Una scuola delle “istruzioni per l’uso”?

Una scuola delle “istruzioni per l’uso”?

di Maria Grazia Carnazzola

Questo particolare passaggio della ristrutturazione/riorganizzazione della governance del mondo della formazione formale, è percepito come un momento di estrema confusione. L’avvicendarsi di Ministri in tempi non consoni alla realizzazione dei cambiamenti “necessari”, due ministri al posto di uno (su quali motivazioni, con quali obiettivi-magari di alto profilo- non è stato esplicitato e ciò è quanto meno curioso in uno Stato democratico). E non sto parlando del profilo e delle competenze delle persone nominate. Il Paese è fondamentalmente estraneo ai passaggi che la sua scuola sta affrontando e al dibattito relativo al livello di formazione/istruzione/educazione da dare a tutti i suoi cittadini; così come è sostanzialmente indifferente rispetto alla formazione dei docenti. Si continua a seguire il gossip mediatico sui disagi e sui guasti, a volte gravi, riconducibili allo sradicamento e alla sofferenza, e sugli episodi di bullismo riconducibili più spesso alla comune imbecillità, veicolati e amplificati dai social.  Dal canto suo il mondo della Scuola continua ad essere in palese confusione, tra ordini e contrordini, annunci, informazioni e disinformazioni che quasi mai provengono dai canali istituzionali. Atteniamoci, dunque ai documenti ufficiali: al Documento Miur 18.11.2019 e 19.11.2019, Ipotesi di contratto collettivo nazionale integrativo, e alla nota MIUR 28.11.2019, prot.n.49062: “Formazione docenti in servizio a.s.2019-2020. Assegnazione delle risorse finanziarie” per cercare di capire cosa succede e, magari, perché succede. Il baricentro della formazione/aggiornamento viene riposizionato sulle singole Istituzioni scolastiche mentre la definizione delle priorità, dei focus della formazione, viene rimesso al livello nazionale. Per i docenti, si legge, la formazione è orientata a potenziare le competenze trasversali e disciplinari, didattiche metodologiche, nelle diverse aree. In questo contributo si concentrerà l’attenzione, in particolare, sull’area “matematica, scientifica e tecnologica” e sull’area” digitale”. Non sono argomenti nuovi: da molto tempo, almeno a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, è iniziato questo “processo di modernizzazione” legato al diffondersi delle “nuove tecnologie”, processo che, se mal concepito e attuato, rischia di sottrarre intelligenza al lavoro scolastico a vantaggio del semplice utilizzo di algoritmi dati. Deve diventare un punto nodale della formazione dei docenti l’idea che la spendibilità dei saperi non modifica le tipologie dei contenuti né dei metodi disciplinari da apprendere, ma la qualità e la generatività del loro apprendimento e del loro utilizzo. La cultura è tale solo se è spendibile nel lavoro e nella società, per la personale ricerca esistenziale di senso.

Tecnologie, mente e cervello.

Nel tempo è cambiato, e cambia, il modo di studiare, in relazione allo stato delle conoscenze, ai mezzi e agli strumenti a disposizione.  L’apprendimento è appropriazione di una cultura che rappresenta collettivamente e soggettivamente l’universo ed è nel contempo scienze, ma anche superstizioni, passato presente e futuro, immaginario e riti. Le macchine, le tecnologie, fanno parte del mondo e della vita, non possiamo ignorarlo. Il loro uso, in positivo e in negativo, influenza il nostro funzionamento cerebrale, la nostra mente e la qualità del nostro pensiero.  Quando F. Nietzsche, per non affaticare eccessivamente la vista, imparò ad utilizzare la Writing Ball per dattiloscrivere i suoi testi, ebbe a dire all’amico Koselitz “I nostri strumenti di scrittura hanno un ruolo nella formazione dei nostri pensieri”.

Molte sono le ricerche sull’impatto che le tecnologie e il digitale producono sulla percezione/costruzione della realtà fisica e sociale, sul modo di pensare lo spazio e il tempo, di gestire la quotidianità, di concepire le età della vita…Quali allora le decisioni politiche, quali le strade che la scuola può percorrere per evitare che azioni automatizzate costruite su algoritmi disponibili “…facciano da mediatori nella costruzione del mondo” appiattendo la nostra intelligenza sull’intelligenza artificiale, come sostiene N. Carr?

Se è vero che né la cultura né la legge ammettono  repentine reinterpretazioni, questa è l’occasione per la scuola di affrontare compiutamente la riflessione sui modelli teorici che sottendono  l’utilizzo didattico delle tecnologie, sul loro ruolo e sulla loro funzione, ma anche e soprattutto è un’occasione per riflettere sul  processo di elaborazione culturale e metodologica necessario per l’elaborazione di un progetto culturale unitario, finalizzato alla promozione delle competenze, per la costruzione della cittadinanza, intesa come cittadinanza competente, consapevole e intenzionalmente riflessiva.  Tutto questo partendo da ciò che  è stato fatto e si sta facendo, chiedendosi se quanto indicato nelle Linee Guida e nelle Indicazioni Nazionali sono diventati davvero scuola, coniugando nel modo possibile insegnamento conservativo e insegnamento innovativo, scegliendo cosa è importante conservare del nostro essere “umani” senza chiuderci dentro gli steccati della tradizione ad ogni costo, dal momento che il nostro cervello è plastico, non è elastico e quello che va perduto non è recuperabile in tempi brevi.. Riflessione necessaria e doverosa anche per l’accelerazione dello sviluppo tecnologico negli ultimi decenni.  

Culturalismo, computazionalismo. E il coding…?

La visione pedagogica e la didattica che si praticano sono strettamente connesse all’idea che si ha dell’uomo e delle sue azioni, dei processi mentali e delle pratiche. Si fondano su due diverse teorie della mente: il computazionalismo, che pone l’accento su come le informazioni vengono elaborate dalla mente, e il culturalismo che si occupa del rapporto mente-cultura, della negoziazione dei significati e della loro comunicabilità. E qui si aggancia il discorso su un’altra delle innovazioni: l’introduzione preannunciata del coding a partire dai primi anni della scuola primaria.

La scuola ha il compito di contribuire allo sviluppo delle competenze adottando la realtà come oggetto di studio e come spazio di prova di quanto appreso. E la realtà è complessa e densa di problematicità, per comprenderla e per viverci il pensiero dovrebbe esercitare l’analisi, la scoperta, la valutazione, la scelta dopo il confronto; in altre parole per comprendere bisogna riflettere, intendendo con questa espressione sia “l’atto con cui l’uomo considera le sue stesse operazioni”, sia il rimando, il confronto con gli altri. Va da sé che i contesti di realtà non possono essere snaturati per diventare elementi dicotomici tra cui scegliere, tra cui anche una macchina può scegliere, perchè si tratterebbe, comunque, sempre di una scelta tra i mezzi e i modi, non di una ridefinizione dei fini. E quale macchina potrà mai esprimere un giudizio critico? F. Faggin, il fisico italiano- inventore tra l’altro dell’iPhone- sostiene che “…nessun segnale elettrico potrà mai generare emozioni…il computer non potrà mai essere consapevole”.  Il pensiero critico-argomentativo può essere esercitato solo attraverso il confronto, con la consapevolezza che la verità non sta mai da una parte sola, che le ragioni sono sempre molte e non sempre conciliabili.  Non sempre i conflitti sono componibili e le antinomie che ne derivano possono generare, dentro il sistema formativo, delle dissonanze che vanno risolte sul piano pragmatico – e non su quello logico- come nel caso della contrapposizione individuo/società o natura/cultura o, ancora, computazionale/culturale.  Ma anche che il conflitto è altro rispetto alla violenza e alla prevaricazione, che lo si può gestire scegliendo da che parte stare perchè ogni scelta non è mai la sola ad essere quella giusta: altre potrebbero esserlo se i dati e i contesti isolati fossero diversi. Il vero apprendimento è quello che permette di confrontarsi con i problemi di ogni genere per ridefinirli e risolverli in relazione a cosa e a come si pensa sarà in futuro.   Ne “Le cinque chiavi per il futuro” H. Gardner ha scritto, riferendosi alle  intelligenze disciplinare, sintetica, creativa, rispettosa, etica necessarie per affrontare il futuro che la scuola dovrà contribuire a coltivare: “Il mondo del futuro- con gli ubiqui motori di ricerca, robot e congegni informatici di vario tipo- esigerà abilità che finora sono state soltanto facoltative.(…) Ciascuna di esse è stata importante per la storia; ciascuna di esse promette di esserlo ancora ancora di più in futuro.”

La Scuola dovrà decidere se continuare a esercitare quella funzione termostatica, auspicata da N. Postman nel lontano 1981, perché la cultura, la conoscenza “scientifica” continuino ad essere patrimonio di tutti e non di un nucleo ristretto di “sacerdoti”.  Per la diffusione del sapere, la prima forma di democrazia, la Scuola dovrà aver cura di costruire conoscenza basandola sui fatti – anche quelli della rete -, attraverso rigorose categorie interpretative di quei fatti, cioè con metodi disciplinari scientifici, attraverso il confronto di opinioni e di punti di osservazione sui fatti e sui metodi, cioè con strategie didattiche efficaci.

La società, la cultura, la politica, l’economia, la scuola così come le conosciamo oggi sono il frutto delle scelte, giuste o sbagliate, condivisibili o no, fatte dieci o più anni fa.

Quelle del futuro saranno la conseguenza delle scelte, giuste o sbagliate, condivisibili o no, che saranno fatte, oggi.

Bibliografia

Abbagnano, N. (2013). Dizionario filosofico, Milano, UTET,

Bruner, J. (1997). La cultura dell’educazione. Milano, Feltrinelli.

Carr, N.G. (2011), Internet ci rende stupidi?, Milano, Raffaello Cortina Editore.

Damasio, A. (2010). Il sè viene alla mente. Milano, Adelphi Edizioni S.P.A.

Faggin, F. (2019), Il fisico: nessun computer potrà mai essere consapevole, Milano, Corriere della Sera.

Gardner, H (2014). Le cinque chiavi per il futuro, Milano, Universale Economica Feltrinelli.

Postman, N. (1999). Ecologia dei media. L’insegnamento come attività conservativa, Milano, Feltrinelli.

Skinner, F.B. (1972). La tecnologia dell’insegnamento. Brescia, Ed. La Scuola.

Sini, C. (2009). L’uomo, la macchina, l’automa. Milano, Bollati Boringhieri.

Dallo Scontro generazionale all’Incontro educante

Dallo Scontro generazionale all’Incontro educante

di Concetta Rosato[1]

Il conflitto generazionale è ormai una realtà della società moderno-liquida, teorizzata da Zygmunt Bauman. Infatti, i giovani non sono più in sintonia con le aspettative dei propri genitori e del corpo sociale, sospinti come sono da una contrapposizione, con cui si vive e si convive. Interessi diversi e stili di vita differenti si ripresentano con sempre maggiore frequenza man mano che il flusso del tempo accelera ed abbrevia la distanza tra le forme successive di una condizione umana in rapido cambiamento, creando e allargando per tale via le zone d’ombra e di silenzio tra le generazioni. 

Rimane, dunque, una questione aperta e lontana dall’essere chiarita, dal momento che il divario si verifica anche fuori dell’ambito familiare nei rapporti intrattenuti con gli adulti. Per queste ragioni, è inevitabile non pensare anche al distacco che si crea tra alunni e docenti. Questi ultimi, per quanto giovani, il più delle volte, instaurano con gli alunni rapporti elusivi, non con l’autorevolezza pedagogica, necessaria per gestire situazioni strettamente legate sia ai comportamenti che al sapere, che svanisce nel momento stesso in cui si é afferrato. Questi atteggiamenti, tra l’altro, sono sostenuti da un comportamento valoriale dei genitori di intesa con i figli e di incomprensione nei riguardi dei docenti. Nel volatile mondo della modernità liquida, la società si è completamente trasformata e i valori della tradizione familiare e sociale sono cambiati con un ritmo impressionante, generando situazioni paradossali come le soluzioni private a problemi di origine sociale e come quelle offerte dai genitori del rientro di fine settimana, con rapporti telefonici sporadici. 

E ben poco può servire una riforma vera delle strategie educative, per quanto brillante e vasta possa essere, soprattutto in mancanza e con l’assenza della famiglia, non più agenzia privilegiata educativa. In tal modo, i giovani si mostrano disinteressati, rivelando disimpegno, trasferendo le regole, ponendosi in atteggiamento conflittuale, considerando solo il gruppo dei pari e non già la scuola e la famiglia luoghi di convivialità, di abilità comunicative, di apertura mentale e di curiosità, valori tutti in grado di arricchire la qualità dei contesti in cui vivono. A scuola, i ragazzi pensano non al docente come al trasmettitore del sapere, che insegni loro a camminare su una strada affollata e che offre una conoscenza operativa, diversa dalla conoscenza fattuale degli educatori ortodossi di un tempo. E così essi mettono in discussione la famiglia, la società, la scuola. 

La scuola, in quest’ottica, non deve essere più luogo di informazione, bensì quello della formazione, della curiosità, che promette una interessante vita di scoperte per un futuro migliore dell’individuo, deve essere “orientante” in un contesto che di orientamento non ha più  nulla ed “attraente” per una partecipazione attiva e propositiva dei giovani, in modo da risolvere i disagi di ognuno, favorire la crescita  e promuovere sia la componente emotiva che intellettiva, che “educhi alla completezza”, come afferma Emmanuel Mounier. 

Nella prospettiva dell’unità europea, la scuola deve scommettere sull’apprendimento, sullo studio motivante ed accattivante, sulla creatività per la conoscenza di sé. Per fronteggiare e superare questo distacco generazionale e al fine di motivare il ragazzo, il docente dovrà mettere continuamente in discussione i valori che deve trasmettere, deve puntare sulle condizioni di vita condivise per penetrare, così, nell’anima dell’alunno con una azione pedagogicamente motivante, rendendolo attivo e protagonista delle scelte proposte dal docente. 

Nella scuola dell’autonomia, l’organizzazione deve rappresentare un momento strategico per valutare le capacità di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane, per raggiungere gli obiettivi progettati. La scuola deve tornare ad essere uno strumento indispensabile per fornire a tutti uguali opportunità per ricreare la formazione integrale della propria identità, come teorizzato da Max Weber, coniugando contestualmente e contemporaneamente le potenzialità e i bisogni individuali per favorire, per tale via, l’ottimale processo formativo.  


[1] Esperta di processi formativi, insegna lettere in un Istituto superiore della città di Bari.

Scuola, si tratta per nuove regole per gli scioperi. Dal tetto massimo all’obbligo di vigilanza dei docenti

da Il Fatto Quotidiano

Nuove regole per gli scioperi del comparto scuola proclamati dalle organizzazioni sindacali. Sul tavolo della trattativa tra sindacati e Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) c’è la revisione degli accordi esistenti. Un cambiamento che potrebbe portare presto a delle consistenti novità. Ad annunciarle è “La Tecnica della Scuola”. Secondo la rivista tra le proposte dell’Agenzia vi sarebbe quella di cambiare la definizione del tetto massimo di scioperi: l’Aran chiederebbe “che questa soglia venga riferita non al singolo lavoratore ma alla classe con il risultato che, superata la soglia, il divieto di sciopero si estenderebbe a tutti i docenti che prestano servizio in quella classe”.

Una proposta che la Cgil respinge da subito in maniera netta “perché andrebbe a burocratizzare ancor più la questione. Noi – spiega Francesca Ruocco, segretaria con delega all’organizzazione – restiamo fermi all’accordo del 1999 dove vi era già un tetto massimo che è sempre funzionato”. Un’altra richiesta che arriva dall’Aran e che riporta “La Tecnica della Scuola” sarebbe quella che riguarda l’estensione anche per il personale docente dell’obbligo di vigilanza sugli alunni da garantire in caso di sciopero. Una proposta altrettanto rimandata al mittente dai sindacati: “Abbiamo ribadito con forza – spiega Attilio Varengo della Cisl Scuola nazionale – che l’istruzione non è vigilanza. L’insegnante va a scuola per istruire non per fare il vigilante. Da parte nostra è esclusa qualsiasi possibilità in questo senso”.

Tra i nodi da sciogliere anche quello relativo alla comunicazione anticipata della propria intenzione di aderire o meno allo sciopero: da parte dei sindacati non vi è alcuna disponibilità ad accettare questa proposta che costringerebbe i docenti e il personale Ata ad annunciare in anticipo l’intenzione di scioperare. La trattativa resta aperta: “L’Aran ci ha chiesto di rivedere gli accordi esistenti. Non si può che essere d’accordo visto che ora c’è un unico comparto per l’istruzione. Ci hanno chiesto di rafforzare – spiega Ruocco – gli obblighi di informazione all’utenza che fanno capo ai dirigenti scolastici dando un’informazione la più trasparente e dettagliata possibile rispetto ai motivi e alla convocazione dello sciopero. Ci hanno sollecitato ad ampliare le prestazioni indispensabili nel settore della scuola e ad introdurre brevi periodi di franchigia coincidenti con i giorni di immediata ripresa delle attività didattiche. La trattativa è complicata dal fatto che unitariamente abbiamo chiesto i dati sugli scioperi, i numeri sulla chiusura parziale e totale delle scuole, il numero degli alunni assenti: questi dati non sono disponibili. Le scuole devono comunicare solo il numero del personale assente ma non quando la scuola è chiusa o meno. Non ci sono dati oggettivi per verificare se scioperi che hanno adesioni bassissime determinano la chiusura totale o meno della scuola”.


Iscrizioni: «sbagliare la scelta delle superiori si paga per tutta la vita (lavorativa)»

da Corriere della Sera

di Redazione Scuola

Scegliere la scuola superiore non è solo questione di attitudine. Il nuovo studio triennale «New Skills at Work», dell’ Università Bocconi e JP Morgan, dimostra come l’Italia paghi il «mismatch» tra competenze e richieste del mercato con una penalizzazione del 9% sulle retribuzioni. E dire che basterebbe una migliore qualità dell’informazione alle famiglie durante l’orientamento alla fine delle medie, per invertire questi risultati e fare la differenza per una intera generazione di ragazzi e ragazze.

Le scelte dei ragazzi

Alle radici del disallineamento tra le esigenze del mercato del lavoro e le competenze disponibili (il cosiddetto skill mismatch) c’è la scelta che centinaia di migliaia di giovani stanno compiendo in questi giorni: quella della scuola superiore e, più avanti, dell’università. A livello internazionale, si calcola che siano i giovani di Italia, Estonia e Irlanda a pagare il conto più alto. «Nella scelta della scuola superiore, le famiglie e i ragazzi sono troppo focalizzati su aspetti di breve termine, come il gradimento dello studente, l’impegno necessario e la qualità percepita dell’istituto, e troppo poco sugli aspetti di lungo periodo, come le prospettive in termini di mercato del lavoro o di accesso all’università», spiega Pamela Giustinelli, professoressa di Economia alla Bocconi, co-autrice di uno studio sulla scelta della scuola superiore.

Poche informazioni

A fronte di un amplissimo ventaglio di proposte formative, la conoscenza delle scelte possibili da parte di studenti e genitori all’inizio della terza media è piuttosto limitata. Il processo di raccolta delle informazioni tende, inoltre, a concentrarsi su quelle che, già all’inizio, erano le alternative preferite. Tali alternative dipendono molto dal background socio-economico delle famiglie e, in parte, dai risultati ottenuti dallo studente. In particolare, gli studenti nelle condizioni più disagiate sembrano prendere in considerazione pochissime alternative. Nel caso in cui l’alternativa inizialmente preferita non fosse la più adatta allo studente, un percorso di raccolta delle informazioni così concentrato potrebbe impedire alle famiglie di ottenere consapevolezza delle alternative più adatte.

Il caso tedesco

In un altro studio dello stesso report, Massimo Anelli, altro professore della Bocconi, analizza la scelta universitaria attraverso una comparazione con la Germania, il grande paese europeo con la struttura produttiva più simile alla nostra. Entrambi i paesi registrano una percentuale di laureati molto più bassa che il resto d’Europa, ma negli ultimi 15 anni la disoccupazione dei laureati tedeschi nella fascia d’età 25-39 anni ha oscillato tra il 2 e il 4%, quella degli italiani tra l’8 e il 13%. «Alla base di questa situazione c’è anche un’informazione inadeguata sugli esiti lavorativi e retributivi delle diverse facoltà, che porta a una scelta basata sulle sole preferenze individuali per le diverse discipline», afferma Anelli. In particolare, la Germania laurea molti più giovani in informatica, ingegneria, economia e management, mentre l’Italia doppia la Germania per laureati in scienze sociali e discipline artistiche e umanistiche e il primo gruppo di lauree rende, in termini economici, tra il 70% e il 100% più del primo.

Un’arma in più per vincere la sfida del capitale umano

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Enrico Mattei lo aveva capito già nel 1957: la formazione del capitale umano è una variabile cruciale per lo sviluppo e anche le aziende devono muoversi in prima persona per aggiungere competenze alle conoscenze acquisite dai lavoratori (soprattutto i neo-assunti) sui banchi di scuola o nelle aule universitarie. Da lì la scelta di istituire la Scuola che portava il suo nome e che, nata come struttura post lauream sugli idrocarburi, in 63 anni ha formato circa 3mila studenti di 110 diversi Paesi.

Quella del Cane a sei zampe è solo una delle centinaia di Academy che le imprese italiane hanno avviato negli anni e che Il Sole 24 ore vuole raccontare con questa Guida: una pubblicazione di oltre 100 pagine che non ha alcun intento enciclopedico ma vuole piuttosto accendere un faro su un fenomeno sempre più diffuso. E sempre più variegato. In un pot-pourri di iniziative non ancora regolato che, accanto a realtà chiuse e limitate ai propri dipendenti, presenta strutture aperte anche a studenti esterni. In un contesto istituzionale che sta a sua volta cambiando. Anche in termine di consapevolezza. Come dimostra la scelta delle Marche di riconoscere le Academy aziendali e stabilire i requisiti minimi per avere il “bollino” regionale.

Come spesso accade, la spiegazione (o almeno una delle spiegazioni) di un fenomeno va cercata nei numeri. A cominciare da quel 14,7% di italiani (dai 15 anni in su) possesso di una laurea. Un dato che è di gran lunga più basso non solo del campione di diplomati (30,6%) ma anche di quelli in possesso della sola licenza elementare (17%). Se è vero che questa situazione viene da lontano ed è dovuta soprattutto ai bassi tassi di scolarizzazione degli over 65, ci sono un altro paio di indizi che non possiamo trascurare. Il primo riguarda la scarsa propensione alla formazione continua, testimoniata dall’8,1 % di adulti fra i 25 e i 64 anni che ha avuto un’esperienza di apprendimento recente (nelle quattro settimane precedenti) rispetto alla media Ue dell’11,1 per cento; il secondo deriva dall’enorme mismatch tra il numero di posti di lavoro che richiedono basse qualifiche (2,5 milioni nel 2017) e il numero di adulti scarsamente qualificati (oltre 12 milioni). Un vuoto formativo da colmare al più presto. Con il contributo di tutte le parti in causa.

Gli imprenditori in coro: il governo ci ripensi sul taglio a ore e fondi alla scuola-lavoro

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

«L’industria è in evoluzione, affronta sfide epocali. Per questo c’è bisogno che gli studenti entrino nelle nostre fabbriche. Il taglio a ore e fondi alla scuola-lavoro è stato un grave errore, chiediamo al governo di ripensarci».

Il monito al governo
L’appello è del vice presidente di Federmeccanica, e capo di Mevis, Federico Visentin; ed è stato lanciato ieri alla Luiss di Roma alla XXVIesima edizione dell’Orientagiovani di Confindustria, alla presenza del vice presidente, Gianni Brugnoli.
Dalla meccanica alla chimica il passo è breve. Ma anche qui il tema mismatch «è molto sentito», conferma Aram Manoukian, presidente e ad di Lechler Spa, e membro del consiglio direttivo di Federchimica, con delega all’Education: «Noi ricerchiamo, tra l’altro, periti, diplomati Its e nelle discipline universitarie Stem – spiega -. Spesso facciamo fatica a trovarli. A genitori, ragazzi e loro docenti dico: venite a conoscerci, siamo un settore sicuro e all’avanguardia».

L’aggiornamento continuo delle competenze
Il “peso” di competenze non in linea con quelle richieste dalle imprese è sintetizzato così da Angela Picozzi, co-founder di Castor Srl: «Per formare un prototipista, ad esempio, impieghiamo 4 anni – racconta -. Scuola e lavoro devono parlarsi di più». «Oggi infatti la differenza sta proprio nella capacità di affrontare le complessità – chiosa Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana -. Alcuni studiosi parlano di Fusion Skill, ovvero il mix di hard skills e soft skills. I giovani devono sapere che dovranno costantemente acquisire competenze nuove, e le potranno imparare solo lavorando, mettendosi in gioco».

Azzolina: al lavoro su concorso per 70mila docenti

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«Stiamo per bandire concorsi, insomma, per circa 70mila insegnanti. Non è cosa da poco. Anche a livello di gestione amministrativa». A dare l’annuncio è la stessa Lucia Azzolina. In un post sulla sua pagina Facebook la ministra dell’Istruzione fa il punto sui tavoli per il reclutamento dopo l’incontro con i sindacati della scuola.

I concorsi in arrivo
Azzolina riassume così il quadro: «Abbiamo parlato di concorsi, ma non solo. Ho spiegato loro che il lavoro è ripartito e stiamo mettendo a punto tutti i dossier. Stiamo alacremente lavorando per bandire 24.000 posti sul concorso straordinario per la secondaria di primo e secondo grado e 25.000 sull’ordinario. C’è poi anche il concorso ordinario su infanzia e primaria. Qui il bando è pronto stiamo rivedendo la tabella dei titoli, per dare più valore al servizio. C’è da predisporre anche il concorso per i docenti di religione».

Una nuova abilitazione
Nell’assicurare che chiederà «il massimo sforzo possibile a chi deve occuparsi della materia», la ministra ha sottolineato la necessità di procedere a queste assunzioni: «Servono a dare stabilità ai docenti, alla didattica. Servono alla scuola e ai ragazzi. Così come serve certezza sul futuro. Per questo lavoreremo subito per mettere ordine nel sistema di accesso e abilitazione all’insegnamento». Un punto su cui vuole arrivare con una proposta unica di tutta la maggioranza. Con l’obiettivo di dare al Paese «un modello di reclutamento stabile, di qualità, che tenga conto delle diverse platee dei soggetti interessati, fra chi ha già insegnato e chi vuole cominciare».

Gli studenti al centro
La ministra conferma infine di essere al lavoro «per sburocratizzare e ridurre gli adempimenti amministrativi che gravano sui docenti, sui dirigenti scolastici, sui direttori dei servizi generali e amministrativi, sul personale del ministero. E per una innovazione didattica che metta a sistema le migliori pratiche già sperimentate sul campo dai docenti». Fermo restando che bisogna mettere «al centro le studentesse e gli studenti. La scuola è per loro. Ricordiamolo sempre. E faremo sempre bene», conclude Azzolina.

Scuola, la prima maturità Azzolina: ecco come sarà

da Il Sole 24 Ore

di Cl.T.

La ministra dell’Istruzione conferma l’impianto rivisto da Lorenzo Fioramonti: la storia torna alla prova scritta, via le buste all’orale, e alternanza e Invalsi diventano requisiti di ammissione all’esame.

La prima maturità dell’era Azzolina scatterà a giugno 2020; e dalle parole pronunciate, in questi giorni, dalla neo ministra dell’Istruzione per i circa 500mila studenti del quinto anno non dovrebbe cambiare nulla. Azzolina ha confermato che le buste all’orale non ci saranno; e che la storia tornerà tra le materie della prova scritta. Nei prossimi giorni, poi, dovranno uscire le materie della seconda prova, e, quindi, si concosceranno le discipline assegnate ai commissari esterni.

Le buste non ci saranno, la storia sì
La Azzolina, al momento, conferma la linea del suo predecessore, Lorenzo Fioramonti, che prima di lasciare il Miur aveva annunciato il ritorno della storia e l’abolizione delle buste (mantenendo, tuttavia, i materiali della prova orale). La storia, come si ricorderà, è stata al centro di aspre polemiche dopo la scelta un anno fa di toglierla come materia a se stante (era comunque materiale trasversale alle altre tracce, ndr). Il ritorno della storia, che viene confermato anche da Lucia Azzolina, risponde alle critiche, ma anche alla richiesta di molti studiosi e degli stessi docenti.

Alternanza e Invalsi requisiti di ammissione
La ministra Azzolina non ne ha fatta menzione espressa, ma da una recente circolare del Miur, alternanza e Invalsi tornano requisiti di ammissione obbligatori alla maturità 2020. Avranno però un peso diverso. Le prove standardizzate di italiano, matematica e inglese – che lo scorso anno, sganciate dall’esame di Stato, sono state svolte da oltre il 95% degli studenti – sono in calendario, quest’anno, dal 2 al 31 marzo 2020. Ebbene, i circa 500mila studenti che attualmente frequentano la quinta superiore, per essere ammessi alla maturità, dovranno solo «partecipare» a questi test, a prescindere quindi dal giudizio ottenuto. A differenza invece della scuola-lavoro: qui, i ragazzi dovranno, obbligatoriamente, aver svolto le ore minime di formazione “sul campo” nel triennio, vale a dire almeno 90 ore nei licei, almeno 150 nei tecnici, almeno 210 nei professionali.

L’alternanza, poi, varrà – come lo scorso anno – anche all’esame vero e proprio, in particolare al colloquio orale (dove invece scompaiono le buste). In questa sede, i ragazzi dovranno relazionare sull’esperienza “on the job” svolta attraverso una breve relazione o un elaborato multimediale.

Pensioni, dal 1° settembre potrebbero lasciare la scuola più di 33.000 docenti

da Orizzontescuola

di redazione

Chiusa la fase di presentazione delle domande per le pensioni, i primi dati parlando di circa 33.000 docenti che hanno chiesto di lasciare la scuola dal 1° settembre 2020.

Dati parziali

I dati devono ancora essere considerati parziali, in quanto bisognerà mettere in moto le opportune verifiche per accertare il diritto a pensione.

I primi numeri arrivano da Puglia: 2.311 docenti e 546 Ata  e  Friuli Venezia Giulia:  786 le domande di pensionamento presentate dal personale docente e ATA (quota 100 inciderebbe per il 35%).

Supplentite in aumento?

A preoccupare sono i numeri della supplentite.

Nell’a.s. 2019/20 il totale è di 107.467 posti scoperti che sono stati assegnati con supplenze al 31 agosto (47.389) e a supplenze al 30 giugno (60.078) più tutte le supplenze temporanee.

Il ritardo nella pubblicazione dei bandi di concorso non aiuta ad avere un quadro chiaro della situazione.

Il decreto scuola ha introdotto due misure per favorire le immissioni in ruolo: la call veloce e l’inserimento in fascia aggiuntiva ai concorsi 2018 ma la prospettiva del vincolo quinquennale di mobilità, senza neppure poter chiedere l’assegnazione provvisoria, non trova l’entusiasmo dei precari.

Azzolina: 24.000 posti per concorso straordinario e 25.000 per ordinario. Pronto bando infanzia e primaria

da Orizzontescuola

di redazione

La Ministra Azzolina ha scritto su FB quanto comunicato oggi ai sindacati durante il primo incontro politico sulle problematiche della scuola.

Concorsi: straordinario e ordinario secondaria, ordinario infanzia e primaria, docenti di religione.

“Stamattina ho incontrato al Ministero i sindacati della scuola – afferma la Azzolina – Abbiamo parlato di concorsi, ma non solo. Ho spiegato loro che il lavoro è ripartito e stiamo mettendo a punto tutti i dossier. Stiamo alacremente lavorando per bandire 24.000 posti sul concorso straordinario per la secondaria di primo e secondo grado e 25.000 sull’ordinario. C’è poi anche il concorso ordinario su infanzia e primaria. Qui il bando è pronto stiamo rivedendo la tabella dei titoli, per dare più valore al servizio. C’è da predisporre anche il concorso per i docenti di religione. Stiamo per bandire concorsi, insomma, per circa 70mila insegnanti. Non è cosa da poco. Anche a livello di gestione amministrativa.

Chiederò il massimo sforzo possibile a chi deve occuparsi della materia. Abbiamo bisogno di queste assunzioni. Servono a dare stabilità ai docenti, alla didattica. Servono alla scuola e ai ragazzi.”

Nuove abilitazioni per i docenti

“Lavoreremo subito per mettere ordine nel sistema di accesso e abilitazione all’insegnamento – ha proseguito il Ministro – Su questo sto già incontrando la maggioranza in modo da avere una proposta unitaria, con l’obiettivo di dare al Paese un modello di reclutamento stabile, di qualità, che tenga conto delle diverse platee dei soggetti interessati, fra chi ha già insegnato e chi vuole cominciare.” Percorsi abilitanti docenti, fumata nera. Proposta Azzolina dopo incontro con la maggioranza

Meno adempimenti burocratici per docenti e Dirigenti Scolastici

“Lavoro poi per sburocratizzare e ridurre gli adempimenti amministrativi che gravano sui docenti, sui dirigenti scolastici, sui direttori dei servizi generali e amministrativi, sul personale del Ministero – ha concluso la Azzolina – E per una innovazione didattica che metta a sistema le migliori pratiche già sperimentate sul campo dai docenti. Tutto questo va fatto insieme. Noi, i sindacati, tutte le forze sociali, il personale della scuola, mettendo al centro le studentesse e gli studenti. La scuola è per loro. Ricordiamolo sempre. E faremo sempre bene.”

Maturità 2020, Azzolina: ci sarà Storia, via le buste all’orale, materie a breve

da Orizzontescuola

di redazione

Maturità 2020: il ministro dell’istruzione Lucia Azzolina ha fatto sapere ieri, dopo aver firmato il Protocollo d’intesa per la lotta alla dispersione scolastica, che non ci saranno grandi cambiamenti.

Sulla maturità stiamo lavorando: non ci saranno grandi cambiamenti, gli studenti devono avere la serenità di affrontare gli esami; non ho intenzione di grandi stravolgimenti. Le buste non ci saranno, la storia ci sarà assolutamente, le materie usciranno a breve, siamo al lavoro“. E’ quanto ha affermato Azzolina sui prossimi esami di Stato.

La Ministra ha poi assicurato il rispetto dei tempi: “Entro fine mese pubblicheremo le materie della seconda prova. Rispetteremo la scadenza“. Maturità 2020, materie seconda prova prossima settimana. Consigli di classe per scegliere commissari interni

Sindacati: con la ministra incontro interlocutorio, pronti a rilanciare la mobilitazione se non si attuano subito le intese

da Orizzontescuola

di redazione

Comunicato unitario FLC CGIL- CISL FSUR -UIL SCUOLA RUA – SNALS Confsal – GILDA UNAMS – Si è svolto questa mattina al Ministero di viale Trastevere il primo incontro tra la neo ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, e i sindacati rappresentativi del comparto.

Si è trattato sostanzialmente di una prima presa di formale contatto, nel corso della quale le organizzazioni sindacali hanno comunque sollecitato la nuova titolare di viale Trastevere a riavviare con la massima urgenza il percorso di attuazione degli impegni concordati in sede di conciliazione fra sindacati e MIUR il 19 e 20 dicembre scorso.

Al riguardo la ministra Azzolina ha assicurato che a breve saranno avviati i tavoli tecnici e politici, pur facendo presente la necessità di una verifica politica con le forze di maggioranza su alcune delle questioni sul tappeto, in particolare per quanto riguarda le soluzioni da adottare a regime su reclutamento e abilitazioni.

Le organizzazioni sindacali attendono, dunque, a strettissimo giro la convocazione dei tavoli di confronto previsti dai verbali di conciliazione.

Se non ci saranno risposte sul merito delle questioni poste riprenderemo le iniziative di mobilitazione in precedenza sospese.

Immissioni in ruolo straordinarie sui posti di Quota 100 saranno prima della mobilità

da Orizzontescuola

di redazione

Uno dei punti del Decreto Scuola, entrato in vigore il 29 dicembre 2019, è il recupero dei posti Quota 100 non assegnati a settembre 2019, con una tornata di assunzioni straordinarie.

A prevederlo è la legge 159/2019, all’art. 1 comma

“18-quater. In via straordinaria, nei posti dell’organico del personale docente, vacanti e disponibili al 31 agosto 2019, per i quali non è stato possibile procedere alle immissioni in ruolo, pur in presenza di soggetti iscritti utilmente nelle graduatorie valide a tale fine, in considerazione dei tempi di applicazione dell’articolo 14, comma 7, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sono nominati in ruolo i soggetti inseriti a pieno titolo nelle graduatorie valide per la stipulazione di contratti di lavoro a tempo indeterminato, che siano in posizione utile per la nomina rispetto ai predetti posti. La predetta nomina ha decorrenza giuridica dal 1° settembre 2019 e decorrenza economica dalla presa di servizio, che avviene nell’anno scolastico 2020/2021. I soggetti di cui al presente comma scelgono la provincia e la sede di assegnazione con priorità rispetto alle ordinarie operazioni di mobilità e di immissione in ruolo da disporsi per l’anno scolastico 2020/2021. Le autorizzazioni già conferite per bandire concorsi a posti di personale docente sono corrispondentemente ridotte.

I passaggi su cui si basa la norma sono tre:

  • ci sono circa 9.000 posti non assegnati alle immissioni in ruolo dell’estate 2019 perché le certificazioni non sono arrivate in tempo
  • le immissioni in ruolo avranno decorrenza giuridica dal 1° settembre 2019 e decorrenza economica dalla presa di servizio, che avviene nell’anno scolastico 2020/2021
    I docenti coinvolti nella procedura straordinaria di immissioni in ruolo sceglieranno provincia e sede prima delle operazioni di mobilità e assunzioni dell’anno scolastico 2020/21.

Naturalmente bisognerà verificare la distribuzione territoriale di questi 9.000 posti; in alcuni casi infatti potrebbero esserci in province e regioni in cui non sono stati assegnati neanche i ruoli autorizzati dal MEF perché mancano i docenti in graduatoria.

A beneficiarne invece i docenti rimasti delusi dal ritardo con cui questi posti sono stati resi vacanti e disponibili e che si trovano in posizione utile per il ruolo.

Il Ministro Azzolina ha ribadito nel primo incontro con i sindacati che questo sarà uno dei punti da portare avanti nelle prossime settimane.

Concorsi in arrivo, ma i tempi potrebbero essere ancora lunghi

da La Tecnica della Scuola

Allo stato attuale, i concorsi da bandire sono 4: due per la scuola secondaria (uno straordinario e uno ordinario), uno ordinario per infanzia e primaria e uno per religione cattolica.
Per la verità, però, non ci sono molte certezze sui tempi.
I sindacati continuano a dire che bisogna fare in fretta in modo da poter coprire già a settembre le decine di migliaia di cattedre vacanti.
Ma, proprio nella mattinata di mercoledì 22, nel corso dell’incontro con i sindacati, la ministra Azzolina ha messo le mani avanti perché gli uffici del Ministero hanno i loro tempi.
E, in effetti, è proprio così.

Una procedura complicata

Intanto, sui bandi si deve acquisire il parere del CSPI e del Consiglio di Stato, mentre per il numero di posti da mettere a concorso ci vuole il via libera del MEF.
Per evitare i pasticci delle ultime assunzioni sarà anche necessario avere i dati dei pensionamenti.
Dalla data di pubblicazione del bando devono poi decorrere almeno trenta giorni per consentire a tutti gli interessati di presentare la domanda di partecipazione.
Le prove d’esame si possono svolgere non prima di un mese dalla data di scadenza di presentazione delle domande.
Per quanto riguarda il concorso straordinario per la scuola secondaria non ci dovrebbero essere troppe difficoltà perché la prova sarà svolta al computer e consisterà in una batteria di test a risposta chiusa che potrebbero essere corretti e valutati in tempo quasi reale.

Assunzioni da settembre per il concorso straordinario

E quindi le graduatorie dello straordinario potrebbero essere pronte in poco tempo.
Se non ci saranno intoppi dovuti a ricorsi e a sentenze del TAR, il concorso straordinario potrebbe quindi concludersi entro l’estate e i 24mila posti disponibili potrebbero essere coperti già a partire da settembre.
Per le altre tre procedure è pressochè impossibile fare previsioni ragionevoli, ma è piuttosto improbabile che le assunzioni arrivino prima del 2021.
Senza considerare che la ministra ha anche annunciato che il Governo intende mettere mano all’intera materia del reclutamento e delle abilitazioni con un disegno di legge ad hoc.

Ma se la Ministra volesse applicare le nuove regole già con la prossima tornata di concorsi ordinari, i bandi dovrebbero essere adeguati e la loro emanazione potrebbe slittare di diversi mesi.
Su tutto questo incombe sempre una questione decisiva: ma siamo proprio sicuri che fra 15 giorni, dopo il voto in Emilia e in Calabria, questo Governo sarà ancora in carica?

Sicurezza in Rete, le iniziative per il Safer Internet Day

da La Tecnica della Scuola

L’11 febbraio si celebra in Italia il Safer Internet Day (SID), la giornata mondiale per la sicurezza in Rete istituita e promossa dalla Commissione Europea. Obiettivo dalla giornata è far riflettere le studentesse e gli studenti non solo sull’uso consapevole della rete, ma anche sul ruolo attivo e responsabile di ciascuno per rendere internet un luogo positivo e sicuro.

L’edizione 2020, intitolata “Together for a better internet”, si svolgerà presso il Museo Nazionale delle Ferrovie dello Stato di Pietrarsa a Napoli. La mattinata avrà come
filo conduttore una riflessione guidata, relativa alle opportunità e i rischi della rete, con interventi e attività che vedranno come protagonisti i giovani. Sarà possibile la diretta streaming sul sito Generazioni Connesse.

In occasione della giornata del SID 2020 e fino al mese di marzo le scuole di ogni ordine e
grado sono invitate ad organizzare iniziative didattiche e attività di formazione e informazione, destinate agli alunni e alle famiglie, internamente alla scuola o sul proprio territorio, sulla sicurezza in rete, sulla protezione dei dispositivi e dei dati personali e la privacy, sulla tutela della salute e del benessere nell’utilizzo dei media digitali.

Per quest’anno il Safer Internet Centre Italiano in concomitanza del SID2020 lancerà una campagna informativa denominata “Il mese della sicurezza in rete”. All’interno della sezione http://sid2020.generazioniconnesse.it/ sarà possibile inserire attraverso l’apposito form, le attività organizzate dalle scuole dall’11 febbraio all’11 marzo 2020. In tal modo le iniziative territoriali formative o di sensibilizzazione potranno avere visibilità a livello nazionale.

Infine, in occasione del SID e del mese della sicurezza in rete, le scuole possono iscriversi
o proseguire il percorso formativo e-learning, se avviato, per dotare la scuola
di una ePolicy disponibile sul sito https://www.generazioniconnesse.it/site/it/moduli-epolicy/.