Sede di titolarità: è solo su scuola, non esistono più titolarità su ambito e incarico triennale su scuola

da Orizzontescuola

di Giovanna Onnis

Tutti i docenti titolari su sede lo sono su specifica scuola. Non esiste più la titolarità su ambito territoriale

Una lettrice ci scrive:

Immessa in ruolo con la Buona scuola nell’anno scolastico 2015/16  sono confusa  circa la mia e la situazione di tanti docenti come me che hanno avuto la titolarità su ambito. Il contratto triennale con la scuola dove insegno è cessato da un anno , si è rinnovato tacitamente per altri 3 anni ?

Con l’anno scolastico 2019/20 è stata abrogata la chiamata diretta per i docenti di tutti gli ordini e gradi di istruzione. Dal corrente anno scolastico, infatti, tutti i docenti risultano titolari su una specifica scuola e non esiste più la titolarità su ambito territoriale

Eliminata la titolarità su ambito

La titolarità su ambito territoriale risulta eliminata per tutti i docenti .

Prima delle operazioni di mobilità per l’a.s. 2019/20, infatti, tutti i docenti a tempo indeterminato titolari di ambito e incaricati su scuola hanno acquisito la titolarità nella scuola nella quale hanno avuto  l’incarico triennale

Nello stesso modo, prima delle operazioni di mobilità per l’a.s. 2019/20 tutti i docenti a tempo indeterminato titolari su ambito, privi di incarico su scuola, sono stati assegnati sulla provincia (esuberi provinciali).

Riferimenti normativi

Il riferimento normativo è l’art.6 comma 8 del CCNI sulla mobilità, dove si stabilisce quanto segue

“Prima di eseguire la mobilità, i docenti con incarico triennale , ivi inclusi i docenti con incarico triennale in scadenza al 31 agosto 2019, acquisiscono la titolarità sulla scuola di incarico. I  docenti titolari su ambito, privi di incarico su scuola,  sono assegnati sulla provincia”

Conclusioni

Tale operazione è stata effettuata, per tutti i docenti interessati, prima delle operazioni di mobilità, a prescindere dalla loro partecipazione  o meno ai trasferimenti o passaggi.

L’operazione è avvenuta nella piattaforma ministeriale SIDI  tecnicamente dal 27 febbraio 2019, ma la titolarità su scuola risulta avere decorrenza dall’anno scolastico 2019/20, quindi dal 1° settembre 2019

La nostra lettrice, quindi, risulta titolare nella scuola in cui ha avuto il conferimento e il rinnovo automatico dell’incarico triennale dal corrente anno scolastico.  Non è più titolare nell’ambito territoriale, ma nella scuola e, conseguentemente,  non è più interessata da incarico triennale.

Ponti e giorni festivi 2020: le date più importanti

da La Tecnica della Scuola

Il 2019 non è stato avaro di ponti ma il 2020 sarà più generoso e darà tante occasioni per allungare ferie e festività.

Il 2020 sarà un anno bisestile, quindi vedrà l’aggiunta del 29 febbraio.

La prima occasione per festeggiare sarà ovviamente il primo gennaio (mercoledì), seguito dall’Epifania (6 gennaio) che quest’anno cadrà di lunedì, consentendo quindi di organizzare un week-end “lungo”.

I ponti e feste 2020: le date

Così come segnala Sky Tg24, potenzialmente i ponti più lunghi del 2020 saranno quelli del 2 giugno e dell’8 dicembre. Sia la festa della Repubblica che l’Immacolata, infatti, cadranno di martedì, quindi in tanti potrebbero avere la possibilità di usufruire della chiusura aziendale del lunedì o di chiedere un unico giorno di ferie per averne a disposizione ben quattro lontano dal posto di lavoro.

I ponti e feste 2020: Pasqua

Nel 2020 la Pasqua non sarà “alta” come nel 2019 (21 aprile), ma cadrà il 12 aprile, con il conseguente lunedì dell’Angelo che sarà in calendario il 13 del mese. Questo anticipo impedirà di legare la festività al 25 aprile e al primo maggio, come invece è stato possibile nel 2019.

I ponti e feste 2020: le altre festività

Come ogni anno, anche nel 2020 ci sono festività che ricorrono di sabato e di domenica e che quindi sono un po’ “sprecate” in termini di assenze giustificate a lavoro o a scuola.

La festa della Liberazione (25 aprile) sarà un sabato, così come Ferragosto (15 agosto) e Santo Stefano (26 dicembre), anche se in quest’ultimo caso il fine settimana sarà comunque prolungato visto che Natale (25 dicembre) sarà il venerdì precedente.

Il giorno di Tutti i Santi (1 novembre) cadrà di domenica, mentre in compenso la Festa dei lavoratori del primo maggio sarà un venerdì, aprendo le porte a un altro possibile week-end “lungo”.

Buone notizie arrivano anche per il momento di passaggio tra 2020 e 2021: quest’ultimo inizierà infatti con 3 giorni di potenziale riposo visto che il primo gennaio 2021 è un venerdì.

Ecco le dettaglio tutte le festività del 2020:

1 Gennaio – Mercoledì
6 Gennaio – Lunedì
Pasqua 2020 – Domenica (12 aprile)
Pasquetta – Lunedì (13 aprile)
25 Aprile 2020 – Sabato
1 Maggio 2020 – Venerdì
2 Giugno 2020 – Martedì
15 Agosto 2020 – Sabato
1 Novembre 2020 – Domenica
8 Dicembre 2020 – Martedì
25 Dicembre 2020 – Venerdì
26 Dicembre 2020 – Sabato
31 Dicembre 2020 – Giovedì

Fioramonti verso le dimissioni: ‘Che resto a fare nel Governo?’

da Tuttoscuola

Sembra ufficiale: Lorenzo Fioramonti esce dalla compagine governativa in quanto nella Legge di bilancio 2020 non sono stati stanziati i 3 miliardi che aveva chiesto per Scuola e Ricerca fin dal suo insediamento. Secondo agenzie stampa pare che l’inquilino di Viale Trastevere abbia infatti già consegnato le dimissioni al premier, Giuseppe Conte. Già nelle ore scorse alcuni quotidiani avevano riportato una battuta pronunciata da Fioramonti alla presenza di alcuni colleghi: “Che resto a fare nel Governo?” .

“Sulla scuola abbiamo fatto passi avanti importanti. Alcuni proprio in queste ore e ci stiamo muovendo nella direzione giusta. E alla fine vedremo se saranno sufficienti”, aveva detto il Ministro in merito sullo stanziamento previsto nella manovra in tema di istruzione. Era il 12 dicembre e la discussione sulla legge di bilancio stava entrando nel vivo. A Trieste, a margine del vertice dei ministri della ricerca, Fioramonti aveva ricordato che “la scuola in questo Paese avrebbe bisogno di 24 miliardi. I 3 miliardi che io ho individuato, non sono la sufficienza” ma rappresentano “la linea di galleggiamento”.

Ora, a circa 48 ore dall’ok della Camera alla Manovra, Fioramonti sembra davvero deciso a fare un passo indietro. Stando inoltre a voci non smentite pare che il Ministro sia addirittura intenzionato non solo a dimettersi, ma ad uscire dal M5S per formare un gruppo parlamentare al quale potrebbero aderire almeno una decina di “dissidenti” che contestano la linea del capo politico Luigi Di Maio.

E. De Luca, Impossibile

De Luca, oltre l’umano

di Antonio Stanca

   Lo scorso Settembre l’inesauribile Erri De Luca è stato di nuovo in libreria con Impossibile, un romanzo che ha tutti gli aspetti di un racconto, di un lungo racconto e che è stato pubblicato da Feltrinelli nella collana “I Narratori”.

   De Luca ha sessantanove anni, è nato a Napoli nel 1950 e prima di arrivare alla scrittura narrativa si è impegnato in tanti modi, ha studiato e tradotto testi di antiche religioni, si è dedicato all’apprendimento di lingue straniere, al giornalismo, al teatro, alla poesia. Avrebbe pure scritto di narrativa ma senza mai pubblicare le sue opere. Lo avrebbe fatto solo nel 1989, quando a trentanove anni scrisse il romanzo Non ora, non qui. Ne sarebbero seguiti tanti altri, tra romanzi e racconti, e sempre alla vita, alle sue varie circostanze, alle sue persone, ai suoi casi si sarebbero ispirati riuscendo ogni volta a cogliere significati che superavano la realtà, la quotidianità in nome di principi, valori di carattere ideale, di verità che valessero per tutti e per sempre.

   Anche in Impossibile un caso della vita, una circostanza fortuita diventa un motivo di lunga osservazione e riflessione, un argomento sul quale soffermarsi, dal quale trarre insegnamento, acquista un significato superiore a quello della sua realtà.

  Lungo un sentiero che si snoda tra le montagne dell’Alto Adige e che a tratti procede tra dirupi e burroni due uomini camminano a distanza l’uno dall’altro e questo succede ormai da molti giorni, marciano finché quello che precedeva viene trovato morto nel burrone dove è precipitato senza che si capisca se si è trattato di una caduta accidentale o provocata dall’altro che veniva dietro. Tra questo, arrestato perché accusato di omicidio, e il giudice che conduce l’istruttoria si svolgerà per intero il romanzo, tra le domande di chi inquisisce e le risposte di chi è inquisito. Quest’ultimo si dichiarerà sempre estraneo alla morte del suo compagno di strada, dirà in continuazione di non averlo conosciuto, di non aver avuto nessuno scambio con lui né prima in albergo né dopo lungo quel sentiero. Lo sosterrà anche quando le indagini faranno sapere che nei primi anni del ‘900 i due avevano fatto parte di un’organizzazione clandestina, di un movimento estremista che si opponeva allo Stato e lottava contro le sue regole, la sua polizia. Quello che era morto nel precipizio era stato un delatore, aveva tradito e fatto arrestare molti compagni tra i quali l’altro che ora veniva accusato. Al giudice sembrava una delle cause più plausibili che potevano averlo mosso ad uccidere il vecchio compagno d’azione rivoluzionaria. Ma non poteva essere trascurata la possibilità che una volta incontratisi e riconosciutisi il traditore avesse assalito per primo e che il secondo avesse agito per difesa spingendolo nel burrone. “Impossibile” diventerà stabilire la verità anche perché potrebbe valere la versione dell’imputato, quella che lo vorrebbe estraneo ad ogni evento, fuori da ogni responsabilità.

   Alla fine di quell’interrogatorio, che sarà il contenuto di tutto il libro, l’imputato verrà messo in libertà dal momento che “impossibile” era risultato scoprire il vero colpevole, ricostruire la vicenda di quella morte.

   Risalterà, per l’intera opera, il tono sicuro, convinto, disinvolto che l’accusato assumerà fin dall’inizio. Sarà da attribuire alla sua età piuttosto avanzata, alle sue esperienze di giovane spesso indagato perché partecipe di un movimento di contestazione, di lotta contro le istituzioni, alla padronanza della situazione che viveva perché innocente o perché di fronte ad un giudice molto giovane e molto lontano dalla vita, dalle sue disavventure. Qualunque sia stata la causa quell’uomo uscirà vincitore dal confronto con la giustizia e si aggiungerà alla serie di eroi positivi che De Luca ha costruito, ha raffigurato tramite tante sue opere, di quei personaggi che sono diventati leggendari pur essendo dotati soltanto della loro volontà, della loro forza d’animo, del loro coraggio, di quanto appartiene a chi si è formato da solo, da solo ha superato tante avversità.

   Possono anche aver ucciso, come forse in questo caso, quelle figure ma rimangono grandi, si attestano tra le migliori perché di una dimensione superiore all’umana, perché uniche nella vita, poche nella storia.

Per il rinnovo dei contratti 200 mln in più e non un miliardo

da Italiaoggi

Marco Nobilio

Circa 200 milioni in più a regime per il contratto degli statali, 16 milioni di euro a regime dal 2022 per finanziare l’introduzione di 390 posti di potenziamento nella scuola dell’infanzia, 50 milioni a regime dal 2022 per finanziare un incremento di 1.000 docenti di sostegno in organico di diritto. Sono queste le novità più importanti per i lavoratori della scuola inserite nella legge di bilancio. Il provvedimento al voto della camera è identico al testo approvato al senato dove il governo ha posto la fiducia su un maxiemendamento che sostituisce con un’unica disposizione gli articoli da 1 a 101 del disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022 (AS 1586).

Contratto. Duecento milioni in più per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. La misura riguarda anche la scuola, che comprende circa un terzo degli oltre 3 milioni di addetti della p.a. ed è prevista dal comma 131 del maxiemendamento. I fondi disponibili, dunque, passano da 3.175 a 3.375 milioni di euro. La somma individua le risorse a disposizione della contrattazione collettiva per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici per il triennio 2019-2021. Allo stato attuale, dunque, i fondi per il contratto dei docenti e degli Ata rientrano nelle risorse per tutto il pubblico impiego. E ciò rischia di incrementare ulteriormente la forbice esistente tra gli importi delle retribuzioni degli operatori scolastici e degli altri dipendenti pubblici. «Servono altri 900 milioni per colmare il divario e dare aumenti a tre cifre ai docenti, i 100 euro promessi da Fioramonti», dice Pino Turi, segretario della Uil scuola.

Il pubblico impiego, infatti, è caratterizzato da sperequazioni di reddito a parità di qualifica, che vede docenti e Ata in una situazione di svantaggio rispetto agli altri lavoratori della p.a. E siccome le retribuzioni della scuola sono più basse, applicando incrementi retributivi con il criterio del medesimo coefficiente, tali sperequazioni sono destinate ad aggravarsi. Secondo i dati ufficiali diffusi dall’Aran il 9 dicembre scorso, infatti, nella scuola le retribuzioni annuali medie pro capite sono pari a 28 mila euro contro una media di 34 mila euro per tutto il pubblico impiego.

Bonus docenti. I 200 milioni annui destinati dalla legge 107/2015 alla valorizzazione del merito dei docenti saranno versati nel fondo delle istituzioni scolastiche. E saranno contrattualizzati senza vincolo di destinazione. Lo prevede il comma 274 del maxiemendamento. Il dispositivo è frutto di un compromesso adottato in VII commissione al senato, che ha respinto il testo dell’emendamento originario, che prevedeva la destinazione dei 200 milioni alla contrattazione collettiva. E lo ha modificato in questo senso (28.20). Ciò vuol dire che i relativi fondi non saranno utilizzati per aumentare lo stipendio dei docenti in modo strutturale. Ma saranno destinati ad incrementare il cosiddetto compenso accessorio. Vale a dire, le attività aggiuntive che vengono programmate e realizzate nell’ambito della realizzazione del piano dell’offerta formativa. «La modifica alla legge 107 interverrà nel 2020 e, quindi, non ha alcun effetto retroattivo sulla contrattazione dell’attuale anno scolastico» spiega in una nota il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli. «È ora di dire basta al gioco delle tre carte con i fondi stanziati dalla famigerata legge 107/2015 per il bonus merito», replica Rino Di Meglio, leader della Gilda. « Quelle somme, la cui destinazione abbiamo sempre contestato, riguardano unicamente i docenti», spiega Di Meglio, «e devono andare a incrementare le loro buste paga».

Intanto pare momentamente rientrata la protesta dei sindacati per la carenza di risorse destinate ai contratti. Il 19 dicembre si è svolta la riunione al Ministero dell’Istruzione, con la presenza del Ministro Fioramonti, per l’esperimento del tentativo di conciliazione a seguito della proclamazione dello stato di agitazione in tutti i settori del comparto istruzione e ricerca da parte di Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, SnalsConfsal e Gilda. Al termine del confronto è stato sottoscritto il verbale di conciliazione con precisi impegni del Miur, anche rispetto alla tempistica con cui scandire la trattativa: «Avviare entro il mese di gennaio gli incontri sul rinnovo del contratto, con l’impegno di individuare le risorse necessarie al rinnovo e aprire un confronto sul rapporto tra legge e contrattazione, in un’ottica di prevalenza dello strumento contrattuale; dare il via entro metà gennaio a specifici tavoli sui singoli settori del comparto (scuola, università, ricerca e Afam); avviare a partire dal 7 gennaio il tavolo di confronto sull’attuazione del decreto legge 126/2019 e sul superamento del precariato nei settori università, ricerca e Afam; riprendere il confronto sui percorsi abilitanti a regime entro il 15 gennaio, per definire il disegno di legge collegato alla Legge di Bilancio in corso di approvazione; inserire una norma sui facenti funzione Dsga per definire la procedura riservata a chi è sprovvisto di titolo specifico nel primo veicolo normativo utile».

Educazione civica mille usi

da Italiaoggi

Alessandra Ricciardi e Marco Noblio

Sono circa 200 mila euro in più per finanziare l’introduzione dell’educazione civica nelle scuole. I fondi passano da 4 milioni a 4 milioni e 200 mila euro a decorrere dal 2020. E all’educazione civica in senso stretto si aggiungerà anche l’educazione finanziaria. Lo prevede la legge di Bilancio come modificata al senato.

L’introduzione della nuova materia è prevista a partire dal prossimo anno. Lo aveva fatto sapere anche il ministero dell’istruzione Lorenzo Fioramonti con una nota emanata il 12 settembre scorso (1830). Il dicastero di viale Trastevere aveva preso atto del parere negativo espresso dal Consiglio superiore della pubblica istruzione ed aveva deciso di rimandare l’introduzione della nuova materia all’anno scolastico 2020/21. Anche per consentire l’elaborazione e l’emanazione delle linee guida, espressamente previste dalla legge, che andranno a costituire un punto di riferimento essenziale per i docenti che dovranno occuparsi di questa nuova materia.

Il testo normativo di riferimento è la legge 20 agosto 2019, n. 92 recante «Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica» (si vedano Italia Oggi del 6 e del 20 agosto scorso) pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 195/19.

I contenuti dell’educazione civica individuati dal legislatore, a cui dovranno fare riferimento i docenti, sono indicati nell’articolo 3 del provvedimento: a) Costituzione, istituzioni dello Stato italiano, dell’Unione europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e dell’inno nazionale; b) Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile; c) educazione alla cittadinanza digitale; d) elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro; e) educazione ambientale; f) educazione alla legalità e al contrasto delle mafie; g) educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni; h) formazione di base in materia di protezione civile.

Il dispositivo, dunque, rende cogente e imperativo l’insegnamento di una lunga serie di contenuti, obiettivi e competenze a cui gli insegnanti dovranno fare riferimento ai fini del relativo processo didattico-apprenditivo. Ma non individua una figura specifica a cui affidare tale nuovo insegnamento, salvo un riferimento espresso al docente di discipline giuridiche, se presente nell’organico dell’istituzione scolastica di riferimento. L’educazione civica, dunque, viene qualificata come insegnamento fungibile, da affidare di volta in volta a docenti diversi.

A nulla rilevando la specificità del posto o della cattedra di titolarità dei docenti assegnatari. E viene prevista l’individuazione di un insegnante all’interno della classe cui affidare ruoli di coordinamento, al quale spetterà anche il compito di formulare «la proposta di voto espresso in decimi, acquisendo elementi conoscitivi dai docenti a cui è affidato l’insegnamento dell’educazione civica».

La nuova disciplina, infatti, viene qualificata alla stregua di trasversale. Ma in ogni caso, a tale nuovo insegnamento è destinata un’ora di lezione settimanale e un monte annuale di 33 ore da sottrarre al monte ore delle altre discipline senza prevedere un ampliamento del monte ore complessivo.

Nulla è dovuto a titolo di retribuzione ai docenti che insegneranno la nuova disciplina, mentre, per il solo ruolo di coordinatore, il testo di legge prevede la possibilità di individuare una qualche forma di retribuzione a livello di contrattazione integrativa di istituto, sempre però all’interno della capienza ordinaria del fondo dell’istituzione scolastica.

La maturità si decide alle medie

da Italiaoggi

Emanuela Micucci

Lacune, difficoltà accumulate alla fine delle medie non si riescono più a superare alle superiori. Così troppi studenti terminano il secondo ciclo con livelli di preparazione di base non in linea con quanto previsto dalla Indicazioni nazionali e dalle Linee guida, quelli che un tempo erano i programmi. Un’analisi longitudinale realizzata dal coordinatore area prove Invalsi Roberto Ricci, basandosi sui dati Invalsi del percorso da 515.000 studenti dall’esame di terza media, svolto nel 2014, alla maturità, conseguita nel 2019, mostra che i risultati delle superiori sono fortemente influenzati da quelli in uscita dalle medie. Non solo. Dallo studio, pubblicato in un editoriale su InvalsiOpen, emerge anche che 1 alunno su 5 non è riuscito a concludere il percorso di studi in regola, perché ha ripetuto uno o più anni o si è addirittura disperso. «Le prove Invalsi», spiega Ricci, «oltre a fornirci gli esiti dell’apprendimento, sono costruite in modo da riuscire anche a seguire il percorso degli studenti nella scuola italiana». Oltre il 45% degli alunni in difficoltà al termine delle medie rimane in questa situazione anche alla fine delle superiori. Con punte fino al 60% in italiano per gli studenti che in terza media avevano un risultato inferiore a quello previsto per la licenza media anche in V superiore non raggiungono almeno il livello minimo che si dovrebbe conseguire al termine delle superiori. Dati preoccupanti, che in matematica diventano allarmanti con la percentuale che sale al 50%.

Con punte vicine al 70% degli alunni in difficoltà in terza media lo rimango anche alla maturità. I risultati che gli alunni ottengono alle prove Invalsi di seconda e quinta superiore, quindi, sono molto influenzati da quelli conseguiti in terza media.

Anche considerando solo gli alunni che sono riusciti in 5 anni a terminare le superiori, si è portato a livello almeno di sufficienza solo la metà di quelli che erano in difficoltà alla fine delle medie. Un fenomeno su cui pesa anche il livello di studio dei genitori che, anche dopo 13 anni di scuola, continua ad essere un fattore molto influente sui risultati degli studenti e penalizza notevolmente quelli che provengono da famiglie meno colte.

«Questo legame così forte tra esiti scolastici e contesto familiare», insiste Ricci, «suggerisce che qualsiasi azione di miglioramento non si dovrebbe limitare a intervenire solo sugli studenti, ma dovrebbe coinvolgere anche le loro famiglie e i contesti di vita nei quali gli allievi sono inseriti, favorendo quindi l’innalzamento più generale del livello culturale». I dati Invalsi in uscita dalla terza media, inoltre, sono in grado di identificare piuttosto bene gli alunni a forte rischio insuccesso. «Per le superiori», sottolinea Ricci, «è possibile avere immediatamente a disposizione queste informazioni e intervenire tempestivamente con azioni a supporto mirate per permettere a tutti di raggiungere il pieno successo formativo».

A svolgere le prove Invalsi nel 2019, in V superiore, prima della maturità, sono stati 350.621 alunni. «Restano 165.000 studenti di cui non si sa più nulla, mancano i risultati», sottolinea Ricci. Una parte è ancora all’interno del sistema di istruzione come ripetenti, un’altra è entrata nel circuito della formazione professionale ma in una quantità difficile da stimare. Tutti gli altri, però, sono dispersi.

La maggioranza erano quegli studenti con risultato basso o molto basso alla fine della terza media, nel 2014. «Decisamente troppi», commenta Ricci, osservando che «anche secondo le stime più prudenti, oltre 100.000 studenti o sono ripetenti o hanno abbandonato il percorso formativo sena più farvi rientro».

Infanzia potenziata con 390 maestri

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Sono 16 milioni di euro a regime dal 2022 per finanziare l’introduzione di 390 posti di potenziamento nella scuola dell’infanzia. Lo prevede il comma 304 del maxiemendamento. I posti saranno introdotti dal prossimo anno scolastico e la ripartizione tra le regioni sarà effettuata dal ministero dell’istruzione con un decreto ad hoc.

Per il 2020 è previsto uno stanziamento di 4.374.000 euro, per il 2021 16.596.000 di euro e dal 2020, a regime, 15.725.000 di euro. I fondi saranno tratti dall’accantonamento per nuove o maggiori spese o per riduzioni di entrate relativo al ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Accantonamento che sarà ridotto in modo corrispondente. La misura rischia di rendere più difficoltose le sostituzioni del personale assente.

Perché la legge vieta ai dirigenti scolastici di disporle in presenza di docenti di potenziamento.

Che peraltro anche, se previsti, hanno comunque diritto alla calendarizzazione del proprio orario.

Pensionandi scuola 2020, posizioni contributive devono essere sistemate entro il 14 febbraio

da Orizzontescuola

di redazione

Pensioni scuola 2020: docenti e personale ATA interessato devono presentare la domanda entro il 30 dicembre. Nel frattempo si mette in moto la macchina organizzativa della segreteria e dell’INPS per l’accertamento del diritto a pensione.

L’accertamento del diritto al trattamento pensionistico sarà effettuato da parte delle sedi competenti dell’INPS sulla base dei dati presenti sul conto assicurativo individuale e della tipologia di pensione indicata nelle istanze di cessazione, dandone periodico riscontro al MIUR, per la successiva comunicazione al personale, entro il termine ultimo del 29 maggio 2020.

Qualora vengano presentate dagli interessati entrambe le istanze, Inps valuterà il diritto a pensione per tutte le fattispecie richieste.

Il rispetto di tale termine presuppone la sistemazione preventiva dei conti assicurativi dei dipendenti, anche con l’intervento del datore di lavoro.

Pertanto, gli Ambiti provinciali o le Istituzioni scolastiche provvederanno all’esatta ricognizione delle domande di Ricongiunzione, Riscatti, Computo, nonché dei relativi allegati, prodotte entro il 31 agosto 2000 e non ancora definite, con riferimento a coloro che cesseranno dal servizio con decorrenza dal 1 settembre 2020. Tale attività è necessaria e propedeutica al
completamento della posizione assicurativa finalizzata alla certificazione, da parte dell’Inps, del diritto a pensione.

Gli Ambiti territoriali provinciali del MIUR o le Istituzioni scolastiche dovranno utilizzare, l’applicativo nuova Passweb, che è lo strumento di scambio di dati fra l’Istituto e le pubbliche amministrazioni.

Si precisa che le posizioni relative ai pensionandi dovranno essere progressivamente sistemate entro la data ultima del 14 febbraio 2020.

Soltanto qualora l’Ambito territoriale/Istituzione scolastica non sia ancora in grado di utilizzare l’applicativo nuova Passweb, al fine di salvaguardare il diritto dei pensionandi ad ottenere, nei termini previsti, la certificazione del diritto a pensione ed evitare ritardi nell’erogazione della prestazione, gli Ambiti territoriali/le Istituzioni scolastiche dovranno aggiornare, con cadenza settimanale, entro il 14 febbraio 2020, i dati sul sistema SIDI in modo da consentire alle sedi INPS di consultare ed utilizzare le informazioni, anche con riferimento ai periodi pre–ruolo ante 1988 con ritenuta in Conto Entrate Tesoro. Tali informazioni, disponibili su
SIDI, potranno essere inviate dal MIUR all’INPS con flussi massivi periodici al fine di renderli disponibili in consultazione agli operatori INPS che valuteranno il loro utilizzo e caricamento in nuova Passweb con le funzioni preposte.

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Scarica il Decreto

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Immissione in ruolo 2019/20: è su sede definitiva, il docente è titolare nella scuola assegnata

da Orizzontescuola

di Giovanna Onnis

Per il docente neo-immesso in ruolo nel corrente anno scolastico, la sede assegnata è quella di titolarità. L’immissione in ruolo è su sede definitiva

Una lettrice ci scrive:

Sono una docente neo immessa e sto svolgendo il mio anno di prova presso una scuola secondaria di primo grado. Siccome in questa scuola mi trovo bene e non vorrei cambiare sede l’anno prossimo, volevo sapere se dovrò comunque compilare il modulo per la mobilità. Non ho ben capito se sono titolare della cattedra!”

La scuola Secondaria di I grado dove presta servizio la nostra lettrice in seguito ad immissione in ruolo è la sua sede di titolarità in quanto la sua immissione in ruolo è su sede definitiva e non provvisoria

Immissione in ruolo e sede assegnata: definitiva o provvisoria?

Le immissioni in ruolo risultavano su sede provvisoria fino all’anno scolastico 2015/16 e i docenti interessati  erano tenuti ad inoltrare domanda di trasferimento per ottenere una sede definitiva. Potevano,  quindi , essere inseriti nella graduatoria interna di istituto e cominciare a maturare il punteggio di continuità nella scuola di titolarità soltanto nell’anno scolastico successivo a quello di immissione in ruolo, con l’assegnazione della sede definitiva in fase di mobilità.

Dall’anno scolastico 2016/17 le immissioni in ruolo sono, invece, su sede definitiva, per cui la sede assegnata rappresenta quella di titolarità e il docente viene inserito a pieno titolo nella graduatoria interna della scuola assegnata dove comincerà subito a maturare il punteggio di continuità

Anno di prova per i docenti neo-immessi in ruolo

I docenti neo-immessi in ruolo sono tenuti a sostenere l’anno di prova e formazione che deve essere svolto nella sede assegnata.

I docenti immessi in ruolo entro il 2015/16 hanno, quindi, svolto il loro anno di prova nella sede provvisoria assegnata, mentre per i docenti immessi in ruolo a decorrere dal 2016/17 lo svolgimento dell’anno di prova ha interessato la sede definitiva, quindi la sede di titolarità

Conclusioni

La nostra lettrice, quindi, immessa in ruolo per il corrente anno scolastico sta svolgendo l’anno di prova nella scuola di titolarità.

Non dovrà, quindi, presentare alcuna domanda di mobilità per l’assegnazione della sede definitiva o per confermare quella assegnata nel corrente anno scolastico

Il Bilancio sociale della scuola: si compila entro il 31 dicembre, è disponibile su Scuola in chiaro. Cosa contiene

da Orizzontescuola

di Nunzio Oliva

Con le note n. 17832 del 16 ottobre 2018 e n. 10701 del 22 maggio 2019 la Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione ricorda che il procedimento di valutazione delle scuole – ai sensi dell’art. 6 comma 1 lett. d del D.P.R. n. 80/2013 – si conclude con la “pubblicazione, diffusione dei risultati raggiunti, attraverso indicatori e dati comparabili, sia in una dimensione di trasparenza sia in una dimensione di condivisione e promozione al miglioramento del servizio con la comunità di appartenenza”.

Dunque per le istituzioni scolastiche italiane dal 30 maggio al 31 dicembre 2019, all’interno della piattaforma del Sistema Nazionale di Valutazione (S.N.V.), è possibile predisporre la Rendicontazione sociale ossia il documento pubblico dei processi attivati e realizzate nel triennio appena scorso e delle prospettive da perseguire nel triennio 2019/2022, strettamente connesso al Rapporto di Autovalutazione (R.A.V.) che a sua volta è essenziale per la definizione del Piano di Miglioramento (P.D.M.) e del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (P.T.O.F.).

Accedendo nella piattaforma S.N.V., tramite le credenziali del Dirigente Scolastico o di referenti abilitati , controllato il codice meccanografico di appartenenza, si perviene alla struttura della Rendicontazione sociale 2019 che per la compilazione può far riferimento alla Nota metodologica e guida operativa in cui si precisa che “con l’anno scolastico 2018-2019 si conclude la procedura di valutazione che le scuole hanno realizzato dall’anno scolastico 2014-2015, attraverso i Rapporti di Autovalutazione (RAV) ed i conseguenti Piani di Miglioramento (PdM) che negli anni sono stati predisposti e realizzati.

Attraverso la Rendicontazione sociale si vuole dare conto di quanto raggiunto, dei processi attivati e dei risultati perseguiti, evidenziando in primo luogo il raggiungimento delle “Priorità” e dei “Traguardi” che erano stati fissati nell’ambito della procedura di cui al DPR n. 80/2013.

La scuola … comunica come gli esiti di alunni e studenti sono migliorati, partendo dalle priorità che aveva fissato nell’ultima sezione del RAV.

La gestione del processo di rendicontazione, al pari di quello di autovalutazione interna, è affidata al Dirigente scolastico, che, in qualità di rappresentante legale e garante della gestione unitaria della scuola, rimane il diretto responsabile dei contenuti e dei dati inseriti nella Rendicontazione sociale.

Il Nucleo interno di valutazione, che supporta il Dirigente scolastico nella predisposizione del RAV, è automaticamente abilitato all’utilizzo della piattaforma della Rendicontazione sociale …

Nel processo di rendicontazione è opportuno che il Dirigente e il Nucleo interno di valutazione si adoperino per favorire e sostenere il coinvolgimento diretto di tutta la comunità scolastica, incoraggiando la riflessione interna e promuovendo momenti di incontro e di condivisione delle finalità e delle modalità operative dell’intero processo”.

La struttura della Rendicontazione sociale si costituisce delle seguenti sezioni:
• contesto e risorse , in cui sono precaricate e liberamente modificabili tutte le Opportunità e i Vincoli già descritti nell’ultimo R.A.V. (compilazione obbligatoria);
• risultati raggiunti, in cui devono essere indicati i risultati che si vogliono rendicontare in relazione al R.A.V. e alla progettualità svolta (compilazione obbligatoria);
• prospettive di sviluppo, in cui si possono indicare le prospettive di sviluppo e di miglioramento rispetto ai risultati raggiunti;
• altri documenti di rendicontazione, in cui si possono caricare altri documenti (massimo due) per meglio rendicontare le azioni della scuola.

Le istituzioni scolastiche, nella sottosezione “Risultati legati all’autovalutazione e al miglioramento”, ritrovano le coppie di “Priorità” e “Traguardi” dei Rapporti di Autovalutazione dall’a.s. 2014/2015 sino all’a.s. 2017/2018 e possono selezionare quali rendicontare. In “Risultati legati alla progettualità della scuola”, si può decidere di descrivere altri risultati inerenti gli obiettivi formativi prioritari del P.T.O.F. 2016/2019.

Una volta scelti, devono essere completati i campi “Attività svolte” e “Risultati”, inserendo un indicatore o allegando obbligatoriamente una evidenza. Continuando con “Aggiungi” si può procedere alla rendicontazione di ancora altri obiettivi portati a compimento autonomamente dalle scuole.

Conclusa la compilazione è resa disponibile la funzionalità “Pubblica” che, digitata, trasferisce la Rendicontazione sociale sul portale “Scuola in Chiaro” (https://cercalatuascuola.istruzione.it/cercalatuascuola/); il documento, attraverso il pulsante “Modifica”, può essere modificato e nuovamente pubblicato entro e non oltre il 31 dicembre.

In “La Rendicontazione sociale degli istituti scolastici – Documenti di ricerca n. 13” del Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale (Associazione nazionale per la ricerca scientifica sul Bilancio Sociale), edito nel 2016 da Franco Angeli, si specifica che la rendicontazione sociale “ha valore in sé in quanto connaturata all’autonomia ed all’esigenza di dimostrare, in modo trasparente, il ritorno educativo che la scuola è stata capace di assicurare, valorizzando al meglio le risorse a disposizione: umane, finanziarie e di contesto sociale. Ma la rendicontazione sociale non è un semplice atto di comunicazione dei risultati della scuola … la rendicontazione sociale recupera una fondamentale dimensione di condivisione, caratterizzandosi come un processo volontario che nasce dalla consapevolezza del dovere di render conto ai portatori di interessi (stakeholder) circa l’uso che viene fatto dell’autonomia scolastica. …

In generale, il bilancio sociale può essere definito come un processo volontario attraverso il quale un’organizzazione, pubblica o privata, profit e non profit, valuta e comunica agli stakeholder comportamenti, risultati e impatti delle proprie scelte e del proprio agire con particolare, ma non unico, riferimento alla missione ed ai valori etici posti a fondamento dell’attività istituzionale.

Il bilancio sociale presuppone il concetto di responsabilità ed il dovere di coinvolgimento degli stakeholder a tutto campo, dall’analisi dei bisogni e delle aspettative alla costruzione del consenso intorno alle scelte, fino al monitoraggio ed alla comunicazione dell’effettiva creazione di valore. … Il bilancio sociale deve comunicare agli stakeholder la coerenza di fondo tra missione e risorse, esplicitando il processo di costruzione di consenso sulle scelte ed i progetti d’investimento della scuola, in modo coerente con gli attori della governance territoriale, in linea con un’idea di performance che è essenziale di coproduzione di valore.

Da questo punto di vista il bilancio sociale non è semplicemente un documento, ma è un sistema di governance territoriale attraverso il quale tutto il personale compie un atto di assunzione di responsabilità e di dialogo con gli stakeholder.

Non è sufficiente l’astratta considerazione di quali siano i principali portatori di interessi della scuola, ma è necessario costruire un dialogo biunivoco e permanente, intercettando operativamente le attese e le istanze dei diversi segmenti di interlocutori.

La pubblicazione e la divulgazione del bilancio sociale diventa un evento importante della vita istituzionale, un’occasione per cementare i rapporti con gli stakeholder e costruire la legittimazione sociale della scuola.

La raccolta delle osservazioni degli stakeholder serve a rendere inclusivo il bilancio sociale, dando voce ad opinioni, dubbi e perplessità.

L’istituto scolastico che, attraverso il processo di rendicontazione sociale, impara ad aprirsi alla società, si mette nelle condizioni di spiegare, giustificare, sciogliere le molte incomprensioni e i giudizi spesso infondati ai quali sono indotti gli interlocutori sociali meno informati e poco attenti alle vicende della scuola”.

(Fonti: D.P.R. n. 80/2013; Nota Miur prot. n. 17832/2018; Nota Miur prot. n. 10701/2019; Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale, Associazione nazionale per la ricerca scientifica sul Bilancio Sociale, La Rendicontazione sociale degli istituti scolastici – Documenti di ricerca n. 13, Franco Angeli Srl, Milano, 2016)

Cyberbullismo, combatterlo partendo dalla “stupidità digitale”. Cosa può fare la scuola?

da Orizzontescuola

di Fabio Gervasio

Il bullismo e il cyberbullismo sono fenomeni in continua evoluzione, lo dimostrano le diverse ricerche che si susseguono su questi temi, come anche riportato in recenti articoli sul sito di orizzontescuola (leggi qui), dalle quali si registrano dati preoccupanti.

Nella ricerca svolta da Acli nella provincia di Roma è emerso che un ragazzo su tre ha ammesso di avere assunto comportamenti offensivi su internet.

Un’altra ricerca svolta nella regione Puglia, nell’ambito del programma #TeenExplorer, ha evidenziato che il 29% degli adolescenti pugliesi si è dichiarato vittima di episodi di bullismo, il 73% ha affermato di essere stato testimone di atti di bullismo e il 65% di aver cercato di difendere la vittima di tali atti.

A margine di questa ricerca il Garante regionale dei diritti del minore, dell’infanzia e dell’adolescenza, Ludovico Abbaticchio, ha rappresentato la necessità di una legge nazionale di educazione alla salute nelle scuole, affinché i temi del contrasto al bullismo e al cyberbullismo diventino materie essenziali.

Fondamentale, a questo punto, la realizzazione di un’azione sinergica tra scuola, famiglia e istituzioni al fine di mettere in campo azioni di prevenzione e sensibilizzazione verso questi fenomeni.

Un primo passo è stato fatto dal Parlamento con lo stanziamento in manovra di un milione di euro per la formazione dei docenti sul fenomeno del bullismo e del cyberbullismo (leggi qui).

In questo articolo ci soffermeremo in modo particolare sul fenomeno del cyberbullismo, su quali siano gli aspetti a monte che lo caratterizzano e come prevenirlo.

Alla base un’idea sbagliata di cittadinanza digitale.

Alla base del fenomeno di cyberbullismo possiamo indicare la cyberstupidity, una considerazione errata della cittadinanza digitale, ovvero delle regole da rispettare per un corretto utilizzo degli strumenti digitali.

La non presenza fisica e la percezione dell’anonimato portano i ragazzi a mettere in atto atteggiamenti scorretti, Albert Bandura parla di disimpegno morale, ovvero l’autoassoluzione di fronte ad atti che palesemente violino le norme sia giuridiche che morali.

Questo atteggiamento è un grave errore, va chiarito che la sfera digitale non è un porto franco nel quale poter fare tutto quello che vogliamo, bisogna maturare la consapevolezza che le azioni poste in essere in questo ambito hanno delle conseguenze che possono avere anche risvolti penali.

La legge 71/2017, Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo, nasce dalla tragedia di Carolina Picchio, a cui l’allora Presidente della Camera Laura Boldirini ha dedicato l’approvazione della legge.

Carolina è stata vittima di cyberbullismo, un video che la ritraeva priva di coscienza, mentre alcuni suoi coetanei giocavano con il suo corpo mimando atti sessuali, inizia a girare prima tra le chat dei presenti, poi sui social.

L’umiliazione di vedersi in quel video e gli insulti sui social erano un peso troppo grande, che non poteva più sopportare. Allora Carolina sceglie di mettersi tutto alle spalle, lo fa con un salto dalla finestra della sua camera, lasciando un messaggio potente: “Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno”. Carolina aveva solo 14 anni.

Questa tragedia ci porta a riflettere e porre l’attenzione su quali siano gli aspetti che accomunano gli episodi di cyberbullismo.

Alla base c’è la scarsa consapevolezza del mondo digitale, la stupidità digitale. Prima di porre in atto qualsiasi azione è bene soffermarsi e riflettere su tre aspetti che caratterizzano episodi di cyberstupidity: l’intenzione, l’ignoranza e la superficialità.

L’intenzione consiste nell’essere consapevoli di quello che si sta facendo. Quando scrivo, posto o compio altre azioni in rete c’è la volontà di voler fare del male a qualcuno?

L’ignoranza consiste nel non valutare fino in fondo, in maniera consapevole, quali siano le conseguenze delle proprie azioni.

La superficialità sta nella banalizzazione delle conseguenze delle proprie azioni, “in fondo volevo solo scherzare” ne è un classico esempio.

Fermiamoci un attimo a riflettere.

La velocità del mondo digitale è impressionante, con un click si scatta una foto e con un altro la si pubblica in rete, pochi secondi per condividere con migliaia di persone i propri scatti.

Un periodo troppo breve per riflettere concretamente su quello che si sta facendo, è questo un aspetto importante che può portare ad atti di stupidità digitale.

Ma in fondo anche in passato accadevano atti simili, capitava, magari durante una gita scolastica, di fare qualche scatto fotografico compromettente. Ma allora qual è la differenza con episodi del moderno cyberbullismo? Principalmente sono due gli aspetti che li differenziano: la temporalità e la platea di riferimento.

Lo scatto fatto con la pellicola andava sviluppato, e dall’acquisizione dell’immagine al momento in cui si portava a sviluppare il rullino passavano anche dei giorni interi. Un periodo ampio per riflettere su quello che si era fatto e non lasciarsi trasportare dall’euforia goliardica del momento. Poi bisognava vincere l’imbarazzo nei confronti del fotografo che avrebbe visto i nostri scatti in fase di sviluppo, infine la platea di riferimento era enormemente inferiore a quella di un social media, era impensabile fare migliaia di copie dell’immagine da diffondere tra amici e conoscenti.

Il momento di riflessione è l’aspetto che manca alla sfera digitale. Come detto in precedenza, un doppio click e sei in rete. Ecco perché a questo punto diventa fondamentale la prevenzione e l’educazione ad un uso consapevole dei social media.

I fenomeni della cyberstupidity.

Sono diversi i fenomeni che caratterizzano la stupidità digitale, spamming, flaming, stalkig, happy slapping, cyber harassment, body shaming e sexting sono quelli più frequenti tra i giovani.

Usare in rete un linguaggio aggressivo che porta allo scontro nelle discussioni (flaming), pubblicare/scambiare testi, immagini e video dal chiaro contenuto di carattere sessuale (sexting), offendere un amico o un conoscente per l’aspetto fisico (body shaming), rappresentano i maggiori pericoli per i ragazzi, nei quali manca la netta distinzione tra la sfera pubblica e quella privata.

Prevenzione, senso di responsabilità e senso critico, cosa può fare la scuola.

La battaglia al cyberbullismo parte dalla prevenzione alla cyberstupidity. La scuola ha gli strumenti adatti da poter sfruttare per incidere nella formazione e maturazione dei propri alunni. Uno di questi è il patto educativo.

Il patto educativo rappresenta un accordo che dovrebbe scaturire dal confronto fra famiglie, scuola e studenti con l’intento di creare un’alleanza per una corretta formazione dei discenti. E’ importante che gli obiettivi siano condivisi e che il patto educativo sia un documento dinamico fondato sulle reali esigenze del territorio.

L’obiettivo è quello di formare ragazzi che siano in grado di sviluppare senso d’identità, appartenenza e responsabilità. I ragazzi devono essere consapevoli e in grado di comprendere l’importanza delle regole e dei diritti e doveri che riguardano la propria sfera e quella altrui.

Tutto questo passa dalla pedagogia del contratto, una strategia educativa che vede coinvolti tutti gli attori coinvolti nell’ambito educativo, in un costante confronto e negoziazione che li pone davanti a delle sfide o a dei temi.

Coinvolgere gli studenti nella costruzione delle regole li responsabilizza al loro rispetto sentendole proprie. Non si tratta di regole imposte, ma di regole alle quali si è contribuito a costruire. Non è la minaccia di punizione che porta a rispettarle, ma il senso di responsabilità, all’interno di una cornice condivisa nella quale crescere insieme.

In fondo è questo il ruolo della scuola, creare cittadini consapevoli dell’importanza delle regole e dei diritti e doveri, delle proprie azioni e delle loro conseguenze.

Formazione docenti, resta l’obbligo previsto dalla Legge 107: lo dice anche la Cisl Scuola

da La Tecnica della Scuola

Con un ampio documento pubblicato nel proprio sito internet, Cisl Scuola fornisce alcuni importanti chiarimenti sulla questione della formazione in servizio del personale scolastico, anche in relazione a problemi interpretativi emersi con la firma del CCNI per il triennio 2019/20-2021/22.

La formazione è obbligatoria

Il sindacato di Maddalena Gissi chiarisce subito un punto: l’accusa rivolta ai sindacati firmatari del contratto di “volersi mettere di traverso – con la connivenza del ministero – rispetto all’attivazione di efficaci politiche di formazione e aggiornamento degli insegnanti” è totalmente falsa.
Le cose – sostiene Cisl Scuola – stanno addirittura all’opposto di quanto viene sostenuto e basterebbe leggere con più attenzione il Contratto per rendersene conto.
A partire dalla questione dell’obbligo/non obbligo della formazione: “Mai viene scritto nel contratto (né mai si è pensato) – sottolinea il sindacato – che l’aggiornamento non costituisca un dovere per il personale. È fuori discussione, infatti, che dal Piano di formazione d’istituto, che obbligatoriamente deve essere inserito nel PTOF, discendano obblighi precisi e ineludibili per tutto il personale: tante è vero che il terzo comma dell’art. 2, nel declinare tutte le possibili modalità di formazione attivabili, ivi comprese le iniziative di autoformazione – su cui si insinua il sospetto che si tratti solo di un escamotage per evadere sostanzialmente ogni obbligo – assegna al Piano stesso anche il compito di precisare le caratteristiche delle attività e le modalità di attestazione”.

D’altronde ricorda Cisl Scuola – già “il Piano per la Formazione dei Docenti 2016/2019 (certo non scritto dai sindacati) prevedeva che le azioni formative per gli insegnanti di ogni istituto sono inserite nel Piano Triennale dell’offerta Formativa, in coerenza con le scelte del Collegio Docenti che lo elabora sulla base degli indirizzi del dirigente scolastico. L’obbligatorietà non si traduce, quindi, automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno, ma nel rispetto del contenuto del piano”.

Il personale può accedere alla formazione: che vuol dire?

Il sindacato di Maddalena Gissi propone anche una analisi “linguistica” molto accurata di qualche passaggio del Contratto: “Quanto all’uso del verbo ‘può’ (tutto il personale in servizio può accedere alle iniziative formative), l’intento non è affatto quello paventato, ossia di conferire all’attività di aggiornamento un carattere opzionale, ma piuttosto quello di estendere il diritto di accesso alla formazione a tutto il personale, compreso chi lavora con contratto a tempo determinato, che non rientrerebbe nelle previsioni di obbligatorietà della legge 107/2015. Infatti, l’art. 1 c. 124 della legge, peraltro richiamato più volte nelle premesse del contratto integrativo (ma su questo i nostri critici hanno preferito sorvolare), fa riferimento al solo personale di ruolo. Per questo nel contratto è stato inserito un intenzionale richiamo a tutto il personale in servizio (quindi anche a tempo determinato) proprio per ampliare la platea dei partecipanti alle iniziative formative”.

Carta del docente: ci vuole una seria riflessione

Ma c’è ancora un argomento sul quale secondo Cisl Scuola sarebbe bene dedicare un supplemento di riflessione, ovvero “se e quanto la card docenti si sia dimostrata, alla prova dei fatti, strumento davvero efficace di promozione e incentivo alla formazione e all’aggiornamento”.
“Per dire – conclude il sindacato della Gissi – che una seria e credibile politica della formazione in servizio non può esaurirsi nella mera affermazione di un generico ‘obbligo’, né in altrettanto generiche, e più o meno generose, elargizioni”.
Affermazione che sembra preludere non tanto ad una semplice eliminazione della Carta del docente, quanto piuttosto ad una verifica sulla sua effettiva funzionalità.
Anche per evitare che si limiti ad essere, appunto, solamente una “elargizione” senza diventare uno strumento per migliorare la formazione dei docenti e, indirettamente, della qualità complessiva dell’offerta formativa.

In conclusione: la formazione in servizio, anche dopo la sottoscrizione del Contratto integrativo, continua ad essere obbligatoria, permanente e strutturale come previsto dalla legge 107/2015 . Quanto alla Carta del docente, se ne riparlerà in occasione dell’apertura del tavolo contrattuale, probabilmente fra qualche mese.

Legge di Bilancio 2020, il governo incassa la fiducia anche alla Camera

da La Tecnica della Scuola

La Camera ha confermato la fiducia al governo sulla Legge di Bilancio 2020 con 334 sì.

Con il voto di fiducia il governo Conte ha scongiurato il rischio di esercizio provvisorio blindando il testo in seconda lettura: il provvedimento, da 32 miliardi, uscirà da Montecitorio senza alcuna modifica rispetto al restyling approvato al Senato (sempre con fiducia) dopo un iter tormentato.

Legge di Bilancio 2020, cosa è previsto

Il valore complessivo della manovra è di 32 miliardi di euro. Il blocco dell’aumento dell’Iva è costato 23 miliardi di euro: il mancato disinnesco dell’aumento sarebbe pesato per circa 541 euro all’anno sui budget familiari.

Per il cuneo fiscale sono stati stanziati 3 miliardi per il 2020 e 5 per il 2021: entra in vigore a luglio 2020 e si tradurrà in circa 50 euro in più nelle buste paga dei lavoratori al di sotto di una certa soglia di reddito.

Fra gli strumenti per incentivare l’uso dei pagamenti elettronici, la manovra introduce il bonus Befana, cioè il rimborso di una parte degli acquisti fatti con carte di credito e bancomat: i dettagli verranno definiti con ulteriori interventi normativi.

La tassa sulla plastica, che si applica agli imballaggi monouso, si è fermata a 45 centesimi al chilo e partirà da luglio. Quella sullo zucchero, che riguarda le bevande analcoliche, resta a 10 centesimi al litro ma partirà da ottobre. Praticamente azzerato il gettito previsto dalla tassazione sui mezzi aziendali, che è stata rimodulata a vantaggio di chi opterà per auto a basso impatto ambientale.

Oltre che da un maggior ricorso al deficit e dalla spending review, la legge è finanziata dalla stangata sui giochi: nei prossimi mesi salirà al 20% il prelievo sulle vincite oltre i 500 euro, comprese quelle dalle lotterie istantanee come i Gratta e Vinci, e sulle vincite sopra i 200 euro per le slot. Sono saltate invece all’ultimo minuto la legalizzazione della cannabis light e la Tobin tax, che avrebbe tassato dello 0,04% alcuni tipi di transazioni finanziarie on line.

Legge di Bilancio 2020, cosa è previsto per la scuola

Ecco il riepilogo con tutti gli interventi previsti per il settore dell’Istruzione (fonte FLC Cgil)

Fondi contrattuali

Integrate le risorse a carico del bilancio statale per la contrattazione collettiva nazionale e per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico. Rispetto alla versione proposta dal governo le risorse passano da 1.650 a 1.750 milioni di euro per il 2020 e da 3.175 milioni a 3.375 milioni di euro per il 2021 (art. 1 comma 127).

Interventi in campo fiscale

Viene costituito un «Fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti» con una dotazione di 3 miliardi di euro per l’anno 2020 e di 5 miliardi di euro annui a decorrere dal 2021. L’attuazione della riduzione del carico fiscale viene demandata a successivi interventi normativi. (art. 1 comma 7)

Settore scuola

  • Le risorse del bonus premiale di cui al comma 126 della legge 107/15, già confluite nel fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, “sono utilizzate dalla contrattazione integrativa in favore del personale scolastico, senza ulteriore vincolo di destinazione” (art. 1 comma 249)
  • Ai fini dell’incremento dei posti di sostegno dell’organico dell’autonomia sono stanziati 12,06 milioni nell’anno 2020, 54,28 milioni nell’anno 2021 e 49,75 milioni a decorrere dall’anno 2022 con corrispondente riduzione del contingente previsto in organico di fatto. Nella distribuzione territoriale dei posti si dovrà tenere conto della necessità di ottemperare ai provvedimenti giudiziali di condanna definitivi notificati al 31 agosto 2019 (art. 1 comma 266)
  • La dotazione organica dei docenti della scuola dell’infanzia è incrementata di 390 posti da destinare al potenziamento dell’offerta formativa nel relativo grado di istruzione (art. 1 comma 279)
  • L’organico dei collaboratori scolastici “presso l’ufficio scolastico della Regione Siciliana” è aumentato di 119 unità. Tali posti sono destinati per la stabilizzazione dei titolari di contratti di lavoro attivati dall’ufficio scolastico provinciale di Palermo e prorogati ininterrottamente, per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratori scolastici, che hanno superato la selezione di cui all’articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2017 n. 205 e non sono ancora stati assunti alle dipendenze dello Stato. Le risorse stanziate sono pari 1,135 milioni di euro nell’anno 2020 e di 3,405 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021 (art. 1 comma 280)
  • È confermata anche per il prossimo anno scolastico 2020/2021 la possibilità di assegnare dirigenti scolastici e docenti presso
    • gli enti e le associazioni che svolgono attività di prevenzione del disagio psico-sociale, assistenza, cura, riabilitazione e reinserimento di tossicodipendenti
    • le associazioni professionali dei dirigenti scolastici e dei docenti ed agli enti cooperativi da esse promossi
    • gli enti ed istituzioni che svolgono, per loro finalità istituzionale, impegni nel campo della formazione

(art. 1 comma 272)

  • Sono stanziati per attività di formazione del personale docente
    • 11 milioni di euro per solo anno 2020 finalizzati al potenziamento della qualificazione in materia di inclusione scolastica
    • 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 finalizzati al potenziamento della qualificazione materia di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo

(art. 1 comma 256)

  • a decorrere dal 2020, sono stanziati 30 milioni di euro annui da destinare al Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti scolastici, per aumentare la retribuzione di posizione di parte variabile e quella di risultato (art. 1, co. 255)
  • a decorrere dal 2020, si riduce (da € 25,8 mln) a € 11,6 mln il limite di spesa connesso all’utilizzo, da parte delle università, di docenti in servizio presso istituzioni scolastiche per svolgere attività di tutor nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria (art. 1, comma 605)
  • per l’anno 2020, è previsto l’aumento delle risorse, pari a 2 milioni di euro, destinate all’innovazione digitale nella didattica nell’ambito del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) (art. 1 comma 257)

Edilizia scolastica

  • Nell’ambito della destinazione a comuni, province e città metropolitane di contributi, si finalizzano gli stessi anche a interventi per l’adeguamento e la messa in sicurezza e l’efficientamento energetico di scuole (art.1 commi da 29, lett. b) e fino al comma 37; art. 1 commi 51-58; articolo 1 commi 63-64)
  • Per il finanziamento degli interventi relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati ad asili nido e scuole dell’infanzia è istituito nello stato previsione del Ministero dell’interno, il fondo ‘‘Asili Nido e Scuole dell’infanzia’’, con una dotazione pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023 e di 200 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2024 al 2034. (art. 1 commi 59, 60 e 61)
  • Assegnati al MIUR 10 milioni di euro per l’annualità 2023 provenienti dal fondo di finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, per la messa in sicurezza degli edifici scolastici. A tal fine vengono introdotte norme per l’accelerazione e la semplificazione delle procedure per ottenere pareri, visti e nulla osta (art. 1 commi 258, 259 e 260)
  • Introdotte norme per il completamento delle “scuole innovative” di cui ai commi 153 e 154 della Legge 107/15. Le risorse possono essere utilizzate anche per eventuali progetti in graduatoria non interamente finanziati, con riguardo alla realizzazione dei poli d’infanzia previsti dall’articolo 3 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 (art. 1 commi 261 e 262)
  • Con decreto del Ministro dell’istruzione, è definito un piano nazionale di interventi di efficientamento energetico degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico. Le risorse disponibili sono pari a 40 milioni (20 milioni per il 2022 e altrettanti per il 2023) e l’attuazione avviene con il supporto della Banca Europea degli investimenti, anche attraverso la costituzione di Energy Service Company (ESCo) art. 1 commi 263 264)

Ulteriori interventi

  • I titoli conseguiti entro la data di entrata in vigore del DLgs 65/17 (31 maggio 2017) continuano ad avere validità per l’accesso ai posti di coordinatore di struttura educativa (art. 1 commi 281)
  • Viene posticipata al 29 febbraio 2020 la data entro cui il personale a tempo indeterminato delle istituzioni scolastiche e delle Istituzioni AFAM può presentare domanda di cessazione dal servizio (nell’ambito dell’istituto sperimentale per il pensionamento anticipato delle donne – cd. opzione donna) con effetti dall’inizio, rispettivamente, dell’anno scolastico o accademico (art. 1, co. 476);
  • Prevista la possibilità per
    • pensionati già dipendenti pubblici che fruiscono di trattamento a carico ‘‘Gestione speciale di previdenza dei dipendenti dell’amministrazione pubblica, già iscritti all’INPDAP’’
    •  i dipendenti o pensionati di enti e amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, iscritti ai fini pensionistici presso enti o gestioni previdenziali diverse dalla predetta gestione speciale di previdenza

che non risultano iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, di aderire alla stessa, previa comunicazione scritta all’INPS della volontà di adesione

(art. 1 comma 483)

  • Introdotte norme sugli istituti tecnici superiori. In particolare
    • a decorrere dal 2020 con frequenza biennale sono attualizzati gli standard organizzativi delle strutture e dei percorsi e i criteri di valutazione dei piani di attività realizzati. Lo specifico decreto prevede il concerto anche dell’Autorità politica delegata per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione,
    • 15 milioni dei 48 milioni di euro del fondo statale per gli ITS sono destinati per l’anno 2020 a investimenti in conto capitale non inferiori a euro 400 mila per la infrastrutturazione di sedi e laboratori coerenti con i processi di innovazione tecnologica 4.0.

(art. 1 commi 410-412)

  • Stanziati 46,7 milioni di euro per il 2020 per l’attuazione dei cosiddetti percorsi “duali” (art. 1 comma 494)
  • Introdotte tariffe sociali per i collegamenti aerei da e per la Regione Siciliana. In particolare viene riconosciuto un contributo, fino ad esaurimento delle risorse pari a 25 milioni annui a decorrere dall’anno 2020, per ogni biglietto aereo acquistato da e per Palermo e Catania acquistato ai cittadini residenti nel territorio della Regione Siciliana e che rientrino in almeno una delle seguenti categorie
  1. studenti universitari fuori sede
  2. disabili gravi ai sensi dell’art. 3, comma 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104
  3. lavoratori dipendenti con sede lavorativa al di fuori della Regione Siciliana e con reddito lordo annuo non superiore a 20.000,00 euro
  4. migranti per ragioni sanitarie con reddito lordo annuo non superiore a 20.000,00 euro.

(art. 1 comma 125)

  • Incrementate di 12,5 milioni per l’anno 2020 le risorse per le scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità (art. 1 comma 335)
  • A decorrere dall’anno 2020, alle istituzioni scolastiche statali e paritarie che adottano programmi per la promozione della lettura critica e l’educazione ai contenuti informativi, nell’ambito dei Piani per l’offerta formativa rivolti ai frequentanti la scuola secondaria di primo grado, un contributo fino al 90 per cento della spesa per l’acquisto di uno o più abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore, anche in formato digitale. (art. 1 comma 390)
  • A decorrere dall’anno scolastico 2020/2021, gli studenti frequentanti le scuole secondarie di secondo grado statali e paritarie che partecipano a programmi per la promozione della lettura critica e l’educazione ai contenuti informativi nell’ambito dell’istituzione scolastica di appartenenza, possono concorrere, per il tramite delle istituzioni scolastiche, all’assegnazione di un contributo per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani o periodici, anche in formato digitale, accessibile mediante piattaforma di erogazione voucher in forma virtuale associata alla Carta dello Studente ‘‘IoStudio’’. In via sperimentale, per il primo anno scolastico di applicazione, i contributi sono destinati agli studenti frequentanti la prima classe della scuola secondaria superiore di secondo grado (art. 1 comma 391)
  • Per le spese sostenute per l’iscrizione annuale e l’abbonamento di ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni a conservatori di musica, a istituzioni legalmente riconosciute dall’AFAM, a scuole di musica iscritte ai registri regionali nonché a cori, bande e scuole di musica riconosciute da una pubblica amministrazione, per lo studio e la pratica della musica, è riconosciuta una detrazione pari al 22 per cento. Tale detrazione spetta per spese di importo non superiore a 1000 euro, sostenute da contribuenti con reddito complessivo non superiore a 36.000 euro. (art. 1 commi 346 e 347)
  • Ridotta da tre a due anni dalla data di pubblicazione la vigenza delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche (art. 1 comma 149)
  • In applicazione del punto 6 dell’Accordo del 7 novembre 2019 lo Stato riconosce alla regione Sardegna un trasferimento di risorse aggiuntive per spese di investimento di complessivi euro 1.425,8 milioni per il periodo 2020-2033 (euro 33,8 milioni per l’anno 2020, euro 114 milioni per l’anno 2021, euro 91 milioni per l’anno 2022, euro 97 milioni per l’anno 2023, euro 94 milioni per l’anno 2024, euro 105 milioni per l’anno 2025, euro 49 milioni per l’anno 2026, euro 117 milioni per l’anno 2027, euro 95 milioni per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, euro 145 milioni per l’anno 2032 ed euro 200 milioni per l’anno 2033) per le spese di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione e valorizzazione, fa l’altro, di scuole e per il potenziamento delle residenze universitarie e delle strutture destinate a servizi connessi al diritto allo studio universitario (art. 1 comma 871)
  • Vengono inclusi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie tra i soggetti tenuti ad approvvigionarsi attraverso gli accordi quadro stipulati da Consip, oppure mediante il sistema dinamico di acquisizione realizzato e gestito dalla stessa Consip (art. 1, co. 583).

L’inclusione che non include

da La Tecnica della Scuola

Lo stanziamento di 12,5 milioni a favore dei bambini disabili delle scuole dell’infanzia paritarie potrebbe apparire come una splendida notizia a garanzia del diritto all’integrazione e all’inclusione del disabile.

Fatti i debiti calcoli, sommando anche lo stanziamento pregresso, lo Stato prevederà circa 3.000 euro complessivi all’anno per ogni disabile (6.500 alunni) dell’Infanzia paritaria (gestita da privati accreditati e Comuni) e 1.716,00 euro al restante 52% (7.101 alunni disabili) che frequentano la Primaria e la Secondaria di I e II grado paritarie.

Quanto costa in realtà un docente di sostegno alla scuola dell’Infanzia? Si può ipotizzare che il bambino disabile ne abbia bisogno in media 4 ore al giorno, dalle 10 alle 14, cioè 20 ore alla settimana; a calcoli fatti, il docente costa al gestore 1.000,00 euro al mese.

Con 3.000,00 euro si pagano 3 mensilità di un docente di sostegno alla scuola dell’Infanzia. Chi paga le 10 restanti? La scuola paritaria? E’ obbligata per legge 62/2000. Dunque chiuderà. La famiglia? Impensabile. Si immagini la spesa, in proporzione, nei Corsi successivi, con una media di ore di sostegno giornaliere più alta e più costosa.

E’ la prova che lo Stato, nella situazione drammatica in cui si trova, non potrà mai provvedere al sostegno per i disabili della scuola pubblica paritaria. La discriminazione è insanabile. Infatti, nell’anno scolastico 2017/2018 (Focus Miur settembre 2018) gli alunni con disabilità che frequentavano le scuole statali italiane di ogni ordine e grado erano 245.723.

Ad oggi, lo Stato impegna quasi 5 miliardi di euro/anno per i docenti di sostegno di questi “suoi” disabili, con uno stanziamento medio annuale pro capite pari a euro 20.016. Il contributo annuale erogato dallo Stato alle scuole paritarie per i loro 13.601 alunni con disabilità ammonta a 23,3 milioni di euro (art. 1 quinquies legge 89/2016 e ssmmii), con uno stanziamento medio pro capite pari a 1.716 euro. La disparità di trattamento salta agli occhi. Dunque i 12,5 mln aggiunti per i soli disabili dell’Infanzia paritarie rappresentano il contrario dell’inizio di una soluzione all’ingiustizia, bensì la conferma della sua irrimediabilità strutturale.

La logica del compromesso, necessaria alla politica, nel caso dei disabili di “serie A” (statali) e di “serie B” (paritari) non si sposa con il buon senso,  sia perchè la scuola paritaria ha il diritto dovere di esistere per salvaguardare la libertà di scelta educativa in un sistema pluralistico (a meno che non si opti per il regime), sia perché la certa chiusura delle scuole paritarie con rette sotto i 4.000 euro, e cioè tutte le scuole dell’infanzia, comporterebbe una spesa aggiuntiva per lo Stato, in stipendi ai docenti di sostegno (in aggiunta ai 3.000 euro annui pro capite) di 117 mln di euro. Questo fantasma (che nasconde sotto al lenzuolo i 6 mld di euro degli alunni non disabili delle defunte paritarie) non potrà a lungo giustificare elemosine, visto che ormai, da destra a sinistra, la necessità dei costi standard è recepita, come pure il diritto di scelta educativa in un pluralismo formativo, espresso dalla Costituzione e dalla Legge targata Berlinguer.

Ecco perché la politica delle briciole, del “meglio che niente” non è funzionale alla soluzione del problema: allunga di poco la condanna a morte delle paritarie e, conseguentemente, quella del sistema nazionale di istruzione.  I 12.5 mnl di euro destinati solo ai disabili della scuola dell’Infanzia appaiono assurdi all’intelligenza del cittadino, o perlomeno singolare appare la certezza, da parte dello Stato laico, che il passaggio alla scuola Primaria comporti – previo pellegrinaggio a Lourdes – la guarigione immediata e duratura degli ex disabili dell’Infanzia lungo tutto il percorso scolastico, fino alla Maturità e oltre, sia che scelgano di restare nella pubblica paritaria, sia che decidano di trasferirsi alla pubblica statale.

Il cittadino intelligente comprende invece benissimo il motivo della benevola elargizione ai disabili delle paritarie dell’Infanzia: lo Stato è consapevole che non riesce a coprire su tutto il territorio nazionale la presenza di scuole dell’infanzia perché costruirne di proprie per assorbire i 524.031 alunni dell’Infanzia paritaria comporterebbe una spesa di 2 mld di euro per circa 1000 scuole da 500 bambini l’una, più la spesa annua pro capite di 8-10mila euro. Gli aiuti della sussidiarietà al contrario, però, non saranno eterni. In realtà, queste briciole, che appaiono dei passi in avanti, sono piuttosto uno strumento che assolve il politico, ma che continua a discriminare il disabile e che non eviterà la chiusura delle paritarie (quelle che non tagliano in due la società).

Se davvero si vuole mettere mano alla discriminazione, al netto di risorse che non esistono e di briciole che non bastano, la soluzione resta spendere meglio i danari dei cittadini, come lo stesso rapporto Ocse suggerisce, perché il sistema scolastico torni ad essere equo. L’unico passaggio, di fatto, che la storia suggerisce è 1) l’individuazione del costo standard di sostenibilità per allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano, 2) la conseguente possibilità di scegliere, per la famiglia, fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria.

Qualche esperienza positiva ci viene da Regione Lombardia che con dote disabilità negli anni ha sempre favorito l’integrazione stanziando 3Mila euro a prescindere dall’ISEE. Infatti la misura della Dote Scuola 2019/2020 vede il finanziamento di ben 4,5 milioni per il sostegno agli studenti disabili. In questo caso, nell’ambito del sistema di istruzione pubblico paritario viene riconosciuto un contributo alle spese sostenute per l’insegnante di sostegno nelle scuole primarie e in quelle secondarie di primo e secondo grado paritarie che accolgono studenti disabili. Una coerenza c’è e si vede