Una sintesi (quasi) non commentata della “Buonascuola”

UNA SINTESI (QUASI) NON COMMENTATA DELLA “BUONA SCUOLA”

di Alessandro Basso

 

Accingendoci ad espletare il collegio docenti di fine anno, è stata prodotta una sintesi non esaustiva di quello che ci aspetterà a partire dal mese di settembre, con l’auspicio che i docenti, durante l’estate, possano approfondire l’argomento con la propria autonoma indipendenza di pensiero.

 

Lo scopo principale della riforma è quello di dare piena attuazione alla autonomia delle istituzioni scolastiche di cui all’art. 21 della legge 59/97.

La programmazione dell’offerta formativa diventa triennale e prevede il coinvolgimento della comunità scolastica , del territorio e delle istituzioni di cui alle realtà locali.

La realizzazione del curricolo della scuola avviene attraverso l’articolazione modulare del monte orario di ciascuna disciplina, il potenziamento del tempo scolastico anche oltre i modelli e i quadri orari, la programmazione plurisettimanale e flessibile dell’orario complessivo del curricolo.

E’ istituito l’organico dell’autonomia, funzionale alle esigenze didattiche organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche come emergenti dal piano triennale dell’offerta formativa.

L’articolato elenca gli obiettivi formativi prioritari tra i quali le scuole potranno scegliere di costituire la propria azione.

Essi sono sintetizzabili in:

valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, matematico-logiche e scientifiche, delle competenze nella pratica e nella cultura musicali, nell’arte e nella storia dell’arte, nel cinema, nelle tecniche e nei media di produzione e di diffusione delle immagini e dei suoni, sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica, di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni paesaggistici, del patrimonio e delle attività culturali, alfabetizzazione all’arte, potenziamento delle discipline motorie, sviluppo delle competenze digitali degli studenti, delle metodologie, prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, di ogni forma di discriminazione e del bullismo, potenziamento dell’inclusione, apertura pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni e di studenti, valorizzazione di percorsi formativi individualizzati e coinvolgimento degli alunni e degli studenti, individuazione di percorsi e di sistemi funzionali alla premialità e alla valorizzazione del merito degli alunni e degli studenti, alfabetizzazione e perfezionamento dell’italiano come lingua, definizione di un sistema di orientamento.

Il Piano dell’Offerta Formativa triennale sarà sviluppato entro il mese di ottobre, per avere attuazione a partire dall’anno scolastico 2016/ 2017. Entro il mese di ottobre ciascun anno, poi, potrà essere rivisto. Esso sarà elaborato, come avviene oggi, dal collegio dei docenti, nelle sue articolazioni, per essere poi adottato dal consiglio d’Istituto.

La novità introdotta riguarda il compito di definire gli indirizzi strategici su cui si fonderà l’offerta formativa, che è affidato al dirigente scolastico, che se ne assume la responsabilità.

Gli organici della scuola saranno suddivisi in:

  • organico tradizionale;
  • organico dell’autonomia, finalizzato al potenziamento e alla riserva di posti per le attività di coordinamento, in cui assorbire anche i posti che un tempo erano assegnati per gli esoneri dei collaboratori del dirigente, entro la cornice dello staff dirigenziale, la cui composizione potrà arrivare fino al 10 % dell’organico.

L’organico potenziato terrà conto anche dei posti del personale ATA, aprendo a interessanti sviluppi previsti dalla possibilità di richiedere una figura tecnica di supporto informatico attraverso la costituzione di una rete di scuole.

Il piano triennale definirà le azioni formative rivolte ai docenti, al personale ATA e agli studenti. Per il personale docente la formazione diventa obbligatoria.

Esso sarà pubblicato nel portale unico nazionale predisposto per dare comparabilità al documento a livello nazionale, sulla scia di quanto sta avvenendo per il rapporto di autovalutazione.

E’ prevista la possibilità di avere insegnanti di lingua inglese, musica, educazione motoria nella scuola primaria con competenze specifiche.

Si prospetta un ampliamento delle ore di alternanza scuola- lavoro per la scuola secondaria, nei termini di 400 ore per gli istituti tecnico professionali e fino a 200 ore nel triennio per i licei.

Una parte dell’emendamento prevede la costituzione del Piano nazionale per la scuola digitale, un piano triennale dove poter sviluppare il potenziamento e degli strumenti a disposizione delle scuole e della formazione del personale.

A partire dall’anno scolastico 2016/2017 i docenti saranno assegnati agli ambiti territoriali.

In caso di spostamento da un ambito all’altro, oltre che per le nuove assunzioni, la responsabilità della scelta dei docenti sarà affidata al dirigente scolastico, previa valutazione del curriculum del docente e lo svolgimento di colloqui.

Per poter ottenere la stipula di contratti nella scuola, anche a tempo determinato, si dovrà passare attraverso concorsi che saranno banditi con cadenza triennale, il primo entro dicembre 2015.

E’ stata codificata la valutazione dei dirigenti scolastici secondo seguenti criteri: competenze gestionali ed organizzative, correttezza, trasparenza, efficienza ed efficacia dell’azione dirigenziale, valorizzazione dell’impegno e dei meriti professionali del personale dell’Istituto, apprezzamento del proprio operato all’interno della comunità professionale, contributo al miglioramento del successo formativo degli studenti, direzione unitaria della scuola.

Oltre alla valutazione garantita da quanto stabilito dal DPR 80/2013, quello del RAV per intenderci, saranno istituiti i nuclei di valutazione regionali già previsti dal D. lgs. 165/ 2001, i quali prevedono la presenza di una componente tecnico ispettiva, per cui si provvederà con incarichi a tempo determinato.

Restando in tema di valutazione, per i docenti ci sarà una modifica per quel che riguarda il periodo di prova. Il Comitato, di durata triennale, avrà il compito di fornire un parere al dirigente, sulla base dell’istruttoria di un docente tutor, in merito al docente in periodo di formazione; la decisione finale sul superamento dell’anno di prova, ripetibile una volta, è affidata al dirigente scolastico.

Sarà composto da quattro docenti (tre scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio d’istituto), due genitori (un genitore e uno studente per le scuole secondarie di II grado), un componente esterno individuato dall’Ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici. La componente genitori-studenti non partecipa alla formulazione del parere per l’anno di prova.

Avrà anche il compito di definire i criteri alla base dei quali il dirigente provvederà ad erogare i fondi destinati alla valorizzazione del merito del personale docente.

Risulta particolarmente interessante la creazione, a livello centrale, di un servizio di assistenza in materia amministrativa e contabile di natura sperimentale.
La casa del professore prevedrà l’erogazione a ciascun docente a tempo indeterminato di 500 euro annui per la formazione  professionale.

Il documento termina con l’ elencazione delle materie nelle quali il Governo è delegato ad emanare atti di secondo livello per la concretizzazione della buona scuola, constatando l’assenza della revisione della governance degli istituti ovvero degli organi collegiali che dovrà attendere, ancora una volta, un ulteriore passaggio parlamentare.

Via libera del Garante Privacy alla nuova carta dello studente

da Il Sole 24 Ore

Via libera del Garante Privacy alla nuova carta dello studente

di Eu. B.

Via libera del Garante privacy allo schema di decreto del Miur che regola la realizzazione e la consegna della carta dello studente denominata «IoStudio».  A renderlo noto è la newsletter settimanale dell’Authority presieduta da Antonello Soro.

Il decreto ministeriale
Nel tenere conto delle indicazioni del Garante, il decreto prevede che il Miur, tramite le segreterie scolastiche, attribuisca a ciascuno studente delle scuole secondarie di secondo grado statale o paritaria, censito nell’Anagrafe nazionale degli studenti, una carta nominativa: «IoStudio». La card attesta lo status di studente, ha validità di cinque anni, può essere rinnovata e consente ai studenti di usufruire di agevolazioni e sconti per l’accesso a beni e servizi culturali, trasporti nazionali e internazionali, acquisto di materiale scolastico. Su richiesta dello studente o di chi ne esercita la potestà genitoriale la carta può essere attivata anche come «borsellino elettronico». Grazie a una procedura telematica da eseguire tramite il «Portale dello studente» raggiungibile dal sito del Miur, alla tessera può essere associata la funzionalità di carta di debito anonima al portatore.

Il parere del Garante
Nell’esprimere parere favorevole – si legge ancora nella newsletter – il Garante ha rilevato che il trattamento dei dati degli studenti «è svolto nell’ambito delle funzioni istituzionali del ministero e avviene nel rispetto dei principi del Codice privacy». La realizzazione e l’assegnazione della Carta infatti, che non potrebbero avvenire utilizzando dati anonimi o senza identificare lo studente, impiega solo i dati indispensabili. Il Miur, tramite connessione sicura, invia al fornitore – che è anche il responsabile del trattamento – i dati necessari alla stampa e alla spedizione delle Carte agli istituti scolastici (cognome e nome, luogo e data di nascita, codice fiscale dello studente, etc.). Dati che non potranno essere conservati dal fornitore una volta esaurito il suo compito e dovranno essere cancellati dal Dipartimento del Miur che li ha trattati al termine dell’iniziativa. Il Miur, inoltre, come emerso nel corso dell’attività istruttoria svolta in collaborazione con l’Authority, ha precisato che gli studenti riceveranno l’informativa sul trattamento dei dati utilizzati per assegnare la Carta al momento dell’iscrizione on line al primo anno della scuola secondaria.

DdL, niente assunzione per chi è già di ruolo come docente

da La Tecnica della Scuola

DdL, niente assunzione per chi è già di ruolo come docente

Lo prevede il disegno di legge di riforma approvato al Senato: sono fuori gioco dal piano di immissioni in ruolo tutti i docenti “a tempo indeterminato alle dipendenze dello Stato”. Niente da fare anche per chi non riesce a sciogliere la riserva entra il 30 giugno. L’incompatibilità non riguarda chi è invece già assunto come Ata, ministeriale e insegnante nelle scuole paritarie o parificate.

Continua il nostro approfondimento sul disegno di legge “La Buona Scuola”, approvato dall’Aula del Senato e dalla prossima settimana di nuovo a Montecitorio, dove stavolta dovrebbe arrivare l’ok finale. Tra i punti sinora meno dibattuti, c’è il comma 103: quello dedicato all’esclusione dal capitolo di oltre 100mila assunzioni del “personale già assunto quale docente a tempo indeterminato alle dipendenze dello Stato”. Si tratta di un’eventualità non molto frequente, perché il personale già di ruolo è stato da tempo escluso dalle GaE.

Tuttavia potrebbero esservi dei casi in cui il docente poteva aspirare alla chiamata in ruolo. Come quella dei pluri-vincitori o idonei all’ultimo concorso a cattedra (bandito con decreto direttoriale del Miur n. 82 del 24 settembre 2012, citato nello stesso disegno di legge (comma 95, lettera a). Questi docenti potrebbero avere accettato l’immissione in ruolo nel grado di istruzione o nella classe di concorso meno gradita. E ora avrebbero ambito a passare in quella a loro più congeniale o comoda. Invece, sempre il comma 103 del ddl, spiega che l’esclusione si applica “indipendentemente dalla classe di concorso, dal tipo di posto e dal grado di istruzione per i quali vi è iscritto o in cui è assunto”.

E lo stesso destino è rivolto a coloro che possono aver vinto il ‘concorsone’, ma nel frattempo sono entrati in ruolo, l’anno scorso, tramite le GaE. Come a quelli che non hanno sciolto la riserva per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento e di conseguenza per collocazione nelle GaE: hanno solo poche ore di tempo per ritrovarsi in graduatoria a pieno titolo. “Sono altresì esclusi – spiega ancora il comma 103 – i soggetti che non sciolgano la riserva per conseguimento del titolo abilitante entro il 30 giugno 2015, fermo restando quanto previsto dal periodo precedente”.

Possono invece accettare l’assunzione coloro che sono già assunti con un altro incarico nella scuola, quindi tutti quanti fanno parte del personale Ata e attendono, anche da diversi anni, l’assunzione come prof. Disco verde anche per chi ha già in tasca un contratto da dipendente dello Stato. E pure gli insegnanti di ruolo in una scuola paritaria o parificata. L’incompatibilità riguarda, infatti, solo coloro che già sono docenti di ruolo nelle scuole statali.

Guerra nella Scuola

GUERRA NELLA SCUOLA di Umberto Tenuta

CANTO 484 Francesco prega per la pace e Matteo porta la guerra nella scuola.

 

Non so quanta simpatia ci sia tra i due.

So solo che Papa Francesco sta facendo di tutto e di più per portare la pace nel mondo e in ogni dove.

So solo che Matteo porta la guerra nella scuola.

Guerra tra gli studenti, divisi in due schiere, meritevoli e non meritevoli.

Guerra tra i docenti, anch’essi divisi tra meritevoli e non meritevoli.

Ma ancora in lotta fratricida per occupare una sede.

“NO, quella sede è mia, NO quella sede è mia!”

E soprattutto e innanzitutto, guerra dichiarata e guerra aperta, senza fine e senza risparmio di colpi, tra docenti e dirigenti.

Pensavamo di essere una repubblica democratica.

Ci ritroviamo i Monarchi assoluti!

A sproposito, ricordo vagamente alcune storie di belle maestrine di Fine Ottocento e Primo Novecento!

Ma ora sono altri tempi.

Sento odore di eroine.

Le immortaleremo!

Il Nostro?

Un Paese che non sa fare a meno dei Poeti, dei Navigatori e degli Eroi.

Un Paese che non sa fare a meno… dei Dirigenti che a tutto provvedono, con grande gioia dei loro dipendenti.

Un Paese democratico che si crea una scuola per un’educazione aristocratica.

Ma no!

Mica questa è la fine della DEMOCRAZIA?

La Democrazia non è mai una realtà.

La Democrazia è una conquista perenne.

Come la Libertà!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Altri saggi sono pubblicati in

www.rivistadidattica.com

E chi volesse approfondire questa o altra tematica

basta che ricerchi su Internet:

“Umberto Tenuta” … “voce da cercare”

Progetto “Una giostra per tutti”

Progetto “Una giostra per tutti”: raccomandazioni per l’accessibilità ai parchi di divertimento per ospiti con disabilità

a cura di Marta Borgi, Stefania Cerino, Gianni Chiari e Francesca Cirulli 2015, iv, 89 p.

Questo documento è il frutto della collaborazione tra esperti di diversi settori (sanitario, giuridico, tecnico, management) ai fini di garantire la più ampia accessibilità ai parchi di divertimento. In linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità che prevede per ogni individuo pari opportunità nell’usufruire del turismo e delle attrazioni ad esso collegate, viene fornita una serie di raccomandazioni (in senso positivo e negativo) relativamente all’accessibilità e fruibilità dei parchi di divertimento da parte di ospiti con disabilità. Le raccomandazioni sono indirizzate a tutte le categorie interessate (progettisti, gestori, ospiti, tecnici, ecc.) nell’ottica della più ampia collaborazione e del reciproco rispetto tra tutte le parti coinvolte.
Parole chiave: Disabilità; Accessibilità; Fruibilità; Parchi divertimento; Sicurezza; Rischio, Raccomandazioni

“A ride for everybody”: amusement park accessibility recommendations for people with disability.
Edited by Marta Borgi, Stefania Cerino, Gianni Chiari and Francesca Cirulli
2015, iv, 89 p. (in Italian)

This document is the result of a large cooperative effort among experts belonging to different fields (health, legal, technical, management) who worked together to ensure the widest accessibility to amusement parks. In line with the UN Convention on the Rights of Persons with Disabilities, providing that everyone must have equal opportunities in access to touristic facilities and recreational venues, these recommendations offer advice (both in positive and negative sense) regarding the accessibility and enjoyment of amusement parks by guests with disability. The advice is addressed to all interested groups (project managers, administrators, guests, technicians, etc.) in order to achieve the widest cooperation and mutual respect for all those involved.
Key words: Disability; Accessibility; Enjoyment; Amusement parks; Safety; Risk; Recommendations


 

Borgi M, Cerino S, Chiari G, Cirulli F (Ed.). Progetto “Una giostra per tutti”: raccomandazioni per l’accessibilità ai parchi di divertimento per ospiti con disabilità. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2015. (Rapporti ISTISAN 15/11).

 

La riforma della scuola e i buoni insegnanti

da La Stampa

La riforma della scuola e i buoni insegnanti

mario calabresi

Riforma della scuola, si poteva fare di più

E quindi la riforma della scuola, o come ora la vorranno chiamare, è giunta al Senato e il governo chiederà la fiducia, ma dopo i soliti compromessi, che sanno tanto di concertazione stantia, superata, ma, a quanto pare, non per il modo di fare politica in Italia. Mi viene da dire: peccato.
Poteva essere l’occasione per svecchiare una scuola che va a rilento, perché legata a sistemi del passato; ma credo che il sindacato ha troppo potere politico, ancora, soprattutto nella Pubblica amministrazione e certo non era disposto a tirarsi indietro; e poi la minoranza interna al Pd doveva, deve portare avanti una lotta tutta ideologica contro la maggioranza renziana del partito, obbligare il governo a rivedere diversi aspetti di questa benedetta riforma. Mi auguro solo che i miei colleghi, che aspettano, non so più da quanto tempo, finalmente entrino in ruolo. Una Nuova Scuola non credo ci sarà, continueranno le concertazioni, il tirare la coperta da una parte e dall’altra, con buona pace di chi crede veramente nel cambiamento.

Lara Zinci

Vi spiego chi è un buon insegnante

Ci siamo. Buona scuola uguale assunzioni, premi e riordino del personale con qualche concessione a ipotesi possibili per l’utenza. Chiedo chi è un buon insegnante.

Buon insegnante è colui che insegna bene ed è facile saperlo perché chi insegna bene insegna a tutti, i più diversi. Chi sceglie di insegnare alle medie, chi sceglie di insegnare in istituti con gravi problemi come il numero elevato di stranieri, chi accetta di insegnare altre materie oltre a quelle che insegna da una vita.
Insomma, quelli che da soli dimostrano di sapere e voler imparare più che insegnare. L’ispettore è opzionale. Mentre è fondamentale per chi non sa fare un piano speciale per un alunno in difficoltà e sta attaccato alla “sua” scuola come un’ostrica, anche se titolato e abilitato.

Ci vorrebbe una scuola più “mobile”, più aperta, più capace di accogliere gli esuberi reimpiegando il personale, meno attenta alla corona del sapere e più rivolta al saper fare. Anche per gli insegnanti.

Paola Belli

M. Agus  – L. Castellina, Guardati dalla mia fame

Un “caso” da ricordare 

di Antonio Stanca

 Una scrittrice di sessant’anni, Milena Agus, che a Cagliari svolge il lavoro di docente e da tempo è nota per i suoi romanzi, ed una giornalista-scrittrice di ottantasei anni, Luciana Castellina, che vive a Roma e che si è fatta conoscere sia per la sua produzione giornalistica e letteraria sia per la sua attività politica, hanno scritto per le edizioni di Nottetempo (Roma 2014, pp.204, € 15,00) il libro Guardati dalla mia fame nel quale ognuna porta il suo contributo per la ricostruzione di una grave vicenda verificatasi nella Puglia del secondo dopoguerra. Qui ad Andria, comune della provincia di Bari, la sera del 7 Marzo 1946 furono uccise le due sorelle Porro, Luisa e Carolina, da una folla che si era radunata in Piazza Municipio per ascoltare il comizio di un politico di sinistra e che in seguito a degli spari provenienti dal palazzo delle Porro, che in piazza si trova, si era allarmata fino ad inferocirsi, assalire, invadere il palazzo e commettere il grave gesto. Le altre due sorelle, Vincenza e Stefania, erano riuscite a salvarsi.

   Tranne Stefania le Porro erano rimaste nubili, erano giunte in età matura, abitavano nel grande palazzo di famiglia e vivevano delle entrate della ricca proprietà soprattutto terriera provenuta loro per eredità. Erano conosciute per la vita molto semplice, molto riservata che conducevano, per i costumi molto severi che osservavano, per la loro generosità verso i tanti poveri che allora c’erano, per i loro rapporti con la chiesa, per tutte quelle qualità che avevano sempre distinto la loro antica e nobile famiglia. Per questo risultavano inspiegabili sia l’episodio degli spari che quella sera erano partiti dal palazzo diretti verso la folla sia quello della ferocia nei riguardi di persone che nessuno avrebbe potuto mai accusare della pur minima colpa. Neanche il processo che seguirà dopo alcuni anni riuscirà a fare piena luce sull’accaduto.

   Sono stati questi misteri durati fino ad oggi a muovere le due scrittrici a trarne un’opera impegnata in modo diverso. Per la Agus la vicenda diventa motivo per una rivisitazione di tempi, luoghi, ambienti, costumi lontani. Abile, attenta si mostra, come nei suoi romanzi, a cogliere i particolari delle varie situazioni presentate, l’intimità dei personaggi che le vivono. In questo caso fa emergere come sia stato possibile che le tre sorelle nubili delle Porro abbiano accettato una vita fatta soltanto della loro casa, del loro cucito, del loro ricamo, ridotta a pochissimi contatti esterni, come si siano sentite appagate di una situazione simile e convinte che niente mancasse loro. Riesce la Agus a far trapelare tanto, a ripercorrere intere vite, a ricostruire un’intera epoca tramite le parole, i gesti, le azioni di queste donne. Neanche lei, però, sa spiegare la crudeltà usata la sera del 7 Marzo 1946 contro Luisa e Carolina Porro e pure in quella circostanza mostra le sorelle assenti, lontane dal tumulto che si è scatenato intorno a loro, incapaci di capire e come sempre indifese pur di fronte ad una così grave ingiustizia.

   Alla Castellina del libro spetta la seconda parte, quella che si sofferma ampiamente e minutamente a ricostruire la storia della Puglia del secondo dopoguerra. Una storia fatta di scontri armati tra forze dell’ordine e lavoratori della terra, di violenze perpetrate dai tanti poveri, affamati che allora c’erano contro i ricchi proprietari. Una storia da guerra civile completamente diversa da quella che si stava verificando nel Nord d’Italia. In Puglia la fine della seconda guerra mondiale, la caduta del fascismo, la diffusione di idee politiche ispirate al Partito Comunista, fecero emergere quegli antichi rancori che la infinita moltitudine di braccianti, di poveri aveva sempre nutrito verso la classe dei ricchi, dei proprietari terrieri, dei padroni e l’aveva mossa a ribellarsi, ad armarsi contro di loro ed i loro uomini. Se a questi scontri si aggiungono gli altri che si stavano verificando tra tedeschi in ritirata e alleati da poco sbarcati, tra reduci, monarchici infervorati dalla presenza del re a Brindisi, nuovi arruolati, espatriati di diverse nazioni, si capisce quanto fosse diventato difficile distinguere di che tipo fossero o tra chi avvenissero gli scontri. Poco note in gran parte sono queste vicende della Puglia del dopoguerra e merito della Castellina è aver saputo chiarirle, ordinarle nonostante l’intrico, la confusione che le caratterizzarono. Anche l’episodio delle sorelle Porro la scrittrice inserisce in un contesto così violento e confuso e ne azzarda una spiegazione collegandolo con crimini dello stesso genere che allora furono compiuti da parte dei poveri rivoltatisi contro i ricchi. Ma sospeso rimane il suo giudizio poiché deve constatare che, a differenza degli altri ricchi, le Porro non avevano mai abusato dei loro dipendenti, non avevano mai commesso soprusi nel loro riguardi, non li avevano mai fatti soffrire anzi vicine, generose si erano mostrate verso di loro ed altri poveri, pronte ad aiutarli, a sollevarli dai loro problemi e questo ad Andria era risaputo e lo sapeva anche quella folla che quella sera le aveva uccise.

   Più vicina alla verità sembra giungere la Castellina quando dice che in una Puglia devastata dalle conseguenze della seconda guerra mondiale, percorsa da tanta gente, da tante notizie, da tante idee, da tante voci era facile che presso la popolazione di un comune fossero sorti dei sospetti circa quanto avveniva in una casa grande, in un palazzo come quello delle Porro ad Andria, che si fosse cominciato a pensare che si nascondessero delle persone in fuga o fossero depositate delle armi. Alla ricerca di quello che poteva essere nascosto si erano mostrati, infatti, gli assalitori di quella sera, di quello che non si vedeva, che non c’era. L’intera casa avevano percorso mettendola a soqquadro e poi avevano ucciso. Un’esplosione feroce, malvagia di vecchi rancori e di nuovi sospetti può, quindi, essere considerato l’evento. Ma di là da quanto effettivamente può averlo causato rimane la sua gravità. E’ questa che non trova spiegazione poiché è stata usata verso persone buone, deboli, indifese, è questo che ne fa un “caso” da ricordare e questo risultato si sono proposte di ottenere le due scrittrici.

Contestare sì, ma con quali modalità?

Contestare sì, ma con quali modalità?

di Maurizio Tiriticco

 

Non mi è piaciuta affatto la contestazione di ieri a Corradino Mineo. E’ un senatore PD che indubbiamente avrà sofferto, e non poco, optando per l’astensione. Ovviamente, poteva anche votare contro, ma il suo VOTO, indubbiamente ONESTO, va rispettato e non può essere contestato nelle forme che ho viste. Lo stesso Piero Bernocchi, noto esponente dei Cobas e per nulla tenero verso le scelte del PD, ha avvertito la necessità di abbracciarlo e proteggerlo da una folla urlante e veramente minacciosa. Parolacce a non finire, apostrofi irriverenti al massimo! Comprendo la rabbia – che condivido – di migliaia di insegnanti, dirigenti e altro personale della scuola, che si sono sentiti maltrattati e offesi dalla sicumera e dalla arroganza di questo PD ormai fuori dalle righe, ma… NO!!! Il livello della nostra professionalità di uomini e donne di cultura e di scuola non ci consente manifestazioni del genere.

Però – e mi dispiace dirlo – è nello stesso Parlamento che ormai NON SI PARLA più, SI URLA, si fanno interventi asfittici, a volte sgrammaticati, poveri nei contenuti, sempre connotati da espressioni che in volgo si chiamano parolacce! Per non dire dei tanti spettacolini (striscioni, magliette, carte al vento, lancio di oggetti, salto dai banchi, ecc.) che si ripetono tutti i giorni! NO! E’ una deriva che mi preoccupa! Il Parlamento non è un mercato! Non è una piazza! Non è uno stadio! E’ uno spazio in cui SI PARLA! E in cui si deve parlare bene, con correttezza grammaticale, di argomentazioni e di idee. E in cui, anche, SI ASCOLTA!

Il nostro Parlamento ha conosciuto tempi indubbiamente migliori. Basta andare a rileggere gli atti dell’Assemblea Costituente! Discorsi ricchi di dottrina e di pensiero. Da quegli interventi è nata – e nel giro di un anno – una Carta costituzionale che tutti ci invidiano. Il che non significa che a volte la contestazione non possa e non debba toccare toni alti. Basta ricordare ciò che avvenne quando la maggioranza impose la cosiddetta Legge truffa (siamo nel 1953). E ancora: quando all’Assemblea costituente si doveva decidere che cosa “fare” dei Patti Lateranensi, che, per la loro stessa natura, avrebbero connotato un certo tipo di Repubblica, o del concetto di “proprietà privata”, o di scuola. Si trattava di gettare le fondamenta di uno Sato assolutamente nuovo, che usciva da un secolo o poco meno di monarchia e da un ventennio di dittatura… e da due guerre che avevano messo a dura prova un popolo intero e… nato da poco! Si trattava di costruire un Paese in cui compito primo della Repubblica fosse quello di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. La temperie era altissima, ma gli interventi, pur se vigorosi, sempre di alta levatura. Oggi sembra che con la Buona scuola questa prioritaria condizione – contenuti elevati e correttezza espressiva – sia stata accantonata, ma… torno alla mia riflessione.

Quello che mi preoccupa, oggi, è la povertà di pensiero e di linguaggio dentro e fuori il Parlamento. E da questa povertà non possono che uscire cattive leggi e… cattivi cittadini, purtroppo. Il malaffare dilagante è un segno terribile di questa decadenza civica! E sarebbe peggio che ne uscisse un intero cattivo Paese, e proprio in un momento storico molto difficile. Basti pensare a problemi enormi, quali la globalizzazione galoppante e le immigrazioni che si faranno sempre più pesanti, un’Unione europea che giorno dopo giorno rischia di frantumarsi, incapace di affrontare i problemi tremendi dell’oggi, un’ONU pressoché inesistente! Per non dire di qull’Islamic State of Iraq and Syria, che diventa sempre più pericoloso. Sono problemi transnazionali che solo una classe dirigente di elevata statura può affrontare.

E una classe dirigente che ha elaborato questa Buona scuola e ha varato questo decreto mi preoccupa non poco. In effetti, non ha avvertito che è la natura costituzionale stessa del nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione” che viene pericolosamente messa in discussione. Una maggioranza che non ha voluto ascoltare le opinioni e i suggerimenti – e ce ne sono stati tanti – di semplici iscritti ed esponenti del PD, oltre a Mineo, Walter Tocci e Felice Casson, di uomini di scuola e di cultura, veramente mi preoccupa! In politica, o se si vuole, in una Buona politica, l’autoreferenzialità è estremamente pericolosa.

E non vorrei che la cosiddetta Buona scuola fosse solo una delle tante Buone politiche che seguiranno.

“BUONA SCUOLA” E LA BUONA GOVERNANCE?

“BUONA SCUOLA” E LA BUONA GOVERNANCE?

di Alessandro Basso e Piervincenzo Di Terlizzi

 

Uno dei passaggi più controversi del testo, che è stato presentato per la questione di fiducia al Senato della Repubblica, è quello legato alla definizione degli organi collegiali. In prima battuta la questione era destinata ad essere affidata ad un decreto legislativo in applicazione della “Buona scuola; durante la trattativa estenuante dell’ultimo mese l’argomento è stato espunto ed è quindi scomparso del testo approvato.

La ragione sarebbe legata alla necessità di affrontare la questione all’interno di un dibattito parlamentare, senza lasciarla in mano al governo, come se negli anni passati non si fosse mai tentato di mettere mano a questi organismi democratici che sottendono il governo della scuola.

Tutti si sono accorti che il mondo è cambiato dagli anni Settanta e gli addetti del mestiere si sono accorti ancor di più che questi meccanismi di democrazia, sicuramente indispensabili, sono minimamente interconnessi con la stagione dell’autonomia e soprattutto con l’attribuzione della dirigenza scolastica ai capi d’istituto.

Lascia perplessi la dilazione di una delle questioni fondanti della vita delle scuole, poiché è lecito pensare che la trattativa sugli organi collegiali non sarà semplice, tanto più che in molti ci hanno provato negli anni passati. Ci sia consentito affermare che si poteva fare di più, perché la contraddizione emerge ampiamente, laddove si va a ridisegnare un sistema formativo, si potenzia o perlomeno si prova ad attuare la tanto agognata autonomia scolastica, senza rivedere la governance complessiva delle istituzioni scolastiche.

Ci preoccupa proprio il passaggio parlamentare per i tempi e perché, da sempre, questa istanza non trova nella calendarizzazione delle Camere priorità e attenzioni. Si tratta forse della materia che più delle altre avrebbe avuto bisogno di un intervento in sede tecnica, magari attraverso la formulazione di un decreto ad hoc, anche perché il confronto sugli organi collegiali è stato ampio nel corso degli ultimi anni ed era approdato ad una sintesi, condivisa dai due schieramenti politici principali, a partire dal testo originariamente a firma di Valentina Aprea.

È probabile chela tensione attorno al ddl sua stata talmente alta, che qualsiasi ragionamento concernente la collegialità avrebbe potuto minare la sopravvivenza stessa dell’impianto della riforma: ciò è comprensibile; non sono così comprensibili, però, i passaggi che saranno affrontati nelle scuole per garantire la concreta realizzazione di un’autonomia che vede, ancora, nella norma degli anni Settanta diverse attribuzioni che si sovrappongono, tra Consiglio d’Istituto e dirigenza scolastica, senza chiamare in causa la Giunta esecutiva del Consiglio d’Istituto, che da molti anni non ha senso di esistere in quanto ibrido formale e sostanziale.

Parimenti, risulta piuttosto singolare l’assenza di un ragionamento sugli organi collegiali, considerando parallelamente la grande ed impegnativa stagione per il rinnovo del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione -organo recentemente quanto artatamente nato-, che per il momento pare abbia unicamente avuto la funzione di misurare la rappresentatività delle varie sigle sindacali,non apportando peraltro nessuna novità interessante in merito.

L’attenzione del legislatore andrebbe richiamata su un altro aspetto, che ad oggi appare come il grande assente in questa riforma: l’ elemento territoriale.

L’intera stagione dell’autonomia scolastica si fonda sul principio che la scuola insiste all’interno di un territorio e che da questo territorio deve carpire le istanze formative e trasformarle in proposte per gli studenti e le loro famiglie. Non pare proficuo dilazionare la presenza di un elemento territoriale all’interno degli organi collegiali: ad oggi la responsabilità di attivare i contatti con il territorio è affidata esclusivamente al dirigente scolastico e questo può essere bene: però, se la responsabilità dell’offerta formativa va condivisa, a nostro avviso va condivisa anche la generazione di queste istanze formative, attraverso la presenza di soggetti del territorio all’interno degli organi collegiali. La presenza di soggetti esterni all’interno della scuola spaventa, peraltro, e non poco: l’esempio più recente lo offre la discussione sul comitato di valutazione, per il quale l’emendamento al ddl 1934 ha cercato di proporre una sintesi, che tenesse conto sia dell’impianto originario del governo sia, allo stesso tempo, delle richieste della base, fortemente spaventata dall’allargamento ai genitori.

Pensando ad una riformulazione di un sistema per la valutazione e avviando questo percorso culturale all’interno della scuola, avremo dei vantaggi che potranno essere costituiti anche dalla presenza dei genitori e degli studenti.

Risulta per ora più difficile immaginare la codificazione della presenza del membro esterno, per ragioni di natura organizzativa e perché rischia di creare una nuova figura o una nuova attribuzione in capo ai dirigenti e quindi di diventare tra una nuova formalità: speriamo non un formalismo.

P. McGrath, Follia

Follia di Patrich McGrath, Adelphi, 1998

di Mario Coviello


“Le storie d’amore contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da molti anni». Inghilterra 1959. Dall’interno di un tetro manicomio criminale vittoriano uno psichiatra Peter Greave comincia a esporre, con apparente distacco, il caso clinico più perturbante che abbia incontrato nella sua carriera : Max Raphael, psichiatra, si trasferisce con la moglie Stella ed il figlio Charlie in un manicomio vittoriano, fuori Londra, in cui è stato nominato vice-sovraintendente.

Stella, è una donna molto bella e raffinata, ma fragile e sensibile e ben presto arriva a disprezzare l’atmosfera claustrofobia del manicomio e suo marito, uomo freddo ed insensibile, votato solo al suo lavoro. La sua vita sarebbe andata avanti così in una quotidianità ossessiva, se non avesse incontrato Edgard Stark, un paziente uxoricida, in semilibertà per la cura del giardino.

Edgard è un artista, uno scultore, per il quale il confine tra arte e passione, amore e morte è diventato inesistente . Dall’incontro scaturisce un amore folle, una passione erotica incontrollabile ed irrazionale e, quando Edgard riesce a fuggire……

Leggendo la trama sembrerebbe alto il rischio di ritrovarsi tra le mani uno dei soliti polpettoni nel più classico stile Harmony. Sin dalle prime pagine, però, s’intuisce la qualità e lo spessore di questo romanzo che racconta la malattia di Stella, una malattia chiamata amore.

“Già, l’amore” dissi. “Parliamo di questo sentimento che non riuscivi a dominare. Come lo descriveresti?”. Qui Stella fece un’altra pausa. Poi, con voce stanca, riprese:

“Se non lo sai non posso spiegartelo.”

“Allora non si può definire? Non se ne può parlare? E’ una cosa che nasce, che non si può ignorare, che distrugge la vita delle persone. Ma non possiamo dire nient’altro. Esiste, e basta.”

“Queste sono parole, Peter” mormorò Stella.

Il libro è un viaggio sofferto all’interno di un’anima tormentata: il lettore viene tuffato a capofitto nei meandri più oscuri di una mente che ha il coraggio di abbandonare la bellezza agognata di una tranquillità illusoria… Se ogni nostro atteggiamento sembra essere meccanico e assolutamente normale, pensiamo per un attimo a quali meccanismi inconsci vi sono alla base, ma anche facendolo non arriveremo mai a comprendere quella sfera che ci appartiene, che è forse la nostra essenza più importante.

La forza di questo romanzo è nella narrazione . E’ come se ogni parola usata da McGrath fosse una calamita che attrae il lettore tra le pagine per impedirgli di staccarsi, anche solo per respirare. Durante tutto il romanzo sembra quasi di attraversare un girone dantesco: aria di inquietudine, di dramma, di esasperazione, di battaglie mentali destinate a infrangersi sul muro della ragione; è un viaggio senza ritorno sin dalla prima pagina.

L’autore, Patrick McGrath, ha trascorso gran parte della sua infanzia nel manicomio criminale di Broadmoor, dove il padre esercitava la professione di psichiatra ed è diventato un osservatore straordinariamente acuto di pazienti psichiatrici e di coloro che se ne occupano ed usa il suo talento letterario per raccontare storie cupe e avvincenti.

Riforma scuola. 100mila assunzioni, ma in tre fasi. Ecco cosa cambia per i precari

da Il Fatto Quotidiano

Riforma scuola. 100mila assunzioni, ma in tre fasi. Ecco cosa cambia per i precari

Il provvedimento che ha ottenuto il via libera al Senato e il 7 luglio dovrà essere approvato definitivamente dalla Camera, prevede contratti per 102.464 docenti. Una parte sarà assunta a luglio, un’altra a settembre e un’altra ancora a fine ottobre

Scuola, la riforma di destra

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, la riforma di destra

di

A mio modo di vedere la cosiddetta riforma della scuola è, tra le ‘belle’ innovazioni partorite da Renzi e dal suo governo, la più carica di conseguenze nefaste per l’Italia. Due premesse: al di là delle rituali giaculatorie sull’importanza della scuola, rimane il fatto che l’istruzione di massa è il più potente strumento di autoriproduzione o di automodifica non cruenta che una società moderna possiede. E’ a scuola che ciascuno di noi ha imparato a ragionare (o a mal ragionare) e ha imparato i contenuti e i modi del suo ragionare, che per altro porterà con sé per tutta la vita. (Non sottovaluto la famiglia, ma qui sto tentando un altro discorso).

Ma – seconda premessa – proprio per questo suo potere riproduttivo o innovativo, la scuola ‘buona’ o ’bella’ non esiste. Non esiste in sé. Esistono solo modelli specifici di istruzione buoni per riprodurre una determinata società o per modificarne un’altra in una determinata direzione. E non si tratta solo di contenuti (più matematica o più musica): si tratta di valori. Scuola autoritaria o permissiva, meritocratico-competitiva o cooperativa, conformizzante o diversificante, scuola che incoraggia le parità di genere o ignora il problema. E così via.

E’ per questo, per essere sempre la realizzazione di un progetto, che comunque la scuola, ogni scuola, è sempre anche il frutto di scelte e decisioni politiche. Non esiste la scuola neutra.

Di queste due premesse la sinistra italiana non ha mai tenuto molto conto: dimenticando Gramsci, ha sempre ritenuto che il Ministero del Lavoro fosse più strategico di quello della Pubblica Istruzione.

Tuttavia l’Italia repubblicana ha avuto un modello di scuola coerente con il suo modello di società: è quello tracciato nella Costituzione. E’ una scuola tesa al massimo verso un modello di cittadinanza egualitaria e libera. E’ una scuola laica, nettamente non confessionale, aperta a tutti; è obbligatoria e gratuita fino al massimo livello di età che lo Stato ritiene di poter garantire a tutti; e coloro che, senza mezzi, dimostrano capacità e impegno, avranno sostegni per andare oltre.

Gli insegnanti sono selezionati attraverso concorsi; il relativamente alto grado di autonomia di cui gode[va]no nell’esercizio delle loro funzioni nasce[va] dal convincimento del Costituente che la professione dell’insegnante sia di quelle che possono essere regolate solo dalla scienza e coscienza da chi le esercita.

La scuola deve essere dunque un potente strumento di uguaglianza, di acquisizione uguale per tutti degli strumenti di base della partecipazione sociale, civile, economica e politica alla vita del proprio paese. Pertanto l’omogeneità degli ordinamenti e dei programmi non è un’imposizione autoritaria, ma uno strumento di produzione di uguaglianza. Questa bella scuola poteva essere fatta crescere, come dimostrò la istituzione della Scuola media unica (1961).

Ma poiché a scuola impariamo a ragionare, in questa scuola si ragionava troppo perché potesse piacere a quei gruppi di potere che aspirano al controllo monopolistico sul ragionamento dei cittadini. Avanti allora a distruggere la scuola pubblica: diminuzione relativa progressiva dei salari e perdita di prestigio di una professione femminilizzata e mal pagata; diminuzione relativa progressiva dei fondi per le attrezzature e per l’edilizia; piccole riforme , il cui unico scopo era l’introduzione progressiva di elementi confessionali nel sistema- scuola d’Italia; fino ai trionfi morattiani e gelminiani.

In verità Renzi, con questa “riforma di destra” (Schifani dixit) ha portato avanti il lavoro ‘sporco’: ha introdotto tra i compiti della scuola quello di produrre per le aziende un poco addestrato ma permanente esercito di riserva, il cui compito non è tenere bassi i salari, ma dimostrare che non necessariamente il salario è un diritto di chi lavora. Quanto agli insegnanti, la loro scienza e coscienza è una moneta che non ha più corso. Fannulloni e inconcludenti, un sistema di bastone e carota provvederà a rimetterli in carreggiata, mentre i più disponibili e volonterosi diverranno i/le favoriti/e dell’ormai celebre preside sceriffo. E saranno esempi virtuosi per i loro alunni.

Ma non è tutto questo il peggio, anche se, lo confesso, centinaia di migliaia di docenti in piazza mi aveva fatto sperare che andasse un po’ meglio.

No, la cosa per me agghiacciante, è il doppio ricatto con il quale la ‘riforma’ è stata portata a compimento. Ai docenti: o fate come dico io o dite addio alle immissioni in ruolo. E ai parlamentari del Pd: o fate come dico io o dite addio alla poltrona. Con una differenza: i docenti continuano a dire di no; i parlamentari hanno scoperto di avere un altissimo senso della responsabilità che impedisce loro di provocare una crisi di governo “che in questo momento l’Italia non può permettersi”. Gli “irresponsabili” sono stati quattro, ai quali va la mia stima.

Visto che il Parlamento serve sempre a meno, a quando la sua trasformazione in Assemblea dei parlamentari muti?

P.S. Cara ministra Boschi, se le fa piacere, può anche dirmi che ho un’allucinazione.

Via libera del Garante Privacy alla nuova carta dello studente

da Il Sole 24 Ore

Via libera del Garante Privacy alla nuova carta dello studente

di Eu. B.

Via libera del Garante privacy allo schema di decreto del Miur che regola la realizzazione e la consegna della carta dello studente denominata «IoStudio».  A renderlo noto è la newsletter settimanale dell’Authority presieduta da Antonello Soro.

Il decreto ministeriale
Nel tenere conto delle indicazioni del Garante, il decreto prevede che il Miur, tramite le segreterie scolastiche, attribuisca a ciascuno studente delle scuole secondarie di secondo grado statale o paritaria, censito nell’Anagrafe nazionale degli studenti, una carta nominativa: «IoStudio». La card attesta lo status di studente, ha validità di cinque anni, può essere rinnovata e consente ai studenti di usufruire di agevolazioni e sconti per l’accesso a beni e servizi culturali, trasporti nazionali e internazionali, acquisto di materiale scolastico. Su richiesta dello studente o di chi ne esercita la potestà genitoriale la carta può essere attivata anche come «borsellino elettronico». Grazie a una procedura telematica da eseguire tramite il «Portale dello studente» raggiungibile dal sito del Miur, alla tessera può essere associata la funzionalità di carta di debito anonima al portatore.

Il parere del Garante
Nell’esprimere parere favorevole – si legge ancora nella newsletter – il Garante ha rilevato che il trattamento dei dati degli studenti «è svolto nell’ambito delle funzioni istituzionali del ministero e avviene nel rispetto dei principi del Codice privacy». La realizzazione e l’assegnazione della Carta infatti, che non potrebbero avvenire utilizzando dati anonimi o senza identificare lo studente, impiega solo i dati indispensabili. Il Miur, tramite connessione sicura, invia al fornitore – che è anche il responsabile del trattamento – i dati necessari alla stampa e alla spedizione delle Carte agli istituti scolastici (cognome e nome, luogo e data di nascita, codice fiscale dello studente, etc.). Dati che non potranno essere conservati dal fornitore una volta esaurito il suo compito e dovranno essere cancellati dal Dipartimento del Miur che li ha trattati al termine dell’iniziativa. Il Miur, inoltre, come emerso nel corso dell’attività istruttoria svolta in collaborazione con l’Authority, ha precisato che gli studenti riceveranno l’informativa sul trattamento dei dati utilizzati per assegnare la Carta al momento dell’iscrizione on line al primo anno della scuola secondaria.