Insegni al Sud? Guadagnerai meno! Regione che vai, stipendio che trovi. L’idea leghista diventa ddl: “reddito temporaneo correlato al luogo di attività”

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Regione che vai, stipendio che trovi. È quello su cui sta ragionando la maggioranza di Governo: adeguare le retribuzioni dei dipendenti al luogo in cui vivono, in particolare al costo della vita. Guai a chiamarle “gabbie salariali”, ma di fatto questo si vorrebbe realizzare. L’idea leghista sta prendendo piede in tutti i partiti che sostengono il Governo Meloni, quindi anche in Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Azzerato il salario minimo

Nell’ultima giornata, la maggioranza ha fatto dei passi in avanti: un ordine del giorno di Andrea Giaccone (Lega), passato alla Camera col parere favorevole del governo, ha azzerato il salario minimo e fatto passare il concetto che “lo stipendio unico nazionale può comportare disuguaglianze sociali su base territoriale, creando discriminazioni di reddito effettivo”.

Inoltre, il 28 novembre un disegno di legge, con i medesimi obiettivi, è stato assegnato in Commissione Lavoro di Palazzo Madama.

Il testo del disegno di legge

In quest’ultimo testo, il ddl firmato dal capogruppo della Lega Massimiliano Romeo e appena assegnato in Commissione, c’è scritto che “per sostenere il potere d’acquisto dei dipendenti pubblici e privati attraverso la previsione di trattamenti economici accessori collegati al costo della vita dei beni essenziali, così come definito dagli indici ISTAT, nelle aree territoriali presso cui si svolge l’ attività lavorativa, con particolare riferimento alla distinzione tra aree metropolitane urbane, suburbane, interne e di confine”.

Ma le applicazioni pratiche di tutto questo cosa comporteranno? A detta dei partiti promotori solo vantaggi. Inoltre, si legge ancora nell’odg, “sarebbe auspicabile per alcuni settori, come nel mondo della scuola, un’evoluzione della contrattazione che, da una retribuzione uguale per tutti, passi a garantire un pari potere d’acquisto per tutti, ipotizzando una base economica e giuridica uguale per tutti, cui aggiungere una quota variabile di reddito temporaneo correlato al luogo di attività“.

Quindi, cambiando regione il docente o Ata si ritroverebbe con stipendi diversi: a Milano, a Torino, a Venezia o a Genova, ad esempio, la busta paga di un dipendente della scuola assumerebbe una consistenza decisamente maggiore rispetto a quella data a fine mese a dei colleghi che prestano servizio in provincia, soprattutto se collocata nel Sud Italia.

A sentire il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, però, i tempi sono maturi per “trovare nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l’istruzione, oltre allo sforzo del governo”.

Valditara aveva anche detto che “senza alcuna differenza fra nord, centro e sud, dalle regioni arriva una richiesta di capire come fare per affrontare il tema del costo della vita”.

I contrari

Intanto, il Pd accusa la maggioranza di “voler dividere il Paese”. Perché, dice Irene Manzi, responsabile scuola nazionale dei dem, “con un blitz notturno la Lega prova a introdurre l’idea di stipendi diversificati per i professori su base regionale. Invece di impegnarsi per aumentare concretamente le retribuzioni di tutti gli insegnanti, la maggioranza decide che gli stipendi dovranno essere più alti al Nord senza tener conto degli sforzi che quotidianamente affrontano i docenti in aree del Paese difficili e disagiate. Proposte come queste vanno nella stessa direzione del progetto di autonomia differenziata”.

Secondo Manzi, “vogliono una scuola che allarghi divari e disuguaglianze invece di ridurli. Questo è il progetto spacca Italia della Lega e della maggioranza che governa il paese. La battaglia per un aumento degli stipendi dei docenti in linea con i livelli europei deve riguardare tutti ed è quello su cui vorremmo poter conoscere le proposte del Ministro Valditara. Questo è attacco al principio di coesione nazionale”.

Dello stesso parere i rappresentanti del Movimento 5 Stelle in Commissione istruzione alla Camera: “Se davvero Giorgia Meloni seguirà la Lega in questa follia – avvertono i ‘grillini’ – ci troverà dentro e fuori il Parlamento a difesa della dignità dei docenti italiani e dell’unità del sistema scolastico nazionale. La scuola ha bisogno non di stipendi differenziati ma di stipendi più alti per tutti i prof, per portare l’Italia almeno al livello degli altri stati europei”.

Solo che, proseguono sempre dal M5s, “con un blitz la Lega ha messo per l’ennesima volta nero su bianco che auspica l’introduzione delle gabbie salariali e che dunque gli insegnanti del Centro Sud secondo loro valgono meno di quelli del Nord e devono ricevere stipendi più bassi. Il governo ha dato l’ok. Lega e Meloni rifilano così l’ennesimo schiaffo alla scuola pubblica e al Sud, dopo il ridimensionamento della rete scolastica e le autonomie”.

Liceo “made in Italy”: la Camera approva il disegno di legge che però dovrà ancora passare dal Senato; entusiasmo della maggioranza

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Commenti entusiastici della maggioranza per l’approvazione del disegno di legge sul Made in Italy da parte della Camera dei deputati nella seduta del 7 dicembre.

Su questo provvedimento, nelle ultime settimane, il Governo ha innestato il turbo anche con l’intenzione di chiudere la partita entro la fine del mese.
Il provvedimento dovrà però passare anche al Senato e i tempi sono davvero ristretti anche perché, in concomitanza, c’è anche da approvare la legge di bilancio.

Secondo la sottosegretaria all’istruzione Paola Frassinetti (FdI) il nuovo liceo previsto dalla legge “preparerà la classe dirigente necessaria alla promozione e alla tutela delle nostre eccellenze”.
“L’istituto – aggiunge Frassinetti – colmerà un vuoto in questo campo e interverrà nell’ambito della capacità di tutelare, valorizzare e promuovere le eccellenze italiane nel mondo. Le materie riguarderanno prevalentemente argomenti di tipo giuridico-economico, saranno previste anche filosofia, due lingue straniere, inoltre saranno attivati i percorsi di tirocinio con le imprese per rafforzare la connessione col tessuto economico-produttivo di riferimento”.

Come si ricorderà, inizialmente il disegno di legge prevedeva che il Liceo Made in Italy avrebbe dovuto progressivamente “soppiantare” o quanto meno “inglobare” il liceo economico sociale.
Nel corso di questi mesi, però, si è creato un vasto movimento a difesa degli economico-sociali animato e sostenuto non solo dalla rete nazionale dei LES ma anche di sindacati della scuola.
E così, a conti fatti, il risultato dovrebbe essere un po’ diverso: il liceo made in Italy e l’economico-sociale coesisteranno come articolazione del sistema dei licei.

“La Rete nazionale dei Licei Economico-Sociali – 
sottolinea Francesca Di Liberti, dirigente della scuola capofila della Rete stessa  sta seguendo con interesse l’evoluzione del disegno politico dopo le audizioni a cui ho preso parte. La Rete si era già espressa a giugno e ad agosto con due documenti che proponevano che i due indirizzi si sviluppassero in modo parallelo, ma i legislatori hanno scelto di porli in alternativa”.
“Ad ogni modo – 
aggiunge – nel prosieguo dell’esame del ddl le cose sono cambiate e la nostra Rete esprime soddisfazione per la permanenza del LES nell’ordinamento liceale, visto il crescente consenso che sta registrando”.
Ma nella legge c’è una questione che rischia di complicare l’intera vicenda; spiega ancora Di Liberti: “Saranno le Regioni e gli UU.SS.RR. a valutare come i diversi territori potranno contribuire all’attuazione delle due offerte formative che, come è stato più volte evidenziato nei documenti della Rete e nelle audizioni, non sono sovrapponibili in quanto disegnano profili di uscita delle studentesse e degli studenti diversi. La Rete nazionale resta in attesa di capire le dinamiche alla base delle scelte delle singole Regioni e auspica che vengano coinvolte le scuole direttamente interessate nel dialogo istituzionale”.

Bullismo e cyberbullismo: per i docenti solo il 6% degli studenti ne è colpito, ma il dato riportato dai ragazzi è molto più alto

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

C’è un profondo divario tra ciò che viene vissuto dagli studenti e dalle studentesse e ciò che viene percepito dai docenti per quanto concerne gli atti di bullismo e cyberbullismo. Nelle scuole secondarie di secondo grado, infatti, i docenti stimano che sia coinvolto nei fenomeni circa il 6% degli studenti e delle studentesse, un dato lontano da quello riportato dai ragazzi e dalle ragazze. Sembra, quindi, che solo gli episodi più gravi e sistematici arrivino all’attenzione dei docenti, mentre quelli meno gravi, ma non per questo senza conseguenze, rimangano sommersi.

A dirlo sono i risultati del monitoraggio effettuato dal Ministero, in collaborazione con l’Università di Firenze, attraverso la Piattaforma Elisa, che saranno restituiti nei prossimi giorni alle scuole partecipanti.

In particolare, i report alle scuole partecipanti alla rilevazione studenti verranno inviati alla casella di posta istituzionale tra i giorni 11-15 dicembre, mentre i report docenti verranno inviati alla casella di posta istituzionale tra i giorni 18-22 dicembre.

Ricordiamo che al monitoraggio hanno partecipato 185.063 studenti e studentesse di 699 Istituzioni Scolastiche statali secondarie di secondo grado (circa il 23% delle Istituzioni Scolastiche statali secondarie di secondo grado del paese) e 44.070 docenti afferenti a 1.909 Istituzioni Scolastiche statali primarie e secondarie di primo e secondo grado (circa il 22% di tutte le Istituzioni Scolastiche statali italiane, dei tre gradi).

Quasi il 27% dei ragazzi ha subito atti di bullismo

Secondo il monitoraggio emerge che gli episodi di prepotenza tra pari continuano a coinvolgere un numero considerevole di studenti e studentesse, soprattutto nelle modalità faccia a faccia. Infatti, il 26,9% degli studenti e delle studentesse (21,5% in modo occasionale e 5,4% in modo sistematico) ha riportato di essere stato vittima di bullismo nei 2-3 mesi precedenti alla rilevazione (avvenuta tra maggio e giugno 2023), mentre il 17,5% dei partecipanti ha dichiarato di aver preso parte attivamente a episodi di bullismo (14,7% in modo occasionale e 2,8% in modo sistematico).

Con riferimento al cyberbullismo, l’8% (6,5% in modo occasionale e 1,5% in modo sistematico) degli studenti e delle studentesse ha dichiarato di averlo subito, mentre il 7,2% (5,8% in modo occasionale e 1,4% in modo sistematico) ha riportato di aver preso parte attivamente a episodi di cyberbullismo.

Alta è anche la percentuale degli atti di bullismo basati sul pregiudizio

Anche la vittimizzazione e il bullismo basati sul pregiudizio sono fenomeni che coinvolgono un numero considerevole di studenti e studentesse. Infatti, il 10,1% (6,9% in modo occasionale e 3,2% in modo sistematico) dei partecipanti al monitoraggio 2022/2023 ha dichiarato di aver subito prepotenze a causa del proprio background etnico, l’8,1% (5,5% in modo occasionale e 2,6% in modo sistematico) di aver subito bullismo o insulti di tipo omofobico e il 7,4% (4,9% in modo occasionale e 2,5% in modo sistematico) di essere stato vittima di bullismo per una propria disabilità.

In riduzione l’odio online

Dal monitoraggio emerge un dato positivo: seppur ancora molto presente, l’esposizione all’Hate Speech Online è in riduzione. Gli studenti e studentesse che hanno dichiarato di essere stati esposti a contenuti di odio almeno una volta durante i mesi precedenti alle rilevazioni sono passati dal 46,2% (monitoraggio 2020/2021) al 38,7% (monitoraggio 2022/2023). Questo dato potrebbe far intravedere un uso progressivamente più responsabile di internet e dei social da parte dei partecipanti. Nonostante la progressiva riduzione, la percentuale di studenti e studentesse esposti a contenuti di odio online continua a essere preoccupante e necessita attenzione da parte delle Istituzioni, al fine di arginare i possibili effetti di normalizzazione della violenza a cui si potrebbe andare incontro.

LA NOTA

I RISULTATI DEL MONITORAGGIO

Censimento permanente sui banchi di scuola, iscrizioni entro il 15 gennaio 2024

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Parte anche quest’anno “Il Censimento permanente sui banchi di scuola”, l’iniziativa dell’ISTAT giunta alla quinta edizione peraltro in concomitanza anche con le operazioni legate al Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni.

Essa si compone di un Percorso formativo, cui è collegato un Contest, articolato in una competizione statistica e un concorso di idee, finalizzato alla realizzazione di un prodotto di comunicazione che, partendo dalla lettura e dalla comprensione dei dati statistici, consenta ai ragazzi di conoscere e raccontare il proprio territorio.

L’iniziativa è indirizzata alle classi terza, quarta e quinta della Scuola primaria, e alle classi prima, seconda e terza della Scuola secondaria di primo grado.

Gli alunni saranno chiamati, attraverso l’ausilio dei propri insegnanti, a seguire un percorso formativo che li porterà a partecipare a una competizione statistica, le Censigare, e a realizzare un Progetto creativo, sul tema “Censimento e territorio”, che racconti la realtà in cui vivono dal punto di vista demografico, geografico, sociale e culturale.

Per partecipare ciascuna classe dovrà essere iscritta dal docente referente, utilizzando il form predisposto, attivo fino al 15 gennaio 2024. Succesivamente, dovrà compiere le attività previste in preparazione delle Censigare che si svolgeranno il 28 febbraio 2024; e infine realizzare un Progetto creativo e consegnarlo entro il 27 marzo 2024.

LA NOTA

Il blitz della Lega sulle gabbie salariali come avamposto dell’Autonomia differenziata?

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Tanto tuonò finché piovve, come il vecchio progetto della Lega che da decenni è andata sibilando la necessita di istituire le gabbie salariali, quelle che negli anni delle contestazione, tra il 1968 e il 1969, furono abolite sulla spinta di forti mobilitazioni operaie, ma che oggi, a distanza di oltre 50 anni, dal profondo nord, con azione improvvisa, quasi un blitz da parte della Lega, vengono riportate in vita nottetempo, tramite un Ordine del giorno parlamentare, e che si insinuano dentro le maglie degli scarsi salari della scuola.

Arrembaggio notturno per piazzare l’Autonomia differenziata

Sicuramente, questo arrembaggio notturno è utile a creare un avamposto per l’approvazione futura dell’autonomia differenziata che, come è noto, sarà una legge più articolata per staccare il nord dal sud, attraverso un meccanismo in cui avrebbero un certo peso i cosiddetti LEP, ovvero Livelli Essenziali di Prestazione, criteri per determinare il livello di servizio minimo che dovrebbe essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Una invenzione insomma per far credere più dolce la pillola.

Rapporto Swimez conferma i pericoli dell’Autonomia differenziata

Che sia un imbroglio infatti lo certifica anche il Rapporto SVIMEZ 2023, diffuso nei giorni scorsi, secondo il quale “L’autonomia differenziata espone l’intero Paese ai rischi di una frammentazione insostenibile delle politiche pubbliche chiamate a definire una strategia nazionale per la crescita, l’inclusione sociale e il rafforzamento del sistema delle imprese”.

Fratelli d’Italia: fratelli nel voto e non in frittata

In ogni caso, anche questo allarme di un Istituto di ricerca indipendente non pare interessare, non già solo il gruppo politico legato al senatore Calderoli, incaricato di strutturare la Legge, ma neanche quello legato al partito dei Fratelli d’Italia che ama intrattenersi con enfasi sui concetti di Patria, Nazione, Famiglia, Unità nazionale ecc. ecc., facendone cavali di battaglia per confermare la propria visione di parità, di uguaglianza e di fratellanza (non si chiamano infatti Fratelli?) fra cittadini lungo lo Stivale.

Due categorie di docenti

Tuttavia, la parità e l’uguaglianza si raggiungono invece non mortificando ulteriormente le regioni del sud, come certifica SVIMEZ, né tantomeno i salari fra, come ama dire la destra di Meloni, ma in campagna elettorale, docentitaliani del sud e docenti italiani del nord.

Che se passasse questo Ordine del giorno con “una quota variabile di reddito temporaneo correlato al luogo di attività”, sarebbe una vera discriminazione, una frattura, una  distinzione che umilierebbe ancor di più non solo la classe dei docenti ma anche tutto il mezzogiorno. E come se facesse parte, questa zona meridionale, di un’altra Nazione e di un’altra Patria.  Anche perché, e non c’è bisogno di essere economisti, dei motivi ci saranno se qualche prodotto, alimentare soprattutto, costa qualche centesimo in meno al sud.

Valditara, da leghista, pienamente d’accordo sulle gabbie salariali

Il fatto poi che lo stesso ministro Valditara abbia ventilato nei giorni passati la possibile implementazione della disparità di retribuzione, su cui declama il suo pieno accordo e connivenza, conferma in qualche modo la vecchia concezione leghista della secessione economica e sociale dal Sud, dove però questo partito ha pure rappresentanza nel parlamento isolano che è il più antico d’Italia.

Un modo per dividere i prof del nord e i prof del sud?

Sicuramente, questa sortita della Lega al Parlamento, organizzata nottetempo, dovrà subire altri passaggi, anche contrattuali e sindacali, ma sembra sufficiente per interpretare politicamente altre uscite a danno del mezzogiorno. E serve pure a innescare sicuri malintesi e sicure scaramucce pecuniarie, nel senso dell’avere più soldi da una parte e meno dall’altra, fra prof del nord e del sud, a smembrare ancora di più l’unità, già smembrata,  di questa classe di intellettuali della scuola italiana.

Dimensionamento scolastico, centinaia di scuole perdono autonomia e posti, il Governo riduce i tempi

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Monta la protesta contro l’accorpamento e la sparizione degli istituti scolastici con un numero ridotto di iscritti. Certo parliamo di un “mini-dimensionamento”, che non ha nulla a che vedere con la cancellazione di ben oltre 2.000 istituti, derivante dalle politiche taglia-spesa pubblica dell’accoppiata Gelmini-Tremonti. È un dato di fatto, però, che il venire meno di oltre 600 scuole autonome in pochi anni, così come stabilito dalla Legge di Bilancio di un anno fa, sta facendo venire più di qualche mal di pancia.

Paradossalmente, dopo i recenti ‘no’ espressi prima dalla Corte Costituzionale – che ha respinto i ricorsi di Toscana, Emilia Romagna e Puglia – e poi dal Consiglio di Stato – che ha confermato le riduzioni in Campania- le contestazioni regionali e provinciali hanno preso ancora più piede. Soprattutto dagli enti locali guidati dal centro-sinistra.

Ha fatto “rumore”, prima di tutto, la lettera inviata pochi giorni fa da tutti i sindacati regionali della scuola Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief alla Regione Lazio che ha emanato la proposta di modifica di Deliberazione sulle “Linee guida della Regione sulla programmazione della rete scolastica anno scolastico 2024/25”.

Secondo le organizzazioni dei lavoratori quello che si sta realizzando nel Lazio “è un colpo di mano, con il taglio di 37 autonomie”.

La lista dei tagli locali

L’Emilia Romagna perderà 20 scuole: il governatore, Stefano Bonaccini, ha annunciato che “alla luce della sentenza della Corte Costituzionale convocheremo subito una riunione con le Province e gli Enti locali. E inviteremo anche il ministro dell’Istruzione Valditara, perché spieghi in prima persona agli amministratori locali le ragioni di questi tagli e i criteri indicati dal Governo; tagli che noi riteniamo profondamente sbagliati e criteri che restano discriminatori”.

In Sicilia è stato stabilito che verranno soppresse quasi 100 scuole: 19 istituti a Palermo, altrettanti a Catania, 11 a Messina, 7 a Caltanissetta, 5 ad Enna, 9 ad Agrigento, 9 a Trapani, 6 a Ragusa e 10 a Siracusa.

Nel frattempo, ha raggiunto 3mila firme in pochi giorni la petizione lanciata su Change.org da Usb scuola contro la scomparsa di 17 scuole a Palermo e provincia: “Le conseguenze del dimensionamento scolastico, che a Palermo coinvolgerà 17 scuole, saranno pesanti – dicono dalla Cgil – , oltre alla soppressione delle autonomie delle scuole, la riorganizzazione avrà effetti immediati non solo per dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi ma anche colpirà gli assistenti amministrativi e i collaboratori scolastici, che in alcuni casi dovranno cambiare sede di lavoro”.

In Toscana, l’assessore all’Istruzione Alessandra Nardini spiega che “la Consulta ha ritenuto di fare una scelta diversa da quella da noi auspicata: ne prendiamo atto e agiremo necessariamente di conseguenza. Questo non cambia però, neanche di un millimetro, la nostra posizione: non condividiamo la scelta politica fatta a livello nazionale, non condividiamo che sulla scuola pubblica si tagli”.

In Campania, una delle regioni più martoriate dall’accorpamento di scuole, l’assessore all’Istruzione Lucia Fortini si è detta “amareggiata” perchè “il Ministero ha vinto e dunque si potranno tagliare scuole in Campania, contratti di dirigenti scolastici, di docente e personale Ata. Credo che ogni volta che si taglia anche un solo euro per l’istruzione, sia una sconfitta per la nostra comunità”.

La riduzione di scuole è generalizzata. La Giunta regionale del Veneto ha previsto per il prossimo anno il taglio di 32 autonomie scolastiche. In Liguria il taglio prevede 16 autonomie scolastiche in meno.

A Potenza solo due giorni fa Cgil e Uil sono scesi in piazza anche contro la decisione di sopprimere alcuni istituti autonomi. In Molise il taglio farà venire meno otto istituzioni scolastiche sulle 52 attuali

La difesa del ministro Valditara

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, dal canto suo, non sembra volere tornare indietro: quello che abbiamo stabilito “è un richiesta dall’Europa”, che però, a differenza di quanto si dice in giro, “non prevede la chiusura di plessi ma solo l’ammodernamento del nostro assetto organizzativo, attraverso l’eliminazione progressiva delle reggenze”.

La diretta della Tecnica della Scuola

Del dimensionamento scolastico si occuperà la diretta di oggi, giovedì 7 dicembre, alle ore 16,00. Faremo un punto dalle varie Regioni d’Italia, con collegamenti dalle sedi dei sindacati. Ospiti Antonio Antonazzo, coordinatore provinciale Gilda Cuneo, Mariella Vitaliano della Cisl Scuola Lazio e Adriano Rizza, segretario Flc Cgil Sicilia. Modera il direttore della Tecnica della Scuola Alessandro Giuliani. Diretta visibile sui canali social, Facebook e YouTube, della Tecnica della Scuola.

Piattaforma UNICA, quali servizi e strumenti per gli studenti? Una guida alla navigazione

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Dall’11 ottobre scorso, è on-line UNICA, la nuova piattaforma del Ministero dell’Istruzione e del Merito ideata per offrire un solo punto di accesso ai servizi digitali dedicati alle famiglie e agli studenti e per agevolare le comunicazioni scuola – famiglia.

Il portale, raggiungibile all’indirizzo https://unica.istruzione.gov.it/it, è strutturato in tre macro-aree:

  • Orientamento, con informazioni e strumenti utili per scegliere il percorso formativo e contattare il tutor e il docente orientatore;
  • Vivere la scuola, per cogliere tutte le opportunità del panorama scolastico;
  • Strumenti, per semplificare la vita delle famiglie con servizi innovativi.

Vediamo di seguito, in particolare, i servizi e gli strumenti messi a disposziione per gli studenti.

Come registrarsi

Dopo l’avvenuta associazione tutor/studenti ad opera della scuola, gli studenti (a partire dai 14 anni) possono registrarsi al portale, collegandosi a questa pagina e cliccando sul Registrati.

Si invita a consultare il manuale per la registrazione.

UNICA per gli studenti

Dopo aver effettuato la registrazione, gli studenti possono accedere ad UNICA effettuando il login con nome utente e password.

Appena entrati, la home è suddivisa nelle seguenti sezioni:

  • Orientamento
  • Vivere la scuola
  • Strumenti

L’E-portfolio

La sezione E-portfolio contiene lo strumento, che è appunto il portfolio digitale, che accompagna gli studenti durante tutto il percorso scolastico per aiutarli a fare scelte consapevoli. Consente di avere una visione completa delle esperienze formative scolastiche, extrascolastiche e delle certificazioni conseguite. Permette di seguire lo sviluppo delle proprie competenze e di indicare per ogni anno scolastico almeno un “capolavoro”., cioè un prodotto che rappresenti i progressi che lo studente ha compiuto.

Alcune sezioni saranno disponibili nel corso di quest’anno scolastico, altre lo saranno a partire dal 2024/25,

Il docente tutor

La sezione tutor riporta tutti gli appuntamenti e dà la possibilità allo studente di fissare un appuntamento con il tutor.

Guida alla scelta

Questa è la sezione contenente indicazioni utili per orientare gli studenti nella scelta della scuola.

Vivere la scuola

In Vivere la scuola lo studente può esplorare le opportunità che la scuola offre, quindi le attività di PCTO, la Scuola in ospedale e l’Albo nazionale delle eccellenze.

Strumenti

Infine, in Strumenti, lo studente può collegarsi al portale Io Studio, la Carta dello Studente nominativa che consente di attestare il tuo statusdi studente in Italia e all’estero e di usufruire di vantaggi e agevolazioni offerte dai partner nazionali e locali aderenti al progetto.

La Carta è destinata a tutti gli studenti frequentanti le scuole secondarie di II grado statali e paritarie.

La Carta può anche essere attivata come un borsellino elettronico (carta prepagata ricaricabile).