Nota USR Piemonte 6 novembre 2012, Prot. n. 12563/U

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte

Direzione Generale

Prot. n. 12563/U                                                                                             Torino, 6 novembre 2012

Circ. Reg. n. 547

Ai Dirigenti

delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado

statali e paritarie

e p.c.     ai Dirigenti e ai Reggenti

degli Ambiti Territoriali del

Piemonte

E p.c. al Dirigente dell’Ufficio III dell’USR per il Piemonte

OGGETTO: Diritto allo studio degli alunni/e e degli studenti/studentesse con disturbi specifici di apprendimento: ricognizione delle più recenti pronunce giurisprudenziali. Dispensa/Esonero lingue straniere

Si ritiene opportuno, in considerazione dei numerosi quesiti che pervengono a questo Ufficio,  richiamare le disposizioni contenute nel D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 ed in particolare gli artt. 4 e 6 (che saranno successivamente esaminati), nonché l’art. 17 bis dell’O.M. n. 41 dell’11 maggio 2012 ai sensi del quale: “La Commissione d’esame – sulla base di quanto previsto dall’articolo 10 del D.P.R. 22/6/2009, n. 122 e dal relativo DM n. 5669 12 luglio 2011 di attuazione della Legge 8 ottobre 2010, n. 170, recante Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico – nonché dalle Linee Guida allegate al citato DM n. 5669/2011, considerati eventuali elementi forniti dal Consiglio di classe, terrà in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, adeguatamente certificate, relative ai candidati affetti da disturbi specifici di apprendimento (DSA), in particolare, le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati.

A tal fine il Consiglio di classe inserisce nel documento del 15 maggio di cui al DPR n. 323/1998 il Piano Didattico Personalizzato o altra documentazione predisposta ai sensi dell’art. 5 del DM n. 5669 del 12 luglio 2011. Sulla base di tale documentazione e di tutti gli elementi forniti dal Consiglio di classe, le Commissioni predispongono adeguate modalità di svolgimento delle prove scritte e orali.

Nello svolgimento delle prove scritte, i candidati possono utilizzare gli strumenti compensativi previsti dal Piano Didattico Personalizzato o da altra documentazione redatta ai sensi dell’art. 5 del D.M. 12 luglio 2011”. Sarà possibile prevedere alcune particolari attenzioni finalizzate a rendere sereno per tali candidati lo svolgimento dell’esame sia al momento delle prove scritte, sia in fase di colloquio”.

Di rilievo, inoltre, sono le disposizioni contenute nel D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 ed, in particolare, gli artt. 4, Misure educative e didattiche, e 6, Forme di verifica e valutazione:

L’art. 4 – Misure educative e didattiche – richiama le Istituzioni scolastiche ad “(..) attuare i necessari interventi pedagogico-didattici (..) attivando percorsi di didattica individualizzata e personalizzata (..). I percorsi didattici individualizzati e personalizzati articolano gli obiettivi, compresi comunque all’interno delle indicazioni curricolari nazionali (..) sulla base del livello e delle modalità di apprendimento dell’alunno (..), adottando proposte di insegnamento che tengano conto delle abilità possedute e potenzino anche le funzioni non coinvolte nel disturbo”.

Al comma 4 si ricorda di assicurare l’impiego degli opportuni strumenti compensativi (curando l’acquisizione delle competenze per un efficiente utilizzo degli stessi) mentre al comma 5 dello stesso articolo si richiama la ratio delle misure dispensative, che si propongono di evitare situazioni di affaticamento e disagio in compiti direttamente coinvolti dal disturbo, senza peraltro ridurre il livello degli obiettivi di apprendimento.

Risulta quindi presupposto indifferibile per la scuola elaborare e realizzare percorsi formativi personalizzati, che tengano conto delle esigenze e delle potenzialità di ciascun alunno, come più volte ribadito da alcune sentenze (TAR Lombardia, sentenza n. 2251/08; TAR Lazio, sentenza n. 31203/10):“E’ illegittimo per difetto di motivazione il giudizio negativo formulato dal consiglio di classe in ordine alla promozione alla classe successiva di un alunno, allorché, in presenza di un accertato disturbo specifico di apprendimento da cui lo stesso sia affetto (nel caso, dislessia), abbia omesso di fare menzione e di valutare il rilievo di tale situazione, ai fini del giudizio sui risultati raggiunti dall’alunno”. (TAR per il Lazio, sentenza 23 agosto 2010, n. 31203).

Nello stesso senso, TAR Lazio – Sezione terza bis (ordinanza n. 3616/2010) ha accolto l’istanza cautelare di ammissione con riserva all’esame di licenza media di alunno con D.S.A. “(..) considerato che dall’esame del verbale di non ammissione versato in atti risulta che il Consiglio di classe ha dato atto di essere a conoscenza e di avere considerato le cartelle cliniche dello scolaro ma che da tale scarna e generica affermazione – peraltro contrastante con quanto affermato dal Dirigente Scolastico nella nota del 23 giugno 2010 – non è dato evincere quali motivate scelte didattiche siano state operate in costanza di tale peculiare situazione oggettiva, in presenza della quale l’ordinamento prevede la predisposizione di prove differenziate oltre che l’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative”.

Sotto più ampio profilo, il Tribunale di Giustizia Amministrativa sezione autonoma di Trento e Bolzano (sentenza n. 122/2011) ha dichiarato illegittimo il provvedimento di non ammissione di uno studente con D.S.A. alla classe successiva in relazione a una serie di comportamenti omissivi della scuola di riferimento (mancata adozione del Piano Educativo Individualizzato (PEI), omessa definizione e attuazione degli strumenti dispensativi e compensativi, difetto di rapporti collaborativi con A.S.L. e famiglia). Nella motivazione si precisa che: “Se in presenza di un alunno con disturbi specifici di apprendimento la scuola non rispetta le indicazioni studiate da esperti del settore e trasposta in leggi, regolamenti e circolari e note ministeriali, per sopperire a tali difficoltà con misure di sostegno individualizzate, che sicuramente implicano un maggior impegno per gli insegnanti, la valutazione finale del consiglio di classe è “inutiliter data”, perché non supportata da quel percorso pedagogico specifico che consente all’alunno in questione di far emergere le proprie competenze ed agli insegnanti di valutarlo con l’ausilio degli strumenti appropriati”.

Coerente con questo orientamento anche il TAR Lombardia (sentenza n. 2251/08) che ha accolto il ricorso di una studentessa che, non avendo superato l’esame di stato conclusivo di un corso di studi di istruzione secondaria superiore, accusava la Commissione di non aver tenuto conto della sua condizione di disortografica, disgrafica e discalculica e di non aver consentito l’utilizzo di strumenti compensativi (nello specifico l’utilizzo di un computer con correttore ortografico):

“La mancata predisposizione di questi presidi durante la frequenza del corso di studi da parte del liceo (omissis) ha portato anche la Commissione di esame ad una sottovalutazione delle difficoltà della ricorrente nell’affrontare le prove di esame cosicché nessuno strumento agevolativo è stato adottato per superare gli specifici handicap della stessa né sono stati adottati criteri particolari per la valutazione dell’esito delle prove. Deve pertanto essere annullato il provvedimento con cui si è dichiarato che la ricorrente non aveva superato l’esame di stato conclusivo del corso di istruzione secondaria superiore e la Commissione dovrà nuovamente far sostenere alla ricorrente le prove di esame tenendo conto di quanto prevedono le disposizioni ministeriali per le persone che presentano i disturbi di cui soffre la ricorrente stessa.”

La pronuncia più recente riguardante un’altra ipotesi di rinnovazione della prova d’esame è del TAR Liguria – Sez. II – Sent. 29/02/2012 n. 349. In quel caso la ricorrente, affetta da disturbo specifico dell’apprendimento, aveva proposto ricorso giurisdizionale contro l’esito negativo dell’esame di maturità, lamentando la mancata considerazione della sua condizione di dislessia, sia in sede di predisposizione delle prove d’esame sia di valutazione degli elaborati. Con ordinanza il giudice accoglieva l’istanza cautelare proposta e disponeva l’immediata ripetizione dell’esame da parte di una diversa commissione esaminatrice. L’Amministrazione scolastica ottemperava al provvedimento cautelare mediante sostituzione del presidente e dei tre membri esterni della commissione d’esame, restando tuttavia invariati i tre commissari interni. Anche le nuove prove d’esame davano esito negativo. L’interessata impugnava nuovamente lamentando che non erano state applicate le misure dispensative e compensative prescritte per i casi di dislessia e che la sua condizione non era stata debitamente valutata in sede di valutazione delle prove scritte. Il giudice quindi accoglieva il ricorso e disponeva nuovamente la rinnovazione della prova d’esame che, questa volta, si concludeva positivamente con l’attribuzione di 60/100.

Quindi l’interessata agiva nel giudizio oggetto della sentenza in esame per conseguire (ed ottenere) il risarcimento dei danni provocati dalla P.A. che, costringendola a ripetere per tre volte l’esame di Stato, aveva determinato un notevole ritardo nella conclusione del ciclo di studi della scuola secondaria e nell’iscrizione all’Università.

Accanto ad esempi di mancato adeguamento alla normativa vigente da parte delle istituzioni scolastiche, si annoverano tuttavia anche casi in cui la scuola ha tenuto debitamente conto delle caratteristiche di funzionamento degli studenti con DSA ed ha formulato le proprie valutazioni anche alla luce di tale elemento. Così TAR Lombardia – Milano Sez. III – Sent. 04/10/2012 n. 2462 statuisce che “E’ legittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva di un’alunna affetta da DSA laddove risulti dal verbale del Consiglio di classe costituente atto pubblico e come tale non contestabile se non mediante la proposizione di querela di falso, che all’alunna sono stati concessi strumenti compensativi e misure dispensative (nella specie: uso di mappe concettuali e di schemi; interrogazioni programmate, maggior tempo per le verifiche; utilizzo della calcolatrice non programmabile; dispensa dalla lettura a voce alta; dispensa dalla scrittura veloce sotto dettatura; non valutazione dell’ortografia)”.

Nello stesso senso il TAR Friuli Venezia Giulia – Sez. I – Sent. 12/01/2012 n. 9 afferma che “Ove sia dimostrato che la scuola ha posto in essere gli adempimenti ritenuti necessari per far fronte alle necessità scolastiche di un alunno affetto da DSA, è legittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva che abbia riportato una grave insufficienza a seguito della verifica di recupero del debito formativo nella materia caratterizzante l’indirizzo di studio; infatti la legge 170/2010 è finalizzata a garantire il successo formativo e non a garantire sempre e comunque la promozione alla classe successiva”.

La doverosa e giusta attenzione che va rivolta agli studenti con disturbi specifici di apprendimento non deve infatti “sconfinare” in comportamenti lesivi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche che hanno tenuto invece una condotta coerente con la normativa in vigore. Per completezza espositiva, si citano pertanto due recenti pronunce (TAR Puglia, sentenza 2027/2011 e TAR Umbria, sentenza 329/2011) inerenti rispettivamente un’alunna affetta da altre patologie (diverse dai disturbi specifici di apprendimento) ed un alunno con DSA per il quale era stato utilizzato un “modello” di intervento che tenesse conto delle effettive risorse a disposizione della scuola.

Nel primo caso, il TAR Puglia evidenzia che “E’ immune da vizi il provvedimento di non ammissione alla classe terza di un’alunna di scuola media, (..) in quanto la circostanza, addotta dalla ricorrente, secondo cui lo scarso rendimento deriverebbe da disturbi specifici di apprendimento (DSA) dell’allieva, invero non trova riscontro nella certificazione medica, che diagnostica altre patologie. Ne consegue che la valutazione insufficiente (..) non può essere messa in relazione alla mancata adozione da parte della scuola degli strumenti didattici, compensativi e dispensativi previsti dalla legge in presenza di un disturbo specifico di apprendimento (che nel caso di specie non sussiste), ma piuttosto può essere attribuita al lungo percorso terapeutico intrapreso dalla minore”.

Nel secondo caso il Tar Umbria chiarisce che “(..) L’utilizzazione di una sorta di “modello” di intervento dedicato agli alunni affetti da DSA non comporta di per sé la non attuazione della L. n. 170/2010, …”.

Nel medesimo orientamento delle succitate sentenze, che hanno evidenziato la corretta applicazione della normativa vigente nell’ottica della garanzia del diritto allo studio, si colloca la recente pronuncia del TAR Umbria n. 401 del 2 ottobre 2012.

Nel tentativo di sintetizzare tale sentenza, si riportano i passaggi fondamentali. “La comunicazione di non ammissione alla classe successiva del 14/06/2012 ha evidenziato un avvio dell’anno scolastico faticoso per mancanza di prerequisiti di base e un progressivo andamento dell’anno scolastico che non ha consentito di riscontrare miglioramenti consistenti per l’incapacità di superare gli ostacoli via via emergenti, data la carente strumentazione di base e un risultato delle votazioni della seconda parte dell’anno in cui sono presenti insufficienze anche in misura grave in numerose discipline non recuperate nonostante una volta acquisita la documentazione e certificazione attestante la condizione di DSA il consiglio di classe si sia adoperato per la personalizzazione degli interventi programmati nel consiglio di classe del 16 aprile 2012, in cui ogni docente indicava le strategie e i sistemi compensativi necessari.

Al verbale sono allegate le strategie metodologiche e didattiche, le misure dispensative, gli strumenti compensativi, i metodi di valutazione individuati dai docenti per ciascuna disciplina. Relativamente alla programmazione disciplinare, i docenti concordano nello stabilire gli stessi obiettivi definiti per l’intera classe, applicando altresì la dispensa dalle prove scritte di lingua straniera. Negli allegati da 13 a 21 del deposito 01/09/29012 dell’Avvocatura dello Stato è contenuto il piano didattico personalizzato relativo all’alunno con l’indicazione delle singole materie, compilato da ciascuno degli insegnanti. Nei successivi allegati sono inoltre riportate le singole prove scritte sostenute dall’alunno in esito al piano medesimo.

Dall’esame della documentazione emerge la sufficienza e l’adeguatezza, sul piano motivazionale, delle misure compensative e degli strumenti dispensativi contenuti nel piano didattico personalizzato redatto dai singoli docenti. La precisa descrizione nel giudizio del 16 giugno 2012 degli interventi posti in essere materia per materia, vale a disattendere ogni considerazione secondo cui il consiglio di classe non avrebbe tenuto conto dei disturbi di apprendimento.

Le misure adottate nei confronti dell’alunno sono state nel loro complesso adeguate e conformi ai precetti della legge n. 170/2010, diretti ad attribuire agli studenti con diagnosi di DSA «il diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica».”

L’art. 6 del D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 – Forme di verifica e di valutazione – raccomanda alle Istituzioni scolastiche di adottare “modalità valutative che consentano all’alunno o allo studente con DSA di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto (..)”. Può quindi risultare opportuno aumentare i tempi consentiti per l’effettuazione della prova e porre maggiore attenzione ai contenuti piuttosto che alla forma compromessa dagli aspetti legati all’abilità deficitaria.

Le Commissioni degli esami di Stato terranno conto di modalità di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati e potranno riservare ai candidati tempi più lunghi, assicurando inoltre l’utilizzo di strumenti compensativi e valutando i contenuti più che la forma (anche nelle prove scritte).

L’articolo 6 si sofferma in particolare sulle lingue straniere, che devono essere progettate, presentate e valutate secondo modalità compatibili con le difficoltà connesse ai DSA. Tra le misure dispensative previste rientrano la dispensa dalle prestazioni scritte in lingua straniera e l’esonero dall’insegnamento delle lingue straniere.

È importante che sia ben chiara la differenza tra DISPENSA (che può anche rivestire carattere temporaneo) ed ESONERO.

–         In caso di DISPENSA, in sede di esami di Stato, conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, modalità e contenuti delle prove orali – sostitutive delle prove scritte – saranno stabiliti dalle Commissioni, sulla base della documentazione fornita dai consigli di classe.

I candidati con DSA che superano l’esame di Stato conseguono il titolo valido per    l’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado, ovvero all’Università.

–         L’ESONERO, che sarà concesso solo in casi di particolare gravità del disturbo di apprendimento, anche in comorbilità con altri disturbi o patologie, prevede che gli alunni con DSA abbiano necessità di seguire un Percorso Didattico Differenziato.

In sede di esami di Stato, i candidati con DSA che hanno seguito un percorso didattico      differenziato e sono stati valutati dal consiglio di classe con l’attribuzione di voti e di un             credito scolastico relativi unicamente allo svolgimento di tale piano, possono sostenere         prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, finalizzate solo al rilascio      dell’attestazione di cui all’art.13 del D.P.R. n. 323/1998.

In entrambi i casi è necessario che ricorrano tutte le seguenti condizioni:

certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo e recante esplicita richiesta di dispensa o esonero;
richiesta di dispensa o esonero dalle prove scritte di lingua straniera presentata dalla famiglia o dall’allievo se maggiorenne;
approvazione da parte del consiglio di classe che confermi la dispensa o l’esonero, con particolare attenzione ai percorsi di studio in cui l’insegnamento della lingua straniera risulti caratterizzante (liceo linguistico, istituto tecnico per il turismo, ecc).
Ulteriori indicazioni sull’argomento, di tipo operativo e didattico, sono specificate nelle Linee Guida, al punto 4.4 (Didattica per le lingue straniere).

Inoltre, un accenno alla collaborazione con la famiglia, la quale “(..) è chiamata a formalizzare con la scuola un patto educativo/formativo che preveda l’autorizzazione a tutti i docenti del Consiglio di classe – nel rispetto della privacy e della riservatezza del caso – ad applicare ogni strumento compensativo e le strategie dispensative ritenute idonee, previste dalla normativa vigente, tenuto conto delle risorse disponibili” (Linee Guida Cap. 6.5)

Nella documentazione degli atti risulta spesso una effettiva difficoltà relazionale tra la scuola e la famiglia del minore con DSA, come sottolineato dalla sentenza 12 ottobre 2011, n. 420, del TAR Friuli Venezia Giulia, ove si sottolinea che “(..) appare evidente che la maggior parte dei richiami annotati – e che si sono poi risolti negli indicatori negativi che hanno penalizzato la valutazione finale – risentono pesantemente di una mancata partecipazione da parte della famiglia all’organizzazione degli adempimenti scolastici”.

Nella stessa sentenza viene inoltre indicato il dovere, da parte del Consiglio di Classe, di considerare i rischi che possono derivare da una possibile disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola, “(..) il Consiglio di classe nella valutazione finale deve adeguatamente ponderare l’effettiva pregnanza dei disturbi di cui soffre l’alunno anche alla luce della possibilità concessa dall’art. 2 comma 7, DPR n. 122/2009 di deliberare comunque la sua ammissione alla classe successiva pur in presenza di carenze relativamente al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento, con annotazione sul documento di valutazione finale. Il Consiglio di classe è tenuto inoltre ad affrontare la valutazione dei rischi derivanti da una possibile totale disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola.”

Il TAR Friuli Venezia Giulia ha infatti accolto il ricorso, ritenendolo fondato perché:

“(..) la valutazione finale non risulta aver adeguatamente ponderato l’effettiva pregnanza dei DSA di cui soffre l’alunno (..). E’ anche evidente che il Consiglio di classe non ha affrontato la valutazione dei rischi derivanti da una possibile totale disaffezione dell’alunno nei confronti della scuola, desumibili anche dal fatto che in due materie nelle quali durante l’anno scolastico precedente alla ripetenza aveva ottenuto la sufficienza, ha invece conseguito risultati insufficienti (storia ed educazione tecnologica).” (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 12 ottobre 2011, n. 420).

Appare infine utile ricordare che il mancato rispetto della normativa in tema di D.S.A., quale espressione in senso più ampio della lesione del diritto all’istruzione, può costituire fondamento anche per la richiesta di domande di risarcimento del danno. Così la giurisprudenza più sensibile in materia (T.A.R. Lombardia, 30/01/2011) ha accolto tale aspettativa, riconoscendo, oltre al danno patrimoniale, anche il danno non patrimoniale allo studente dislessico, ingiustamente respinto all’esame finale, rilevando che “la valutazione negativa formulata nei confronti di un ragazzo molto giovane per il mancato superamento dell’anno scolastico determina, secondo comune esperienza, uno stato d’animo di angoscia e frustrazione perché a risultarne colpita è l’immagine che l’individuo ha di sé. Il detrimento del sentimento di autostima si ripercuote sulla personalità e può anche acuirsi con il tempo. Del resto, l’inferenza di tale rischio è confermato anche nelle citate disposizioni di legge nelle quali si afferma che le difficoltà di apprendimento derivanti dalla dislessia possono comportare gravi ricadute a livello personale quali l’abbassamento dell’autostima, depressione e comportamenti oppositivi che possono a loro volta comportare un abbandono scolastico o una scelta di basso profilo rispetto alle potenzialità”. Si è avuto, in particolare, espresso riguardo “alla fragilità della struttura psichica di un soggetto molto giovane che accentua ogni trauma emotivo” e si è considerato “il tipo di lesione la cui consistenza va apprezzata non solo al momento del fatto ma anche per il fatto di essere destinata a ripercuotersi, per il futuro, lungo tutta la vita scolastica del danneggiato”.

Il medesimo orientamento forma oggetto della già citata e più recente pronuncia del TAR Liguria – Sez. II – Sent. 29/02/2012 n. 349 che parimenti riconosce che “La non promozione, specie se percepita e vissuta come conseguenza di un agire illegittimo ed ingiustificato, costituisce un evento che incide profondamente nella sfera morale dell’interessato, provocando un notevole stato di sofferenza interiore che va risarcito per se stesso, a prescindere dalla questione del danno esistenziale, e sulla base di un criterio probatorio che tenga conto sia del carattere intimo del pregiudizio sia del fatto che la sussistenza dello stesso può normalmente essere presunta in relazione a determinate tipologie di illecito. Pertanto il “danno morale soggettivo”, da identificarsi nel turbamento emotivo che il rallentamento del corso di studi ha provocato all’interessata, deve necessariamente liquidarsi in via equitativa ex art. 1226 c.c.”. Nel caso di specie, quindi, l’organo giudicante riteneva congruo riconoscere un risarcimento pari a € 2.000 di cui 1.000 per il danno da perdita di chance e 1.000 per il danno morale.

Si ricorda inoltre che sul sito del MIUR http://www.istruzione.it/web/istruzione/dsa, è disponibile tutta la normativa di riferimento, oltre ad indicazioni e modelli esemplificativi di percorsi didattici personalizzati.

IL DIRIGENTE

Stefano Suraniti

Avviso 5 novembre 2012

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’Istruzione

Direzione Generale per il personale scolastico

 

Avviso 5 novembre 2012

 

Oggetto: Concorso per il reclutamento del personale docente nella scuola (DDG n. 82 del 24 settembre 2012). Titoli di accesso congiunti e titoli per metodi differenziati.

 

Si fa presente che in caso di titolo di accesso “congiunto” (titolo che per essere valido deve essere associato ad un altro) entrambi vanno indicati nei titoli presenti nel menù a tendina.

Analogamente, nel caso di possesso del titolo per i metodi differenziati Montessori, Pizzigoni o Agazzi – utile sia per l’accesso che per la valutazione dei titoli – l’aspirante selezionerà, nella sezione titoli di accesso, il titolo principale dal rispettivo menù a tendina, ed aggiungerà, selezionandolo dal menù a tendina relativo ai diplomi, il predetto titolo relativo al metodo differenziato. Nella sezione titoli valutabili indicherà direttamente, nella sezione diplomi, il titolo posseduto.

Decreto-Legge 5 novembre 2012, n. 188

Decreto-Legge 5 novembre 2012, n. 188
(in GU n. 259 del 6-11-2012)

Disposizioni urgenti in materia di Province e  Citta'  metropolitane.
(12G0210) 

                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 

  Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; 
  Visto l'articolo  17  del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7  agosto  2012,  n.  135,
recante: "Disposizioni urgenti per la revisione della spesa  pubblica
con  invarianza  dei  servizi  ai   cittadini   nonche'   misure   di
rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario" con il
quale e' stato previsto il riordino delle  province,  disciplinandone
il relativo procedimento che si conclude con un atto  legislativo  di
iniziativa governativa; 
  Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 20 luglio
2012, recante: "Determinazione dei  criteri  per  il  riordino  delle
province a norma dell'articolo  17,  comma  2,  del  decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95",  che  determina,  in  particolare,  i  requisiti
minimi che devono possedere le province, stabiliti in una  dimensione
territoriale non inferiore a duemilacinquecento chilometri quadrati e
in una popolazione residente non  inferiore  a  trecentocinquantamila
abitanti; 
  Atteso  che,  ai  sensi  dell'articolo  17,  comma  2,  del  citato
decreto-legge n. 95 del 2012, la popolazione residente e' determinata
in base  ai  dati  dell'Istituto  nazionale  di  statistica  relativi
all'ultimo censimento ufficiale, ma che e'  comunque  opportuno  fare
salvi i  casi  in  cui  il  requisito  minimo  della  popolazione  si
raggiunge sulla base delle rilevazioni anagrafiche della  popolazione
residente nella Provincia pubblicate dal medesimo Istituto  nazionale
di statistica, disponibili alla data del 20 luglio 2012; 
  Rilevato che e' opportuno preservare la specificita' delle province
il  cui  territorio  e'  integralmente  montano,  in   virtu'   della
peculiarita' dei relativi territori; 
  Atteso che ai fini del riordino si  tiene  conto  delle  iniziative
comunali assunte ai  sensi  dell'articolo  133,  primo  comma,  della
Costituzione,  volte  a  modificare  le  circoscrizioni   provinciali
esistenti alla data del  20  luglio  2012,  per  le  quali  e'  stato
espresso il parere della Regione; 
  Viste  le  proposte  delle  Regioni  Piemonte,  Lombardia,  Veneto,
Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria,  Marche,  Abruzzo,  Molise,
Campania, Puglia e Basilicata, trasmesse  al  Governo  ai  sensi  del
citato articolo 17, comma 3; 
  Considerato che le Regioni  Lazio  e  Calabria  non  hanno  inviato
alcuna proposta di  riordino  e  che  nei  confronti  delle  province
ubicate nei rispettivi territori si applica quanto previsto dal comma
4, secondo  periodo,  del  citato  articolo  17,  in  base  al  quale
sull'atto  di  riordino  e'  acquisito  il  parere  della  Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del  decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281; 
  Visto l'articolo 2, comma 5,  del  decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281; 
  Considerata la straordinaria necessita' ed  urgenza,  ai  fini  del
contenimento della spesa pubblica e del processo di razionalizzazione
della  pubblica  amministrazione,  di  attuare   quanto   prefigurato
dall'articolo 23, comma 15, del decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.
201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,  n.
214, e dal citato articolo 17 del decreto-legge n.  95  del  2012  in
ordine al nuovo ordinamento provinciale, anche al fine di ottemperare
a quanto previsto dagli impegni  assunti  in  sede  europea,  il  cui
rispetto e' indispensabile, nell'attuale quadro di contenimento della
spesa pubblica,  per  il  conseguimento  dei  connessi  obiettivi  di
stabilita' e crescita; 
  Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri,  adottata  nella
riunione del 31 ottobre 2012; 
  Sulla proposta del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  del
Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione  e  del
Ministro dell'interno; 

                                Emana 

                     il seguente decreto-legge: 

                               Art. 1 

                   Requisiti minimi delle Province 

  1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di
cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate  le
seguenti modificazioni: 
    a) all'articolo 3, dopo il comma 3 e' inserito il seguente: 
    «3-bis. Le province devono possedere i requisiti minimi stabiliti
con legge dello Stato  o,  su  espressa  previsione  di  questa,  con
deliberazione del Consiglio dei Ministri.»; 
    b) all'articolo 21, comma 3, all'alinea, dopo le parole: «criteri
ed indirizzi» sono inserite le seguenti: « e fermo  quanto  stabilito
al comma 3-bis»; 
    c) all'articolo 21, comma 3, la lettera e) e' abrogata. 
  2. Ai fini del riordino delle province ai  sensi  dell'articolo  17
del  decreto-legge  6   luglio   2012,   n.   95,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,  n.  135,  si  applicano  i
requisiti minimi stabiliti con la  deliberazione  del  Consiglio  dei
Ministri nella riunione in data  20  luglio  2012,  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.  171  del  24  luglio
2012.
                               Art. 2 

      Riordino delle Province nelle Regioni a statuto ordinario 

  1. In attuazione dell'articolo 17 del citato  decreto-legge  n.  95
del 2012, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le Province nelle regioni a
statuto ordinario sono le seguenti: 
    a) Provincia di  Biella-Vercelli,  in  luogo  delle  province  di
Biella e di Vercelli; Provincia di  Novara-  Verbano-Cusio-Ossola  in
luogo delle province di Novara e di  Verbano-Cusio-Ossola;  Provincia
di Alessandria-Asti in luogo delle Province di Alessandria e di Asti;
Provincia di Como-Lecco-Varese in luogo delle Province  di  Como,  di
Lecco e di Varese; Provincia di Cremona-Lodi-Mantova in  luogo  delle
Province  di  Cremona,  di  Lodi   e   di   Mantova;   Provincia   di
Padova-Treviso in luogo  delle  Province  di  Padova  e  di  Treviso;
Provincia di Rovigo-Verona in luogo delle Province  di  Rovigo  e  di
Verona; Provincia  di  Imperia-Savona  in  luogo  delle  Province  di
Imperia e di Savona;  Provincia  di  Parma-Piacenza  in  luogo  delle
Province  di  Parma  e  di  Piacenza;  Provincia   di   Modena-Reggio
nell'Emilia  in  luogo  delle  Province  di  Modena   e   di   Reggio
nell'Emilia;  Provincia  di  Romagna  in  luogo  delle  Province   di
Forli-Cesena,   di   Ravenna    e    di    Rimini;    Provincia    di
Livorno-Lucca-Massa Carrara-Pisa in luogo delle Province di  Livorno,
di Lucca, di Massa-Carrara e di Pisa; Provincia di Grosseto-Siena  in
luogo  delle  Province  di  Grosseto  e  di   Siena;   Provincia   di
Perugia-Terni  in  luogo  delle  Province  di  Perugia  e  di  Terni;
Provincia di Ascoli Piceno-Fermo-Macerata in luogo delle Province  di
Ascoli Piceno, di Fermo e di Macerata; Provincia di Rieti-Viterbo  in
luogo  delle  Province  di  Rieti  e   di   Viterbo;   Provincia   di
Frosinone-Latina in luogo delle Province di Frosinone  e  di  Latina;
Provincia di L'Aquila-Teramo in luogo delle Province di L'Aquila e di
Teramo; Provincia di Chieti-Pescara in luogo delle Province di Chieti
e di Pescara; Provincia di Campobasso-Isernia in luogo delle Province
di Campobasso e di Isernia; Provincia di Avellino-Benevento in  luogo
delle  Province  di   Avellino   e   di   Benevento;   Provincia   di
Brindisi-Taranto in luogo delle Province di Brindisi  e  di  Taranto;
Provincia di Barletta-Andria-Trani-Foggia in luogo delle Province  di
Barletta-Andria-Trani e di Foggia;  Provincia  di  Lucania  in  luogo
delle   Province   di   Matera   e   di   Potenza;    Provincia    di
Catanzaro-Crotone-Vibo Valentia in luogo delle Province di Catanzaro,
di Crotone e di Vibo Valentia; 
    b)  Provincia  di  Cuneo,  Provincia  di  Bergamo,  Provincia  di
Brescia, Provincia di  Pavia,  Provincia  di  Sondrio,  Provincia  di
Belluno, Provincia di Vicenza, Provincia di La Spezia,  Provincia  di
Ferrara, Provincia di  Arezzo,  Provincia  di  Ancona,  Provincia  di
Pesaro-Urbino, Provincia di Caserta, Provincia di Salerno,  Provincia
di Lecce, Provincia di Cosenza, Provincia di Reggio Calabria. 
  2. Dalla data di cui al  comma  1  si  determina  il  mutamento  di
circoscrizione provinciale di  appartenenza  per  i  Comuni  indicati
nella tabella allegata al presente decreto, come in essa specificato.
La tabella costituisce parte integrante del presente decreto.
                               Art. 3 

Disposizioni concernenti il Comune capoluogo e la denominazione delle
                              Province 

  1. In esito al riordino  di  cui  all'articolo  2,  nelle  Province
istituite ai sensi della lettera a) del comma 1 del medesimo articolo
2, assume il ruolo di Comune capoluogo il Comune capoluogo di regione
nel caso in cui questo coincide con uno dei Comuni gia' capoluogo  di
una delle Province oggetto di  riordino;  negli  altri  casi  diviene
capoluogo di Provincia  il  Comune,  tra  quelli  gia'  capoluogo  di
Provincia, avente maggior popolazione residente,  salvo  il  caso  di
diverso accordo, anche a maggioranza, tra i medesimi comuni. Ai  fini
di quanto previsto nel primo periodo,  la  popolazione  residente  e'
determinata  ai  sensi  dell'articolo  17,  comma   2,   del   citato
decreto-legge n. 95 del 2012. 
  2. Gli organi di governo delle province hanno  sede  esclusivamente
nel Comune capoluogo di Provincia e non possono essere istituite sedi
decentrate. 
  3. La denominazione  delle  Province  puo'  essere  modificata  con
decreto del Presidente della  Repubblica,  previa  deliberazione  del
Consiglio dei  Ministri,  da  adottarsi  su  proposta  del  Consiglio
provinciale deliberata a maggioranza assoluta dei propri componenti e
sentita la Regione. 
  4. Ai Comuni gia' capoluogo di Provincia continuano ad  applicarsi,
limitatamente alla durata di due mandati successivi a quello in corso
alla data di entrata in vigore del presente decreto, le  disposizioni
relative al numero dei consiglieri e degli assessori comunali vigenti
alla predetta data.
                               Art. 4 

Disposizioni relative alle Province e alla presenza dello  Stato  sul
                             territorio 

  1. All'articolo 17 del citato decreto-legge n.  95  del  2012  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
    a) dopo il comma 9 e' inserito il seguente: 
    «9-bis. In relazione alla procedura di riordino e fermo  restando
quanto  previsto  dall'articolo  10,  ai  fini  di   una   funzionale
allocazione degli uffici periferici delle amministrazioni statali  lo
Stato promuove forme di consultazione e raccordo con gli enti  locali
interessati.»; 
    b) dopo il comma 10 e' inserito il seguente: 
    «10-bis. Nelle materie di cui all'articolo  117,  commi  terzo  e
quarto,  della   Costituzione,   le   Regioni   con   propria   legge
trasferiscono ai Comuni le  funzioni  gia'  conferite  alle  Province
dalla  normativa  vigente  salvo  che,  per  assicurarne  l'esercizio
unitario, tali funzioni siano acquisite dalle  Regioni  medesime.  In
caso di trasferimento delle funzioni ai sensi del primo periodo, sono
altresi' trasferite le  risorse  umane,  finanziarie  e  strumentali.
Nelle more di quanto previsto dal primo periodo le  funzioni  restano
conferite alle Province.»; 
    c) dopo il comma 12 e' inserito il seguente: 
    « 12-bis. Ai sindaci e  ai  consiglieri  comunali  che  rivestano
altresi' la carica  di  presidente  di  provincia  o  di  consigliere
provinciale non puo' essere corrisposto  alcun  emolumento  ulteriore
rispetto a quello loro spettante  per  la  carica  di  sindaco  e  di
consigliere comunale.». 
  2. Con il regolamento di cui all'articolo 10, comma 2,  del  citato
decreto-legge  n.  95  del   2012   sono   definiti,   in   relazione
all'istituzione dei presidi previsti dal medesimo  comma  2,  lettera
b), i poteri e i compiti spettanti ai  responsabili  delle  strutture
presidiarie in relazione alle specifiche  finalita'  ivi  previste  e
conseguentemente  sono  introdotte  le   necessarie   previsioni   di
coordinamento  e  raccordo  ordinamentale  anche   in   deroga   alle
disposizioni  di  legge  vigenti.  Con  il  medesimo  regolamento  e'
altresi' disciplinata la possibilita' di  prevedere  che,  presso  la
prefettura-ufficio  territoriale  del  governo  operante  nell'ambito
territoriale corrispondente  a  quello  della  citta'  metropolitana,
vengano delegate ad un  prefetto,  con  le  modalita'  e  nei  limiti
previsti  dalle  stesse  disposizioni   regolamentari,   e   comunque
congiuntamente o anche disgiuntamente, specifiche funzioni in materia
di  protezione  civile,  difesa  civile  e  soccorso   pubblico,   di
immigrazione ed asilo, di enti locali.
                               Art. 5 

           Disposizioni relative alle Citta' metropolitane 

  1. All'articolo 18 del citato decreto-legge n.  95  del  2012  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
    a) al comma 1, il primo periodo e' sostituito  dai  seguenti:  «A
garanzia  dell'efficace  ed  efficiente  svolgimento  delle  funzioni
amministrative, in attuazione  degli  articoli  114  e  117,  secondo
comma, lettera p), della Costituzione, le Province di  Roma,  Torino,
Milano,  Venezia,  Genova,  Bologna,  Firenze,  Bari  e  Napoli  sono
soppresse,  con  contestuale  istituzione   delle   relative   Citta'
metropolitane, dal 1° gennaio 2014. La Citta' metropolitana di Milano
comprende altresi' il territorio gia' appartenente alla Provincia  di
Monza e della Brianza; la Citta' metropolitana di  Firenze  comprende
altresi' il territorio gia' appartenente alla Provincia  di  Prato  e
alla Provincia  di  Pistoia.  La  Provincia  di  Reggio  Calabria  e'
soppressa,  con  contestuale  istituzione   della   relativa   Citta'
metropolitana, a  decorrere  dal  novantesimo  giorno  successivo  al
rinnovo degli organi del Comune di Reggio  Calabria  a  completamento
della procedura di commissariamento ai sensi  dell'articolo  143  del
testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al
decreto  legislativo  18  agosto   2000,   n.   267,   e   successive
modificazioni.»; 
    b) al comma 2-bis, nel quinto periodo,  le  parole:  «le  regioni
provvedono con proprie leggi» sono  sostituite  dalle  seguenti:  «la
regione provvede con legge» ed e'  aggiunto,  in  fine,  il  seguente
periodo: «Le disposizioni di cui al presente comma non  si  applicano
al Comune di Roma Capitale.»; 
    c) al comma 3-bis,  nel  primo  periodo,  le  parole:  «entro  il
novantesimo  giorno  antecedente  alla  scadenza  del   mandato   del
Presidente della Provincia o del Commissario, ove anteriore al  2014,
ovvero, nel caso di scadenza del mandato del presidente successiva al
1° gennaio 2014, entro il 31  ottobre  2013»  sono  sostituite  dalle
seguenti: «entro il 30 settembre 2013»; 
    d) il comma 3-ter e' abrogato; 
    e) al comma 3-quater, le parole: «o, in mancanza, il 1°  novembre
2013» sono sostituite dalle  seguenti:  «o  comunque  il  1°  ottobre
2013»; 
    f) al comma 4, lettera c), prima  delle  parole:  «nel  caso»  e'
inserita la parola: «solo» e  dopo  le  parole:  «comma  2-bis»  sono
inserite le seguenti: «e questa sia attuata, ai  sensi  del  predetto
comma, tramite il referendum e la legge  regionale  ovvero  nel  caso
della Citta' metropolitana di Roma Capitale,»; 
    g) il comma 5 e' sostituito con il seguente: 
    «5. Il consiglio metropolitano e' composto da non piu'  di  dieci
componenti.»; 
    h) il comma 6 e' sostituito dai seguenti: 
    «6. I componenti del consiglio metropolitano sono eletti: 
      a) nei casi di cui al comma 4, lettere a) e b), tra i sindaci e
i consiglieri comunali dei Comuni  ricompresi  nel  territorio  della
Citta' metropolitana, da un collegio formato dai medesimi secondo  le
modalita' stabilite per l'elezione del consiglio provinciale; 
      b) nei casi di cui al medesimo comma 4, lettera c), secondo  il
sistema previsto dall'articolo 75 del citato testo unico  di  cui  al
decreto legislativo n. 267 del 2000 nel testo vigente  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto. Il richiamo di cui al comma 1
del citato articolo 75 alle disposizioni di cui alla  legge  8  marzo
1951, n. 122, e' da intendersi al testo vigente alla data di  entrata
in vigore del presente decreto. 
    6-bis. L'elezione del  Consiglio  metropolitano  ha  luogo  entro
cinquanta giorni dalla proclamazione del sindaco del Comune capoluogo
nel caso di cui al comma 4, lettera a), o, nel caso di cui  al  comma
4, lettere b) e c), contestualmente alla sua elezione. Entro quindici
giorni   dalla   proclamazione   dei   consiglieri    della    Citta'
metropolitana,  il  Sindaco  metropolitano   convoca   il   consiglio
metropolitano per il suo insediamento.»; 
    i) al comma 7, dopo la  lettera  b)  e'  aggiunta,  in  fine,  la
seguente: 
    «b-bis) le funzioni diverse da quelle di  cui  alla  lettera  a),
comunque spettanti alle Province alla data di entrata in  vigore  del
presente decreto.»; 
    l) dopo il comma 9 e' inserito il seguente: 
    «9-bis. In caso di  mancata  adozione  dello  statuto  definitivo
entro il termine di cui al comma 9,  il  Consiglio  metropolitano  e'
sciolto e viene nominato un Commissario,  che  provvede  all'adozione
dello statuto e all'amministrazione dell'ente sino alla proclamazione
degli eletti conseguente alle elezioni da svolgersi, entro  sei  mesi
dallo scioglimento, secondo le  modalita'  stabilite,  ai  sensi  dei
commi 4 e 6, dallo statuto medesimo,  che  resta  in  vigore  fino  a
diversa  determinazione  del  nuovo   Consiglio   metropolitano.   Si
applicano le disposizioni dell'articolo 141 del citato testo unico di
cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.»; 
  2. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2012,
n. 61, il secondo periodo e' soppresso.
                               Art. 6 

                     Successione delle Province 

  1. Ogni Provincia istituita ai  sensi  dell'articolo  2,  comma  1,
lettera a), succede  a  quelle  ad  essa  pre-esistenti  in  tutti  i
rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale. 
  2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,  adottato
sentita l'Unione delle Province d'Italia (UPI)  e  previa  intesa  in
sede  di  Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie   locali   di   cui
all'articolo 8 del  decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281,
possono essere fissati criteri e modalita' operative uniformi per  la
regolazione in sede amministrativa degli effetti della successione di
cui al comma 1, anche con riguardo alla gestione delle risorse umane,
finanziarie e strumentali. 
  3.  Il  passaggio  dei   dipendenti   di   ruolo   delle   Province
pre-esistenti a quelle istituite ai sensi dell'articolo 2,  comma  1,
lettera  a),  avviene  nel   rispetto   della   disciplina   prevista
dall'articolo 31 del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165.
Decorsi  trenta  giorni  dall'avvio  dell'esame  congiunto   con   le
organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato,  in
assenza dell'individuazione di  criteri  e  modalita'  condivisi,  le
Province istituite ai sensi dell'articolo 2,  comma  1,  lettera  a),
adottano gli atti necessari per il passaggio di ruolo dei dipendenti.
Le relative dotazioni organiche saranno rideterminate, tenendo  conto
dell'effettivo fabbisogno. Resta ferma  l'applicazione  dell'articolo
16, comma 8, del citato decreto-legge n. 95 del 2012. Per i  restanti
rapporti di lavoro in essere nelle Province  pre-esistenti  le  nuove
Province istituite subentrano nella  titolarita'  dei  rapporti  fino
alla prevista scadenza. 
  4. Le procedure di esame congiunto di cui al comma 3  si  applicano
anche   in   relazione   ai   processi   di   mobilita'   conseguenti
all'applicazione dell'articolo 17,  commi  8  e  10-bis,  del  citato
decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dal presente decreto.
                               Art. 7 

                     Norme transitorie e finali 

  1. Salvo quanto previsto dal comma 2, il mandato  degli  organi  di
governo delle Province nelle regioni a statuto ordinario cessa il  31
dicembre 2013. Nelle medesime Province a  decorrere  dal  1°  gennaio
2013 la giunta e' soppressa e le relative competenze sono svolte  dal
Presidente della Provincia, il quale puo' delegarle ad un  numero  di
consiglieri provinciali non superiore a tre. 
  2. Nei casi in cui in una data compresa tra quella  di  entrata  in
vigore del presente decreto e il 31 dicembre 2013 si  verifichino  la
scadenza naturale del mandato degli organi delle Province, oppure  la
scadenza dell'incarico di Commissario  straordinario  delle  Province
nominato ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al  citato  testo
unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 o altri  casi  di
cessazione anticipata del mandato degli organi provinciali  ai  sensi
della legislazione vigente, e' nominato un Commissario straordinario,
ai sensi dell'articolo 141 del citato testo unico di cui  al  decreto
legislativo n. 267 del 2000, per la  provvisoria  gestione  dell'ente
fino al 31 dicembre 2013. 
  3. La data delle elezioni per la costituzione  degli  organi  delle
Province istituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera  a),  e
delle Citta' metropolitane di cui all'articolo  18,  comma  1,  primo
periodo, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dal
presente decreto, nonche' per il rinnovo degli organi delle  Province
di cui all' articolo 2, comma 1, lettera b), e' fissata dal  Ministro
dell'interno in una domenica compresa tra il  1°  e  il  30  novembre
dell'anno 2013. 
  4. Entro il 30 aprile 2013 le province oggetto di riordino ai sensi
dell'articolo  2,  comma  1,  lettera  a),   le   Province   le   cui
circoscrizioni sono modificate ai sensi dell'articolo 2, comma 2,  in
attuazione  dell'articolo  133,  primo  comma,  della   Costituzione,
nonche' le Province di Firenze, di Prato, di Pistoia, di Milano e  di
Monza e della Brianza procedono alla ricognizione dei dati  contabili
ed  economico-finanziari,  del  patrimonio  mobiliare,   incluse   le
partecipazioni,  e  immobiliare,  delle  dotazioni   organiche,   dei
rapporti  di  lavoro  e  di   ogni   altro   dato   utile   ai   fini
dell'amministrazione, a decorrere dal 1° gennaio 2014, delle Province
istituite o aventi circoscrizione modificata, ai sensi  dell'articolo
2, nonche' delle Citta' metropolitane  di  Firenze  e  di  Milano.  I
risultati di tali  adempimenti  sono  trasmessi,  entro  il  medesimo
termine di cui al primo periodo, al prefetto della Provincia  in  cui
ha sede il  Comune  capoluogo  di  Regione.  Decorso  inutilmente  il
predetto termine,  il  prefetto,  previa  diffida  ad  adempiere  nel
termine di venti giorni dalla notifica della diffida medesima, nomina
un proprio commissario che provvede in via sostitutiva. 
  5. Limitatamente  all'anno  2013,  in  deroga  al  termine  di  cui
all'articolo 151, comma 1, del citato testo unico di cui  al  decreto
legislativo n. 267 del 2000, le Province di cui al comma 4  approvano
il bilancio di previsione improrogabilmente entro il 30 maggio 2013 e
per le medesime non trova applicazione il differimento  eventualmente
disposto ai  sensi  dello  stesso  articolo  151,  comma  1.  Decorso
inutilmente il predetto termine, il prefetto individuato nel medesimo
comma 4, previa diffida ad adempiere  nel  termine  di  venti  giorni
dalla notifica, nomina un proprio commissario  che  provvede  in  via
sostitutiva. 
  6. Entro due mesi dall'insediamento dei nuovi  organi  le  Province
istituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), adottano  il
bilancio e le misure necessarie a garantire la piena operativita' con
riferimento all'esercizio delle funzioni attribuite. 
  7. Le prime elezioni del  Consiglio  metropolitano  nonche',  salva
l'ipotesi di cui al comma 4, lettera a), dell'articolo 18 del  citato
decreto-legge n. 95 del 2012, del sindaco metropolitano  si  svolgono
secondo le modalita' stabilite dallo statuto provvisorio ai sensi del
medesimo articolo 18, comma 4. In caso di mancata approvazione  dello
statuto provvisorio entro il  termine  di  cui  al  comma  3-bis  del
predetto articolo 18, come modificato dal  presente  decreto,  e'  di
diritto sindaco metropolitano il sindaco del Comune capoluogo  ed  il
Consiglio metropolitano e' eletto secondo  le  modalita'  di  cui  al
comma 6, lettera a), del medesimo articolo 18,  come  modificato  dal
presente  decreto;  in  tali  casi  entro  tre  mesi  dalla  data  di
approvazione dello statuto definitivo della Citta' metropolitana, ove
lo stesso preveda l'elezione del sindaco secondo le modalita' di  cui
al citato articolo 18, comma 4, lettere b) e c), si procede  a  nuove
elezioni per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio metropolitani.
                               Art. 8 

                      Disposizione finanziaria 

  1. Dal presente decreto non  devono  derivare  minori  entrate  ne'
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
                               Art. 9 

                          Entrata in vigore 

  1. Il presente decreto  entra  in  vigore  il  giorno successivo  a
quello della  sua  pubblicazione  nella  Gazzetta   Ufficiale   della
Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione
in legge. 
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare. 
    Dato a Roma, addi' 5 novembre 2012 

                             NAPOLITANO 

                                Monti, Presidente del  Consiglio  dei
                                Ministri 

                                Patroni  Griffi,  Ministro   per   la
                                pubblica   amministrazione    e    la
                                semplificazione 

                                Cancellieri, Ministro dell'interno 

Visto, il Guardasigilli: Severino
Tabella 
                                                    (Art. 2, comma 2)

Mutamenti delle circoscrizioni provinciali conseguenti ad iniziative dei comuni ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione

Comune

Provincia di appartenenza sino al 31/12/2013

Città metropolitana o Provincia di appartenenza dal 1/1/2014

Fasano

Brindisi

Bari

Cellino San Marco

Brindisi

Lecce

Erchie

Brindisi

Lecce

Mesagne

Brindisi

Lecce

San Donaci

Brindisi

Lecce

San Pancrazio Salentino

Brindisi

Lecce

San Pietro Vernotico

Brindisi

Lecce

Torchiarolo

Brindisi

Lecce

Torre Santa Susanna

Brindisi

Lecce

Avetrana

Taranto

Lecce

Avviso 5 novembre 2012

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’Istruzione

Direzione Generale per il personale scolastico

 

Avviso 5 novembre 2012

 

Oggetto: Concorso per il reclutamento del personale docente nella scuola (DDG n. 82 del 24 settembre 2012). Prove preselettive.

 

Si fa presente che le prove preselettive previste dall’art. 5 del bando avranno carattere nazionale e, stante il previsto elevato numero di candidati e la capienza delle aule fornite di una postazione informatica, si svolgeranno in più sessioni le cui date verranno stabilite dal Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca.

Infatti il citato art. 5, al comma 7 prevede: “Con avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 4^ Serie Speciale, Concorsi ed Esami, del 23 novembre 2012, sulla rete intranet e sul sito del Ministero (www.istruzione.it), nonché sui siti internet degli Uffici scolastici regionali competenti a gestire la procedura, sono resi noti il calendario, le sedi e le ulteriori modalità di svolgimento della prova preselettiva. Nello stesso avviso è data comunicazione in merito alla pubblicazione dell’archivio da cui sono estratti i quesiti di cui al comma 2 nonché delle modalità di restituzione al candidato di copia della prova svolta, se richiesta.”

Nota 5 novembre 2012, Prot. N. 4880

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali

Direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi

 

Ai Dirigenti/Coordinatori delle Istituzioni scolastiche statali e non statali

e p.c. Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali

Ai Dirigenti degli Uffici Scolastici Provinciali

Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle d’Aosta

Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento

Al Sovrintendente Scolastico per la scuola in lingua italiana di Bolzano

All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca di Bolzano

All’Intendente Scolastico per la scuola delle localita ladine di Bolzano Loro Sedi

 

Oggetto: Anagrafe Nazionale degli Alunni – fase di consolidamento frequenze a.s. 2012/2013.

 

L’Anagrafe Nazionale degli Alunni, inizialmente finalizzata all’assolvimento del diritto dovere all’istruzione, rappresenta oggi uno strumento essenziale per l’assolvimento dei compiti istituzionali del Ministero, così come previsto dalla legge n. 35/2012.

Per questo motivo, il sistema dell’Anagrafe è oggetto di particolare attenzione e, per agevolare l’attività delle scuole, il processo di aggiornamento viene ulteriormente migliorato.

A partire da quest’anno, viene resa disponibile una nuova modalità, concordata con i principali fornitori dei pacchetti software, che consente alle scuole, con un’unica operazione, di aggiornare contemporaneamente i dati del sistema locale e quelli presenti sul SIDI.

Questa modalità di aggiornamento viene resa disponibile dai fornitori certificati a partire dal 10 dicembre.

A partire da tale data, le scuole devono scegliere la modalità con cui operare: “gestione diretta nel SIDI” oppure “aggiornamento sincronizzato con il sistema locale”.

Vengono di seguito illustrate le modalità operative che le scuole devono adottare nella fase intermedia fino al 10 dicembre, data in cui trova attuazione il nuovo sistema.

Le funzionalità per la gestione puntuale delle singole posizioni degli alunni in Anagrafe (inizialmente previste per il 5 novembre), vengono rese disponibili a partire dal giorno 8 novembre. Per accedere a queste funzionalità è necessario che la scuola abbia concluso la trasmissione dei frequentanti per l’a.s. 2012/2013 e indicato, con l’apposita funzione, la “Chiusura attività”.

Si fa presente che, se non viene dichiarata la chiusura delle attività è possibile inviare i dati sulle frequenze tramite flusso/shift ma non accedere alla fase di consolidamento.

Dopo la “Chiusura attività” le scuole devono aver cura di tenere aggiornate tutte le posizioni degli alunni utilizzando le consuete funzioni di gestione (inserimento, rettifica, cancellazione). Da quest’anno è stata ampliata la tipologia degli stati di frequenza dell’alunno, diversificati anche in base all’età e alla normativa che disciplina l’obbligo scolastico e formativo (vedi tabella allegata); di conseguenza, le scuole devono specificare la motivazione di ogni variazione dello stato di frequenza dei propri alunni, precisando la data in cui l’evento si è verificato.

Inoltre, vengono introdotte due nuove funzioni:

 

“Alunni as precedente non collocati”: consente di visualizzare l’elenco degli alunni frequentanti la scuola nel precedente anno scolastico 2011/12, che non risultano presenti nella stessa scuola nel corrente anno scolastico. Per tali alunni deve essere indicata la motivazione della mancata frequenza;

“Gestione classi”: permette di individuare, ove presente, le classi che costituiscono la “pluriclasse”.

 

A partire dall’8 novembre è disponibile la guida operativa aggiornata nell’Area dei procedimenti amministrativi.

 

Il Direttore Generale

Emanuele Fidora

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Tabella Stati alunno Frequenza

  • proveniente da esame d’idoneità
  • frequentante all’estero per breve periodo
  • frequentante all’estero per l’intero anno
  • itineranteTrasferimenti
  • trasferimento in altra scuola italiana, statale o paritaria
  • trasferimento in altra scuola italiana, non paritaria
  • trasferimento in scuola all’estero
  • passaggio all’apprendistato (solo in età di obbligo scolastico, per 15enni)
  • passaggio all’IeFP (Istruzione e Formazione Professionale)Interruzioni di frequenza
  • passaggio all’istruzione parentale (solo in età di obbligo scolastico)
  • a rischio di abbandono (solo in età di obbligo scolastico, quando la scuola ha attivato le procedure di controllo per il mancato assolvimento dell’obbligo)
  • abbandono (solo con obbligo scolastico assolto)
  • passaggio all’apprendistato (solo con obbligo scolastico assolto)
  • ritiro entro il 15/3
  • passaggio all’istruzione per adulti (CTP – solo con obbligo scolastico assolto)
  • decesso

 

Parere DFP 5 novembre 2012, Prot. 44274

Presidenza del Consiglio dei Ministri

DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

SERVIZIO STUDI E CONSULENZA PER IL TRATTAMENTO DEL PERSONALE

 

Al Complesso ospedaliero San Giovanni – Addolorata

U.O.c. Direzione amministrativa di Polo ospedaliero e gestione risorse umane

Roma

 

e, p.c.:

 

AI Ministero del lavoro e delle politiche sociali

Direzione generale per le politiche dei servizi per il lavoro

Disciplina del rapporto di lavoro

Roma

DGTutela Lavoro@lavoro.gov.it

 

AII’INPS

Direzione centrale prestazioni a sostegno del reddito

Roma

 

OGGETTO: Riconoscimento dei benefici ex art. 33, comma 3, della I. n. 104 del 1992 a dipendente che assiste un congiunto lavoratore in situazione di handicap grave, il quale fruisce dei permessi per se stesso.

 

Si fa riferimento alla nota del 19 giugno 2012, prot. n. 17202, con la quale si chiede un parere sul diritto alla fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, della I. n. 104 del 1992 da parte di dipendenti di codesta Amministrazione per assistere un congiunto lavoratore che si trova in situazione di handicap grave che fruisce per se stesso dei benefici previsti dalla citata legge; in particolare, si chiede se i giorni di permesso dei due soggetti interessati debbano essere fruiti nelle stesse giornate.

In merito, la normativa citata, accordando la possibilità al lavoratore che assiste una persona disabile in situazione di handicap grave di beneficiare dei permessi per l’assistenza alla stessa, non preclude espressamente la fruizione del beneficio ove il disabile prenda i permessi per se stesso, né tantomeno indica le modalità di fruizione per il caso prospettato. La situazione ordinaria è che le giornate fruite come permesso ex I. 104 del 1992 coincidano, ma ciò non esclude che qualora il lavoratore che assiste il disabile abbia la necessità di assentarsi per svolgere attività, per conto del disabile, nelle quali non è necessaria la sua presenza, il primo possa fruire dei permessi anche nelle giornate in cui la persona disabile si rechi regolarmente al lavoro. Pertanto, considerando anche la varietà delle situazioni che di fatto possono presentarsi, si è dell’avviso che una limitazione dell’agevolazione da questo punto di vista difficilmente potrebbe giustificarsi in base alla legge.

 

IL CAPO DIPARTIMENTO

Antonio Naddeo

 

Nota INVALSI novembre 2012

Oggetto: La restituzione dei dati SNV 2012 e Prova nazionale 2012

A partire da quest’anno scolastico (a.s. 2012‐13) i dati del Servizio nazionale di valutazione (SNV) e della Prova nazionale (PN) sono restituiti alle singole scuole secondo modalità in parte diverse rispetto al passato.

Come di consueto, l’accesso ai dati di una determinata istituzione scolastica può avvenire solo tramite un codice (username) e una password, che l’INVALSI trasmette per e‐mail esclusivamente al Dirigente scolastico.

Quest’anno sono stati previsti cinque livelli di accesso ai dati, tutti protetti da password. Il Dirigente scolastico di ogni scuola riceve un insieme di password, le quali consentono accessi diversi che corrispondono differenti possibilità di visualizzazione dei dati di scuola. Pertanto, il Dirigente scolastico distribuisce alle figure di seguito elencate le rispettive credenziali di accesso per consentire loro la visualizzazione dei dati, differenziata in base al ruolo ricoperto all’interno della scuola. Più precisamente:

  1. Accesso per il Dirigente scolastico. Mediante username e password trasmessa dall’INVALSI, il Dirigente scolastico può visualizzare tutti i dati della scuola, articolati anche per singola classe.
  2. Accesso per il Referente per la valutazione. Mediante apposite username e password trasmesse dall’INVALSI al Dirigente scolastico, il referente per la valutazione può visualizzare tutti i dati della scuola, articolati anche per singola classe. All’atto del primo accesso, il Referente della valutazione deve registrarsi presso il sito dell’INVALSI nell’apposita sezione, indicando il proprio nome, cognome e indirizzo email.
  3. Accesso per il presidente del Consiglio d’Istituto. Mediante apposite username e password trasmesse dall’INVALSI al Dirigente scolastico, il presidente del Consiglio d’Istituto ha accesso a quasi tutti i dati di scuola, ma non alla disaggregazione per classi.
  4. Accesso per i docenti di classi NON interessate dalle rilevazioni SNV e PN. Mediante apposite username e password trasmesse dall’INVALSI al Dirigente scolastico, i docenti di classi che NON hanno partecipato alle rilevazioni SNV e PN possono visualizzare i dati complessivi di scuola, ma non quelli delle singole classi.
  5. Accesso per i docenti di una classe interessata dalle rilevazioni SNV e PN. Mediante apposite username e password trasmesse dall’INVALSI al Dirigente scolastico, i membri di un determinato Consiglio di classe possono visualizzare le analisi relative a quella determinata classe e quelle complessive di scuola. Con le credenziali relative a questa tipologia di accesso non possono essere visualizzate le disaggregazioni relative ad altre classi che hanno partecipato alle rilevazioni SNV e PN della scuola.

Tutte le cinque tipologie di credenziali sono trasmesse dall’INVALSI al Dirigente scolastico, in modo che questi possa preventivamente visionare la tipologia di dati e di analisi che divengono accessibili mediante la consegna agli interessati delle predette credenziali.

A partire da quest’anno le singole scuole hanno, inoltre, la facoltà di far pubblicare sul portale “Scuola in chiaro” alcuni dati sulle rilevazioni INVALSI. Dal momento in cui sono disponibili tutti i dati relativi alle classi che hanno sostenuto le prove SNV e PN nell’a.s. 2011‐12, il Dirigente scolastico può accedere a un’anteprima delle elaborazioni (una tavola e due grafici) che l’INVALSI trasmette al MIUR, previo consenso esplicito del Dirigente scolastico espresso attraverso il sito dell’INVALSI stesso (in un’apposita sezione disponibile a breve). La pubblicazione dei dati sul portale “Scuola in chiaro” è limitata alle sole elaborazioni al netto dell’eventuale presenza di comportamenti irregolari durante lo svolgimento delle prove (cheating).

Il mantra delle 18 ore

IL MANTRA DELLE  18 ORE: oltre la didattica frontale.

di Giancarlo Cerini

 

Allora, chi ha vinto?

Difficile parlare di orari di lavoro degli insegnanti, di questi tempi, tra improvvide manovre finanziarie e scontatissime reazioni “piccate” degli insegnanti. Questo “confronto” muscolare l’abbiamo già visto in altre occasioni (come non ritornare al “concorsone” di Luigi Berlinguer, ministro carismatico ma costretto alle dimissioni dalla protesta dei docenti). Anche questa volta gli insegnanti hanno vinto (stando agli emendamenti soppressivi del Parlamento sulla proposta di elevare l’orario frontale da 18 a 24 ore settimanali di insegnamento), ma il rischio è che per un altro decennio la condizione docente resti invariata e scivoli inesorabilmente verso la marginalità… Colpa di governanti insensibili – si dirà – ma forse c’è dell’altro…. E’ di questo altro che vorrei parlare, avvalendomi di un bel dibattito in rete, sul network “Chiamalascuola” (un gruppo che su facebook conta ormai oltre un migliaio di aderenti). Qualche serata fa è stato organizzato un focus flash mob sul tema. Non riporto gli oltre 200 interventi, leggibili in rete, ma una mia parzialissima e personale sintesi [con alcuni inserti in corsivo, ripresi dal dibattito in rete].

 

Oltre l’orario in classe, c’è dell’altro…

La questione dell’orario di lavoro dei docenti è controversa: nell’insegnamento c’è un quid di professionalità che fatica a stare dentro a conteggi di ore e di minuti, ma c’è anche l’esigenza di apprezzare e far “vedere” pubblicamente la qualità/quantità del lavoro effettivamente svolto. Ma non sceglierò in questa sede né un approccio sindacale (il contratto di lavoro), nè giuridico (i diritti/doveri, le ore obbligatorie o meno), nè politico (la presunta insensibilità della politica verso la scuola), ma strettamente culturale e professionale (che cos’è o dovrebbe essere, oggi, il mestiere dell’insegnare).

Occorre però far uscire il dibattito dalla trincea delle 18 ore frontali. Perché sembra una difesa d’ufficio dell’esistente: anche perché c’è chi già svolge 25 ore frontali -come gli insegnanti di scuola dell’infanzia. Il tema vero è il valore e l’intensità del lavoro, con la sua evasiva regolazione contrattuale (ferma a 40 anni fa), con il mancato riconoscimento sociale che è legato alla scarsa visibilità sociale del contenuto professionale (certamente si fa lezione, ma occorre anche studiare, documentarsi, preparare la didattica, correggere i compiti, incontrare genitori e colleghi, curare l’aggiornamento, ecc. tutti elementi spesso lasciati nel “limbo” del dover essere).

 

Un professionista socialmente credibile

E poi il lavoro dei docenti è cambiato [sta cambiando]: si svolge in aula, ma anche fuori, in una pluralità di situazioni, formali e informali. Il rischio è che il mantra delle 18 ore finisca con il confermare lo stereotipo e l’immagine di una professione docente da anni ’50. E’ certamente inaccettabile aumentare carichi di lavoro senza corrispettivi, ma il nodo vero è far crescere la considerazione sociale verso insegnanti preparati, competenti, appassionati, che sanno fare comunità professionale e che vivono la scuola come ambiente di apprendimento per i ragazzi e gli adulti…ma questa è un’altra storia, che interpella tutti noi, e non solo politica e sindacato.

… ma allora occorre cambiare subito il contratto e “far apparire” anche le ore che sono “nascoste” nel contratto attuale, come preparazione, correzioni, ricerca ecc. ecc. Se necessario, facciamole a scuola di pomeriggio, così tutti le “vedranno”, ma mettiamole belle in chiaro nel contratto. (Negro dell’Audiofracasso)

E’ un problema di contratto di lavoro, certo, però bisognerà arrivare preparati ad una nuova tornata contrattuale, con assemblee costruttive e partecipate… Intanto, però, bisogna ricostruire l’identità del lavoro del docente nell’immaginario della gente (e quindi dei decisori politici).

 

De-privatizzare le pratiche professionali

Se continuiamo a parlare di “ore” confermiamo un modello cattedratico-tayloristico da anni 50…. ove regnava la lezione frontale. Ma il lavoro didattico efficace (quello che può produrre risultati positivi con gli allievi) non è più questo…

…andando oltre  il monte orario, si dovrebbe iniziare a parlare di professione per i docenti. L’apertura all’esterno è necessaria, ma continuando a contabilizzare le ore in classe, la si impedisce. Per creare reti con territorio e famiglie, non si può chiedere ai docenti di conteggiare le ore in classe o a scuola. (Laura De Angelis)

Un professionista deve andare oltre lo schema delle ore di lezione, oltre ciò che succede strettamente in classe. Se con certi ragazzi di un istituto professionale (ma anche delle medie, dei licei, delle elementari, ecc.) siamo in difficoltà, forse dovremmo uscire dalla classe, inseguirli sul web, accompagnarli in uno stage, ascoltarli il pomeriggio, proporre esperienze motivanti…. Serve un orario di lavoro che contenga e dica tutto questo, altrimenti non si uscirà mai dalla diceria populista: “…ma quante poche ore fanno i docenti…“. In un recente sondaggio televisivo si è notato che il 45% degli intervistati era d’accordo sull’aumento dell’orario di lezione per i docenti.

…è vero, l’operazione è stata condotta dall’alto e per finalità soltanto economiche, ma approfittiamo per sollevare il problema. Per esempio le nuove Indicazioni parlano di realizzare la comunità professionale dei docenti. Dove trovare i tempi per de-privatizzare le proprie pratiche e crescere insieme in un apprendistato cognitivo in cui tutti, esperti e novizi, possono apprendere reciprocamente attraverso un confronto sulla pratica?Tutti dovrebbero mettere in discussione il loro “curriculum script” spesso fatto di modalità  routinarie…. (Cinzia Mion)

 

La “mossa del cavallo”

A mio parere, ci vuole una “mossa del cavallo”: con la intangibilità delle 18 ore forse si vince una piccola scaramuccia, il disegno di legge sarà ritirato (è vero, era di scarsissimo profilo, con i conti sbagliati, confezionato da apprendisti stregoni) e amici come prima: per altri vent’anni continueremo a lamentarci della nostra condizione ingrata e marginale. Bisogna dire a voce alta e con orgoglio di cosa è fatto oggi il lavoro del docente, di che cosa si compone una buona professionalità, come la si attesta e valuta, come la si mette in pratica, come la si coltiva …e con tolleranza zero verso la mediocrità….

… sto osservando nei docenti una difficoltà sempre maggiore di gestione della classe: completamente soli di fronte a classi sempre più diversificate, che richiedono programmi a diversi livelli, con una enorme difficoltà a far rispettare le regole, con genitori poco collaborativi. Sono convinta che molti non reggerebbero un aumento del carico di lavoro con ancora più classi. Aumenteranno le assenze per malattia, aumenterà il burnout e complessivamente tutto il sistema entrerà in sofferenza. (Alga Maria Paola Borriello)

Una ricerca fatta in provincia di Bolzano[1] mette in evidenza che il lavoro docente effettivo oscilla tra le 36 e le 38 ore settimanali. Perché non prenderne atto ufficialmente? Ci dovrebbe essere un tempo di presenza a scuola “all inclusive” (per la dimensione collaborativa e pubblica del lavoro che è tanta, ma non è tutto) ed un quid professionale per la preparazione e l’elaborazione personale. Di fronte a questa prospettiva, le 18 ore di lezione sono una gabbia autoconsolatoria.

… in certi consigli di classe si perde più tempo a trovare il segretario verbalizzante che a parlare dei ragazzi… E che dire dei compiti con dati mancanti o errati? Forse ripartire dalla “inerzia docente” può aiutare! Rimanere a scuola a lavorare è momento socializzante e può essere coinvolgente se c’è almeno un buon numero di docenti motivati su cui fare leva per ritrovare nuova energia!!! (Carla Parolari)

 

Facciamo un po’ di conti

L’emergenza finanziaria è un vincolo che la scuola, da sola, non è in grado di bypassare. Il 50% del nostro bilancio dello Stato se ne va a pagare interessi sul debito consolidato da oltre 40 anni, per cui la quota di risorse pubbliche sulla scuola, sulla sanità, sulla previdenza, sulle infrastrutture, sugli apparati pubblici (abbiamo meno dipendenti pubblici di Francia e Germania…) è sempre la più bassa rispetto ai paesi europei e OCSE. Qui i problemi sono più grandi di noi. Non è scontato dire: bisogna investire di più sulla scuola (e infatti sta scritto in tutti i programmi elettorali, ma poi non si fa).

…un docente inadeguato, poco professionale, poco capace di entrare in empatia coi suoi studenti e di trasmettere le sue conoscenze arreca un danno esponenziale ai suoi studenti, che produrrà i suoi effetti nel corso degli anni. Il mio timore è che i “decisori politici” abbiano fatto leva su un malcontento purtroppo diffuso per operare tagli e fare cassa. La cosa che più mi sta colpendo è che nei vari tg e approfondimenti non se ne parla che sporadicamente, a margine. Secondo me oggi non si può più prescindere da una valutazione seria della professionalità, unico criterio per determinare progressioni di carriera, altro che anzianità di servizio! (Isabella Pinto)

Decisori politici….opinione pubblica….immaginario sociale….scelte politiche….comportamenti delle scuole…professionalità dei docenti….tutto si tiene… l’orario così com’è contrattualizzato forse tutela (!?) la categoria, ma finisce col danneggiarla nel lungo periodo. Ben vengano proposte più articolate: rendere visibile il sommerso, costruire tempi di presenza a scuola “non frontali”, essere esigenti sulla professionalità (reclutamento, formazione obbligatoria, valutazione, ecc.), definire profili part-time e full-time, chiedere ai migliori di mettere energie e disponibilità per sviluppare la qualità della propria scuola. Queste esigenze sono debolmente rappresentate nel contratto di lavoro, oggi per altro bloccato.

La realtà è che il “territorio” ci ha già “valutati”, da tempo. Siamo precipitati nella considerazione sociale, è saltato quasi ovunque il patto con le famiglie, abbiamo genitori sempre più “invadenti” che si sentono autorizzati a discutere e sindacare ogni scelta, spesso non con intento collaborativo ma in chiara opposizione. Se non si tiene conto di questa situazione sociale, non si capiscono certe scelte politiche, inimmaginabili fino a solo pochi anni fa… La “gggente” NON è con noi, cerchiamo di farcene una ragione e, se possibile, di riconquistare almeno in parte un po’ del perduto prestigio…(Antonio Fini)

 

Come se ne esce?

Insomma, c’è da fare una lunga traversata nel deserto… e bisogna saper cogliere gli indizi positivi (se ci sono e comunque farli crescere se non ci sono) negli orientamenti di senso comune (le lettere ai giornali, i titoli dei quotidiani e dei Tiggì, i discorsi delle mamme sul portone della scuola, un filmato positivo, ecc.). La sfida si vince lì… i documenti da “indignados” io li capisco, ma parlano solo a noi, tra di noi…

L’orario di lavoro degli insegnanti dovrebbe salire a 26/28 ore settimanali (5/6 ore al giorno, e basta con l’idiozia delle ore di buco), di cui 18 passate a fare lezione in classe, le altre a programmare, accogliere, integrare, lavorare in commissioni o gruppi, recuperare o potenziare, progettare, sostituire colleghi momentaneamente assenti (non certo sugli spezzoni)… E a fronte di queste 26/28 ore di servizio dovrebbe corrispondere un aumento salariale, a voler essere seri e onesti, di almeno 200/300 euro netti in busta paga. Dove si trovano questi soldi, per essere ancora più onesti e seri? Magari tagliando del 50% i fondi d’istituto, quelli appunto da cui si prendono i soldi per pagare le attività progettuali, le commissioni, le consulenze di esperti, attività che sarebbero svolte direttamente dai docenti, con la differenza che i soldi arrivano in busta paga, e la si fa finita con quella indecorosa forma di redistribuzione del reddito che è l’assegnazione del fondo d’istituto ai docenti. Quanto ai giorni di vacanza, che si dice siano troppi, che vengano pure trasformati in altro (programmazione, aggiornamento obbligatorio, auto-aggiornamento), lasciandoci godere senza inutili ironie dei giorni di ferie previsti per contratto: 36, come tutti. (David Nadery)

…nella valle del Foglia, le aziende sono in crisi, le fabbriche chiudono ed è di questi giorni il fallimento di una delle più importanti produzioni di mobili. Mezzo paese rimarrà presto a casa. Quando vado al bar non oso parlare del rischio di dover fare due ore in più di lavoro, finirei per ingurgitare il caffè di traverso (e avrebbero ragione). Quindi non lo faccio. Mentre invece parlo volentieri dei bambini e di come e cosa occorra per accompagnarli per avere una buona preparazione. Cerco di essere convincente. I genitori, che hanno perso il lavoro, non possono perdere anche la speranza per il futuro dei loro figli. Così, coi colleghi in gamba, ci ritroviamo per progettare e riprogettare. Se i genitori lo vedono, lo percepiscono…saranno dalla nostra parte. Ma dobbiamo fare sul serio. (Marco Renzi)

 

Alla ricerca di idee convincenti

Bisogna saper argomentare e provare a farla questa “buona scuola”, altrimenti si vince …forse… nell’immediato, ma si perde per il futuro.

…questo circolo virtuoso potrebbe essere innescato da tre operazioni che un governo attento dovrebbe promuovere: 1) investimento sulle strutture scolastiche in modo da renderle adatte al nuovo modello di scuola e di docente (laboratori e ambienti per un orario pieno e trasparente); 2) adeguamento degli stipendi allo standard europeo; 3) articolazione di carriera, previa valutazione delle capacità e disponibilità. Vorrei aggiungerne una quarta che ritengo preliminare al fine di far crescere la fiducia nel sistema scolastico: selezionare dirigenti all’altezza della funzione. (Giuseppe Prosperi)

Giuseppe Prosperi[2], dirigente scolastico per tanti anni, ha fatto una bella sintesi delle nostre aspettative. Il problema è però: “a chi spetta il primo passo?”, “come rendere credibile la prospettiva di un aumento delle retribuzioni?”, “che tipo di modello professionale dell’insegnante proporre all’opinione pubblica?”, “come rimuovere le situazioni di mediocrità?”, “come costruire una proposta credibile e condivisibile, dal mondo della scuola ma anche dalla società”. Ecco questioni su cui occorre ritornare, con proposte credibili e condivise.

Post-it (da Mara Pacini, insegnante di scuola dell’infanzia)

Sto pensando che ho cominciato il 39° anno di servizio nella scuola dell’infanzia statale, già “scuola materna”: i primi anni facevo 40 ore alla settimana, poi divenute 35 (7 ore al giorno in una scuola che stava aperta dalle 7.45 alle 18.15). Da molti anni faccio 25 ore frontali con le bambine e i bambini, più tutte le riunioni con le colleghe, i genitori, gli enti territoriali, i seminari di formazione e aggiornamento, letture e studio personali per rimanere informata…. Uso il mio computer personale, perché a scuola quel che c’è è praticamente incompatibile con tutto. Inoltre non c’è tempo per sedersi al pc per leggere o scrivere: mi porto regolarmente il lavoro a casa, quindi altro tempo per programmare, pensare, pianificare, predisporre idee e materiali… Lo faccio per me stessa, per la mia dignità personale e professionale, lo faccio per le bambine e i bambini che ogni giorno scoprono, insieme a me e alle mie colleghe, le meraviglie della conoscenza di gruppo. Mi piacerebbe una maggiore considerazione e un maggiore rispetto da parte di tutti per questo mestiere, e, sopratutto , mi piacerebbe che non si facesse “di ogni erba un fascio”…..Meditiamo gente, meditiamo…

 

Per approfondire:

Nella ricerca effettuata nel 2006 dall’agenzia Apollis per conto della Provincia di Bolzano è stato ricalcolato il quadro complessivo degli impegni dei docenti, arrivando a quantificare in percentuale le diverse attività [attenzione: a Bolzano vige un contratto di lavoro provinciale, diverso da quello nazionale]. Le lezioni in classe coprono appena il 33% del tempo di lavoro, altre quote significative del tempo di lavoro annuale si riferiscono a: lezioni aggiuntive (3%), accompagnamento/sorveglianza (6%), preparazione delle lezioni (18%), valutazione/documentazione (8%), correzione compiti in classe (3%), programmazione con i colleghi (4%), organi collegiali (4%), aggiornamento (8%), esami (3%), altro: attività amministrative, contatti, consulenze, colloqui, udienze, ecc. (10%).

 


[1] H.Atz, U.Becker, E.Vanzo, Orario e carico di lavoro degli insegnanti in provincia di Bolzano, Provincia autonoma di Bolzano, Apollis, 2006 (www.apollis.it ). Vedi appendice in calce all’articolo.

[2] Di Giuseppe Prosperi si veda il recente intervento, Il preside che non ti aspetti, in “Rivista dell’istruzione”, n. 4, luglio-agosto 2012, Maggioli editore. Il fascicolo è interamente dedicato alla ricognizione delle professionalità e delle figure professionali già presenti nella scuola di oggi.

Se l’aula è troppo piccola la classe va ridotta di numero

Se l’aula è troppo piccola la classe va ridotta di numero

di Salvatore Nocera

 Il TAR Molise con la sentenza n. 556/2012 , depositata il 16 Ottobre 2012, ha ribadito il principio secondo cui quando un’aula di scuola non rispetta le norme sulla sicurezza e l’igiene , la classe va ridotta di numero.

Il caso riguardava l’accorpamento di tre classi di  circa 20 alunni ciascuna in due classi di circa 30 alunni ciascuna.

L’accorpamento è stato realizzato dall’Ufficio scolastico regionale, non ostante la segnalazione del dirigente scolastico che riferiva dello scarso numero di metri quadri rispetto al numero degli alunni( mq = 1,96 per persona).

Alcune famiglie delle nuove classi hanno proposto ricorso per violazione della normativa sulla sicurezza e sulla  igiene.

Il TAR ha accolto il ricorso dopo un’ampia analisi della normativa vigente e la documentazione dell’insussistenza dei requisiti di igiene e sicurezza nelle nuove classi,condannando parzialmente l’amministrazione alla rifusione delle spese.

In fase cautelare il TAR aveva concesso la sospensiva, che però era stata annullata dal Consiglio di Stato; il TAR si è allora pronunciato nel merito, obbligando l’amministrazione a ricostituire le tre classi originarie.

 

OSSERVAZIONI

Nella fattispecie non trattavasi di classi frequentate da alunni con disabilità, poiché in tal caso vi sarebbe stata anche la violazione dell’art 5 comma 2 del dpr n. 81/09 che fissa a 20, massimo 22 il numero massimo di alunni in una classe.

Però sta consolidandosi  la Giurisprudenza secondo cui in ogni caso la violazione delle norme sulla sicurezza e sull’igiene assicurano ai ricorrenti il diritto alla riduzione del numero di alunni per classe ed addirittura il ripristino delle classi originarie in caso di accorpamento contro legge.

No, caro Lodoli!

No, caro Lodoli!

 di Maurizio Tiriticco

Non è affatto vero che ormai l’Umanesimo sia giunto alla sua fine! Almeno così si esprime il titolo de “la Repubblica” di ieri 31 ottobre! E a caratteri cubitali! Vado a vedere l’incipit e leggo che una professoressa lamenta di non esistere più, di essere diventata invisibile! “Entro in classe, comincio a spiegare e subito mi accorgo che nessuno mi ascolta!… La mia voce non gli arriva, parlo e vedo le parole che si dissolvono nell’aria e dopo un poco mi sembra che anch’io mi dissolvo”. Mi chiedo: la stessa cosa non potrebbe dirla anche la professoressa di matematica? E allora anche la cultura scientifica si sarebbe dissolta? Ma che test è, caro Lodoli? Due insegnanti che insistono nel fare la lezione di sempre possono costituire un test per saggiare lo stato della cultura e della ricerca nel nostro Paese? Non viene in mente alla nostra collega che forse è la sua lezione che ammorba e non i contenuti che intenderebbe “trasmettere”? Lo so che un vecchio e stantio adagio considera la cultura come un qualcosa che si trasmette e che l’insegnante sarebbe il mezzo per questa trasmissione! Ma è proprio così? Forse una volta poteva essere così! L’alunno era un numero riportato su un registro, braccia conserte su un banco scomodissimo, grembiule nero e fiocco bianco, zitto e mosca, come si suol dire. E l’insegnante che in/segna, che lancia parole che dovrebbero segnare la testa dell’alunno! E poi interroga per verificare che ciò che ha detto sia stato debitamente segnato, registrato, restituito! La scuola di un tempo, della cattedra e dei banchi, di chi parla e di chi ascolta! Ma è proprio vero che questo modello di scuola sia ancora valido e produttivo? Sempreché lo sia stato anche nel passato? Alla tua professoressa, di lettere o di matematica, non viene in mente che anche le cose più interessanti del mondo, quando dette e raccontate, possano solamente annoiare e ammorbare?

Molti anni fa l’unico modo per accedere a un qualcosa di culturale era la scuola: giornali, riviste, libri erano solo per pochi; e non c’era né radio ne telefono né la televisione! E neanche la luce elettrica! E l’Umanesimo, quello della nostra proff, riguardava più o meno l’un per cento della popolazione. Se il 90% della forza lavoro – appena 100 ani fa – attendeva al lavoro dei campi, che necessità aveva di leggere, scrivere e far di conto? Le tecniche di lavorazione erano trasmesse praticamente di padre in figlio! E l’analfabetismo raggiungeva quote percentuali altissime! E l’Umanesimo? Ma che roba è? Finalmente venne la scuola! E insegnare a leggere e scrivere, trasmettere cultura e “fare lezione” erano forse funzionali a quel contesto socioculturale assolutamente deprivato, ma oggi?! Tutto è profondamente cambiato! Tutto soprattutto nella testa, negli atteggiamenti e nei comportamenti dei nostri ragazzi, esposti quotidianamente a stimoli di diversa natura e di forte impatto! Come possiamo pensare che a scuola si possa tenere una lezione come si poteva e, forse, si doveva fare un tempo? Lo spazio vitale di un tempo era piccolo piccolo! Anche per me negli anni Trenta dello scorso secolo l’Africa e l’America erano terre lontane, immaginate e sognate! Le coordinate spazio-temporali in cui si muovevano i nostri nonni erano estremamente ristrette: la stessa Milano era lontana da Roma anni luce; e il tempo o era quello di ieri o quello della storia raccontata dai libri, o meglio dai libri di testo che spesso erano gli unici che “abitavano” in una casa! La lezione cattedratica era qualcosa di insolito, di nuovo, a volte anche di coinvolgente! Ma oggi? Quanti sono gli stimoli a cui sono esposti i nostri ragazzi? Lo spazio soprattutto sembra non avere più confini e Sharm el Sheik è alla portata di mano! Un tempo a volte si viveva un’intera vita senza avere mai visto il mare!

E allora di che si lamenta la nostra professoressa di lettere? L’Umanesimo è morto perché una classe intera si abbiocca costretta ad ascoltare le sue parole? Non andiamo oltre a scomodare i massimi sistemi! Non è morto l’Umanesimo! Non è morta la ricerca scientifica! E’ morto un modello di scuola! E’ morto un modello di insegnamento! Non le viene in mente che la cultura non si trasmette, ma si sollecita, si accende, si provoca, si fa costruire, si costruisce insieme? Si è mai chiesta la proff di Lodoli che cosa sia la didattica laboratoriale? Non sta a me entrare nel merito! Ma sia le Indicazioni nazionali che le Linee guida – le conosce la nostra proff? – ne parlano diffusamente! E dovrebbero porre qualche interrogativo alla nostra proff! Che si lamenti di meno e che si aggiorni di più! E impari a stabilire rapporti diversi con i suoi alunni! E vedrà che saranno capaci di appassionarsi! Purché i nostri ministri la piantino di tagliare fondi alla scuola di cui , invece, ha un estremo bisogno! Anche per aggiornare la nostra proff!


Farsi altrove e “passeggiare”

Farsi altrove e “passeggiare”
Per una “prima scuola” dei se e dei ma

 di Claudia Fanti

Prendo spunto dall’articolo di Lodoli “Quell’altrove culturale dove vivono gli studenti

La mia percezione di maestra è diversa dalla sua. I bambini e le bambine mi paiono proprio essere collettori genetici della “nostra storia”. Esattamente così, purchè non vengano lasciati soli nel mondo dei messaggi mordi e fuggi. Ho scritto più volte che ,al di là dei facili sociologismi, il mondo degli adulti “anziani” dovrebbe sforzarsi di andare.

Non basta soffermarsi su ciò che si “vede” nelle relazioni e nei comportamenti di superficie quotidiani del mondo giovanile, non basta. Non si può come educatori-insegnanti non lottare in modo esplicito, nero su bianco, contro schede, test, analisi formali del testo, grammatica in pillole esplicite, accumulo di informazioni. E non lo si deve fare soprattutto nella scuola primaria: qui si dà il la al modo di rapportarsi al sapere e alla ricerca personale.

Anzi, l’”arte” della comunicazione orale va ripresa fin dalla più tenera età e cioè dalla scuola dell’infanzia, e va ripresa ridando sommo valore alla conversazione prima della matita e della penna, senza super produzione di oggetti (vedi quaderni, schede, cartelloni, file, o che so io)…

Entrare in classe con la parola e ascoltare la parola è l’arma più potente contro la dissoluzione del pensiero critico e illuminato sulla realtà.

La realtà, sia essa reale od onirica-fantastica-immaginaria, va indagata insieme con i giovani infischiandosene di programmi, verifiche, voti, test, risultati subitanei da raggiungere. Anche perché i risultati arrivano eccome!

“Vedere” prima, guardare poi, osservare in seguito, discutere più avanti, infine conversare e argomentare sugli aspetti della realtà in  modo appassionato e laico riporta nella giusta dimensione speculativa adulti e bambini/e.

E’ nel bambino/a che deve “inizare” il percorso di riconoscimento della umanità di tutti, di quella umanità che cerca nel bello e nel buono le risposte per viaggiare sicuri verso un ignoto che  via via si chiarisce e quando non si chiarisce va interrogato con puntiglio e con la giusta lentezza utile a dare spazio a ipotesi, a costruzione autonoma di futuro.

Al mondo dei centri commerciali, dei giocattoli usa e getta, dei video game, del tutto e subito, quel mondo che vede bambini trascinati come valigette a correre per le corsie di un supermercato ideologico, va opposto il mondo della “passeggiata” rilassata fra le cose, quella che sa guardare in alto verso il cielo o il mare azzurro e ancora chiede perché sia azzurro, e lo indaga tramite le scienze, le poesie, la letteratura, la filosofia, la storia, la geografia, l’arte, la musica, il racconto…

E non è il numero degli argomenti affrontati nella “passeggiata” pedagogica, ma la profondità e il rigore del soffermarsi sulle proprie risposte confrontate con quelle di autori contemporanei e antichi a confronto pure essi, che fa apprendimento vero e solido.

Se con un bambino qualunque avvio una converazione su sogno (magari perché in classe qualcuno ha raccontato un “brutto sogno”) e  libertà  (magari perché qualcuno ha detto che quando si sogna si è costretti a farlo!) e gli lascio disegnare “la sua libertà”  unitamente al suo sogno e poi lo induco con la paziente attesa a parlare a lungo di ciò che ha pensato e fisso sulla carta i suoi pensieri in modo che li possa poi leggere e rielaborare, e successivamente, soltanto successivamente per non condizionarne prima l’espressione, gli presento, che so, quadri di surrealisti, senza analisi formali precoci, e gli permetto di fare ipotesi sul perché e il percome, secondo lui, sulla tela ci sono immagini stranianti, e poi leggiamo insieme la poesia di P. Eluard “Libertà” e ne cogliamo le immagini e ad esse  permetto al bambino di associare le sue, e poi gli racconto la storia in cui si inseriscono tali versi e via dicendo…mi accorgo della potenza del nostro narrarci a vicenda, mi accorgo di quanto nel bambino stesso sia presente la “nostra storia”, quella che Lodoli teme o auspica conclusa…

L’incanto che si può leggere negli occhi e nelle parole stupite di un bambino che si accorge di “sapere” prima del sapere formale di altri, e di non essere solo con le sue intuizioni, con le sue parole, con i suoi disegni, con i suoi incubi, con i suoi desideri di libertà e autonomia, è un regalo che lui/lei fa alla scuola e, in definitiva, al futuro.

Con ciò, non voglio dire che le difficoltà di apprendimento e insegnamento non esistano, voglio semplicemente far presente che nulla è perduto. Anzi, direi che forse il nostro presente sarebbe potentissimo nel suo rifornirci di strumenti d’indagine anche tecnologici a supporto degli approfondimenti che mettiamo in atto a scuola, se solo sapessimo selezionare tali strumenti e usarli come strategici supporti e non come dei che pretendono sottomissione di teste e programmi da svolgere.

Un tempo c’erano quei lunghi elenchi di parole dai quali attingere il lessico, alla Savaresi per intenderci: testo letterario su un aspetto della natura trattato in modo lirico, successivo contenitore lessicale a margine per l’espressione. Ecco, non certo questo oggi facciamo coi nostri alunni, Tuttavia il ridare gli occhi, la voce, le parole… alle cose belle, significative, mentre si materializzano davanti alla nostra coscienza, siano esse una cosa-farfalla o un cielo stellato, credo sia necessario, essenziale, d’obbligo. Il  riflettere su di esse a lungo, il rielaborare insieme e poi il riordinare le idee con l’aiuto di storia e autori appartenenti al nostro “antico sapere” sono atti pedagogici e didattici che vanno agiti e divengono il volano per spingere in avanti questi bambini e ragazzi troppo costretti nelle gabbie dei risultati, dei prodotti verificabili, dei giochini di livello che il mondo sclerotizzato propina loro riproponendo le dinamiche adulte dei rapporti e delle visioni à la page…

Davanti a una scuola, ieri, vedevo schiere di studenti e di insegnanti, allora  li ho ascoltati: parlavano di interrogazioni, di compiti in classe, di programmi più o meno onorati nella loro corposità…

Invece mi piacerebbe sentir parlare delle idee di ognuno, delle opinioni (anche fossero le più strampalate, almeno sarebbero espresse), di domande senza ancora una risposta alle quali se ne vorrebbe trovare una insieme…un bell’altrove!

In ogni caso, ritengo che non si valuti ancora fino in fondo il peso che ha avuto negli ultimi vent’anni sull’insegnamento/apprendimento lo spostamento di visione indotto, anche nei più resistenti, da una scuola degli “attesi imprevisti” alla Perticari (per intenderci) a quella degli obiettivi specifici e generali da raggiungere senza se e senza ma, della competizione, del voto, delle verifiche a crocette e dei risultati DOVUTI.

 

I poteri forti e l’attacco alla Scuola pubblica

I poteri forti e l’attacco alla Scuola pubblica

 di Pasquale Picone

Di fronte al panorama del progressivo degrado delle relazioni sociali, grazie al dilagare dei disvalori, dell’elevazione a categoria divina del profitto e del danaro, c’è da chiedersi, da dirigente di un liceo dello Stato, dove attingere l’energia quotidiana per guardare negli occhi i docenti di scuola pubblica, per sostenerli nel loro lavoro di formazione dei giovani.

Ancora di più, come guardare oggi negli occhi gli studenti liceali, così affamati di futuro, di chiarezze, di motivazioni ai valori.

Non vi possono essere più dubbi: mai come nel momento storico che stiamo attraversando la scuola pubblica è chiamata ad un’opera coraggiosa e generosa di demistificazione dei “crimini di pace” di basagliana memoria.

Franco Basaglia fu uno psichiatra che rifiutò la “delega del controllo”, della devianza e della sofferenza, che il potere costituito affidava tradizionalmente agli psichiatri ed al loro luogo di culto, il manicomio. Adottando una chiave di critica sociale, tradizionalmente lontana dalla medicina e dalla psichiatria organicista, Basaglia dimostrò che il manicomio si era trasformato in una “istituzione totale”. Una istituzione, cioè, che aveva talmente snaturato la sua ragion d’essere, da ribaltarla nel suo opposto. Istituzione nata per curare, in realtà produceva malattia. Basaglia vinse la sua battaglia. I manicomi furono chiusi per legge.

Forse c’è una vicenda di struttura scientifica per la psichiatria. Perché già Freud e Jung, insieme ad altri, si erano resi conto che per il sapere sulla psiche risultavano insufficienti le conoscenze puramente mediche ed organiciste. In tutta evidenza, l’oggetto d’indagine, la psiche, è un complesso di funzioni che, a differenza di quelle di altri organi, non è del tutto riducibile all’organo che, in prevalenza, la supporta. Per i fondatori della psicoanalisi, il sapere medico aveva bisogno di coniugarsi con le conoscenze filosofiche, sociologiche e delle scienze umane in generale. Freud riconobbe esplicitamente che la sua teoria della duplicità pulsionale, Eros e Thanatos, derivava da Empedocle. Per Jung, basterebbe una sbirciatina al recente Libro Rosso, per percepire i risvolti “filosofico-letterari”, artistici e storico-religiosi della sua concezione della mente umana. Illuminante, per tale linea di riflessioni, il più recente contributo di James Hillman, “Plotino, Ficino e Vico precursori, della psicologia junghiana” (in Jung e la cultura europea, Rivista di Psicologia Analitica, IV, 2, 1973).

Del resto, la designazione di “cura dell’anima” è insita nell’etimo stesso di philo-sophia (philo = amicizia, amore, aver cura). E già Diogene Laerzio, nella Vita di Platone, 45, aveva affermato:

«C’è anche un nostro epigramma che suona così: Se Febo non avesse dato la vita a Platone nell’Ellade come avrebbe potuto curare con le lettere le anime degli uomini? Suo figlio Asclepio è il medico del corpo: dell’anima immortale è Platone.

Ed un altro sulla sua morte: Febo generò agli umani Aslepio e Platone: l’uno per la cura del corpo, l’altro dell’anima».

Tutta quella prima generazione di psicoanalisti concepì la scuola come il comparto della prevenzione psicologica. A. Freud a Londra e S. Spielrein a Mosca fondarono scuole per l’infanzia con una metodologia psicoanalitica.

Guardando a quell’auspicio dalla posizione contemporanea, bisogna considerarlo come un’aspirazione idealizzata.

I processi di insegnamento e apprendimento accadono nella mente o negli alluci dei piedi? Esistono o no differenze nell’organizzazione della mente e della personalità della prima, della seconda, della terza infanzia; della pubertà e dell’adolescenza? L’omogeneizzazione delle professionalità di docenti e dirigenti scolastici, concepita e stimolata a prescindere dalle peculiarità delle diverse fasce di età –maturazione di competenze specifiche con l’oggetto/soggetto del proprio lavoro- con la reversibilità irrelata, acritica e incoerente tra i diversi ordini di scuola, ha rafforzato o depauperato la funzione formativa della scuola pubblica? Il falegname deve conoscere o no la morfologia e la tipologia del materiale con il quale lavora?

Nella concretezza della storia della scuola pubblica soprattutto in Italia, la battaglia, degli anni 60 e 70 del Novecento, sia per la formazione psicologica degli insegnanti sia per la presenza di uno psicologo nell’organico di ogni scuola -come c’è da cinquant’anni nei paesi di lingua anglosassone- è stata totalmente sconfitta. Grazie anche al mix di indifferenza, acquiescenza ed ostracismo delle baronie universitarie (baronie che considerano la scuola solo come terreno da colonizzare; in base al metodo della jungla “forte con i deboli e deboli con i forti” si è arrivati a proporre le 24 ore per i docenti di scuola a salario congelato ma nessuno ha parlato dei docenti universitari che fanno lezione con tre studenti), di alcuni ordini professionali di medici e psicologi, sino a pezzi delle stesse società psicoanalitiche. A conferma, se ce ne fosse bisogno, dell’interesse che i “poteri forti” hanno sempre avuto nel manipolare la scuola pubblica, sin da molto prima dell’Unità d’Italia, per mantenerla in uno stato di minorità.

Un altro grande spirito del Novecento, A. Einstein, aveva visto più realisticamente le relazioni tra poteri forti e scuola. Il 30 luglio 1932, proprio rivolgendosi a Freud sulla questione della guerra, così si esprimeva:

«La sete di potere della classe dominante si oppone in ogni Stato a qualsiasi limitazione della sovranità nazionale. Questo smodato desiderio di potere politico viene sovente alimentato dalla brama di potere di un altro ceto sociale, che mira a conquistare vantaggi materiali, economici. Penso soprattutto al piccolo ma deciso gruppo di persone che, attive in ogni popolo, e inaccessibili a qualsivoglia considerazione o scrupolo sociale, vedono nella guerra, cioè nella fabbricazione e nel commercio delle armi, soltanto un’occasione per ottenere vantaggi personali e ampliare l’ambito del proprio potere.

Tuttavia l’aver riconosciuto questo dato inoppugnabile ci ha soltanto fatto fare il primo passo per capire come stiano oggi le cose. Ci troviamo subito di fronte a un’altra domanda: com’è possibile che la minoranza ora menzionata riesca ad asservire alle proprie cupidigie la massa del popolo, che da una guerra ha soltanto da soffrire e da perdere? (…) Una risposta ovvia a questa domanda sarebbe che questa minoranza di individui al potere ha in mano prima di tutto la scuola e la stampa, e perlopiù anche le organizzazioni religiose. Ciò le consente di dominare e orientare i sentimenti delle masse, rendendoli docili strumenti della propria politica».

Se, per citare un solo esempio, un giornalista liberale illuminato ci ha informato due anni fa, prendendo la notizia dal New York Times, che «i liberi mercati sono in realtà guidati da un vero e proprio comitato d’affari dotato di risorse pressoché illimitate e della potenza politica ed economica che ne deriva» (E. Scalfari, “Nove banche vogliono dividere l’euro in due” in la Repubblica, 19/12/2010), questo è un “crimine di pace”. Del quale, si spera, docenti e studenti della scuola pubblica, prendano coscienza, anziché rimuoverlo.

Una delle funzioni fondamentali della scuola pubblica deve ritornare ad essere quella di educare alla consapevolezza e non alla rimozione, alla negazione e allo scotoma cognitivo.

Se, come dicono Grillo, Monti e Tremonti, “siamo in guerra”, qui non si tratta più solo di debito pubblico e di salvezza degli Stati. Il vero dilemma è tra civiltà o barbarie.

La scuola pubblica dovrebbe dissociarsi con disprezzo da un’Europa che sta affossando la Grecia, fons et origo della nostra civiltà.

La scuola pubblica è nata lì. Nell’Accademia di Platone e nel Liceo di Aristotele.

I popoli dell’America latina, a partire dall’Ecuador, stanno fornendo una lezione di altissimo valore formativo per tutti.