Concorso ordinario con riserva, 20 punti su 100 premiano i precari

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Concorso ordinario, 20 punti su 100 saranno riservati al servizio. Lo prevede un emendamento (14.27) al decreto legge su reddito di cittadinanza e pensioni (quota 100), primo firmatario Mario Pittoni (Lega), e appoggiato anche da senatori M5s. approvato dalla commissione lavoro dal senato il 21 febbraio scorso, in sede referente. La ratio della modifica introdotta dal senato al disegno di legge S1018 è quella di fronteggiare gli effetti della pensione quota 100 sul sistema scolastico e garantire lo svolgimento dell’attività didattica. Finora, infatti, le domande presentate dai docenti sono circa 8 mila. Che si aggiungono a quelle relative ai pensionamenti ordinari, che dovrebbero essere circa 33mila. Dal prossimo anno, dunque, se tutte le domande saranno accolte, dovrebbero liberarsi circa 40 mila cattedre, contro le circa 25mila dello scorso anno. E siccome la legge 145/2018 ha abrogato le disposizioni sul concorso riservato ai docenti con tre anni di servizio, il governo ha ritenuto di non vanificare le aspettative dei precari storici, valorizzando l’esperienza acquisita sul campo in anno di insegnamento in vista del prossimo concorso. Resta però un percorso ordinario e non straordinario, come chiesto dai sindacati e già avvenuto per la primaria. Con tempi dunque di realizzazione che difficilmente produrranno effetti già per il prossimo anno scolastico. Il provvedimento su quota 100 dovrà essere licenziato dal senato entro oggi per passare poi alla camera.

«La supervalutazione dell’esperienza e dei titoli di docenti con particolare professionalità, acquisita in anni di servizio precario» si legge nella relazione illustrativa dell’emendamento approvato, «avrà l’effetto da una parte di favorire l’assorbimento di vaste fasce di precariato e dall’altra di assicurare l’immediata copertura dei posti vacanti con personale esperto e professionalmente motivato». Pertanto, i candidati del primo concorso ordinario potranno far valere il servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione. E al servizio sarà attribuito un punteggio fino al 50% del punteggio attribuibile ai titoli. Le graduatorie di merito saranno predisposte attribuendo ai titoli posseduti un punteggio fino al 40% di quello complessivo.

Pertanto, il servizio inciderà, in termini di punteggio, fino a un massimo del 20% sul punteggio complessivo: 60 punti a disposizione della commissione per valutare le prove; 20 punti per i titoli di studio e professionali; 20 punti per il servizio. «L’approvazione dell’emendamento è un primo segnale, pur non risolutivo, di attenzione al problema più volte ricordato dai diretti interessati», commenta Pittoni.

La norma parla di servizio prestato «presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione». E dunque, sarà considerato valido sia il servizio prestato nelle scuole statali che quello svolto nelle scuole paritarie. Il sistema nazionale di istruzione, infatti, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali (si veda l’articolo 1 della legge 62/2000). Il concorso ordinario a cui fa riferimento l’emendamento Pittoni è quello ordinario. Vale a dire: la selezione che sarà aperta ai candidati laureati muniti dei 24 Cfu aggiuntivi previsti dal decreto 59/17. Che è l’unica tipologia concorsuale attraverso la quale sarà consentito l’accesso all’insegnamento, non essendo più previsto il concorso riservato ai precari triennalisti. La legge 145/2018, infatti, ha abrogato espressamente le disposizioni contenute nel decreto 59/17 che prevedevano questa procedura speciale.

La stessa legge, però, ha previsto un’eccezione. Al primo concorso ordinario, infatti, i candidati che negli 8 anni precedenti alla data di indizione del concorso avranno svolto 3 anni di servizio nelle scuole statali o paritarie, saranno ammessi anche se non avranno conseguito i 24 Cfu aggiuntivi previsti dal decreto 59/17. Fatta eccezione per gli aspiranti insegnanti tecnico pratici, ai quali l’accesso è consentito anche solo con l’abilitazione. E il sostegno, per il quale ci vuole anche il diploma di specializzazione specifico. E a questi candidati sarà riservato il 10% delle cattedre disponibili. Ciò vuol dire che, se risulteranno idonei, ma non riusciranno ad ottenere un punteggio utile ad essere immessi in ruolo per diritto di graduatoria, potranno comunque concorrere all’assegnazione di una cattedra individuata nella quota del 10% loro riservato.

Facciamo un esempio. Poniamo che le cattedre messe a concorso siano 50. Di queste, 40 saranno assegnate scorrendo la graduatoria di merito ordinaria (nella quale avranno titolo ad essere inseriti anche i precari triennalisti). E le rimanenti 10 saranno assegnate scorrendo una graduatoria a parte, nella quale saranno collocati solo i precari triennalisti. Ad entrambe le graduatorie si applicheranno anche le disposizioni previste per i riservisti (invalidi e orfani per lavoro). Per maturare il triennio valido per accedere alla quota di riserva del 10%, i candidati dovranno avere prestato, in ognuno dei 3 anni utili, almeno 180 giorni di servizio (anche frazionatamente) oppure dovranno avere prestato servizio nell’anno scolastico di riferimento, ininterrottamente, dal 1° febbraio fino agli scrutini finali. La partecipazione al concorso, per chi avrà maturato il triennio in tempo utile, sarà consentita in una qualsiasi delle classi di concorso nelle quali avranno prestato almeno un anno di servizio nel triennio di riferimento.

Sulle classi pollaio tutti d’accordo, sulla regionalizzazione nervi tesi in Commissione Cultura

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Il tema della regionalizzazione domina ormai su tutto. Ad iniziare dalla scuola. Ne è la testimonianza quanto accaduto il 26 febbraio nella Commissione Istruzione e Cultura della Camera, nel corso delle audizioni tenute dai sindacati sulla proposta di legge n. 877, a prima firma dell’on. Lucia Azzolina del M5S, sulla cancellazione delle cosiddette classi pollaio.

Un componente della Commissione Cultura avrebbe “deviato” il tema…

In base alla testimonianza della segretaria della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, è apparsa “francamente sorprendente la divagazione, ad opera di un componente della Commissione, su temi non contemplati all’ordine del giorno, come quelli riguardanti l’autonomia differenziata, sui quali si è innescata una discussione che ha assunto in alcuni passaggi tono piuttosto accesi, inusuali per il luogo e del tutto anomali rispetto alle modalità con cui solitamente le audizioni vengono svolte”.

“Solo ripercorrendo il dibattito attraverso la registrazione video dei lavori della commissione, attualmente non ancora disponibile sul sito della Camera, sarà possibile esprimere ulteriori valutazioni sull’accaduto. La delegazione CISL Scuola ha comunque auspicato che temi di questa portata siano oggetto di pacata e lucida riflessione, cui non è di alcun giovamento un’incomprensibile e illogica esasperazione dei toni”, ha concluso la Gissi.

Per risolvere i problemi di organico basta regionalizzare…

La Flc-Cgil spiega che “nella fase di confronto, alcuni parlamentari della Commissione hanno avanzato la tesi che la soluzione ai problemi di organico e di ammodernamento degli edifici risieda non tanto nella riduzione degli alunni per classe, quanto nell’attuazione del progetto di autonomia differenziata”. Ed è quello il momento in cui il confronto è diventato aspro.

Il sindacato guidato da Francesco Sinopoli, ha cercato di dire “che un simile progetto avrebbe delle conseguenze ancora più negative sulla garanzia del diritto sociale all’istruzione, che verrebbe esercitato in maniera diseguale sul territorio nazionale. La Carta costituzionale assegna allo Stato il compito di rimuovere gli ostacoli e sanare le differenze e non di accentuarle”.

La Cgil non arretra

Il sindacato confederale annuncia, quindi, che “non arretrerà nemmeno di un passo rispetto ai principi costituzionali che sono alla base della federazione stessa che si batte da anni per la qualità della scuola pubblica, di tutti e di ognuno, in una visione unitaria e solidale dell’intero sistema”.

Anche il segretario della Uil Scuola, Pino Turi, ha ribadito, nel corso dell’audizione, la netta contrarietà della Uil scuola ad ogni ipotesi di regionalizzazione: “la scuola italiana è l’istituzione nella quale gli italiani pongono la massima fiducia. Vi pare possibile – ha detto Turi – mettere mano ad una istituzione che funziona e che gode della fiducia di tutti?”.

Classi pollaio: solo il Mef potrebbe dire no alla cancellazione

Eppure, l’audizione era incentrata su tutt’altro: sulle cosiddette “classi pollaio”, un tema che a differenza della regionalizzazione c’è un consenso unanime: l’unica componente che, ad oggi, potrebbe essere contraria è il Mef, che potrebbe puntare i piedi in caso di ampliamento sostanziale degli organici derivante proprio dall’innalzamento delle classi.

Per la Cisl, la riduzione del numero massimo degli alunni dovrebbe comunque “essere accompagnata da urgenti e indifferibili provvedimenti circa l’edilizia scolastica”.

Inoltre, per il sindacato la misura proposta è “certamente di aiuto ma è altrettanto necessario intervenire sul sostegno agli insegnanti verso modalità didattiche innovative e flessibilità organizzative nella gestione degli ambienti di apprendimento”.

La soluzione a mille problemi…

Ridurre il numero di alunni per classe, ha detto Pino Turi (Uil Scuola), “può dare risposte in termini di didattica individualizzata, attenuare i fenomeni di burnout , dovuti allo stress da lavoro correlato, sempre più in aumento. È positiva in termini di organico, con la restituzione di circa 86.000 posti per i docenti. Per il personale ATA, l’aumento, non ben quantificato dalla relazione, a nostro parere potrebbe essere di circa 40.000 posti.

“Un provvedimento che assume elementi positivi che aiuterebbero, di molto, la qualità dell’istruzione.

Rappresentando altresì un beneficio per il personale in termini di mobilità e reclutamento”.

Quel taglio di ore e di posti di dieci anni fa

Il leader dalla Uil Scuola ha anche ricordato che nel 2008, mentre in Italia il Governo tagliava circa 140 mila posti in organico – tra docenti e personale ATA – la Germania, pur attraversando la stessa crisi, investiva otto miliardi nel sistema dell’istruzione. Oggi vediamo i risultati, con le classi sovradimensionate che si stiama che siano il 5,17% del totale.

Anche la Flc-Cgil ha ricordato che la norma introdotta dall’allora governo Berlusconi, la L. 133/08, “che portò all’innalzamento del numero di alunni per classe e al taglio del tempo pieno e delle ore di laboratorio negli istituti tecnici e professionali con la cancellazione di oltre 134.000 posti tra docenti e personale ATA”.

“Consideriamo un primo passo importante la revisione dei parametri che regolano la formazione delle classi. Ma la modifica del decreto va governata con una nuova definizione del fabbisogno organico di diritto di docenti e ATA, in modo che esso non risponda a meri motivi di contenimento della spesa pubblica. E va accompagnato da misure strutturali importanti: una radicale riqualificazione dell’edilizia scolastica, una generalizzazione della scuola dell’infanzia, il ripristino del modello di tempo pieno e prolungato e una modernizzazione dei laboratori nelle secondarie”.

Il cambiamento in arrivo

La proposta di legge all’esame della VII Commissione, presieduta dall’on. Luigi Gallo (M5S) rappresenta, in effetti, una discontinuità rispetto al passato, intervenendo sulla riduzione graduale di un punto del rapporto alunni/docente in un triennio; sulla previsione di un tetto massimo di 22 alunni nelle classi iniziali, elevabile fino a 23; sul tetto massimo di 20 alunni nelle classi con presenza di alunni con disabilità.

Su questo punto, l’Anief, presente all’audizione, ha lanciato l’operazione verità, finalizzata al superamento di questo genere di classi, fenomeno che contraddice il D. P. R. del 20 marzo 2009 n. 81 art. 5, comma 2, in base al quale “le classi iniziali delle scuole e istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni”.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che “occorre fare di tutto per debellare una situazione vergognosa, tutta italiana, che intacca la formazione degli alunni e mette a dura prova la professionalità dei docenti. Inoltre genera rischi inerenti alla sicurezza, questione che espone anche i dirigenti scolastici a un accentuarsi delle loro responsabilità. Senza dimenticare che le cosiddette classi pollaio vanno a calpestare i diritti degli alunni diversamente abili, che necessiterebbero di spazi adeguati, diverse programmazioni, azioni educative e valutazioni personalizzate”.

Azzolina (M5S): nelle classi pollaio coinvolti 1,5 milioni di alunni

In serata, Lucia Azzolina, deputata del MoVimento 5 Stelle in commissione Cultura e prima firmataria della proposta di legge contro le classi pollaio, ha fatto sapere su Facebook che le audizioni dei sindacati della scuola, in commissione Cultura alla Camera, “confermano la necessità di mettere mano alla questione delle cosiddette classi pollaio. Parliamo di 1,5 milioni di alunni che oggi sono divisi in 55.000 classi, una media di oltre 27 per classe”.

“Ci conforta sapere che chi rappresenta il corpo docente ritiene che sia giunto il momento di abbandonare l’approccio ragionieristico investendo con decisione sulla qualità della didattica e in generale della scuola e dunque sul futuro del Paese”.

“L’operazione di ascolto e di confronto avviata in commissione ci conferma che finalmente, grazie alla nostra proposta di legge sulle classi pollaio, abbiamo l’opportunità di mettere in campo una didattica moderna e di valorizzare appieno la professione docente, producendo un necessario quanto radicale rinnovamento dell’istruzione”, ha concluso Azzolina.

Organici, le novità per istituti professionali e licei musicali

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

In relazione alle operazioni riguardanti la definizione degli organici per il prossimo anno scolastico, la Cisl Scuola segnala le novità riguardanti quelli degli istituti professionali e dei licei musicali.

Organici Istituti professionali.

In data 19 febbraio sono state aperte le funzioni per l’acquisizione delle classi negli Istituti professionali come riformati dal D.Lvo 61/2017.

I nuovi indirizzi sono stati già avviati nel corso del 2018/2019 per le sole classi Prime e sono estesi, nel prossimo anno, alle classi Seconde.

In allegato le tabelle già predisposte lo scorso anno con i nuovi quadri orari e il confronto con quelli vigenti prima della riforma.

L’avvio graduale dei nuovi indirizzi comporterà per il 2019/2020 un nuovo incremento di posti di ITP in organico di diritto. L’incremento previsto, stando agli stanziamenti disposti a tal fine dal D.Lvo 61, si aggiunge a quello del 2018/2019 (1.161 posti in più) e dovrebbe aggirarsi intorno alla stessa quantità dello scorso anno. Per contro si avrà una riduzione di posti della tabella A per effetto della riduzione di ore di insegnamento previste dai nuovi ordinamenti (l’anno scorso il taglio è stato di circa 300 posti e stimiamo analoga riduzione anche per il 2019/2020 ).

Organici Licei Musicali.

Per effetto della Legge di Bilancio 2018 che ha stanziato le risorse per 400 posti in più nell’organico di diritto destinati alla seconda ora di strumento nel liceo musicale, le funzioni di acquisizione delle classi del programma in dotazione alle scuole sviluppa un organico che aggiunge un’ora di strumento musicale per ogni alunno sia delle classi Prime che delle classi Seconde.

Il nuovo quadro orario è dunque il seguente:

A055 Strumento Musicale
per ciascuno strumento per ogni alunno

Classe I:  primo strumento 2 ore, secondo strumento 1 ora
Classe II: primo strumento 2 ore, secondo strumento 1 ora
Classi III e IV: per ciascuno strumento 1 ora
Classe V: 2 ore solo per il 1° strumento

Maturità 2019, niente tema storico. Liliana Segre: “Bussetti ci ripensi. Un esame senza storia fa paura”

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Si stanno svolgendo in questo periodo le simulazioni degli esami di stato 2019. La prima simulazione della prova d’italiano è già avvenuta lo scorso 19 febbraio, mentre il 28 partirà quella relativa alla seconda prova, che varia da istituto a istituto.

Fra le novità principali del nuovo esame di stato c’è l’abbandono della traccia storica, che ha suscitato molte polemiche fra gli insegnanti.

Molti i politici e intellettuali contrari. Fra i personaggi pubblici di spicco c’è la senatrice a vita Liliana Segre, che da mesi punta il dito nei confronti di questa assenza pesante: “Un esame di maturità senza la storia mi fa paura. Per questo chiederò al ministro Bussetti di ripensarci”, dichiara Segre su La Repubblica.

Da quattro mesi, infatti, dà battaglia per sapere come sia stato possibile che il Miur abbia soppresso la traccia storica dalla prima prova scritta della maturità.

Si è anche fatta promotrice di un “affare assegnato”, cioè una piccola indagine – in questo caso affidata alla Commissione Cultura del Senato – per sapere da che cosa sia nata la decisione del ministero di cancellare la traccia storica. I lavori parlamentari, tuttavia, non sono ancora cominciati. “E ora da cittadina ho chiesto un incontro con il ministro”.

“Vorrei capire il perché della soppressione della storia, continua la senatrice a vita, che ritengo un atto molto grave. Io mi sono sempre occupata di memoria. Ma memoria e storia vanno insieme. Da trent’anni rendo testimonianza sulla Shoah nelle scuole, e vedo la fatica che talvolta fanno i professori per contestualizzare il mio racconto. Può capitare che nell’ultima classe delle superiori non si arrivi a svolgere l’intero programma e ci si fermi alla Grande Guerra. Invece sarebbe utile studiare i totalitarismi, i genocidi e la complessità di tutto il Secolo Breve”.

Per Liliana Segre, infatti, l’assenza della storia dall’esame di maturità rappresenta un fatto gravissimo, che potrebbe pregiudicare, a suo avviso, una lenta dimenticanza: “Sono una voce che grida nel deserto dei morti. E cosa succederà quando non ci saremo più? La storia è sempre manipolabile. E, dopo che verranno meno gli ultimi sopravvissuti, la Shoah diventerà una riga nei libri di storia. E più tardi ancora, non ci sarà neppure quella.”

La senatrice immagina già l’esito dell’affare assegnato: “Ci diranno che, negli ultimi otto anni, meno del 3 per cento degli studenti ha scelto la traccia storica. Troppo pochi”.

Ma gli studenti non ne vogliono proprio sapere della storia? Liliana Segre risponde che “sono stati gli adulti a ridurla a merce d’antiquariato, inutile e fuori moda. Ecco, al ministro Bussetti vorrei riuscire a dire anche questo. Non rubiamo la storia ai nostri ragazzi. Ne hanno un immenso bisogno”.

La simulazione della prima prova

Le tracce pubblicate dal Miur sono in tutto sette: due per la tipologia A (analisi e interpretazione del testo), tre per la tipologia B (il testo argomentativo) e due per la tipologia C (il tema d’attualità).

Gli autori scelti come protagonisti delle prove sono Giovanni Pascoli, Elsa Morante, Claudio Pavone, Antonio Cassese, Carlo Rubbia, Giacomo Leopardi, Vittorino Andreoli.

È previsto che le prove non facciano media né sostituiscano altre verifiche periodiche.

Griglie di valutazione. Un esempio

La prof.ssa Marina Petrone, docente presso il Liceo Classico “Vittorio Emanuele II” di Napoli ha voluto condividere con la comunità dei lettori de La Tecnica della Scuola il lavoro svolto, con i colleghi, sulle griglie di valutazione per la prima prova della nuova maturità sulla base degli indicatori forniti dal Miur.

Oltre alle griglie – una per ciascuna tipologia prevista – è stata predisposta una tabella di conversione punteggio/voto.

Modelli disponibili in formato PDF e WORD

Dottorati di ricerca, nuove regole per l’accreditamento

Nota 27 febbraio 2019, AOODGSINFS 6623
Indicazioni operative sulle procedure di accreditamento dei dottorati. A.A. 2019-2020-XXXV ciclo


Un sistema più snello e più semplice di accreditamento dei corsi di dottorato, che ha l’obiettivo primario di favorire un aumento di proposte di dottorati innovativi, intersettoriali e interdisciplinari. È quello previsto dalle Nuove linee guida per l’accreditamento dei corsi di dottorato messe a punto su indicazione del Ministro Marco Bussetti dal Dipartimento per la Formazione superiore e la Ricerca, diretto dal professor Giuseppe Valditara. Nel documento, che introduce un’importante riforma di questo sistema, un’attenzione particolare viene riservata ai dottorati industriali favorendo convenzioni tra gli atenei e le aziende più attente a investire in Ricerca e Sviluppo.

A seguito delle Linee guida, che hanno recentemente ottenuto il parere positivo del CUN (disponibile al seguente link: https://www.cun.it/homepage/evidenza/in-merito-alle-linee-guida-per-l-accreditamento-delle-sedi-e-dei-corsi-di-dottorato-un-analisi-e-una-proposta/, sono state pubblicate, oggi sul sito del MIUR, le FAQ e le indicazioni operative sulle procedura di accreditamento dei dottorati per l’anno accademico 2019-2020. Le domande di accreditamento potranno essere presentate, esclusivamente sulla banca dati http://dottorati.miur.it, a partire dal 12 marzo 2019 e fino all’1 aprile. Successivamente, entro il 6 maggio, l’ANVUR provvederà a fornire la propria valutazione al fine dell’emissione da parte del MIUR dei provvedimenti di concessione o rifiuto dell’accreditamento.

Il Cun, in particolare, ha apprezzato la notevole semplificazione contenuta nelle linee guida elaborate dal Dipartimento.

Nota 27 febbraio 2019, AOODGSINFS 6623

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
DIPARTIMENTO PER LA FORMAZIONE SUPERIORE E PER LA RICERCA
Direzione generale per lo studente, lo sviluppo e l’internazionalizzazione della formazione superiore
Ufficio 6°
Offerta formativa universitaria, dottorati di ricerca, esami di Stato e profession

Ai Rettori Istituzioni Universitarie
Ai Presidenti Enti di Ricerca vigilati dal MIUR e degli altri enti valutati nell’ambito della VQR 2004-2010
Al Presidente dell’ANVUR
LORO SEDI
E p.c.
Al Presidente della CRUI
Al direttore del CINECA

OGGETTO: Indicazioni operative sulle procedure di accreditamento dei dottorati. A.A. 2019-2020-XXXV ciclo.

Nota 27 febbraio 2019, AOODGOSV 3610

Direttori generali e dirigenti preposti agli Uffici scolastici regionali
LORO SEDI
Regione autonoma Valle d’Aosta
Assessorato dell’ istruzione, università, ricerca e politiche giovanili
istruzione@pec.regione.vda.it
Provincia autonoma di Bolzano – Alto Adige
Direzione Istruzione e Formazione tedesca
bildungsdirektion@pec.prov.bz.it
Direzione Istruzione e Formazione italiana
sovrintendenza.hauptschulamt@pec.prov.bz.it
Amministrazione scuola e cultura ladina
culturayintendenzaladina@pec.prov.bz.it
Provincia autonoma di Trento
Dipartimento della conoscenza
dip.conoscenza@pec.provincia.tn.it
p.c. Referenti regionali EsaBac
LORO SEDI

Oggetto: Esami conclusivi del secondo ciclo di istruzione nelle scuole con percorsi EsaBac ed EsaBac techno – a.s.2018/19. Attività di controllo.

Nota 27 febbraio 2019, AOODGOSV 3618

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la Scuola in lingua italiana della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’ Intendente Scolastico per la Scuola delle località ladine della Provincia Autonoma di BOLZANO
Al Dirigente Generale del Dipartimento della Conoscenza della Provincia Autonoma di TRENTO
Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Autonoma VALLE D’AOSTA
LORO SEDI
per il successivo inoltro
A tutte le Istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di secondo grado del territorio

Oggetto: Premio delle Camere di Commercio “Storie di alternanza”

Proposta di legge in materia di affollamento delle classi

Audizione alla Camera su proposta di legge in materia di affollamento delle classi. Il provvedimento va nella direzione giusta ma, se si vuole lavorare per la qualità della didattica e la coesione del Paese, il Governo fermi il progetto sull’autonomia differenziata 

Roma, 26 febbraio – La FLC CGIL ha partecipato all’audizione presso la Commissione Cultura della Camera sulla revisione dei parametri per la formazione della classi (proposta di legge di modifica n.877 all’articolo 64 del DL n.112/2008 convertito nella L.n.133/2008) esprimendo parere favorevole sul provvedimento che incide significativamente sulla norma introdotta dall’allora governo Berlusconi, che portò all’innalzamento del numero di alunni per classe e al taglio del tempo pieno e delle ore di laboratorio negli istituti tecnici e professionali con la cancellazione di oltre 134.000 posti tra docenti e personale ATA.

Consideriamo un primo passo importante la revisione dei parametri che regolano la formazione delle classi. Ma la modifica del decreto va governata con una nuova definizione del fabbisogno organico di diritto di docenti e ATA, in modo che esso non risponda a meri motivi di contenimento della spesa pubblica. E va accompagnato da misure strutturali importanti: una radicale riqualificazione dell’edilizia scolastica, una generalizzazione della scuola dell’infanzia, il ripristino del modello di tempo pieno e prolungato e una modernizzazione dei laboratori nelle secondarie.

Nella fase di confronto alcuni parlamentari della Commissione hanno avanzato la tesi che la soluzione ai problemi di organico e di ammodernamento degli edifici risieda non tanto nella riduzione degli alunni per classe, quanto nell’attuazione del progetto di autonomia differenziata.

Riteniamo al contrario, che un simile progetto avrebbe delle conseguenze ancora più negative sulla garanzia del diritto sociale all’istruzione, che verrebbe esercitato in maniera diseguale sul territorio nazionale. La Carta costituzionale assegna allo Stato il compito di rimuovere gli ostacoli e sanare le differenze e non di accentuarle. 

La FLC CGIL non arretrerà nemmeno di un passo rispetto ai principi costituzionali che sono alla base della federazione stessa che si batte da anni per la qualità della scuola pubblica, di tutti e di ognuno, in una visione unitaria e solidale dell’intero sistema.

Valutazione dirigenti scolastici 2018/2019

Valutazione dirigenti scolastici 2018/2019: il MIUR convoca i sindacati

Il fallimento dell’esperienza in atto conferma la necessità di ricondurre la valutazione alla negoziazione sindacale, come previsto dall’ipotesi di CCNL.

Con una convocazione pervenuta il 22 febbraio scorso, il MIUR ha fissato per il prossimo 28 febbraio un incontro di informativa sul procedimento di valutazione dei dirigenti scolastici per l’a.s. 2018/2019.

Intanto, nei giorni scorsi, gli USR hanno restituito ai dirigenti gli esiti della valutazione 2017/2018 che, grazie all’accordo firmato con il MIUR da FLC CGIL, CISL SCUOLA E UIL SCUOLA RUA e SNALS CONFSAL il 30 marzo 2018, non produrrà effetti sulla retribuzione di risultato e sarà utilizzata solo per il miglioramento professionale dei dirigenti scolastici.

In quell’occasione, mentre alcune organizzazioni sindacali invitavano al boicottaggio di una valutazione considerata inutile se priva dell’elemento premiale, la FLC CGIL, insieme agli altri sindacati firmatari dell’Accordo, aveva invitato i dirigenti scolastici a partecipare alla procedura, per consentire una verifica dell’efficacia delle modifiche introdotte dall’amministrazione rispetto all’anno precedente, nella direzione di un maggiore protagonismo dei dirigenti e una maggiore aderenza al lavoro da loro svolto.

Dai riscontri ricevuti dai dirigenti scolastici che si sono volontariamente sottoposti alla procedura risultano ancora presenti le problematiche, da noi più volte segnalate, che il lavoro di semplificazione e razionalizzazione operato dall’amministrazione non ha eliminato.

La valutazione continua ad essere basata essenzialmente sull’esame dei documenti della scuola, dai quali è molto difficile estrapolare un apprezzamento affidabile del lavoro del dirigente.

Nemmeno la sostituzione del colloquio in presenza al collegamento Skype ha consentito ai dirigenti scolastici di illustrare in modo esaustivo gli aspetti più significativi del loro lavoro, anche per l’atteggiamento non sempre adeguato dei nuclei.

L’applicazione degli obiettivi desunti dal RAV all’incarico del dirigente continua poi a rappresentare una forzatura inaccettabile, stante l’impossibilità di collegare le azioni professionali del dirigente con le variazioni dei risultati di apprendimento degli alunni. Altrettanto forzati e inutili si sono rivelati gli obiettivi assegnati dai direttori generali.

Riguardo agli esiti della valutazione che i dirigenti scolastici stanno ricevendo, i dati ancora parziali e incompleti in nostro possesso parlano di consigli di miglioramento, oltre che tardivi e inutilizzabili per l’anno scolastico in corso, per lo più generici e standardizzati, privi di elementi descrittivi del lavoro del dirigente valutato e dunque inutilizzabili per il miglioramento.

È evidente che la procedura di valutazione costruita sulla base delle indicazioni dei commi 93 e 94 della legge 107/2015 e della Direttiva 36/2016, dopo due anni di applicazione che ne hanno evidenziato le profonde criticità, da noi denunciate fin dall’inizio e segnalate anche nell’Osservatorio Nazionale, non sia più utilizzabile.

È necessario che tutta la procedura diventi oggetto di una riflessione approfondita in sede di confronto, come indicato dalla dichiarazione congiunta che le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto in calce all’ipotesi di CCNL dell’area dirigenziale Istruzione e Ricerca firmata il 13 dicembre 2018 e in attesa di certificazione da parte degli organi di controllo.

Nel frattempo riteniamo che per l’a.s. 2018/2019, giunto ormai alla fase finale, non possa essere proposta ai dirigenti scolastici la riedizione del portfolio, né tanto meno una qualsivoglia procedura che abbia incidenza sulla retribuzione di risultato.

Alla firma definitiva del CCNL, che auspichiamo avvenga in tempi brevi, dovrà fare seguito l’apertura di un confronto approfondito finalizzato ad individuare una modalità di valutazione in grado di valorizzare la complessità del lavoro del dirigente scolastico.

Tirocini per l’inclusione

SuperAbile.it del 26-02-2019

I “tirocini per l’inclusione”, un’occasione mancata. L’esperienza di una mamma

ROMA. Si chiamano “tirocini di inclusione sociale”, ma spesso sono un’esperienza di emarginazione e perfino umiliazione per chi dovrebbe trarne beneficio. Male organizzati, privi di continuità e di uno sbocco lavorativo, difficilmente raggiungono lo scopo per il quale sono nati: quello di preparare e avviare al lavoro i giovani con disabilità. A sollevare il problema, particolarmente attuale nel momento in cui la politica si occupa di “patto per il lavoro e per l’inclusione sociale”, è Bernadetta Manna, mamma e caregiver di una giovane con sindrome di Down.

“La nostra Costituzione riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, anzi è una Repubblica fondata sul lavoro, addirittura ci induce a pensare che il lavoro dà dignità all’uomo e alla donna – scrive Bernadetta in una lettera inviata alla nostra redazione – Un diritto che è di tutti i cittadini, anche e oserei dire soprattutto, delle persone con disabilità . Perché il lavoro non serve solo a guadagnare, serve anche a riconoscersi ed essere riconosciuti in un ruolo sociale. In quest’ottica, sulla carta, La regione Marche (in cui Bernadetta vive, ndr) ‘promuove ogni forma di sostegno a favore del collocamento mirato e dell’inserimento lavorativo delle persone disabili anche tramite percorsi propedeutici e di avviamento al fine di rendere effettivo il diritto al lavoro’. I tirocini di inclusione sociale sono una delle forme previste dalla Regione, atte a favorire l’inserimento lavorativo, attraverso percorsi concordati tra Asur , Comune, ditta ospitante”.

L’esperienza personale racconta però di una realtà molto diversa da quella prevista dalla normativa. “Anna, mia quinta figlia, con sindrome di Down, ha terminato la scuola superiore, una scuola professionale, 4 anni fa, dopo aver svolto, in ambito scolastico, numerosi stage formativi o alternanze scuola lavoro – scrive ancora Bernadetta – Ha iniziato quasi subito le esperienze ‘propedeutiche al lavoro’, ma con grande difficoltà di accettazione da parte di alcune aziende ospitanti, nonostante le capacità man mano acquisite. E, soprattutto, con tante pause intermedie, perché i tirocini hanno una durata limitata, e pare che il loro rinnovo (ovvero la compilazione di qualche foglio) richieda mesi. Ecco – riferisce Bernadetta – ora siamo in una di quelle pause”.

Ed è, questo della mancanza di continuità, uno dei principali ostacoli al compimento di una piena e vera inclusione, secondo quanto riferito da Bernadetta: “E’ questa una modalità di lavoro che dà dignità?”, domanda, precisando poi una serie di dettagli fondamentali, rispetto all’esperienza vissuta da sua figlia: “Primo, i ‘posti’ di lavoro li ho sempre cercati io, la madre, e ciò non mi sembra né corretto né produttivo. Ma dove sono gli enti preposti, i Centri per l’impiego, ecc..?”. Secondo. “un tirocinio ha una durata limitata, e soprattutto una prospettiva; quelli di inclusione sociale, no! Quelli sono infiniti e non portano a nulla”; terzo, “un tirocinio “normale’ prevede un compenso che si aggira sui 400 -500 euro: perché quelli per le persone disabili non arrivano ai 200? Costano invece molto di più, perché prevedono, quanto meno, notevoli spese di accompagno”.

Ci tiene poi a far sapere, Bernadetta, che sua figlia Anna “ha un curriculum molto ricco e porta avanti un apprendimento costante: obbligato, per mantenere le sue competenze. E costoso. Ma a chi interessa il suo curriculum? Glielo ha mai chiesto nessuno? Con l’ultima , dolcissima, tutor, abbiamo sperimentato anche lo strumento del video curriculum, al fine di “raccontare” meglio le sue competenze e meglio lavorare sulle sue difficoltà”. Nonostante tutti questi sforzi, “le pause vuote, i periodi morti, per lei come per ogni soggetto fragile, sono deleterie, sia perché deve ogni volta ricominciare da zero, sia perché si domanda, eticamente (ed è tutt’altro che fuori luogo questo termine, perché le persone con disabilità hanno delle fragilità, ma non sono né stupide né pigre), perché non possa proseguire un rapporto di lavoro in cui si è impegnata. Da parte mia, ho sempre lottato, con mia figlia e pagando ‘prezzi’ altissimi, per quella che, sempre sulla carta, viene chiamata inclusione, dal nido in poi; ho sempre chiesto e preteso che il PEI fosse un progetto partecipato e ‘reale’, mettendomi in gioco in prima persona, coinvolgendo anche fratelli e sorelle, redigendo con cura quella che era la mia parte di PEI e che quasi sempre viene lasciata vuota, perché troppo spesso si dimentica che la famiglia ha un ruolo primario, anche legale, nei confronti di un minore, e che l’inclusione è una partita che si ‘gioca ‘ insieme, famiglia, scuola, società”.

La conclusione di Bernadetta è amara: “No, non siamo un paese fondato sul lavoro e a non tutti i cittadini viene riconosciuta uguale dignità. Ma, una società che non tutela i suoi soggetti più fragili, non è una società civile”. 

Scuola, tornano i “Tfa di sostegno”, i tirocini formativi: “Quarantamila specializzati in tre anni”

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – La prossima prova per avvicinarsi – solo avvicinarsi – a una cattedra a scuola sarà sul delicato sostegno. Come il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti aveva annunciato a “Repubblica”, il Miur ha avviato il primo dei tre bandi per i Tirocini formativi attivi (Tfa) che in tre stagioni specializzeranno con corsi affidati alle università italiane 40 mila docenti sul sostegno, uno dei grandi buchidella scuola italiana. Il ministro aveva parlato di una prima prova “entro giugno”, poi la macchina amministrativa ha accelerato e lo scorso 21 febbraio un decreto ha fissato le date di svolgimento dei test preliminari di accesso: non tutti, appunto, entreranno nei cicli di Tfa. Quindi il ministero ha distribuito in quarantun università italiane (molte pubbliche, qualcuna privata) i corsi annuali.

Per l’anno accademico 2018-2019 i posti disponibili saranno 14.224. I test si svolgeranno il prossimo 28 marzo (la mattina per l’accesso alla scuola dell’infanzia, il pomeriggio per la scuola primaria) e il 29 marzo (la mattina prove per la scuola media, il pomeriggio per la superiore). Dopo il test preliminare – sessanta domande, di cui venti per accertare le competenze nella lingua italiana, due ore per rispondere – sono previste una o più prove pratiche (empatia, intelligenza emotiva, pensiero divergente) e una prova orale. A quel punto potrà partire il tirocinio vero e proprio, che sarà organizzato dalla singola università (ecco la tabella delle quote per ateneo) con un costo che nel passato è andato dai 3.000 euro di Roma Tre ai 3.700 euro dell’Università di Palermo.

L’ultimo Tfa sul sostegno si è svolto nel 2017. La novità è che quest’anno potranno accedere alla prova per le medie e le superiori anche i neolaureati(non abilitati all’insegnamento, quindi) che abbiano ottenuto nel loro percorso universitario 24 crediti formativi in discipline antropo-psico-pedagogiche e in metodologie e tecnologie didattiche. Ancora, potranno iscriversi al test preliminare i laureati (sempre non abilitati) con tre anni di servizio a scuola e i docenti Itp, i “tecnico-pratici”. Per quanto riguarda materna ed elementari, i test sono aperti ai laureati in Scienze della formazione primaria e ai diplomati magistrali.

Sul Tfa continua lo scontro tra precari e non abilitati

I precari della scuola, in particolare quelli in Terza fascia, sottolineano due questioni: non si può affidare un compito così delicato – il sostegno di un alunno-studente con difficoltà di apprendimento – a chi non ha esperienza nell’insegnamento e, poi, trentacinque giorni per prepararsi al test preliminare sono davvero pochi. Una docente ha scritto a un sito specializzato: “Il ministro Bussetti ci regala un’altra perla di saggezza: bandire un concorso sul sostegno in poco più di un mese. Noi già lavoriamo nella scuola, da lunedì a venerdì,  e il tempo concesso per prepararsi è davvero poco. Il ministro dell’Istruzione ha ben pensato che un ruolo così delicato come il sostegno possa essere svolto da tutti e ha aperto le porte anche ai neolaureati, senza alcuna esperienza sul campo, e così ai diplomati tecnico-pratici. I docenti di Terza fascia si ritroveranno ancora una volta in un grande calderone”. Un’insegnante che ha lasciato l’insegnamento speciale dopo dieci anni ora scrive: “Non buttatevi sul sostegno come fosse un ripiego, ma solo se avete le spalle abbastanza larghe e una grande umanità. I ragazzi hanno bisogno di un valido insegnante, non di una dama di compagnia”.

Il ministro Bussetti ha provato a spiegare: “Proseguiremo con i cili di Tfa nei prossimi due anni”. Il sindacato Anief gli contesta, però, la distribuzione tra le quarantun università “senza aver avviato prima una mappatura dei reali bisogni della scuola italiana, i numeri assegnati alle singole regioni sono casuali”. Ancora: “Avviare nuovi tirocini quando nelle graduatorie di seconda fascia ci sono cinquantamila specializzati nel sostegno non utilizzati è un controsenso”.

Concorso a cattedra, 50% in più per chi già insegna

Sul fronte concorsi e precari va segnalato un parere favorevole da parte della Commissione Istruzione del Senato a un emendamento della Lega che vuole dare valore al punteggio dei docenti precari che parteciperanno al prossimo concorso a cattedra (la data è ancora da stabilire). L’emendamento recita: “Si attribuirà ai titoli posseduti un punteggio fino al 40 per cento di quello complessivo. Tra i titoli valutabili è particolarmente valorizzato il servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, al quale è attribuito un punteggio fino al 50 per cento del punteggio attribuibile ai titoli”.

Spese Bussetti, Miur: costi inferiori a precedenti Ministri. Ci sarà razionalizzazione uffici

da Orizzontescuola

di redazione

L’On. Nicola Fratoianni, come riferito, ha presentato un’interrogazione parlamentare sulle spese del Ministro Bussetti e sulle nomine effettuate.

Fratoianni (Sinistra Italiana): interrogazione parlamentare su spese Ministro Bussetti

Fonti Miur hanno respinto le accuse avanzate dall’Onorevole.

Miur: staff Bussetti costa meno precedenti Ministri

Fonti Miur, scrive l’Ansa, evidenziano che lo staff del Ministro Bussetti costa meno rispetto a quelli dei precedenti Ministri Giannini e Fedeli.

Il Ministro, inoltre, non ha effettuato spese di rappresentanza e ha rinunciato alla credito di credito necessaria a tali spese.

Quanto alle collaborazioni esterne, le 13 del Ministro sono di gran lunga inferiori, per costi e numero, rispetto alla dotazione organica ed economico-finanziaria spettante al MIUR secondo le norme vigenti.

I collaboratori dello staff, infine, sono stati nominati secondo legge e gli incarichi sono stati registrati dai competenti organismi pubblici deputati al controllo preventivo di legittimità ed economico-contabile.

Riorganizzazione struttura Miur: razionalizzazione uffici

Le fonti ministeriali hanno poi affrontato il tema della riorganizzazione della struttura amministrativa del Ministero, evidenziando che la stessa è prevista da un’apposita norma e determinerà una razionalizzazione degli uffici.

L’obiettivo è quello di rendere moderna ed efficiente la struttura del Dicastero, superando le sovrapposizioni di competenze che attualmente la caratterizzano.

La riorganizzazione suddetta, concludono dal Miur, ha ricevuto anche il plauso delle organizzazioni maggiormente rappresentative del personale Miur.