Stato di mobilitazione su emergenze contrattuali e salariali

Stato di mobilitazione su emergenze contrattuali e salariali: la FLC CGIL non concilia

Nel pomeriggio del 20 gennaio 2014 si è tenuta la prosecuzione del tavolo di conciliazione convocato al MIUR a seguito della proclamazione, da parte della FLC, dello stato di agitazione di docenti, dirigenti e ATA.
La conciliazione era stata sospesa giovedì scorso in attesa di verificare i contenuti del decreto legge, licenziato venerdì 17 gennaio.
L’incontro di oggi non ha portato nessuna novità positiva: anzi il quadro è assolutamente peggiorato. Infatti nel testo del decreto non ci sono risposte, per precisa volontà politica, né sulle posizioni economiche del personale ATA (contrariamente a quanto già annunciato dal MIUR) né sulla retribuzione di posizione e di risultato dei Dirigenti scolastici.
Per quanto riguarda la restituzione degli scatti di anzianità maturati nel 2013 il testo del decreto, pur avendo scongiurato il prelievo diretto in busta paga, introduce elementi preoccupanti sia per l’inesistenza di risorse aggiuntive per la copertura degli scatti di anzianità, che per gli effetti che tale assenza determinerà.
Per queste ragioni la FLC CGIL ha deciso di non conciliare. Nei prossimi giorni daremo conto delle iniziative di mobilitazione che metteremo in campo per cambiare i contenuti del decreto legge e per tutelare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

La formazione professionale: un nodo da sciogliere!

La formazione professionale: un nodo da sciogliere!

di Maurizio Tiriticco

Sono pienamente d’accordo con l’iniziativa promossa dall’Associazione Docenti Italiani, che mira a rivedere l’assetto istituzionale e organizzativo della Formazione Professionale, perché possa pienamente rispondere agli obiettivi che deve perseguire e sia affidata alla competenza delle Regioni. E’ necessaria un po’ di storia per comprendere come siamo giunti a questo impasse.

La Costituzione del 1947 all’articolo 117 affida alle Regioni “l’istruzione artigiana e professionale e l’assistenza scolastica” in considerazione del fatto che nell’immediato dopoguerra il mondo del lavoro era fortemente legato al territorio, quindi alle Regioni. Com’è noto, le Regioni a statuto normale, in effetti, sono state istituite solo negli anni Settanta. Il che non ha permesso che l’assunto costituzionale diventasse norma. E ha determinato che l’istruzione professionale fosse “senza padre” e costituisse così la “gamba debole” del nostro sistema formativo. Fu in tale carenza che vennero istituiti enti ad hoc, in genere di matrice sindacale. In particolare, lo Stato assunse su di sé il compito e l’onere di istituire istituti professionali che con il tempo hanno dato luogo all’istituzione di una Direzione Generale ad hoc del Ministero della Pubblica Istruzione.

Con la riscrittura del Titolo V (legge cos. 3/2001), si è ribadito che l’istruzione è materia esclusiva dello Stato, “salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”, di competenza regionale. In seguito, con la legge 53/2003 si è affidata al Governo la “delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”: quest’ultima di competenza esclusiva delle Regioni. Nella medesima legge, con l’articolo 2 si istituisce il “Sistema educativo di istruzione e di formazione”. Ne consegue che il Sistema educativo è costituito dal Sottosistema dell’istruzione, di competenza statale, e dal Sottosistema della formazione, di competenza regionale.

Con la medesima legge 53/2003 sono stati istituiti otto percorsi liceali (tra cui quello tecnologico e quello economico, poi “cancellati” con il dpr 89/2010) e si è taciuto sul destino dell’Istruzione Tecnica e dell’Istruzione professionale, stante il precedente assunto costituzionale che, di fatto, affidava tali percorsi alle Regioni. Si è venuto a determinare così un vuoto normativo, che non solo ha gettato nell’insicurezza dirigenti e docenti di due ordini del secondo grado di istruzione, ma ha anche prodotto effetti di cui paghiamo ancora le conseguenze.

In seguito, con la legge 40/2007, articolo 13, si è deciso che “fanno parte del sistema dell’istruzione secondaria superiore, di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali, di cui all’articolo 191, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, tutti finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore”. Pertanto i due ordini, tecnico e professionale, sono stati riassunti dallo Stato.

Il riordino attuato con i dpr 87, 88 e 89 del 2010 riguarda, pertanto, tre distinti percorsi del secondo ciclo, tutti di competenza statale: istituti professionali; istituti tecnici; licei: tutti quinquennali.

Attualmente, gli istituti professionali statali, di fatto, non godono di alcuna autonomia, in quanto non sono abilitati a rilasciare qualifiche, se non con il concorso obbligato del Sistema regionale. E sono tenuti a costruire con le Regioni percorsi in regime di offerta sussidiaria, integrativa (modello A) o complementare (modello B). Si tratta di percorsi che si realizzano solo in seguito ad una complessa e difficile attività di mediazione che, ovviamente, ricade negativamente non solo sul lavoro dei dirigenti, degli insegnanti e dei singoli insegnamenti, ma anche sulle attese e sugli esiti formativi degli studenti.

Pertanto, sarebbe opportuno considerare seriamente la proposta dall’Associazione Docenti Italiani, che così, tra l’altro, recita: “Gli attuali Istituti professionali diventino in parte istituti tecnici e in parte istituti professionali veri, ossia che impartiscano la sola formazione professionale regionale con qualifiche triennali e diplomi quadriennali, innovandola e introducendo una vera alternanza scuola/lavoro. Ciò significa che l’attuale modello B deve diventare l’unico possibile. E come i nuovi licei quadriennali danno accesso al’Università, il diploma professionale quadriennale dia accesso agli ITIS, così da poter completare un percorso”.

Progetto Articolo 9 della Costituzione

Progetto Articolo 9 della Costituzione. Giovedì 23 gennaio alle ore 11 nell’aula magna dell’Università di Sassari con Eugenia Tognotti.

La storia della costruzione di una piccola chiesa in stile tirolese sull’isola dell’Asinara in Sardegna sarà il punto di partenza per raccontare una delle pagine più drammatiche della Prima guerra mondiale: la morte per tifo e colera di 4.574 prigionieri dell’esercito austro-ungarico.

A parlarne sarà, giovedì 23 gennaio alle ore 11 nell’aula magna dell’Università di Sassari, la storica della medicina Eugenia Tognotti nel corso del prossimo incontro del Progetto e Concorso Nazionale per le scuole Articolo 9 della Costituzione. Cittadinanza attiva per valorizzare il patrimonio culturale della memoria storica a cento anni dalla Prima guerra mondiale, organizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche, dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e da Rai Educational, nell’intento di valorizzare il patrimonio culturale della memoria storica, in occasione del centenario della Prima guerra mondiale.
Parteciperà alla lezione Attilio Mastino, Magnifico rettore dell’Università degli Studi di Sassari.

Spiega Eugenia Tognotti: «Non molti sanno che a quel piccolo edificio sacro – eretto nel 1916 – è legata una delle pagine più cruente e drammatiche della Grande guerra: la morte per tifo e colera di 4.574 dei 23.379 prigionieri dell’esercito austro-ungarico, che dopo una tragica, interminabile marcia tra le montagne della Serbia e dell’Albania, laceri, prostrati dalla fame e dalle malattie, furono imbarcati a Valona, nel dicembre del 1915, per essere trasferiti per un periodo contumaciale di quarantena nella Stazione sanitaria dell’Asinara, istituita dal Governo italiano a metà degli anni ottanta dell’Ottocento.
Fu un tremendo viaggio-calvario di migliaia di uomini, privi di tutto: di alloggiamenti, di viveri, di acqua, di medicinali, di indumenti adatti al gelido inverno dei Balcani. Ben presto, quelle che gli antichi medici chiamavano “malattie castrensi” (dissenteria, tifo, ecc.) perché diffuse tra gli eserciti, cominciarono a decimare il cencioso contingente dei prigionieri, tormentati dalla vista dei corpi martoriati dei morti e dalle grida dei morenti. Ma ancora più grave era la malattia della fame, che – scriverà in seguito un ufficiale, Guido Scano, allora giovanissimo sottotenente in servizio all’Asinara –”aveva abbruttito quegli esseri umani sino a farli diventare cannibali”.
Era ridotto della metà il contingente che nel dicembre arrivò a Valona dopo l’estenuante viaggio nelle nevose distese della Serbia e dell’Albania. Per migliaia di loro l’isola del Diavolo sarebbe diventata una tomba. Ma quella delle prime settimane del 1916 non è solo la storia dell’orrore della morte di massa nella piccola isola spazzata dal vento dove in pochi giorni si dovettero scavare le fosse comuni per più di 4.000 morti di colera, cosparsi di calce viva. È anche la storia di un pugno di uomini, ufficiali e medici civili e militari, che di fronte a quell’umanità tormentata, sofferente, si adoperò oltre ogni immaginazione per far sì che tutti avessero cibo, riparo, cure. Per quelli che riuscirono a salvarsi fu la terra del miracolo, tanto che alcuni prigionieri austriaci vollero erigere la piccola chiesa».

Alla lezione saranno presenti quattro classi dell’Istituto Tecnico Industriale G. M. Angioy di Sassari. Gli altri studenti che partecipano all’iniziativa potranno seguire l’incontro in diretta streaming nel sito www.articolo9dellacostituzione.it.

Questo appuntamento, come gli altri in programma, si inserisce nella prima fase del Progetto e Concorso Nazionale Articolo 9 della Costituzione, che vede coinvolti alcuni dei maggiori storici ed esperti provenienti dal mondo accademico o da autorevoli istituzioni culturali che hanno dato la loro disponibilità a confrontarsi con il mondo della scuola. I temi delle lezioni non intendono offrire una rivisitazione della storia della Prima guerra mondiale, che già si studia nei libri scolastici, ma un percorso di riflessione, lungo un filo conduttore che va dal significato del patrimonio culturale della memoria storica all’articolo 11 della Costituzione e al ripudio della guerra, dalla Guerra fra nazioni

Ministro Carrozza inaugura la mostra ‘I Giovani ricordano la Shoah’

Miur, domani il Ministro Carrozza inaugura la mostra ‘I Giovani ricordano la Shoah’

Domani, mercoledì 22 gennaio alle ore 12.00 presso il Museo di Roma in Trastevere, in Piazza S. Egidio 1/b, il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza parteciperà all’inaugurazione della mostra “I Giovani ricordano la Shoah. Dieci anni di memoria attraverso le opere degli alunni delle scuole italiane”. Gli studenti dell’Istituto di Cinematografia ‘R.Rossellini’ di Roma illustreranno l’allestimento della mostra e la realizzazione del catalogo che verrà consegnato alle autorità.

Immagini per la Terra XXII edizione: Da cosa (ri)nasce cosa

image005Ogni nuovo anno scolastico rappresenta per gli insegnanti una sfida per la formazione e la crescita dei nostri ragazzi. Nei percorsi che quotidianamente seguite sempre più spesso trovano spazio le tematiche ambientali, sulle quali gli studenti di tutte le età dimostrano una spiccata sensibilità.
Per questo vi proponiamo di partecipare al concorso nazionale “Immagini per la Terra” XXII edizione, l’iniziativa di educazione ambientale di Green Cross Italia, realizzata in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e sotto l’Altro Patronato del Presidente della Repubblica, aperta a studenti e insegnanti di scuole di ogni ordine e grado.

I rifiuti sono il tema al centro del concorso per l’anno scolastico 2013-2014.
Il titolo è: “Da cosa (ri)nasce cosa”.

Le scuole vincitrici (sono previsti due classi vincitrici per ogni ordine di scuola) riceveranno 1.000 euro da impiegare per realizzare un progetto a carattere ambientale all’interno dell’istituto o del territorio; inoltre, una delegazione avrà la possibilità di essere ricevuta al Quirinale dal Presidente della Repubblica, nella tradizionale cerimonia di premiazione.

Immagini per la Terra 2013-2014: Da cosa (ri)nasce cosa

Scheda progetto

Giorno della Memoria 2014

Giorno della Memoria 2014

 

Gli eventi organizzati e coordinati dal

 

Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà

Dall’approvazione della Legge che ha istituito il Giorno della Memoria, il Museo si è impegnato per far sì che il 27 gennaio fosse l’occasione per proporre una riflessione non meramente commemorativa, ma anche in grado di coniugare la consapevolezza storica e i valori fondanti della società civile. Democrazia, pace, libertà, costituiscono l’eredità positiva degli anni tragici della guerra e dei totalitarismi, e sono alla base della nostra Costituzione repubblicana e delle grandi Carte internazionali dei diritti umani.

Per il Giorno della Memoria 2014 il Museo propone, di concerto con le Istituzioni locali e territoriali e con gli Istituti presenti nel Palazzo, un fitto programma di eventi, confermando la centralità del suo ruolo di diffusione e promozione delle tematiche legate alla storia del Novecento.

Martedì 21 gennaio alle ore 17, presso la sala conferenze del museo si svolgerà il seminario Le politiche della memoria nel secondo dopoguerra: il caso Delbo. Promosso dal Museo in collaborazione con l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti, la Comunità Ebraica di Torino e l’Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Bergamo, l’incontro, organizzato in occasione della mostra Charlotte Delbo. Una memoria, mille voci, che verrà inaugurata sempre presso il Museo lunedì 27 gennaio, analizzerà le politiche della memoria in Italia a partire dalla dalla figura e dagli scritti di Charlotte Delbo. Ospiti d’eccezione del seminario Robert Gordon, autore del volume Scolpitelo nei cuori: l’Olocausto nella cultura italiana (1944-2010) (Bollati Boringhieri, 2013) e Elisabetta Ruffini curatrice della mostra e dell’edizione italiana del volume Charlotte Delbo, Spettri, miei compagni (Il filo di Arianna, 2013) che dialogheranno con Alberto Cavaglion e Diego Guzzi.

 

Mercoledì 22 gennaio alle ore 16 in sala conferenze si terrà l’incontro La memoria condivisa: i giovani raccontano al shoah, uno straordinario percorso didattico intrapreso dagli studenti della classe VC del Liceo Statale Berti che ha portato alla traduzione dei testi e al doppiaggio in italiano del documentario The Warsaw Ghetto 1940-1943 prodotto dal Jewish Historical Institute di Varsavia.

 

Giovedì 23 gennaio alle ore 17, sempre presso la sala conferenze del Museo si parlerà di Pio Bigo, deportato politico  recentemente scomparso, con l’incontro dal titolo Pio Bigo: sopravvissuto a sette lage. Interverrano Lucio Monaco, Antonella Filippi e Ferruccio Maruffi, presidente dell’Associzione Nazionale Ex Deportati. A seguire verrà proiettato il documentario “Pio Bigo, testimone di sette lager” realizzato a partire dai fondi archivistici depositati presso l’Istoreto e grazie al sostegno del Consiglio Regionale del Piemonte, che sarà introdotto da Luciano Boccalatte e Paola Olivetti.

 

Pio Bigo nasce il 28 marzo 1924 a Druento (TO). Operaio meccanico, dopo l’8 settembre entra a far parte della Resistenza in Val di Viù. Il 9 marzo 1944 è arrestato dalle SS e dai fascisti della X Mas e portato a Lanzo Torinese. Da qui è trasferito al carcere Le Nuove di Torino, quindi alla caserma Cavalli (BG) ed infine, il 16 marzo 1944 è deportato a Mauthausen (trasporto Tibaldi n.

 

 

 

34). Giunge al lager quattro giorni dopo, viene classificato come Schutzhäftlinge (prigioniero per motivi di sicurezza). Un anno dopo viene classificato come Politisch (prigioniero politico), è liberato dall’esercito americano l’11 aprile 1945. Partecipa attivamente alle iniziative dell’Associazione nazionale ex deportati per tramandare la memoria della deportazione alle nuove generazioni.

 

Sabato 25 gennaio alle ore 18 il Museo propone lo spettacolo teatrale Come si diventa nazisti realizzato dalla Compagnia Teatro delle Forme (ideazione, regia e drammaturgia Antonio Damasco. Con Antonio Damasco, Silvia Edera e Valentina Padova). Ispirato dall’opera omonima di William Sheridan Allen, edita da Einaudi, in Come si diventa nazisti gli attori accompagnati dalle musiche di due grandi maestri del jazz italiano, Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia, si chiedono se al giorno d’oggi, sarebbe possibile ricadere nell’errore di un regima totalitario; se gli elettori moderni dispongono di un arsenale democratico ed analitico per riconoscere un dittatore in nuce e negargli quindi il consenso. William Sheridan Allen, americano dell’Illinois, azzarda una risposta. Lo fa adottando un punto di vista non tradizionale: non già l’alta politica coi suoi accordi interni e le sue alleanze, ma la vita quotidiana di un piccolo paesino dell’Hannover; non Hitler, Goëring e Goebbels ma il libraio, il vice-sindaco e l’operaio dello zuccherificio; non l’orrore dell’olocausto ma il disagio di cambiare di marciapiede per non obbligare l’amico ebreo a salutarti col braccio teso.

 

Sempre sabato 25, alle 19,30, dopo Come si diventa nazisti, il Museo sarà la prima tappa di uno spettacolo itinerante di musica klezmer e letture tratte da Se questo è un uomo di Primo Levi. Musica e letture itineranti, questo il titolo dell’evento che vedrà la Bandakadabra, la nota marching band, accompagnare il pubblico lungo un percorso nel centro cittadino sulle note dei brani più popolari della tradizione klezmer. Tra questi Ale Brider considerato una sorta di “Internazionale” ebraica per il suo carattere di fratellanza, unità e pace; Bublitckhi,una canzone yiddish della tradizione russa, Di grine kuzine, uno dei più noti brani appartenenti all’epoca della grande migrazione in America; Freylekh che in lingua Yiddish significa “felice”, una danza in cui i partecipanti si tengono per mano o per le spalle e ballano in circolo; e molte altre canzoni del repertorio tradizionale klezmer. Tre le tappe del percorso: alle ore 19,30 si partirà dal Museo, alle 20,15 sarà la volta di via Garibaldi all’altezza della Chiesa dei Santi Martiri, alle 20,45 in piazza Carignano, per essere infine accompagnati davanti al Circolo dei lettori, dove si svolgerà un altro spettacolo inserito nel programma degli eventi del Giorno della Memoria (La memoria non è mai cimitero di Marco Gobetti). In ogni tappa oltre ai brani musicali il pubblico sarà potrà assistere alle letture tratte da Se questo è un uomo a cura di Roberta Maraini e Marco Federico Bombi.

 

Domenica 26 gennaio si inizierà subito dalla mattina con un Percorso nei Luoghi della Memoria, in occasione del Giorno della Memoria offerto gratuitamente dal Museo. In collaborazione con la Comunità Ebraica di Torino, il Museo propone un percorso a piedi attraverso i luoghi della deportazione e dell’occupazione nazifascista a Torino: Piazza Carlina, zona dell’ex ghetto ebraico, la Sinagoga, la stazione di Porta Nuova. Durante il percorso, la lettura di alcune testimonianze aiuterà a comprendere la valenza simbolica dei luoghi visitati. La prenotazione è obbligatoria (per maggiori informazioni t. 011 4420780)

Nel pomeriggio di domenica 26, alle ore 15, presso la sala conferenze del Museo si terrà un momento dedicato ai bambini dai sette anni in su con letture tratte da I bambini di Terezin,a cura di Mario De Micheli, e da La fisarmonica di Mendel ,di Heidi Smith Hyde e Johanne van der Sterre. A seguire spazio al commento, al dialogo e allo scambio di opinioni per riflettere – con i bambini presenti – sul tema delle discriminazioni passate e presenti.

Alle 18,00 sempre presso la sala conferenze si terrà la presentazione del libro appena pubblicato da Rizzoli – Lizard Jan Karski, l’uomo che scoprì l’Olocausto di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso.I due autori dialogheranno insieme a Enrico Manera, dell’Isoreto, Giorgio Alberini, storico del fumetto e Ada Treves, giornalista di Pagine Ebraiche, sul tema della trasmissione della

 

 

 

 

 

memoria attraverso il fumetto. Nel corso dell’incontro verranno inoltre esposte tavole e disegni di più autori sul tema della Shoah.

 

Jan Karski (Lòdz, 24 giugno 1914 – Washington, 13 luglio 2000) il cui vero nome era Jan Kozielewski, fu un militare polacco, ed esponente di spicco durante la seconda guerra mondiale è dell’Armia Krajowa (Esercito Nazionale), il principale gruppo polacco di resistenza al nazismo. Fu incaricato dall’ Armia di mettere a conoscenza i paesi alleati, in particolar modo Gran Bretagna e Stati Uniti, della situazione del suo paese e soprattutto della realtà dei campi di sterminio. Per la sua opera è stato insignito del titolo di Giusto tra le nazioni.

 

Infine la giornata di domenica terminerà alle ore 21 con lo spettacolo concerto de Le Nuages Ensamble. Un quartetto femminile che propone una personale versione della musica klezmer: melodie ora più ritmate e ballabili, ora più intimiste, per un concerto intenso e coinvolgente.

 

La giornata di lunedì 27 si aprirà con un momento dedicato ai ragazzi delle scuole con la proiezione alle ore 10, presso la sala conferenze del film Arrivederci ragazzi, un film del 1987 diretto da Louis Malle ispirato a un ricordo di scuola dello stesso regista. La pellicola è stata premiata con il Leone d’Oro alla 65ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Alle 17,30 verrà invece inaugurata la mostra temporanea Charlotte Delbo. Una memoria, mille voci. Prodotta dall’Isrec – Istituto bergamasco per la storia della resistenza e dell’età contemporanea e dal Centre d’histoire de la Résistance et de la Déportation di Lione, la mostra presenta un percorso di analisi e approfondimento sulla figura e l’opera di Charlotte Delbo. (visitabile fino al 30 marzo)

Costruita a partire dagli archivi della scrittrice, depositati alla Bibliothèque Nationale de France dalla sua erede universale Claudine Riera-Collet, la mostra crea uno spazio in cui immagini, suono e parole si mescolano  per coinvolgere il pubblico in un percorso di memoria. Curata da Elisabetta Ruffini, direttrice  dell’Isrec, la mostra coniuga i molteplici aspetti della vita di Charlotte  Delbo (la vita privata; la deportazione; la scrittrice, la produzione artistico letteraria) a una fruizione di impatto che gioca su un’architettura geometrica e modulare. Un percorso espositivo  composto da celle di carta e cartone, che rievocano da una parte la claustrofobia dell’internamento e dall’altra esaltano la forza contenutistica di un’opera per cui l’arte è memoria. L’esposizione è inoltre arricchita dalla proiezione del documentario inedito Histoire du convoi du 24 Janvier 1943 – Auschwitz-Birkenau di Claude-Alice Peyrottes e Alain Cheraft.

La mostra, nata da dalla collaborazione di enti culturali europei e con un itinerario internazionale, dopo essere stata ospitata nel corso del 2013 a Parigi, Lione, e a Fossoli, approda ora al Museo Diffuso della Resistenza, che la presenta al pubblico torinese in occasione del Giorno della Memoria 2014.

 

Charlotte Delbo, francese dalle origini italiane, resistente e deportata, segretaria di Louis Jouvet e assistente di Henri Lefebvre, è autrice di un’opera poetica e teatrale di portata universale, ma ancora poco conosciuta in Italia. La letteratura tesse il legame tra gli uomini e la loro storia, costruendo la consapevolezza del presente e l’immaginazione del futuro. Per Delbo, sopravvissuta dei campi nazisti e, al ritorno, osservatrice attenta del mondo che la circonda, la memoria è gesto poetico in grado di liberare il passato dalle immagini stereotipate del presente. Combattere l’oblio significa creare le forme per risvegliare nell’interlocutore la consapevolezza della responsabilità delle proprie scelte.

Le sue parole scritte “ad alta voce”,  scritte “per dare a vedere”,  sono luoghi in cui  passato e presente si incontrano e la memoria si fa gesto poetico capace di creare una coscienza che rinnovi lo sguardo su entrambi.

Celebrazioni del Bicentenario dell’Arma dei Carabinieri

Celebrazioni del Bicentenario dell’Arma dei Carabinieri

Convegni culturali per le Scuole e per i docenti della regione sull’attività dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale

Per la ricorrenza del Bicentenario della fondazione dell’Arma dei Carabinieri, i Musei nazionali di Bologna, Ferrara, Ravenna e Parma, da febbraio ad aprile, ospiteranno sei convegni culturali per studenti e docenti delle scuole superiori sulla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Organizzati dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale – Nucleo di Bologna, dall’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna e dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna, i convegni rappresentano un invito rivolto ai giovani a conoscere il lavoro dell’Arma per la salvaguardia del patrimonio culturale, dando loro la possibilità di confrontarsi con i professionisti del mondo della cultura.

I convegni accompagneranno il concorso pittorico nazionale “L’Arma dei Carabinieri: 200 anni di storia. I valori senza tempo da preservare… ieri, oggi… sempre”, rivolto agli studenti delle Accademie di Belle Arti, degli Istituti d’Arte e dei Licei Artistici. I manufatti realizzati nelle scuole dell’Emilia-Romagna verranno esposti in primavera a Bologna presso Palazzo Pepoli Campogrande. Le opere d’arte che meglio rappresenteranno il tema, scelte con un sistema di votazione on-line, verranno esposte a Roma e devolute, con asta benefica, in favore dell’Assistenza Orfani Militari dell’Arma.

“L’Arma dei Carabinieri compie quest’anno il suo secondo secolo di vita. Celebrare i 200 anni della nostra Storia significa consolidare ed arricchire quel copioso patrimonio di valori umani ed etici che le generazioni precedenti ci hanno tramandato. Il concorso artistico rivolto agli studenti dei licei artistici ed istituti d’arte ed il ciclo di interventi culturali organizzati nei luoghi di cultura dell’Emilia-Romagna nell’ambito del Bicentenario offrono la possibilità di approfondire i temi legati alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio storico artistico nazionale di ieri e di oggi” – riferisce il Cap. Ciro Imperato, Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Bologna.

“Abbiamo accolto con soddisfazione la proposta dell’Arma dei Carabinieri e del Ministero dei Beni Culturali per la realizzazione di convegni aperti agli studenti e di un momento formativo dedicato ai docenti” – spiega Stefano Versari, Vice Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna  – “La tutela del recupero dei beni illecitamente trafugati – prosegue – è un’azione che si inserisce pienamente nel tema dell’educazione alla cittadinanza e alla legalità, trasversalmente trattato in tutti i curricola scolastici”.

“Mettiamo a disposizione molto volentieri le nostre sedi per questo progetto  – conclude il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna Carla Di Francesco – perché crediamo che la collaborazione tra il nostro Ministero e l’Arma dei Carabinieri sia, per un Paese come il nostro che ha un numero ineguagliabile di tesori d’arte e di architettura da difendere, assolutamente strategica. La presenza capillare dell’Arma sul territorio e la sua capacità di essere portatrice dei migliori valori delle nostre comunità ne fanno un punto di riferimento per noi fondamentale e un “braccio operativo” irrinunciabile”.

I convegni culturali dedicati all’Arma in programma in Emilia-Romagna si svolgeranno alla Pinacoteca Nazionale di Bologna l’11 febbraio e il 7 marzo (riservato ai docenti), al Museo Nazionale di Ravenna il 18 febbraio, al Palazzo della Pilotta di Parma il 18 marzo e il 22 aprile e al Museo Archeologico di Ferrara l’8 aprile.

VOLANTINO BICENTENARIO A4 rosso

Uomini prima che italiani francesi tedeschi

Uomini prima che italiani francesi tedeschi

di Umberto Tenuta 

 

Fatta l’Italia, occorre fare gli italiani! 

Dopo l’Unità d’Italia, questo era lo slogan: Fatta l’Italia, occorre fare gli Italiani! 

E lo stesso si potrebbe dire di ogni paese, Francia e Germania, Spagna e Sudafrica…!

Fare l’Italia significava fare i cittadini italiani, come ieri i cittadini di Sparta.

Fare gli italiani voleva dire fare che i siciliani e i calabresi, i liguri e i lombardi, gli abruzzesi ed i pugliesi… parlassero la stessa lingua per comunicare tra di loro, avessero le stesse idee per capirsi, avessero gli stessi sentimenti per poter convivere assieme.

<<Una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue, di cor>>( Alessandro Manzoni).

La scuola italiana è nata nel 1859 con questo compito!

E non sembra averlo dimenticato, rivendicando però che, prima di essere cittadini, i figli di donna sono uomini, persone umane, ciascuno individua substantia rationalis naturae.

Persone umane, titolari di diritti soggettivi, inalienabili, non misconoscibili, da tenere sempre presenti, da proteggere, da soddisfare sempre!

Diritto ad essere uomini, unici, singolari, irripetibili.

Ogni figlio di donna: Individua substantia, rationalis naturae…

Individua substantia, singolari, unici, irripetibili. Rationalis naturae, di natura razionale, per educazione, non per natura.

Scrive Kant che <<La bestia è già resa perfetta dall’istinto… L’uomo invece… non possiede un istinto e deve quindi formulare da sé il piano del proprio modo di agire… La specie umana deve esprimere con le sue forze e da se stessa le doti proprie dell’umanità. Una generazione educa l’altra… L’uomo può diventare tale solo con l’educazione>>[1].

E, di conseguenza, il D.P.R. 275/1999 precisa: <<L’autonomia delle istituzioni scolastiche… si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo…>>.

L’educazione è il diritto inalienabile di ogni figlio di donna a divenire uomo unico e irripetibile, prima che cittadino.

E allora, nella scuola via le classi militaresche 1990, 1991, 1992, 1993…

I figli di donna sono tutti uguali, in quanto di natura umana, ma sono tutti diversi in quanto persone singole.

E allora, via le lezioni collettive, tipo conferenze!

Via ogni forma di discriminazione in base al colore della pelle, del dialetto, della lingua parlata, dei ritmi e degli stili di apprendimento.

Bene!

Una scuola della personalizzazione educativa!

Persone sacre tutte, una, mille, un milione!

Non scolaresche, ma raggruppamenti mobili di studenti in base ai livelli di sviluppo e di apprendimento, in base ai ritmi ed agli stili cognitivi.

La scuola della personalizzazione educativa! 

L’architettura della scuola non è più quella delle camerate militaresche, né quella delle celle carcerarie.

Non scuola carceraria, né scuola militare!

Ma scuola di persone umane, di figli di donna, di madri.

Una famosa canzone di Pino Daniele dice: <<Ogni scarrafone è bello a mamma soja>>.

Belli, sì, tutti i nostri giovani nelle scuole giardino, nelle scuole laboratorio di cultura……

È la cultura che fa uomo il figlio di donna, di cuccioli d’uomo!

Non può essere lasciato nella foresta, come il figlio di una sconosciuta donna, un neonato di nome Victor, nel film di Truffaut Il selvaggio dell’Aveyron, ma deve essere inserito nel contesto socio-culturale, deve appropriarsi della cultura che l’uomo ha creato e da cui l’uomo è stato forgiato.

Miracolo di questo vivente, unico sul pianeta terra, unico individuo creatore e figlio di cultura, almeno fino a quanto oggi si sappia.

Non solo carne e ossa, ma anche mente, cuore e braccia.

Homo abilis, sapiens, sapiens sapiens! 

Ragione cartesiana e cuore pascaliano!

Orsù, care maestre, cari maestri, a voi l’onore di educare i nuovi nati di donna, di farli divenire vostri contemporanei.

 

Alla dignità di persona, individua substantia, rationalis naturae!

Ognuno un valore incomparabile, un valore che non ha misura, un valore infinito.

Infinito, tra tanti e tanti infiniti, infinito come i numeri, come i numeri pari, come i numeri dispari: tre infiniti in un solo infinito!

Rispettiamo questi infiniti.

Rispettiamoli ogni giorno, in ogni nostra azione, in ogni loro esprimersi.

Facciamoli fiorire, come fiori unici, giammai uguali l’uno all’altro!

Abbiamo tante tante volte abbiamo scritto: individualizzazione dell’insegnamento (TENUTA U., Individualizzazione dell’insegnamento, La Scuola Editrice, Brescia).

No! No! No!

Personalizzazione educativa, invece.

Ogni nostro studente deve essere aiutato da noi a fiorire nella sua unica, singolare, irripetibile personalità.

Bando alle lezioni, alle conferenze, ai libri di testo, ai compiti, tutti uguali, per tutti uguali.

Unusquisque suum!

Ad ognuno il suo.

Ad ognuno il materno dono di amore: la sua scuola materna, sì, materna!

Scuola su misura (Claparède) di ognuno dei milioni di studenti che la scuola prepara a vivere la loro vita.

Una nuova organizzazione della scuola, in tutti i suoi aspetti.

Una scuola per i nostri figli, come la vorremmo, come la vogliamo.

Una scuola dell’alfabetizzazione culturale, ma soprattutto una scuola personalizzante, una scuola della piena formazione umana.

Cambiamo la scuola, facciamola diventare officina di formazione umana, luogo della gioia di divenire uomini, unici, irripetibili, grandi come più non si può.

Come scriveva Ellen Key, ogni nostro studente è il figlio del Re,è il principe al quale riserviamo tutta la nostra attenzione, tutte le nostre cure, tutto il nostro impegno di maestre e di maestri chiamati a questa nobilissima missione.

La società tutta ce ne sarà grata!

Facciamoci carico, tutti, maestre maestri, dirigenti donne e dirigenti uomini, Ministra e Ministri, di questo doveroso e nobile compito, senza venir meno ai nostri doveri, professionali ed umani, di rispettare i giovani, di rispettare gli adolescenti, di rispettare i fanciulli.

Maxima debetur puero reverentia[2].

Sono essi la nostra progenie, sono essi il nostro futuro, sono essi la nuova società, una società migliore, una società umana, una società di uomini liberi, liberi dalla schiavitù, liberi di vivere con dignità umana, liberi amarsi l’un l’altro:

Ama il prossimo tuo come te stesso! 

In ogni villaggio, in ogni paese, in ogni città, in ogni nazione, nel mondo intero, villaggio globale!

Saranno tutti, italiani e francesi, tedeschi e sudafricani… saranno tutti persone umane dell’universa società del prossimo domani!

 



[1] KANT E., Pedagogia, O.D.C.U., Rimini, 1953, pp.25-27

[2] Giovenale, Satire, XIV, 47

 

Arrivano 3740 assunzioni, tutte per il personale Ata

da ItaliaOggi

Arrivano 3740 assunzioni, tutte per il personale Ata

L’amministrazione ha superato l’impasse che aveva precluso le assunzioni di questa tipologia di personale, e cioè la questione dei docenti inidonei

dI CARLO FORTE

Al via le immissioni in ruolo del personale Ata. Sono 3740 i posti destinati alle assunzioni a tempo indeterminato del personale Ata, che il ministero dell’istruzione ha predisposto per le relative operazioni. Al momento non è stata ancora effettuata la ripartizione regione per regione e provincia per provincia. Ma un dato è certo: l’amministrazione ha superato l’impasse che aveva precluso le assunzioni di questa tipologia di personale. E cioè la questione dei docenti inidonei. Che nelle intenzioni del legislatore, in prima battuta, avrebbero dovuto transitare nei ruoli del personale Ata. Salvo poi mutare indirizzo nell’ultima tornata legislativa. Adesso, infatti, il transito nei ruoli del personale non docente è diventato facoltativo. Ma i docenti inidonei che non avranno presentato domanda in tal senso dovranno rassegnarsi ad affrontare le incognite della mobilità intercompartimentale. Quanto alla decorrenza delle immissioni in ruolo, secondo quanto risulta a Italia Oggi, il termine iniziale sarà fissato al 1° settembre 2013. Ma si tratterà di una decorrenza retroattiva solo ai fini giuridici. Mentre la decorrenza ai fini economici sarà fissata alla data di effettivo inizio del rapporto di lavoro. Nei prossimi giorni l’amministrazione renderà noto il prospetto con le immissioni in ruolo, suddivise anche per profili professionali. Dopo di che, sarà emanato il provvedimento autorizzatorio e gli uffici periferici disporranno materialmente le assunzioni. In quella fase le amministrazioni periferiche applicheranno le cosiddette quote di riserva e le priorità previste dalla legge 104/92 nei confronti dei disabili e di chi li assiste. Le riserve saranno applicate in massima parte in favore degli invalidi, ai quali è riservato il 7% dei posti dell’organico regionale, e degli orfani per lavoro, la cui quota di riserva è pari alli% dell’organico. Le priorità della legge 104/92 consistono invece in una mera precedenza nella scelta della sede di destinazione.

Sostegno, una mina per precari. I posti per le supplenze occupati dai docenti di ruolo

da ItaliaOggi

Sostegno, una mina per precari. I posti per le supplenze occupati dai docenti di ruolo

Viale Trastevere intenzionato a unificare le aree. Ecco quali saranno gli effetti

di CARLO FORTE

Dal prossimo anno scolastico i docenti precari di sostegno delle superiori rischiano di rimanere disoccupati. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, il ministero dell’istruzione sarebbe orientato a disporre l’unificazione delle aree del sostegno (AD01, AD02, AD03, AD04) già dal 1° settembre 2014, non solo ai fini dei nuovi concorsi, ma anche della mobilità. Ciò vuol dire che i docenti di ruolo potranno chiedere il trasferimento sul sostegno a prescindere dall’area di appartenenza. E potranno farlo anche in sede di utilizzazione. L’opzione più rischiosa per i precari è quella dei trasferimenti. Al momento, infatti, il passaggio sul sostegno (che si configura giuridicamente come un trasferimento) può essere chiesto solo con riferimento all’area di appartenenza. Ciò limita fortemente le probabilità di ottenere il movimento richiesto. Ma se la possibilità del passaggio sarà consentita su qualsiasi area, a prescindere da quella di appartenenza, il numero dei docenti che otterranno il passaggio è destinato a salire vertiginosamente. Ciò determinerà una forte contrazione delle disponibilità di posto sul sostegno già nell’organico di diritto. E poi il colpo di grazia interverrà al momento delle utilizzazioni. In tale fase, infatti, oltre ai movimenti e alle conferme dei docenti della Dos (dotazione organica del sostegno) e cioè dei docenti di sostegno di ruolo che insegnano alle superiori, verranno disposti anche più provvedimenti di utilizzazione sul sostegno. Proprio perché, mancando il vincolo dell’area di appartenenza, gli interessati avranno molte più probabilità di ottenere i movimenti richiesti (sulla Dos). Il che farà diminuire sensibilmente le disponibilità per gli incarichi di supplenza. Di qui il rischio, più che fondato, che molti docenti precari rimangano senza lavoro. Va detto subito, però, che l’interpretazione del ministero non è indenne da elementi di criticità. Il decreto Carrozza, infatti, nel disporre in generale l’unificazione delle aree del sostegno, reca una serie di disposizioni di dettaglio che sembrerebbero orientare l’interprete nel senso dell’applicabilità delle nuove disposizioni solo ai fini del reclutamento. Per giunta, ai soli concorsi che saranno banditi dopo l’entrata in vigore della riforma. Salvo una graduale applicazione anche alla disciplina delle supplenze da conferire tramite lo scorrimento delle graduatorie di istituto. Ed è proprio il mantenimento in vita delle disposizioni sul reclutamento, tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento e dei concorsi ordinari già esistenti, che induce a ritenere che gli organici continueranno ad essere compilati recando l’indicazione della tipologia di posto. E l’assenza di disposizioni di legge modificative dei criteri di compilazione degli organici non fa che confortare la tesi, secondo la quale, i docenti di ruolo che sono stati assunti con il vecchio sistema dovrebbero continuare ad insegnare su posti dell’area per la quale sono stati assunti. In caso contrario si andrebbe in rotta di collisione con il principio di infungibilità degli insegnamenti. Che preclude la spendibilità in altri insegnamenti dei titoli professionali posseduti dai docenti attualmente in servizio. A viale Trastevere, però, non hanno dubbi circa l’applicabilità delle nuove norme anche alla mobilità dei docenti di sostegno. La diatriba, infatti, verte solo sul termine a partire dal quale la nuova disciplina deve essere implementata. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, gli orientamenti sarebbero essenzialmente due. Un primo orientamento, che darebbe per scontata la necessità di dare applicazione alle nuove disposizioni, anche per la mobilità, con effetti già a partire dal 1° settembre prossimo. E un secondo orientamento, che invece propenderebbe per un termine più lato: il 1° settembre 2017. Termine che si ricaverebbe dal comma 3-bis dell’articolo 15 del decreto Carrozza. Che comunque fa riferimento all’attuazione dell’unificazione ai fini delle graduatorie di istituto. Dunque, del reclutamento dei supplenti da parte dei dirigenti scolastici.

Il nuovo orientamento in Italia? Ancora in alto mare

da ItaliaOggi

Il nuovo orientamento in Italia? Ancora in alto mare

Dal tutor alla formazione, tanti i ritardi accumulati dal Ministero. Prevale il Fai da te

Di  GIORGIO CANDELORA

Le promesse fatte in pompa magna alla vigilia di Natale dal ministro Carrozza facevano pensare a una svolta e molti erano pronti a giurare che col 2014 ví sarebbe stato un nuovo inizio per l’orientamento scolastico. Ai circa sei milioni e mezzo di euro previsti dal decreto istruzione, prevalentemente per potenziare l’orientamento in uscita dei ragazzi delle superiori (da estendere anche agli studenti del quarto anno), si sarebbe dovuta affiancare, al ritorno dalle vacanze natalizie, una nota di indirizzo per consentire a dirigenti e insegnanti di mettere in pratica le novità: orientamento in raccordo con il territorio e soprattutto un tutor in ogni scuola. E ancora, formazione obbligatoria per tutti i docenti e master specifici. Infine una robusta campagna pubblicitaria, a base di spot su Rai Scuola e MTV, e un sito sul portale istruzione.it; il tutto per fornire informazioni e una guida efficace agli alunni delle medie, alle prese con la scelta del liceo e ai grandi da orientare verso l’università e il mondo del lavoro. Poco di tutto questo è avvenuto sul serio: della nota ministeriale promessa non c’è ancora traccia e la figura del tutor di istituto va sfumando nel limbo degli effetti annuncio. Solo gli spot e il sito sono partiti ma senza sortire lo sperato effetto chiarificatore, visto che a un mese dalla chiusura delle iscrizioni alle superiori una famiglia su due con figli in terza media non ha ancora scelto né l’indirizzo né l’istituto giusto, mentre i maturandi sono più impegnati sulle (costose) simulazioni “fai da te” dei test per le facoltà a numero chiuso esami  previsti in primavera, che a navigare tra le informazioni piuttosto generiche proposte dal sito del ministero. Ma i ritardi sulla tabella di marcia del nuovo orientamento rischiano di creare parecchia confusione soprattutto alle singole scuole. Con il decreto istruzione e con la conferenza di fine anno del ministro, sembrava che il tutor dovesse essere cosa fatta già in gennaio, e invece i dirigenti navigano a vista senza indicazioni. Teoricamente ogni istituto dovrebbe già essere dotato di questa figura di riferimento, docente universitario, manager o imprenditore, ma continuano a mancare le istruzioni sui criteri di selezione, sulle caratteristiche specifiche e sulle retribuzioni dei tutor, dubbi che la nota ministeriale avrebbe dovuto chiarire. A questo punto è molto probabile che di tutta la questione si riparli il prossimo anno, anche perché tra circa un mese il termine per le iscrizioni sarà chiuso e con esso anche il tema dell’orientamento, al di là delle buone intenzioni, finirà col perdere inevitabilmente di mordente e di attualità fino al prossimo autunno. In alto mare anche la questione della formazione obbligatoria dei docenti sull’orientamento. Anche qui il decreto istruzione parla chiaro: le scuole devono provvedere. Ma come e con quali fondi non è dato sapere. Non bastano certo i poco più di sei milioni già stanziati, né si potrà provvedere con i fondi di istituto, in queste settimane pesantemente tagliati. E c’è chi avverte che rendere obbligatoria laformazione implica un cambiamento del profilo professionale e identitario dei docenti, con ricadute sia sulla progressione giuridica ed economica delle carriere degli insegnanti che sulla libertà di scelta per questi ultimi dell’ente o del soggetto riconosciuto presso il quale formarsi. Insomma una gran confusione che rischia, al di là degli annunci, di lasciare ancora una volta tutto come prima.

AFAM – PAS A077

AFAM – PAS A077: Errare humanum est, perseverare autem diabolicum

 

Continua l’ostruzionismo dei Docenti di Didattica della Musica – Gruppo Operativo” nei confronti dei corsi PAS per la classe A077. È difficile da comprendere questa ostinazione nel non voler far partire i PAS per la classe A077, specialmente nei confronti dei docenti di strumento che hanno retto in questi anni i corsi in molte scuole ad indirizzo musicale, impossibilitati ad abilitarsi visti i pochi posti disponibili presso i Conservatori nei vari corsi abilitanti che si sono succeduti. La loro unica colpa: aver lavorato per tre, quattro, cinque o più anni da precari per lo Stato Italiano.

 

Le regole poi non possono essere diverse tra i docenti di strumento e quelli delle altre materie, come già chiarito dal sottosegretario Rossi Doria: “Quanto, infine, alla classe concorso A077 «strumento musicale», giova ricordare che il decreto ministeriale n.58 del 2013, che ha modificato il regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti, introducendo, appunto, i PAS, ha stabilito i requisiti per l’accesso a tali percorsi, senza porre alcuna limitazione di classi di concorso”. Non si comprende quindi quali siano gli ulteriori chiarimenti richiesti dal DDM-GO. I corsi devono partire, nei tempi più rapidi possibili.

 

L’ANIEF auspica, infine, che la Conferenza dei Direttori dei Conservatori, citata dal Conservatorio di Genova, sia stata mal consigliata, e che si adoperi quanto prima per sanare questa situazione e far partire i corsi abilitanti, anziché aspettare ulteriori chiarimenti ministeriali che non paiono necessari, dopo le dichiarazioni del sottosegretario Rossi Doria e alla luce delle norme attuali.

 

Si pensi piuttosto ad inserire tutti i nuovi abilitati nelle graduatorie ad esaurimento, anziché fomentare queste guerre tra poveri.

 

Musica, DSA e sindrome di Asperger

Musica, DSA e sindrome di Asperger: da Bergamo a Frosinone

 

L’ANIEF, nella persona del Presidente del Consiglio Nazionale Ettore Michelazzi, ha partecipato al primo congresso su ”Musica e Disturbi Specifici dell’Apprendimento”, organizzato da Yamaha Music Europe branch Italy e dall’Associazione PariDispari Onlus.

 

Nel corso del congresso sono state toccate molte tematiche importanti, anche con esempi di attività pratiche, che hanno confermato la grande possibilità offerta tramite la musica di migliorare la qualità della vita scolastica degli alunni DSA.

 

L’auspicio è che anche le istituzioni prendano in considerazione le opportunità offerte dallo studio della musica e dello strumento musicale ai ragazzi affetti da DSA. Giova ricordare che finora nei confronti della musica ben poco è stato fatto dagli ultimi governi e dalle istituzioni in generale, specie pensando alle grandi tradizioni musicali italiane. Anche quando ci sono delle interessanti realtà, le difficoltà sono sempre presenti.

 

Ad esempio, presso il Conservatorio di Frosinone nello scorso settembre si è svolto un’interessante Convegno relativo al bellissimo progetto “Musica per Vivere”, svoltosi nel 2013 presso tale Conservatorio, che ha riguardato ragazzi affetti dalla sindrome di Asperger. Pur in presenza di una totale disponibilità da parte dei docenti e degli esperti a continuare tale progetto, visti anche i miglioramenti musicali, di comunicazione e di socializzazione raggiunti dagli allievi (riconosciuti anche dagli esperti psichiatri presenti al Convegno), il progetto non riesce a ripartire, con somma frustrazione dei ragazzi e dei loro genitori. Pare tra l’altro ci sia pure la copertura finanziaria, tramite il Dipartimento Servizi Sociali della Regione Lazio. Forse ci sono misteriosi problemi tecnico-organizzativi?

 

L’ANIEF auspica che questo progetto, un fiore all’occhiello per l’Italia, riparta quanto prima, continuando la grande tradizione del Conservatorio di Frosinone sulle tematiche sociali.