Le responsabilità del docente di scienze motorie nell’esercizio della vigilanza sugli alunni

Le responsabilità del docente di scienze motorie nell’esercizio della vigilanza sugli alunni

di Anna Armone

Premessa.

L’affidamento dei minori alla scuola, attraverso l’iscrizione, genera un rapporto contrattuale, per effetto del quale la scuola si impegna a garantire l’incolumità del minore per tutto il tempo in cui è affidato alla stessa.

Nel caso di danno causato dal minore a terzi o a sé stesso, l’azione di danno può essere avanzata nei confronti della sola Amministrazione (con esclusione quindi del personale scolastico) e con la prevista possibilità di azione di rivalsa della P.A. che ha risarcito il danno, limitata però alle ipotesi di accertati dolo e/o colpa grave del personale scolastico.

La permanenza del minore a scuola, comprensiva dell’attività motoria, richiede, prima ancora di parlare di vigilanza, un’attenta verifica delle condizioni di sicurezza interna secondo le prescrizioni del Dlgs 81/2008.

Le norme di riferimento, regolative dell’obbligo di vigilanza, sono:

  • l’art. 2048 del cod. civ.
  • l’art. 2043 del cod. civ.
  • l’art. 1218 del cod. civ.
  • l’art. 61 della l. 312/1980

I docenti sono richiamati espressamente nell’art. 2048, in qualità di precettori, a vigilare sugli alunni per tutto il tempo in cui sono agli stessi affidati. La responsabilità posta a carico dei precettori dall’art. 2048, comma 2, c.c., trova applicazione in relazione al danno causato dal fatto illecito dell’allievo nei confronti dei terzi, mentre in relazione al danno che l’allievo abbia cagionato a sé stesso, trova applicazione la disciplina della responsabilità contrattuale, l’art. 1218 c.c.,  poiché, in virtù della c.d. teoria del contatto sociale, l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente iscrizione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questo fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni.

Una delle variabili più importanti della gestione della vigilanza sugli alunni è l’età dell’alunno stesso. Secondo un consolidato e condivisibile orientamento, il dovere di vigilanza imposto ai docenti dall’art. 2048, comma 2, c.c., non ha carattere assoluto, ma va calibrato in modo inversamente proporzionale all’età ed al normale grado di maturazione degli alunni: in buona sostanza, più gli alunni sono prossimi all’età del pieno discernimento, meno l’espletamento di tale dovere richiede la presenza costante e continuativa degli insegnanti; i quali, comunque, non sono certo dispensati dall’adottare adeguate misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi. Nella disciplina delle scienze motorie la programmazione didattica ed educativa va fatta considerando proprio l’età, il livello di maturità e consapevolezza del comportamento e delle capacità degli studenti. Un caso specifico ha riguardato la responsabilità di un maestro di sci per i danni subiti da un allievo maggiorenne. L’art. 2048 c.c. è stato considerato inapplicabile, dovendosi presumere che, all’interno della stessa disposizione, il legislatore non abbia voluto riservare ai precettori e maestri d’arte un trattamento deteriore rispetto a quello dei genitori di cui al comma 1, dilatando la loro responsabilità oltre il limite temporale della minore età del danneggiante Cass. 30/05/2001, n. 7387.

Lo stato della sicurezza dei luoghi

La sicurezza del luogo di lavoro, accezione che riguarda anche la scuola, deve essere garantita dal datore di lavoro, ruolo agito nella scuola dal dirigente scolastico. Ciò non toglie che tutti i lavoratori, compreso il docente di scienze motorie, una volta rilevato un pericolo derivante dallo stato delle strutture, devono immediatamente comunicarlo al dirigente per l’adozione dei provvedimenti del caso.

Uno dei parametri di sicurezza della palestra è lo stato del pavimento, rivestito di materiale adatto all’attività motoria. In particolare, se il rivestimento risulta usurato o sollevata o addirittura assente in più punti, ciò costituisce un’insidia per chiunque si accinge ad usufruirne; si precisa che la circostanza risulterebbe ancora più grave in un ambiente come la palestra, che per definizione va adibita alla pratica di sport ed è quindi necessariamente essere provvisto di un pavimento che garantisca l’esercizio di sicurezza.  Appare quindi evidente come il mancato rispetto dell’obbligo di manutenzione ricade in capo al datore di lavoro, ma i docenti che ne hanno conoscenza hanno l’obbligo, in qualità di lavoratori, di portare a conoscenza dello stesso lo stato di pericolo.

Gli infortuni causati da un altro studente

Non sempre il danno causato da uno studente all’altro dipende dalla foga dell’impegno o dal caso fortuito. Può accadere che il danno sia causato volontariamente. La Suprema Corte ha precisato che, in materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo, ove siano derivate lesioni personali ad un partecipante all’attività a seguito di un fatto posto in essere da un altro partecipante, il criterio per individuare in quali ipotesi il comportamento che ha provocato il danno sia esente da responsabilità civile sta nello stretto collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo. Questo collegamento va escluso allorquando l’atto sia stato compiuto allo scopo di ledere, ovvero con una violenza incompatibile con le caratteristiche concrete del gioco, con la conseguenza che sussiste in ogni caso la responsabilità dell’agente in ipotesi di atti compiuti allo specifico scopo di ledere, anche se gli stessi non integrino una violazione delle regole dell’attività svolta. Diversamente la responsabilità non sussiste se le lesioni sono la conseguenza di un atto posto in essere senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole dell’attività, nonché nell’ipotesi in cui pur in presenza di violazione delle regole proprie dell’attività sportiva specificamente svolta l’atto sia a questa funzionalmente connesso (cfr. Cass., n. 12012 del 8/8/2002, ), rientrando cioè nell’alea normale della medesima (cfr. Cass. n.20908 del 27/10/2005).

Dunque, nell’ipotesi specifica in cui l’infortunio sia stato subito da uno studente all’interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica viene in rilievo l’art. 2048 co. II c.c. Per l’applicazione di tale norma è richiesto che il danno lamentato sia conseguenza del fatto illecito di un altro; quindi, che lo studente lo abbia subito in conseguenza di una azione colposa di altro studente. In tal caso incombe sul danneggiato l’onere di provare l’illecito commesso da altro studente, quale fatto costitutivo della sua pretesa, laddove è a carico della scuola la prova del fatto impeditivo, cioè dell’inevitabilità del danno nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee a evitare il fatto (cfr. Cass., n. 6844 dell’8/04/2016).

Più nello specifico la Corte di Cassazione ha precisato che “Ai fini della configurabilità della responsabilità a carico della scuola ex art. 2048c.c. non è sufficiente il solo fatto di aver incluso nel programma di educazione fisica la disciplina sportiva in cui si è verificato il sinistro e fatto svolgere tra gli studenti una gara sportiva, ma è altresì necessario:
1) che il danno sia stato conseguenza del compimento di un fatto illecito da parte di uno degli alunni, posto in essere con un grado di violenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato;
2) che la scuola non abbia posto in essere tutte le misure idonee ad evitare il danno.

L’autolesione

Siamo nel caso della responsabilità contrattuale ex art.1218 c.c. Per costante giurisprudenza, infatti, nel caso di danno cagionato dall’alunno a sé stesso la responsabilità dell’Istituto e dell’insegnate ha natura contrattuale, e non rientra nella responsabilità extracontrattuale, ritenuto che quest’ultima è ravvisabile solo in caso di danni causati dal comportamento “illecito” di un terzo soggetto. Pertanto, in caso di infortunio causato da autolesione durante una partita di calcio, va evocata da parte dei genitori la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale ex art. 2048 co.2 c.c., magari evidenziando, in primo luogo, la pericolosità connaturata al gioco del calcio, e sostenendo che il docente avesse imprudentemente esposto gli alunni al rischio di praticare detta attività.

Il Ministero convenuto, in quanto tenuto all’adempimento dell’obbligo educativo ed insieme alla salvaguardia dell’incolumità dei propri “creditori”, potrà liberarsi da ogni responsabilità, se offrirà la prova che l’inadempimento non gli sia imputabile.

Ma, ad esempio, in relazione al gioco del calcio, la premessa deve essere costituita, come per ogni altra attività, dalla programmazione didattica, oltreché dalla considerazione dell’età degli studenti.

La Suprema Corte afferma che “Deve escludersi che all’attività sportiva riferita al gioco del calcio possa essere riconosciuto il carattere di particolare pericolosità, trattandosi di disciplina che privilegia l’aspetto ludico, pur consentendo, con la pratica, l’esercizio atletico, tanto che è normalmente praticata nelle scuole di tutti i livelli come attività di agonismo non programmatico finalizzato a dare esecuzione ad un determinato esercizio fisico, sicché la stessa non può configurarsi come attività pericolosa a norma dell’art. 2050 cod. civ., così rimanendo irrilevante, ai fini della possibile responsabilità dell’insegnante di educazione fisica e dell’istituto scolastico, ogni indagine volta a verificare se la medesima attività faccia, o meno, parte dei programmi scolastici ministeriali”.  (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, sulla scorta dell’enunciato principio, aveva escluso la sussistenza dei presupposti per la configurazione della forma di responsabilità riconducibile al richiamato art. 2050 cod. civ., considerando, altresì, adeguatamente motivata tale decisione nella parte in cui era rimasto accertato, in positivo, che l’infortunio occorso all’allievo scolastico durante la lezione di educazione fisica era stato determinato da un fatto accidentale ascrivibile ad un errore del medesimo minore, il quale, nel controllare il possesso del pallone in un frangente del gioco in cui non vi era stato alcun contrasto con altri giocatori, era inciampato sul pallone stesso e nel cadere aveva appoggiato a terra la mano sinistra, procurandosi la frattura del relativo avambraccio).” (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 1197 del 19/01/2007 Rv. 594445 – 01 e conformemente Sez. 3, Sentenza n. 20982 del 27/11/2012 Rv. 624390 – 01).

L’onere della prova

 In materia la Suprema Corte ha affermato che, in relazione alle attività sportive e ricreative, la responsabilità dell’insegnante -e, di conseguenza, del Ministero- è configurabile soltanto a fronte di specifica violazione del dovere di sorveglianza e di addestramento, ovvero in relazione a lesioni o ad altri danni subiti dagli allievi che di per sé dimostrino che è stato loro consentito di svolgere attività violente, o tali da comportare l’uso di attrezzature inidonee od intrinsecamente pericolose, o tali da implicare un margine di rischio di incidenti superiore a quello suscettibile di prevenzione tramite il controllo e la disciplina esercitati dall’insegnante (cfr. in motivazione Cass. n. 2015/11188).

Sul versante dell’onere probatorio, pertanto, è onere della scuola dimostrare in concreto, benché anche solo per presunzioni, che le lesioni sono state conseguenza di una sequenza causale ad essa non imputabile (Cass. n. 5067/2010Cass. n. 2559/2011Cass. n. 9352/2011) ed anche di avere adottato, in via preventiva, le misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare prevedibili situazioni di pericolo favorevoli all’insorgere della serie causale sfociante nella produzione del danno (Cass. n. 9542/2009). Dunque, colui che si ritiene danneggiato ha l’onere di dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del soggetto inadempiente e il danno di cui chiede il risarcimento. La previsione dell’art. 1218 c.c. esonera il creditore dalla prova della colpa dell’inadempimento dell’obbligazione -in questo caso l’obbligazione di garanzia nei confronti degli allievi – ma non da quello di dimostrare il nesso di causa tra la condotta del debitore e il danno di cui si chiede il risarcimento.

In conclusione, in materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo subito da uno studente all’interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, incombe sullo studente l’onere della prova dell’illecito commesso da altro studente, quale fatto costitutivo della sua pretesa, mentre è a carico della scuola la prova del fatto impeditivo, cioè l’inevitabilità del danno nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee a evitare il fatto (Cass. n. 6844/2016).