Rivoluzione ITS, arrivano i finanziamenti in base al merito

Rivoluzione ITS, arrivano i finanziamenti in base al merito
Il 10% dei fondi legati alla premialità
Conterà soprattutto il livello di placement degli studenti

La valutazione e il merito entrano negli ITS (Istituti Tecnici Superiori). Dal prossimo anno scolastico per la prima volta saranno misurate l’efficienza e l’efficacia dei risultati e i fondi verranno distribuiti non più a pioggia, ma in base ai traguardi raggiunti. Una vera e propria rivoluzione nel settore dell’istruzione. Questo l’esito dell’accordo siglato ieri in Conferenza Unificata tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e le Regioni.
Il meccanismo
Dal prossimo anno scolastico il fondo Miur e i fondi regionali che finanziano gli ITS verranno distribuiti in questo modo: il 20% in relazione alla popolazione residente nella Regione di età compresa fra i 20 e i 34 anni; il 70% sulla base dei ragazzi ammessi al secondo anno e di quanti sono stati ammessi all’esame finale; per il 10% a titolo di premialità per quegli ITS che hanno ottenuto un punteggio pari o superiore a 70 secondo criteri che riguardano, fra l’altro, l’occupazione, il placement, dei diplomati a 6 e a 12 mesi dalla fine del corso. Più fai assumere più fondi prendi, insomma.

I numeri degli ITS
Gli Istituti Tecnici Superiori oggi raccolgono 5.000 ragazzi, sono caratterizzati da una fortissima contaminazione tra scuola e lavoro, con il 50% delle docenze effettuate dal mondo della produzione e almeno il 30% delle ore in tirocinio attivo. Si tratta di corsi della durata di due anni che hanno appena terminato il primo biennio con ottimi risultati sul piano dell’occupazione: oltre il 60% dei diplomati ha già trovato lavoro, con alte percentuali di contratti a tempo indeterminato.

Sapienza, Giannini: “Presenza Schettino sconcertante, basta spettacolarizzazioni”

Sapienza, Giannini: “Presenza Schettino sconcertante, basta spettacolarizzazioni”

“Trovo che l’intervento di Schettino nel corso di un seminario organizzato da un docente dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma sia un fatto sconcertante. L’autonomia universitaria non può essere declinata in spregio alle famiglie delle vittime della tragedia della Concordia che rappresenta ancora una ferita aperta per questo Paese”.
Lo afferma in una nota il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini.
“Non si può certo pensare – continua il ministro – di rendere più attrattivi Master e seminari sfruttando l’onda mediatica perché si tratta di un atteggiamento che non fa onore alla nostra Accademia.
Le nostre Università devono continuare a essere luoghi in cui si trasmettono il sapere, la dottrina e il metodo e non dove si produce spettacolarizzazione”.

Lettera ai parlamentari della maggioranza

Care amiche, cari amici,

approfitto di queste ore di intensa attività parlamentare per chiedere la Vostra attenzione sul passaggio politico-istituzionale che ci attende alla ripresa. Il 1° settembre infatti partiranno i “MilleGiorni” che ci porteranno entro il maggio 2017 a disegnare un’Italia diversa, più efficiente e competitiva.

Si tratta di una sfida doppia: da un lato richiamiamo la politica al proprio ruolo; dall’altro interveniamo sulle principali amministrazioni dello Stato con riforme strutturali. Alla fine di questo percorso l’Italia tornerà ad essere la guida, e non il problema dell’Eurozona.

Sotto il profilo politico, i cinque obiettivi sono:

I. La riforma costituzionale, con la fine del bicameralismo perfetto, il riequilibrio del ruolo delle Regioni, l’abolizione degli Enti non più utili. Come sapete, il Senato sta discutendo questo disegno di legge proprio in queste ore. Passaggio storico, fondamentale: ci siamo.

II. La riforma elettorale, con la garanzia di un vincitore e la stabilità per chi vince. Passata la prima lettura alla Camera, alla ripresa andremo in Senato.

III. La politica estera. Mai come in questo momento i confini politici europei sono problematici, dall’Ucraina fino alla Siria, da Gaza fino alla Libia. C’è bisogno di Italia, di più Italia, specie nel Mediterraneo.

IV. La sfida educativa. La cultura, la Rai e soprattutto la scuola attendono un disegno organico di riscrittura e riscoperta. Inizieremo a fine agosto con un percorso di radicale riflessione sulla scuola, con particolare attenzione alla scuola media, all’autonomia e al rapporto formazione/lavoro.

V. La spending review. Ci hanno detto che la spending è una questione tecnica. Ma è una finzione. La scelta di cosa tagliare e cosa non tagliare è la suprema scelta politica. La spending è ontologicamente questione politica, che non possiamo rinviare. Ci siamo dati obiettivi che manterremo.

Sotto il profilo amministrativo:

I. La riforma del lavoro. Abbiamo già approvato il Decreto Poletti e siamo contenti dell’aumento di centomila posti di lavoro tra maggio e giugno. Ma alla ripresa va accelerato il disegno di legge delega.

II. La riforma della pubblica amministrazione. Il Decreto Madia è in approvazione, il disegno di legge delega inizierà a breve il proprio iter. L’obiettivo è uscire dalla cultura del certificato per reimpostare il rapporto cittadino-macchina pubblica.

III. La riforma del fisco. Il primo decreto è già stato approvato. Dobbiamo correre verso la dichiarazione precompilata. L’abbassamento delle tasse per i ceti medio bassi per 10 miliardi di euro annui e la riduzione del 10% dell’Irap sono un passaggio storico per l’Italia, ma non ancora sufficiente.

IV. La riforma della giustizia. In queste ore stiamo procedendo con la consultazione pubblica. Alla fine dei “MilleGiorni” l’Italia avrà una giustizia civile con gli stessi tempi dei paesi europei (un anno anziché tre per il primo grado). I primi risultati del processo telematico sono incoraggianti. I testi saranno nel consiglio dei ministri del 29 agosto.

V. Lo sblocca Italia. Sarà un provvedimento di legge impegnativo ma affascinante, finalizzato a rendere operativi gli interventi infrastrutturali troppo spesso fermi. Ma conterrà le misure sull’efficientamento energetico, sulle reti digitali, sulle semplificazioni burocratiche. Anche questo sarà in consiglio dei ministri il 29 agosto.

Non è tutto qui, sia chiaro. Dal “Campolibero” sull’agricoltura fino al patto per la salute, dal libro bianco della difesa fino alla garanzia giovani molto ancora conterrà il “MilleGiorni”. Ma queste cinque doppie priorità danno il senso dell’impresa che ci attende: un lavoro puntuale e puntiglioso di ripartenza del sistema. Non una serie di annunci spot.

In queste ore i dati negativi sulla crescita non devono portarci alla solita difesa d’ufficio (ma l’anno scorso era peggio, ma a giugno la produzione industriale cresce, ma gli occupati sono in aumento, ma il problema è l’eurozona, eccetera eccetera). Dobbiamo avere il coraggio e la voglia di guardare la realtà: l’Italia ha tutto per farcela e per uscire dalla crisi. Ma deve cambiare. Se non cambia sarà sempre negativa. A chi tra noi dice che deve cambiare l’Europa, più che l’Italia, rispondo con rispetto che possiamo cambiare l’Europa solo se facciamo bene a casa nostra. I “MilleGiorni” sono un arco di tempo che consente una strategia globale.

Avanti, allora, con ancora maggiore decisione. Senza incertezze, senza paure, senza frenate. Il processo di riforme è partito. Procede. È iniziato un percorso senza ritorno. Se tra “MilleGiorni” l’Italia avrà un sistema di giustizia civile efficiente come i migliori Paesi europei, un fisco più semplice e meno esoso, una pubblica amministrazione digitalizzata e efficiente, un mercato del lavoro più chiaro e meno ideologizzato l’Italia potrà tornare a crescere. Nel 2012 abbiamo fatto meno 2,4%. Nel 2013 abbiamo fatto meno 1,8%. Nei primi sei mesi siamo a meno 0,3%. Dobbiamo invertire la rotta. Ma dipende solo da noi. Dal nostro lavoro in Parlamento e nel Paese.

I “MilleGiorni” sono la concreta possibilità di far ripartire la speranza e la crescita. A noi il compito di non deludere questa gigantesca opportunità.

Vi ringrazio, aspetto le vostre considerazioni (matteo@governo.it) e conto sul vostro supporto.

 

Matteo Renzi

Fondi sociali: aumenteranno nella legge di stabilità?

Fondi sociali: aumenteranno nella legge di stabilità?

Il disegno di legge delega sul Terzo settore varca il primo traguardo: la presentazione ufficiale in una conferenza stampa di questa mattina. Presente il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti.

Il testo che riordina – e non poco – l’ambito del Terzo settore ha raccolto un sostanziale apprezzamento del Forum del Terzo Settore cui aderiscono moltissime associazioni noprofit fra le quali anche la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

“La normativa era ormai datata e frammentata. Era necessario fissare nuovi criteri che consentano di premiare e incentivare un settore straordinariamente dinamico, ma anche di fissare regole di trasparenza a garanzia dei singoli e della collettività” – commenta Vincenzo Falabella, Presidente della FISH – “Alcuni elementi potranno essere aggiustati in sede di discussione parlamentare. Uno fra tutti la ambigua e un po’ inquietante indicazione di ‘razionalizzare le categorie di lavoratori svantaggiate’ a proposito delle imprese sociali. Ci auguriamo sia una ‘svista’, un errore nella stesura destinato ad essere rivisto.”

Soddisfazione per le dichiarazioni di Poletti riguardo al futuro dei Fondi sociali (politiche sociali, non autosufficienze, povertà…). Il Ministro riconosce che rispetto al 2008 l’importo dei Fondi è drasticamente diminuito. La destinazione attuale è aumentata rispetto agli anni precedenti, ma è ancora al di sotto delle reali necessità. L’impegno del Ministro è di aumentare, in occasione della prossima legge di stabilità, l’importo destinato a quei Fondi.

“È quello che auspichiamo. – conferma Falabella – La spesa per la disabilità dell’Italia è molto al di sotto della media europea. Si spende poco e in maniera scarsamente efficace. Ci auguriamo che il trend si inverta. Di certo FISH svolgerà un monitoraggio continuo sulla discussione della legge di stabilità.”

Educhiamo alla bellezza

EDUCHIAMO ALLA BELLEZZA di Umberto Tenuta

CANTO 225 Il VERO il BELLO e il BUONO non sono innati nell’uomo, ma il risultato della sua seconda gestazione, l’educazione che lo fa nascere alla condizione umana.

Pertanto, è compito primario della scuola educare alla BELLEZZA.

 

A differenza dalle bestie che nascono già con delle predisposizioni ai loro comportamenti tipici, l’uomo nasce solo come candidato alla condizione umana.

Può restare allo stato animale o diventare un santo.

Sono le interazioni socioculturali che lo fanno divenire l’uomo che sarà, anche nella sua sensibilità estetica.

Pertanto, sono molto importanti le stimolazioni estetiche che gli si offrono.

Suoni, colori, immagini, odori, sapori, sensazioni cinestetiche, quali le carezze lievi.

Un universo vario e ricco di sensazioni che egli possa percepire anche nella loro bellezza.

Ricchezza e varietà di colori nelle loro mille sfumature: ninnoli, veli della culla, nastrini, oggi anche immagini su tablet!

Ricchezza e varietà di forme, intricate ed ordinate, simmetriche ed asimmetriche, piccole e grandi, bidimensionali e tridimensionali.

Ricchezza e varietà di grandezze…

Ricchezza e varietà di…

Provate con un foglio di carta.

Ritagliatene forme, colori, dimensioni, odori e sapori, rumori e suoni…

Col gioco degli occhi fate sperimentare la varietà dei colori, delle forme, delle posizioni…

Quale meraviglia le simmetrie delle forme della natura!

Col gioco delle orecchie fate sperimentare la varietà dei suoni, dal tonfo del lampadario su pavimento al cigolio della porta che si apre…

Coperchi, pentole, tazze, bicchieri, barattoli… fecero l’orchestra di Sarno della mia estrosa amica Maria!

Il nasino di Pinocchio mica è da buttar via!

Provatelo con le erbe aromatiche, dalla menta al rosmarino, dal basilico al prezzemolo…

Ed anche i puzzi sono odori!

E il Tatto mica scherza!

Lisce le mattonelle, levigate le pietre della spiaggia, ruvidi i muri di cinta, gelidi i cubetti di ghiaccio…

O buon Museo Didattico delle amate Sorelle Agazzi!

Cianfusaglie per esercitare i Sensi, porte delle Percezioni, elementi dei Concetti, strumenti dell’Intelligenza del Bello, del Vero e del Bene.

DEL BELLO

Per carità, non quello GALLICO: date a Cesare quel che è di Cesare!

Io dico: ai bambini facciamo sperimentare la Bellezza.

La Bellezza che l’Universo tiene.

Numero, Cosmos, Belletti nelle borsette!

Che forse la Bellezza non sta anche nei gigli dei campi, nel volo di una rondine, nell’arco della finestra dirimpettaia, nel canto dell’usignolo che hai imprigionato, nel merletto della camicetta bianca di Lucia?

Bellezza, sei la Regina del mio cuore.

Fatelo dire subito ad ogni figlio di donna!

 

AVVISO

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

AA.VV., La Biblioteca “Gaetano Ricchetti”

UN “PICCOLO GRANDE GIOIELLO” AL SERVIZIO DEI GIOVANI E DELLA CULTURA IN UNA CITTA’ METROPOLITANA MERIDIONALE

di Carlo De Nitti

 

“Se ogni biblioteca riuscirà a continuare ad essere un vero e proprio ‘laboratorio culturale’, dove rileggere il nostro inestimabile patrimonio letterario e valorizzare le riflessioni scientifiche; se sapremo anche noi, lontano dal clamore, coniugare ‘l’amor che move il sole e l’altre stelle’ con il progresso tecnologico, giungeremo alla sospirata fondazione di un nuovo umanesimo che terrà conto delle nostre radici culturali e della nostra secolare storia.”

Così il 10 marzo 2010, don Pietro Vittorelli, Abate ed Ordinario pro tempore di Montecassino, concludeva a Bari il suo intervento per il 90° anniversario della nascita della Biblioteca “Gaetano Ricchetti”, di cui è, in virtù del suo ruolo, Presidente del Consiglio di Amministrazione.

L’intervento è alle pagine 51 – 54 del volume La Biblioteca “Gaetano Ricchetti” di recentissima edizione, curato dalla Direzione culturale della medesima con la presentazione di S.E. Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari. Il libro si articola in tre parti: una prima con interventi sulla storia in fieri della biblioteca; una seconda di documenti; una terza fotografica “Dalle origini alla nuova sede”.

Non è una mera casualità se la biblioteca della plurisecolare abbazia e la Biblioteca “Ricchetti” siano legate a filo doppio: il legame è nel volere della Signora Rosa Di Venere – la magnanima benefattrice che, “volendo degnamente onorare la memoria del mio defunto marito che votato alla scienza trasse dai libri il conforto alla rassegnazione delle umane sventure”, l’avvocato Gaetano Ricchetti, uomo di grande e raffinata cultura giuridica – dispose con il suo testamento olografo (alle pp. 73 – 76 del volume) che a tramandarne ai posteri il nome fosse aperta in Bari una biblioteca pubblica guidata dall’Abate pro tempore di Montecassino.

La finalità era quella “di dare agli studenti universitari meno abbienti la possibilità di continuare la loro preparazione allorquando rientravano in famiglia dai luoghi dove frequentavano l’Università” (p. 15), in una Bari in forte espansione sociale, economica e culturale: basti pensare che, pochi anni prima, si era dotata di un grande, splendido, Politeama ed in essa era nata una nuova Casa Editrice, destinata ad avere un ruolo importantissimo nella cultura italiana ed europea. La neonata biblioteca si propose “il fine di promuovere la cultura scientifica con particolare riguardo alle discipline economiche, geografiche e commerciali”, come si legge nello Statuto, art. 2, approvato con R.D. 15 ottobre 1936. Un bello studio dei testi del fondo antico nell’intervento di Pietro Sisto (pp. 27 – 50), che si sofferma “su alcune edizioni di maggiore interesse con particolare riferimento agli apparati paratestuali” (p. 27).

Non a caso, S. E. Mons. Francesco Cacucci definisce la Biblioteca “Gaetano Ricchetti”, nella sua Presentazione, “un piccolo grande gioiello di cultura”: esso informa la sua azione culturale e pedagogica al servizio della comunità tutta ed, in particolare, dei giovani ed, in particolare, di coloro i quali versano in condizioni di bisogno di ogni tipo.

Ciò che ha sempre qualificato in modo assolutamente alto l’attività culturale della Biblioteca “Gaetano Ricchetti” è il suo pluralismo culturale, la sua laicità, come ben ricordava, nel suo discorso del 18 marzo 1967, in occasione dell’inaugurazione della nuova, ed attuale, sede della biblioteca, l’Arcivescovo di Bari, S. E. Mons. Enrico Nicodemo (1906 – 1973), citando la Costituzione Pastorale “Gaudium et Spes”: “la cultura è un fatto, ontologico innanzi tutto; è un fatto antropologico, cioè è l’uomo, l’espressione dell’uomo, del suo pensiero, della sua libertà, delle sue aspirazioni; è un fatto ontologico, riguarda il modo di orientarsi, il modo di esprimersi dei popoli […] non è soltanto l’apprendimento di nozioni o l’espressione ad alti vertici del pensiero, ma è la vita” (p. 22).

E’, in queste parole, la caratterizzazione della laicità dell’Ente al servizio della cultura: il libero accesso alla cultura e la sua promozione verso tutti, soprattutto per i ‘deboli’, gli ‘ultimi’, gli ‘esclusi’ proprio sulla scorta della “Gaudium et Spes”. A tal proposito, si veda, alle pp. 103 – 104, la lettera – programma diretta agli studiosi ed agli operatori culturali del settembre 1987 firmata dall’allora Arcivescovo di Bari, S. E. Mons. Mariano Magrassi osB (1930 – 1999) e dal prof. Vito Marino Caferra, nominato pochi mesi prima Direttore culturale della Biblioteca (p. 101).

“Com’è noto, nel tempo presente si registra qualcosa di nuovo nello stato di povertà, che spesso non è semplicemente la privazione delle necessarie risorse per sopravvivere, ma un male più sottile, indotto dalla organizzazione della società […] la dimensione economico-sociale coglie l’aspetto esterno – e comunque non esaurisce le cause – di una condizione che spesso ha radici esistenziali” (pp. 62 – 63).

Nel secondo decennio del XXI secolo, nonostante l’impetuoso sviluppo conosciuto dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione tecnologica – scrive Vito Marino Caferra –“sussistono ancora oggi e per l’immediato futuro – ed anzi sono ancora più forti – le ragioni che hanno indotto la Fondazione Ricchetti a specializzare la sua attività di promozione culturale nel campo della emarginazione sociale a tutela degli ‘ultimi’ e degli ‘esclusi’ che sono esposti a forme sempre più organizzate di sfruttamento e di riduzione a schiavitù” (p. 64).

Non si può non condividere questa analisi soprattutto quando esplicita le cause che l’inducono: “Per opinione comune i fattori principali di un fenomeno che ha una dimensione mondiale si trovano nell’inarrestabile processo di globalizzazione e nelle migrazioni di massa, oltre che negli effetti distorti della rete. In particolare, nelle tragiche vicende degli immigrati, che una formula burocratica chiama ‘non regolari’, la negazione più radicale dei diritti fondamentali sino alla forma estrema della schiavitù viene spesso praticata non solo nella fase di accesso […] ma anche e sopra tutto all’interno dei singoli Stati” (p. 65).

Una Biblioteca quale la “Ricchetti” non può non impegnarsi sulle tematiche enucleate, anche sulla scorta del Magistero della Chiesa – dai Padri della Chiesa ai documenti conciliari e post conciliari alla visione di Papa Francesco (cfr. p. 68) – “non resta – per l’immediato futuro – che aggiornare le modalità operative del programma adeguandole anche alle moderne tecnologie della comunicazione (con l’uso appropriato del WEb 2.0) e – quel che più conta – coinvolgendo e aprendo alla speranze le nuove generazioni [corsivo mio]” (p. 69).

Un siffatto programma – coinvolgere e aprire alla speranze le nuove generazioni – anche ma non soltanto attraverso un uso corretto del web non può non essere intercettato e fatto proprio dal mondo della scuola: chi opera in esso – in ogni grado di scuola – sovente è a stretto contatto con il disagio sociale, con lo svantaggio socio-culturale, con l’handicap, con i bisogni educativi speciali, con l’esclusione dagli alfabeti della comunicazione, in una parola, con la ‘povertà’ materiale e morale degli alunni e delle famiglie in cui vivono. Quel mondo della scuola che – secondo il dettato dei principi fondamentali della Costituzione repubblicana – ha il compito/dovere fondamentale di ‘rimuovere gli ostacoli’ affinché i propri discenti ed, attraverso di loro, le famiglie fuoriescano da un perdurante stato di minorità per divenire cittadini del mondo del XXI secolo.

Camminare insieme nella stessa direzione – un’istituzione culturale pubblica di grande tradizione e spessore etico e le scuole – socializzando e condividendo idee, finalità, obiettivi e risorse di ogni tipo significa darsi come compito il miglioramento delle condizioni di vita delle persone e, conseguentemente, il progresso della società: affinché possano affermarsi in essa i valori di libertà, di uguaglianza e di solidarietà e possa essere detta civile.

Un’adeguata diffusione, lettura e riflessione su questo interessante volume da parte degli operatori della scuola molto potrebbe nella direzione indicata.

 

PRECARI – Graduatorie ad esaurimento

PRECARI – Graduatorie ad esaurimento: AA. TT. devono assegnare 3 punti agli idonei dell’ultimo concorso a cattedra ai sensi della lettera c2) all. 2 D.M. 235/14. Anief invita a presentare reclamo in caso di mancata assegnazione e a ricorrere al GdL.

 

Anief aveva già messo in conto gli errori in cui sarebbero incorsi alcuni ex-provveditorati nel non assegnare il punteggio spettante quando aveva annunciato ricorso al giudice del lavoro e così alla pubblicazione delle graduatorie provvisorie di 3 fascia delle GaE si scopre che l’idoneità a seguito del superamento del concorso di cui al D.D.G. 82/12 è valutata a macchia di leopardo con polemiche sterili di chi ignora la normativa (d.lgs. 297/94) come recepita dal D.M. 356/14.

 

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): ci sono fondate ragioni giuridiche per ritenere che è in errore chi ha deciso arbitrariamente di non assegnare il punteggio tanto da poter essere censurati dai giudici.

 

L’assegnazione dei 3 punti all’idoneità del concorso a cattedra quale “altro titolo” nelle Graduatorie ad esaurimento 2014/17 è un atto legittimo. La lettera c2) dell’allegato 2 al decreto ministeriale n. 235/14 recita testualmente come “per ogni idoneità all’insegnamento posseduta” siano attributi punti 3 a meno che possano esistere idoneità di seria A e di serie B. D’altronde senza scomodare il recente decreto ministeriale 356/14 che riconosce lo scorrimento delle graduatorie di merito degli idonei all’interno del doppio canale ai fini del reclutamento, l’idoneità è riconosciuta dallo stesso D.D.G. 82/12 come elemento fondate per l’individuazione dei vincitori, fatto che non può essere oggetto di interpretazione. Pertanto, tutti gli Ambiti Territoriali nel pubblicare le graduatorie definitive devono valutare tale titolo se dichiarato dal candidato, sull’esempio di quanto fatto a Milano, dove i 3 punti sono assegnati. È questa la posizione dell’Anief a proposito delle interpretazioni eterogenee che gli uffici locali del Miur stanno fornendo a proposito del punteggio previsto dal punto C.2 della tabella (3 punti) a coloro che sono già inseriti nelle GaE e sono risultati vincitori o idonei all’ultimo concorso. In caso di mancato riconoscimento, è necessario presentare reclamo e se l’errore persisterà anche in sede di pubblicazione di graduatorie definitive, si dovrà ricorrere al giudice del lavoro.

 

Francamento, non condividiamo e non comprendiamo la posizione assunta da alcuni sindacati che hanno chiesto all’amministrazione scolastica di non assegnare i 3 punti in occasione del rinnovo triennale delle graduatorie provinciali – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir –, né tantomeno di quelle organizzazioni che hanno chiesto ai docenti di autodenunciarsi per allinearsi ai colleghi che nelle domande non avevano chiesto di inserire il punteggio derivante dall’acquisizione del titolo. Abbiamo fondate ragioni giuridiche per ritenere che è in errore chi ha deciso arbitrariamente di non assegnare il punteggio. Non certo – conclude il sindacalista – chi ha superato un test preselettivo, le prove scritte e l’orale del concorso. Ed ora chiede il giusto riconoscimento in graduatoria”.

 

Per informazioni o chiarimenti, è possibile rivolgersi alla Segreteria nazionale oppure allo sportello territoriale Anief più vicino.

 

Anief ricorda che è ancora possibile aderire al ricorso al giudice del lavoro per il riconoscimento dei 3 punti spettanti, al seguente link

 

Anche se il modello di reclamo deve essere consegnato entro cinque giorni dalla pubblicazione della graduatoria provvisoria, Anief consiglia comunque, in attesa della pubblicazione di quelle definitive, di inviare il reclamo seguendo le istruzioni presenti in questo link.

Il ricambio generazionale si fa sempre più arduo

da ItaliaOggi

Il ricambio generazionale si fa sempre più arduo

Necessario soprattutto tra i docenti della scuola primaria e dell’infanzia, ma anche tra quelli della scuola secondaria di primo e secondo grado: l’età media è oggi tra i quarantacinque e i cinquanta anni, con una percentuale di sessantenni che si aggira tra il venti e il venticinque per cento.

Franco Bastianini

Nella scuola stavano forse per essere poste in essere le basi per consentire, nell’arco di un paio di anni, quel ricambio generazionale da molti auspicato e annunciato dallo stesso ministro della pa, Marianna Madia.

Necessario soprattutto tra i docenti della scuola primaria e dell’infanzia, ma anche tra quelli della scuola secondaria di primo e secondo grado: l’età media è oggi tra i quarantacinque e i cinquanta anni, con una percentuale di sessantenni che si aggira tra il venti e il venticinque per cento.

Una età media che è tra le più alte che si registra nelle istituzioni scolastiche europee.

A porle in essere concretamente avrebbero potuto contribuire, senza ombra di dubbio, alcune delle seguenti disposizioni contenute nel testo del decreto legge 24 giugno 2014, n.90 approvato in prima lettura dall’aula di Montecitorio.

Disposizioni su cui è scesa pensatissima la decisione del governo di fermare tutto causa carenza di copertura.

Le norme a cui il governo affidava il compito di realizzare un ricambio nella pa sono le suguenti:

1) l’articolo 1-bis: avrebbe consentito a quattromila dipendenti della scuola, che alla data del 31 agosto 2012 avevano maturato i requisiti per accedere al trattamento pensionistico previsti dalla normativa previgente l’entrata in vigore della riforma Fornero, di cessare dal servizio potendo fare valere una età anagrafica minima compresa tra i 62 e i 63 anni, unitamente ad una anzianità contributiva compresa tra i tra i 37 e i 38 anni;

2) il comma 1 dell’articolo 1: abroga ogni possibilità di permanenza in servizio oltre i limiti di età previsti per il collocamento a riposo d’ufficio;

3) il comma 5 dell’articolo 1: attribuisce ai dirigenti scolastici la facoltà di risolvere il rapporto di lavoro del personale docente ed Ata a decorrere dalla maturazione non solo dei limiti di età, ma anche del requisito dell’anzianità contributiva richiesta per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2012 dall’articolo 24 del decreto legge 201/2011.

Identica facoltà è attribuita ai dirigenti degli uffici scolastici regionali nei confronti dei dirigenti scolastici;

4) il comma 6-bis dell’articolo uno nella parte in cui dispone che non trovano applicazione le riduzioni in percentuale del trattamento pensionistico previste dal comma 10 del citato articolo 24, nei confronti dei soggetti che maturano entro il 31 dicembre 2017 il requisito di anzianità contributiva richiesta dalla normativa vigente anche se possono fare valere una età anagrafica inferiore a 62 anni.

La improvvisa decisione del governo di chiedere l’abrogazione delle disposizioni di cui al punto 1) rischia di annullare ogni possibilità, almeno ancora per qualche anno, di dare corso all’auspicato ricambio generazionale.

Ata, nessun aumento in organico di fatto

da ItaliaOggi

Ata, nessun aumento in organico di fatto

Il monito viene dal ministero dell’istruzione che, a questo proposito, ha predisposto una nota che sarà inviata a breve ai direttori generali

Antimo Di Geronimo

​I direttori generali potranno andare incontro alle necessità delle scuole, segnalate dai dirigenti, spostando unità di personale Ata da una scuola a un ‘altra. Ma in ogni caso, i posti autorizzati dovranno essere pari al numero complessivo stabilito dall’amministrazione centrale per la regione di riferimento. In pratica, se si dà un’unità in più ad una scuola, bisogna toglierla da un’altra parte, altrimenti alla fine i conti non tornano. Il monito viene dal ministero dell’istruzione che, a questo proposito, ha predisposto una nota che sarà inviata a breve ai direttori generali. Il provvedimento si è reso necessario per fare fronte alle richieste degli uffici scolastici, a loro volta, tempestati di richieste dai dirigenti scolastici, che faticano a coprire le necessità con le scarse risorse a loro disposizione. Specie se si pensa che non sono rari i casi di collaboratori scolastici a cui è reclusa l’attività ordinaria a causa di invalidità certificate. Il ministero, però, ha risposto sostanzialmente picche.

Perché i soldi sono quelli e bisogna farseli bastare. L’amministrazione ha spiegato, infatti, che l’attivazione di posti nella presente fase può avvenire, sulla base delle richieste formulate dai dirigenti scolastici, anche a mezzo di compensazione con un corrispondente numero di posti già previsti in organico di diritto per i quali i direttori regionali ritengono possibile la revoca del funzionamento e per i quali siano cessate le condizioni che ne avevano legittimato l’istituzione. In ogni caso l’adeguamento dell’organico di diritto alla situazione di fatto non dovrà superare quanto previsto per l’anno scolastico 2013-2014. L’amministrazione centrale, inoltre, ha spiegato che i direttori potranno valutare l’opportunità di procedere all’attivazione di ulteriori posti nelle istituzioni scolastiche nelle quali si verifichi concentrazione di personale inidoneo (1 posto ogni 2 o 3 unità di tale personale o con mansioni ridotte nel profilo professionale di collaboratore scolastico o assistente amministrativo o tecnico) ovvero nei casi nei quali non sia possibile garantire, in altro modo, le necessarie condizioni di sicurezza e di incolumità. Nel caso in cui lo stato di inidoneità riguardi il personale appartenente al profilo professionale di direttore dei servizi generali ed amministrativi o profili con una sola unità e non si renda possibile procedere alla utilizzazione , i direttori regionali dovranno segnalare la cosa direttamente al ministero.

Educazione permanente flop

da ItaliaOggi

Educazione permanente flop

Enunciati i principi, le azioni concrete non ci sono

Giorgio CAndeloro

Firmato nella Conferenza Stato-Regioni l’accordo tra Governo, Regioni ed enti locali che approva le linee di intervento sull’apprendimento permanente e sull’organizzazione delle relative reti territoriali. Si tratta, in sostanza, di un insieme di indicazioni per realizzare percorsi di apprendimento basati della sinergia tra soggetti pubblici e privati di istruzione, formazione e lavoro.

Nello specifico l’accordo definisce ruolo e tipologia degli enti che comporranno le reti : servizi pubblici e privati di istruzione e formazione, centri provinciali per l’istruzione degli adulti, poli tecnico-professionali, centri per l’Alta formazione artistica e musicale, organismi con finalità di istruzione, formazione e lavoro, inclusi quelli del Terzo Settore, servizi di orientamento professionale, camere di industria, commercio, artigianato e agricoltura, organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.

La modalità organizzativa per fornire l’apprendimento permanente sarà appunto quella delle reti territoriali, le cui leve strategiche di funzionamento saranno i centri per l’impiego e i servizi per il lavoro accreditati dalle Regioni.

Questi dovrebbero essere in grado di offrire i servizi di orientamento, rilevazione dei fabbisogni e messa in trasparenza delle competenze, così da rendere davvero integrato il sistema.

Tutto questo, però in teoria. Nella pratica l’accordo resta poco più che una dichiarazione di intenti e una individuazione di criteri generali sull’educazione degli adulti e dei giovani adulti: per il momento infatti l’accordo demanda ad un successivo atto normativo l’individuazione degli standard minimi di servizio per la realizzazione delle reti, la cui creazione resta ancora nelle mani delle Regioni e non degli enti territoriali, in barba allo sbandierato principio strategico della costruzione dal basso dei percorsi di apprendimento permanente e della cosiddetta governance multilivello. Insomma l’accordo si limita ad indicare chi dovrà mettere in moto l’operazione, ma le concrete modalità di coordinamento fra i vari enti risultano ancora piuttosto nebulose. Quello che è certo è che le reti dovranno partire mantenendo inalterati gli attuali assetti istituzionali e servendosi delle (scarse) risorse finanziarie e umane disponibili. Anche i continui richiami, presenti nel testo dell’accordo, alla necessità di certificare rigorosamente le competenze rischiano di rimanere lettera morta, visto che i vari enti che dovranno comporre il macro-sistema dell’apprendimento permanente o non dispongono ancora di sistemi di rilevazione e di autovalutazione, o ne hanno d sensibilmente diversi da regione a regione.

Un altro problema significativo può essere rappresentato dall’insistenza sulla parificazione tra apprendimento formale, non formale e informale, il primo istituzionalizzato e certificato gli altri due di natura più “sociale”, ma i cui percorsi potranno essere inseriti nel libretto formativo del cittadino. Come integrarli e armonizzarli nel nuovo sistema e nella difficile coesistenza tra apprendimento come diritto e apprendimento come formazione al lavoro?

L’accordo insomma tenta, anche coraggiosamente, di indicare una direzione di marcia verso un ampliamento della platea dei soggetti destinatari di apprendimento permanente e verso un’idea di educazione e formazione come servizio alla persona per tutta la durata della vita, ma le azioni concrete per realizzare questi obiettivi restano ancora sostanzialmente sulla carta.

Pagliari (Pd): il governo chiarisca Così si getta discredito sulla politica

da ItaliaOggi

Pagliari (Pd): il governo chiarisca Così si getta discredito sulla politica

Il relatore: quanto avvenuto è inaccettabile

Alessandra Ricciardi

 «Si chiariscano le responsabilità di ciascuno, quanto avvenuto non è accettabile», scandisce Giorgio Pagliari, senatore del Pd, relatore al senato del ddl di conversione in legge del decreto legge sulla pa. Spettatore della retromarcia del governo sui docenti della scuola e i risarcimenti per le vittime del terrorismo, norme introdotte alla camera e saltate a Palazzo Madama perché l’esecutivo si è reso conto essere prive di copertura. «Non ho potuto che prendere atto di quanto deciso dal ministro della pubblica amministrazione, Marianna Madia, le norme inserite alla camera vanno soppresse perché non c’è copertura finanziaria».

Domanda.

Perché questa retromarcia? Su quota ’96 il governo si era impegnato a risolvere la situazione. E anche il Pd.

Risposta. Dalla camera, dove il testo ha avuto una lunga gestazione, è giunta una formulazione che non aveva la bollinatura della Ragioneria. La relazione del Tesoro è giunta al senato, e dice che non c’è copertura. Si è creata una situazione inaccettabile, si sono alimentate aspettative che ora non si possono mantenere. Così si getta discredito sulla politica.

D. Qualcuno rema contro?

R. Io dico che va fatta chiarezza. La Ragioneria è un organo tecnico, che deve dire in modo obiettivo se sulle norme ci sono o meno le risorse. Questo alla camera non è stato detto. Vanno chiarite le responsabilità, quanto avvenuto non è serio. 

Il gran pasticcio delle pensioni

da ItaliaOggi

Il gran pasticcio delle pensioni

Dietrofront del governo su quota 96. Marcucci-Puglisi (Pd): nuovo decreto del governo. La Ragioneria già alla camera non aveva dato l’ok

Alessandra Ricciardi

Ora è caccia aperta al responsabile. Un pasticcio, quello andato in scena ieri al senato con il ritiro delle norme sul pensionamento dei docenti nella scuola, simile per dimensioni a quello che fu innescato, sempre sulla scuola e sempre a seguito di un braccio di ferro con il Tesoro («disguido informativo», provò a declassare l’allora ministro dell’istruzione, Maria Chiara Carrozza), con la decisione prima di dare e poi di revocare l’aumento per anzianità di servizio ad alcuni docenti.

Per il premier, Matteo Renzi, che dell’efficienza del proprio governo ha fatto bandiera, proprio una brutta figura, che mette a nudo quantomeno un’assenza di coordinamento nell’azione dell’esecutivo in parlamento.

La motivazione del ritiro della norma, introdotta alla camera e che consentiva a circa 4mila docenti di andare in pensione con qualche anno di anticipo rispetto a quanto previsto dalla riforma Fornero (i cosiddetti docenti di quota 96), è che semplicemente non ci sono le coperture, e il ministro della pa, Marianna Madia con emendamento del governo l’ha soppressa. Ma già alla camera, al momento del voto sia in commissione che in aula, la norma era priva della bollinatura della Ragioneria generale dello stato. Condizione che avrebbe dovuto sconsigliare il via libera e che evidentemente il governo e i partiti di maggioranza, dal Pd a Ncd, contavano fosse sanata al senato. E invece, in prima commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, la doccia fredda: la Ragioneria ha scritto per dire che no, la copetura non c’è per 45 milioni di euro.

Insomma, sembra proprio avesse ragione l’ormai ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, che aveva detto chiaro e tondo che la coperta era corta e che proprio sui 4mila docenti della scuola c’erano problemi di copertura. Ora c’è da capire se della carenza di relazione positiva alla camera fosse stato avvertito il ragioniere generale, Daniele Franco, e il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, oppure se anche in questo caso si sia trattato di un disguido tecnico. Un disguido che fa gridare allo scandalo i diretti interessati e i sindacati tutti:«Siamo su scherzi a parte?», si chiede il segretario della Cisl scuola, Francesco Scrima, «questa è una beffa di stato», dice Rino Di Meglio, numero uno della Gilda, «il governo è stato messo in ginocchio dal superpotere burocratico», ragiona il numero uno della Uil scuola, Massimo Di Menna, «si intervenga con un provvedimento ad hoc», chiede Marco Paolo Nigi, segretario Snals-Confsal, «il governo trovi le risorse tagliando dove ci sono gli sprechi», attacca Mimmo Pantaleo, numero uno della Flc-Cgil.

A tentare di porre rimedio alla figuraccia sono intervenuti il presidente della commissione istruzione del senato, Andrea Marcucci, e la capogruppo del pd Francesca Puglisi: «Il governo interverrà con un decreto ad hoc». Già, perché, nel decreto pa non c’è più spazio per nessuna modifica, il testo deve essere approvato, pena la decandenza, entro il 23 agosto con un nuovo passaggio alla camera, «non c’è più tempo», ha detto la Madia, «sulla scuola non si poteva fare diversamente».

Madia: su ‘Quota 96’ nessun rilievo da Napolitano, ad agosto un intervento strutturale sulla scuola

da La Tecnica della Scuola

Madia: su ‘Quota 96’ nessun rilievo da Napolitano, ad agosto un intervento strutturale sulla scuola

Il responsabile della Funzione Pubblica:  la firma del Capo dello Stato è stata apposta sul decreto uscito dal Cdm e i rilievi del ministero dell’Economia di queste ore sono su norme entrate nel decreto dopo una normale dialettica democratica parlamentare. Poi conferma la linea di Renzi: entro fine mese affronteranno i temi della precarietà, delle entrate degli insegnanti e del rinnovamento.

“Sullo stop alle norme sul lavoratori ‘Quota 96’ non c’è nessun problema di marcia indietro del governo, nè di firma del provvedimento da parte del Quirinalè”. A spiegarlo in Aula a Palazzo Madama è stato il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, prima che il governo ponesse la questione di fiducia sul decreto legge di riforma della P.A..

Madia ha attenuto a sottolineare che “non si sono create le condizioni per un intervento su ‘quota 96’ per diverse ragioni. Ieri il presidente del Consiglio ha detto che entro agosto ci sarà un intervento strutturale sulla scuola. Si affronteranno i temi della precarietà e delle entrate degli insegnanti nella scuola e del suo rinnovamento”.

Sulle polemiche insorte, in particolare dall’opposizione, il responsabile della Funzione Pubblica ha voluto precisare: “Non scomodiamo il Quirinale e il capo dello Stato, che anzi ringrazio del lavoro appassionato e scrupoloso in difesa della nostra Costituzione. La firma del Capo dello Stato è stata apposta sul decreto uscito dal Cdm e i rilievi del ministero dell’Economia di queste ore sono su norme entrate nel decreto dopo una normale dialettica democratica parlamentare”.
Insomma, ancora una volta la partita sui ‘Quota 96’ non sarebbe chiusa. Solo che il tempo passa e la musica è sempre la stessa.

Dl PA, il Senato approva: il testo modificato torna alla Camera

da La Tecnica della Scuola

Dl PA, il Senato approva: il testo modificato torna alla Camera

Nel decreto legge figurano i quattro emendamenti presentati dal Governo in materia di pensione, tra cui la cancellazione della soluzione per i 4mila ‘Quota 96’ e l’abolizione dei pensionamenti d’ufficio già a 68 anni, quindi con due anni di anticipo, per professori universitari e primari. Per convertirlo in legge c’è tempo fino al 23 agosto.

Il 5 agosto il decreto legge di riforma della Pubblica Amministrazione ha incassato la fiducia di Palazzo Madama: i sì sono 160, contro 106 no. I presenti sono stati 268, mentre i votanti sono risultati pari a 266. Ora il dl torna alla Camera, che sarà chiamata ad esprimersi sul maxi emendamento, ovvero il testo della Camera così come modificato dalla commissione Affari Costituzionali del Senato, con quattro emendamenti presentati dal Governo in materia di pensione, tra cui la cancellazione della soluzione per i cosiddetti ‘Quota 96’, i 4mila pensionamenti nella scuola, e l’abolizione dei pensionamenti d’ufficio già a 68 anni, quindi con due anni di anticipo, per professori universitari e primari.

Il testo, che dovrà obbligatoriamente essere convertito entro il prossimo 23 agosto, recepisce anche il parere della commissione Bilancio di palazzo Madama, che fa salve le aspettative in corso per i magistrati con incarichi nella Pubblica amministrazione.

Supplenze, emissione di pagamenti prevista per il 12 agosto

da La Tecnica della Scuola

Supplenze, emissione di pagamenti prevista per il 12 agosto

Arrivano nel caldo agosto i soldini per le supplenze brevi. Il sistema NoiPA, con il messaggio 103/2014 del 4 agosto 2014 informa che è prevista un’emissione per pagamenti urgenti nella data di martedì 12 agosto, per consentire il pagamento degli stipendi arretrati al personale supplente breve e saltuario della scuola.

E’ necessario, quindi, che i lotti di segnalazione con tipo “conguaglio a cedolino urgente” siano revisionati entro le ore 18.00 della suddetta data.
Come sempre, pagamenti a singhiozzo e speciali, mentre bisognerebbe regolarizzare la questione.
Come avevamo sottolineato in un precedente articolo sarebbe opportuna una veloce informatizzazione, con un dialogo diretto tra il sistema del Miur e quello del Mef, ma i due Ministeri hanno dovuto, di comune accordo, spostare al 1° settembre 2015 il passaggio completo delle procedure di liquidazione, limitandosi per il prossimo anno scolastico a una sperimentazione in alcune scuole del pagamento diretto delle supplenze da parte del MEF,
Ancora per un anno quindi i supplenti brevi avranno queste gradite “sorprese” dopo mesi di lavoro già svolto.