Tfa e graduatorie: “Così si alimentano nuove tensioni tra i precari”

Tfa e graduatorie: “Così si alimentano nuove tensioni tra i precari”

TFA: con un ulteriore bando a rischio un nuovo sistema di reclutamento snello e aperto ai giovani così come prospettato dallo stesso Ministro. Al contrario si alimenta nuovo precariato. GRADUATORIE: immotivata e ingiusta la differenziazione del punteggio tra le abilitazioni.

 

Alla riunione di oggi il Miur si presenta senza documenti e dati chiari necessari per importanti decisioni che coinvolgono il futuro di migliaia di persone. Così – replica con fermezza la Uil Scuola – è a rischio il nuovo sistema di reclutamento snello e aperto ai giovani, così come prospettato dallo stesso Ministro nell’incontro del 23 aprile. E’ un no netto quello della Uil Scuola in merito all’ipotesi di un nuovo Tfa: occorre mettere fine alla tassa sul precariato e attivare un nuovo sistema che metta insieme formazione iniziale, reclutamento, tirocinio presso le scuole. Contrarietà netta poi sulla valutazione differenziata delle abilitazioni, che crea – mette in evidenza il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna – una immotivata e ingiusta disparità tra le abilitazioni. Con questi provvedimenti si ferma, di fatto, il nuovo meccanismo di reclutamento ipotizzato dallo stesso ministro e si alimenta nuovo precariato.

Riportiamo qui di seguito il dettaglio dei temi affrontati oggi pomeriggio nella riunione al ministero. Per la Uil Scuola hanno partecipato Pasquale Proietti e Noemi Ranieri.

1. TFA ordinario
Già a partire dalla metà di maggio potranno essere presentate domande per l’accesso ai corsi tramite prove preselettive, che, sempre ad avviso del Miur dovrebbero svolgersi nella seconda metà luglio. I posti ammontano complessivamente a 29.080 di cui 22.450 per i percorsi ordinari e 6.630 per il sostegno. L’assenza di ogni documentazione e l’approssimazione dell’informativa, la contestabile utilità della procedura, in contrasto tra l’altro con quanto sostenuto dallo stesso Ministro nell’incontro del 23 aprile non ha consentito una serena discussione. Dopo ben due bandi, non sono ancora stati attivati i corsi rivolti al personale in esubero. Grave risulta la volontà di escludere dalle abilitazioni tutti gli ITP e gli insegnanti di strumento musicale, a fronte di una disponibilità di posti.

2. Graduatorie di istituto
Facendo marcia indietro rispetto alle interlocuzioni precedenti l’amministrazione ha comunicato la volontà di non inserire con riserva, in seconda fascia di istituto, quella degli abilitati, il personale che sta frequentando o ha diritto a frequentare i PAS, ma di prevedere l’inserimento – man mano che si acquisisce l’abilitazione – senza attendere il bando triennale. Ha comunicato inoltre l’orientamento a riconoscere un punteggio agli abilitati TFA, differenziato e aggiuntivo. La UIL scuola ribadisce la propria contrarietà ad una tale differenziazione.

La Uil Scuola, ritenendo possano esserci problemi di illegittimità nella formulazione del decreto, ha dato mandato al proprio ufficio legale per una eventuale impugnativa.

Su questi aspetti assumerà, insieme alle altre organizzazioni sindacali, iniziative di mobilitazione che coinvolgeranno tutti coloro che risultano danneggiati dal provvedimento.

Graduatorie d’istituto: denuncia e diffida

Graduatorie d’istituto, la Cisl Scuola denuncia e diffida

Lascia esterrefatti nel merito e nel metodo quanto sta avvenendo sull’aggiornamento delle graduatorie d’istituto per le supplenze del personale docente. Mentre è in corso un confronto sindacale che per la verità ha visto finora solo informazioni vaghe e contraddittorie, si annuncia l’avvenuta firma di un decreto ministeriale che, stando a quanto pubblicato sul sito del MIUR, si pone in evidente contrasto con le norme regolamentari in vigore.
A parte la palese scorrettezza sul piano delle relazioni sindacali, che sottrae spazi di utile confronto su una materia di notevole complessità e di estrema delicatezza, sorprende come non si tenga minimamente conto dell’inevitabile contenzioso che queste decisioni, assunte in violazione delle norme vigenti e in assenza delle prescritte procedure, sicuramente determineranno, mettendo a rischio il regolare avvio dell’anno scolastico. Davvero fuori luogo, dunque, l’ottimismo con cui si sostiene che le graduatorie d’istituto saranno pronte entro l’inizio delle lezioni. La CISL Scuola ha inviato poco fa al Ministro una nota di diffida, rivendicando un approfondito confronto di merito prima della pubblicazione di un provvedimento che diversamente non potrà che essere impugnato in ogni sede.

Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola

Graduatorie d’istituto docenti e nuovo TFA: dal MIUR arroganza e superficialità

Graduatorie d’istituto docenti e nuovo TFA: dal MIUR arroganza e superficialità

Comunicato stampa di Domenico Pantaleo, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.

Durante l’incontro del 7 maggio al MIUR nel corso del quale era prevista l’informazione e la discussione di due attesi provvedimenti (Graduatorie d’istituto docenti e II ciclo di TFA), l’Amministrazione ha fornito informazioni frammentarie ed imprecise senza alcuna documentazione, oltre a sostenere la possibilità di adozione di atti in spregio alle regolari procedure.

Oltre che nel metodo, sicuramente lesivo delle normali regole del confronto, abbiamo rilevato la totale indisponibilità all’ascolto delle documentate e serie proposte avanzate da tutti i sindacati nel merito dei provvedimenti.

Di fronte a questa situazione tutte le organizzazioni sindacali presenti hanno deciso di abbandonare l’incontro riservandosi successive azioni.

A rendere ancora più grave il comportamento del Ministro è giunta la notizia della firma del Decreto sulle graduatorie d’istituto e sul II ciclo del TFA, del quale si sarebbe dovuto discutere nell’incontro che a questo punto era davvero una finzione.

La misura è colma! Adotteremo tutte le iniziative di mobilitazione e legali per contrastare questa deriva antidemocratica e per bloccare provvedimenti illegittimi e approssimativi, diffidando ancora una volta il Ministro dal procedere su questa strada.

Contro la scuola-quiz

Anche nella seconda giornata di sciopero a Bologna alle scuole primarie bolognesi il disagio degli insegnanti si esprime contro la scuola-quiz

Per il secondo giorno consecutivo l’effetto combinato dello sciopero Cobas e delle critiche di gruppi consapevoli di genitori ha fatto inceppare l’inutile e dannosa macchina da quiz che vorrebbe testare tutte le alunne e gli alunni d’Italia e valutare la scuola solamente sulla base di prove a crocette limitate alle sole abilità di comprensione e di matematica, scaricando tutte le altre materie e gli ambiti della relazione, dell’inclusione, del sostegno, della didattica cooperativa.

Nonostante i comportamenti scorretti di diversi dirigenti scolastici che hanno provveduto a illegittimi cambi di turno e alla sostituzione del personale in sciopero, le scuole che non sono riuscite a svolgere regolarmente i quiz sono numerosissime, quasi in nessun plesso le rilevazioni si sono svolte regolarmente. Nelle seguenti scuole in particolare lo sciopero delle maestre e il boicottaggio dei genitori hanno bloccato del tutto o in parte lo svolgimento dei test.

Ecco un elenco provvisorio delle scuole che hanno bloccato del tutto o in parte lo svolgimento dei test nel solo comune:

Marella; Longhena; Bottego; Fortuzzi; Manzolini; Armandi-Avogli; Chiostri; Romagnoli; Acri; Carducci; Scandellara; …

In molte scuole si sono presentati solamente gli insegnanti del pomeriggio, limitando l’astensione al turno interessato alla “somministrazione dei test”. In altre sono stati gli stessi genitori che hanno tenuto i bambini a casa ed è significativa la nascita di iniziative dal basso che propongono attività didattiche e ludiche per i bambini tenuti a casa dai test, come quella nata a Castel San Pietro promossa dall’associazione Spazio creativo.

Lo sciopero inoltre ha visto l’adesione anche di molti insegnanti delle classi non coinvolte nella “somministrazione”, sia per esprimere la contrarietà alla “scuola dei test”, sia per rivendicare le altre richieste incluse nella piattaforma Cobas: restituzione degli scatti di anzianità e rinnovo contrattuale, NO ai soldi alle scuole private, alla riduzione di un anno della scolarità, ai BES, alle classi-pollaio; per massicci investimenti nella scuola pubblica, per l’assunzione stabile dei docenti ed ATA precari e la definitiva garanzia del mantenimento del ruolo docente per gli “inidonei”, per il pensionamento immediato dei Quota 96.

Corollario: la chiusura anticipata delle scuole ha comportato la disdetta del pasto di centinaia di alunni, in continuità con il riuscitissimo sciopero della mensa del 5 maggio.

Ora il testimone contro i quiz invalsi passa alla scuola secondaria: il 13 lo sciopero dei lavoratori sarà affiancato dalle azioni di boicottaggio degli studenti. L’appuntamento è alle ore 9,30 davanti all’Ufficio Scolastico Regionale.

IL DIGITALE A SCUOLA

IL DIGITALE A SCUOLA:

UNA “DUE GIORNI” DI FORMAZIONE SULLE PRATICHE DIGITALI

E SULL’EVOLUZIONE DELLA DIDATTICA IN CLASSE

 

Prenderà il via venerdì 9 maggio, a Bologna, una “due giorni” di formazione sul tema delle strumentazioni e delle pratiche digitali in aula organizzata dal Servizio Marconi TSI dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna. Tre sono i momenti di convegno a cui parteciperanno oltre 300 iscritti (docenti, dirigenti scolastici e ricercatori universitari provenienti anche da fuori regione). Si comincerà al Teatro Testoni con la presentazione dei progetti che hanno interessato le scuole della nostra regione nell’ultimo anno scolastico; con l’occasione si farà il punto sulle sperimentazioni in avvio (oltre 200 scuole introdurranno in classe computer e tablet che si andranno ad affiancare alle LIM e ai sistemi di proiezione interattiva). A seguire, il focus si sposterà sul tema dell’uso delle tecnologie e sull’impiego delle immagini nell’ottica di una comunicazione accessibile a tutti. Sabato mattina, nella sede del Conservatorio cittadino, si svolgerà una tavola rotonda per approfondire le problematiche connesse all’introduzione del digitale nelle classi: in particolare si rifletterà sulle modalità di apprendimento delle nuove generazioni e sull’effetto sulla scuola dei nuovi contenuti digitali proposti in rete da community ed altri attori “non convenzionali”.

Sono inoltre previsti dei laboratori su temi specifici, di taglio pratico e a numero chiuso, rivolti ai docenti. Fra questi spicca il laboratorio per docenti di musica che per la prima volta apriranno la loro attività di insegnamento alle tecnologie digitali.

Nell’ambito dell’iniziativa verrà inoltre attivato un esperimento di formazione sul campo dei docenti. Oltre 50 scuole della regione apriranno infatti le porte delle loro aule per illustrare dal vivo ai visitatori come si sta realizzando la digitalizzazione della didattica. L’esperimento costituisce un’occasione per i docenti per apprendere nuove modalità di conduzione della classe attraverso l’interazione diretta con gli studenti e nella condivisione sul campo delle buone pratiche.

“L’iniziativa costituisce un momento formativo importante per i professionisti della scuola della nostra regione” – afferma il Vice Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna Stefano Versari – “l’introduzione della strumentazione digitale in classe, realizzata grazie ad interventi pubblici e a donazioni private, rende sempre più necessaria l’attivazione di iniziative come questa, al fine di favorire una evoluzione della didattica in ogni livello scolastico. La tecnologia interessa ormai ogni aspetto della vita quotidiana, anche nelle aule” – prosegue Stefano Versari – “la scuola deve, grazie all’azione di dirigenti e docenti, continuare a mantenere la leadership dei processi educativi evolvendo le sue pratiche e le sue modalità. Questo evento vuole offrire al mondo della scuola, in tutte le sue componenti, uno spaccato aggiornato delle problematiche correlate all’utilizzo delle nuove tecnologie ed analizzare le azioni più efficaci messe a punto dal sistema scolastico della nostra regione per il loro superamento”.

 

Ecco il link con tutte le informazioni sull’iniziativa: http://serviziomarconi.w.istruzioneer.it/digitale-scuola/

 

Studenti demotivati, crollano i voti

da Corriere.it

RAPPORTO OCSE-PISA 2012

Studenti demotivati, crollano i voti

Non serve isolarli con programmi speciali: coinvolgerli in classi «miste» funziona

di Francesca Borgonovi, ricercatrice Ocse-Pisa

Uno dei problemi della scuola Italiana è la mancanza di motivazione degli studenti. I dati Ocse Pisa certificano che troppo spesso i nostri ragazzi saltano lezioni o giorni di scuola senza giustificazione e l’Italia continua a mantenere un triste primato per quel che riguarda la dispersione e l’abbandono scolastico: troppi ragazzi infatti si perdono per strada e abbandonano gli studi prima di raggiungere un diploma. Tutto questo è un problema perché la motivazione è un ingrediente fondamentale per costruire una scuola che funziona: i risultati dell’indagine Ocse Pisa mostrano infatti che i risultati accademici degli studenti motivati sono molto superiori a quelli degli studenti con scarsa motivazione.

Come può un sistema scolastico motivare gli studenti?

Questi i dati, ma come può un sistema scolastico promuovere una maggiore motivazione negli studenti? Quando si cerca una soluzione alla mancanza di motivazione nella scuola spesso si indicano politiche volte a indirizzare un maggior numero di studenti verso programmi più legati alla vita “reale”, dove l’insegnamento è maggiormente legato all’applicazione delle competenze alla vita lavorativa e di ogni giorno. Perché, si sottolinea spesso, non tutti gli studenti vogliono e devono andare all’Università dopo aver terminato gli studi secondari, e un paese con soli laureati non funziona. Tutto vero, ma l’Italia non è la Corea del Sud dove quasi la totalità degli studenti completa studi universitari: da noi sono pochi i ragazzi che si iscrivono all’università e ancora meno quelli che ottengono una laurea. Lo studio Ocse Pisa ha esaminato la relazione tra la motivazione degli studenti 15enni e diversi metodi che i sistemi scolastici adottano per raggruppare gli studenti tra scuole diverse. I risultati indicano che la motivazione degli studenti è inferiore in quei sistemi scolastici che offrono un maggior numero di programmi distinti, dove la percentuale di studenti che frequentano indirizzi tecnico-professionali invece che indirizzi accademici è maggiore, dove gli studenti sono raggruppati o selezionati per questi programmi in giovane età, dove una grande percentuale di studenti frequenta scuole accademicamente selettive, e dove una grande percentuale di studenti frequenta scuole che trasferiscono gli studenti con scarsi risultati, problemi comportamentali o esigenze di apprendimento speciali in altre scuole.

Le «classi omogenee» non riescono a motivare i ragazzi

I sistemi scolastici che adottano politiche volte a creare classi omogenee per interesse attraverso il raggruppamento degli studenti in diverse scuole o indirizzi tendono quindi ad essere sistemi dove la motivazione degli studenti è inferiore, non maggiore. Inoltre in questi sistemi la famiglia di origine ha un peso più considerevole nel determinare i risultati accademici degli studenti. In teoria la creazione di classi omogenee attraverso politiche volte a raggruppare gli studenti in scuole e orientamenti diversi potrebbe consentire agli insegnanti di adattare il loro approccio pedagogico e l’insegnamento alle esigenze specifiche di ciascun gruppo di alunni. Tuttavia queste politiche in genere rafforzano le disparità socio-economiche e quindi spesso si traducono in differenze di opportunità di proseguire ed eccellere negli studi perché gli interessi e le attitudini dei ragazzi sono ancora in continua evoluzione. La selezione avviene infatti troppo spesso in base criteri quali la capacità delle famiglie di supportare, motivare ed aiutare i loro figli a navigare il sistema scolastico e quindi fattori che hanno poco a che fare con le capacità degli studenti di eccellere. Inoltre spesso il tentativo di creare indirizzi di uguale valenza pedagogica agli indirizzi accademici ma dove l’insegnamento è più fortemente legato all’applicazione pratica delle competenze troppo spesso si perde nella creazione di programmi meno validi sul piano dei contenuti. Questi sono fattori altamente demotivanti per molti studenti perché l’adottare politiche di selezione comunica agli studenti, alle loro famiglie e agli insegnanti stessi che non ci si può aspettare molto dai più, ma che solo pochi studenti possono conseguire risultati scolastici eccellenti. Si corre quindi il rischio di demotivare gli stessi studenti che potrebbero trarre un maggiore beneficio se i loro genitori, i loro insegnanti e le loro scuole avessero grandi aspettative per loro.

Scuola, l’altro liceo: una doppia maturità per i ragazzi del mondo multilingue

da Repubblica.it

Scuola, l’altro liceo: una doppia maturità per i ragazzi del mondo multilingue

Un’istruzione specializzata e internazionale per rendere più competitivi i propri figli è l’obiettivo di molte famiglie. Dalle lingue straniere alla matematica: spesso scelgono gli istituti privati. Ma anche il pubblico adesso allarga l’offerta e seleziona gli studenti più motivati

di MARIA NOVELLA DE LUCA

Dalle lingue straniere alla matematica: l’obiettivo di molte famiglie è un’istruzione specializzata e internazionale per i propri figli È LA paura di restare indietro. Sepolti nel ritardo di un paese senza finestre sul mondo. Guardando i figli crescere con il magro bagaglio dell’inglese ‘scolastico’, e vederli arrancare nell’universo multilingue che li circonda, popolato ormai di addestratissimi baby poliglotti. Così chi può corre ai ripari: asili trilingue per i più piccoli, scuole internazionali fin dall’infanzia e licei anche statali che garantiscano, almeno, la doppia maturità. È l’altra faccia del declino dell’istruzione pubblica, erosa e devastata da anni di tagli: come già avviene in Inghilterra o negli Stati Uniti, le famiglie che possono pagare rette alte o altissime, o che scelgono di indebitarsi, cercano per i propri figli percorsi di studio alternativi, internazionali. Perché se l’avvenire è altrove, meglio prepararsi fin da piccoli a navigarci dentro. Ormai è una corsa. Anche se i costi possono variare dai seimila euro delle scuole francesi e tedesche, ai ventimila euro l’anno dei campus americani e inglesi.

Alla Deutsche Schule di Roma, grande e razionale edificio immerso in ettari di verde e con una piscina olimpionica interna, il 54% degli allievi è italiano. E le iscrizioni, dal 2010, quando già la crisi era alle porte, aumentano di anno in anno. Al liceo Chateaubriand, storico istituto francese che ha il privilegio di sorgere tra i giardini di villa Borghese, il 60% degli studenti arriva da italianissime famiglie della Capitale. Alla ‘Deledda international school’ di Genova, unico centro italiano a partecipazione pubblica che segue i programmi dell’Ibo, ossia l’International Baccalaureat, diploma che apre le porte di tutte le università del mondo, hanno raddoppiato le sezioni per poter accogliere sempre più studenti, nonostante la rigidissima selezione in entrata. Lunghe liste d’attesa anche al famoso ‘Collegio del mondo unito’ di Duino, vicino a Trieste, ambitissimo liceo multilingue a cui si accede democraticamente con borse di studio. E al Saint Stephen’s, una tra le più radicate scuole angloamericane nel nostro paese, la quota di allievi non stranieri ha superato il 36% delle iscrizioni.

Racconta Jutta Eberl Marchetti, rappresentante dei genitori della Deutsche Schule di Roma: “Sempre più famiglie italiane chiedono di iscrivere i loro figli alla scuola tedesca, infatti stiamo ampliando le classi dei più piccoli, perché da noi è fondamentale iniziare a tre anni, altrimenti l’apprendimento della lingua diventa troppo difficile. Dal 2010 abbiamo avuto un netto incremento di allievi: quello che vince è il metodo, il controllo pedagogico, i ragazzi studiano in tedesco, in inglese e in italiano, vengono abituati all’autonomia ed entrano facilmente sia nelle università europee che in quelle americane. E metà della retta la paga lo stato tedesco… “.

Numeri ancora marginali, numeri che raccontano però un’Italia che cambia, e dove per la prima volta si profilano scuole di serie A e scuole di serie B. Ma dove a fare la differenza non sono più i ricchi collegi (spesso religiosi) scelti per censo e per appartenenza, e non di rado diplomifici, ma quelle realtà che garantiscano percorsi internazionali. Ossia finestre sul mondo. Sottolinea Joel Lust, preside del licée Chateaubriand: “Abbiamo 1476 allievi di venticinque nazionalità diverse, ma oggi la maggioranza sono italiani. La retta varia dai 4.500 euro delle primarie ai 5.500 delle classi superiori. Siamo una istituzione storica, molti ex studenti che hanno frequentato Chateaubriand continuano ad iscrivere i loro figli. Ma non è soltanto tradizione – dice Lust – qui si studia in francese, inglese e in italiano e si esce con una doppia maturità, abbiamo atelier di cinese e di arabo. Ed è questo credo che rende ancora la nostra scuola così ambita”.

Un approccio diverso alla cultura, più veloce, più scientifico. Anche più ludico a volte. Sarina Gosio, vice preside del ‘Deledda international school’, parla con entusiasmo della selezionatissima scuola in cui insegna, voluta dal comune di Genova, riconosciuta sede del Baccellierato Internazionale, unico liceo italiano che dura quattro anni e non cinque. “La richiesta è sempre più alta, ma noi scegliamo soltanto gli studenti più motivati, e oggi abbiamo allargato il nostro programma anche alle medie. È un percorso radicalmente diverso rispetto a quello italiano, si svolge completamente in inglese e credo che la nostra forza sia quella non solo di offrire una maturità ‘globale’ ma di insegnare a studiare così come avviene nel resto del mondo”.

Non poco infatti si è appannato nei nostri licei, spesso arroccati su un approccio filologico del sapere che stride con quanto il mondo chiede. Pur con delle aperture. Se infatti l’offerta multilingue oggi in Italia è soprattutto privata, e del tutto carente nelle primarie e secondarie pubbliche, in diversi licei statali pur tra mille difficoltà si cercano di moltiplicare le opportunità. Dalla doppia maturità (francese italiana, spagnola italiana) alle certificazioni Cambridge per l’inglese, dai corsi di cinese a quelli di tedesco.

Isole però nel declino collettivo, come spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. E proprio nel volume sulla ‘Valutazione nella scuola’ da poco pubblicato, i ricercatori della Fondazione si soffermano sull’esodo dagli istituti pubblici, da parte delle famiglie più ‘avvertite’. “Sappiamo che è sufficiente che alcuni degli studenti migliori fuggano dalle ‘normali’ scuole statali – si legge nella ricerca – per andare a frequentare scuole selezionate, statali o private, perché si inneschi una reazione a catena, in cui le scuole d’élite raccolgono un numero crescente di talenti e risorse mentre il resto entra in una fase di declino accelerato. Difficile non pensare alla fuga da quelle con un’alta percentuale di stranieri. O al successo di iscrizioni alle private internazionali”.

Ragiona infatti Andrea Gavosto: “Non abbiamo ancora i dati quantitativi di questo abbandono, ma è evidente che nel decadimento della scuola pubblica molte famiglie si stanno attrezzando. Ed è preoccupante, è la prima crepa profonda che può portare l’Italia ad una situazione come quella inglese o americana, dove nel pubblico restano soltanto le fasce più povere e difficili della popolazione”. Per questo, spiega Gavosto, sarebbe utile e necessario che la scuola si aprisse alla valutazione, ad un rapporto trasparente con le famiglie. “I licei pubblici erano un tempo i luoghi di elezione in cui si creava la classe dirigente: oggi le eccellenze ci sono ancora, ma mancano la formazione scientifica, le lingue, un approccio più moderno e globale. Il boom delle private internazionali ci dice proprio questo: i genitori cercano una istruzione globale per i propri figli e sono disposti a qualunque sacrificio. E il rischio di declino della scuola pubblica – conclude Gavosto – è ormai evidentissimo”.

La scuola digitale non licenzia il prof

da La Stampa

La scuola digitale non licenzia il prof

La tecnologia è un mezzo, non un fine: insostituibile il rapporto docente-studente
juan carlos de martin
Ci interroghiamo sul rapporto tra tecnologia e istruzione da almeno 2.400 anni, ovvero, dal dialogo tra Socrate e Fedro sulla scrittura. Ma anche restando agli ultimi 150 anni è impressionante la mole di proposte e di esperimenti riguardanti l’uso della tecnologia (in particolare pellicola, radio e televisione) nella scuola. Tuttavia, benché spesso annunciata, la rivoluzione educativa per via tecnologica non si è mai materializzata. Che cosa lo ha impedito? Perché le classi di oggi sono, nella loro essenza, simili a quella di un secolo fa? Cosa ha bloccato, – ripetutamente e in tutto il mondo – lo sforzo di generazioni di «creatori distruttivi» armati di tecnologia?

 

A ostacolare sul serio la rivoluzione non è stata né la resistenza corporativa degli insegnanti, né il conservatorismo di molti genitori, né l’incapacità dei Ministri di capire il nuovo che avanza. Più banalmente finora ogni nuova tecnologia si è dimostrata complessivamente inadatta a rimpiazzare il rapporto docente-studenti. Un rapporto che include la capacità di motivare ogni studente singolarmente, di capire da un viso sciupato l’esistenza di problemi extra-scolastici, di dedurre da un sguardo sperso la necessità di spiegare di nuovo e tutte le altre situazioni che si creano quando un numero limitato di esseri umani condivide uno spazio fisico per imparare insieme.

 

E’ dunque corretto concludere che la tecnologia non avrà mai posto nelle classi? Ovviamente no. Innanzitutto perché in questi decenni la tecnologia si è comunque conquistata un ruolo educativo significativo, basti pensare all’uso della televisione da parte dell’Open University britannica (e non solo), alle lavagne multimediali o ai documentari. Ma soprattutto perché non è possibile predire il futuro: ogni nuova tecnologia andrà valutata senza pregiudizi, soppesando vantaggi e svantaggi, come raccomandava di fare, nel già citato «Fedro» di Platone, il faraone Thamus.

 

Ciò vale anche per l’ondata tecnologica digitale. Anche questa ondata produce, come le precedenti, i suoi rivoluzionari, persone che – spesso ignare della storia – sembrano genuinamente stupite che le classi somiglino ancora a quelle di cento anni fa.

 

Ricordiamo allora i fondamentali.Innanzitutto, la tecnologia è un mezzo e non un fine. In altre parole è razionale adottare una tecnologia solo se permette di raggiungere meglio determinati obiettivi educativi. Ciò richiede analisi costi-benefici basate su dati empirici: gli slogan non bastano. In secondo luogo, dopo oltre due secoli di esperimenti educativi, il modello tradizionale impostato su docente e studenti in presenza fisica deve essere trattato con rispetto. Non perché tale modello sia perfetto (non lo è) o perché non sia possibile pensare ad alternative (ne sono state sperimentate miriadi), ma perché tale modello ha dato ragionevole prova di sé con centinaia di milioni (miliardi?) di studenti e milioni di insegnanti, nell’arco di numerose generazioni e in contesti sociali, economici e politici molto diversi tra loro. Non è poco.

 

Di conseguenza, è razionale concentrarsi, più che su scenari rivoluzionari, sui punti deboli del sistema attuale, per capire – con la fondamentale collaborazione dei docenti – se il digitale può offrire gli strumenti per affrontarli.In tal senso, due aspetti mi sembrano particolarmente promettenti: efficacia e inclusione.

 

Efficacia perché ci sono argomenti che potrebbero essere affrontati con migliori risultati se alla parola venissero affiancati nuovi strumenti basati (anche) sulle immagini. In maniera limitata si fa già da decenni con i video educativi, ma il digitale – grazie a grafici interattivi, simulazioni, video giochi, ecc. – potrebbe rappresentare, con opportuni investimenti (che però non dovrebbero andare a scapito di aspetti che la ricerca ha identificato come più importanti, tra cui l’adeguatezza delle aule, la numerosità delle classi o la preparazione degli insegnanti), un importante salto di qualità rispetto al passato.

 

Inclusione perché il digitale facilita (divario digitale permettendo) il coinvolgimento di coloro che fanno difficoltà – per motivi di salute, di lavoro o geografici – a frequentare un’aula. In parte la televisione lo fa già da 40 anni, ma il digitale può farlo in maniera più capillare, più flessibile e, soprattutto, più interattiva. Il beneficio sociale di questa sola dimensione potrebbe già essere enorme.

 

Ma c’è anche un secondo relativo all’inclusione: grazie alla Rete, infatti, è ora più facile trovare modi diversi di presentare un argomento, spesso anche con media diversi (testi, video, audio, grafici, fumetti). In questo modo aumenta la probabilità che lo studente riesca a trovare – da solo, in contatto con suoi pari o con l’aiuto di un docente – una versione particolarmente adatta al suo modo di imparare. Così potrebbe sia aumentare la qualità dell’apprendimento, sia diminuire il numero di studenti – non pochi – che, scoraggiati dall’approccio tradizionale, finiscono col perdersi per strada.

 

Rivoluzione, dunque? Non credo. Ma c’è di sicuro il potenziale per evoluzioni importanti: si tratta di pensarle e poi di sperimentarle con pazienza e rigore. Non è poco.

 

L’AUTORE

Può Internet garantire una migliore partecipazione alla vita democratica? E per la scuola, si tratta di una vera opportunità? Juan Carlo De Martin, professore di Automatica e Informatica al Politecnico di Torino, ne discute con Fiorenzo Alfieri, Fabio Chiusi, Domitilla Ferrari, Marco Gui nell’incontro «Il bene e il male della rivoluzione digitale», giovedì 8, ore 15, in Sala Azzurra.

Test INVALSI? No, grazie

da l’Unità

Test INVALSI? No, grazie

di Benedetto Vertecchi

In questo periodo dell’anno la scuola è dominata dalle operazioni per le rilevazioni periodiche sui livelli di apprendimento (i «test Invalsi»). Si tratta di un’operazione che richiede rilevante impegno organizzativo, perché gli allievi coinvolti sono alcuni milioni. Si tratta anche di un’operazione molto costosa, che prevede una fase preliminare di messa a punto delle prove, la loro distribuzione sul territorio, lo svolgimento da parte degli allievi, la rilevazione dei dati e il loro trattamento, la diffusione dei risultati. Tali risultati dovrebbero poi costituire il punto di partenza per interventi rivolti a migliorare la qualità dell’educazione scolastica: invece di intervenire in modo generico, sulla scorta d’impressioni più o meno condivise, si assumerebbero decisioni fondate sulla costatazione delle esigenze riscontrate. Gli argomenti a favore delle pratiche valutative che investono il sistema scolastico hanno una loro suggestione, derivante dalla semplicità dell’impianto interpretativo. È una semplicità che contrasta col carattere di «sistema» che si afferma di voler conferire alla valutazione. Un sistema rappresenta, infatti, una realtà complessa, a determinare la quale concorre un gran numero di variabili. Tali variabili assumono valori in un lungo periodo di tempo e con riferimento ai singoli contesti in cui l’educazione è praticata. Ne deriva che in un momento determinato sono molte le variabili che nel complesso orientano le caratteristiche del sistema e che esse costituiscono un reticolo che non consente di porle in successione. La valutazione che si sta praticando nelle nostre scuole suppone invece che ci si possa limitare a prendere atto di un certo numero di variabili indipendenti (alle quali si riconosce un significato causale) che identificano il profilo dei singoli allievi, di altre variabili collegabili ad alcune condizioni di processo (per esempio, le competenze degli insegnanti) e delle variabili dipendenti che danno conto dei risultati conseguiti dagli allievi. Chiunque abbia una qualche consuetudine con la ricerca educativa (non con l’assunzione di interpretazioni prese a prestito da altri settori della vita sociale, per esempio la gestione aziendale) sa bene che la conoscenza dei processi nei quali sono coinvolti bambini e ragazzi non tollera semplificazioni. Se poi dal piano sincronico (rilevazioni che si riferiscono a un breve periodo di tempo) passiamo a quello diacronico (guardando i mutamenti che interessano il succedersi delle generazioni), lo schematismo delle interpretazioni ora alla moda, e ossessivamente ripetute da moltitudini di sedicenti esperti, appare ancora meno consistente. Nessuna delle grandi trasformazioni culturali che si sono succedute dalla metà del millennio trascorso è interpretabile secondo gli schemi che oggi si vogliono applicare alla valutazione del sistema scolastico. Le trasformazioni educative di maggior rilievo sono quelle che hanno accompagnato le riforme religiose (a cominciare da quella di Lutero), le trasformazioni economiche (si pensi agli effetti della rivoluzione industriale), il manifestarsi di una nuova consapevolezza collettiva (le basi della nostra sensibilità nei confronti dell’educazione sono state definite nell’ambito della rivoluzione francese), gli eventi rivoluzionari (è il caso delle grandi rivoluzioni del ventesimo secolo, da quella di Ottobre alla rivoluzione cinese al rovesciamento del regime di Batista). Le considerazioni che precedono assumono significato se le rilevazioni valutative di «sistema» presentano, almeno, il requisito della correttezza metodologica. Non mi riferisco tanto alle elaborazioni statistiche, che ormai non rappresentano più un problema perché quasi del tutto automatizzate, quanto alla consapevolezza delle implicazioni della valutazione sullo svolgimento dell’attività quotidiana delle scuole. Un segno evidente della trascuratezza con la quale si è intrapreso il percorso valutativo è che di fronte al dilagare di comportamenti di rifiuto, variamente espressi, non si sia trovato di meglio che invocare a scusante la propensione delle scuole al cheating, ovvero, in italiano corrente, all’imbroglio. Al fenomeno si è cercato di porre un argine ricorrendo a espedienti statistici, senza chiedersi se non fosse prima di tutto necessario capire la ragione che negli anni passati (e nessuno può escludere che qualcosa del genere continui ad accadere) ha spinto un numero consistente di scuole ad assumere comportamenti che avevano come conseguenza l’alterazione dei dati. Eppure, non è difficile immaginare che il ricorso all’imbroglio non sia altro che una manifestazione di sfiducia nei confronti delle campagne valutative. Sarà difficile ricostituire il rapporto di fiducia che è alla base di qualunque attività valutativa se s’insiste a voler compiere rilevazioni sull’intera popolazione, ottenendo dati di ridotta attendibilità. Se l’intento delle rilevazioni nazionali consiste nel migliorare la qualità delle decisioni, tale intento può essere con attendibilità maggiore conseguito compiendo rilevazioni su campione. Oltre tutto, si realizzerebbero economie consistenti, da impegnare per la messa a punto e la verifica sul campo di procedure didattiche innovative.

Il problema cruciale della scuola è la crisi di identità dei docenti

da Tecnica della Scuola

Il problema cruciale della scuola è la crisi di identità dei docenti
di Giovanni Sicali
Tempo fa le scuole erano l’unico tempio sacro della cultura. Ma oggi fanno pensare ad una antica nobiltà decaduta. Al di là delle pessime e fatiscenti condizioni esteriore di tanti edifici scolastici, la crisi della istruzione pubblica è purtroppo profonda perché sistemica e sostanziale
Il web, la rete e i social network sono mezzi e strumenti che possono incidere sul metodo non certo sul merito della diffusione del sapere e della cultura. E contrastare acriticamente il nuovo che avanza è come arroccarsi dietro una lavagna di pietra nera con in mano un bianco gessetto friabile, dimenticando di essere nel terzo millennio. Internet è un “vero dono per l’umanità”.
Oggi, la crisi cruciale della scuola è l’identità per i docenti.
Hanno costruito un progetto di vita in lunghissimi anni e con tappe faticose e sono in cattedra da più decenni ma sempre precari; sono professori di una professione senza scatti né carriera; sono impiegati statali ma spesso costretti al volontariato a tempo pieno; si sentono benefattori e quasi “missionari”; si aggiornano a loro spese ma vengono giudicati dai risultati dei loro alunni valutati da estranei; fanno lezione di fronte all’apatia totale della classe; e mentre spiegano e/o interrogano guardano e osservano gli alunni, ognuno di loro pensa:
“Se fossi per un solo giorno responsabile del MIUR, guarderei e parlerei a reti unificate, come fa – nello stato di Oceania – il Big Brother di Orwell del famoso romanzo 1984:
• Direi che la “scuola vera” è fuori dall’edificio scolastico: “Spalancate le finestre del mondo”.
• Inviterei a non dedicarsi solo ai programmi e alle lezioni: “Fate musica, teatro, danza, sport”.
• Parlerei dei viaggi di Ulisse, di Giasone, Gulliver, Alice, Il piccolo Principe: “Seguite i vostri sogni e le vostre lucide follie”.
• Suggerirei di scrivere sempre coi tempi indicativi: “Nella Costituzione non ci sono né congiuntivi né tanto meno condizionali”.
• Raccomanderei di non avere paura di esprimere sentimenti ed emozioni: “A scuola, si deve dialogare e confrontarsi gli uni con gli altri senza fanatismi”.
• Chiarirei che l’insegnante è solo un “mediatore culturale”: “ Gli studenti siete i veri protagonisti, in piena libertà e creatività”.
• Proclamerei che la scuola è la sede della fantasia, e dell’inventività che trasforma la stessa realtà: “L’eccessivo razionalismo rende schiava e sterile la mente”.
• Consiglierei di non preoccuparsi eccessivamente dei compiti: “Non multa sed multum”, Non studiare molte cose, ma molto bene (Quintiliano)”.
• Finirei col motto di Giovenale: “Maxima debetur puero reverentia, Al ragazzo si deve massimo rispetto”.
• E potrei dire, in coscienza, di avere esercitato il compito di impiegato statale con “disciplina ed onore” secondo l’art.54 della Costituzione!

Gli anti-Neet, questi sconosciuti

da Tecnica della Scuola

Gli anti-Neet, questi sconosciuti
di A.G.
Rapporto sul mercato del lavoro di Confartigianato: gli under 25 che studiano e lavorano sono appena il 2,2%, a fronte della media del 14% dei Paesi dell’Ue a 27. Mentre sono 2.434.700 i giovani under 30 senza l’uno e l’altro. Non scende la quota di abbandoni dei banchi di scuola. Lo Stato scommette sull’apprendistato: piace l’esperienza tedesca del sistema di formazione ‘duale’ che consente ai giovani di conseguire un titolo di studio imparando un mestiere.
In Italia l’emergenza occupazionale è influenzata anche dai problemi del sistema formativo e dal mancato dialogo tra scuola e lavoro: il dato è contenuto nel Rapporto sul mercato del lavoro realizzato da Confartigianato, in vista della firma del Protocollo d’intesa ‘Garanzia per i giovani’ che avverrà mercoledì 7 maggio tra la Confederazione, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e il Miur.
Dal Rapporto nazionale è emerso che la percentuale di under 25 che studiano e lavorano è appena del 2,2%, a fronte della media del 14% dei Paesi dell’Ue a 27. Mentre sono 2.434.700 i giovani under 30 che non studiano e non lavorano. Inoltre, il 17,1% dei ragazzi italiani tra 18 e 24 anni abbandona prematuramente percorsi di istruzione e formazione, a fronte della media del 12,8% dell’Eurozona
Secondo gli estensori del Rapporto, le opportunità di trovare lavoro sono ostacolate dalla crisi ma anche da interventi normativi che hanno penalizzato un contratto a valenza formativa come l’apprendistato che, nel 2013, ha consentito l’11,5% delle assunzioni effettuate dalle imprese artigiane, a fronte dell’8,7% di apprendisti assunti dal totale delle imprese. “Ma la vocazione dell’artigianato ad utilizzare l’apprendistato – sottolinea il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti – è stata frenata dai maggiori costi e vincoli introdotti nel 2012 dalla riforma Fornero e dalle incertezze applicative provocate dalle tre riforme dell’apprendistato succedutesi nel triennio 2011-2013.
Risultato: tra il 2012 e il 2013 le assunzioni di apprendisti nell’artigianato sono crollate del 33,8%, a fronte di una diminuzione del 16% per il totale delle imprese”.
“Liberare l’apprendistato da costi e vincoli, semplificare le regole per l’ingresso nel mercato del lavoro, rilanciare l’alternanza scuola-lavoro, valorizzare le competenze, ‘importare’ in Italia l’esperienza tedesca del sistema di formazione ‘duale’ che consente ai giovani di conseguire un titolo di studio imparando un mestiere”: secondo il presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, sono queste le strade per affrontare il dramma della disoccupazione, in particolare quella giovanile, e valorizzare la qualità manifatturiera made in Italy.
Sull’andamento dell’occupazione pesa anche il costo del lavoro. Secondo il rapporto di Confartigianato, con un cuneo fiscale pari al 47,8% l’Italia supera di 11,9 punti percentuali il livello medio del 35,9% di tassazione sui salari registrato nei 34 Paesi Ocse.
I danni provocati dall’eccessiva pressione fiscale si manifestano nell’alto tasso di occupazione irregolare pari, nel 2012, al 12,1% dell’occupazione complessiva, con un aumento dello 0,1% rispetto alla quota del 12% registrata nel 2011.
Complessivamente, le unità di lavoro irregolari nel nostro Paese sono 2.862.300. Di queste ben 603.500, pari al 21,1%, sono attività indipendenti, vale a dire l’esercito di ‘abusivi’ che fanno concorrenza sleale alle imprese regolari, prevalentemente in settori dell’artigianato.
A dispetto delle difficoltà congiunturali, negli ultimi 12 anni, le imprese private dei settori manifatturiero, costruzioni e servizi sono state le uniche a offrire opportunità di lavoro: tra il 1992 e il 2013 hanno incrementato l’occupazione di 2.328.000 unità standard a tempo pieno, con un aumento di 194.000 occupati all’anno. Contemporaneamente la pubblica amministrazione, i settori della finanza e delle assicurazioni e l’agricoltura hanno perso 468.000 posti di lavoro.
Nel Rapporto si indicano anche gli ultimi dati su coloro che sono senza lavoro: ammontano a
3.247.700 gli italiani disoccupati, ai quali si aggiungono 1.703.500 inattivi ‘scoraggiati’ (vale a dire che non cercano lavoro perché ritengono di non riuscire a trovarlo) e 330.900 cassintegrati, per un totale di 5.282.100 persone che vivono gravi difficoltà nel mercato del lavoro.
Con questi dati, è quasi inevitabile che l’Italia sia sempre “maglia nera” in Europa per l’emergenza occupazione: tra aprile 2008 e marzo 2014 il nostro Paese ha perso 1.201.500 occupati, pari a 556 posti di lavoro in meno al giorno. Una tendenza confermata anche nell’ultimo anno: da marzo 2013 a marzo 2014 sono stati ‘bruciati’ 124.200 posti di lavoro ad un ritmo di 340 al giorno.
Il tasso di disoccupazione italiano si attesta così al 12,7%, rispetto alla media europea dell’11,8%. La situazione peggiora per i giovani under 25: a marzo il tasso dei disoccupati in questa fascia d’età è pari al 42,7%, vale a dire il doppio del 23,7% registrato nell’area Euro.

Graduatorie d’Istituto, slitta l’aggiornamento

da Tecnica della Scuola

Graduatorie d’Istituto, slitta l’aggiornamento
di Alessandro Giuliani
L’avvio del 10 maggio che il Miur aveva indicato come probabile, non sarà rispettato: ci sono ancora problemi da risolvere sulla nuova tabella di valutazione dei titoli. Va chiarito, in particolare, se è lecito ipervalutare il servizio di chi ha acquisito l’abilitazione tramite Tfa. Se non si giustifica in modo adeguato l’assegnazione maggiorata di punti, i ricorsi degli abilitati Pas fioccherebbero.
Le buone intenzioni del ministero dell’Istruzione si stanno sciogliendo come neve al sole: il giorno d’inizio per presentare nuovi titoli o servizi nelle graduatorie d’istituto, ma anche per chiedere l’inserimento (per chi ha conseguito il titolo di studio in terza fascia e chi si è abilitato per inserirsi in seconda), non potrà esser il prossimo 10 maggio. La data di avvio, inizialmente indicata ai sindacati, non verrà rispettata perché il Miur è ancora alle prese con la nuova tabella di valutazione dei titoli.
Ci sono ancora diversi punti della nuova tabella di assegnazione dei punti da verificare. Ma uno dei punti più controversi è sicuramente quello dell’ipervalutazione dell’abilitazione conseguita al termine dei Tirocini formativi ordinari,che al di là di tutto risultano indubbiamente i percorsi più selettivi e impegnativi. Al Miur, ministro Gelmini compreso, sono convinti che questa sia la strada giusta. Dalle ultime indiscrezioni sembrerebbe che il punteggio assegnato a chi ha conseguito l’abilitazione tramite il Tfa possa essere addirittura doppio rispetto a quello che conseguiranno, in estate, gli abilitati con il Pas.
I sindacati, in particolare la Uil Scuola, vorrebbero invece che tutte le abilitazioni siano considerate alla stessa stregua. Più che delle obiezioni sindacali, a Viale Trastevere sembrerebbero però preoccupati degli inevitabili ricorsi da parte di decine di migliaia prossimi abilitati attraverso i percorsi abilitanti speciali, riservati agli aspiranti docenti che abbiano svolto almeno tre annualità da 180 giorni minimi ciascuna con il possesso del titolo di studio. E per questo dirigenti e consulenti ministeriali stanno valutando a fondo la questione. Solo che il tempo passa. E il rinnovo delle graduatorie d’Istituto viene rimandato a data da destinarsi.
Rimana confermata, invece, la notizia riguardante la presentazione della domanda per via tradizionale, quindi cartacea e non on line. Il punteggio sarà invece comunicato dal Miur per via telematica.

Inserimento del personale Ata nelle graduatorie di circolo e istituto di prima fascia

da Tecnica della Scuola

Inserimento del personale Ata nelle graduatorie di circolo e istituto di prima fascia
di L.L.
È disponibile dal 9 al 30 maggio 2014 l’applicazione per l’invio on-line dell’allegato G per la scelta delle istituzioni scolastiche
Con nota prot. n. 4355 del 6 maggio 2014 il Miur ha comunicato che sarà disponibile, su Istanze on-line, a partire dalle ore 9,00 del giorno 9 maggio fino alle ore 14.00 del giorno 30 maggio, l’applicazione per l’invio on-line del modello di domanda (all. G) per la scelta delle istituzioni scolastiche (non più di trenta per l’insieme dei profili professionali cui ha titolo) da parte del personale Ata che intenda essere inserito nelle graduatorie di circolo e di istituto di prima fascia per l’a.s. 2014/2015.
Tale modalità di trasmissione consentirà la visualizzazione delle prime trenta sedi già trasmesse per l’anno precedente, ove presenti, e la conseguente selezione delle sedi scolastiche esprimibili per l’a.s. 2014/2015.
Prima dell’inserimento dell’istanza on line da parte dell’utente, funzione appunto disponibile dal prossimo 9 maggio, è necessario effettuare la registrazione, che prevede il riconoscimento fisico presso un’istituzione scolastica statale a scelta dell’aspirante (funzione sempre disponibile). Ovviamente tale operazione deve essere effettuata solo dagli utenti non registrati.
Come ribadisce il Miur, la procedura non rappresenta in nessun caso una riapertura dei termini per l’inserimento e/o aggiornamento delle graduatorie permanenti di cui all’art. 554 del D. Lvo 297/94 ma solo l’acquisizione/aggiornamento delle sedi scolastiche, ai fini dell’inserimento nelle graduatorie di circolo e di istituto di 1° fascia.
Di seguito l’elenco di coloro che dovranno presentare domanda:
1.     aspirante già inserito a pieno titolo nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 554 del D. Lvo 297/94 e nella prima fascia delle graduatorie di circolo e di istituto per le supplenze temporanee della medesima provincia per l’a. s. 2013/2014 che intenda mantenere le stesse sedi dell’a.s. 2013/2014 o sostituirle del tutto o in parte o comunicarne di nuove nel limite delle trenta consentite per tutti i profili professionali cui ha titolo
2.     aspirante già inserito a pieno titolo nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 554 del D. Lvo 297/94, ma non inserito nella prima fascia delle graduatorie di circolo e di istituto per le supplenze temporanee della medesima provincia per l’a. s. 2013/2014 sempre che desideri figurare nelle citate graduatorie di circolo e di istituto per l’a.s. 2014/2015
3.     aspirante che, avendone titolo, concorra per l’inclusione nelle citate graduatorie permanenti, e desideri anche l’inclusione nella 1° fascia delle graduatorie di circolo e di istituto per le supplenze temporanee della medesima provincia per l’a.s. 2014/2015.
Non è necessario che presentino domanda gli aspiranti già inseriti a pieno titolo nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 554 del D. Lvo 297/94 e nella prima fascia delle graduatorie di circolo e di istituto per le supplenze temporanee della medesima provincia per l’a. s. 2013/2014 che intendano mantenere per l’a.s. 2014/2015 le stesse sedi del suddetto anno scolastico. Per questo personale sarà effettuata, a cura del sistema informativo, una procedura di conferma automatica che – precisa il Miur – confermerà solo le sedi che hanno mantenuto lo stesso codice dell’a.s. 2013/2014, eliminando le sedi che per effetto del dimensionamento hanno cambiato codice.
Infine, il Miur ribadisce che tutti gli aspiranti della prima fascia sono inclusi in graduatoria in base all’automatica trasposizione dell’ordine con cui figurano nelle corrispondenti graduatorie permanenti di cui all’art. 554 del D. Lvo 297/94.

Boccia su “Quota 96” :saneremo l’errore

da Tecnica della Scuola

Boccia su “Quota 96” :saneremo l’errore
di Pasquale Almirante
“Su insegnanti Quota96 cosa dice ministro Giannini ? In Parlamento saremo conseguenti alla risoluzione votata e saneremo errore”
Così l’on. Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, scrive nel suo blog, riportando un twitter. La speranza è che finalmente non si tratti più del solito cinguettio che si perde fra il fogliame della rete. “Su #quota96scuola il Parlamento sarà conseguente con la risoluzione Saltamartini su pdl Ghizzoni. Ma il ministro Giannini cosa dice? #battauncolpo”. “Lo abbiamo ripetuto più volte, l’errore sugli insegnanti ‘quota 96’, commesso dalla riforma Fornero, va sanato. In commissione Bilancio abbiamo votato all’unanimità la risoluzione Saltamartini che impegna il governo a porvi rimedio. E abbiamo anche inserito la questione nel Def votato nelle scorse settimane. Noi in Parlamento saremo conseguenti con queste scelte. Sono sicuro che il governo Renzi saprà al più presto dare delle risposte a questi 4000 insegnanti, consentendo loro di far valere un diritto acquisito negli anni, e permettere ad altrettanti 4000 giovani di entrare nel mondo della scuola. Mi stupisce, invece, il silenzio assordante del ministro dell’Istruzione Giannini su tutta la vicenda”.

Organizzazione degli esami di Stato a.s. 2013/2014

da Tecnica della Scuola

Organizzazione degli esami di Stato a.s. 2013/2014
di L.L.
Emanata la nota Miur con tutte le indicazioni operative per Dirigenti scolastici, uffici di segreteria e referenti di sede. Confermato il plico telematico e il divieto dell’utilizzo di cellulari e pc portatili
Come ogni anno il Miur ha trasmesso una nota in cui fornisce le principali indicazioni per l’organizzazione degli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione.
La Nota prot.n. 2946 del 6 maggio 2014 non contiene sostanziali novità rispetto alle circolari degli anni passati.
Viene ribadita la necessità che i Dirigenti scolastici utilizzino locali pienamente idonei allo svolgimento degli esami, accertandosi che gli stessi, oltre che praticabili sotto il profilo della sicurezza, dell’agibilità e dell’igiene, si presentino dignitosi e accoglienti e offrano un’immagine della Scuola decorosa e consona alla particolare circostanza. Se la scuola non dovesse essere dotata di locali idonei o non fossero sufficienti, il Dirigente dovrà procedere in tempo utile al reperimento di altri ambienti, anche appartenenti ad altre istituzioni scolastiche, che abbiano i requisiti sopra indicati.
I locali destinati alle operazioni d’esame dovranno essere, inoltre, dotati di serrature e chiavi perfettamente funzionanti e ciascuna Commissione dovrà poter disporre di un armadio metallico, adatto allo scopo, entro cui custodire la documentazione relativa ai candidati, gli atti, gli elaborati, i registri e gli stampati.
Come gli anni passati, viene confermato anche quest’anno l’utilizzo del cosiddetto “plico telematico” (ad eccezione che per le prove “speciali” per particolari tipologie di candidati). Considerato che occorrerà riprodurre le tracce delle prove scritte in numero di esemplari perfettamente corrispondente al fabbisogno dei candidati di ciascuna Commissione, i Dirigenti scolastici disporranno che i locali siano attrezzati con fotocopiatrici perfettamente funzionanti e dotate di toner e di carta in quantità sufficiente. Le Commissioni dovranno poi poter utilizzare fax, stampanti, connessioni ad Internet e materiale di cancelleria messi a disposizione dagli uffici di segreteria.
Confermato anche il divieto dell’utilizzo di cellulari, palmari e pc portatili, così come è ribadito l’obbligo di disattivare il collegamento alla rete Internet di tutti i computer presenti all’interno delle sedi scolastiche interessati dalle prove scritte, ad eccezione dei computer utilizzati: 1) dal dirigente scolastico o di chi ne fa le veci; 2) dal Direttore dei servizi generali ed amministrativi, ove autorizzato dal Dirigente scolastico o da chi ne fa le veci; 3) dal referente o dai referenti di sede.