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La scuola regredisce

La scuola regredisce
Dal Piano Nazionale Informatica  al Piano Nazionale Scuola Digitale

di Enrico Maranzana

Ventiquattro anni separano i due interventi ministeriali, del 1989 il primo, di quest’anno il secondo, provvedimenti che aprono scenari  educativi molto, molto differenti.

Il clima culturale degli anni 80, ispiratore del PNI, traspare dai seguenti episodi:

  1. Il Centro Europeo dell’Educazione di Frascati [Miur] promuove la sperimentazione IRIS [Iniziative e Ricerche per l’Informatica nella Scuola] per sondare se l’’introduzione dell’informatica nella scuola dell’obbligo (8/16 anni) abbia una valenza formativa simile a quella del latino;
  2. il ministro Franca Falcucci denomina “Trattamento testi” la materia che in commissione era stata chiamata “Trattamento della parola”;
  3. I piani d’aggiornamento per docenti propongono un’immagine dell’informatica centrata sul suo metodo disciplinare al fine di integrare e unificare tutti gli insegnamenti;
  4.  Giovanni Lariccia, informatico cognitivo, scrive: “capire l’informatica in forma concettualmente autonoma dai calcolatori non solo significa capire in modo più generale quello che potenzialmente qualsiasi calcolatore può fare, ma anche concepire modi di agire economici e razionali anche in ‘mondi possibili’ privi di calcolatori”.

Le scelte ministeriali degli ultimi anni, invece, derivano da sollecitazioni esterne alla scuola: le direttive e le indagini europee, l’invasione tecnologica.

Le differenti filosofie che hanno animato il ministero traspaiono anche dal nome assegnato ai due provvedimenti: informatica e digitale.

I loro corrispondenti, in ambito edile sono: edificio e mattone. Le attività ingegneristiche riguardano il primo, il lavoro del muratore il secondo: la capacità progettuale da un lato, gli aspetti tecnico-operativi dall’altro.

Riprovevole il fatto che il ministero, prima di introdurre il nuovo piano per la modernizzazione della strumentazione didattica, non abbia capitalizzato l’esperienza e non si sia domandato perché

  • il Piano Nazionale per l’introduzione dell’informatica nella scuola secondaria superiore non abbia prodotto esiti significativi;
  • i docenti di matematica e di fisica, coinvolti nei piani d’aggiornamento, non siano riusciti a convincere i colleghi della necessità di progettare percorsi d’apprendimento finalizzati, unitari, motivanti.

Se avesse condotto le dovute, necessarie indagini avrebbe accertato che i tre concetti portanti l’attività d’aggiornamento per la diffusione della cultura informatica sono sintetizzati nelle parole

sistema – modello – processo

e avrebbe constatato che la relativa disseminazione non è avvenuta per la non ricettività dell’apparato, refrattario ai cambiamenti, ancorato alla tradizione, elusivo della legge.

Una negligenza che, alla luce di recenti provvedimenti, assume una colorazione ancor più cupa e preoccupante: il ministero ha snaturato il dettato dei regolamenti di riordino del 2010 che, nel profilo culturale, educativo, professionale stabiliscono che gli studenti al termine dei percorsi liceali dovranno “comprendere la valenza metodologica dell’informatica nella formalizzazione e modellazione dei processi complessi e nell’individuazione di procedimenti risolutivi”.

Le indicazioni nazionali stilate dal Miur, invece di dare seguito alle finalità educative espresse in una sede gerarchicamente superiore e richiamate solo nominalmente, orientano l’insegnamento della matematica, al cui docente è affidato anche quello dell’informatica, al “conoscere”, “comprendere”, “acquisire”, “studiare”, “approfondire”, “applicare” sterilizzando la prevista attività di laboratorio, di problem solving, chiave di volta d’una didattica orientata alla promozione delle competenze informatiche e, più in generale, allo sviluppo e al consolidamento delle capacità degli studenti.

All’origine di quanto descritto si può collocare l’assenza di professionalità degli insegnanti medi che non distinguono la mission della scuola da quella universitaria, che non progettano percorsi d’apprendimento unitari, coordinati, controllati, che si disinteressano del discredito in cui versa la scuola, che non protestano per la mancata applicazione delle norme sull’autonomia delle istituzioni scolastiche, che non esplicitano il contenuto della funzione docente per valorizzarla e difenderla.

Problemi che sarebbero superati se i Piani dell’Offerta Formativa fossero concepiti in conformità al sistema di regole in cui le scuole sono immerse. A riguardo si vedano in rete “La promozione delle competenze”, “Coraggio! Organizziamo le scuole”, “Valutare la democraticità d’una scuola”.

I vizi della rivoluzione digitale a scuola

I vizi della rivoluzione digitale a scuola

di Paolo Mottana*

I nuovi profeti della informatizzazione integrale stanno conducendo da tempo e con forze sempre più agguerrite la loro campagna di conquista della scuola. Come dargli torto? Posto che un giorno ciò possa avvenire, si tratta di un territorio che può fruttare dividendi enormi per chi si dovesse accaparrare la commessa di LIM e tablet su scala nazionale…

Per carità, lungi da me l’idea di voler maleficare questi strumenti straordinari: si tratta di giocattoli assai affascinanti e che hanno indubbiamente il merito di svecchiare procedure didattiche logore e di introdurre il medium visivo in un ambiente che ne è rimasto fin  troppo digiuno.

La questione è più radicale però. I nuovi teoreti della digitalizzazione scolastica ammantano le loro proposte con una retorica ben nota, in ambito educativo, che fa riferimento alla didattica della ricerca, al learning by doing, all’apprendimento cooperativo (cfr. Ferri – Moriggi, su Agenda digitale, dicembre 2012). Tutte bellissime cose, anche se un po’ datate per la verità, la ricerca in classe si faceva già negli anni ’60, seppure certo con strumentazioni meno sofisticate… e per quanto riguarda il learning by doing, è uno degli slogan più declamati e però poi scarsamente realizzati, nella sua intima complessità, dell’intera storia del pensiero pedagogico.

Ma diamo atto a questi riformatori delle loro buone intenzioni. E tuttavia occorre rimarcare il ruolo della scuola, cui, a mio giudizio, ben oltre ogni considerazione economica o didattica, occorre guardare. Al possibile ruolo della scuola, purtroppo raramente incarnato, e specie in questo frangente storico. Acuti osservatori della nostra contemporaneità hanno messo in rilievo, come Bernard Stiegler, tra gli altri, che stiamo vivendo, a causa della “captazione dell’attenzione” generata proprio dalla congerie di dispositivi elettronici e audio visuali da cui siamo circondati, un progressivo “immiserimento simbolico”. Che, cioè, il nostro essere immessi continuamente in un flusso di messaggi, informazioni, immagini non-stop, grazie appunto alla molteplicità di terminali cui siamo connessi, sta di fatto rendendo impossibile pensare e formulare pensieri con un linguaggio che risulti da una riflessione e non da una semplice reazione a ciò cui siamo continuamente esposti. Non diversamente, Yves Citton, pone fortemente in guardia da una “società della conoscenza” che non rende possibile l’esercizio di quella facoltà tipicamente umana che ci consente di interrogare e porre dei dubbi su ciò che ci assedia con questa continua stimolazione, cui rispondiamo ormai con la stessa rapidità di un circuito galvanico. Citton rivendica giustamente, nel suo bel libro Future umanità, la necessità di momenti di vuoto, di sospensione della risposta rapida, per potervi inscrivere l’atto riflessivo per eccellenza, riflessivo e inventivo ma anche interrogativo, l’interpretazione, che è al cuore di tutti i sapere umani non asserviti alla macchina del fare.

Per essere più esplicito e per usare qualche metafora, siamo sempre con la spina attaccata. A scuola sarebbe bene staccarla questa spina per avere il tempo di osservare come funzionano i dispositivi che da quella spina sono alimentati. A scuola si dovrebbe smontare la tecnologia, guardarci dentro, interrogarne le motivazioni, il funzionamento, l’immaginario, l’ideologia. Non si dovrebbe permettere a ciò che già ci influenza già continuamente e ovunque, di spadroneggiare e colonizzare anche quegli spazi e quei tempi. La scuola deve funzionare un po’ come una chiusa nei confronti del flusso di questo ramificatissimo sistema di canali nei quali scorriamo a velocità sempre più vertiginose. Una chiusa dove aprire un tempo della domanda, dell’interpretazione. Ciò spiega perché a scuola occorre spegnere i cellulari. Non solo e non tanto perché distraggono e disturbano, ma soprattutto perché mantengono costantemente connessi a ciò da cui bisogna separarsi per poterlo pensare, per poterlo decostruire, per poterlo interrogare. Tra l’altro, per venire ad un altro degli slogan dei nostri ideologi, quello dello studente-ricercatore, i ragazzi sono già degli abilissimi ricercatori in rete, e lo dimostra la produzione di lavori scritti e di tesi sempre più frutto di un abile lavoro di taglia e cuci da ciò che si trova ampiamente grazie a internet. Non è di questo che hanno bisogno, ritengo.

Certo, se il problema è svecchiare una didattica spesso davvero consunta, la cosiddetta didattica frontale e i suoi nozionismi, sono perfettamente d’accordo (per quanto anche qui con cautela, perché la capacità di ascolto è qualcosa che va anche esercitato, magari anche attraverso l’interpunzione audio-visuale). E tuttavia la scuola non può, per mantenersi al passo con i tempi, diventare un’altra sede di un fare  tutto schiacciato sulla velocità dei flussi di informazione della rete. Occorre rallentare, smagliare, aprire dei vuoti, altro che rincorrere le velocità siderali della banda larga.

E infine una considerazione che sempre più ha l’aria di un grido nel deserto. I nostri sostenitori della scuola digitalizzata non fanno certo mistero di avere in mente un’idea di scuola del tutto cognitiva, centrata sugli allievi come esseri portatori di cervello e sprovvisti di corpo. Non è una novità. Quando mai i corpi dei ragazzi sono davvero entrati nella scuola? Questo mancato riconoscimento è uno dei delitti capitali della scuola e sarà sempre troppo tardi accorgersi che il coinvolgimento del corpo, delle emozioni, dell’espressività, della creatività è fondamentale per generare autentico apprendimento. Ecco allora che alla scuola digitalizzata vorrei ancora una volta contrapporre, oltre ad una scuola interpretante e critica, oltre ad una scuola che sappia mettere le distanze tra sé e le richieste del mercato digitale, una scuola (che ancora mai si è data, per parlarci chiaro, almeno in  maniera diffusa) in cui si restituisca, specie in quell’età in cui ciò è oggettivamente cruciale, al corpo, all’espressività, alla creatività, attraverso teatro, danza, musica, arte, il ruolo centrale che meritano ( e che meritano i bambini e i ragazzi interi, vivi e ricchi di potenzialità inespresse).

* docente di Filosofia dell’educazione, Università di Milano Bicocca

Alcune note su “Editoria digitale e scuola”

Alcune note su “Editoria digitale e scuola” *

Dott.ssa Rosa Bottino
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per le Tecnologie Didattiche

Nel seguito, riporto alcune note redatte sullo stimolo dalla convocazione e che possono essere un supporto alla discussione. Tali note affrontano, senza alcuna pretesa di completezza e organicità, i seguenti aspetti:

  • il contesto di riferimento (la società della conoscenza, le nuove competenze, il miglioramento dei sistemi di apprendimento);
  • i libri di testo digitali e le Open Educational Resources;
  • considerazioni sui costi.

Il contesto di riferimento

Parlare di editoria digitale e scuola significa prima di tutto inserirsi nella più ampia riflessione sul ruolo e sulla natura della conoscenza e sulle nuove competenze necessarie per vivere pienamente in una società che le tecnologie hanno profondamente cambiato. Quindi è opportuno considerare le trasformazioni che l’introduzione delle nuove tecnologie a scuola possono indurre. Alcuni aspetti cruciali saltano all’occhio:

Ruolo e natura del sapere – L’accelerazione e la globalizzazione dei processi che attraversano la società richiedono nuovi modelli di sviluppo, rendono il sapere una risorsa sempre più strategica e ne accentuano la natura evolutiva, dinamica e interdisciplinare. La capacità degli individui e delle organizzazioni di rapportarsi a queste nuove caratteristiche della conoscenza è condizione necessaria sia per il progresso sociale che per quello economico [1].

Innovazione dei sistemi educativi – I sistemi educativi devono sia rapportarsi a nuovi bisogni promuovendo le competenze per affrontare una realtà profondamente cambiata, sia affrontare difficoltà, non nuove di per sé, che richiedono nuove strategie e nuovi strumenti. Basti pensare, per esempio, al tasso di abbandono ed evasione scolastica o ai deficit messi in luce da studi internazionali quali quelli OCSE PISA (Programme for International Student Assessment), IEA TIMSS (Trends in Mathematics and Science Study) o PIRLS (Progress in Reading Literacy Study). Questi studi mostrano, in modo quantitativo, i problemi rilevanti che la scuola si trova a dover affrontare in settori fondamentali per la preparazione di tutti gli individui quali la matematica; le scienze; la lingua. In particolare evidenziano i problemi che emergono quando si va oltre la richiesta di conoscenza fattuale e si richiedono anche capacità di risoluzione di problemi, interpretazione di testi, ragionamento logico, ecc.

Le nuove generazioni e i nuovi modi di apprendere – Non va sottovalutato il divario generazionale che vede gli studenti sempre connessi e protagonisti del web 2.0 e gli insegnanti che, nonostante usino sempre di più le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), fanno fatica ad integrarle nella didattica. Le nuove generazioni hanno aspettative, stili di vita e risorse cognitive che si sono formate in una società pervasa dalle tecnologie digitali e che i sistemi educativi, spesso, non tengono in sufficiente considerazione [2]. Gli sviluppi tecnologici e la rete internet rendono possibile accedere a una grande mole di informazioni e conoscenza, stringere e mantenere contatti al di la di vincoli di spazio e di tempo. Saper utilizzare queste risorse è cruciale nella prospettiva di life long learning. Come è stato messo in evidenza a livello comunitario nell’Agenda Digitale per l’Europa [3], uno dei sette “pilastri” della strategia di Europa 2020, è necessario sviluppare capacità e competenze che: possano essere applicate in situazioni e discipline diverse; siano legate alla capacità di continuare ad imparare lungo tutto il corso dell’esistenza.

Internet e la lettura su carta e su schermo – Leggere e scrivere sullo schermo di un computer non sostituisce leggere e scrivere su carta, ma li affianca. Si finisce per leggere e scrivere di più, ma questo non implica migliore qualità. Il carico cognitivo aumenta e bisogna stare attenti a non esagerare. Il passaggio ad una percentuale maggioritaria del tempo di lettura e scrittura su Internet produce cambiamenti e va attentamente studiata [4]. I rischi veri, però, sono in un approfondimento delle differenze tra chi sviluppa le competenze per affrontare una lettura concentrata e sostenuta per periodi di tempo significativi e chi invece non le sviluppa e resta a livello di “zapping” anche nella lettura (di libri su carta o su schermo).

La scuola e la sua evoluzione

La scuola deve, quindi, rispondere a nuovi bisogni e confrontarsi con una realtà in continuo mutamento. La ricerca in tecnologie didattiche (in Europa spesso identificate col termine “Technology Enhanced Learning”) ha messo in luce che la tecnologia può costituire una importante risorsa per la qualità dei processi di apprendimento/insegnamento. Questo sia per quanto riguarda gli specifici apprendimenti concettuali che l’acquisizione di competenze cognitive di tipo trasversale. La ricerca, però, ha messo anche in luce come sia di scarso valore pedagogico rendere disponibile la tecnologia se le strategie educative, gli obiettivi, le attività didattiche e i ruoli che in esse hanno docenti e studenti, così come i contenuti stessi, non cambiano [5, 6]; se, cioè, la tecnologia è introdotta come un’aggiunta in classi e contesti scolastici sostanzialmente immutati [7]. Questo vale a maggior ragione quando si richiedono cambiamenti a livello dell’intero sistema educativo. Infatti, anche se si hanno risposte incoraggianti da ricerche innovative, quando si scala a livello di sistema questi risultati non sempre si ripetono. L’innovazione su larga scala può avvenire solo se il cambiamento tocca l’intero sistema educativo. Quindi, la tecnologia digitale potrà portare a miglioramenti nei processi di insegnamento/apprendimento solo a patto che in parallelo evolva tutta la scuola. Recentemente, Alan Collins [8] ha sostenuto che la rivoluzione informatica ha inciso poco finora sulla scuola nel suo complesso perché il sistema educativo – come lo conosciamo – si è sviluppato in risposta alle esigenze di un’altra rivoluzione, quella industriale.

Cultura informatica e cultura scolastica

A sostegno della sua tesi Collins analizza una serie di contrapposizioni tra cultura scolastica e cultura informatica.

Docente come esperto versus pluralità delle fonti di conoscenza – La scuola è costruita sull’idea che il sapere è fisso e che il lavoro del docente è quello di presentare agli studenti ciò che è noto. Il libro stampato è il cardine di questa costruzione. Gli insegnanti fungono da esperti il cui compito è quello di trasmettere le loro competenze agli studenti. Quindi alla maggior parte degli insegnanti non piace vedere la loro autorità contestata da studenti che trovano informazioni che li contraddicono o che fanno domande al di là della loro competenza. Al contrario, le tecnologie dell’informazione consentono di accedere a diverse fonti di conoscenza. È facile trovare attività, come le comunità web o forum di discussione online, dove gli studenti stessi possono avere il ruolo di esperti o possono sviluppare conoscenze per sfidare le opinioni prevalenti. Le scuole hanno difficoltà a separare in modo simile la competenza dall’autorità.

La conoscenza nella propria testa versus conoscenza distribuita tra persone e risorse esterne – C’è una convinzione profonda tra insegnanti e genitori: per imparare veramente qualcosa è fondamentale interiorizzarla senza alcun ricorso a risorse esterne. Pertanto, ad esempio, agli esami gli studenti non sono autorizzati a utilizzare libri, calcolatrici, computer e tanto meno il web. Nel mondo della tecnologia dell’informazione, la misura della conoscenza è piuttosto su come e dove trovare risorse rilevanti e sul come integrarle e organizzarle. Del resto, anche sul posto di lavoro, si è spesso giudicati da come si sanno mobilitare risorse per compiere alcune operazioni. Le tecnologie dell’informazione, quali i social network, Google o i navigatori satellitari, forniscono un chiaro esempio di come la cognizione sia distribuita tra le persone e le risorse a loro disposizione.

Cambiamenti nei processi di insegnamento/apprendimento

È necessario prendere atto che l’integrazione delle nuove tecnologie nella scuola porterà a cambiamenti profondi poiché:

  • L’apprendimento reso possibile dallo sviluppo delle TIC diventerà sempre più personalizzato, collaborativo e informale; i metodi di insegnamento tradizionali, basati su modelli trasmissivi e standardizzati, lasceranno spazio a forme di insegnamento più flessibili, basate sulla sperimentazione e orientate a supportare lo studente nello sviluppo di competenze trasversali.
  • All’interno di nuovi paradigmi di apprendimento centrati sullo studente e resi possibili dallo sviluppo delle tecnologie, gli insegnanti dovranno svolgere un ruolo di guida, predisponendo un ambiente in cui lo studente può apprendere (con e dagli altri) secondo modalità che meglio si adattano alle sue personali esigenze, preferenze e strategie.
  • Mentre, concettualmente, lo studente assumerà una posizione centrale nel processo di apprendimento, spetterà agli insegnanti promuovere l’individualità, la personalizzazione e ‘l’auto-creazione’ del processo di apprendimento. Cioè, fornendo agli studenti i mezzi, le indicazioni e il supporto necessario per accrescere e sviluppare le proprie capacità.

Per sostenere questo cambiamento, è necessario adottare approcci didattici, sia all’interno delle singole discipline che attraverso attività interdisciplinari, basati sull’apprendimento attivo ed esperienziale e volti allo sviluppo anche di competenze e attitudini trasversali che non appartengono alle singole discipline. Queste “competenze per il 21° secolo” (collaborazione, comunicazione, pensiero critico, problem solving, autonomia, flessibilità, …) sono necessarie per continuare ad apprendere lungo tutto l’arco della vita.

Un’indagine svolta dalla Commissione Europea [9] raccomanda, che gli insegnanti sappiano promuovere, ad esempio:

  • attività di apprendimento basate su progetti che impegnano gli studenti in questioni o problemiaperti e a lungo termine (una settimana o più);
  • attività di apprendimento basate sull’indagine e la scoperta;
  • l’apprendimento personalizzato in cui gli studenti possano imparare con modalità consone alloro background, alle loro esperienze o ai loro interessi;
  • l’apprendimento individualizzato, grazie al quale gli studenti possano lavorare al proprio ritmo e in cui l’insegnamento sia adattato al livello di abilità e alle esigenze di apprendimento di ogni singolo studente.

Naturalmente gli insegnanti devono essere preparati a questo tipo di attività, attraverso una formazione e costruzione di competenze professionale che trascende il livello di aggiornamento personale e deve evolvere verso la costruzione di comunità di pratica anche nella scuola.

I libri di testo digitali

Lo scenario delineato pone prepotentemente il problema della necessità di cambiare le modalità di apprendimento, uno degli snodi chiave per accompagnare questo cambiamento sono i libri di testo. Il libro di testo si è sviluppato quando la conoscenza era sufficientemente stabile e quindi permetteva la sua codifica in unità autosufficienti [10]. La forma narrativa e l’organizzazione sequenziale del testo ha sicuramente una valenza importante anche oggi. Tuttavia, occorre considerare che la disponibilità di contenuti in formato digitale e gli strumenti del web, da un lato semplificano operazioni di consultazione, annotazione e riorganizzazione dell’informazione, dall’altro velocizzano i processi di continua creazione ed evoluzione dei saperi e delle conoscenze. Quindi, il web caratterizza una modalità di formazione e creazione di conoscenza da cui non si può prescindere. Governare questo cambiamento richiede un approccio flessibile in cui una pluralità di informazioni e di supporti è usata e riorganizzata in funzione degli obiettivi di apprendimento. L’introduzione delle tecnologie digitali dovrebbe accompagnare i processi di apprendimento basati sull’esperienza e, quindi, permettere attività di simulazione, sperimentazione, indagine, esplorazione, ecc. e di riorganizzazione, incremento, annotazione, ecc. dei contenuti digitali per attività collaborative e condivise.
Tutte queste esigenze sono ben rappresentate dal movimento delle Open Educational Resources (OER), nato in ambito universitario, e riconosciuto sia a livello internazionale [11] che dell’Unione Europea (vedi, per esempio, la recente iniziativa “Opening up Education – a proposal for a European Initiative to enhance education and skills development through new technologies” [12]). Questo processo ormai investe anche la scuola. Ad esempio, si stanno creando network online di insegnanti per creare e condividere OER (1).
Un discorso specifico richiede poi il problema dell’accessibilità dei libri di testo per studenti con disabilità o difficoltà specifiche di apprendimento. Questo problema deve essere affrontato sia in termini normativi sia in termini tecnici (ad esempio, si dovrebbero aver a disposizione testi accessibili agli screen reader, ci dovrebbero essere funzionalità che permettano di ingrandire i caratteri, di reimpostare la pagina, di scorrere il testo in modo alternativo al mouse e al touch screen, di integrare lettura visiva e sintesi vocale, ecc.). Inoltre, oltre che tecnicamente accessibile un libro di testo in formato digitale dovrebbe essere realmente fruibile da parte di ogni alunno; non solo accessibilità, quindi, ma anche usabilità, comprensibilità, semplicità di navigazione. Ciò significa che il testo dovrebbe essere adattato in modo da consentirne l’uso autonomo ed efficiente. Concludendo, il digitale va sfruttato per il valore aggiunto che può dare: contenuti, attività interattive, possibilità di organizzazione e ri-organizzazione individuale, condivisione, arricchimento, ecc. È però necessario seguire e monitorare con molta attenzione il processo che porterà alla creazione dei libri digitali, che non possono essere semplici versioni elettroniche dei libri in forma cartacea e soprattutto dei contenuti digitali integrativi. In questo processo dovrebbero partecipare anche gli insegnanti con un ruolo fondamentale.

Alcune considerazioni su costi

Un computer per alunno è stato lo scenario di riferimento di molti governi in tema di politiche per la scuola. La difficoltà a raggiungere questo obiettivo, spesso visto come prerequisito di un cambiamento radicale del modo di fare scuola, ha anche fatto da giustificazione ai problemi incontrati nell’introduzione della tecnologia dell’informazione e della comunicazione a scuola. La difficoltà più evidente è di natura economica, i computer costano. Inoltre, l’investimento fatto va ripetuto ciclicamente. Ad esempio, per i personal computer questo ciclo è stato al più di cinque anni. Anche se l’hardware dura più a lungo l’evoluzione del software lo rende inutilizzabile. L’arrivo dei tablet ha fatto intravedere una possibile soluzione. I tablet sono più economici dei PC e più adatti a diventare lo strumento per la lettura di libri digitali. I libri di testo sono una voce di spesa ricorrente, quindi, se il passaggio al digitale abbattesse i costi avremmo allo stesso tempo risolto anche il problema di come dare un computer ad ogni studente e tenerlo aggiornato nel tempo riqualificando questo capitolo di spesa. Considerazioni simili si possono trovare in un recente documento del governo USA “Digital Textbook Playbook” [13]. Il documento descrive gli scenari per la costruzione di ambienti d’apprendimento digitali che prevedono una diffusione di connessioni internet veloci alle scuole e il passaggio a libri di testo elettronici entro il 2017. Un altro piano della Corea del Sud, varato nel 2011, prevede il passaggio a libri di testo elettronici nel 2015 con un investimento di 1850 milioni di Euro [14].

Come mostrano questi due esempi il passaggio ai libri digitali richiede un investimento complessivo in infrastruttura ed un piano di riqualificazione professionale degli insegnanti che vada nella direzione degli obiettivi esposti precedentemente [15].
Per quanto riguarda il mercato dell’editoria digitale per la scuola, una recente indagine della Federation of European Publishers (FEP) ha stimato che il suo ritorno economico nel 2010 (in EU e EEA) è stato circa il 17,9% del totale. Il problema è se il business model tradizionale si applichi anche a questo tipo di editoria. Anche se, ovviamente, la situazione è in forte divenire, modelli alternativi misti sono stati sperimentati. Un esempio è quello adottato da Flat World Knowledge editore commerciale di libri per college che coniuga la licenza aperta con la vendita di prodotti aggiuntivi (copie stampate, guide allo studio, formati scaricabili ePub, .Mobi (Kindle), PDF, ecc.).

(1) TES è la più grande di queste reti con oltre 2 milioni di utenti registrati in 197 paesi e circa 500.000 risorse realizzate dagli insegnanti per gli insegnanti. (http://www.tes.co.uk/)

* Audizione informale di esperti sull’Agenda digitale per l’istruzione
Sed. n. 290, 13 Novembre 2012, 7a Commissione Senato

Riferimenti

[1] Hanushek, E. A. & Woessmann, L. (2007), The role of education quality for economic growth, World Bank Policy Research Working Paper, WPS4122 2007. http://www-wds.worldbank.org/servlet/WDSContentServer/WDSP/IB/2007/01/29/000016406_20070129113447/Ren dered/PDF/wps4122.pdf

[2] Pedro, P. (2006). The New Millennium Learners: Challenging our Views on ICT and Learning, OECD, http://www.oecd.org/edu/ceri/moreaboutthenewmilleniumlearnersproject.htm

[3] European Commission (2010), Digital Agenda for Europe. Retrieved from http://europa.eu/legislation_summaries/information_society/si0016_en.htm

[4] Cull, B., W. (2011) Reading revolutions: Online digital text and implications for reading in academe. First Monday, Volume 16, Number 6 http://firstmonday.org/htbin/cgiwrap/bin/ojs/index.php/fm/article/viewArticle/3340/2985

[5] Venezky, R. L., Davis, C., 2002, Quo vademus? The transformation of schooling in a networked world, OECD/CERI, Version 8c, March 06. Available at: http://peabody.vanderbilt.edu/index.html.

[6] Bottino R.M. (2004). The evolution of ICT-based learning environments: which perspectives for the school of the future?. British Journal of Educational Technology, 35 (5), pp. 553-567.

[7] Grasha A.F., Yangarber-Hicks N. (2000). Integrating teaching styles and learning styles with instructional technology. College Teaching, 48 (1), pp. 2-10.

[8] Collins, A. and Halverson, R., 2009. Rethinking education in the age of technology: The digital revolution and schooling in America. Teachers College Press, New York, NY, USA

[9] Eurydice, Commissione Europea, (2011). Cifre chiave sull’utilizzo delle TIC per l’apprendimento e l’innovazione nelle scuole in Europa http://eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/documents/key_data_series/129IT.pdf

[10] Weinberger, D. (2012). Too Big To Know: Rethinking Knowledge Now That Facts Aren’t Fact, Experts Are Everywhere, and the Smartest Person in the Room is the Room. New York: Basic Books Weinberger

[11] 2012 Paris OER Declaration http://www.unesco.org/new/fileadmin/MULTIMEDIA/HQ/CI/CI/pdf/Events/English_Paris_OE R_Declaration.pdf

[12] European Commission (13 August 2012 – 13 November 2012). Consultation on “Opening up Education – a proposal for a European Initiative to enhance education and skills development through new technologies” http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/consult/open_en.htm

[13] Federal Communications Commission (2012). Digital textbook playbook http://www.fcc.gov/encyclopedia/digital-textbook-playbook

[14] Schools Face Transition to Digital Textbooks, The Chosunlibo, 30 Giugno 2011 http://english.chosun.com/site/data/html_dir/2011/06/30/2011063001176.html

[15] Taisiya Kim, Ji Yeon Cho, Bong Gyou Lee (2012) Evolution to Smart Learning in Public Education A Case Study of Korean Public Education. Proceedings of OST’12: Open and Social Technologies for Networked Learning, 30.July – 3.August 2012, Tallinn University, Estonia http://ifip-ost12.tlu.ee/wp- content/uploads/2012/06/kim_final.pdf

 

La dimensione ludica della LIM nella Scuola primaria

La dimensione ludica della lavagna interattiva multimediale nella scuola primaria

di Elena Duccillo

Questo saggio nasce principalmente dalla riflessione che imparare e giocare hanno pari valore nell’età evolutiva. Se in molte parti del mondo una consistente percentuale di genitori deve convincere ogni mattina il loro figlio a recarsi a scuola c’è più di una ragione per ritenere che una boccata d’ossigeno e un ripensamento a trecentosessanta gradi sul modo di fare scuola non nuocerebbe per nulla.
Ci sono poi altri luoghi nel mondo, dove sono negati i diritti sia a imparare sia a giocare. Di contro la nostra esperienza dettata da molti anni di docenza e anche gli studi scientifici ci dicono che i bambini dei paesi industrializzati hanno subìto un’estrema trasformazione cognitiva e comportamentale che non sempre è garanzia di crescita equilibrata e nella quale sono insiti molti rischi in gran parte sottovalutati da genitori ed educatori.
Tutti i bambini giocano, alcuni hanno l’opportunità di farlo a casa e a scuola, disponendo di una guida sapiente ed in casi che esaminerò anche dell’apporto di nuove tecnologie ludiche, altri vivono a caso il gioco con modalità che in questa crisi di civiltà rischiano di svilire le loro esperienze e di andare incontro a possibili disfunzionalità nella fase evolutiva dello sviluppo psicofisico.
E’ difficile insegnare nel terzo millennio ed è impegnativo educare le nuove generazioni immerse nell’opulenza a un uso responsabile e creativo delle nuove tecnologie.
Sul piano degli investimenti per l’istruzione pubblica si procede con il freno a mano tirato da quando esistono le leggi finanziarie. L’unica eccezione è costituita dalle disposizioni contenute nei decreti del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione che chiama Il Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri ad attivare bandi rivolti alle Pubbliche Amministrazioni per mettere in azione iniziative che sviluppino contenuti digitali e diffondere le nuove tecnologie negli istituti scolastici.
Le risorse umane e di bilancio nella scuola diminuiscono mentre in maniera inversamente proporzionale aumentano le strumentazioni.
I bambini sono fragili nel loro equilibrio interno, ma vivono da super eroi attratti da giochi elettronici spesso diseducativi che li proiettano lontano dalla realtà. Come vincere l’indifferenza generale e affrontare le situazioni emergenti vivendo in modo significativo l’esperienza educativa? Quando si ama la vita ed il proprio lavoro non si può stare a guardare. Lo studio che dopo una lunga elaborazione presento analizza tutti gli aspetti legati ai processi d’insegnamento-apprendimento a proposito del gioco, alle tecnologie didattiche, all’integrazione scolastica scaturiti dallo studio e dall’esperienza di venticinque anni d’insegnamento, accompagnate magistralmente dalla professoressa Lucia Chiappetta Cajola e da tutta la rete parentale e amicale che mi permette di affrontare studio, lavoro, impegno familiare e sociale tenendo degnamente all’impresa su tutti i fronti.

 

Riflessioni su comunicazione e formazione

Riflessioni su comunicazione e formazione

di Stefania Carioli

L’ampliamento delle possibilità di comunicazione e interazione offerte dal digitale e dagli applicativi del cosiddetto Web 2.0 ha configurato una rivoluzione che, oltre e più che tecnologica, può dirsi sociale e partecipativa. Gli esiti di questo processo innovativo, però, non sono affatto scontati.

Si tratta di una preoccupazione riferita distintamente dall’UNESCO già nel 2005 quando, nel World Report Towards Knowledge Societies , si insisteva sulla necessità di andare oltre una fondamentale politica dell’accesso per favorire quella della partecipazione. Il citato report sottolineava, da una parte, come lo sviluppo tecnologico abbia aumentato enormemente la quantità di informazioni disponibili e la velocità della loro trasmissione, determinando l’avvento di una società dell’informazione globale, ma come, d’altra parte, questa condizione, pur generando nuove prospettive di sviluppo e lasciando intravedere il potenziale ruolo della comunicazione, non solo nello sviluppo economico ma anche in quello umano, necessiti di una progettazione che sostenga il passaggio verso una conoscenza autenticamente condivisa. In effetti, se alla società dell’informazione sottende un’idea di rinnovamento essenzialmente tecnologica, il concetto di società della conoscenza è molto più ampio e contempla una dimensione etica e politica, di libertà e responsabilità, di condivisione e collaborazione, significati non risolvibili nella sola considerazione digital-tecnologica, per quanto questa possa creare i presupposti di un certo cambiamento.

Un’importante direttrice interpretativa diventa, quindi, l’idea di una tecnologia da leggere come strumento al servizio di nuovi paradigmi, mezzo per rendere la comunicazione funzionale alla diffusione del sapere, tramite per perseguire finalità educative e formative. Quello dipinto è un panorama promettente in cui, d’altra parte, si induce a non minimizzare sotto una patina ottimistica incertezze e ombre: oltre al potenziale di esclusione e al divario digitale, un ritmo sempre crescente (quasi insostenibile) di cambiamento, la relativa superficialità della comunicazione in tempo reale, rappresentano solo in parte dubbi e perplessità.

È da qui che nasce il bisogno di un’attenta analisi della reciprocità che lega comunicazione e formazione: la prima, con i suoi media ri-mediati o rinnovati, con la sua molteplicità di codici e (tutt’altro che banale) commistione tra essi, con le sue tecnologie digitali che, indubbiamente, incidono nei processi di formazione, e questo a prescindere dall’atteggiamento delle agenzie formalmente dedicate alla formazione e all’istruzione; d’altro lato la formazione, che si rende necessaria per consentire di pensare o di ri-pensare in accezione autenticamente formativa la comunicazione stessa, andando oltre un significato meramente strumentale delle ICT per favorirne un uso critico, consapevole e, quindi, responsabile fino a giungere, auspicabilmente, al loro utilizzo per progettare e realizzare attività che abbiano un valore aggiunto.

È da qui, dunque, che si genera il bisogno di interpretare i fenomeni emergenti intorno a noi cogliendo l’occasione per ripensare le implicazioni e le applicazioni formative, reali o realizzabili, opportune o auspicabili, in modo da trasformare l’offerta o la promessa di nuove, potenziali opportunità, in effettivo aumento del livello culturale e, in prospettiva, partecipativo dei cittadini del XXI secolo, senza lasciarsi confondere dall’idea che certe competenze possano svilupparsi soltanto per pura appartenenza generazionale.

 

1 Le competenze in una società complessa

Le considerazioni sopra esposte richiamano a sé la necessità di riflettere su come formare individui che sappiano maneggiare gli strumenti a disposizione in maniera distante da un consumismo passivo; sul modo di costruire percorsi sensati e rispettosi dei livelli di crescita dei soggetti coinvolti, su come far sì che tali individui sappiano fruire e valutare attentamente la qualità e l’attendibilità delle informazioni provenienti da diverse fonti Web-based, data anche la qualità disomogenea di tale disponibilità.

La capacità di usare le tecnologie della società dell’informazione e della conoscenza a sostegno del pensiero critico, della creatività e dell’innovazione diventano competenze funzionali alla crescita di lettori attivi e responsabili, che detengono il governo dei media, e non il contrario.

Da una parte, opportunità di accesso a nuovi tipi di esperienze e a nuovi mondi culturali e sociali; dall’altra, abilità e conoscenze necessarie per sostenere quell’apprendimento permanente, quel bisogno di sviluppare o rinnovare competenze per tutto l’arco della vita, diventata una necessità anche per affrontare con successo un mondo del lavoro in costante evoluzione, in cui inusuali e (al momento) inimmaginabili professioni stanno emergendo e si alterneranno nella vita delle persone (Competenze chiave per l’apprendimento permanente – Un Quadro di Riferimento Europeo, 2007).

È all’interno di questa cornice mutevole che nasce l’esigenza di offrire beni trasferibili, di sviluppare competenze[1] che possano essere applicate in contesti diversi (non solo scolastici) e non contenuti o insegnamenti esposti a facile obsolescenza.

Nel quadro di riferimento europeo una trasversale e inclusiva competenza digitale, oltre a trovare supporto su abilità di base che consentono di fruire «del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet», viene precisata come capacità di «utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione».

Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza

La competenza digitale presuppone una solida consapevolezza e conoscenza della natura, del ruolo e delle opportunità delle TSI nel quotidiano: nella vita privata e sociale come anche al lavoro. In ciò rientrano le principali applicazioni informatiche come trattamento di testi, fogli elettronici, banche dati, memorizzazione e gestione delle informazioni oltre a una consapevolezza delle opportunità e dei potenziali rischi di Internet e della comunicazione tramite i supporti elettronici (e-mail, strumenti della rete) per il lavoro, il tempo libero, la condivisione di informazioni e le reti collaborative, l’apprendimento e la ricerca. Le persone dovrebbero anche essere consapevoli di come le TSI possono coadiuvare la creatività e l’innovazione e rendersi conto delle problematiche legate alla validità e all’affidabilità delle informazioni disponibili e dei principi giuridici ed etici che si pongono nell’uso interattivo delle TSI.

Le abilità necessarie comprendono: la capacità di cercare, raccogliere e trattare le informazioni e di usarle in modo critico e sistematico, accertandone la pertinenza e distinguendo il reale dal virtuale pur riconoscendone le correlazioni. Le persone dovrebbero anche essere capaci di usare strumenti per produrre, presentare e comprendere informazioni complesse ed essere in grado di accedere ai servizi basati su Internet, farvi ricerche e usarli. Le persone dovrebbero anche essere capaci di usare le TSI a sostegno del pensiero critico, della creatività e dell’innovazione.

L’uso delle TSI comporta un’attitudine critica e riflessiva nei confronti delle informazioni disponibili e un uso responsabile dei mezzi di comunicazione interattivi. Anche un interesse a impegnarsi in comunità e reti a fini culturali, sociali e/o professionali serve a rafforzare tale competenza[2].

 

2 La “competenza digitale” nella bozza delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione del 30 maggio.

Riconoscimento della diffusione delle nuove tecnologie come rivoluzione epocale[3] e come frontiera decisiva per la scuola, accanto alla  necessità dello sviluppo di un atteggiamento critico e di una maggiore consapevolezza nel loro uso, costituiscono nodi da cui si dipanano plurime necessità e opportunità formative colte anche all’interno della recente bozza di revisione delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione.

Così come nelle Indicazioni del 2007 si continuano a ravvisare «relazioni con gli strumenti informatici (…) assai diseguali fra gli studenti come fra gli insegnanti» per cui «il lavoro di apprendimento e riflessione dei docenti e di attenzione alla diversità di accesso ai nuovi media» continua a essere di decisiva rilevanza. Nel documento, finora aperto alle osservazioni delle scuole[4], il riferimento alla competenza digitale è stato, non semplicemente, indicato ma elencato e descritto insieme alle altre competenze chiave di cittadinanza[5] nell’ambito dell’unica sezione inedita rispetto al testo del 2007, ovvero il Profilo dello studente al termine del primo ciclo d’istruzione, sotto il titolo Obiettivi generali del processo formativo, andando esplicitamente a richiamare una documentazione europea il cui riferimento è possibile cogliere anche nella palese citazione del Quadro comune europeo delle lingue straniere[6] e nell’impostazione della bozza nella sua interezza, che pare avere un più convinto respiro in questo senso.

Riferimenti chiari, che orientano e non pretendono di conformare a un unico modello i singoli curricoli scolastici.

Al termine del paragrafo sulla tecnologia si legge:

I nuovi strumenti e i nuovi linguaggi della multimedialità rappresentano ormai un elemento fondamentale di tutte le discipline e le materie di insegnamento, ma è precisamente nel dominio della tecnologia che i ragazzi imparano a trasferire le conoscenze astratte e ideali, caratteristiche dei mondi simulati al computer e della realtà virtuale, con quelle pratiche e procedurali legate a problemi e situazioni concrete e mutuate dalla vita reale. Inoltre, per quanto riguarda le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le tecnologie digitali, è necessario che oltre alla padronanza degli strumenti, spesso acquisita al di fuori dell’ambiente scolastico, si sviluppi un atteggiamento critico e una maggiore consapevolezza rispetto agli effetti sociali e culturali della loro diffusione, alle conseguenze relazionali e psicologiche dei possibili modi d’impiego, alle ricadute di tipo ambientale o sanitario, compito educativo cruciale che andrà condiviso tra le diverse aree disciplinari[7].

La trasversalità nell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (posta elettronica, navigazione web, social network, blog, ecc.) trova la propria ragione d’essere, da una parte, nella necessità di condividere un impegno formativo mirato a costruire un atteggiamento critico, responsabile e autonomo non relegabile a un unico spazio disciplinare. Dall’altra,  nello svelare le molteplici potenzialità apprenditive che il ricorso alle risorse digitali offre sotto il profilo culturale, relazionale e, per l’appunto, transdisciplinare, sostenendo anche l’acquisizione di quei saperi di base, irrinunciabili in quanto «fondamentali per l’uso consapevole del sapere diffuso e perché rendono precocemente effettiva ogni possibilità di apprendimento nel corso della vita»[8].

L’«utilizzo sicuro delle tecnologie della comunicazione» per riuscire a «ricercare e analizzare dati e informazioni e a interagire con soggetti diversi» sintetizza le competenze (relativamente alle TIC) «che un ragazzo deve mostrare di possedere […] con riferimento alle discipline di insegnamento e alla organizzazione didattica delle scuole italiane» poste nel Profilo al termine del primo ciclo di istruzione .

A ciò si aggiunge il lungo percorso di scoperta, incontro e avvicinamento consapevole ai nuovi media e alla multimedialità, che dovrebbe portare l’alunno a «riconoscere i codici e le regole compositive presenti nelle opere d’arte e nelle immagini della comunicazione multimediale per individuarne la funzione simbolica, espressiva e comunicativa nei diversi ambiti di appartenenza (arte, pubblicità, informazione, spettacolo)»[9], ad apprendere le possibilità di intreccio della lingua scritta con altri codici e a progettare originali elaborati personali con l’integrazione di più media e codici espressivi. 

Per favorire «un contatto attivo con i media e la ricerca delle loro possibilità espressive e creative» viene sollecitata una familiarizzazione «con l’esperienza della multimedialità (la fotografia, il cinema, la televisione, il digitale)» sin dall’infanzia, tentando di porre quella base esperienziale «come spettatore e come attore» che andrà propedeuticamente a unirsi al successivo utilizzo dei nuovi strumenti e dei linguaggi della multimedialità in tutte le discipline. L’incontro guidato con l’arte, con la musica e con l’espressione che si avvale di un’integrazione di codici, diventa scoperta del mondo con occhi diversi; esplorazione finalizzata a sviluppare la percezione; esperienza tesa a coltivare la creatività.

La libera sperimentazione di «diverse forme di scrittura» «anche con l’utilizzo del computer»[10], quale obiettivo di apprendimento al termine della classe quinta della scuola primaria, poggia su scelte di adattamento testuale, lessicale, di impaginazione e di eventuale integrazione del testo verbale con materiali multimediali la cui produzione, se vuol assumere effettiva efficacia comunicativa, è tutt’altro che il risultato di un semplice assemblamento di codici.

Lo spazio formativo di Arte e immagine continua a essere descritto come occasione finalizzata a «valorizzare e ordinare conoscenze ed esperienze acquisite dall’alunno nel campo espressivo e multimediale anche fuori dalla scuola, come elementi utili al processo di formazione della capacità di riflessione critica» in una dimensione di valorizzazione della soggettività e della sua originalità.

Viene, in questo modo, sostanzialmente ribadito il contributo rilevante della disciplina «a far sì che la scuola si apra al mondo, portandola a confrontarsi criticamente con la “cultura giovanile” e con le nuove modalità di apprendimento proposte dalle tecnologie della comunicazione».

Ne risulta, così come nelle Indicazioni del 2007, la concezione di una scuola che, nel riconoscere di non essere più esclusivo agente di apprendimento («l’apprendimento scolastico è solo una delle tante esperienze di formazione che i bambini e gli adolescenti vivono e per acquisire competenze specifiche spesso non vi è bisogno dei contesti scolastici»; la  scuola «non ha più il monopolio delle informazioni e dei modi di apprendere»[11]) continua a individuare la propria ragion d’essere in uno specifico ruolo formativo teso a  promuovere «la capacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loro esperienze, al fine di ridurre la frammentazione e il carattere episodico che rischiano di caratterizzare la vita dei bambini e degli adolescenti»[12]; a far scoprire ed educare alla molteplicità di linguaggi sia in senso espressivo che recettivo; a costruire le condizioni propizie affinchè ognuno possa creativamente dare il proprio contributo innovativo di idee alla società e alla conoscenza, sapendosi esprimere consapevolmente tramite l’ampia varietà di mezzi di comunicazione e di codici di cui disponiamo.

 

3 Strade percorribili

Porre le basi di una cittadinanza attiva continua a profilarsi come esigenza formativo-educativa prioritaria per la scuola, un’esigenza che oggi, per realizzarsi compiutamente, necessita anche della presenza nella dimensione virtuale/digitale.

Sviluppare una «combinazione di conoscenze, abilità e attitudini»[13] appropriate al nuovo contesto per favorirvi una modalità di partecipazione e collaborazione attive non può che essere esito di percorsi formativi mirati e attentamente progettati. Solo una metariflessione intessuta all’azione può agevolare lo sviluppo di un approccio critico e una focalizzazione sul significato più congruo da dare alla presenza sociale in Rete; solo un’organizzazione che valorizzi e incoraggi la cooperazione e la collaborazione in una dimensione dell’apprendimento socialmente estesa[14] può preparare alla costruzione e alla condivisione interattiva delle conoscenze; solo una didattica che incoraggi e favorisca autonomia decisionale può aiutare lo sviluppo di una forma mentis libera e creativa.

Un orientamento euristico-induttivo che assecondi una dialettica pensiero-azione, che attivi non solo conoscenze di tipo dichiarativo ma anche abilità e competenze di carattere procedurale, appare la strada più idonea da percorrere per sviluppare certi tipi di acquisizioni.

È per tali molteplici ragioni che una metodologia da promuovere e sviluppare nei diversi momenti e articolazioni del percorso formativo consiste nella realizzazione di percorsi in forma di laboratorio[15], assunta dai riferimenti normativi e dalle linee guida dell’intero impianto scolastico sia in quanto scelta che impegna attivamente gli studenti «in modo condiviso e partecipato con altri», «valorizzando il territorio come risorsa per l’apprendimento» sia perché «l’acquisizione dei saperi richiede […] anche la disponibilità di luoghi attrezzati che facilitino approcci operativi alla conoscenza […]».

Il modello della classe-laboratorio è particolarmente favorito dal lavoro didattico con le tecnologie, specie dalle piattaforme del Web 2.0, perché rendono fattibili percorsi di coautorialità, interscambi comunicativi col territorio e le sue risorse, simulazioni, maggiore inclusività. Sfruttando in maniera equilibrata le opportunità multimediali offerte è possibile attivare molteplici canali comunicativi per aumentare il grado di individualizzazione del processo di insegnamento/apprendimento, ponendosi così in coerenza con le acquisizioni della stessa ricerca psicologica che ci avvertono di come non esista un’unica intelligenza, ma intelligenze multiple diversamente distribuite in ciascun soggetto, così come diversi stili di apprendimento.

Da una parte, quindi, una scoperta e un uso delle nuove tecnologie necessaria per favorire competenze specifiche finalizzate a orientarsi nel mutevole mondo globalizzato; dall’altra, un approccio a questi strumenti per promuovere e sostenere la realizzazione di idee, di percorsi didattici innovativi che contribuiscano a una maggiore sintonizzazione e continuità della scuola con le attuali emergenze educativo-formative.

Tuttavia, la ricerca di strade percorribili è argomento aperto poiché le varie indicazioni, nazionali e internazionali, pur prendendo in esame problemi contingenti e reali e pur poggiando su impianti teorici di grande valore pedagogico, si esprimono in termini generali e non entrano nel merito degli effettivi itinerari operativi da adottare per perseguire tali traguardi; sono gli stessi obiettivi che necessitano di essere specificati, approfonditamente esaminati e determinati in base ai diversi contesti.

A questo proposito è da sottolineare l’importanza di un’opportuna interpretazione da dare all’azione e all’idea di progettazione che, pur muovendo da ordinamenti scolastici nazionali, garantisce spazi di manovra, possibilità di intraprendere percorsi inediti, anche fra reti di scuole, frutto di ricerca-azione o di sperimentazione.

È per questo motivo che la progettazione del curricolo viene individuata come strumento di innovazione e crescita educativo-didattica.

Progettare significa, pur all’interno di parametri normativi nazionali, contestualizzare e concretizzare enunciati astratti, creare percorsi che si arricchiscano delle peculiari risorse locali, come delle disponibilità remote; dare valore al concetto di autonomia professionale immaginando possibili itinerari, avvicinando ciò che apparentemente è distante, facendo comunicare ciò che sembra non poter dialogare.

E questo non può che avvenire nel quotidiano fare scuola.

 

Bibliografia

Biagioli, R., Zappaterra T., (a cura di), 2010, La scuola primaria. Soggetti, contesti, metodologie e didattiche, Edizioni ETS, Pisa.

Cambi F., Toschi L. (a cura di) (2007), La comunicazione formativa. Strutture, percorsi, frontiere, Apogeo, Milano.

Competenze chiave per l’apprendimento permanente – Un quadro di riferimento europeo, © Comunità europea, (2007) (all. della Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 30 dicembre 2006/L394).

Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, MPI, all. al DM 31-7-2007.

Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, Bozza del 30 maggio 2012.

Morin E. (2000), La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina Editore, Milano.

Toschi L. (2011), La comunicazione generativa,  Apogeo, Milano.



[1]Nel documento Competenze chiave per l’apprendimento permanente – Un Quadro di Riferimento Europeo, 2007«le competenze sono definite (…) alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione» e  «sono considerate ugualmente importanti, poiché ciascuna di esse può contribuire a una vita positiva nella società della conoscenza. Molte delle competenze si sovrappongono e sono correlate tra loro: aspetti essenziali a un ambito favoriscono la competenza in un altro. La competenza nelle abilità fondamentali del linguaggio, della lettura, della scrittura e del calcolo e nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) è una pietra angolare per l’apprendimento, e il fatto di imparare a imparare è utile per tutte le attività di apprendimento. Vi sono diverse tematiche che si applicano nel quadro di riferimento: pensiero critico, creatività, iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazione del rischio, assunzione di decisioni e capacità di gestione costruttiva dei sentimenti svolgono un ruolo importante per tutte e otto le competenze chiave».

[3]«[…] non riconducibile a un semplice aumento dei mezzi implicati nell’apprendimento».

[4]La bozza ha assunto il documento “Indicazioni per il curricolo” di cui al D.M. 31 luglio 2007 come base per un lavoro di revisione e consolidamento. La revisione è stata imperniata su un intenso processo di consultazione delle scuole e porterà, entro il termine del 31 agosto 2012, al testo definitivo.

[5]«L’Italia recepisce come obiettivo generale del processo formativo del sistema pubblico di istruzione il conseguimento delle seguenti competenze-chiave per l’apprendimento permanente definite dal Parlamento europeo con raccomandazione del 18 dicembre 2006:
1)  comunicazione nella madrelingua;
2)  comunicazione nelle lingue straniere;
3)  competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
4)  competenza digitale;
5)  imparare a imparare;
6)  competenze sociali e civiche;
7)  spirito di iniziativa e imprenditorialità; e
8)  consapevolezza ed espressione culturale».

[6]A differenza delle Indicazioni del 2007, in cui si andava a suggerire l’opportunità di «tenere presente il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue, del Consiglio d’Europa» per la progettazione didattica e la valutazione degli apprendimenti, nella nuova bozza i traguardi per lo sviluppo delle competenze sono esplicitamente ricondotti ai Livelli (A1 e A2) del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue (p. 27, par. Lingue comunitarie, Bozza 30 maggio 2012).

[7]In Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, Bozza del 30 maggio 2012.

[8]Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, Bozza del 30 maggio 2012.

[9] In Obiettivi di apprendimento al termine della scuola secondaria di primo grado. Osservare e leggere le immagini, Bozza del 30 maggio 2012.

[10]Cominciano a essere esplicitamente citati e-mail, post di blog.

[11]Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, Bozza del 30 maggio 2012.

[12]Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, Bozza del 30 maggio 2012.

[14] «Imparare non è solo un processo individuale. La dimensione comunitaria dell’apprendimento svolge un ruolo significativo. In tal senso, molte sono le forme di interazione e collaborazione che possono essere introdotte (dall’aiuto reciproco all’apprendimento nel gruppo cooperativo, all’apprendimento tra pari…), sia all’interno della classe, sia attraverso la formazione di gruppi di lavoro con alunni di classi e di età diverse» (in Bozza del 30 maggio 2012).

[15]Il richiamo alla laboratorialità è presente nelle indicazioni normative e nelle linee guida dell’intero impianto organizzativo scolastico, (dagli istituti a indirizzo tecnologico, per i quali si parla di «organizzazione dei laboratori ai fini didattici e di un loro adeguamento in relazione alle esigenze poste dall’innovazione tecnologica», ai licei) nonché nell’ambito del CdL in “Scienze della Formazione Primaria” , dove l’esperienza laboratoriale funge da simulazione dell’agire didattico.
I due documenti presentano un impianto curricolare per competenze, unitario e progressivo, coerentemente con le indicazioni comunitarie in merito all’istruzione. Per dare unitarietà e concretezza alla continuità fra i vari gradi scolastici del ciclo dell’obbligo viene sottolineata l’importanza di una progettazione che abbia come riferimento i
traguardi di sviluppo delle competenze, che rappresentano piste da percorrere, indicatori per arrivare a sviluppare quelle competenze chiave di cittadinanza e quelle competenze di base (così come previste dagli assi culturali) poste al termine dell’obbligo scolastico. Strategie per raggiungere tali traguardi sono gli obiettivi di apprendimento che si diversificano per graduale difficoltà in base ai livelli di scolarizzazione degli studenti.

 

Riordino e Nuove Tecnologie: verso Europa 2020

Polo Professionale “L. Scarambone” – Lecce

Rete interscolastica “Verso Europa 2020”

Convegno nazionale

Riordino e Nuove Tecnologie: verso Europa 2020

 Lecce, 30 e 31 maggio 2012
Sala Conferenze nuovo Rettorato dell’Università del Salento

– Mercoledì, 30 maggio 2012 –

Il Riordino dei Cicli

– ore 9,00 Accoglienza ed iscrizione partecipanti al Convegno;

– ore 9,30 Presentazione Convegno:

Prof. Dario CILLO, Dirigente Scolastico Polo Professionale “L. Scarambone” Lecce –  Scuola capofila Rete, Direttore Responsabile “Educazione&Scuola”, edscuola.it

– ore 10,00 Intervento e saluto delle autorità:
Prof. Ing. Domenico LAFORGIA, Rettore Università del Salento

Dr. Antonio GABELLONE, Presidente Provincia di Lecce

Dr. Attilio MONOSI, Assessore Comune di Lecce

Dr.ssa Marcella RUCCO, Dirigente UST Lecce

– ore 10,30 Riordino primo ciclo: Ordinamenti, Curricolo, Competenze
Dott. Giancarlo CERINI – Dirigente Tecnico MIUR;

– Coffee Break

– ore 11,15 Riordino secondo ciclo: Ordinamenti, Curricolo, Competenze
Dott. Maurizio TIRITICCO – Dirigente Tecnico MIUR;

– ore 12,00 Riordino dei cicli: Dinamiche regionali e IeFP
Dott. Ruggiero FRANCAVILLA – Dirigente vicario USR Puglia;

– ore 16,00 Tavola rotonda: “Idee e proposte per un riordino complessivo del sistema educativo italiano verso Europa 2020”
Dott. D. MARZANO (Dirigente Ufficio V USR Puglia), Dott. M. TIRITICCO (Dirigente Tecnico MIUR), Dott. G. CERINI (Dirigente Tecnico MIUR), Prof. P. PAOLINI (Politecnico di Milano), Prof. A. COLOMBI (Università di Bolzano)

Dibattito

PON FSE e PON FESR: Il Piano ed il Progetto

– ore 17,00 Tavola rotonda: PON FSE e PON FESR – Confronto su ‘Europa 2020’ fra due Regioni dell’obiettivo convergenza: Sicilia e Puglia
Dott. Fabio NAVANTERI, Responsabile PON Sicilia, Vice Direttore “Educazione&Scuola” e Dott. Vincenzo MELILLI, Responsabile PON Puglia

Dibattito

– Giovedì, 31 maggio 2012 –

Le Tecnologie nella Didattica

– ore 9,00 Intervento e saluto delle autorità:
Dr.ssa Loredana CAPONE, Vice Presidente Regione Puglia

– ore 9,30 Lo studio digitale. Riambientare la didattica in una pratica e una logica di rete
Prof. Roberto MARAGLIANO – Docente Facoltà Scienze della Formazione, Dipartimento di Progettazione Educativa e Didattica, Università di Roma Tre;

– ore 10,15 Tecnologie, opportunità e strategie
Prof. Paolo PAOLINI – Docente Design applicazioni Web e Ipermediali, Human Computer Interaction, Politecnico di Milano, coordinatore nazionale del progetto Learning for All;

– ore 11,00 Tecnologie e formati didattici inclusivi: il repository Learning for All
Prof. Luca MAINETTI – Docente Ingegneria del software, Università del Salento
Delegato del Rettore dell’Università del Salento alla razionalizzazione e sviluppo dei servizi informatici;

– Coffee Break

– ore 11,45 Educazione e tecnologie digitali: accesso, competenze, strumenti, per capire il presente e pianificare il futuro del villaggio globale
Prof. Alessandro COLOMBI – Docente Tecnologie dell’Istruzione, Università di Bolzano, consulente Education Intel;

– ore 12,15 Didattica narrativa e fine dei libri di testo: rivoluzione iPad
Prof. Alberto PIAN – Docente Master e-Learning, Università della Tuscia,  Apple Professional Development e Distinguished Educator;

– ore 13,00 Tavola rotonda: “Didattica e Tecnologie: idee e proposte dalle aziende verso Europa 2020”
Dr. Remo GOZZI (HP), Dr.ssa Gabriella MANCINO (Argo Software), Dr. Antonio VERDERIO (Toshiba)

Dibattito

PON FSE e PON FESR: Le esperienze
Polo Professionale “L. Scarambone” di Lecce (dalle ore 16,00)

Accoglienza:  Coro ed Orchestra degli alunni dell’IC di Calimera-Martignano (LE)

Presentazione delle esperienze PON FSE e PON FESR e dei risultati realizzati dalle Scuole in Rete;

Dibattito, interventi, stand di Aziende ed Esperti partecipanti al Convegno;

Laboratorio interattivo con la partecipazione di studenti e docenti nelle classi digitali;

Performance ludica delle studentesse e degli studenti dell’Istituto.

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Rete interscolastica “Verso Europa 2020

  • Fondatori Rete:
    • Polo Professionale “L. Scarambone” di Lecce – DS: prof. Dario CILLO (Scuola Capofila)
    • Scuola Media Statale “E. Springer” di Surbo (LE) – DS: prof.ssa Vincenza Maria BERARDI
    • Liceo Artistico “G. Pellegrino” di Lecce – DS: prof.ssa Cristina LONGO
    • Scuola Media Statale di Maglie (LE) – DS: prof. Donato MALERBA
    • Aderenti alla Rete:
      • Istituto Comprensivo Statale di Vernole (LE) – DS: prof. Tonino BACCA
      • Liceo Scientifico “C. De Giorgi” di Lecce – DS: prof.ssa Giovanna CARETTO
      • Liceo delle Scienze Umane “A. Moro” di Maglie (LE) – DS: prof. Antonio ERRICO
      • Istituto Tecnico Commerciale “O.G. Costa” di Lecce – DS: prof. Nicola GRECO
      • Istituto Comprensivo Statale di Calimera (LE) – DS: prof.ssa Vincenza INGROSSO
      • IPSIA “G. Marconi” di Lecce – DS: prof. Walter LIVRAGHI
      • IPSAR “L.G.M. Columella” di Lecce – DS: prof. Walter LIVRAGHI
      • IISS “don Tonino Bello” di Tricase-Alessano (LE) – DS: prof.ssa Anna Lena MANCA
      • Istituto Comprensivo “E. Duse” di Bari – DS: prof. Gerardo MARCHITELLI
      • ITAS “G. Deledda” di Lecce – DS: prof. Vincenzo NICOLI’
      • Scuola Media Statale “A. Galateo” di Lecce – DS: prof.ssa Marcella RIZZO
      • ITIS “E. Fermi” di Francavilla Fontana (BR) – DS: prof. Giovanni SEMERARO

Il Convegno ha il Patrocinio di

–          Università del Salento (Provvedimento Prot.n. 10801 del 26.3.12)

–          Regione Puglia (Decreto n. 237 del 3.4.12)

–          Provincia di Lecce (Provvedimento Prot.n. 27435 del 20.3.12)

–          Comune di Lecce (Provvedimento Prot.n. 38158 del 22.3.12)

Il MIUR, con Nota 14 maggio 2012, Prot. n. AOODGPER 3656, ha concesso al Personale l’esonero dal servizio

I lavori del Convegno saranno trasmessi in diretta streaming/web television tramite la rete a banda larga dell’Università del Salento.

L’evento è stato realizzato in collaborazione con Educazione&Scuola – edscuola.it

L’evento su Facebook

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Locandina

Brochure

Programma

Agenda digitale (1.3.12)

I ministeri che compongono la cabina di regia per lo sviluppo dell’Agenda digitale italiana (Sviluppo Economico, Infrastrutture e Trasporti, Funzione Pubblica, Istruzione, Università e Ricerca, Economia e Finanze, Coesione Territoriale) presentano un documento relativo ad obiettivi e strategie.

Il digitale come vettore dì ricomposizione dello spazio scolastico

Il digitale come vettore dì ricomposizione dello spazio scolastico

di Andrea Torrente

Con gli Spazi Digitali di Lavoro, lo spazio scolastico diviene una rete interattiva nella quale s’inscrivono la continuità del tempo scolastico, la mobilità degli attori e il rinnovamento dei modi di comunicazione fra essi. Qual è il potenziale di questo strumento e quali ne sono i veri fini?
Premessa
Lo spazio scolastico non è più identificabile con il perimetro della scuola, realtà fisica costituita da telaio in cemento armato, mattoni e malta. Da allora, l’organizzazione scolastica non può più limitarsi ai rapporti istituzionali riconosciuti, di cui l’ultimo anello sarebbe quello del docente di fronte alla sua classe. Per mezzo degli strumenti digitali la scuola interagisce, almeno parzialmente, con le famiglie, ma essa può anche accogliere degli alunni che hanno bisogni specifici e che sarebbero certamente tenuti lontani da essa a causa di malattie, di handicap, ecc. La digitalizzazione dell’ambiente scolastico sembra quindi essere una maniera di estendere i suoi confini non soltanto topologici ma anche, e soprattutto, pedagogici e cognitivi. Qual è la geografia di questo nuovo spazio? Quali nuove opportunità offre? In quali condizioni? Quali formazioni presuppone e quale organizzazione?

Verso una visione reticolare dello spazio scolastico
Lo spazio educativo s’inserisce ormai nello spazio d’informazione e di comunicazione necessaria al buon funzionamento della scuola. Esso è uno spazio d’interattività in rete che, oggi, si deve integrare con gli apporti e con i limiti della mobilità dei membri della comunità educativa.
L’alunno, persona fisica (o avatar digitale) entra ed esce dall’aula, dal laboratorio, dalla biblioteca, dalla scuola. Il docente prepara le sue lezioni a casa, interagisce a distanza con i suoi colleghi e con i suoi alunni ….. i genitori sono portatori di richieste d’informazioni e sperano di essere sempre più informati dello svolgersi delle attività educative in maniera più individualizzata. Le collettività locali vogliono essere presenti, in maniera visibile, con un valore aggiunto in termini d’informazione. La scuola, ormai coinvolta in attività al di fuori del tempo scolastico in senso stretto, deve essere in grado di far fronte a una domanda di servizi, cioè di prestazioni a valore aggiunto, con finalità educative, culturali e sociali, per le quali delle risposte a sostegno delle Tecnologie Informatiche della Comunicazione s’impongono già.
All’arricchimento delle funzioni della scuola corrisponde il necessario adattamento del suo ambiente digitale.  Lo Spazio Digitale di Lavoro è una risposta strutturante di quest’adattamento.
Ma si può andare ancora al di là e considerare, più globalmente, lo spazio scolastico come una rete, cioè un insieme di flussi che cooperano per fornire un servizio educativo declinato in “multi servizi”. Una visione questa che apre delle prospettive sulla riorganizzazione reticolare dello spazio educativo. Possiamo pensare alla cooperazione intra e inter-scuole, all’accesso ai servizi dei fornitori di contenuti, quali ad esempio gli istituti di ricerca pedagogica e gli editori scolastici, a delle classi virtuali, per offrire dei servizi educativi reali e degli allievi reali che possono avere dei bisogni particolari. Emergono, così, i riferimenti alle logiche delle reti sociali emergenti.
Alcuni Spazi Digitali di Lavoro stanno per integrare queste logiche e, di conseguenza, tendono a divenire dei veri supporti di sviluppo di prassi rispettose dei legittimi obiettivi dell’istituzione scolastica. L’obiettivo reale è proprio questo: lo sviluppo del digitale a scuola ha senso solo se esso contribuisce a rafforzare l’efficacia della sua azione educativa.

Lo Spazio Digitale di Lavoro e il progetto d’istituto: l’allineamento strategico
Come in qualsiasi organizzazione, anche nell’istituto scolastico il sistema informativo deve ormai essere impostato in coerenza con le sue scelte strategiche.
Non si tratta più di invocare la dimensione digitale del progetto d’istituto, ma di inscrivere il digitale nella strategia dell’istituto. Lo Spazio Digitale di Lavoro, divenendo progetto e non più soltanto oggetto tecnologico, appare allora come un elemento del management dell’istituto scolastico. Quest’ultimo, come qualsiasi organizzazione, è una comunità umana caratterizzata da competenze, responsabilità, pratiche sociali, collettive e individuali ……
Poiché lo Spazio Digitale di Lavoro apporta agli attori della comunità educativa dei nuovi strumenti o diversi modi di attivazione di strumenti esistenti, esso rende possibile l’offerta di nuovi servizi e permette di realizzare diversamente delle attività preesistenti. Se esso introduce dei cambiamenti nell’organizzazione a mano a mano che è padroneggiata dagli attori, l’evoluzione dell’organizzazione richiede delle risposte tecnologiche idonee: c’è interazione fra le soluzioni tecnologiche e quelle organizzative.

Dallo Spazio Digitale di Lavoro agli usi: il management del cambiamento
Secondo uno studio di Wanda J. Orlikowski “L’utilisation donne sa valeur à la tecnologie” (Les Echos, 18 Octobre 2009), i promotori di progetti di Tecnologie Informatiche della Comunicazione si lasciano spesso ingannare da tre supposizioni: la prima è che se la soluzione tecnologica è disponibile, essa sarà sicuramente utilizzata, la seconda è che essa sarà utilizzata nel modo in cui è stata concepita e la terza è che il suo utilizzo produrrà i risultati attesi. Gli utilizzatori di tecnologie sono anche dei creativi, degli ideatori di usi dal momento in cui integrano queste tecnologie nelle loro pratiche professionali, sociali, culturali …. L’uso appare come un processo cognitivo che non appartiene soltanto a ciascuno degli utenti presi singolarmente ma che, in quanto atto cognitivo, è socialmente situato e distribuito. (cfr. Serge Proulx  « L’usage des objets communicationnels s’inscrit dans le tissu social », in Les Dossiers de l’Ingénierie éducative, Septembre 2007)
Poiché é la situazione organizzativa che struttura gli usi, allora l’attivazione di uno Spazio Digitale di Lavoro deve essere temuta principalmente a livello della comunità educativa di ciascun istituto scolastico poiché progetto singolo. L’idea di pratiche di generalizzazione degli usi è un controsenso che genera frustrazioni o, peggio ancora, errori di conduzione del progetto. Il pilotaggio deve giocare pienamente il suo ruolo, ma la formazione degli attori deve fare altrettanto. Di là delle esplorazioni funzionali degli strumenti dello Spazio Digitale di Lavoro, l’essenziale è inscrivere questo nuovo strumento nelle pratiche e nei ruoli degli attori e nella presa in carico delle inflessioni dell’organizzazione che esso induce. Ciò richiede tempo, attenzione, rifiuto dell’uniformità nel processo di spiegamento, il rifiuto della costrizione e lo sfruttamento dell’insieme delle opportunità relazionali e organizzative che porta il cambiamento in seno all’istituto e nell’ambiente circostante.
L’inquadramento ha un ruolo essenziale da giocare:
1.    Inscrivere lo Spazio Digitale di Lavoro nella professionalità di tutti gli attori, di tutte le discipline, in maniera singolare;
2.    Trovare i punti di bloccaggio e trattarli razionalmente;
3.    Rischiarare il cammino e ri-dare la legittimità.

L’aumento del portafoglio di attività educative e relazionali
Trattandosi, ad esempio, della professionalità dell’insegnante, lo Spazio Digitale di Lavoro apporta gli strumenti che gli permettono di sviluppare le competenze metodologiche dei suoi allievi:
•    Alimentando il loro Spazio Digitale di Lavoro con dei contenuti (lezioni, esercizi, revisioni, sintesi, documenti per andare più lontano, schede metodologiche, questionari a scelta multipla) e con strumenti di concettualizzazione, di risoluzione, di modellizzazione, di collegamento, ecc;
•    Contribuendo alla pianificazione del loro lavoro (programmazione di una settimana tipo, opportuni richiami a periodi di controllo, itinerari di lettura, raccomandazione di una trasmissione televisiva, di un film, di una conferenza in linea, di una pièce teatrale, di un concerto, ecc.);
•    Restituendo a ciascun allievo, per mezzo di un libretto digitale di competenze, le valutazioni concernenti il lavoro svolto, l’assiduità della frequenza e l’apprezzamento sul modo di lavorare. Il suo portafoglio di attività si arricchisce, quindi, di nuovi mezzi d’intervento;
•    Il controllo del lavoro assegnato, la correzione di esercizi, di compiti digitali;
•    L’animazione di un forum su di un argomento comune di studio, la regolazione di un contenuto collaborativo alimentato dagli alunni, da altri docenti, ecc.; (tutoraggio, aiuto, ecc.);
Tutte queste opportunità, e molte altre ancora, nate dall’invenzione degli usi traducono un grande potenziale di estensione del campo pedagogico. Esse aprono egualmente altri campi alle interrelazioni fra gli alunni, i docenti e le famiglie. Allo stesso tempo esse pongono delle domande nuove all’istituzione, delle domande decisive in materia di organizzazione dei servizi, di referenti delle attività professionali degli insegnanti, di responsabilità, di equità ….

Per un altro modello di governance
Il digitale è un formidabile vettore d’innovazione tecnologica ma anche pedagogica, sociale, culturale ed economica nello spazio educativo. Conviene utilizzarlo come tale al fine di trarre il miglior partito dall’effetto strutturante della politica degli Spazi Digitali di Lavoro. Ora mi sembra indispensabile raggruppare senza ritardi gli attori pubblici, le imprese e gli utenti nella messa in opera di laboratori vivi (living labs), multidisciplinari, dedicati allo spiegamento del digitale a scuola.
Si tratta di soddisfare il bisogno di mettere in opera e di testare diversi servizi e differenti soluzioni (architettonici, tecnologici, editoriali, organizzativi, regolamentari, manageriali) innovative e di associarvi pienamente tutti gli attori della scuola. E’ sicuramente questo il prezzo per favorire l’avanzata coerente e coordinata del digitale nello spazio educativo.

Nuovi linguaggi e Scuola

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La massiccia presenza di tecnologie digitali sta cambiando non solo il modo di accedere ai contenuti culturali e di intrattenimento, consentendo di reperire informazioni di ogni tipo e di poterlo fare in qualsiasi luogo ci si trovi e in qualunque momento della giornata, ma anche l’utilizzo che viene fatto di questi contenuti e le opportunità formative, disseminate ben oltre i contesti tradizionali.