Prodotti “nati vecchi”

Salute e disabilità, per persone paraplegiche solo prodotti “nati vecchi”

Redattore Sociale del 07/12/2023

La denuncia dell’associazione di Roma e del Lazio dopo la diffusione della ricerca SW. Barbieri: “Occorre ritrovare il senso ed il valore dell’intervento pubblico per l’autonomia delle persone con disabilità, risvegliando coscienze ad ogni livello e richiamando ogni livello istituzionale al suo compito”

ROMA. “La ricerca SWG sul sistema sanitario e persone con disabilità presentato il 3 dicembre, Giornata europea delle persone con disabilità, ha il pregio di rendere pubblico il diffuso malcontento dei cittadini con disabilità verso il Sistema Sanitario Nazionale. 8 su 10 ritengono di non ricevere risposte adeguate”: a ricordarlo oggi è l’associazione Paraplegici di Roma e del Lazio, che rilancia: “Gioca un ruolo fondamentale il capitolo che riguarda gli ausili, protesi e ortesi. Il quadro è deprimente. Solo per fare un esempio, c’è il ricorso a gare al massimo ribasso per i monouso col risultato di erogare prodotti inadeguati. Ci sono poi tariffe antidiluviane che spesso costringono le persone con disabilità a dover mettere le mani in tasca per accedere a prestazioni minimamente qualitative. Chi non se lo può permettere, e sono la maggioranza, si accontenta di prodotti che per dire delle stesse aziende ortopediche sono ‘nati vecchi’. Il risultato è che è più difficile raggiungere l’autonomia possibile, talvolta mettendo a rischio la stessa salute”.

Il problema è che, “trattandolo esclusivamente come mercato si è rinunciato al ruolo pubblico di guidare la scelta del prodotto più appropriato per la compensazione della menomazione’, per la prevenzione di ulteriori danni alla salute e per il diritto alla mobilità. Si è rinunciato al fine concentrandosi sul mezzo. Il ricorso al TAR del Lazio della Fioto ha il pregio di rimettere al centro il tema degli ausili, facendolo riemergere dall’oblio in cui è stato colpevolmente lasciato per troppi anni”.

Dichiara il presidente dell’Associazione Paraplegici di Roma e del Lazio Pietro Vittorio Barbieri: “La promozione della salute così perde ogni significato. L’equità assume una connotazione farsesca. Occorre ritrovare il senso ed il valore dell’intervento pubblico per l’autonomia e l’indipendenza delle persone con disabilità, risvegliando coscienze ad ogni livello, politico, professionale e della società civile organizzata, e richiamando ogni livello istituzionale al suo compito”.

Tipologie di insegnanti

Tipologie di insegnanti

di Laura Bertocchi e Mario Maviglia

Questo contributo intende analizzare le forme attraverso cui, nella concreta prassi scolastica, si manifestano le varie “maschere” del docente in relazione ai differenti modi di interpretare il proprio ruolo. In senso generale possiamo affermare che esistono tante tipologie di insegnanti quanti sono gli insegnanti stessi, in quanto ognuno ha un suo modo peculiare di agire sul palcoscenico scolastico. Sotto questo profilo, ogni tentativo di categorizzazione potrebbe apparire artificioso oaccademico; in realtà, pur nelle variabilità individuali, ricorrono alcuni aggregati comportamentali e di atteggiamento comuni, che ci consentono di individuare differenti profili di insegnanti. Le diverse tipologie sono state da noi identificate sulla base della nostra esperienza maturata a scuola, a vari livelli e con gradi diversi di funzioni e responsabilità; l’analisi non è supportata da dati empirici o statistici, ma vuole proporsi come un contributoper una discussione sul ruolo docente concretamente agito. Siamo consapevoli che ogni forma di categorizzazione tende, per sua natura, a tracciare confini netti allo scopo di meglio definire e individuare i modelli proposti, anche se la realtà può apparire più indefinita e “meticcia”. In altre parole, il singolo docente può condividere alcuni aspetti di una determinata tipologia e altri di un’altra; in ogni caso, è plausibile che, almeno tendenzialmente, il comportamento di ogni insegnante possa essere letto alla luce dell’una o dell’altra “maschera”. Anche il numero delle tipologie può essere più o meno ampio a seconda della varietà che si vuole cogliere, ma occorre ricordare che la mappa non sarà mai il territorio.

Presentiamo dunque le tipologie da noi individuate, avvertendo il lettore che l’analisi che tentiamo di fare è di carattere tecnico, non morale. Non è scopo di questo contributo indicare comportamenti virtuosi o da sanzionare, ma – per quanto possibile – descrivere la realtà, almeno per la percezione che ne abbiamo noi, lasciando al lettore ogni ulteriore valutazione.

a. Demotivati.

Probabilmente questa è oggi una delle categorie che accoglie un numero significativo di docenti, soprattutto tra quelli di più lunga esperienza. Si tratta di un gruppo composito in quanto la demotivazione può nascere da cause molto diverse e possono riguardare gli aspetti sociali della professione, il prestigio attribuito e la considerazione pubblica, unitamente agli aspetti retributivi, non certo esaltanti. Sotto questo profilo i docenti italiani hanno poche ragioni per sentirsi motivati, soprattutto nel confronto con i colleghi europei. Altre ragioni possono riguardare una certa delusione per come nel tempo è cambiata la professione, sempre più burocratizzata e fin troppo preoccupata degli aspetti formali più che di quelli legati alla qualità della didattica. “Ormai è chiaro: la burocrazia  pervade massicciamente la vita di una scuola che rischia di rimanerne soffocata e, soprattutto, di dedicare tempo ed energie non tanto al perseguimento degli obiettivi istituzionali ma a questi adempimenti burocratici”, afferma una sigla sindacale. C’è la sensazione che si perda troppo tempo in riunioni, compilazione di documenti, varie incombenze inutili. Le attività extra-aula sembrano avere il sopravvento rispetto a quelle d’aula. Non si ha tempo per curare adeguatamente i processi di apprendimento. Questo complesso di fattori determina la perdita di entusiasmo verso l’insegnamento, tanto che per i docenti meno giovani la meta della pensione viene vista come una sorta di liberazione, una fuga da un ambiente diventato viepiù faticoso (e non solo per il peso degli anni).

Ovviamente è possibile, almeno teoricamente, invertire questa tendenza e innestare elementi di motivazione, ma è un’operazione non semplice e implica la mobilitazione di vari fattori. Un ruolo di primo piano viene giocato dal clima complessivo che si vive all’interno del contesto scolastico e dall’attenzione che viene riservata al personale che vi opera, e dunque da quel “benessere organizzativo” ampiamente studiato in campo psicosociale, ossia la “capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione.”Ma, più in generale, si tratta, come sottolineano Avallone e Bonaretti, di governare tre importanti sfide: a) rendere attrattiva la scuola per i migliori talenti in modo da attirare i candidati più competenti, rivedendo le forme di reclutamento e selezione, garantendo adeguate condizioni di lavoro e (aggiungiamo noi) assicurando livelli retributivi più gratificanti; b) sviluppare un maggior senso di appartenenza all’organizzazione da parte dei singoli, attraverso pratiche di ascolto e coinvolgimento, e valorizzando le professionalità; c) investire nella formazione e in percorsi di apprendimento capaci di sviluppare nuove competenze, ponendo una particolare attenzione alla gestione delle relazioni. 

Come si vede si tratta di aspetti che chiamano in causa scelte di carattere generale alcune delle quali sfuggono alle possibilità delle singole istituzioni scolastiche, mentre altre afferiscono proprio agli interventi che ogni singola scuola può intraprendere al proprio interno per rendere più soddisfacente il lavoro dei docenti.

b. Attivi-entusiasti. 

Per quanto possa apparire paradossale, questa categoria di docenti è sicuramente quella più numerosa all’interno del panorama scolastico. In effetti, se l’intero sistema educativo regge lo si deve alle migliaia di docenti che ogni giorno, malgrado i tanti problemi che la scuola si trova ad affrontare, portano avanti l’impresa educativa in modo dignitoso e con risultati apprezzabili, anche se lontani dai riflettori. Per un fatto di cronaca negativo che riguarda il mondo della scuola, ve ne sono almeno migliaia di positivi che, ovviamente, non fanno notizia, in ossequio alle ferree leggi di una comunicazione diventata sempre più sensazionalistica. I docenti che definiamo “attivi-entusiasti” sono quelli che prendono parte attiva alla vita della scuola, portando il loro contributo di idee non tirandosi indietro davanti a sfide sostenibili. Possono costituire, ça va sans dire, la tipologia di docenti più apprezzata da parte dei dirigenti scolastici, se questi riescono a creare le condizioni affinché la partecipazione e il coinvolgimento vengano liberati da tutte le incrostazioni burocratiche che oggi opprimono la scuola in modo sempre più aggressivo, come abbiamo detto sopra. Gli insegnanti che intendono “spendersi” all’interno della loro scuola, infatti, di solito non temono l’impegno che questo può comportare; ciò che li frena è piuttosto il carico burocratico che di solito fa da corollario alle varie scelte o decisioni. Come sottolinea l’economista Cottarelli, “risulta che tra gli adempimenti burocratici a carico degli insegnanti ci siano verbali delle riunioni, direzione e stesura dei progetti didattici, dati e monitoraggio degli stessi progetti, tutoraggio e monitoraggio dei PCTO, cioè l’ex alternanza scuola-lavoro, programmazione del lavoro per classe e spesso per alunno nei casi di disabilità, predisposizione di verifiche diversificate, predisposizione per gli allievi DSA di una scheda con strumenti compensativi e dispensativi diversificati, compilazione del registro elettronico, compilazione di schede, griglie e tabelle, di valutazione degli alunni, compilazione di tutta la modulistica relativa alle prove INVALSI, compilazione del RAV, rapporto di autovalutazione, riunioni di dipartimento, riunioni di gruppi di lavoro per l’inclusione. La domanda è: servono effettivamente tutte queste attività? Scrivere relazioni, rapporti, serve poi se qualcuno li legge e poi, di conseguenza, assume decisioni; ma l’impressione è che tutto ciò, invece, finisca in un cassetto. Ci troviamo, quindi, di fronte alla forma peggiore di burocrazia.”

È possibile per la scuola sfuggire a questa morsa burocratica e liberare le energie dei docenti verso attività più squisitamente professionali? Probabilmente sì, se ogni singola scuola adotta un comportamento di contenimento e semplificazione rispetto alla produzione burocratica, selezionando ciò che è strettamente necessario da ciò che appare superfluo, ma anche semplificando gli stessi documenti necessari. Probabilmente in questo modo potrebbero aumentare ancor più i docenti “attivi-entusiasti”.

c. Ipercritici-Antagonisti

È fisiologico che all’interno di un gruppo composito (e spesso alquanto numeroso) come quello di un collegio dei docenti vi sia un certo numero di insegnanti che in modo più o meno sistematico si opponga alle decisioni della maggioranza (o del dirigente scolastico). Anzi, “un certo livello di conflittualità all’interno del Collegio docenti [è] addirittura positivo perché costringe i proponenti a motivare meglio le proposte avanzate.”Per quanto possa essere difficile e talvolta defatigante sostenere un confronto dialettico, “siamo convinti che esso possa far bene alla scuola (…), perché costringe a considerare il medesimo problema sotto un punto di vista diverso e magari a trovare soluzioni nuove. Addirittura se non ci fosse un docente ‘rompiscatole’ nella scuola occorrerebbe crearlo, perché ci costringe a non dare nulla per scontato e a considerare in modo diverso e variegato la realtà e soprattutto a non innamorarci troppo delle nostre proposte.”Dunque, anche se è oggettivamente sfiancante sostenere situazioni di questo tipo, esse appaiono funzionali a garantire la vitalità del sistema e a tener presente che vi sono sempre almeno due possibili letture (e soluzioni) riguardo al medesimo problema. L’onere più gravoso in questa dinamica ricade ovviamente sul dirigente scolastico che è chiamato a decodificare le prese di posizioni critiche e, soprattutto, a non lasciarsi risucchiare in un vissuto di ferite narcisistiche davanti a opinioni o concezioni diverse dalle sue, ma ricondurre il tutto all’interno di una fisiologica dinamica partecipativa che comporta anche la contrapposizione di punti di vista diversi.

Le cose possono essere un po’ più complicate quando queste contrapposizioni non hanno una motivazione ideale o operativa reale, ma vengono assunte “per partito preso”, in una sorta di conflitto permanente “a prescindere”. Ma anche in questi casi si può tentare – per quanto possibile – di riportare all’interno di una dimensione fisiologica questi comportamenti. Nella citata opera, abbiamo offerto alcuni “consigli” al dirigente scolastico in merito alla gestione di queste situazioni: “Riguardo ai docenti ‘rompiscatole’ c’è un modo per disinnescare la loro carica negativa (ma questo vale anche per i genitori ‘rompiscatole’) e consiste nel cercare di coinvolgerli nelle fasi propedeutiche all’attività decisionale (…). Ad esempio, se vuoi sapere [riferito al DS] che impatto può avere una certa tua proposta nel corpo docente, parlane preventivamente con chi sai che sarà assolutamente contrario alla proposta stessa e cerca di capire più in profondità le ragioni del dissenso per apportare (perché no?) eventuali modifiche che possono migliorarla. Spesso ci attorcigliamo intorno ai problemi di natura interpersonale perdendo di vista l’obiettivo che vogliamo raggiungere, per cui evitiamo persone che ci stanno “antipatiche” anche se potrebbero darci un contributo critico notevole nel nostro lavoro. In fondo anche Nietzsche consigliava: ‘Ama i tuoi nemici perché essi tirano fuori il meglio di te.’ Non ti si chiede di far diventare amici i tuoi nemici, ma di inserire anche questi rapporti all’interno di una cornice istituzionale al fine di perseguire gli obiettivi previsti.”

Certo è che i continui disaccordi con i colleghi (con possibili ripercussioni sullo svolgimento ordinato dei compiti previsti) o le contrapposizioni nei confronti dei vari interlocutori creano spesso intorno a questa tipologia di docenti un clima di insofferenza e di intolleranza.  

d. Frenetici

Difficile oggi sottrarsi al “fascino” ingombrante della frenesia che caratterizza la vita di tutti noi. Ovviamente anche la scuola ne subisce le conseguenze con caratterizzazioni peculiari. In particolare, la tendenza a promuovere tanti progetti ha trasformato molte scuole in “progettifici”, ossia “una sorta di bulimia dei docenti che li spinge ad aderire a progetti che talvolta didatticamente «non si parlano fra loro» e, soprattutto, spesso sono poco coerenti rispetto alle scelte educativo-didattiche del consiglio di classe.” Vi sono varie ragioni che hanno determinato questa situazione: da una parte l’implicita (ma spesso anche esplicita) sollecitazione sociale a far sì che le scuole entrino in concorrenza tra loro nella convinzione che ciò possa favorire l’incremento della qualità del servizio reso; la ricchezza dell’offerta formativa spesso viene vista come un segnale di vitalità ed efficienza della scuola, oltre che di opportunità formative per gli studenti; dall’altra l’adesione ad alcuni bandi (con relativa progettazione educativo-didattica specifica) consente alle scuole di intercettare possibili finanziamenti straordinari.

È all’interno di questo contesto generale che va considerata la categoria dei docenti frenetici, anche se probabilmente questi insegnanti ci mettono del loro in questa corsa al fare e al proporre, assecondati e sostenuti in questo da dirigenti scolastici molto sensibili alle sirene della “produzione”. 

Almeno due aspetti vanno considerati criticamente per cogliere fino in fondo gli effetti di questo modus operandi: a) il costante impegno che questo comportamento richiede tende inevitabilmente a creare una frattura tra i (relativamente) pochi docenti frenetici e il resto dei colleghi (meno inclini a lasciarsi coinvolgere in modo così continuo e ossessivo), con la prevedibile creazione di una sorta di élite professionale, vicina alla dirigenza,ma lontana dalla base dei colleghi; b) il significativo numero di iniziative o progetti portati avanti lascia supporre che si tende a privilegiare il fare a scapito del pensare, con il rischio di mettere in atto interventi di superficie, che non intaccano i tradizionali modelli di trasmissione della conoscenza. Va inoltre sottolineato che in questo modo sembra che la preoccupazione maggiore dei docenti sia rivolta verso la categoria della quantità piuttosto che verso quella della qualità o dell’approfondimento. Ma questo appare una cifra complessiva dei curricula scolastici italiani, forse ancora troppo “pieni” di contenuti.

e. Accomodanti.

Questa categoria conta molti adepti tra i docenti. Di solito si tratta di persone che, per vari motivi, si adeguano allo status quo e, generalmente, seguono le decisioni della maggioranza, non necessariamente per intima adesione o convinzione, ma per il quieto vivere o per concludere gli impegni in tempi sostenibili e compatibili con i tempi personali e familiari. Spesso l’adesione degli accomodanti alle varie proposte è strettamente legata al livello di coinvolgimento effettivo che viene loro richiesto nella realizzazione delle varie iniziative. Infatti questi docenti non hanno alcuna difficoltà ad approvare progetti che vengono realizzati dai colleghi; se però il progetto richiede un loro coinvolgimento attivo, allora l’espressione che meglio sintetizza il loro atteggiamento è not in my back yard (non nel mio cortile), ossia “va bene realizzare l’opera, ma senza che io ne sia coinvolto”.

Gli accomodanti di solito rifuggono dalle dispute ideologiche o dottrinarie, non è nel loro carattere sostenere fino in fondo determinate idee, preferendo il compromesso, o comunque una linea di condotta che superi le contrapposizioni. A seconda dell’accentuazione che assume questo comportamento si possono avere modalità di relazione tra loro molto diverse, se non addirittura contrapposte. Così, ad esempio, se essere accomodanti si traduce in essere compiacenti, ossia mettere in atto posture ritenute accettabili dagli altri, è evidente che il comportamento ne risulta artefatto o inautentico e in ogni caso la compiacenza è il prezzo che si paga per essere accettati dagli altri. E d’altro canto, un eccesso di accomodamento può portare al conformismo e ad un annebbiamento del proprio spirito critico. Nel loro studio sul comportamento di un individuo nelle situazioni di conflitto, Kenneth W. Thomas e Ralph H. Kilmann (autori del metodo TKI, ossia Thomas-Kilmann Conflict Mode Instrument), definiscono l’accomodante come “poco assertivo e collaborativo, l’esatto contrario della competizione. Quando adotta un comportamento accomodante, l’individuo trascura i propri interessi per soddisfare quelli dell’altro; in questa modalità c’è un aspetto di abnegazione. L’accomodamento può assumere la forma di generosità o altruismo, di obbedienza alle richieste di un’altra persona anche quando si preferirebbe non farlo, oppure l’arrendersi al punto di vista dell’altro.” Non è raro, peraltro, che il docente accomodante nutra sentimenti di rabbia o frustrazione proprio per l’opera di coartazione che si autoimpone per aderire alle aspettative degli altri.

f. Minimalisti

Non è difficile individuare i docenti minimalisti: si tratta di coloro che fanno il minimo indispensabile e che non si lasciano coinvolgere in attività che richiedono un carico elaborativo o realizzativo oltre l’ordinario. A ben vedere, questo atteggiamento non dovrebbe essere visto in senso necessariamente negativo: in fondo un’organizzazione fisiologicamente in salute e matura non ha bisogno di richiedere ai propri addetti prestazioni straordinarie, se non in particolari momenti dell’anno scolastico e per motivi specifici e circoscritti (e in ogni caso potendo sempre disporre di strumenti contrattuali in grado di “premiare” o comunque riconoscere in modo adeguato gli impegni straordinari). La scuola, sotto questo profilo, è una realtà alquanto anomala poiché, troppo spesso, fa riferimento alle disponibilità volontaristiche dei suoi operatori per realizzare i propri progetti. Non mancano i riconoscimenti, a dire il vero, ma questi appaiono più simbolici che reali, se si considera il carico di lavoro richiesto. Prendiamo l’esempio dell’adesione ai vari progetti nazionali o internazionali che consentono alla scuola di accedere a significativifinanziamenti o a esperienze di interscambio professionale con altre scuole anche straniere; o, più banalmente, si pensi all’impegno e alla responsabilità richiesti ai docenti nell’organizzazione e gestione delle visite di istruzione. Se si considerano i tempi necessari che vengono dedicati alla progettazione e realizzazione di queste iniziative ci si può facilmente rendere conto che i “ritorni” (economici o sociali) per i docenti coinvolti sono alquanto insignificanti. Se nella scuola dovesse venire meno l’adesione volontaristica dei docenti gran parte dell’attività non ordinaria sicuramente non si svolgerebbe.Forse non si è mai riflettuto abbastanza su quanto lavoro volontario viene svolto da chi lavora a scuola; i docenti minimalisti, loro malgrado, testimoniano questa situazione, facendo vedere la realtà più prosaica della scuola, che fa i conti con le condizioni materiali della professione.

Conclusioni.

Come già detto prima, l’elenco delle tipologie di docente può essere ampliato ulteriormente o modificato profondamente. Ciò che ci appare interessante è il tentativo di tracciare un quadro delle varie modalità in cui si esprime il ruolo docente, al di là di quanto previsto dalle indicazioni normative ufficiali. Questo sforzo può contribuire ad innalzare il livello di consapevolezza su come viene svolta la funzione docente, migliorandone la professionalità e contribuendo ad assumere decisioni più coerenti e adeguate in relazione agli obiettivi che si intendono perseguire.

Parole appuntite come coltelli

Parole appuntite come coltelli

di Vincenzo Andraous

Bambine, madri, sorelle, uccise una dopo l’altra, senza rintocchi di campane, soltanto rumore di scartoffie dove annotare l’ennesimo abuso e sopruso.

Mentre tutto ciò ha il sopravvento sui significati delle parole, sui polsi delle vene che si torcono, assistiamo alla violenza messa in atto in altre periferie esistenziali, nelle classi, nelle scuole. Un adolescente sbatte a terra con un cazzotto a tutto braccio il suo professore, reo di avergli ricordato il valore del rispetto, dell’educazione, la cura della propria dignità.

Un altro giovane si spintona con il proprio compagno di istituto e senza la benchè minima incertezza estrae dalla tasca la molletta e sferra il fendente tra capo e collo.

Il perdente stramazza a terra, è in fin di vita, esempio feroce tra chi vince e chi perde non si fanno prigionieri.

Gli adolescenti scoprono lo strumento della violenza, del colpo secco a ferire, il fascino dell’adrenalina, della prevaricazione, del sopruso, del rimanere avanti e mai indietro, costi quel che costi.

Piani di guerra, strategie conflittuali, accerchiamento della ragione, come se tutto questo sferragliare di ingiustizia e illegalità, fosse il risultato di uno slang imparato per bene e non per caso, appreso dove non ci sono i banchi di scuola, ma tavole apparecchiate con ogni ben di Dio, quel Dio che viene da pensare sia morto da troppo tempo oramai.

Le analisi che si susseguono sulla carta stampata, in TV, tra un dibattito e l’altro, sono relative all’autoeducazione necessaria agli uomini per non aggredire le donne, giustamente, ma forse sarebbe il caso di indire un corso di aggiornamento a tappe forzate per quel che resta della famiglia, anche per quella che si ritiene d.o.c. dunque al di sopra di ogni inconsapevole inadeguatezza, quella che sbriga la pratica del bullo come una ragazzata, una condotta che esiste dalla notte dei tempi, uno stile di vita impregnato dai falsi miti, dai modi violenti che affascinano e scavano fosse a misura.

L’incapacità di accettare la frustrazione ci dicono i tanti esperti sta alla base del non rispetto dell’altro e delle regole, ma questo epitaffio non riguarda soltanto gli uomini adulti dal possesso facile incontrollato, bensì pure gli adolescenti lasciati a briglia sciolta, bravi ragazzi un po’ imbizzarritiquando incontrano improvvisamente un ostacolo, un impedimento alla propria volontà, a ben pensarci proprio come accade ai tanti genitori che non sanno accettare il dolore di una separazione, perché anche la storia più bella può vacillare e finire.

Decreto Ministeriale 7 dicembre 2023, AOOGABMI 241

Ministero dell’istruzione e del merito

Schema di decreto di adozione delle Linee guida per lo sviluppo dei processi di internazionalizzazione per la filiera tecnica e professionale in attuazione dell’art. 27, comma 3, del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, convertito con modificazioni dalla legge 17 novembre 2022, n. 175. (24A00999) 

Registrato alla Corte dei conti il 4 gennaio 2024 Ufficio di controllo sugli atti del Ministero dell’istruzione e del merito, del Ministero dell’università e della ricerca, del Ministero della cultura, del Ministero della salute e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, reg. n. 6

(GU Serie Generale n.45 del 23-02-2024)

Linee guida per lo sviluppo dei processi di internazionalizzazione
per la filiera tecnica e professionale

Linee Guida (ACN-GPDP)

Si rende noto che l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), d’intesa con il Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP), ha messo a punto specifiche Linee Guida che forniscono importanti raccomandazioni sulle funzioni crittografiche ritenute attualmente più sicure per la conservazione delle password a tutte le imprese e alle amministrazioni che, in qualità di titolari o responsabili del trattamento, conservano sui propri sistemi le password dei propri utenti. 
Il documento, che si invia in allegato, è in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ed è disponibile sui siti web www.gpdp.it  e www.acn.gov.it.

Il Responsabile della Protezione dei Dati e l’Ufficio Protezione Dati Personali del Ministero

Decreto Dipartimentale 7 dicembre 2023, AOODPIT 2608

Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione

Piano nazionale di sperimentazione per l’istituzione di una filiera formativa integrata nell’ambito tecnologico-professionale


Decreto Ministeriale 7 dicembre 2023, AOOGABMI 240
Decreto concernente il progetto nazionale di sperimentazione relativo all’istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale

Nota 7 dicembre 2023, AOOGABMI 141432

Ministero dell’ Istruzione edel Merito
Unità di missione del Piano nazionale di ripresa eresilienza

Alle Istituzioni scolastiche statali, della regione Valle d’Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano finanziate con DM. . 12 aprile 2023, n. 65 ca.. Dirigente scolastico e Legale Rappresentante

Oggetto: Piano nazionale di ripresa e resilienza. Investimento M4C11.3.1 “Nuove competenze e nuovi linguaggi’, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU. Istruzioni operative prot. n. 132935 del 15 novembre 2023. Diferimento del termine di chiusura dela piataforma per al presentazione dei progetti.

Istruzioni operative 7 dicembre 2023, AOOGABMI 141549

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO
PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
MISSIONE 4: ISTRUZIONE E RICERCA
Componente 1 – Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università Investimento 2.1: Didattica digitale integrata e formazione alla transizione digitale per il personale scolastico

Formazione del personale scolastico per la transizione digitale (D.M. 66/2023)


Decreto Ministeriale 12 aprile 2023, AOOGABMI 66
Decreto di riparto delle risorse alle istituzioni scolastiche in attuazione della linea di investimento 2.1 “Didattica digitale integrata e formazione alla transizione digitale per il personale scolastico” nell’ambito della Missione 4 – Istruzione e Ricerca – Componente 1 – “Potenziamento dell’offerta dei servizi all’istruzione: dagli asili nido all’Università” del Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU

Nota 7 dicembre 2023, AOODGSIP 5217

Ministero dell’istruzione e del merito
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione Generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico
Ufficio terzo

Alle Istituzioni scolastiche statali e paritarie di ogni ordine e grado

Oggetto: Bando di concorso nazionale: Spezziamo la violenza. Giovani, in dialogo per risolvere i conflitti”. Anno scolastico 2023/2024