e fare la propria donazione alle scuole. Gli istituti, per effetto di questa generosità, possono arricchire le loro biblioteche con volumi diversi e più aggiornati. Gli studenti possono attingere a un numero crescente di storie e trovare così nuovi stimoli, per il loro presente e futuro. Questa manifestazione, frutto di un efficace lavoro di squadra, si conferma un eccezionale motore di promozione della lettura. Invito tutti quanti a partecipare a questa nuova edizione e a dare il proprio contributo. Perché la conoscenza è la chiave di sviluppo del nostro Paese”.
La mobilitazione delle scuole è già partita con una circolare del Ministero: “Nella settimana dal 19 al 27 ottobre 2019 – è scritto – si chiederà a tutti gli italiani di acquistare in libreria un libro da donare per contribuire alla biblioteca di una scuola precisa, con cui la libreria è “gemellata”. Il libro sarà marchiato per sempre dal nome del donatore. Sarà possibile per le scuole anche iscriversi al concorso #ioleggoperché, e organizzare insieme alle librerie, durante i nove giorni di campagna in ottobre, un evento o un’attività in libreria per promuovere #ioleggoperché 2019 e incentivare le donazioni. AIE, attraverso gli editori associati, contribuirà a donare altrettanti libri alle scuole partecipanti che ne faranno richiesta, fino a un massimo di 100 mila copie. Tale momento sarà preceduto e seguito – anche in concomitanza e collaborazione con “Libriamoci” del Centro per il libro e la lettura – dalla presenza nelle scuole di editori, autori, redattori per raccontare le professioni dell’editoria”.
#ioleggoperché è un progetto di AIE, in collaborazione con Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), con l’Associazione Librai Italiani (ALI), con il Sindacato Italiano Librai e Cartolibrai (SIL), con l’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) e con il Centro per il libro e la lettura, con il supporto di SIAE – Società Italiana Autori ed Editori e con il sostegno di Mediafriends.

Mediapartner: Corriere della Sera, Gruppo Mondadori, la Repubblica, La7, Rai, SKY, TGcom24.

Aderiscono, oltre alle librerie indipendenti di ALI e SIL: Ancora, LaFeltrinelli, Giuntialpunto, Libraccio, Librerie Claudiana, Librerie Coop, MondadoriStore, Paoline, San Paolo, TCI Touring Club Italiano, Ubik.

Per saperne di più: www.ioleggoperche.it

Social
Facebook: @ioleggoperche – https://www.facebook.com/ioleggoperche/
Twitter: @ioleggoperche – https://twitter.com/ioleggoperche
Instagram: @ioleggoperche – https://instagram.com/ioleggoperche
YouTube: https://www.youtube.com/ioleggoperchévideo