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3 settembre Priorità del Semestre sull’istruzione

2014-09-03Il 3 settembre, a Bruxelles, il ministro Stefania Giannini illustra al Parlamento europeo le priorità del Semestre sull’istruzione

Presentazione del Programma della Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea alla Commissione per la Cultura e l’Istruzione del Parlamento Europeo

1 settembre Ripresa lavori Parlamento

I lavori di Camera e Senato, sospesi per la pausa estiva, riprendono il 1° settembre 2014

8 agosto Riforma Costituzione in Senato

L’8 agosto l’Aula del Senato, con 183 voti favorevoli e 4 astenuti, approva in prima lettura il ddl costituzionale n. 1429 e connessi di revisione della Parte II della Costituzione; il provvedimento passa all’esame della Camera.

Senato, si alla riforma costituzionale

L’assemblea del Senato ha approvato oggi il disegno di legge costituzionale di revisione della Parte II della Costituzione. Il provvedimento passa ora all’esame della Camera dei deputati.

Questi i punti principali:

Fine del Senato elettivo
La riforma disegna un Senato composto da 95 membri rappresentativi delle istituzioni territoriali e 5 di nomina presidenziale. Saranno i Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano a scegliere i senatori, con metodo proporzionale, fra i propri componenti. Inoltre ciascuna Regione eleggerà un senatore tra i sindaci dei rispettivi territori. La ripartizione dei seggi tra le varie Regioni avverrà “in proporzione alla loro popolazione” ma nessuna Regione potrà avere meno di due senatori. La durata del mandato dei senatori, che godranno dell’immunità come i colleghi deputati, coincide con quella nei propri organi territoriali.

Fine del bicameralismo perfetto
La funzione legislativa che finora era esercitata collettivamente dalle due Camere (art. 70 Costituzione) sarà prerogativa della sola Camera dei deputati, salvo alcune materie su cui dovrà intervenire anche il Senato. Sulla legge di bilancio, la Camera potrà avere l’ultima parola decidendo, a maggioranza semplice, di non conformarsi ai rilievi posti dal Senato che, tra l’altro, sarà anche escluso dal potere di concedere amnistia e indulto.

Referendum
Vengono introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo. Mentre per il referenzun abrogativo le firme necessarie per chiederlo restano 500mila, con il quorum per la validità della consultazione posto al 50% più uno degli elettori. In caso si arrivi a 800mila firme, invece, il quorum si abbassa: sarà sufficiente che vada a votare la metà più uno dei votanti delle ultime elezioni politiche. Per presentare una legge di iniziativa popolare bisognerà raccogliere 150mila firme.

Province abolite anche nella Costituzione
Le Province scompaiono anche dalla Costituzione. La riforma prevede anche il commissariamento di Regioni ed enti locali in caso di grave dissesto finanziario. Lo Stato, inoltre, potrà esercitare una “clausola di supremazia” verso le Regioni a tutela dell’unità della Repubblica e dell’interesse nazionale.

Soppressione Cnel e riduzione stipendi e rimborsi regionali
Altre norme chiave sono: la soppressione del Cnel, la previsione di un tetto agli stipendi di Presidente e consiglieri regionali – mai superiore a quello dei sindaci dei capoluogo di Regione – e la norma che abolisce i “rimborsi e trasferimenti monetari” pubblici ai gruppi politici regionali.

Il 14, 15, 16, 17, 21, 22, 23, 24, 29 30 e 31 luglio, 1, 4, 5, 6 e 7 agosto l’Aula del Senato esamina il disegno di legge costituzionale (1429) recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione”

(Senato, 21.7.14) Intervento ministro Boschi

Signor Presidente, onorevoli senatrici e onorevoli senatori, è stato un privilegio per me partecipare alla discussione generale in questi giorni. Lo dico a titolo personale, perché è sicuramente un percorso difficile, ma affascinante quello che stiamo vivendo insieme, e lo dico a nome del Governo.

Del resto, fin dall’inizio questo Governo ha legato in modo indissolubile il proprio cammino al percorso delle riforme e delle riforme costituzionali in particolare. Per questo, il Governo si è fatto promotore di un disegno di legge costituzionale che – poi – è stato adottato in Commissione come testo base.

In questi giorni non sono mancate le contestazioni, le polemiche e, in alcuni casi, anche le provocazioni. Però è il bello del dibattito e della democrazia. Lo dico non come una frase di circostanza, come una liturgia al dibattito parlamentare impone; lo dico perché ne sono convinta e ne è convinto questo Governo, che ha sempre rivendicato l’ascolto delle ragioni di tutti, il dialogo ed il confronto. Lo ha fatto con i cittadini; lo ha fatto con le parti sociali, con i Gruppi parlamentari e con i singoli opinionisti. Lo abbiamo fatto per la riforma della pubblica amministrazione, del terzo settore; lo stiamo facendo per la delicata riforma della giustizia e non potevamo non farlo – a questo punto posso dirlo senza tema di smentita – che l’abbiamo fatto anche per le riforme costituzionali, che rappresentano la madre di tutte le battaglie istituzionali, politiche e civili che stiamo affrontando in questi giorni.

Sottoponiamo a quest’Aula un testo che è il frutto del lavoro di questi mesi; un testo che è stato anche migliorato nel corso di questi mesi grazie al contributo che è arrivato dai cittadini, dai professori, dalle parti sociali e – soprattutto – dal lavoro proficuo che abbiamo svolto per oltre tre mesi in Commissione, per il quale va il ringraziamento mio personale e del Governo alla presidente Anna Finocchiaro per la mano esperta ed efficace con cui ha condotto i lavori in Commissione. Il mio ringraziamento va ai senatori ed alle senatrici tutti, di tutti i partiti politici, a cominciare dal correlatore Calderoli, dal quale mi separano distanze siderali quasi in ogni scelta politica, ma di cui ho apprezzato la competenza e anche la grande forza di volontà, perché ha continuato a lavorare con noi nonostante condizioni di salute non ottimali negli ultimi giorni.

E – permettetemi di farlo, per il lavoro che abbiamo svolto insieme fino ad oggi – un ringraziamento va, oltre ai miei collaboratori del Ministero, anche a ai funzionari della 1ª Commissione, non soltanto per la loro indubbia competenza, ma anche per la disponibilità estrema che hanno dimostrato in questi mesi di lavoro.

Noi oggi sottoponiamo al voto dell’Aula un testo che è il risultato di questo lavoro e non la rappresentazione macchiettistica che alcuni interventi ne hanno voluto fare. E noi vorremmo che venisse affrontata la discussione nel merito di questo disegno di legge costituzionale, non una discussione sulla simpatia o l’antipatia di chi lo ha proposto, perché sappiamo che, se discutiamo nel merito di queste proposte, noi non abbiamo paura delle idee altrui.

Pratolini, che è un cantore della mia terra, diceva che non ha paura delle idee chi ne ha. Per cui noi non abbiamo paura del confronto, se resta nel merito, e sappiamo che questo testo uscito dalla Commissione è ampiamente condiviso e il fatto che, a differenza del 2001 e del 2005, a sostenerlo sia una maggioranza che va oltre la maggioranza che sostiene il Governo è un valore aggiunto. Per cui vanno apprezzati la serietà e l’impegno non scontato con cui non soltanto tutti i partiti che sostengono il Governo, ma anche Forza Italia ha appoggiato questo percorso di riforme fin dall’inizio.

Noi sappiamo che presentiamo un testo che, depurato dallo scontro ideologico, è condiviso nel suo impianto generale, perché, se guardiamo anche al dibattito di questi giorni, il punto centrale che ci ha impegnato è stato quello della elettività o non elettività dei 74 consiglieri regionali e dei 21 sindaci a senatori. Un dibattito importante, che non voglio svilire, che ha avuto risposte diverse e variegate in Europa e che divide anche parte della scienza e della dottrina, ma che è un singolo aspetto in un impianto di riforma profonda e radicale che invece è ampiamente condiviso per il resto.

Noi abbiamo cercato, con questa riforma, di porre rimedio a delle storture che comunque la nostra Costituzione ha mostrato nel corso degli anni: un procedimento legislativo lento e farraginoso, che poi ha portato anche al ricorso eccessivo, soprattutto da parte degli ultimi Governi, alla decretazione d’urgenza; un rapporto di fiducia di entrambe le Camere con il Governo che è un’anomalia anche a livello europeo; la necessità di rivedere il riparto di competenze tra Stato e Regioni, dopo tredici anni dalla riforma che abbiamo approvato. Questa riforma costituzionale tiene insieme due elementi importanti: il superamento del bicameralismo perfetto e la riforma del Titolo V. Sono due elementi che si tengono insieme e non è un caso se è stato proposto un solo disegno di legge costituzionale.

Noi riteniamo che si possa superare anche la conflittualità che c’è stata tra Stato e Regioni e che ha portato ad un notevole contenzioso di fronte alla Corte costituzionale, rivedendo quelle che sono le materie forse troppo frettolosamente attribuite alle Regioni (la materia concorrente). Ma, per farlo, occorre che le Regioni e le autonomie locali partecipino alla fase decisionale fin dall’inizio. Non possiamo pensare di risolvere il problema soltanto a valle per via giudiziaria; il problema va anticipato con una Camera di compensazione politica e questo sarà il nuovo Senato. Per questo abbiamo pensato ad un Senato che non è eletto direttamente dai cittadini, ma che rappresenta le Regioni e i Comuni, perché lì le autonomie territoriali possano avere la loro voce e possano decidere insieme allo Stato centrale. Quindi un nuovo modo, innovativo, di intendere il rapporto tra Stato centrale e poteri periferici.

Un nuovo Senato che svolgerà un ruolo importante di raccordo, di cinghia, di chiusura tra Stato ed enti subnazionali, ma che svolgerà anche un importante ruolo di raccordo con l’Unione europea, non soltanto nella fase ascendente, ma anche nella valutazione dell’attuazione delle politiche europee nel nostro Paese. Ed è un Senato che, libero e sciolto dal rapporto di fiducia con il Governo, sarà anche in grado di svolgere un ruolo nuovo e fondamentale di valutazione dell’attuazione delle leggi statali e di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche e delle pubbliche amministrazioni.

Con questa riforma abbiamo anche messo mano ai poteri normativi del Governo, cercando di disciplinare in modo più puntuale anche la decretazione d’urgenza, recependo in Costituzione non soltanto vincoli che oggi già ci sono nella legislazione ordinaria o le sentenze e la giurisprudenza ormai consolidata della Corte costituzionale. Recepirle in Costituzione significa dare maggiore valore cogente e maggiore efficacia a questi limiti. Abbiamo previsto anche una corsia preferenziale per i disegni di legge del Governo, con la possibilità di porli in votazione a data certa, ma sempre nell’alveo dell’Assemblea parlamentare, mai al di fuori di essa.

Sicuramente il lavoro in Commissione ha contribuito a rendere equilibrato il testo anche da un punto di vista delle garanzie, attraverso il rafforzamento dei quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica, del numero di scrutini per l’elezione del Presidente della Repubblica e introducendo un’innovazione importante anche per quanto riguarda i referendum abrogativi, perché prevedere un quorum per la validità dei referendum che non sia ancorato al numero degli elettori, ma ai partecipanti alle ultime elezioni politiche significa capovolgere completamente anche il meccanismo di partecipazione politica ai referendum; rappresenta un impegno ed uno sforzo in più anche per i partiti politici nelle loro battaglie referendarie o per i movimenti che vorranno presentare dei referendum.

Un testo che porta anche al completamento della riforma, che è già iniziata con la legge Delrio, per l’articolazione della Repubblica, per riorganizzare la presenza dello Stato sul territorio, con l’abolizione delle Province anche in Costituzione, con poi l’abolizione del CNEL dopo anni che ne discutiamo.

Noi sappiamo bene, è stato ricordato anche in quest’Aula, che anche i lavori della Costituente hanno portato a degli scontri politici, a dei dibattiti accesi, si è arrivati a delle mediazioni che magari non sono state la soluzione perfetta, ma che hanno rappresentato il miglior compromesso possibile nell’interesse del Paese e nell’interesse dei cittadini, intrecciando anche l’esperienza dei componenti più maturi di quella Costituente con lo sguardo rivolto al futuro dei componenti più giovani che sono stati chiamati a farne parte.

Credo che anche oggi noi siamo chiamati a trovare un accordo alto nell’interesse del Paese e dei cittadini, anche perché queste riforme costituzionali sono la premessa, la base per le altre riforme che stiamo affrontando: da quella della pubblica amministrazione alla riforma fiscale che il Parlamento ha attribuito al ministro Padoan, alla riforma della giustizia.

Abbiamo bisogno di uno Stato più semplice, di uno Stato più coraggioso, di un’Italia più forte. Questa riforma sta cercando di dare risposte a tutti questi interrogativi.

Si è molto discusso anche dell’urgenza di questa riforma, un’urgenza innegabile, un’urgenza che deriva sicuramente dalla necessità anche di dimostrare in Europa che le riforme strutturali non sono soltanto iniziate, ma che stanno andando avanti, perché sono l’unica condizione di flessibilità che possiamo avere in Europa, ma è un’urgenza che nasce soprattutto dall’esigenza di rispondere agli interrogativi dei nostri cittadini, di mantenere gli impegni che noi abbiamo assunto; è un’urgenza che deriva dalla necessità di rispondere ad un desiderio, ad un urlo di cambiamento che i cittadini ci hanno rivolto anche con le elezioni europee, in cui per la prima volta dal 1958 ad oggi un partito ha raggiunto un risultato così ampio, proprio perché nel nostro Paese c’è voglia di cambiamento. Ci potrà allora essere un tentativo di rallentare questo cambiamento, ci potrà forse essere dell’ostruzionismo che ci porterà a lavorare una settimana di più e forse a sacrificare un po’ di ferie, ma noi manterremo l’impegno di cambiare il Paese, perché lo abbiamo promesso ai nostri cittadini. Quest’urgenza deriva innanzitutto da noi.

Vi rubo un minuto per una considerazione che non è del Governo ma più personale, di un deputato che è alla prima legislatura. Noi eravamo insieme in seduta comune, un anno fa, quando il Presidente della Repubblica venne rieletto con una maggioranza molto ampia. Quel 22 aprile il Presidente della Repubblica, in modo molto severo, richiamò tutti i politici alle loro responsabilità, anche alla loro incapacità di portare a termine quel processo di riforme costituzionali che tutti noi avevamo promesso agli italiani e ai cittadini. Allora, oltre ovviamente all’ammirazione e alla stima nei confronti del Capo dello Stato, che anche con sacrificio personale e per senso di servizio nei confronti della Repubblica e delle istituzioni, ha accettato quel nuovo mandato, io mi chiedevo anche se saremmo riusciti poi ad essere conseguenti a quella condivisione ampia che avevamo in Parlamento quel giorno sulla necessità e sull’urgenza delle riforme, se saremmo usciti, tutti insieme, da quelle sabbie mobili.

Da lì è iniziato un percorso che ha portato poi alla Commissione dei 35 esperti e ringrazio anche il mio predecessore, Gaetano Quagliariello, per il lavoro paziente che ha saputo fare con la Commissione, che si è inserita nel solco già tracciato dagli esperti che erano stati nominati qualche tempo prima dal Presidente della Repubblica.

Il lavoro degli esperti ci ha consegnato dei punti di ampia condivisione. Tutto, lo sappiamo, è migliorabile, sempre; ma sappiamo anche che sull’impianto fondamentale che questa riforma presenta – dal superamento del bicameralismo perfetto ad un rapporto di fiducia con il Governo di una sola Camera, alla necessità di rivedere le competenze dello Stato, attribuendogli nuovamente la competenza, ad esempio, in materia di energia, di grandi opere infrastrutturali, di reti di trasporto – c’è un consenso ampio anche nel mondo accademico.

Su altre soluzioni la scelta è rimasta aperta, anche nel lavoro dei saggi, e spetta a noi politici la decisione di cosa sia meglio oggi per il nostro Paese: questa è la responsabilità alla quale siamo chiamati.

La riforma che abbiamo presentato non è però un’approssimazione casuale: poggia su delle spalle robuste e solide; poggia su quell’approfondimento e su quella discussione tra costituzionalisti che negli ultimi 30 anni ci sono stati nel mondo politico e scientifico e che sono rimasti in un cassetto.

Ho sentito alcuni – in quest’Aula e fuori di qui – parlare di «svolta autoritaria» per questa riforma. Questa è un’allucinazione e come tutte le allucinazioni non può essere smentita con la forza della ragione, perché resta tale. Non c’è niente di autoritario nel superamento del bicameralismo perfetto, così come non c’è niente di autoritario nella riforma del Titolo V, né nell’abolizione del CNEL.

Un grande statista, che è stato anche un grande Presidente di questa Assemblea – oltre che un riferimento per tante donne e uomini della mia terra, compreso mio padre – Amintore Fanfani, ha detto una piccola grande verità e cioè che le bugie in politica non servono. Si può essere d’accordo o meno con questa riforma costituzionale; la si può votare o no; si può condividere o meno l’attività del Governo, ma parlare di svolta illiberale nel Paese per la presentazione di questa riforma è una bugia e le bugie in politica non servono.

Questo Governo ha presentato riforme strutturali al Paese e presenterà il 1° settembre il programma dei mille giorni, l’impegno, il mandato per i prossimi tre anni di legislatura. Alla scadenza elettorale naturale i partiti si organizzeranno per le votazioni, com’è sempre successo. Noi oggi, però, siamo chiamati a dare una nuova speranza al Paese.

Siamo chiamati a rendere le istituzioni vive, attuali, in sintonia con il Paese, se non vogliamo che diventino un simbolo del passato, anziché indicatori luminosi del futuro. Questa è la sfida alla quale siamo chiamati.

Sono 30 anni che prendiamo a schiaffi l’opportunità di cambiare noi per cambiare il Paese. Sono 30 anni che sprechiamo l’occasione di scommettere sul futuro. Sono 30 anni – come direbbe il poeta – che aspettiamo domani per avere poi nostalgia. Pensiamo che sia oggi il tempo delle scelte, il tempo di decidere. Nelle vostre mani, onorevoli senatori, sta non soltanto questa fondamentale riforma della Costituzione, ma forse l’ultima chance di credibilità per la politica tutta e sono sicura che nessuno di noi vorrà sprecarla.

Il 10 luglio la Commissione Affari costituzionali licenzia il testo per l’Aula.

Il 17 e 24 giugno, l’1, 2 e 8 luglio la 7a Commissione del Senato esamina il disegno di legge costituzionale (1429) recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione”

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE (8.7.14)

La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo,

considerate le norme di interesse, quali gli articoli 2, 25, 26 e 27 che incidono tanto sulla composizione del Senato quanto sul Titolo V della Costituzione;

tenuto conto che, nella sede di merito, i relatori hanno presentato delle proposte emendative che impattano sui predetti articoli, tra cui in primo luogo gli emendamenti 2.1000 e 2.0.1000 che prevedono la nomina, da parte del Presidente della Repubblica, di cinque senatori (in luogo dei 21 originari) tra i cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario;

preso atto inoltre dell’emendamento 25.1000 dei relatori, con cui viene ripristinato il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione sul regionalismo differenziato, prima sostituito invece dalla delega di funzioni legislative;

osservato che, rispetto al testo costituzionale vigente, il predetto emendamento 25.1000 conferma la possibilità per le Regioni di richiedere forme di autonomia nelle materie di legislazione esclusiva statale che attengono, secondo il testo dell’emendamento 26.1000, anche alle “disposizioni generali e comuni” sull’istruzione, all’ordinamento scolastico, all’istruzione universitaria e alla programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, nonché alla tutela dei beni culturali e paesaggistici, alle disposizioni generali e comuni su ambiente e ecosistema, sulle attività culturali e sul turismo e all’ordinamento sportivo;

valutato dunque che detto emendamento 26.1000 conferma la soppressione della potestà legislativa concorrente, già abolita dal testo del Governo, e modifica l’elencazione delle materie di potestà legislativa esclusiva statale, inserendo all’articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione, le “disposizioni generali e comuni” sull’istruzione, e ripristinando all’articolo 117, secondo comma, lettera s), la distinzione tra “tutela” e “valorizzazione” dei beni culturali, la prima affidata attualmente allo Stato, la seconda alle Regioni;

considerato altresì che si introduce il concetto di “disposizioni generali e comuni” relative tra l’altro alle attività culturali, mentre si assegna totalmente l’ordinamento sportivo alla potestà statale, non più nella forma “attenuata” delle “norme generali sull’ordinamento sportivo”;

rilevato poi che il medesimo emendamento 26.1000 ridisegna anche la potestà legislativa regionale assegnando alle Regioni, “salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche”, la competenza legislativa “in materia di servizi scolastici, istruzione e formazione professionale, promozione del diritto allo studio, anche universitario, di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della valorizzazione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo”;

ritenuto positivo che le proposte dei relatori attenuino la spinta centralistica contenuta nell’originario disegno di legge n. 1429;

reputato opportuno che col nuovo Titolo V sia confermato il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni atteso che, al di là delle norme scritte, ciò che conta è il mantenimento di un corretto rapporto tra i diversi livelli di governo;

condiviso pertanto il nuovo quadro della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni così come delineato dagli emendamenti dei relatori, in quanto viene confermato l’impianto esistente sul tema dell’autonomia differenziata e viene definito un adeguato equilibrio dei ruoli, senza diminuire l’importanza del sistema regionale;

esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni:

1.      con riferimento alla nomina di un contingente di senatori da parte del Presidente della Repubblica, alla luce del nuovo assetto dei poteri, si reputa che esse debbano essere ispirate da criteri di stampo esclusivamente meritocratico negli ambiti previsti dal nuovo articolo 57 della Costituzione;

2.      si rileva come le innovazioni introdotte necessitino di ulteriori specificazioni, onde scongiurare margini di ambiguità. Si invita perciò la 1a Commissione a dare molta importanza, nella stesura finale del testo, alla necessità di evitare sovrapposizioni ed indeterminatezze di ruolo e a definire tutte le attribuzioni di competenze così da non alimentare nuovi conflitti istituzionali davanti alla Corte;

3.      si raccomanda conseguentemente di valutare con attenzione i subemendamenti alle proposte emendative dei relatori proposti a questo fine dai membri della 7a Commissione, in particolare sui temi relativi all’attribuzione di competenze su istruzione, beni culturali, sport e ricerca.

Ai sensi dell’articolo 39,comma 4, del Regolamento si chiede inoltre la pubblicazione del presente parere in allegato alle relazione che la Commissione presenterà all’Assemblea.

———-

(7a Senato, 17.6.14) Il relatore MARTINI (PD) segnala che il disegno di legge n. 1429, assunto quale base dell’esame nella Commissione affari costituzionali, reca norme di competenza della 7ª Commissione per ciò che attiene alla modifica del Titolo V della parte II della Costituzione, laddove viene definito il riparto di competenze fra Stato e Regioni. In proposito fa presente che tuttavia è in corso un approfondimento nella sede di merito che porterà presumibilmente ad una modifica di tali disposizioni. Propone perciò fin d’ora di rinviare l’espressione del parere alla luce dell’andamento dei lavori nella 1a Commissione, onde conoscere meglio l’assetto che si va delineando proprio in merito al Titolo V.

Passa comunque ad illustrare il contenuto delle disposizioni  di competenza, che si suddividono a suo giudizio in due gruppi: da un lato vengono infatti modificate le norme vigenti della Costituzione relative al regionalismo differenziato, di cui all’articolo 116, comma terzo della Costituzione, e, dall’altro, si incide sulla distribuzione della potestà legislativa perciò che attiene all’istruzione, ai beni culturali e allo sport.

Con riferimento al primo aspetto sottolinea che l’articolo 25 del disegno di legge in titolo sopprime proprio il comma terzo dell’articolo 116 della Costituzione, in base al quale nelle materie di legislazione concorrente – che includono anche istruzione, ricerca scientifica e valorizzazione dei beni culturali – e nelle materie esclusive statali inerenti l’istruzione e la tutela dei beni culturali può essere attribuita maggiore autonomia alle Regioni. Ritiene però che l’eliminazione della possibilità di un regionalismo differenziato non sia totale in quanto il successivo articolo 26, comma 3, del testo in esame – nell’abrogare la competenza concorrente – stabilisce al contempo che con legge dello Stato l’esercizio della funzione legislativa, in materie o “funzioni” di competenza esclusiva statale, possa essere delegato a una o più Regioni anche su loro richiesta.

Sul piano del riparto di competenze osserva anzitutto l’introduzione del concetto di “funzione” accanto a quello di “materia”, che recepisce la giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui in molti settori esiste una sorta di “materia-funzione”, ad esempio laddove sussiste un compito di natura trasversale che lo Stato deve comunque perseguire. Dopo essersi soffermato sulla distinzione tra il concetto di norme generali e quello di principi fondamentali, ripercorre brevemente le pronunce della Corte costituzionale sulla definizione di norme generali sull’istruzione, attualmente riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, rilevando come sul tema sia in atto una profonda discussione tra le Regioni. Precisa altresì che, nel testo costituzionale vigente, alla potestà legislativa concorrente spetta “l’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con l’esclusione dell’istruzione e formazione professionale”, demandata alla competenza esclusiva regionale. Sul punto, prosegue il relatore, l’articolo 26, comma 3, del disegno di legge n. 1429 conferma l’attribuzione dell’istruzione e formazione professionale alla competenza esclusiva regionale della quale fa parte anche “l’organizzazione in ambito regionale dei servizi scolastici”, salva l’autonomia delle scuole. In proposito osserva che nella sede di merito sono stati presentati diversi emendamenti volti, alternativamente, ad ampliare la potestà esclusiva statale ovvero quella esclusiva regionale.

Rammenta altresì che la “ricerca scientifica e tecnologica e il sostegno all’innovazione per i settori produttivi” fanno attualmente parte delle materie di competenza concorrente, soppresse dalla proposta in esame. Nel testo proposto, pare dunque che lo Stato si riappropri della materia della ricerca, nonostante l’espressione “programmazione strategica”, utilizzata per definire gli ambiti di potestà legislativa esclusiva statale, lasci intendere solo la fissazione di indirizzi da parte statale senza escludere interventi operativi da parte delle Regioni, sulla scia di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella recente giurisprudenza.

Quanto ai beni culturali e allo sport, segnala che l’eliminazione della competenza legislativa concorrente ha come effetto principale il venir meno della distinzione, attualmente esistente, tra la “tutela dei beni culturali”, attribuita esclusivamente allo Stato e la “valorizzazione dei beni culturali”, condivisa tra Stato e Regioni. Rammenta peraltro che nell’attuale potestà legislativa concorrente rientrano anche la promozione e l’organizzazione di attività culturali nonché l’ordinamento sportivo.

Riferisce invece che l’articolo 26, comma 2, del disegno di legge n. 1429 assegna allo Stato la “materia-funzione” dei beni culturali, nonché le “norme generali sulle attività culturali, sul turismo e sull’ordinamento sportivo”. Anche in questo caso, segnala che è in corso un dialogo con le Regioni per ridisegnare la potestà legislativa esclusiva loro spettante, trattandosi peraltro di materia ancora in via di definizione.

Con riferimento all’ordinamento sportivo, ricorda che la Corte costituzionale ha ricondotto a tale materia la disciplina degli impianti e delle attrezzature sportive riconoscendo la facoltà dello Stato di determinare i principi di carattere generale della materia, che attualmente rientra nella competenza concorrente. Poiché nel testo proposto si assegna alla potestà esclusiva statale la definizione delle “norme generali sull’ordinamento sportivo”, il relatore ipotizza che tale definizione ricalchi in maniera sostanziale, seppur non formale, l’attuale assetto di competenze, nel senso che lo Stato sarà in ogni caso chiamato a definire la cornice di riferimento. Secondo questa impostazione, potrebbe pertanto mantenere una sua valenza l’attuale qualificazione, operata dalla giurisprudenza costituzionale, dei principi generali dell’ordinamento sportivo. In conclusione, ribadisce la proposta di rinviare l’espressione del parere al fine di comprendere gli indirizzi che la 1a Commissione elaborerà proprio sugli aspetti sopra descritti.

7 agosto DL Semplificazione e trasparenza amministrativa alla Camera

Il 7 agosto l’Aula della Camera, dopo aver votato la questione di fiducia con 346 voti favorevoli e 177 contrari e aver svolto la trattazione degli ordini del giorno, approva in via definitiva il disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari (C. 2486-B) nel testo già approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

Il decreto diventa “legge”

Equità, compensi pubblici, anticorruzione, semplificazioni ed efficienza con mobilità. Con si’ definitivo della Camera dei deputati il decreto “Madia” sulla Pubblica amministrazione è diventato legge. I voti a favore sono stati 303, 163 i contrari, 9 gli astenuti.

Nella giornata del 5 agosto il Senato con 160 voti favorevoli e 106 contrari aveva approvato la fiducia sul maxi-emendamento interamente sostitutivo dell’articolo unico del disegno di legge (AS 1582) di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”. Il ddl, che recepiva le modificazioni già approvate dalla Camera dei Deputati (AC 2486 approvato il 31 luglio 2014) e quelle proposte dalla commissione Affari Costituzionali del Senato, è tornato ieri alla Camera in seconda lettura (AC 2486B) per l’approvazione difinitiva.

L’obiettivo del Governo, ha detto il ministro Madia intervenuta al Senato nel dibattito sul ddl, è quello di “uscire dalla rappresentazione decadente che oggi travolge la nostra amministrazione pubblica e che travolge anche il tanto di buono che c’è oggi nelle professionalità della pubblica amministrazione”. Uscire dalla cultura del certificato per reimpostare il rapporto cittadino-macchina pubblica.

Di seguito alcune delle modifiche apportate rispetto al testo varato dal Consiglio dei Ministri.

Disciplina in materia di risoluzione unilaterale del contratto

Estesa anche ai dirigenti la norma, riformulata dalla Camera, che prevede il pensionamento anticipato d’ufficio per i dipendenti delle P.A., incluse le autorità indipendenti, che abbiano raggiunto il massimo dei contributi pensionistici (attualmente pari a 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) e i 62 anni di età (al di sotto della quale opererebbero riduzioni percentuali del trattamento pensionistico). Resta escluso dall’àmbito di applicazione dell’istituto il personale di magistratura e i professori universitari, metre è innalzato a 65 il limite minimo di età per i responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale.

Mobilità obbligatoria e volontaria

I dipendenti delle PA, possono essere trasferiti in sedi della stessa Amministrazione, o di un’altra Amministrazione, collocate nel territorio dello stesso comune ovvero a distanza non superiore a 50 chilometri dalla sede in cui prestano servizio. Sono esclusi da tale obbligo i dipendenti con figli di età inferiore ai tre anni, che hanno diritto al congedo parentale, e i soggetto tutelati dalla legge 104/1992.

Consulenze e incarichi dirigenziali a personale in quiescenza

Esteso anche agli Enti e alle Società partecipate il divieto di conferimento di incarichi di studio e di consulenza a titolo oneroso, a qualsiasi persona in quiescenza, si tratti di lavoratore privato o pubblico, già appartenente a quella o altra amministrazione. Gli incarichi a titolo gratuito sono invece consentiti con una durata non superiore ad un anno, non prorogabile, né rinnovabile, presso ciascuna Amministrazione.

Turn over nella Pubblica Amministrazione

Per garantire gli standard operativi e i livelli di efficienza ed efficacia del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, viene autorizzata l’assunzione di 1030 unità.

Divieto di richiedere al cittadino informazioni e dati

Inserito il divieto alle PA di richiedere al cittadino informazioni e dati
già presenti entro l’Anagrafe nazionale della popolazione residente.

Il 6 agosto l’Aula della Camera esamina, in seconda lettura, il disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 sulla pubblica amministrazione

Il 5 agosto l’Aula del Senato, con 160 sì e 106 no, approva il maxiemendamento interamente sostitutivo del disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 sulla pubblica amministrazione, sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia; il provvedimento torna all’esame della Camera.

Il 4 agosto la 1a Commissione del Senato approva i seguenti emendamenti al disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari:

EMENDAMENTI

Art. 1

1.1000
Il Governo
Al comma 5, capoverso «11», sostituire il secondo, il terzo e il quarto periodo con i seguenti: « Le disposizioni del presente comma non si applicano al personale di magistratura, ai professori universitari e ai responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale e si applicano, non prima del raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età, ai dirigenti medici e del ruolo sanitario. Le medesime disposizioni del presente comma si applicano altresì ai soggetti che abbiano beneficiato dell’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni.»

1.1001
Il Governo
Sopprimere i commi 6-bis, 6-ter e 6-quater.
Conseguentemente al comma 6 sopprimere le parole: «Fermo restando quanto disposto dal comma 6-ter».

Art. 1-bis

1-bis.1000
Il Governo
Sopprimere l’articolo.

Art. 25

25.1000
Il Governo
Sopprimere i commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5 quinquies.

Il 4 agosto la 7a Commissione del Senato esamina il disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari.

(7a Senato, 4.8.14) La relatrice PUGLISI (PD) sottolinea l’importanza del provvedimento, che reca tanto norme di settore quanto disposizioni trasversali, volte al ringiovanimento del personale della pubblica amministrazione e allo snellimento delle procedure burocratiche. Nel precisare che attualmente è in corso l’esame presso la Commissione di merito, preannuncia che una delle norme più rilevanti introdotte dalla Camera dei deputati, l’articolo 1-bis, relativo alla cosiddetta “quota 96”, è stato poc’anzi soppresso. Al riguardo fa notare che tale disposizione deriva da un emendamento approvato in prima lettura senza la “bollinatura” da parte della Ragioneria generale dello Stato e dunque risulta priva di idonea copertura finanziaria. Riferisce altresì che è stata soppressa anche la disposizione, contenuta nell’articolo 1, sulla possibilità di risolvere il contratto di lavoro dei professori universitari al termine dell’anno accademico nel quale compiono 68 anni di età.

Si sofferma indi sulle altre disposizioni di interesse, menzionando in particolare l’articolo 14, sull’abilitazione scientifica nazionale necessaria per l’accesso al ruolo di professore universitario, nonché sulla chiamata di professori di seconda fascia per gli anni 2012 e 2013, prevista dal Piano straordinario di cui alla legge di stabilità 2011. In proposito segnala che i commi 1 e 2 differiscono dal 31 maggio 2014 al 30 settembre 2014 il termine di conclusione dei lavori delle commissioni per l’abilitazione della tornata 2013, avviata con decreto direttoriale n. 161 del 28 gennaio 2013. Nel corso dell’esame alla Camera, prosegue la relatrice, sono stati modificati i commi 3 e 4 e introdotti i commi da 3-bis a 3-quinquies, prevedendo anzitutto l’indizione della terza procedura di abilitazione, relativa al 2014, entro il 28 febbraio 2015 (mentre il testo originale del decreto stabiliva la sospensione della tornata 2014), previa revisione del regolamento di cui all’articolo 16, comma 2, della legge n. 240 del 2010 (cosiddetta “riforma Gelmini” dell’università) in base alle modifiche contestualmente introdotte nella medesima legge n. 240. A tale ultimo riferimento, puntualizza che il comma 3-bis modifica in più parti gli articoli 15 e 16 della legge n. 240, stabilendo: la riduzione da 30 a 20 del numero di professori di prima fascia che devono afferire, a regime, a ciascun settore concorsuale (lettera a); l’aumento da 4 a 6 anni della durata dell’abilitazione (lettera b), n. 1), riferendo l’aumento anche alle abilitazioni conseguite nelle tornate 2012 e 2013 (comma 3-ter, secondo periodo); il coinvolgimento del Consiglio universitario nazionale (CUN) e dell’Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) nella definizione di criteri e parametri per l’attribuzione dell’abilitazione(lettera b), n. 2.1) e fissando la prima verifica dell’adeguatezza degli stessi criteri dopo il primo biennio (lettera b), n. 2.3); la riduzione da 12 a 10 del numero massimo di pubblicazioni che ogni candidato può presentare (lettera b), n. 2.2); la presentazione delle domande di partecipazionesenza scadenze prefissate (c.d. modello “a sportello”), in luogo dell’indizione delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione con frequenza annuale (lettera b), n. 2.4); l’eliminazione della partecipazione alla commissione nazionale di un commissario in servizio all’estero, nonché la possibilità di sostituzione graduale dei membri della stessa commissione (lettera b), n. 2.5 e n. 2.6); fin dove possibile, la garanzia della rappresentanza proporzionale dei settori scientifico-disciplinari all’interno della commissione e la partecipazione di almeno un commissario per ciascun settore scientifico-disciplinare compreso nel settore concorsuale al quale afferiscano almeno 10 (invece di 30) professori ordinari; l’obbligatorietà del parere pro veritatenel caso di candidati afferenti a un settore scientifico-disciplinare non rappresentato nella commissione (lettera b), n. 2.7); la preclusione, in caso di mancato conseguimento dell’abilitazione, a presentare una nuova domanda di abilitazione, per lo stesso settore e per la stessa fascia o per la fascia superiore, nel corso dei dodici mesi successivi alla data di presentazione della domanda e, in caso di conseguimento dell’abilitazione, a presentare una nuova domanda di abilitazione, per lo stesso settore e per la stessa fascia, nei quarantotto mesi successivi al conseguimento della stessa (lettera b), n. 2.8); la possibilità per i candidati all’abilitazione di presentare istanza di ricusazione di uno o più componenti della commissione esaminatrice (lettera b), n. 2.9).

Evidenzia altresì che, secondo il comma 3-ter, i candidati che non hanno conseguito l’abilitazione nelle tornate 2012 e 2013 possono ripresentare la domanda dal 1° marzo 2015 tenuto conto che la durata dell’abilitazione conseguita nelle tornate 2012 e 2013 diventa di sei anni. Precisa poi che il comma 3-quater riguarda le procedure per la chiamata diretta di professori da parte delle università, mentre il comma 3-quinquies stabilisce che, nell’ambito della valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, “è considerata prioritaria” la qualità della produzione scientifica dei professori reclutati dagli atenei all’esito dell’abilitazione scientifica nazionale. Dà conto inoltre della posticipazione al 30 giugno 2015 (rispetto al 31 marzo 2015, previsto dal testo originario del decreto) del termine (precedentemente fissato al 31 ottobre 2014) per procedere alle chiamate di professori di seconda fascia per gli anni 2012 e 2013.

Si sofferma successivamente sull’articolo 15, concernente alcuni profili della disciplina dei corsi di formazione specialistica per i medici e le relative risorse finanziarie. Al riguardo, rileva che il comma 1 differisce dal 31 marzo 2014 al 31 dicembre 2014 il termine per l’emanazione del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (di concerto con il Ministro della salute) sulla riduzione della durata dei summenzionati corsi, attualmente pari a 5 o a 6 anni, con l’osservanza dei limiti minimi previsti dalla normativa europea in materia, e sulla riorganizzazione delle classi e delle tipologie dei corsi medesimi. Sottolinea poi che il comma 1-bis ridefinisce i profili transitori per l’applicazione della nuova durata, prevedendo che quest’ultima si applichi a decorrere dall’anno accademico 2014-2015 e che gli specializzandi già in corso debbano optare tra il nuovo ordinamento didattico e quello previgente, ad esclusione dei soggetti che inizino nel suddetto anno accademico 2014-2015 l’ultimo anno di specialità, per i quali resta fermo l’ordinamento previgente.

Descrive altresì i contenuti dell’articolo 23-quinquies, in virtù del quale sono fatti salvi gli atti e i provvedimenti adottati in assenza del parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), il cui mandato non è stato più rinnovato dopo la scadenza, tanto più che sarebbe dovuto diventare operativo il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI). In proposito, segnala che la medesima norma, al comma 2, prevede che le elezioni del nuovo organo siano bandite entro il 31 dicembre 2014. Riepiloga indi le competenze del CSPI, tra cui l’espressione di pareri e proposte sugli indirizzi in materia di politiche del personale della scuola, sulle direttive del Ministro in materia di valutazione del sistema di istruzione, sugli standard del sistema di istruzione definiti a livello nazionale, sulla quota nazionale dei curricula dei diversi tipi e indirizzi di studio, sull’organizzazione generale dell’istruzione. Evidenzia altresì che il Consiglio è composto da 36 componenti, di cui 15 eletti dal personale delle scuole, 15 nominati dal Ministro tra esponenti di particolari settori tenendo conto anche dei candidati designati dalla Conferenza unificata Stato-Regioni, città e autonomie locali, tre rappresentativi delle minoranze linguistiche e tre nominati dal Ministro in rappresentanza delle scuole pareggiate, parificate e legalmente riconosciute e delle scuole degli enti locali.

Preannuncia infine l’intenzione di esprimere un parere favorevole a condizione che il Governo reperisca al più presto le risorse per sanare la situazione pensionistica dei docenti scolastici in base ai requisiti previgenti rispetto alla “riforma Fornero”, in quanto è stato di fatto leso un diritto a loro danno. Comunica altresì di voler inserire due osservazioni riguardanti, la prima, l’esigenza di sbloccare il turn over nelle università e negli enti di ricerca e la seconda la possibilità di trattenere in servizio i dirigenti scolastici che avevano richiesto il collocamento a riposo nelle Regioni in cui siano esaurite le graduatorie, fino al loro rinnovo.

Il 4 agosto l’Aula del Senato approva il parere favorevole espresso dalla 1a Commissione Affari costituzionali sul decreto-legge n. 90 in ordine alla sussistenza dei presupposti di necessità e di urgenza richiesti dall’articolo 77, secondo comma, della Costituzione, nonché dei requisiti stabiliti dalla legislazione vigente

L’1 agosto la 1a Commissione del Senato approva la proposta di parere favorevole, avanzata dal relatore, sulla sussistenza dei presupposti costituzionali per il disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari.

Il 31 luglio l’Aula della Camera approva il disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato

Il 30 luglio l’Aula della Camera, con 346 voti favorevoli, 176 contrari e 10 astenuti, ha votato la questione di fiducia posta dal Governo sull’approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell’articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari nel testo approvato dalla 5a Commissione a seguito del rinvio deliberato dall’Assemblea.

Il 29 luglio la 5a Commissione della Camera approva il seguente parere:

«La V Commissione,
esaminato il disegno di legge C. 2486-A Governo, di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari, e gli emendamenti ad esso riferiti 1.500, 1.501, 3.500, 6.500, 7.500, 9.500, 15.500, 39.500, 40.500, 40.501, 40.502 e 50.500;
preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo, secondo il quale:
le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 3, relative al trattenimento in servizio di magistrati, come modificate dalla Commissione di merito, non alterano la quantificazione degli oneri prevista dal testo originario del decreto-legge;
il trattenimento in servizio del personale della scuola di cui all’articolo 1, comma 3-bis, introdotto dalla Commissione di merito, non determinerà nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
l’estensione – prevista dall’articolo 1, comma 5 – dell’istituto della risoluzione unilaterale anche ai professori e ricercatori universitari, deve essere riformulata con riferimento ai soli professori universitari previa decisione del Senato accademico e previa verifica delle compatibilità finanziarie da parte dell’INPS;
il comma 2 dell’articolo 1-ter, recante il rifinanziamento dell’accesso alla pensione anticipata per i giornalisti, deve essere riformulato in termini conformi all’originaria formulazione della proposta emendativa con riferimento alla quale è stata predisposta la relazione tecnica e sono stati, conseguentemente, quantificati i relativi oneri;
le disposizioni di cui all’articolo 2, relative alle modalità di emanazione dei regolamenti di organizzazione dei ministeri, come modificate dalla Commissione di merito, non determinano effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
l’estensione ai Corpi di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco del criterio della spesa per il personale cessato, al fine delle immissioni in ruolo di cui all’articolo 3, comma 1, è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
il comma 3-bis dell’articolo 3, introdotto dalla Commissione di merito, consente alle università di procedere alla stabilizzazione di particolari categorie del proprio personale, in deroga alla vigente disciplina in materia di limiti alle assunzioni, determinando nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ancorché tale stabilizzazione sia disposta a valere sulle risorse di bilancio delle medesime università;
appare necessario precisare all’articolo 3, comma 3-ter che le assunzioni nel comparto sicurezza avverranno nell’ambito delle autorizzazioni concesse dalla normativa vigente;
le disposizioni di cui all’articolo 3, in materia di semplificazione e flessibilità del turn over, devono essere riformulate, limitatamente ai commi 6-bis e 9, lettera b), al fine di evitare l’insorgere di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
le restanti disposizioni di cui al suddetto articolo 3, invece, non presentano profili problematici dal punto di vista finanziario;
all’articolo 4, comma 1, capoverso 1-bis, in materia di riqualificazione dei dipendenti trasferiti da un’amministrazione all’altra, appare necessario estendere la clausola di neutralità finanziaria, che il testo limita alla sola Scuola nazionale dell’amministrazione, a tutte le amministrazioni pubbliche;
gli oneri derivanti dall’articolo 4, commi 1-bis e 1-ter, in materia di personale scolastico collocato fuori ruolo, possono essere coperti a valere sui risparmi di cui all’articolo 58, comma 5, del decreto-legge n. 69 del 2013;
le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 1-quater, in materia di mobilità volontaria di personale militare presso l’ENAV, devono essere riformulate al fine di evitare l’insorgere di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, prevedendo tra l’altro la predisposizione di una apposita tabella di equiparazione tra le qualifiche del personale militare e quello civile;
le modifiche apportate dalla Commissione di merito all’articolo 5, in materia di ricollocamento di personale nella qualifica originaria, non determinano effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 1-ter, in quanto volte a consentire il mantenimento in bilancio delle somme del citato fondo, sono suscettibili di determinare effetti negativi con riferimento all’indebitamento netto;
le disposizioni di cui all’articolo 13-bis, comma 1, capoverso 7-quater, in quanto volte a consentire che le risorse non utilizzate per l’acquisto di beni possano essere utilizzate nei tre anni successivi per il perseguimento delle medesime finalità, sono suscettibili di determinare effetti negativi con riferimento all’indebitamento netto;
le modifiche apportate dalla Commissione di merito all’articolo 14, in materia di procedure per l’abilitazione scientifica nazionale, non determinano effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
le modifiche apportate dalla Commissione di merito all’articolo 17, relative alla creazione di un sistema informatico di acquisizione dei dati relativi agli enti ai quali lo Stato contribuisce in via ordinaria, non determinano effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
le disposizioni di cui all’articolo 18, comma 3, in materia di magistrato delle acque per le province venete e di Mantova e nonché Venezia, come modificate dalla Commissione di merito, devono essere riformulate indicando esplicitamente che si provvederà al trasferimento delle risorse finanziare e non solo di quelle umane e strumentali, al fine di garantire lo svolgimento delle funzioni trasferite;
le modifiche apportate dalla Commissione di merito all’articolo 21, recante disposizioni relative alla Scuola nazionale dell’amministrazione, non determinano effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
le disposizioni di cui all’articolo 21-bis, in materia di riorganizzazione del Ministero dell’interno, devono essere riformulate al fine di tenere conto anche delle riduzioni del 10 per cento della spesa sostenuta per il personale non dirigenziale;
gli articoli 23-bis e 23-ter, introdotti dalla Commissione di merito, in materia di acquisizione di beni e servizi da parte dei comuni, non determinano effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
le disposizioni di cui all’articolo 23-quater, in materia di città metropolitane e province, devono essere riformulate al fine di tenere conto che lo slittamento al mese di novembre del termine per il versamento all’entrata del bilancio dello Stato del contributo a carico delle province e delle città metropolitane di cui all’articolo 47, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014 non garantirebbe la copertura finanziaria prevista dal suddetto decreto-legge;
le disposizioni di cui all’articolo 24, comma 3-bis, introdotte dalla Commissione di merito, relative al piano di informatizzazione delle procedure di presentazione di istanze, devono essere riformulate eliminando il riferimento al limite temporale entro il quale deve essere predisposto il suddetto piano;
le disposizioni di cui all’articolo 25, comma 5-quinquies, devono essere riformulate prevedendo una autorizzazione di spesa formulata nei termini di un limite massimo pari a un milione di euro annui a decorrere dal 2014, utilizzando per la relativa copertura il Fondo nazionale integrativo per i comuni montani di cui all’articolo 1, comma 319, della legge n. 228 del 2012;
le disposizioni di cui all’articolo 27, comma 1-bis, introdotte dalla Commissione di merito, concernenti l’obbligo di copertura assicurativa, devono essere riformulate prevedendo una esplicita clausola di neutralità finanziaria;
le disposizioni di cui all’articolo 34, come modificate dalla Commissione di merito, recanti disposizioni in materia di contabilità speciale per EXPO 2015, non determinano effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
l’articolo 37, come modificato dalla Commissione di merito, recante disposizioni in materia di trasmissione all’ANAC delle varianti in corso d’opera, non determina effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
le disposizioni di cui all’articolo 38, comma 1-bis, introdotte dalla Commissione di merito, in materia di obbligo di firma digitale per gli atti giudiziari, devono essere riformulate prevedendo un’espressa clausola di neutralità finanziaria;
le disposizioni di cui all’articolo 50, comma 1-bis, introdotte dalla Commissione di merito, che prevedono assunzioni a tempo determinato dei lavoratori che abbiano completato il tirocinio, devono essere riformulate al fine di evitare l’insorgere di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
le disposizioni di cui all’articolo 50-bis, introdotte dalla Commissione di merito, che prevedono l’attribuzione di borse di studio agli stagisti del Ministero della giustizia, devono essere riformulate in modo da indicare esplicitamente le risorse delle quali è previsto l’utilizzo;
le disposizioni di cui all’articolo 51, come modificate dalla Commissione di merito, recanti modifiche all’orario di apertura al pubblico delle cancellerie, non determinano effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
appare necessario riformulare la clausola di salvaguardia di cui all’articolo 53, comma 2, coordinando le disposizioni che prevedono che il Ministero della giustizia provveda al monitoraggio delle minori entrate derivanti “dalla presente legge” con quelle che dispongono l’attivazione della suddetta clausola di salvaguardia in relazione a eventuali scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, ossia alle previsioni delle minori entrate derivanti dall’attuazione del solo Capo II;
ritenuto che:
la clausola di salvaguardia prevista dall’articolo 1, comma 6-quater, consentirà comunque di provvedere agli oneri previsti dal comma 6-ter per effetto della disapplicazione delle penalizzazioni previste per le pensioni anticipate liquidate prima del compimento dei 62 anni di età;
le disposizioni introdotte dall’articolo 1-bis, in materia di ricambio generazionale nel comparto della scuola, sono idonee ad assicurare l’effettivo rispetto dei limiti finanziari ivi previsti, giacché i destinatari del beneficio saranno esclusivamente coloro che, risultando in possesso dei requisiti previsti dalle disposizioni stesse, manifesteranno l’interesse ad avvalersi dell’accesso anticipato al pensionamento, tenuto conto dell’ordine di priorità tra i singoli richiedenti definito dall’INPS in funzione del criterio fondato sul calcolo della somma dell’età anagrafica e dell’età contributiva vantate dai richiedenti stessi alla data del 31 dicembre 2012;
l’effettiva copertura finanziaria degli oneri derivanti dal citato articolo 1-bis è assicurata non solo dall’incremento degli obiettivi della spending review, ma anche dal corrispondente incremento degli accantonamenti delle spese rimodulabili del bilancio dello Stato, che non potranno essere utilizzati fino a quando i predetti obiettivi non saranno effettivamente realizzati;
il comma 3 del predetto articolo 1-bis debba essere riformulato in modo da chiarire che il trattamento di fine rapporto, comunque denominato, è corrisposto, nei termini e secondo le modalità stabiliti a legislazione vigente, assumendo come termine iniziale del periodo che precede l’erogazione del trattamento stesso, la data in cui sarebbe intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro in caso di applicazione dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico previsti dall’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;
appare necessario prevedere una apposita copertura finanziaria per gli oneri derivanti dall’articolo 1-bis, comma 4, determinati, in via prudenziale, in 600.000 euro annui a decorrere dal 2014;
l’articolo 12 comma 1-bis, introdotto dalla Commissione di merito, deve essere riformulato specificando che il Fondo finalizzato a reintegrare l’INAIL delle coperture assicurative possa essere utilizzato, per una quota non superiore a 100.000 euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, anche dalle organizzazioni di volontariato, già costituite alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, che esercitano la propria attività nei territori montani;
rilevata la necessità di riformulare la disposizione di cui all’articolo 4, comma 1, capoverso 2.4, prevedendo che il Fondo per il miglioramento dell’allocazione del personale presso le pubbliche amministrazioni, istituito ai sensi del precedente capoverso 2.3, considerata la particolare natura degli oneri a cui esso è destinato a far fronte, possa essere rideterminato, a decorrere dal 2015, dalla tabella C allegata alla legge di stabilità, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge n. 196 del 2009;
rilevato che le disposizioni di cui all’articolo 16, in materia di compensi nelle società controllate, devono essere, limitatamente al comma 1, lettera a), capoverso 4, riformulate al fine di evitare l’insorgere di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
esprime sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione:
sia approvato l’emendamento 1.501 della Commissione, riformulato nei seguenti termini: Le disposizioni del presente comma non si applicano al personale di magistratura e si applicano, non prima del raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età, ai dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale e, non prima del raggiungimento del sessantottesimo anno di età, ai responsabili di struttura complessa. Le medesime disposizioni del presente comma si applicano altresì, previa verifica delle compatibilità finanziarie da parte dell’INPS, ai professori universitari, con decisione del Senato accademico, senza pregiudizio per la continuità dei corsi di studio e comunque non prima del termine dell’anno accademico nel quale l’interessato ha compiuto il sessantottesimo anno di età, nonché ai soggetti che abbiano beneficiato dell’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni. Per ciascun professore universitario nei cui confronti abbia adottato la decisione di cui al presente comma, la relativa università, nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, procede prioritariamente all’assunzione di almeno un nuovo professore, con esclusione dei professori e dei ricercatori a tempo indeterminato già in servizio presso la stessa università, o all’attivazione di almeno un nuovo contratto per ricercatore a tempo determinato di cui all’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
all’articolo 1-bis sostituire il comma 3 con il seguente: 3. Per i lavoratori che accedono al beneficio di cui al comma 1 il trattamento di fine rapporto, comunque denominato, è corrisposto, nei termini e secondo le modalità stabiliti a legislazione vigente, assumendo come termine iniziale del periodo che precede l’erogazione del trattamento stesso, la data in cui sarebbe intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro in caso di applicazione dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico previsti dall’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.;

Conseguentemente al medesimo articolo:
al comma 5, sostituire le parole: del presente articolo con le seguenti: dei commi 1, 2 e 3;
dopo il comma 6, aggiungere il seguente: 7. Per l’attuazione del comma 4 è autorizzata la spesa di 600.000 euro annui a decorrere dal 2014. Al relativo onere, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 319, della legge 24 dicembre 2012, n. 228;
all’articolo 1-ter, sostituire il comma 2 con il seguente: 2. I trattamenti di vecchiaia anticipata di cui all’articolo 37, comma 1, lettera b), della legge 5 agosto 1981 n. 416, finanziati ai sensi del presente articolo sono erogati in favore di giornalisti dipendenti da aziende che hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali piani di ristrutturazione o riorganizzazione in data anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto e a condizione che prevedano, anche mediante integrazione dei piani di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale già presentati, la contestuale assunzione di personale giornalistico in possesso di competenze professionali, coerenti con la realizzazione dei programmi di rilancio e sviluppo aziendale, nel rapporto minimo di un’assunzione a tempo indeterminato ogni tre prepensionamenti. Tale condizione non si applica alle imprese i cui accordi prevedano un massimo di cinque prepensionamenti.;
all’articolo 3 comma 1, sostituire l’ultimo periodo con il seguente: Ai Corpi di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al comparto della scuola e alle università si applica la normativa di settore.;
all’articolo 3, sopprimere il comma 3-bis;
all’articolo 3, comma 3-ter, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Alle assunzioni di cui al presente comma si provvede nell’ambito delle autorizzazioni previste dalla normativa vigente.;
all’articolo 3, comma 6-bis, sostituire le parole: fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all’articolo 1, comma 97, della legge 7 aprile 2014, n. 56. con le seguenti: alle medesime finalità e condizioni, fino all’insediamento dei nuovi soggetti istituzionali così come previsto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56.;
all’articolo 3, comma 9, lettera b), sostituire le parole: trasferiti da altri soggetti pubblici o privati con le seguenti: aggiuntivi;
all’articolo 4, comma 1, capoverso comma 1-bis, sostituire le parole da: , la quale fino alla fine del comma, con le seguenti: All’attuazione del presente comma si provvede utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.;
all’articolo 4, comma 1, capoverso 2.4, secondo periodo, sostituire le parole: si provvede con le seguenti: il fondo di cui al comma 2.3 può essere rideterminato;
all’articolo 4, comma 1-quater, primo periodo, dopo le parole: età anagrafica aggiungere le seguenti: , nonché nei limiti della sostenibilità finanziaria consentita dal proprio bilancio. L’inquadramento del personale avviene sulla base di apposite tabelle di equiparazione tra i livelli di inquadramento previsti dal CCNL relativo al personale civile dell’ENAV spa e quelli del personale appartenente al corpo militare.;
all’articolo 12, sostituire il comma 1-bis, con il seguente: 1-bis. Una quota non superiore a 100.000 euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 del Fondo di cui al comma 1 è destinata anche a reintegrare gli oneri assicurativi di cui all’articolo 4 della legge 11 agosto 1991, n. 266, relativi alle organizzazioni di volontariato, già costituite alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, che esercitano attività di utilità sociale nei territori montani.;
all’articolo 12, sopprimere il comma 1-ter;
all’articolo 13-bis, comma 1, capoverso 7-quater, sopprimere l’ultimo periodo;
all’articolo 16, comma 1, lettera a), capoverso 4, sostituire le parole: fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, con le seguenti: o del titolare di poteri di indirizzo e di vigilanza, fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, nel rispetto del limite di spesa di cui al precedente periodo.;
all’articolo 18, comma 3, ultimo periodo, dopo le parole: risorse umane aggiungere le seguenti:, finanziarie;
all’articolo 21-bis, comma 1, modificare le parole: lettera a) con le seguenti lettere a) e b);
all’articolo 23-quater, sostituire le parole da: la parola fino alla fine del comma con le seguenti: le parole: “31 luglio” sono sostituite dalle seguenti: “10 ottobre”;
all’articolo 24, comma 3-bis, ultimo periodo, sopprimere le parole: entro diciotto mesi;
all’articolo 25, sostituire il comma 5-quinquies con il seguente: 5-quinquies. Per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 5-bis, 5-ter, e 5-quater è autorizzata la spesa massima di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2014. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 319, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.;
all’articolo 27, comma 1-bis, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.;
all’articolo 38, comma 1-bis, capoverso 2-bis, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.;
all’articolo 50, sostituire il comma 1-bis con il seguente: 1-bis. Con decreto del Ministro della giustizia, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, il numero, nonché i criteri per l’individuazione dei soggetti che hanno completato il tirocinio formativo di cui all’articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, che possono far parte dell’ufficio per il processo, tenuto conto delle valutazioni di merito e delle esigenze organizzative degli uffici giudiziari.;
all’articolo 50-bis, comma 1, sostituire il capoverso 8-ter, con il seguente: 8-ter. Il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto di natura non regolamentare, determina annualmente l’ammontare delle risorse destinate all’attuazione degli interventi di cui al comma 8-bis sulla base delle risorse disponibili di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b), del decreto-legge n. 143 del 2008, i requisiti per l’attribuzione della borsa di studio di cui al comma 8-bis, sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) calcolato per le prestazioni erogate agli studenti nell’ambito del diritto allo studio universitario, nonché i termini e le modalità di presentazione della dichiarazione sostitutiva unica.;
all’articolo 53, comma 2, primo periodo, sostituire le parole: di cui alla presente legge con le seguenti: di cui al presente capo;

Conseguentemente, dopo il comma 7, aggiungere il seguente: 7-bis. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare minori risparmi rispetto a quelli già previsti a legislazione vigente e considerati nei saldi tendenziali di finanza pubblica.».

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Università, Giannini: su pensionamento prof trovata soluzione soddisfacente

(MIUR, 29 luglio 2014) “La soluzione a cui si è arrivati sull’età di pensionamento dei docenti universitari nell’ambito del decreto PA è soddisfacente:  viene incontro alle specificità del settore, tutela la continuità della didattica e apre all’assunzione di nuove leve e alla stabilizzazione dei ricercatori”. Così il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, sui lavori in aula alla Camera dei deputati.
“Il decreto – spiega Giannini – interviene nel momento in cui gli atenei sono alle prese con la formulazione della loro offerta formativa. Abbiamo fatto presente che prevedere il pensionamento a partire dai 65 anni dei docenti avrebbe creato difficoltà alla didattica vista l’età media elevata del corpo docenti accademico. L’innalzamento a 68 anni tutela la continuità dei corsi di studio e, dunque, l’interesse degli studenti universitari. Abbiamo inoltre previsto – chiude il Ministro – che le risorse che si liberano al momento del pensionamento dei professori siano vincolate all’assunzione di nuovi docenti e di giovani ricercatori in vista della stabilizzazione”.

L’Aula della Camera esamina il 28 e 29 luglio il disegno di legge (C. 2486) di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari (vd. Riforma della Pubblica Amministrazione).

Il 25 luglio la Commissione Affari costituzionali della Camera licenzia il testo del disegno di legge (C. 2486) di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari, dando mandato al relatore per riferirne in aula.

Tra gli emendamenti approvati:

  • sblocco dei 4 mila pensionamenti nella scuola di ‘quota 96’ (61 anni di età e 35 di contributi o 60 anni di età e 36 di contributi);
  • pensionamenti d’ufficio nelle pubbliche amministrazioni non prima dei 62 anni.

Scuola, Giannini: bene approvazione emendamento su Quota 96

(MIUR, 26 luglio 2014) “L’approvazione alla Camera dei deputati di un emendamento al decreto PA che sblocca la vicenda degli insegnanti della cosiddetta Quota 96 è un’ottima notizia. Ora siamo ad un passo dalla fine di quello che per centinaia di insegnanti italiani era diventato un incubo. La proficua collaborazione fra Governo e maggioranza parlamentare ha giocato in questa partita un ruolo fondamentale”. È quanto dichiara il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini. “Lo sblocco di questi pensionamenti – spiega Giannini – apre poi a nuove possibili assunzioni per altrettanti precari che da tempo attendono una soluzione per la loro stabilizzazione”.

 

7 agosto DL Competitività al Senato

Il 7 agosto l’Aula del Senato approva in via definitiva con 155 voti favorevoli, 27 contrari e nessun astenuto, il ddl di conversione in legge (n. 1541-B) del Decreto-Legge 24 giugno 2014, n. 91, sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea.

Il 6 agosto l’Aula della Camera approva il ddl di conversione in legge del Decreto-Legge 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea. Il testo torna in seconda lettura al Senato.

Il 5 agosto l’Aula della Camera con 352 voti favorevoli, 193 contrari e 7 astenuti, ha votato la questione di fiducia posta dal Governo sull’approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi dell’articolo unico del provvedimento nel testo approvato dalla Commissione a seguito del rinvio deliberato dall’Assemblea.

Il 25 luglio l’Aula del Senato ha approvato, con 159 voti favorevoli, un contrario e nessun astenuto, il maxiemendamento interamente sostitutivo del ddl n. 1541 di conversione in legge del Decreto-Legge 24 giugno 2014, n. 91, in materia di competitività, sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia. Il testo passa ora all’esame della Camera.

L’1 e 8 luglio la 7a Commissione Senato esamina il DdL di Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE (8.7.14)

La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo,

rilevato che l’articolo 9, inserito nel Capo II del provvedimento dedicato fra l’altro all’efficacia dell’azione pubblica di tutela ambientale, investe le competenze della Commissione in quanto reca interventi urgenti per l’efficientamento energetico degli edifici scolastici e universitari;

valutato positivamente che:

–          il comma 1 prevede l’utilizzo, nel limite di 350 milioni di euro, del cosiddetto “Fondo Kyoto”, a carico del quale possono essere concessi finanziamenti a tasso agevolato ai soggetti pubblici proprietari di edifici scolastici, universitari e dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) per migliorare l’efficienza energetica di tali strutture, con il supporto della Cassa depositi e prestiti quale gestore del Fondo stesso;

–          detti finanziamenti sono concessi derogando alle disposizioni del Testo unico sugli enti locali, che fissano precisi limiti per l’assunzione di nuovi mutui da parte degli enti locali, e godono di una riduzione del 50 per cento del tasso di interesse, attualmente fissato allo 0,50 per cento annuo;

–          a valere sul predetto “Fondo Kyoto”, ai sensi del successivo comma 4, possono essere concessi finanziamenti a tasso agevolato a fondi immobiliari chiusi promossi o partecipati da regioni, province o comuni sempre con la medesima finalità di efficientamento energetico di edifici scolastici e universitari;

–          i commi da 5 a 8 dettano le disposizioni per la concessione dei finanziamenti, che deve essere preceduta da una diagnosi energetica comprensiva di certificazione, al fine di conseguire un miglioramento del parametro di efficienza energetica di almeno due classi in un periodo di tre anni, certificato da un organismo terzo;

osservato che spesso il ricorso a fondi immobiliari chiusi è stato utilizzato dagli enti locali per derogare al patto di stabilità e che in proposito, in occasione dell’esame del decreto-legge n. 66 del 2014 (Atto Senato n. 1465), la Commissione ha sollecitato l’inserimento delle province tra i destinatari delle misure che escludevano le spese per l’edilizia scolastica dal patto di stabilità, considerata la competenza di queste ultime sugli interventi di messa in sicurezza delle scuole secondarie;

tenuto conto che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge il Ministro dell’ambiente, con proprio decreto, di concerto con i Dicasteri dello sviluppo economico e dell’istruzione, individua criteri e modalità di concessione, erogazione e rimborso dei finanziamenti a tasso agevolato nonché le caratteristiche dei sopracitati fondi immobiliari;

preso atto che il comma 10 del medesimo articolo 9 istituisce un coordinamento presso la Presidenza del Consiglio mediante un apposita struttura di missione, trattandosi di interventi sull’edilizia scolastica pubblica che coinvolgono diverse Amministrazioni;

esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni:

–          si reputa opportuno che i finanziamenti a tasso agevolato di cui all’articolo 9, comma 1, siano esclusi dal patto di stabilità;

–          si fa notare che il comma 4 dell’articolo 9, inerente i finanziamenti a fondi immobiliari chiusi, a differenza del comma 1 del medesimo articolo, non menziona l’edilizia relativa all’AFAM quale finalità del finanziamento stesso e se ne raccomanda pertanto l’inserimento;

–          in relazione a quanto già riscontrato in occasione di altri provvedimenti, anche d’urgenza, si rileva criticamente come sovente la fase attuativa sconti enormi ritardi; si invitano perciò le Commissioni di merito a sollecitare l’Esecutivo a rispettare i tempi per l’adozione dei decreti previsti con particolare riguardo all’articolo 9.

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Il relatore CONTE (NCD) osserva preliminarmente che le numerose norme del decreto-legge n. 91 sono rivolte in gran parte all’agricoltura, all’ambiente e alle imprese. Tra esse, si colloca l’articolo 9, inserito nel Capo II dedicato fra l’altro all’efficacia dell’azione pubblica di tutela ambientale, che investe le competenze della 7a Commissione in quanto reca interventi urgenti per l’efficientamento energetico degli edifici scolastici e universitari.

Al riguardo, riferisce che il comma 1 prevede l’utilizzo, nel limite di 350 milioni di euro, del cosiddetto “Fondo Kyoto”, a carico del quale possono essere concessi finanziamenti a tasso agevolato ai soggetti pubblici proprietari di edifici scolastici, universitari e dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) per migliorare l’efficienza energetica di tali strutture, con il supporto della Cassa depositi e prestiti quale gestore del Fondo stesso. Fa presente poi che detti finanziamenti sono concessi derogando alle disposizioni del Testo unico sugli enti locali, che fissano precisi limiti per l’assunzione di nuovi mutui da parte degli enti locali, e godono di una riduzione del 50 per cento del tasso di interesse, attualmente fissato allo 0,50 per cento annuo.

Sempre a valere sul predetto “Fondo Kyoto”, ai sensi del successivo comma 4, possono essere concessi finanziamenti a tasso agevolato a fondi immobiliari chiusi promossi o partecipati da regioni, province o comuni sempre con la medesima finalità di efficientamento energetico di edifici scolastici e universitari. Nel rilevare in proposito che detto comma, a differenza del comma 1, non menziona l’edilizia relativa all’AFAM, rammenta che l’istituzione di tali fondi è stata spesso utilizzata dagli enti locali per derogare al patto di stabilità.

I commi da 5 a 8, prosegue il relatore, dettano le disposizioni per la concessione dei finanziamenti, che deve essere preceduta da una diagnosi energetica comprensiva di certificazione. Gli interventi sugli edifici scolastici e universitari devono infatti essere tali da conseguire un miglioramento del parametro di efficienza energetica di almeno due classi in un periodo di tre anni, certificato da un organismo terzo. Qualora non si raggiunga tale livello di miglioramento nel consumo energetico, viene revocato il finanziamento, la cui durata non può superare i venti anni per gli interventi e dieci anni per l’analisi e il monitoraggio e il cui singolo importo è fissato dal comma 7. Si stabilisce inoltre che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge il Ministro dell’ambiente, con proprio decreto, di concerto con i Dicasteri dello sviluppo economico e dell’istruzione, individua criteri e modalità di concessione, erogazione e rimborso dei finanziamenti a tasso agevolato nonché le caratteristiche dei sopracitati fondi immobiliari. Richiamandosi a quanto registrato in occasione dei decreti “valore cultura” e “scuola”, il relatore rileva tuttavia criticamente come sovente la fase attuativa sconti enormi ritardi; sollecita pertanto anche in questo caso l’Esecutivo a rispettare i tempi per l’adozione dei decreti previsti. Evidenzia infine che il comma 10 istituisce un coordinamento presso la Presidenza del Consiglio mediante un apposita struttura di missione, trattandosi di interventi sull’edilizia scolastica pubblica che coinvolgono diverse Amministrazioni.

31 luglio Scatti stipendiali e assunzioni AFAM in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 31 luglio, autorizza due ipotesi di contratto relative a personale ATA e Docente, nonché l’assunzione di personale docente AFAM.

Personale del comparto scuola

Il Consiglio ha autorizzato il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, ad esprimere il parere favorevole del Governo su due ipotesi di contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al personale del comparto scuola, riguardanti rispettivamente:

il riconoscimento ad alcune categorie del personale ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario) dell’emolumento una tantum avente carattere stipendiale previsto dall’articolo 1-bis del decreto-legge n. 3 del 23 gennaio 2014. Negli anni scolastici 2011/2012 e 2013/2014, infatti, tramite un contratto nazionale integrativo, al personale ATA è stata attribuita una posizione economica, così come previsto dal contratto collettivo nazionale della scuola. Il beneficio economico una tantum al personale ATA, da attribuire a seguito della stipulazione del contratto collettivo in esame, ha natura stipendiale e corrisponde a quanto avrebbero percepito i dipendenti in questione per la posizione economica sino al mese di agosto 2014;il reperimento delle risorse ed il recupero dell’anno 2012 ai fini del computo dell’anzianità necessaria alla maturazione degli scatti stipendiali del personale della scuola. L’art. 9, comma 23, del decreto legge n. 78 del 2010 ha disposto che negli anni 2010, 2011 e 2012, il personale scolastico docente ed amministrativo non può percepire i c.d. “scatti di anzianità”. Tuttavia, la norma in questione riconosce al Ministero dell’istruzione, università e ricerca la possibilità di pagare gli scatti tramite eventuali economie di spesa e tramite ulteriori risorse da individuare con un contratto collettivo nazionale per il personale della scuola, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e nel rispetto degli obiettivi programmati dei saldi di finanza pubblica . Gli scatti 2010 e 2011 sono stati già recuperati e pagati con risparmi di spesa e con un accordo sindacale che ha consentito di prelevare le risorse dai fondi scolastici. Lo scatto del 2012, invece, viene recuperato con l’ipotesi di CCNL in esame, che individua le risorse utili per gli anni dal 2012 in poi [per l’anno 2012 e i successivi], tramite la riduzione di varie voci dei fondi contrattuali della scuola. In tutti i casi, il CCNL si preoccupa di individuare le modalità per assicurare la funzionalità dei servizi scolastici.

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Assunzioni a tempo indeterminato per personale docente

Su proposta del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Maria Anna Madia e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, il Consiglio dei Ministri ha autorizzato il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per l’anno accademico 2013/2014, ad assumere a tempo indeterminato, n. 276 docenti di I e II fascia, e a trattenere in servizio n. 23 docenti per incarichi di insegnamento nelle Accademie e nei Conservatori di Musica. Le assunzioni autorizzate consentiranno l’immissione in ruolo dei restanti docenti attingendo dalle graduatorie nazionali nonché da quelle ad esaurimento delle singole istituzioni Afam.

31 luglio Disabilità e Sostegno in 7a Senato

Il 31 luglio la 7a Commissione approva una risoluzione sull’affare “Diverse forme di disabilità presenti nella scuola ed esigenza di assicurare la continuità didattica degli insegnanti di sostegno”

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE SULL’AFFARE ASSEGNATO N. 304
(Doc. XXIV, N. 32)

1.      il contesto e gli obiettivi della procedura

 

La 7a Commissione in più occasioni ha messo in evidenza l’importanza di un’adeguata preparazione degli insegnanti sulle problematiche della disabilità, tenuto conto che nelle scuole spesso si alternano diversi docenti di sostegno i quali purtroppo non riescono a proseguire gli anni successivi con gli stessi alunni, con forte pregiudizio in termini di continuità didattica e metodologica e di fatto mettendo a rischio la realizzazione di un compiuto sistema di integrazione. Gli insegnanti sono tuttavia figure assai vicine alle problematiche dei ragazzi e, nel caso di alunni con disabilità, ciò rende ancor più necessario assicurare la continuità del sostegno, quanto meno per i tre anni della scuola dell’infanzia e i cinque anni della scuola primaria.  La mancanza di una riforma strutturale e sistematica della scuola pubblica, insieme all’approvazione di norme e provvedimenti disorganici, al di fuori di un contesto unitario, hanno creato invece un punto di crisi nel patto scuola-famiglie, generando una «doppia fragilità» che ha sempre più riflessi significativi sulle dinamiche ed i disagi degli alunni.

La Commissione è ben consapevole che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha avviato notevoli sforzi per interventi formativi nel campo dell’inclusione, in particolare con l’attivazione di corsi abilitanti, specializzazioni e master distinti per tipologie di disabilità (autismo, disabilità intellettive, ADHD, disabilità sensoriali ed educazione psicomotoria inclusiva), anche tenuto conto che l’Italia è il Paese che spende di più al mondo per l’integrazione degli alunni con disabilità.

Il tema del reclutamento del personale resta tuttavia di rilevanza cruciale e per questo motivo la Commissione pone con forza l’accento sull’importanza di un’adeguata preparazione di tutti gli insegnanti sulle problematiche della disabilità, in ragione del meccanismo di assegnazione delle risorse professionali, fermo restando che, anche secondo il Governo, occorrono un’ampia condivisione e il reperimento di risorse aggiuntive. Ciò, anche al fine di evitare che abbiano a ripetersi in futuro episodi drammatici come quelli di genitori che sono stati costretti a togliere i propri figli con disabilità da scuola a causa dell’assenza di insegnanti in grado di sostenere il loro percorso educativo e garantire l’effettivo godimento del loro diritto all’istruzione.

Lo scopo della procedura in titolo è dunque quello di avviare un approfondimento su uno degli aspetti vitali della scuola, nella consapevolezza dell’autonomia scolastica, che possa essere utilizzato anche in un contesto più ampio, come ad esempio ai fini dell’istruttoria legislativa del disegno di legge  n. 1260 (sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni) e delle proposte legislative in materia di autismo.

 

2.      il contributo degli esperti

 

La Commissione ha deciso lo svolgimento di alcune mirate audizioni, onde conoscere l’opinione degli esperti e avanzare possibili soluzioni. Tra questi, sono stati contattati alcuni professori referenti per le disabilità, taluni esperti nella pratica sportiva dei disabili, i rappresentanti della Federazione italiana per il superamento dell’handicap (FISH), della Società italiana di pedagogia speciale (Sipes) e dell’Ente nazionale sordi (ENS), il direttore del Centro per i disturbi pervasivi dello sviluppo dell’ospedale di Cagliari, nonché il dirigente dell’Ufficio VII (disabilità) della Direzione generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. I documenti che sono stati depositati hanno arricchito ancor più l’analisi da varie angolazioni, permettendo di far emergere importanti temi di discussione.

Dal punto di vista strettamente medico, le audizioni hanno evidenziato un ripensamento degli studi sui modelli di apprendimento, anche grazie allo sviluppo delle neuroscienze dell’educazione. Negli ultimi dieci anni è emerso altresì un aumento dei disturbi dello spettro autistico, frutto anche di diagnosi più mirate, che tuttavia non sempre risultano appropriate. A tale aumento è conseguentemente corrisposta una crescita degli studenti con disabilità e della richiesta di personale docente per il sostegno, stando ai dati forniti dal Ministero. Parallelamente, dopo l’entrata in vigore della legge n. 170 del 2010, risultano cresciute le certificazioni relative ai casi di disturbi specifici di apprendimento (DSA), per supportare i quali però non occorre il docente di sostegno, essendo assegnata agli insegnanti curricolari la loro “presa in carico” mediante l’attivazione di un percorso individualizzato di studi, con l’adozione di strumenti compensativi e di misure dispensative.

Gli esperti hanno anche sottolineato l’importanza di favorire una corretta comunicazione con gli alunni con disabilità, ad esempio sottoponendoli a numerosi passaggi, o transizioni educative, che possono essere sia di tipo verticale (che avvengono cioè nel tempo) sia di tipo orizzontale (ossia tra ambienti diversi). Per far sì che tali transizioni siano “morbide” e promuovano l’inclusione, occorre tuttavia che tutti gli ambienti dialoghino tra loro, condividendo le informazioni sull’alunno: anche in questo caso, diventa perciò fondamentale la continuità educativa e didattica, soprattutto per i ragazzi con oggettive difficoltà.

Su un piano più propriamente organizzativo, gli esperti hanno rilevato alcuni ostacoli che si frappongono al raggiungimento della continuità, quali l’eccessiva lunghezza dei tempi di nomina e assegnazione degli insegnanti, la scarsa programmazione delle transizioni orizzontali e verticali, la formazione non sempre adeguata dei docenti, il debole dialogo tra scuola, famiglie e servizi sanitari. Con particolare riguardo alle procedure di assegnazione delle risorse professionali (insegnanti di sostegno, assistenti educativi o assistenti alla comunicazione), si registrano poi modalità differenti nelle varie Regioni d’Italia e procedure spesso molto lente. Al fine di consentire una maggiore tempestività, elevando al contempo la tutela rispetto ai dati sensibili, il Dicastero sta tuttavia elaborando un software per la rilevazione dei dati degli alunni con disabilità e con DSA, che dovrebbe rendere il servizio più efficiente, assicurando in tempo reale la registrazione del fabbisogno e, quindi, l’assegnazione delle risorse che attualmente rispondono, come si è detto, a procedure disomogenee e inadeguate. Il Governo ha assicurato che il software è in stato avanzato di realizzazione, essendone già stato approntato un prototipo, che dovrà tuttavia essere reingegnerizzato onde garantire procedure di massima sicurezza, in quanto tratta dati sensibili e super sensibili. Per tali aspetti, il Governo ha riferito di contatti in corso con il Garante per la privacy ed ha preannunciato una bozza di regolamento per il trattamento dei dati a fini istituzionali, già condiviso con le associazioni. La procedura dovrà comunque prevedere una partizione del sistema, in modo da non lasciare traccia dei dati sensibili nell’Anagrafe degli alunni, ma consentire la loro utilizzazione – in forma assolutamente riservata e protetta – ai soli fini dell’assegnazione delle risorse professionali, prevedendo poi la loro distruzione una volta che l’alunno sia uscito dal relativo segmento di istruzione. Il software dovrebbe altresì consentire di registrare le risorse di personale non scolastico assegnate agli allievi con disabilità (assistenti educativi e alla comunicazione) fornendo un quadro preciso sulle tipologie di disabilità presenti nella scuola italiana, così da offrire elementi di riferimento per elaborazioni scientifiche che possano dar senso all’aumento delle certificazioni verificatosi negli ultimi dieci anni, pari ad oltre il 52 per cento secondo dati forniti dal Ministero.

Un altro elemento emerso nel corso delle audizioni, che a sua volta si frappone alla continuità didattica, è che la normativa vigente non prevede la possibilità di vincolare un docente – soprattutto se supplente – sulla medesima cattedra l’anno successivo, perché l’assunzione dei docenti avviene tramite lo scorrimento delle graduatorie (sia per l’immissione in ruolo che per le supplenze). Ad oggi l’unica possibilità per un supplente con incarico annuale di rimanere al suo posto è che quest’ultimo rimanga vuoto nelle operazioni relative ai docenti a tempo indeterminato e non venga scelto da colleghi in posizione migliore in graduatoria. Peraltro, il supplente in questione potrebbe aver intanto maturato il punteggio sufficiente alla sua immissione in ruolo e in tal caso la scuola di titolarità potrebbe non essere la stessa presso la quale ha prestato servizio come supplente. Del resto, anche in caso di docente di ruolo, una norma che configurasse l’obbligo di permanenza su un posto in organico per un periodo prefissato, oltre a essere incompatibile con le esigenze dell’Amministrazione legate all’attribuzione delle cattedre, sarebbe apertamente in contrasto col diritto alla mobilità professionale.

Se si evitasse la discrepanza numerica di posti assegnati, tra organico di diritto e organico di fatto, si potrebbe invece avere continuità anche con gli stessi supplenti, evitando trasferimenti o assegnazioni provvisorie. La Commissione saluta dunque con favore il progressivo innalzamento dei posti dell’organico di diritto annunciato dal Governo, che consentirà di coprire circa il 90 per cento dei posti in organico di fatto. Né va dimenticato che il Ministero, nel triennio 2013-2015, ha previsto 26.684 assunzioni di docenti di sostegno: 4.447 insegnanti sono stati già assunti nel 2013, mentre 13.342 unità saranno immesse in ruolo il 1° settembre 2014 e 8.895 il 1° settembre 2015. A questi, l’Amministrazione ha reso noto che si aggiungono 3.009 posti attualmente vacanti che verranno coperti con assunzioni appena sarà approvato il Piano triennale di assunzioni ora in fase di redazione.

E’ bene sottolineare che tanto le necessità quanto gli ostacoli summenzionati interessano tutti gli alunni, ma hanno un impatto decisivo su quelli che hanno oggettive difficoltà, i quali dovrebbero poter apprendere in contesti normali, in cui si punta all’integrazione. La “rete” da costruire attorno al ragazzo con disabilità prevede dunque una molteplicità di figure che ruotano attorno all’insegnante di sostegno in modo che quest’ultimo non venga lasciato solo. Troppo spesso infatti la solitudine e il malessere degli insegnanti di sostegno si traducono in una “fuga” verso l’insegnamento curriculare, con evidente danno per l’esperienza scolastica degli studenti con disabilità.

Dal punto di vista educativo serve quindi un lavoro di squadra, basato sulla fiducia nell’inclusione da parte di tutti gli operatori, da un lato, e sulla massima competenza professionale, dall’altro. In base alle diverse forme di disabilità, devono quindi essere individuate figure professionali specifiche, tenuto conto che – come si è detto – per alcuni disturbi non è necessario l’insegnante di sostegno ma è sufficiente un assistente educativo o un assistente alla comunicazione. D’altra parte, il Ministero ha riferito di valutare positivamente l’estensione ad altre realtà dell’iniziativa “sportello autismo” di Vicenza, volta creare un modello cooperativo di lavoro tra gli insegnanti, con scambio di buone pratiche e consulenze peer to peer. Gli “sportelli”, che saranno gradualmente aperti anche alle famiglie, rappresentano infatti un ottimo progetto a carattere sperimentale che partirà con l’avvio del nuovo anno scolastico e sarà progressivamente portato in tutti i Centri territoriali di supporto (CTS).

Gli esperti hanno poi evidenziato l’utilità di incentivare la pratica sportiva degli studenti con disabilità, quale ulteriore strumento di integrazione e di scoperta di potenzialità altrimenti non immediatamente percepibili. In proposito, il Governo ha reso noto che in Lombardia è stata completata la sperimentazione di un progetto dell’Amministrazione, che ai primi di ottobre sarà presentato ufficialmente con l’intento di diffonderlo in ogni Regione. Per assicurare il pieno funzionamento di tale sistema, occorre peraltro il pieno e convinto coinvolgimento del dirigente scolastico, che dovrebbe monitorare l’intero percorso educativo e apportare i necessari correttivi.

Per quanto attiene alla formazione dei docenti di sostegno, è stata rilevata una discrasia tra l’impegno didattico richiesto per l’insegnamento nel primo ciclo – pari a 30 crediti formativi universitari (CFU) – e quello richiesto per l’insegnamento nella scuola secondaria, pari a soli 6 CFU. Detto squilibrio impatta ancor più negativamente se si considera che nella scuola secondaria di primo e di secondo grado manca la programmazione settimanale quale strumento di condivisione della progettazione didattica, necessaria proprio per favorire quel dialogo tra educatori che consente la trasmissione delle informazioni sull’alunno. La Commissione registra perciò con estremo favore che il Governo abbia convenuto sull’esigenza di uniformare l’impegno didattico nei percorsi di studio relativi ai due cicli, ancorché sia necessaria una modifica legislativa.

 

3.      gli impegni al governo

Fatte queste premesse, e preso atto positivamente della proficua collaborazione con il Ministero, la Commissione ha ritenuto dunque opportuno impegnare il Governo affinché:

1.      sia garantita una maggiore tempestività nell’assegnazione delle risorse  professionali di supporto agli alunni con disabilità, che tenga conto del fabbisogno di organico e delle effettive esigenze dell’alunno;

2.      sia data sollecita attuazione all’aumento delle assegnazioni dei posti di organico di diritto;

3.      siano tempestivamente realizzate le previsioni sull’organico funzionale di rete, di cui all’articolo 50 del decreto-legge n. 5 del 2012, che consentirebbe una migliore gestione delle risorse umane anche nell’ottica della continuità;

4.      siano adottate tutte le misure utili per favorire la qualità dell’esperienza di apprendimento e dell’inclusione, incentivando lo scambio di informazioni sull’alunno nel passaggio da un ciclo ad un altro;

5.      sia assicurata un’approfondita formazione del personale in relazione alle diverse tipologie di disabilità.

Il 27 maggio, 10 giugno, 8, 9, 23 e 30 luglio la 7a Commissione Senato affronta l’affare “Diverse forme di disabilità presenti nella scuola ed esigenza di assicurare la continuità didattica degli insegnanti di sostegno”

(7a Senato, 23.7.14) La relatrice SERRA (M5S), nel riepilogare la finalità della procedura in titolo, illustra una bozza di risoluzione, pubblicata in allegato, nella quale emergono tanto gli elementi di contesto quanto i contributi offerti dagli esperti auditi in Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi. Tra i profili di maggiore criticità emersi, richiama indi le difficoltà in termini di tempestiva assegnazione del personale, di precariato e di reclutamento dei docenti di sostegno, che spesso non riescono a seguire gli alunni con disabilità neanche durante l’intero anno scolastico. Si pone pertanto a suo avviso un problema di continuità soprattutto nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.

Nel riconoscere l’attenzione dedicata dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca a tale problema, pone l’accento sulla posizione espressa dalla Federazione italiana per il superamento dell’handicap (FISH) e dall’Ente nazionale sordi (ENS) circa l’esigenza di una formazione continua e professionalizzante degli insegnanti di sostegno. Rileva però criticamente che neanche nei corsi di laurea di scienze della formazione primaria è previsto uno studio dettagliato delle diverse forme di disabilità e dei conseguenti metodi di intervento. Lamenta perciò che sempre più di frequente l’aggiornamento professionale si deve alla volontà del singolo docente, che non è messo in condizione di formarsi in maniera continuativa.

Sottolinea altresì che qualora l’insegnante non riesca ad instaurare una positiva relazione funzionale con l’alunno con disabilità, occorre un ulteriore approfondimento in corso d’anno circa quella specifica patologia, grazie anche ad una rete informativa e formativa. Segnala infatti l’esigenza di costruire un interscambio tra tutte le strutture interessate, a partire dalla famiglia fino alle scuole ed ai servizi sanitari.

Riepiloga indi gli impegni rivolti al Governo affinché sia anzitutto incrementato il contingente di posti dell’organico di diritto, spesso inferiore rispetto alle necessità dell’organico di fatto, tanto più che ciascuna scuola conosce il fabbisogno di docenti di sostegno.

Dopo aver segnalato l’esigenza di uno scambio di informazioni sul percorso dell’alunno con disabilità specialmente nel passaggio da un ciclo ad un altro, reputa fondamentale assicurare la formazione specifica e continuativa degli insegnanti durante tutto l’anno scolastico. In ultima analisi, invoca l’attuazione dell’organico funzionale di rete, come prevista dall’articolo 50 del decreto-legge n. 5 del 2012, onde consentire una migliore gestione delle risorse.

Il PRESIDENTE invita tutti i Gruppi a far pervenire le proprie proposte di integrazione rispetto al testo illustrato dalla relatrice, il cui esame sarà rinviato alla settimana prossima, anche per consentire un approfondimento da parte del Governo.

Il sottosegretario REGGI concorda con l’esigenza di un maggiore approfondimento, manifestando apprezzamento per i temi trattati nello schema di risoluzione. Reputa infatti essenziale un’ampia condivisione per affrontare profili sostanziali, come appunto la coincidenza tra organico di fatto e organico di diritto, per realizzare la quale occorrono tuttavia risorse aggiuntive. Conviene altresì con la necessità di realizzare l’organico funzionale di rete, tanto più nell’attuale contesto caratterizzato da una grave emergenza educativa.

Ritiene inoltre importante la percezione delle diverse forme di disabilità, a ciascuna delle quali dedicare una specifica attenzione. Afferma peraltro che tutti gli insegnanti devono essere adeguatamente preparati, onde non delegare solo il docente di sostegno alla formazione dello studente con disabilità. Rammenta ad esempio che, in virtù della legge n. 170 del 2010 sui disturbi specifici di apprendimento (DSA), molte patologie sono state escluse dal raggio di azione del sostegno, investendo così tutti i docenti curricolari. Sottolinea dunque che anche sulla disabilità occorre una sensibilità diffusa e una formazione approfondita e assicura che il Governo approfondirà i temi sollevati.

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SCHEMA DI RISOLUZIONE PROPOSTO DALLA RELATRICE

1.     il contesto e gli obiettivi della procedura

La 7a Commissione in più occasioni ha messo in evidenza l’importanza di un’adeguata preparazione degli insegnanti sulle problematiche della disabilità, tenuto conto che nelle scuole si alternano diversi docenti di sostegno i quali purtroppo spesso non riescono a proseguire gli anni successivi con gli stessi alunni, con forte pregiudizio in termini di continuità didattica e metodologica. Ciò compromette anche la realizzazione di un compiuto sistema di integrazione e mortifica il lavoro svolto. La mancanza di una riforma strutturale e sistematica della scuola pubblica, insieme all’approvazione di norme e provvedimenti disorganici,  al di fuori di un contesto unitario, hanno creato un punto di crisi nel patto scuola-famiglie, generando una «doppia fragilità» che ha sempre più riflessi significativi sulle dinamiche ed i disagi degli alunni.

Pur nella consapevolezza che sono stati attivati dal Ministero numerosi percorsi formativi, tra corsi abilitanti, specializzazioni e master distinti per tipologie di disabilità, anche tenuto conto che l’Italia è il Paese che spende di più al mondo per l’integrazione degli alunni con disabilità, risulta assai rilevante il tema del reclutamento del personale, su cui l’Esecutivo dovrebbe intervenire in maniera sollecita. Gli insegnanti sono figure assai vicine alle problematiche dei ragazzi e ciò rende ancor più necessario assicurarne la continuità, quanto meno per i tre anni della scuola dell’infanzia e i cinque anni della scuola primaria.  Si sono infatti registrati casi drammatici in cui alcuni genitori sono stati costretti a togliere i propri figli con disabilità da scuola a causa dell’assenza di insegnanti in grado di sostenere il loro percorso educativo. Occorre dunque superare quanto prima tali disfunzioni per garantire l’effettivo godimento del diritto all’istruzione.

Lo scopo della procedura in titolo è dunque quello di avviare un approfondimento su uno degli aspetti vitali della scuola, nella consapevolezza dell’autonomia scolastica, che possa essere utilizzato anche ai fini dell’istruttoria legislativa del disegno di legge  n. 1260 (sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni) e delle proposte legislative in materia di autismo.

2.     il contributo degli esperti

La Commissione ha deciso lo svolgimento di alcune mirate audizioni, onde conoscere l’opinione degli esperti e avanzare possibili soluzioni. Tra queste, sono stati contattati alcuni professori referenti per le disabilità, taluni esperti nella pratica sportiva dei disabili, i rappresentanti della Federazione italiana per il superamento dell’handicap (FISH), della Società italiana di pedagogia speciale (Sipes) e dell’Ente nazionale sordi (ENS), il direttore del Centro per i disturbi pervasivi dello sviluppo dell’ospedale di Cagliari, nonché il dirigente dell’Ufficio VII (disabilità) della Direzione generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. I documenti che sono stati depositati hanno arricchito ancor più l’analisi da varie angolazioni, permettendo di far emergere importanti temi di discussione.

Dal punto di vista strettamente medico, si assiste oggi ad un ripensamento degli studi sull’educazione e sui modelli di apprendimento, grazie alle neuroscienze dell’educazione, che hanno ad oggetto numerosi disturbi. E’ emerso peraltro un aumento dei disturbi dello spettro autistico negli ultimi dieci anni, frutto anche di diagnosi più mirate, che tuttavia non sempre risultano appropriate. A tale aumento è conseguentemente corrisposta una crescita degli studenti con disabilità e della richiesta di personale docente per il sostegno, stando ai dati forniti dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Parallelamente, dopo l’entrata in vigore della legge n. 170 del 2010, risultano aumentate anche le certificazioni relative ai casi di disturbi specifici di apprendimento (DSA), per supportare i quali però non occorre il docente di sostegno, essendo assegnata agli insegnanti curricolari la loro “presa in carico” mediante l’attivazione di un percorso individualizzato di studi, con l’adozione di strumenti compensativi e di misure dispensative.

Un elemento centrale di cui tener conto per favorire una corretta comunicazione con l’alunno è la sottoposizione dei ragazzi a numerosi passaggi, o transizioni educative, che possono essere sia di tipo verticale – cioè avvengono nel tempo – sia di tipo orizzontale – ossia tra ambienti diversi. Per far sì che tali transizioni siano “morbide” e promuovano l’inclusione, occorre anzitutto che tutti gli ambienti dialoghino tra loro, condividendo informazioni sull’alunno: anche in questo caso, diventa perciò fondamentale la continuità educativa e didattica, soprattutto per quei ragazzi con oggettive difficoltà.

Su un piano più propriamente organizzativo, si rilevano alcuni ostacoli che si frappongono al raggiungimento della continuità, quali l’eccessiva lunghezza dei tempi di nomina e assegnazione degli insegnanti, la scarsa programmazione delle transizioni orizzontali e verticali, la formazione non sempre adeguata dei docenti, il debole dialogo tra scuola, famiglie e servizi sanitari. Con particolare riguardo alle procedure di assegnazione di risorse professionali (insegnanti di sostegno, assistenti educativi o assistenti alla comunicazione), si registrano modalità differenti nelle varie Regioni d’Italia e procedure spesso molto lente. Al fine di consentire una maggiore tempestività nella loro assegnazione, elevando la tutela rispetto ai dati sensibili, il Dicastero ha reso noto che è in fase di elaborazione un software per la rilevazione dei dati degli alunni con disabilità e con DSA.

In merito alla continuità didattica, occorre tener presente che la normativa vigente non prevede la possibilità di vincolare un docente – soprattutto se supplente – sulla medesima cattedra l’anno successivo, innanzitutto perché l’assunzione dei docenti avviene tramite lo scorrimento delle graduatorie (sia per l’immissione in ruolo che per le supplenze), con cui si garantisce annualmente la copertura dei posti vacanti. Ad oggi l’unica possibilità per garantire la continuità del supplente con incarico annuale è che il posto rimanga vuoto nelle operazioni dei docenti a tempo indeterminato e non venga scelto da colleghi in posizione migliore in graduatoria. Peraltro, il supplente in questione potrebbe aver intanto maturato il punteggio sufficiente alla sua immissione in ruolo e in tal caso la scuola di titolarità potrebbe non essere la stessa presso la quale ha prestato servizio come supplente. Si vuole ribadire che se si evitasse la discrepanza numerica di posti assegnati, tra organico di diritto e organico di fatto, si potrebbe avere continuità anche con gli stessi supplenti, evitando trasferimenti o assegnazioni provvisorie. Va considerato inoltre che, anche in caso di docente di ruolo, una norma che configurasse obbligo di permanenza su posto in organico per un periodo prefissato, oltre a essere incompatibile con le esigenze dell’Amministrazione legate all’attribuzione delle cattedre, sarebbe apertamente in contrasto col diritto alla mobilità professionale.

E’ bene sottolineare che tanto le necessità quanto gli ostacoli summenzionati interessano tutti gli alunni, ma hanno un impatto decisivo su coloro i quali hanno delle difficoltà, i quali dovrebbero poter apprendere in contesti normali in cui si punta all’integrazione. La “rete” da costruire attorno al ragazzo con disabilità prevede dunque una molteplicità di figure che ruotano attorno all’insegnante di sostegno in modo che quest’ultimo non venga lasciato solo. Troppo spesso infatti la solitudine e il malessere degli insegnanti di sostegno si traducono in una “fuga” verso l’insegnamento curriculare, con evidente danno per l’esperienza scolastica degli studenti con disabilità.

Dal punto di vista educativo serve quindi un lavoro di squadra, basato sulla fiducia nell’inclusione da parte di tutti gli operatori, da un lato, e sulla massima competenza professionale, dall’altro. Va precisato peraltro che in base alle diverse forme di disabilità devono essere individuate figure professionali specifiche, tenuto conto che per alcuni disturbi non è necessario l’insegnante di sostegno ma è sufficiente un assistente educativo o un assistente alla comunicazione. In molti casi risulta peraltro utile incentivare la pratica sportiva di tali studenti, quale ulteriore strumento di integrazione e di scoperta di potenzialità altrimenti non immediatamente percepibili. Per assicurare il pieno funzionamento di tale sistema, occorre anche il coinvolgimento del dirigente scolastico, che dovrebbe monitorare l’intero percorso educativo e apportare i necessari correttivi.

Per quanto attiene alla formazione dei docenti di sostegno, si rileva una discrasia tra l’impegno didattico richiesto per l’insegnamento nel primo ciclo – pari a 30 crediti formativi universitari (CFU) – e quello richiesto per l’insegnamento nella scuola secondaria, pari a 6 CFU. Detto squilibrio impatta ancor più negativamente se si considera che nella scuola secondaria di primo e di secondo grado manca la programmazione settimanale quale strumento di condivisione della progettazione didattica, necessario proprio per favorire quel dialogo tra educatori che consente la trasmissione delle informazioni sull’alunno.

3.     gli impegni al governo

Fatte queste premesse, la Commissione ha ritenuto dunque opportuno impegnare il Governo affinché:

1.     sia garantita una maggiore tempestività nell’assegnazione delle risorse  professionali di supporto agli alunni con disabilità, che tenga conto del fabbisogno di organico e delle effettive esigenze dell’alunno;

2.     sia data sollecita attuazione all’aumento delle assegnazioni dei posti di organico di diritto;

3.     all’organico funzionale di rete, previsto dall’articolo 50 del decreto-legge n. 5 del 2012, che consentirebbe una migliore gestione delle risorse umane anche nell’ottica della continuità;

4.     siano adottate tutte le misure per favorire la qualità dell’esperienza di apprendimento e dell’inclusione, incentivando lo scambio di informazioni sull’alunno nel passaggio da un ciclo ad un altro;

5.     sia assicurata un’approfondita formazione del personale in relazione alle diverse tipologie di disabilità.

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(7a Senato, 27.5.14) Riferisce alla Commissione la relatrice SERRA (M5S), la quale sottolinea l’importanza di un’adeguata preparazione degli insegnanti sulle problematiche della disabilità. Lamenta infatti che nelle scuole si alternano diversi insegnanti di sostegno che purtroppo spesso non riescono a proseguire gli anni successivi con gli stessi alunni, determinando un forte pregiudizio in termini di continuità didattica e metodologica. Ciò pregiudica anche la realizzazione di un compiuto sistema di integrazione e mortifica il lavoro svolto.

Pone dunque l’accento anzitutto sul tema del reclutamento di tale personale, su cui l’Esecutivo dovrebbe a suo giudizio intervenire in maniera sollecita. Nel rilevare come gli insegnanti siano assai vicini alle problematiche dei ragazzi, invoca nuovamente l’esigenza di continuità, da garantire quanto meno per  i tre anni della scuola dell’infanzia e i cinque anni della scuola primaria.

La procedura in esame consente dunque, a suo avviso, di avviare un approfondimento su uno degli aspetti vitali della scuola, nella consapevolezza dell’autonomia scolastica. In proposito, chiede di svolgere alcune audizioni onde conoscere l’opinione degli esperti e avanzare possibili soluzioni.

Lamenta peraltro che alcuni genitori siano costretti a togliere i propri figli con disabilità da scuola a causa dell’assenza di insegnanti in grado di sostenere il loro percorso educativo, sottolineando pertanto la necessità di superare tali disfunzioni. In ultima analisi ritiene che l’approfondimento possa essere utile anche rispetto al disegno di legge  n. 1260 (sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni) e alle proposte legislative in materia di autismo.

28 luglio DL Cultura al Senato

Il 28 luglio il Senato, con 159 voti favorevoli e 90 contrari, ha approvato definitivamente il ddl di conversione del Decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, sulla cui approvazione il Governo aveva posto la questione di fiducia.

23 luglio Fabbisogni Regioni e otto per mille all’Edilizia scolastica in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 23 luglio, esamina tre DPCM recanti:

– Adozione delle note metodologiche e del fabbisogno standard per ciascun Comune e Provincia relativi alle funzioni generali di amministrazione, di gestione e controllo;

– Adozione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard per ciascuna Provincia delle Regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica ed alle funzioni di gestione del territorio – ESAME PRELIMINARE;

– Adozione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard per ciascun Comune delle Regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica, nel campo della viabilità, nel campo dei trasporti, di gestione del territorio e dell’ambiente al netto dello smaltimento rifiuti, sul servizio smaltimento rifiuti, nel settore sociale e sul servizio degli asili nido – ESAME PRELIMINARE

In materia di edilizia scolastica il Consiglio approva uno schema di regolamento che aggiunge la tipologia “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica” tra i destinatari dell’Otto per mille. 

Tre  decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri per l’adozione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard di Comuni e Province

Su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e in via preliminare due schemi di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri relativi all’attuazione del decreto legislativo n. 216 del 26 novembre 2010, “Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province” per l’adozione delle note metodologiche relative alla procedura di calcolo e dei fabbisogni standard, per ciascun Comune e Provincia delle Regioni a Statuto ordinario, relativi alle funzioni fondamentali come definite dal medesimo decreto legislativo n. 216 del 2010.

Il decreto legislativo del 2010, a sua volta attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, mira al definitivo superamento del criterio della spesa storica di Comuni e Province, sostituendolo con il criterio del fabbisogno standard.

L’approvazione dei tre provvedimenti si inserisce all’interno di un complessivo processo volto a garantire una migliore allocazione delle risorse pubbliche, maggiore trasparenza del flusso dei trasferimenti, più equità nella redistribuzione delle risorse e maggiore efficienza nella gestione della spesa pubblica, in modo da promuovere un progressivo miglioramento della quantità e dell’efficienza dei servizi resi ai cittadini.

Il decreto legislativo n. 216 del 2010 prevede che l’adozione delle note metodologiche relative alla procedura di calcolo e dei fabbisogni standard avvenga con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, e previa acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari.

Le note metodologiche, a loro volta approvate dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo, sono volte ad illustrare il procedimento seguito per la determinazione dei relativi fabbisogni. Tale procedimento si è sviluppato, essenzialmente, in cinque fasi:

identificazione delle informazioni e dei dati di natura strutturale e contabile, acquisiti sia da banche-dati ufficiali, sia tramite rilevazione diretta con appositi questionari somministrati a Province, Comuni ed Unioni di Comuni;individuazione dei modelli organizzativi e dei livelli quantitativi delle prestazioni, determinati sulla base di un sistema di indicatori in relazione a ciascuna funzione fondamentale e ai relativi servizi;analisi dei costi finalizzata all’individuazione di quelli più significativi e alla determinazione degli intervalli di normalità;individuazione di un modello di stima dei fabbisogni standard sulla base di criteri di rappresentatività attraverso la sperimentazione di diverse tecniche statistiche;definizione di un sistema di indicatori per valutare l’adeguatezza dei servizi e consentire agli Enti locali di migliorarli.

Amministrazione, gestione e controllo – approvazione definitiva

Il Consiglio dei Ministri ha, quindi, approvato, in via definitiva, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l’adozione delle note metodologiche e del fabbisogno standard per ciascun Comune e Provincia delle Regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni generali di amministrazione, di gestione e controllo.

Lo schema di decreto era stato già approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri nella seduta 18 aprile 2013 e, successivamente, sottoposto all’esame Conferenza Stato-città e autonomie locali nonché delle competenti Commissioni parlamentari per l’acquisizione dei relativi pareri.

Nel merito del provvedimento, la funzione generale di amministrazione, di gestione e di controllo è stata distinta, per i Comuni, in quattro “macro servizi”, attinenti ai servizi di gestione delle entrate tributarie e servizi fiscali, ai servizi di ufficio tecnico, ai servizi di anagrafe, stato civile, elettorale, leva e servizio statistico ed, infine, ad altri servizi generali; i singoli coefficienti di riparto relativi ai predetti macro servizi sono stati utilizzati per la costruzione di un unico coefficiente di riparto aggregato relativamente alla funzione nel suo insieme. Per le province, invece, la nota metodologica ed il fabbisogno standard sono stati elaborati con riferimento alla funzione generale di amministrazione, di gestione e di controllo, considerata nel suo insieme.

Istruzione pubblica, gestione del territorio, viabilità, rifiuti – approvazione preliminare

Il Consiglio dei Ministri ha, altresì, approvato, in via preliminare, lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l’adozione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard per ciascuna Provincia delle Regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica ed alle funzioni di gestione del territorio.

Inoltre, ha approvato, sempre in via preliminare, lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l’adozione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard per ciascun Comune delle Regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica, nel campo della viabilità, nel campo dei trasporti, di gestione del territorio e dell’ambiente al netto dello smaltimento rifiuti, sul servizio smaltimento rifiuti, nel settore sociale e sul servizio degli asili nido.

Nel merito del provvedimento, le relative note metodologiche ed i fabbisogni standard si riferiscono alle funzioni fondamentali dei Comuni, come individuate dal decreto legislativo n. 216 del 2010, relative alle funzioni di istruzione pubblica, a quelle nel campo della viabilità e dei trasporti, alle funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente ed, infine, alle funzioni nel settore sociale.

Con l’approvazione preliminare di tali provvedimenti, si avvia, pertanto, l’iter per l’adozione delle note metodologiche, già approvate dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo, rispettivamente, nelle sedute del 2 luglio e 23 dicembre 2013, e dei fabbisogni standard per ciascun Comune e Provincia in ordine alle menzionate funzioni di rispettiva competenza.

I due schemi di decreto verranno, quindi, sottoposti all’esame della Conferenza Stato – città e autonomie locali ed alle Commissioni parlamentari competenti, secondo quanto prescritto dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 216 del 2010.

OTTO PER MILLE 
Otto per mille anche per le ristrutturazioni scolastiche – Decreto presidenziale

Su proposta del Presidente del Consiglio è stato approvato uno schema di regolamento che modifica ed integra il decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998 n.76, che specifica criteri e procedure per l’utilizzazione della quota dell’otto per mille dell’Irpef devoluta alla diretta gestione statale.

Con queste modifiche il Governo si adegua a quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2014 che, all’articolo 1, comma 206, ha innovato la disciplina della destinazione della quota dell’otto per mille dell’Irpef a gestione statale prevedendo l’aggiunta alle quattro tipologie ivi previste “fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali” una quinta tipologia costituita da “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”. Con questo regolamento quindi viene assicurata una nuova categoria di destinatari del beneficio. Lo schema di regolamento verrà trasmesso al Consiglio di Stato ed alle Commissioni parlamentari di merito per i pareri prescritti.

16 luglio Interrogazione del Ministro alla Camera

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (Camera, 16.7.14)

Intendimenti in merito alla riforma della professionalità del docente, anche alla luce di recenti dichiarazioni di esponenti del Governo sull’orario di lavoro nelle scuole – n. 3-00950

ELENA CENTEMERO. Presidente, ci rivolgiamo alla signora Ministra in relazione a ciò che il Governo ha affermato all’inizio del suo insediamento, quando ha detto di voler rivoluzionare la scuola, ponendo al centro della stessa la valorizzazione dei docenti, che si è tradotto, pochi giorni fa, in un’intervista su un quotidiano nazionale in cui il sottosegretario Reggi ha posto come rivoluzione l’aumento dell’orario di servizio, di lavoro, dei docenti a 36 ore (da 18 e 24), l’apertura delle scuole dalle 7 alle 22, undici mesi su dodici. Questo, ovviamente e auspicabilmente, con un aumento di stipendio non quantificabile allo stato attuale, perché il contratto collettivo nazionale di lavoro è ancora quello del 2006-2009, ed è bloccato, allo stato attuale. E all’interno di questo contratto, all’articolo 29, ci sono le attività funzionali all’insegnamento, che sono quelle che vengono indicate dal sottosegretario, ma non si capisce come si possa realizzare questo cambiamento senza neanche confrontarsi con quella che è la realtà all’interno dell’Unione europea.
Per questo chiedo alla signora Ministra come e in che termini il Ministero intenda attivarsi per la riforma complessiva della professionalità del docente.

PRESIDENTE. La Ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Giannini, ha facoltà di rispondere.

STEFANIA GIANNINI, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Signor Presidente, ha molto ben colto la questione, l’onorevole Centemero, ricordando che questo Governo mette e ha messo la scuola, fin dall’inizio, al centro della propria agenda politica, a partire da una valorizzazione di chi nella scuola opera ogni giorno (chi insegna, chi studia) e quindi tutto il bisogno di riprogettare un modello educativo che sia adeguato alla società, che dia sostanzialmente quello sviluppo qualitativo, quindi lo sviluppo economico ma anche lo sviluppo umano, sociale, e quella crescita economica di cui la scuola è una delle leve fondamentali.
Per questa ragione, all’interno del Ministero che ho l’onore di presiedere, si è lavorato immediatamente per cercare di affiancare all’inesorabile ed inevitabile attività emergenziale che il mondo della scuola, tra gli altri, ci presenta ogni giorno, una visione strategica e una visione di programmazione.
Quindi, ad oggi, io credo che vi siano alcune emergenze, che ho premura di ricordare in questo momento e che questo Governo sta cercando di affrontare per le vie che saranno possibili nei tempi più brevi, come quella della « quota 96 », della possibilità quindi di mandare finalmente in pensione questi 4 mila insegnanti che lo chiedono e che sono stati vittime, come in altri settori, di un errore di Governi precedenti, il che risolverebbe un problema vecchio, permettendo di immettere 4 mila giovani nel mondo della scuola.
Ecco, oltre a queste urgenze sulle questioni del reclutamento e della valorizzazione della professionalità dei docenti, dell’autonomia e della governance delle scuole da rivisitare, delle competenze che vogliamo che la scuola trasmetta ai nostri ragazzi e quindi di un modello educativo, come dicevo prima, che va ripensato, su tutto questo si è aperta un’ampia riflessione che è interna al Ministero e su cui consegneremo al Presidente del Consiglio un documento articolato nei prossimi giorni, avendo già avuto occasione di offrirgli una sintesi su questi spunti, e che sarà il contributo del Ministero ad un ampio dibattito necessario per il mondo della scuola, come per tutti i settori vitali, per poter avviare questa programmazione di tipo riformista.
Credo sia assolutamente importante che si lavori, per esempio, all’organico di diritto, al superamento della dicotomia tra organico di diritto e organico di fatto, a costituire finalmente gli organici dell’autonomia, a incentivare la formazione in servizio e a prevedere la formazione nella carriera degli insegnanti: insomma tutti temi a lei, onorevole Centemero, credo ben noti e credo anche molto cari.
Per quanto riguarda la misurazione dell’orario di lavoro e anche dell’apertura comunque in termini così precisi di orario scolastico, essa non è stata finora uno dei punti di discussione, se non nell’ambito di un dibattito pubblico legittimamente legato anche alle interpretazioni giornalistiche, e non intende esserlo nei prossimi mesi all’interno di questa più ampia discussione che stiamo attivando.

PRESIDENTE. L’onorevole Centemero, cofirmataria dell’interrogazione, ha facoltà di replicare.

ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio la signora Ministra per essersi soffermata sull’orario di insegnamento dei docenti e sulla necessità che l’orario di insegnamento e l’orario di servizio siano sottoposti ad un’ampia riflessione con le parti in causa ma anche con il Paese.
Io parlo da insegnante, da dirigente scolastico, non parlo da sindaco come il sottosegretario Reggi, quindi ho a cuore la qualità della formazione dei nostri studenti, la qualità dell’offerta formativa.
Credo che questi obiettivi vadano perseguiti attraverso interventi concreti, norme precise, interventi anche non normativi, ma comunque linee d’indirizzo del Ministero e non attraverso le pagine dei giornali, perché questo può creare un dibattito certo ma anche parecchio sconcerto in chi opera all’interno del mondo della scuola.
Anche noi abbiamo presentato in questi giorni – e vorremmo contribuire al dibattito pubblico perché la scuola è di tutti – un patto per la scuola che ci trova concordi su alcuni dei punti che lei ha enunciato.
Innanzitutto, il tema dell’autonomia, con la riforma della governance e del fondo per l’autonomia scolastica; poi, accanto a questo, la parità scolastica e, insieme a questo, il costo standard, che credo sia uno dei punti fondamentali. Ma per valorizzare i docenti io credo che gli interventi normativi precisi, preceduti da un dibattito pubblico, debbano incentrarsi sulla valorizzazione dei docenti attraverso uno status giuridico anche confrontato con quello europeo, attraverso una carriera, attraverso una valutazione e attraverso una formazione. La formazione appartiene all’università ma il reclutamento, la selezione appartiene al Ministero dell’istruzione, appartiene alle scuole, quindi noi dobbiamo mandare in classe solo chi sa insegnare, anche con periodi, non solo piccoli tirocini, ma un anno intero di formazione all’interno delle scuole in cui si veda veramente chi sa insegnare; e solo queste persone possono fare un concorso, solo queste persone possono entrare nella scuola.

10 luglio Riforma Terzo settore e Riordino PA in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione del 10 luglio, approva due disegni di legge delega
– per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale;
– per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale – disegno di legge
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente e del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, ha approvato un disegno di legge delega per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale.
Il testo del disegno di legge attribuisce al Governo la delega ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delega, uno o più decreti legislativi recanti il riordino e la revisione organica della disciplina degli enti privati del Terzo settore e delle attività che promuovono e realizzano finalità solidaristiche e di interesse generale, anche attraverso la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale in attuazione del principio di sussidiarietà, al fine di sostenere la libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene comune, elevare i livelli di cittadinanza attiva, coesione e protezione civile, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando al contempo il potenziale di crescita ed occupazione del settore. 
Nello specifico, i decreti attuativi dovranno disciplinare la costituzione, le forme organizzative e di amministrazione e le funzioni degli enti privati che, con finalità ideale e senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, di valorizzazione della partecipazione e di solidarietà sociale, ovvero producono o scambiano beni o servizi di utilità sociale, anche attraverso forme di mutualità con fini di coesione sociale.
Di seguito i principi e criteri direttivi generali. I decreti legislativi dovranno:

riconoscere e garantire il più ampio esercizio del diritto di associazione e il valore delle formazioni sociali liberamente costituite quale strumento di promozione e di attuazione dei principi di partecipazione, solidarietà, sussidiarietà e pluralismo.riconoscere e favorire l’iniziativa economica privata, svolta senza finalità lucrative, diretta a realizzare in via principale la produzione o lo scambio di beni o servizi di utilità sociale o d’interesse generale;individuare le finalità non lucrative e le attività solidaristiche e di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore;riorganizzare e semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica;definire forme e modalità di organizzazione e amministrazione degli enti ispirate ai principi di democrazia, uguaglianza, pari opportunità, partecipazione degli associati e dei lavoratori e trasparenza, nonché ai princìpi di efficienza, di correttezza e di economicità della gestione degli enti;  prevedere il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili e del patrimonio dell’ente, anche in caso di scioglimento del vincolo associativo e di estinzione;definire criteri e vincoli di strumentalità dell’attività d’impresa rispetto alla realizzazione degli scopi istituzionali e introdurre un regime di contabilità separata finalizzato a distinguere la gestione istituzionale da quella imprenditoriale;individuare specifiche modalità di verifica e controllo dell’attività svolta;disciplinare le modalità e i criteri dell’attività volontaria degli aderenti, nonché i limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti e ai compensi;riorganizzare il sistema di registrazione degli enti attraverso la previsione di un registro unico del Terzo settore;

Per quanto riguarda l’Attività di volontariato e di promozione sociale i decreti legislativi dovranno  prevedere:

armonizzazione delle diverse discipline vigenti in materia;promozione della cultura del volontariato tra i giovani e valorizzazione delle reti associative di secondo livello e delle diverse esperienze di volontariato;revisione e promozione del sistema dei Centri di servizio per il volontariato e riordino delle modalità di riconoscimento e di controllo degli stessi; revisione e razionalizzazione del sistema degli Osservatori nazionali.

Per quanto riguarda l’impresa sociale i decreti legislativi dovranno prevedere:
revisione dell’attuale disciplina dell’attribuzione facoltativa della qualifica di impresa sociale;qualificazione dell’impresa sociale quale impresa privata a finalità d’interesse generale avente come proprio obiettivo primario il raggiungimento di impatti sociali positivi misurabili, realizzati mediante la produzione o lo scambio di beni o servizi di utilità sociale, anche attraverso l’adozione di modelli di gestione responsabili  e idonei ad assicurare il più ampio  coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti;ampliamento dei settori di attività di utilità sociale e individuazione dei limiti di compatibilità con lo svolgimento di attività commerciali diverse da quelle di utilità sociale;previsione di forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione di utili nel rispetto di condizioni e limiti prefissati;razionalizzazione delle categorie di lavoratori svantaggiati tenendo conto delle nuove forme di esclusione sociale;disciplina delle modalità di attribuzione della qualifica di impresa sociale alle cooperative  sociali e ai loro consorzi;possibilità per le imprese private con finalità lucrative e per le amministrazioni pubbliche di assumere cariche sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali,  salvo il divieto di assumerne la direzione e il controllo;coordinamento della disciplina dell’impresa sociale con il regime delle attività d’impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

Per quanto riguarda il Servizio civile universale il disegno di legge delega prevede che i decreti legislativi vadano nella direzione di:

istituire un servizio civile universale finalizzato alla difesa non armata attraverso modalità rivolte a promuovere attività di solidarietà, inclusione sociale, cittadinanza attiva, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale della nazione, sviluppo della cultura dell’innovazione e della legalità nonché a realizzare una effettiva cittadinanza europea e a favorire la pace tra i popoli;prevedere un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei contingenti di giovani di età compresa tra 18 e 28 anni, anche cittadini dell’Unione europea e soggetti ad essi equiparati ovvero stranieri regolarmente soggiornanti o partecipanti ad un programma di volontariato, che possono essere ammessi al servizio civile universale e di procedure di selezione ed avvio dei giovani improntate a principi di semplificazione, trasparenza e non discriminazione;definire lo status giuridico dei giovani ammessi al servizio civile universale, prevedendo l’instaurazione di uno specifico rapporto di servizio civile non assimilabile al rapporto di lavoro;coinvolgere gli enti territoriali e gli enti pubblici e privati senza scopo di lucro;prevedere criteri e modalità di accreditamento degli enti di servizio civile universale;prevedere un limite di durata del servizio civile universale che contemperi le finalità del servizio con le esigenze di vita e di lavoro dei giovani coinvolti e della possibilità che il servizio sia prestato, in parte, in uno dei paesi dell’Unione europea, nonché, per iniziative riconducibili alla promozione della pace e alla cooperazione allo sviluppo, anche nei paesi al di fuori dell’Unione europea;riconoscere e valorizzare le competenze acquisite durante l’espletamento del servizio civile universale in funzione del loro utilizzo nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo.

Infine sono previste norme che disciplinino le misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del Terzo settore. In tal senso i decreti legislativo dovranno:

introdurre un regime di tassazione agevolativo che tenga conto delle finalità solidaristiche e di utilità sociale dell’ente;razionalizzare e semplificare il regime di deducibilità e detraibilità dal reddito delle persone fisiche e giuridiche delle erogazioni liberali, in denaro e in natura,  disposte in favore degli enti del Terzo settore;rivedere e stabilizzare l’istituto della destinazione del 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in base alle scelte espresse dai contribuenti in favore degli enti del Terzo settore. E’ prevista l’introduzione di obblighi di pubblicità delle risorse ad essi destinati.prevedere per le imprese sociali: la possibilità di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali on line, in analogia a quanto previsto per le start-up innovative; misure fiscali agevolative, volte anche a favorire gli investimenti di capitale; l’istituzione di un apposito fondo rotativo destinato a finanziare a condizioni agevolate gli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali;promuovere l’assegnazione in loro favore degli immobili pubblici inutilizzati, nonché, tenuto conto della disciplina in materia, dei beni immobili e mobili confiscati alla criminalità organizzata, secondo criteri di semplificazione e di economicità, anche al fine di valorizzare in modo adeguato i beni culturali e ambientali.

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Delega al Governo per la riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche  – disegno di legge
Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva, su proposta del Presidente, Matteo Renzi, un disegno di legge recante “delega al Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, contenente deleghe legislative da esercitare in gran parte nei dodici mesi successivi all’approvazione della legge. Le materie del provvedimento sono quelle oggetto della consultazione pubblica, cui hanno partecipato oltre 40mila persone.

Accelerazione e semplificazione nei servizi per i cittadini e le imprese 
Al fine di conciliare i tempi di vita, famiglia e lavoro, riducendo la necessità dell’accesso fisico alle sedi degli uffici pubblici, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi aventi a oggetto le modalità di erogazione dei servizi ai cittadini, in modo da assicurare la totale accessibilità on linealle informazioni e ai documenti in possesso delle amministrazioni pubbliche, ai pagamenti nei loro confronti, nonché all’erogazione dei servizi, con invio dei documenti al domicilio fisico ove la natura degli stessi non consenta l’invio in modalità telematiche.
I decreti nello specifico si occuperanno di:
superamento dell’uso della carta nel normale funzionamento delle amministrazioni, assicurando la trasmissione dei dati e, ove necessario trasmettere documenti, assicurandone la trasmissione in forma telematica;ridefinizione del processo decisionale, anche con riferimento alle forme di partecipazione degli interessati, in relazione all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e all’applicazione del sistema pubblico dell’identità digitale;previsione dell’aggiornamento continuo, anche previa delegificazione o deregolamentazione, delle modalità di erogazione dei servizi e di svolgimento dei processi decisionali, sulla base delle tecnologie disponibili e del grado di diffusione delle stesse presso gli utenti e di soddisfazione degli stessi;uso di software con standard aperti e non dipendenti da specifiche tecnologie proprietarie;ricorso alla cooperazione applicativa e all’interoperabilità dei sistemi informativi, individuando, per ogni procedimento amministrativo, le forme di interazione dei soggetti interessati con il sistema informativo (Application Program Interfaces – API);obbligo di adeguamento dell’organizzazione di ciascuna amministrazione ai principi di unicità dei punti di contatto con i cittadini e le imprese, con particolare riferimento agli sportelli unici delle attività produttive e agli sportelli unici dell’edilizia, nonché alle previsioni dell’articolo 6 della legge 11 novembre 2011, n. 180;anche al fine di contenere i costi connessi alla proprietà e alla circolazione dei veicoli e realizzare significativi risparmi di spesa per l’utenza, introduzione di unico documento contenente i dati di proprietà e di circolazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, da perseguire attraverso il collegamento e l’interoperabilità dei dati detenuti dalle diverse strutture, riorganizzando, mediante eventuale accorpamento, le funzioni svolte dagli uffici del pubblico registro automobilistico dell’Automobile Club d’Italia e dal Dipartimento della motorizzazione civile del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
 
Personale e Riforma della dirigenza pubblica
Si delega il Governo a riformare la dirigenza pubblica. I principi indicati per il legislatore delegato riguardano:

la dimensione della dirigenza;l’inquadramento dei dirigenti: l’istituzione di un ruolo unico; introduzione di ruoli unificati anche per la dirigenza delle amministrazioni non statali, con possibilità di scambio tra dirigenti appartenenti a ruoli diversi; omogeneizzazione delle retribuzioni;l’accesso alla dirigenza per concorso e per corso-concorso;il conferimento degli incarichi dirigenziali: mediante procedura con avviso pubblico, sulla base di requisiti e criteri definiti dall’amministrazione e approvazione, preventiva o successiva, da parte di una specifica Commissione; la durata degli incarichi dirigenziali;i dirigenti privi di incarico: collocamento in disponibilità, con successivo licenziamento dopo un periodo definito;la valutazione dei risultati e la responsabilità dei dirigenti;la dirigenza delle regioni e degli enti locali. 

 

Riordino della conferenza dei servizi

Saranno ridefiniti i casi di convocazione obbligatoria della conferenza di servizi, con riduzione delle relative ipotesi;ridotti i termini di conclusione del procedimento e ridefiniti i meccanismi decisionali;semplificati i lavori della conferenza di servizi, anche attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e differenziate le modalità di svolgimento dei lavori della stessa, in base alla complessità dei procedimenti.

Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di anticorruzione, pubblicità e trasparenza

Il Governo adotterà decreti legislativi integrativi della disciplina relativa alla inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico e alla trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

30 giugno Bilancio in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 30 giugno, approva i disegni di legge recanti il “Rendiconto generale dell’Amministrazione dello Stato per l’esercizio finanziario 2013” e le “Disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’anno finanziario 2014”.

Linee guida riforma della giustizia
Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha presentato al Consiglio dei Ministri le linee guida  della riforma della giustizia, su cui ora si avvia una fase di consultazione che si concluderà il 31 agosto 2014.  Ecco i 12 punti su cui verte la riforma:
1) Giustizia civile: riduzione dei tempi. Un anno in primo grado
2) Giustizia civile: dimezzamento dell’arretrato.
3) Corsia preferenziale per le imprese e le famiglie
4) Csm: più carriera per merito e non grazie alla ‘appartenenza’
5) Csm: chi giudica non nomina, chi nomina non giudica;
6) Responsabilità civile dei magistrati sul modello europeo
7) Riforma del disciplinare delle magistrature speciali (amministrativa e contabile);
8) Norme contro la criminalità economica (falso in bilancio, autoriciclaggio);
9) Accelerazione del processo penale e riforma della prescrizione;
10) Intercettazioni (diritto all’informazione e tutela della privacy);
11) Informatizzazione integrale del sistema giudiziario;
12) Riqualificazione del personale amministrativo.
Come per la riforma della  Pubblica amministrazione sarà possibile partecipare alla consultazione scrivendo a rivoluzione@governo.it 
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Rendiconto generale dell’Amministrazione dello Stato per l’esercizio finanziario 2013 – Disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’anno finanziario 2014 – disegni di legge

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan ha approvato il disegno di legge relativo al Rendiconto generale dell’Amministrazione dello Stato per il 2013, parificato dalla Corte dei conti il 26 giugno scorso, e il disegno di legge per l’assestamento del bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2014 la cui approvazione è annualmente prevista per il 30 giugno di ogni anno.

Il Rendiconto 2013 registra i risultati conseguiti nel decorso esercizio e viene presentato nelle sue componenti del Conto del bilancio e del Conto del patrimonio.
Il saldo netto da finanziare per la competenza dell’anno, in termini di accertamenti e impegni, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, risulta negativo per 23.906 milioni di euro, derivante da entrate finali accertate per 528.324 milioni di euro e da spese finali impegnate per 552.230 milioni di euro; il dato è compreso entro  il limite massimo stabilito dalla legge di stabilità per l’anno 2013. L’avanzo primario si cifra in 57.963 milioni di euro.

Il disegno di legge riguardante l’assestamento del bilancio di previsione per il 2014, riporta l’impostazione approvata con legge n. 148 del 27 dicembre 2013 (legge di bilancio 2014). 
I dati del provvedimento, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, recepiscono, per le entrate, gli effetti del quadro macroeconomico contenuto nel DEF. Esse, nel complesso, registrano un decremento di circa 2 miliardi di euro già incluso nei tendenziali di finanza pubblica. 
Le spese, sempre al netto delle regolazioni contabili e debitorie, evidenziano un decremento di circa 2,6 miliardi di euro. Nel bilancio assestato in termini di competenza, il saldo netto da finanziare, tenuto conto anche delle variazioni di bilancio adottate nel periodo gennaio-maggio 2014, si colloca intorno ai 41,6 miliardi di euro.
Restano complessivamente neutrali gli effetti del provvedimento sull’indebitamento netto, atteso che anche tali variazioni sono già scontate nei tendenziali, in quanto emanate in attuazione di norme vigenti.

24 giugno Riforma della Pubblica amministrazione

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.144 del 24-6-2014 il Decreto legge n.90 del 24 giugno 2014

(Palazzo Chigi) Disposizioni per il ricambio generazionale, la mobilità obbligatoria e volontaria, la semplificazione del turn over: sono alcune delle misure contenute nel decreto legge “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari” in vigore dal 25 giugno 2014  (G.U. n.144 del 24-6-2014).

Tra le novità:

Ricambio generazionale: viene eliminato l’istituto del trattenimento in servizio, che consentiva di restare in servizio dopo il raggiungimento dell’età pensionabile. L’obiettivo, come ha spiegato il Presidente Renzi nella conferenza stampa successiva al Consiglio dei Ministri del 13 giugno, in cui  è stato approvato il decreto,  è creare di nuovi posti di lavoro nella Pubblica amministrazione.  I trattenimenti in servizio, in essere al 25 giugno, data di entrata in vigore del decreto, sono fatti salvi fino al 31 ottobre 2014, o fino alla loro scadenza, se prevista in data anteriore. Quelli già disposti e non ancora efficaci al 25 giugno sono revocati.
Per salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari sono fatti salvi i trattenimenti in servizio dei magistrati e degli avvocati dello Stato, fino al 31 dicembre 2015.  Inoltre le amminsitrazioni potranno disporre il pensionamento dei dipendenti che hanno raggiunto la massima anzianità contributiva, liberando ulteriori posti per nuovo asseunzioni. Sono vietati i conferimenti di incarichi dirigenziali o direttivi ai lavoratori in pensione, privati o pubblici.

Turn over: le amministrazioni dello Stato, le agenzie e gli enti pubblici non economici possono  procedere,  per  l’anno 2014, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite  di un contingente di personale complessivamente  corrispondente  ad  una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale  di  ruolo cessato nell’anno precedente. La  facoltà  ad  assumere è fissata nella misura del 40 per cento per l’anno  2015,  del  60  per cento per l’anno 2016, dell’80 per cento per l’anno 2017, del 100 per cento a decorrere dall’anno 2018.  Ai  Corpi  di  polizia,  al  Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al comparto  Scuola  si  applica  la normativa di settore. In questo modo, si semplifica il processo di assunzione, perché rimane solo il vincolo finanziario e viene meno quello relativo al numero di dipendenti.

Mobilità: è semplificato il ricorso alla mobilità, in quanto per quella volontaria, tra le amministrazioni centrali dello Stato, non è più previsto l’assenso dell’amministrazione di provenienza. L’unico criterio posto è che l’amministrazione ricevente abbia un numero di posti vacanti superiore rispetto a quella cedente. Per la mobilità obbligatoria è fissato il limite di distanza di 50 chilometri tra le amministrazioni, entro il quale il dipendente può essere adibito a qualsiasi amministrazione o sede.

Razionalizzazioni organizzative: vengono unificate le scuole di formazione delle amministrazioni statali, è soppressa l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e rafforzate le competenze dell’Autorità nazionale anticorruzione, sono razionalizzate le autorità indipendenti, è prevista la ricognizione degli enti pubblici e l’unificazione delle banche dati sulle società partecipate.

Misure di semplificazione: sono introdotte numerose semplificazioni per i disabili e per i malati cronici, è ridotto alla metà il contributo dovuto dalle imprese alle camere di commercio, sono semplificati e accelerati i controlli della Corte dei conti, sono accelerati i giudizi amministrativi in materia di appalti pubblici.

13 giugno Edilizia scolastica in CdM

Nel corso della seduta del Consiglio dei ministri del 13 giugno il Presidente del Consiglio informa di avere firmato un Dpcm, concernente l’individuazione dei Comuni beneficiari, e del relativo importo, dell’esclusione dal Patto di stabilità interno, per gli anni 2014 e 2015, delle spese sostenute per interventi di edilizia scolastica, ai sensi dell’articolo 31, comma 14-ter, della legge 12 novembre 2011 n. 183.

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13 giugno Semplificazione e Riorganizzazione PA in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta del 13 giugno, approva:
DECRETO-LEGGE: Misure urgenti per la semplificazione e per la crescita del Paese;
– DISEGNO DI LEGGE: Delega al Governo per la riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente, Matteo Renzi, ha approvato misure urgenti per la semplificazione e per la crescita del Paese.  Tra queste, le seguenti misure.

Disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni
Al fine di consentire l’ingresso di giovani generazioni nella pubblica amministrazione, il  provvedimento introduce la revoca dei trattenimenti in servizio.

Incarichi direttivi ai magistrati e incompatibilità.
Oltre a provvedimenti per evitare la vacanza dei magistrati, si dispone che i magistrati amministrativi, ordinari,  contabili e militari non potranno ricoprire incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione facendo ricorso all’istituto della aspettativa.

Semplificazione e flessibilità nel turn over per assunzioni a tempo indeterminato
Sempre nell’ottica di un ricambio generazionale e di rendere possibile nuova occupazione viene semplificato e reso più flessibile il turn over nella Pubblica Amministrazione.

Mobilità obbligatoria e volontaria
Nuove disposizioni perché le amministrazioni possano ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento.

Divieto di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza. E’ fatto divieto di assegnare incarichi dirigenziali a lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza.

Prerogative sindacali nelle Pubbliche Amministrazioni
Ai fini della razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, a decorrere dal 1° agosto 2014, i contingenti complessivi dei distacchi, al personale delle pubbliche amministrazioni  sono ridotti del cinquanta per cento per ciascuna associazione sindacale.

Riforma degli onorari dell’Avvocatura generale dello Stato e delle avvocature degli enti pubblici

Abrogazione dei diritti di rogito del segretario comunale e provinciale e abrogazione della ripartizione del provento annuale dei diritti di segreteria

Copertura assicurativa per lavoratori in cassintegrati che fanno volontariato

Un unico modulo in tutta Italia per la Scia

Borse di studio per le scuole di specializzazione medica

Fatturazione elettronica nella PA

Ricognizione degli enti pubblici e unificazione delle banche dati delle società partecipate

Soppressione di enti e uffici
A decorrere dal 1° ottobre 2014 sono soppresse le sezioni staccate di tribunale amministrativo regionale.
E’ soppresso il Magistrato delle Acque per le province  venete e di Mantova.
Un’unica Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e contro la corruzione.

Ridefinizione della missione dell’Associazione  Formez PA
Viene proposta per l’Associazione Formez PA la nomina di un Commissario straordinario.

Unificazione delle Scuole di formazione

Limiti nella nomina dei componenti delle Autorità indipendenti

Riduzione del diritto annuale dovuto alle Camere di commercio a carico delle imprese
L’importo del diritto annuale a carico delle imprese è ridotto del 50%
Semplificazione riguardo la prescrizione dei medicinali per patologie croniche

Silenzio assenso negli atti di competenza di diverse amministrazioni statali

Semplificazioni di norme in materia agroalimentare

Semplificazioni in materia di permesso di costruire e altre misure in materia edilizia

Unità operativa speciale per EXPO – 2015

Misure straordinarie di gestione e monitoraggio di imprese coinvolte in procedimenti penali

Divieto di transazioni della p.a. con società o enti esteri aventi sede in Stati che non permettono l’identificazione dei soggetti che ne detengono la proprietà o il controllo

Trasmissione ad Anac delle varianti in corso d’opera

Misure per l’efficienza del processo civile telematico

Verifica dei requisiti delle offerte negli appalti pubblici

Detassazione degli investimenti in impianti e macchinari

Istituzione della Rete del lavoro agricolo di qualità

Disposizioni urgenti per il rilancio del settore agricolo riguardo giovani, lavoro, semplificazioni, innovazioni d’impresa, sicurezza, ogm

Pene più severe sui reati ambientali, cronoprogramma stringente per le verifiche sulle aree a rischio della “terra dei fuochi”

Procedure più veloci e semplici contro il dissesto idrogeologico: in campo i Presidenti di Regione

Una procedura semplificata per le bonifiche e la messa in sicurezza

Nuova composizione per la Commissione tecnica VIA: meno costi, più qualificazione e trasparenza

Riduzione delle procedure di infrazione comunitaria in materia ambientale

Taglio dei costi delle bollette energetiche per le Pmi del 10%

Rafforzamento aiuto crescita economica (Ace)

Semplificazioni per facilitare le quotazioni

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Delega al Governo per la riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche (disegno di legge)
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Presidente, Matteo Renzi, un disegno di legge recante “delega al Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, composto da 12 articoli, di cui 8 contenenti deleghe legislative da esercitare in gran parte nei dodici mesi successivi all’approvazione della legge. Le materie del provvedimento sono quelle oggetto della consultazione pubblica, cui hanno partecipato oltre 40mila persone.
Riorganizzazione dell’amministrazione dello Stato
Si inizia dalla riorganizzazione delle amministrazioni dello Stato, riducendo gli uffici e il personale impiegato in attività strumentali per rafforzare le strutture che forniscono servizi diretti ai cittadini. Si riducono gli uffici di diretta collaborazione dei ministri; si razionalizza la rete organizzativa delle Prefetture-Uffici Territoriale del Governo, rivedendo le competenze e le funzioni attraverso la riduzione del numero, il rafforzamento dell’esercizio delle funzioni di coordinamento e il conferimento di ulteriori compiti e attribuzioni di collaborazione interistituzionale; si riarticolano gli uffici a livello regionale e si prevede la gestione unitaria dei servizi strumentali delle pubbliche amministrazioni, mediante la costituzione di uffici comuni.
Riforma della dirigenza pubblica
Si delega il Governo a riformare la dirigenza pubblica. I principi indicati per il legislatore delegato riguardano:

la dimensione della dirigenza;l’inquadramento dei dirigenti: l’istituzione di un ruolo unico; introduzione di ruoli unificati anche per la dirigenza delle amministrazioni non statali, con possibilità di scambio tra dirigenti appartenenti a ruoli diversi; omogeneizzazione delle retribuzioni;l’accesso alla dirigenza per concorso e per corso-concorso: nel primo caso, assunzione a tempo determinato e trasformazione a tempo indeterminato previo esame di conferma dopo il primo triennio di servizio; nel secondo caso, immissione in servizio come funzionari, con obblighi di formazione, per i primi quattro anni e successiva immissione nel ruolo unico della dirigenza previo superamento di un esame;il conferimento degli incarichi dirigenziali: mediante procedura con avviso pubblico, sulla base di requisiti e criteri definiti dall’amministrazione e approvazione, preventiva o successiva, da parte di una specifica Commissione; la durata degli incarichi dirigenziali: tre anni, rinnovabili;  spoilsystem per gli incarichi conferiti ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione;i dirigenti privi di incarico: collocamento in disponibilità, con successivo licenziamento dopo un periodo definito;la valutazione dei risultati e la responsabilità dei dirigenti;la dirigenza delle regioni e degli enti locali: coordinamento con il processo di riordino istituzionale avviato con la legge n. 7 aprile 2014, n. 56; previsione del dirigente apicale dell’ente e obbligo per i Comuni con meno di 5000 abitanti di gestire la funzione di direzione apicale in via associata; istituzione del ruolo unico, con accesso mediante concorso o corso–concorso; inserimento, in sede di prima applicazione, di coloro che sono iscritti all’Albo dei segretari comunali e provinciali.

Testi unici su lavoro pubblico, società partecipate, conferenza dei servizi, controlli amministrativi e Camere di commercio

Saranno elaborati testi unici che uniformino la normativa relativa ai predetti settori. I testi unici, oltre agli specifici criteri direttivi, dovranno essere redatti tenendo conto dei seguenti princìpi generali: coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni sia legislative che regolamentari;indicazione esplicita delle norme abrogate;aggiornamento delle procedure.