PNRR: orientamento e prime anticipazioni

PNRR: orientamento e prime anticipazioni sull’attuazione da parte del Ministero

L’ANP ha partecipato oggi 14 dicembre 2022, in videoconferenza, a una riunione con il Ministero dell’istruzione e del merito, rappresentato dal Capo Dipartimento, Dott. Versari, dal Capo della segreteria tecnica, Dott. Antonelli, e dalla Dott.ssa Montesarchio, sullo schema delle Linee guida sull’orientamento, attuative della Riforma 1.4 – Missione 4 – Componente 1 del PNRR. 

La Dott.ssa Montesarchio ha esordito puntualizzando che tale riforma rappresenta una milestone del PNRR e dunque deve essere approvata entro il prossimo 31 dicembre. 

L’ANP è intervenuta condividendo la previsione del docente tutor in funzione orientativa sia alla scuola secondaria di primo grado che alla scuola secondaria di secondo grado. Sottolinea comunque che ciò implica una formazione specifica sul counseling da parte dei docenti coinvolti, così come accade in similari esperienze europee. Passando in rassegna le criticità, l’ANP ha poi osservato che il documento dovrebbe porre a fondamento della riforma: 

  • l’adeguamento dei modelli nazionali di certificazione delle competenze alla Raccomandazione del Consiglio dell’UE del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente e la conseguente revisione delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione e delle Indicazioni nazionali Linee guida vigenti per le istituzioni scolastiche del secondo ciclo di istruzione, così come richiesto anche dall’art. 24-bis della legge n. 233/2021, sebbene ai soli fini dell’integrazione delle competenze digitali degli studenti negli obiettivi specifici di apprendimento e nei traguardi di competenza. Il primo strumento di orientamento, infatti, è proprio l’acquisizione delle competenze chiave per l’apprendimento permanente cui tutto il sistema di istruzione e formazione risulta finalizzato 
  • i PCTO. Detti percorsi dovrebbero essere il cuore del nuovo modello di orientamento; invece, ricoprono al suo interno un ruolo assai marginale. In particolare, nonostante i moduli formativi di trenta ore sull’orientamento diventino curricolari proprio a partire dalle classi terze delle scuole secondarie di secondo grado, essi ripetono una struttura disciplinare e risultano del tutto scollegati, almeno sulla carta, rispetto alla programmazione e gestione dei PCTO 
  • la didattica orientativa/orientante quale strumento per la comprensione del sé e dunque elemento imprescindibile per garantire una scelta consapevole da parte degli studenti. I moduli formativi, infatti, replicano una struttura disciplinare – come si è detto – con il rischio, non solo di non produrre alcuna reale innovazione della didattica, ma inoltre di demandarne poi la realizzazione a uno specifico docente, senza il coinvolgimento dell’intero consiglio di classe.  

In conclusione, l’ANP ritiene che la riforma delineata dal PNRR possa essere meglio declinata puntando a una vera innovazione della didattica e a un coordinamento efficace dei moduli formativi previsti con i PCTO. 

La Dott.ssa Montesarchio, a conclusione degli interventi, ha illustrato le istruzioni operative per le scuole relative al Piano Scuola 4.0 e alle Azioni di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica. Tali istruzioni saranno inviate alle OO.SS. giovedì 15 dicembre e presentate lunedì 19 dicembre mediante apposito webinar organizzato dallo stesso Ministero. Ha altresì anticipato che la scadenza, originariamente prevista al 31 dicembre per la presentazione delle azioni progettuali, verrà differita a febbraio 2023 e che tutto il personale scolastico impegnato potrà essere retribuito.  

I dirigenti scolastici, in particolare, ai quali è richiesto un grande impegno per realizzare le azioni del PNRR, potranno essere titolari di incarichi aggiuntivi ed essere destinatari dei relativi compensi secondo quanto disciplinato dal CCNL dell’area.  

L’ANP esprime soddisfazione per la possibilità, da noi costantemente richiesta all’Amministrazione, di riconoscere ai colleghi il gravoso lavoro finalizzato al raggiungimento di obiettivi strategici per il miglioramento del servizio e per l’innovazione metodologico-didattica. 

Organizzeremo presto un webinar sul tema e informeremo tempestivamente gli iscritti sui suoi ulteriori sviluppi. 

Contratto e Autonomia Differenziata

Contratto e Autonomia Differenziata, grande partecipazione all’assemblea online: oltre 9mila persone collegate

Grande partecipazione all’assemblea nazionale online indetta dalla Federazione Gilda-Unams che si è svolta il 14 dicembre: oltre 9mila le persone collegate da tutta Italia tra personale docente e Ata per ascoltare gli interventi di Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Federazione Gilda-Unams, e del professor Mauro Volpi, docente di  Diritto Costituzionale all’Università di Perugia e componente del Direttivo del Coordinamento per la democrazia costituzionale. 

All’ordine del giorno, il contratto scuola e l’iniziativa di raccolta firme contro la regionalizzazione del sistema scolastico prevista dal disegno di legge sull’Autonomia Differenziata, campagna promossa dal Coordinamento per la democrazia costituzionale e sostenuta attivamente dalla FGU.

All’assemblea hanno preso parte anche il presidente della FGU, Orazio Ruscica, e i componenti dell’Esecutivo.  

Nel suo intervento, Di Meglio ha ripercorso le tappe che hanno portato alla firma dell’accordo riguardante la parte economica del contratto per un acconto, “pari a circa il 95 per cento delle risorse disponibili, da corrispondere entro la fine dell’anno. Resta da chiudere tutta la parte normativa del contratto sulla quale, in questi mesi, non sono stati fatti molti passi avanti nella trattativa con l’Aran. Una partita complessa, – ha detto Di Meglio – considerata la presenza nello stesso comparto di scuola, università, ricerca e Afam, quattro realtà molto diverse tra di loro per professionalità e normative”.

Il coordinatore nazionale della FGU ha poi illustrato i nodi principali della parte normativa del contratto, sottolineando che il primo testo proposto dall’Aran ai sindacati presentava aspetti peggiorativi. “Un esempio per tutti, le norme disciplinari per gli insegnanti, di cui si prevedeva un assurdo inasprimento e che rappresentano un argomento molto delicato perché il rischio è che venga lesa la libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione”. In merito a questo aspetto, Di Meglio ha ribadito che il dirigente scolastico non può essere il titolare del potere sanzionatorio e che la questione deve essere attribuita a ufficio terzo, “perché in nessun procedimento di natura disciplinare è previsto che un’unica persona sia parte in causa, inquirente e giudicante, si tratta di funzioni che devono rimanere separate”. 

“Altre battaglie che combatteremo sul fronte della contrattazione – ha concluso Di Meglio – riguardano l’equiparazione dei diritti tra precari e personale assunto a tempo indeterminato, l’eliminazione dei vincoli alla mobilità e la sburocratizzazione della funzione docente”.

Molto apprezzato l’intervento del professor Volpi, secondo il quale “la scuola avrebbe bisogno di più risorse, di edifici più nuovi e dotati dei necessari  strumenti didattici e tecnologici, occorrerebbero interventi contro la descolarizzazione, un trattamento economico più dignitoso per gli insegnanti, tra i meno pagati dei Paesi civilizzati, e il superamento definitivo del precariato”.

Entrando, poi, nel merito dell’Autonomia Differenziata prevista dall’articolo 116 della Costituzione, il professore Volpi ha spiegato che, in base alle intese tra le Regioni Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e il Governo, siglate con trattative quasi di tipo privatistico all’insaputa delle altre Regioni e dei cittadini italiani, le norme generali sull’istruzione attualmente nella competenza esclusiva dello Stato verrebbero trasferite alla competenza legislativa delle regioni e l’istruzione, che adesso è materia concorrente, diventerebbe interamente regionale. “Significa – ha spiegato il costituzionalista – che le singole Regioni avrebbero potere decisionale sull’organizzazione della scuola, sui programmi scolastici, sulla determinazione degli organi di governo della scuola, sugli indirizzi educativi e culturali, che potrebbero indire concorsi regionali e determinare un trattamento economico regionalizzato. Tutto ciò in piena contraddizione con l’articolo 5 della Costituzione, che sancisce l’unitarietà e l’indivisibilità della Repubblica italiana,  – ha evidenziato Volpi – e anche con articolo 3, perché inevitabilmente aumenterebbero le disuguaglianze territoriali”.

Una situazione che rischia di essere ulteriormente aggravata dall’oggettiva difficoltà di  predeterminare entro 12 mesi i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) che la legge di Bilancio affida a una cabina di regia. “Occorrerebbero tra i 60 e gli 80 miliardi – spiega Volpi – mentre, rispetto alla crescita galoppante dell’inflazione, le risorse per istruzione e sanità risultano tagliate. Se non si riuscirà a definire i Lep entro un anno, il compito passerà a un commissario. Si tratterebbe di un colpo alla democrazia – ha avvertito il costituzionalista – che relegherebbe il Parlamento a una funzione di mera approvazione di un’intesa sottoscritta tra Governo e singola regione”.

Volpi ha, dunque, illustrato la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare con cui viene posta una serie di limiti all’Autonomia Differenziata, prevedendo che il trasferimento di singole funzioni alle regioni siano legate alle specificità territoriali e che non ci siano più intese tra singole Regioni e Governo, che la Regione interessata possa fornire un parere e che spetti poi al Parlamento decidere se e come legiferare in merito. Prevista, inoltre, la possibilità, adesso non contemplata, di ricorrere al referendum e sanare così un vulnus alla sovranità popolare. 

La proposta di legge prevede che la scuola torni a essere competenza legislativa esclusiva dello Stato,  mentre rimarrebbe concorrente l’assistenza e l’edilizia scolastica e anche l’istruzione professionale. “Le decisioni fondamentali che riguardano la scuola pubblica devono essere prese dallo Stato” – ha rimarcato Volpi, che ha concluso il suo intervento con lo slogan ‘una scuola più giusta e meno diseguale per un Paese più civile’.

Per firmare online la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare “Modifica dell’articolo 116 comma 3 della Costituzione, concernente il riconoscimento alle Regioni di forme e condizioni particolari di autonomia, e dell’art. 117, commi 1, 2 e 3, con l’introduzione di una clausola di supremazia della legge statale, e lo spostamento di alcune materie di potestà legislativa concorrente alla potestà legislativa esclusiva dello Stato”, è sufficiente collegarsi al link https://raccoltafirme.cloud/app/user.html?codice=CDC muniti di SPID. 

Al Sud si vive peggio che al Nord

Al Sud si vive peggio che al Nord, «ma il cambiamento è guidato dal Terzo settore»
Vita del 14/12/2022

Secondo l’indagine del Sole 24 Ore, la maggior parte delle province italiane in cui si vive peggio nel 2022 si trova al Sud: le tre peggiori in classifica sono Caltanissetta, Isernia e Crotone. La Calabria ha tra le ultime posizioni – 103 e 102 – anche Vibo Valentia e Reggio Calabria. Enrico Mignolo, presidente dell’Associazione “Io Autentico”, in prima linea da anni sul fronte dell’autismo a Vibo: «Al Sud è difficile realizzare una buona qualità della vita delle persone. Figuriamoci di quelle con disabilità. Invertiamo la rotta a partire da loro»
Come accade alla fine di ogni anno dal 1990, anche questo dicembre il Sole 24 Ore ha pubblicato una classifica delle province italiane sulla base della qualità della vita, che tiene conto di diversi fattori, tra cui lavoro, ambiente, salute, sicurezza e cultura. L’obiettivo dell’indagine del Sole 24 Ore è misurare il benessere nelle varie aree d’Italia a partire da indicatori relativi ai 12 mesi precedenti e forniti da fonti ufficiali, tra cui istituzioni e istituti di ricerca.

«Inutile dire che le varie classifiche da queste parti le leggiamo spesso al contrario, con la speranza di non essere almeno arrivati ultimi – chiosa Enrico Mignolo, presidente e tra i fondatori dell’Associazione di Vibo Valentia “Io Autentico” che da 6 anni realizza progetti di partecipazione sociale per i ragazzi con autismo -. Sicuramente non le disconosciamo, perché in effetti è difficile al Sud, in tutto il Sud, realizzare una buona qualità della vita delle persone. Figuriamoci di quelle con disabilità complesse. Paradossalmente, però, voglio evidenziare che nelle classifiche che specificano i ranking della qualità della vita, la parte del leone la fanno spesso le piccole città, quelle del Nord, come Aosta, Belluno, Sondrio, Lecco. Eppure questo non capita nel Sud Italia dove soprattutto le piccole città sono quelle che mostrano quanto sia fragile il tessuto sociale e quanto sia invece necessario intervenire almeno per mantenerlo».

La regione Calabria conta circa 25mila autistici: queste persone, soprattutto i ragazzi, sono molto spesso relegati ai margini della società. «Il motivo principale è culturale. Oggi, quando ci sono, esistono per loro solo percorsi trattamentali», spiega Enrico Mignolo. «Oggi in Calabria – aggiunge ancora – le persone con disabilità spesso vivono in famiglie e contesti sociali in cui non si conoscono i propri diritti e di conseguenza non trovano alcuna risposta negli uffici dei servizi sociali dei Comuni, questo è vero dramma calabrese». Una situazione che non solo non ha scoraggiato lui e alcuni genitori di Vibo che hanno contribuito a fondare l’associazione Io Autentico, ma ha impiegato queste persone nella costruzione di una rete di iniziative e progetti che permettano ai ragazzi con autismo di poter partecipare – con i loro modi e tempi – alla vita sociale. La strada è ancora lunga, ma secondo Mignolo la qualità della vita può migliorare per tutti se inizia dal creare spazi e opportunità per le persone con disabilità e dal coinvolgimento delle realtà di volontariato e più in generale del Terzo settore, «dopotutto una caratteristica della gente del Sud, e di cui andiamo orgogliosi come calabresi soprattutto, è almeno quella di sapersi arrangiare con le risorse a disposizione per tirare avanti. E perché no, oggi più che mai davanti a queste classifiche, anche migliorare».

Un esempio di come questo percorso sia fattibile lo dimostrano i risultati dello scorso anno «quando Vibo Valentia è stata Capitale Italiana del Libro 2021 sulla base di un articolato programma valutato dal CEPELL e selezionato dal Ministero – spiega Mignolo -. Tra gli obiettivi, vi era quello di avvicinare la gente alla lettura. Purtroppo nulla ha riguardato l’avvicinamento alla lettura, anche condivisa, per le persone con disabilità, la diffusione di differenti forme di lettura dedicate alle disabilità intellettivo relazionali. Come Io Autentico ci siamo inventati un’iniziativa, coinvolgendo una istituzione che ci ha accolto a braccia aperte: il Sistema Bibliotecario Vibonese. Dal punto di vista di una associazione di genitori e familiari di persone con autismo, devo dire che indubbiamente mette un pò tristezza dover fare un’analisi di questo tipo. Ma abbiamo scelto di vivere qui e di continuare a farlo. Come associazioni siamo attiv proprio con la diffusione del sistema della progettazione individuale prevista dall’art. 14 della Legge 328/2000, basata sul sistema ecologico della Qualità delle Vita, una grande opportunità di coinvolgimento di servizi sociali, servizi sanitari, scolastici e di inclusione lavorativa, oltre che del tempo libero».

Se da un lato continua ad esserci in Calabria – per via dei noti problemi di sanità – l’assoluta mancanza di erogazione di servizi, se non quelli puramente trattamentali per le persone con autismo, «dall’altro lato 6 anni fa ci siamo posti l’obiettivo di realizzare progetti di partecipazione sociale per i nostri ragazzi con autismo, ma che coinvolgesse anche i nostri figli senza autismo e i figli di tutta la comunità di Vibo. Crediamo non ci debba essere un noi e un loro, dobbiamo essere tutti parte e partecipi del cambiamento socio-culturale che stiamo promuovendo».

Io Autentico – i cui progetti hanno il sostegno di Fondazione con il Sud attraverso il bando per il volontariato – in questi anni ha lavorato con ragazzi dai 7 ai 17 anni, ma «l’età non è vincolata dalla nostra volontà, ma da uno stigma verso la patologia che genitori di figli con autismo di età maggiore hanno. Puntano solo sulle attività terapeutiche sperando in una “guarigione” o un miglioramento della forma di autismo, senza pensare che gli stimoli di vita reale e vissuta siano utili e soprattutto indispensabili per evitare a questi ragazzi la ghettizzazione. Noi invece siamo proprio questo: una realtà che punta a costruire quegli stimoli ai ragazzi. Tra questi un campo estivo dal nome “Aut-Out”. Doveva durare una settimana nell’estate del 2021, ma è andato avanti per 7 settimane. Durante il campo abbiamo aperto il cinema ai ragazzi con autismo adattando i volumi della proiezione e portando i ragazzi in orari meno affollati, ma facendoli stare insieme agli altri, alle altre persone», spiega Enrico Mignolo.

C’è poi il nuovo progetto tuttOdime (per adulti con autismo, in partenza tra pochi mesi) «che in effetti ci ha permesso di confrontarci con lo stato delle cose: stimoli limitati, carenza di strutture sportive, spesso non adeguatamente pronte ad accogliere le persone con disabilità, musei e centri culturali non adeguatamente accessibili, sicuramente non pronti a certe caratteristiche delle disabilità, men che meno alle disabilità complesse come gli autismi. Ci spaventa il doverci muovere sempre come pionieri se pensiamo che ancora in Calabria non siamo riusciti a far penetrare la cultura dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, anche solo con il coinvolgimento dei centri di formazione regionale o con l’aggiornamento del Catalogo Regionale per la Formazione Continua, dovremmo confermare che la strada è ben lunga da fare, speriamo – conclude – di essere apripista del cambiamento».

di Luca Cereda

P. Roversi, Addicted

Roversi, un altro noir

di Antonio Stanca

   È nato in Svizzera nel 1975 da genitori mantovani, si chiama Paolo Roversi, vive a Milano, è laureato in Storia contemporanea, è studioso di Charles Bukowski, al quale ha dedicato tre opere, è autore di un libro-guida su Mantova e di uno su Milano, ha scritto per la televisione, ha fondato e diretto rassegne dedicate al romanzo giallo, collabora con giornali e riviste, è uno scrittore, esponente del noir metropolitano. Non è il solo caso, non soltanto il Roversi a quarantasette anni è riuscito a fare tanto ma anche altri, molti altri e non solo in Italia. Essere scrittori, giornalisti e altro è diventato oggi il nuovo modo di essere autori, fare gli intellettuali impegnati in molti sensi è ormai il nuovo modello. Riguardo ai risultati non si può dire che questi esperimenti riescano sempre ché non è facile stare tra generi diversi, muoversi tra scritture diverse.

È un problema quello dell’autore variamente composito, lo si è discusso a lungo rimanendo divisi tra chi accetta e chi rifiuta la nuova figura.

    Roversi è una di queste e si può dire che sia più riuscita di altre. Nonostante i vari impegni è capace di concepire, nella narrativa, storie articolate, creare personaggi insoliti, procedere sicuro. Fa parte della corrente del noir metropolitano, del giallo ambientato nelle città. Con Addicted, però, romanzo del 2018 ora uscito in un’edizione speciale allegata al Corriere dello Sport-Stadio e Tuttosport, l’ambiente è quello della campagna pugliese e di una clinica per la cura delle malattie nervose situata in una zona dalla ricca vegetazione e dalle ampie distese di prati. La clinica si chiama Sunrise, il proprietario è Ivanov, un ricchissimo e potente capitalista russo, i ricoverati sono sette, quattro donne e tre uomini, sono di età diversa, ognuno ha un problema psicologico, un’ossessione, una dipendenza, una mania, un’addicted. Sono i primi degenti e sono curati gratuitamente, la dottoressa Stark e l’infermiere Dennis badano alle loro condizioni e a risolvere i loro problemi, Klaus è l’inserviente tuttofare.

    Ivanov ha fatto una gran pubblicità alla sua clinica, gli ammalati sono venuti da diverse parti perché lontano è giunto il nome della Sunrise e sicura è la guarigione promessa a quanti l’avessero scelta. Il metodo seguito dalla dottoressa è semplice, non consiste nell’assunzione di farmaci ma nel far acquisire agli ammalati la volontà di ridurre fino a cancellare i pensieri che disturbano la loro mente. Per questo la vita in gruppo, la formazione di comunità, la distribuzione dei compiti, l’assunzione di nuovi programmi, dovrebbero risultare dei mezzi efficaci.

    Si procede così e già s’intravedono i primi buoni risultati quando all’improvviso compaiono dei grossi problemi: sistematicamente, periodicamente vengono trovati morti, uccisi, quei ricoverati che tanto avevano creduto nei metodi della clinica. La strage continua finché tutti saranno eliminati e finché non si scoprirà che era stato il ricco Ivanov ad averla voluta per soddisfare istinti, perversioni delle quali aveva sofferto e non era mai guarito. Era stato lui a combinare, ordire, fare in modo che succedesse tutto questo. Altre gravi verità si scopriranno e in un vero e proprio racconto dell’orrore si trasformerà il romanzo. Inverosimile sembrerà la sua conclusione rispetto a quanto, all’inizio, aveva fatto pensare.

     Roversi lo ha costruito, lo ha scritto bene, ha saputo coinvolgere il lettore in una serie di situazioni sempre più sorprendenti. Da osservare ci sarebbero i rapidi passaggi tra eventi completamente diversi, la poca attenzione quando si cambia argomento, si passa ad altro. Una svista da attribuire alla maniera propria di chi scrittore vuol essere oltre che giornalista?