Permessi per il diritto allo studio

Permessi per il diritto allo studio: decisiva l’azione dell’ANIEF

 

Già nell’incontro dello scorso 5 dicembre avevamo chiesto al MIUR di autorizzare un contingente straordinario per coloro che devono frequentare i corsi PAS e TFA sostegno. Abbiamo insistito con ulteriori richieste ed ecco giunta la notizia che il Ministero garantirà a tutti i docenti interessati ai corsi Pas e TFA sostegno i permessi per il diritto allo studio, svincolandoli dal limite del 3% e quindi dal contingente provinciale.

 

Decisione più che saggia, non poteva essere altrimenti. In caso contrario, infatti, molti ambiti territoriali avrebbero potuto garantire i permessi a non più del 50% dei richiedenti. In questo modo, invece, potrà essere garantito il diritto allo studio sia di chi frequente un corso univarsitario o di specializzazione sia dei di coloro che partecipano a PAS e TFA sostegno.

 

Problema risolto anche in Piemonte per tutti i docenti inizialmente esclusi. La segnalazione ci era pervenuta dalla provincia di Biella ed è stata immediatamente denunciata nell’incontro di lunedì 13 gennaio 2014 con il vicedirettore dell’USR Piemonte. La situazione è stata sbloccata con la nota prot. n° 440 del 21 gennaio 2014, con la quale si chiarisce che i permessi devono essere concessi a tutti i docenti che stanno frequentando un corso di laurea, il corso di specializzazione di sostegno presso le facoltà di Scienze della formazione primaria, ai docenti di ruolo della scuola primaria che stanno frequentando i corsi obbligatori di Inglese e ai docenti che frequentano corsi post laurea e post diploma di durata biennale.

DIRIGENTI SCOLASTICI: TRASFORMIAMO LA PROTESTA IN UN CORO

DIRIGENTI SCOLASTICI

TRASFORMIAMO LA PROTESTA IN UN CORO

In questo mese di gennaio le manifestazioni di protesta (tra scioperi e sit in) organizzate dai sindacati dei  dirigenti scolastici sono ben 3, superiori per numero a quelle organizzate in lassi di tempo molto più ampi.

La storia si ripete e sembra non aver insegnato nulla…

I dirigenti scolastici italiani sono i più maltrattati della dirigenza pubblica, certamente per colpa di una controparte cinica e bara, ma in qualche modo anche per l’incapacità della categoria di trovare una voce unitaria e un’azione concorde.

“Calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi. Raccolgaci un’unica bandiera, una speme: di fonderci insieme. Già l’ora suonò. 

Di sicuro nel lontano autunno del 1847 il ventenne studente Goffredo Mameli pensava all’Italia, non al suo preside, ma forse ascoltando con attenzione il testo dell’inno nazionale, qualche pensiero lo dobbiamo fare.

Dopo le tre distinte manifestazioni, vogliamo pensare ad una giornata nazionale che esprima il disagio profondo e le antiche rivendicazioni dei dirigenti scolastici?

Per manifestare sì, ma anche per poterla scrivere finalmente tutta in maiuscola, o almeno con l’iniziale, questa nostra DIRIGENZA.

Gregorio Iannaccone

Presidente Nazionale ANDIS

Ricorso al TAR contro la sperimentazione della riduzione di un anno della scuola secondaria superiore

La FLC ricorre al TAR contro la sperimentazione della riduzione di un anno della scuola secondaria superiore

Impugnati i decreti del MIUR che autorizzano una sperimentazione illegittima e carente sul piano organizzativo e didattico.

La FLC CGIL ha notificato al TAR Lazio il ricorso contro i decreti del MIUR che autorizzano un gruppo di scuole secondarie statali a sperimentare a partire dall’a.s. 2014/15 la riduzione del percorso di studi da cinque a quattro annualità.

La FLC ritiene queste sperimentazioni non fondate sul piano metodologico-didattico e illegittime sul piano procedurale. Tutta questa operazione si configura come una mera abbreviazione del corso di studi realizzata al di fuori di un valido progetto formativo e di istruzione in grado di compensare il taglio di un anno. Inoltre i decreti impugnati risultano in contrasto con le indicazioni previste dal DPR 275/99 in materia di sperimentazione: manca il parere obbligatorio del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e non ci sono, né negli atti impugnati né altrove, i “criteri di corrispondenza” tra quanto sperimentato e l’ordinario corso di studi necessari ad attestare la “piena validità degli studi compiuti dagli alunni”.

La FLC, considerate le evidenti ricadute che ne possono derivare oltre che sul piano ordinamentale anche su quello occupazionale, ha chiesto al MIUR di interrompere le sperimentazioni e di aprire una fase di ascolto in grado di coinvolgere il mondo della scuola e le sue rappresentanze sindacali, professionali e studentesche.

Francia, una scuola insegna ai disabili a essere autonomi

Francia, una scuola insegna ai disabili a essere autonomi

L’École de la vie autonome di Vandoevre-lès-Nancy si occupa di attivare un percorso formativo e didattico per facilitare il distacco dalla famiglia e dai centri specializzati

da Redattore Sociale
24 gennaio 2014

ROMA – L’École de la vie autonome (“Eva”-Scuola per la vita autonoma) di Vandoevre-lès-Nancy nata nel 2012 grazie alla decisione dell’office d’hygiène sociale di Meurthe-et-Moselle, Francia, si occupa di insegnare alle ragazze ed ai ragazzi con disabilità come vivere in maniera autonoma e il più possibile indipendente, per facilitare il distacco dalla famiglia e dai centri specializzati.

Il percorso prevede che gli ospiti vivano per i primi due anni all’interno dell’école, in monolocali adattati in funzione dell’handicap di ognuno, anche attraverso il ricorso alla domotica.
Nel centro, personale specializzato accompagna la persona disabile nell’apprendimento delle azioni quotidiane, come fare una lavatrice o cucinare, ma si impara anche come muoversi all’interno della città, utilizzando gli itinerari accessibili, come gestire la propria terapia, o come destreggiarsi tra documenti e burocrazia superando il timore di non essere in grado o di non essere capiti.

I due anni successivi si svolgono invece all’interno di appartamenti indipendenti in città, sempre accompagnati dal personale dell’école, in cui sperimentare l’autonomia acquisita. Superato questo ultimo step, è possibile iniziare la propria vita autonoma.
L’obiettivo, spiega la direttrice Vanessa Balthazard al quotidiano La Croix, è quello di rendere capaci le persone disabili di attuare strategie di compensazione per permettere loro di affrontare la vita quotidiana in maniera indipendente. (hd)

PAS: Miur e Regioni smisteranno i corsisti delle classi di concorso con pochi iscritti

PAS – L’azione dell’Anief sta portando risultati immediati: Miur e Regioni smisteranno i corsisti delle classi di concorso con pochi iscritti

 

L’attenzione del sindacato verso l’avvio regolare dei corsi abilitanti rimane comunque alta: rimangono in piedi tante questioni, come i problemi di attivazione dei corsi per la scuola dell’infanzia e primaria, e per le classi di concorso afferenti a Itp e Afam.

 

A due giorni dalla denuncia dell’Anief sul caos organizzativo che sta contraddistinguendo l’avvio del Percorsi abilitanti speciali, il Ministero dell’Istruzione sarebbe in procinto di fornire alcune prime importanti risposte: secondo quanto riportato dalla stampa specializzata, “sembra che il Ministero abbia chiarito che resta di competenza degli Uffici scolastici regionali l’individuazione delle soluzioni (accorpamenti, accordi di rete, corsi a distanza, ecc.) per i corsi non attivabili in quel territorio”.

 

Se il Miur dovesse dare seguito a questa intenzione, si tratterebbe di un risultato importante. Anief, a tal proposito, ha pubblicamente denunciato che non possono essere pagate sulla pelle degli aspiranti corsisti Pas le inefficienze organizzative dell’amministrazione e delle istituzioni regionali. Nella fattispecie, in mancanza di accordi regionali ad oggi la disponibilità allo spostamento volontario del corsista non corrisponde ad una sicura collocazione: sia perché l’università dove si chiede ora di accedere potrebbe essere subissata di domande, costringendo l’amministrazione dell’ateneo a respingerne una parte, sia perché in diverse Facoltà gli elenchi degli ammessi sono ancora provvisori. Con il risultato che l’aspirante corsista rischierebbe di non svolgere il Pas: né nella propria regione, perché non si attiva, né in quella ‘viciniore’ prescelta, perché ha potuto accogliere solo un numero limitato di corsisti.

 

“È evidente – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – che se le Regioni dovessero finalmente assumere il coordinamento delle operazioni, prendendosi la responsabilità di smistare il personale sulla base di numeri e disponibilità sicure, fornite da un Miur finalmente in grado di fare da cabina di regia, allora il discorso cambierebbe. Stavolta in meglio. Sui PAS, la guardia comunque rimane alta, visto che ancora non arrivano indicazioni chiare sull’attivazione dei corsi rivolti ai docenti della scuola dell’infanzia e primaria, oltre che agli Itp e agli Afam. Per questo – conclude Pacifico – continueremo ad attuare pressioni e a vigilare. Sempre nell’interesse dei docenti”.

Una biblioteca per non vedenti, arrivano gli “uomini libro”

da Redattore Sociale
24 gennaio 2014

Una biblioteca per non vedenti, arrivano gli “uomini libro”

Dopo la chiusura della sede torinese del “Libro parlante”, l’Unione italiana ciechi ha “assoldato” una serie di volontari che si occuperanno di registrare titoli richiesti direttamente dagli utenti. Tra chi presterà la propria voce, attori, giornalisti e appassionati

TORINO – Una nuova audiobiblioteca per i non vedenti. I cui titoli verranno “convertiti” su richiesta degli utenti. Accade a Torino, dove l’Unione italiana ciechi, da sempre in prima fila nella difesa del diritto alla cultura per i disabili, ha affidato a trenta volontari  il compito di registrare una serie di libri da destinare a chi da solo non può più leggerli.  Gli “Uomini libro”  (questo il nome del progetto, come in “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury) si sono già messi al lavoro: i primi due titoli sono stati consegnati ieri, e al momento sono in fase di registrazione. Tra i volontari che se ne stanno occupando ci sono attori, giornalisti e appassionati di letteratura, che sono stati forniti dall’Uici di microfoni,  software di registrazione, materiale insonorizzante e di tutto ciò che occorra per una simile operazione. E che  “saranno in grado – puntualizzano all’Uici – di dare spessore alla lettura, restituendo la tensione narrativa al testo senza bisogno di calcare troppo la mano”.

“I volontari – spiega Sergio Prelato, consigliere Uici – sono stati reclutati lo scorso marzo, durante un concerto organizzato nel conservatorio Verdi di Torino. Quella sera abbiamo lanciato la nostra proposta, e molte delle persone presenti hanno aderito entusiasticamente”. Un’ iniziativa che, nelle parole degli stessi promotori, “nasce dal basso”. E che permetterà a chi non può più leggere di continuare a scegliere di quali testi e quali parole nutrire la propria cultura. “Chiunque – continua Prelato – può chiederci di convertire convertire un testo: basta presentarsi nella nostra sede di corso Vittorio portando il libro che si deidera far registrare;  noi provvederemo ad assegnare il testo a un volontario, che si occuperà di registrarlo e riversarlo su un file digitale. Oltre ad essere consegnati ai rispettivi richiedenti, i titoli andranno a comporre un archivio digitale che vorremmo condividere anche con le biblioteche civiche della zona”.

E all’Uici ci tengono a rimarcare come questo sia anche un modo per combattere la crisi. “Tutto nasce con la chiusura della sede torinese del Libro parlante, – precisa Prelato – una struttura che si occupa a sua volta di audiolibri. In tempi di spending review, abbiamo dovuto sacrificare una sede per poter continuare a far sopravvivere le altre presenti sul suolo nazionale. Purtroppo è toccato a quella di Torino; e questa iniziativa è il nostro modo di rispondere alle restrizioni che tutti, ormai, dobbiamo affrontare. Continueremo, peraltro, a collaborare con le altre sedi, scambiandoci i titoli disponibili: in questo modo potremo registrare molti libri fuori catalogo o di nicchia. Il primo che ci è stato consegnato è un testo molto raro, scritto ai tempi della resistenza: ce lo ha dato una signira di Ivrea, per cui quel libro aveva un enorme valore affettivo”. (ams)

La legge Fornero e quei Prof bloccati nel limbo

da Unita.it

La legge Fornero e quei Prof bloccati nel limbo

 Mila Spicola

Forse sono io che non capisco. E, se non capisco, qualcuno mi spieghi le ragioni.

Da un lato ci sono giovani laureati che vogliono diventare insegnanti, che hanno seguito tutto il percorso richiesto loro dallo Stato per diventarlo. Percorso che negli ultimi 30 anni è variato quasi ogni anno: devi fare un concorso, no, ti devi iscrivere alle sissis e abilitarti così, no, puoi insegnare come supplente, però per avere la cattedra devi fare un concorso, e torni alla casella di partenza, no, ti facciamo fare un tirocinio formativo abilitante, no, però, se hai il vecchio diploma magistrale ti facciamo fare un altro percorso, che si chiama pas, no, se hai anche il titolo del sostegno, hai un altro canale, ma tu sei prima, seconda o terza fascia? Scusi? In che senso? E questo è il versante “come divento insegnante oggi” che ha condotto, in questa follia amministrativa priva di ogni logica di semplificazione ma che continua ancora adesso, mentre scrivo, a complicarsi, ha condotto insomma a ingigantire ogni anno il grande pentolone del precariato scolastico. Un precariato molto particolare perché composto di docenti a tutti gli effetti con una caratteristica: sono bravi, sono molto bravi, perché negli anni, di propria o altrui sponte, hanno continuato a formarsi per aumentare i titoli. Altre lauree, dottorati, specializzazioni. E anni di servizio.

Dall’ altro lato ci sono i docenti prossimi alla pensione. Alcuni di loro, quasi o già sessantenni, c’erano quasi. Avevano chiesto e ottenuto il permesso di ritirarsi e mi ricordo della mia adorata Marisa, una collega d’Italiano che per me è stata un’altra di quei maestri che cambiano la vita, che era già con un piede fuori, con le lacrime ogni giorno. Sarebbe rimasta però “Mila, mia madre ormai non la reggono nemmeno le badanti, io rimarrei, ma la vedi Clelia (una collega precaria bravissima)? Che ci faccio ancora io a 60 anni e con 35 anni di servizio a inseguire Macaluso nei corridoi quando lo incrocio fuori dalla classe, mentre giovani come Clelia non possono nemmeno farsi una famiglia e aspettano che io me ne vada?” Così parlava Marisa due anni fa.

Cosa è accaduto in questi due anni?  E’ accaduto che Marisa sta ancora in classe e Clelia è ancora a spasso. Marisa è distrutta per le notti insonni che le fa passare la madre e l’ansia del non capire quando andrà in pensione e Clelia è ancora precaria ma in un’altra scuola, in un paesino sulle Madonie e tutti i giorni si fa 90 chilometri all’andata e 90 al ritorno. Per quanto tempo sarà così brava come lo era due anni fa e lo è ancora? La legge Fornero, oltre al guaio esodati, ha prodotto un altro guaio, i docenti quasi in pensione della cosiddetta Quota96, coloro che stavano andando in pensione due anni fa  e per un errore di valutazione amministrativa sono rimasti ingabbiati nel limbo “non so se ci devo andare o meno”. Non sono tanti, sono meno di quattromila persone. Che diventano ottomila se pensiamo alle quattromila Clelie pronte a prendere il loro posto.

Siamo il Paese con la classe docente più vecchia del mondo. Non d’Europa, del mondo. Roba da brividi nella schiena. E siamo il Paese con la più alta disoccupazione giovanile. Docenti di 62 anni si ritrovano a inseguire bambini di 4 anni nelle scuole materne e a confrontarsi con mamme piccole quanto le loro nipoti. Insegnanti d’italiano dei licei, al di là della buona volontà e capacità immutata si ritrovano a non capire nemmeno quello che dicono i loro allievi quindicenni e a leggere elaborati che descrivono passioni, problemi e tensioni vissute però in un luogo e in un tempo completamente diverso. Poco male qualcuno mi dirà, i divari generazionali ci son sempre stati. Mentre docenti bravissimi, straformati e aggiornati stanno a casa mentre ci affanniamo a scrivere i jobs act. E aggiungo se ti ritrovi un docente stanco, che non ce la fa più e non ce la vuole fare , perché a sessantanni è costretto in classe, i quattromila quota96 e le quattromila Clelie, dobbiamo moltiplicarle ciascuna per 30 alunni scontenti di perdere Clelia e afflitti di fronte a una prof che non li guarda più negli occhi, e la vedi già vecchia e cadente raccontar del suo vero incidente. E intanto viene fuori che il livello di burn out (l’insegnamento è un lavoro altamente usurante e sarebbe il caso di finirla con la retorica del privilegiato che persino qualche onorevole un po’ superficiale ogni tanto riprende) dei docenti italiani è tra i massimi al mondo e non ci facciam mancare manco questo come podio.

Io dico, risolvere il problema tutto adesso non si può, ma intanto, a questi quattromila  permettiamo di andarsene in pensione visto che gli spettava? Qualcuno penserà che l’emergenza siano quei pensionati da far andare via e qualcun altro che sia Clelia e tutti i precari come lei. Cambiamo prospettiva. Cominciamo a pensare che l’emergenza vera nella Scuola siano gli alunni di Clelia, bravissima,  che non voglio perderla e di Macaluso che scappa sempre mentre Marisa , bravissima anche lei ma ormai stanca, ha smesso di inseguirlo? La Scuola in cima al Paese. Io direi: i nostri alunni, i nostri figli in cima al Paese. Un docente stanco e sfatto, se dopo i sessantenni non ce la fa più, e magari è in pieno burn out, cosa volete che insegni? Ripeto, forse sono io che non capisco, ma non lo capiscono nemmeno i 9 milioni di studenti italiani le loro famiglie.

Mamma mi cade la scuola in testa: la necessità di un nuovo piano per l’edilizia scolastica

da Unita.it

Mamma mi cade la scuola in testa: la necessità di un nuovo piano per l’edilizia scolastica

Leonardo Raito

Nelle scorse settimane, la pubblicazione del XIV rapporto “Ecosistema scuola” stilato da Legambiente, ha offerto una fotografia impietosa delle condizioni dell’edilizia scolastica. Alcuni degli indicatori non possono che preoccupare: oltre il 60% degli edifici scolastici sono stati costruiti prima del 1974, data dell’entrata in vigore della normativa antisismica. Il 37,6% delle scuole necessita di interventi di manutenzione urgente, il 40% sono prive del certificato di agibilità, il 38,4% si trova in aree a rischio sismico e il 60% non ha il certificato di prevenzione incendi. La cosa incredibile, pensando al nostro paese, è l’esistenza di un’ottima legge, la 23/96 (http://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/l023_96.html) che, se rifinanziata, consentirebbe di invertire una tendenza ormai in essere da troppo tempo. Peccato che in parlamento si stiano occupando d’altro e che anche gli ultimi governi, abbiano pesantemente tralasciato. Non possiamo dimenticare che a più riprese, in varie sedi istituzionali (specie Upi), si è insistito sulla necessità di provvedimenti straordinari per la manutenzione delle scuole: o attraverso il rifinanziamento della succitata legge 23/96 o attraverso una deroga del patto di stabilità per la quota di interventi di manutenzione. La politica nazionale ha sempre risposto picche. Va poi sottolineato il rischio derivante dall’elaborato passaggio di competenze che si verificherebbe a seguito della riforma delle province. Infatti, se è vero, come ha annunciato a più riprese il ministro Delrio, che le competenze sull’edilizia scolastica passeranno ai comuni, occorrerà definire in brevissimo tempo chi deve monitorare lo stato ed i bisogni dei 5.179 edifici scolastici attualmente gestiti dalle Province. Il rapporto di Legambiente infatti sottolinea che “dopo la sentenza in appello per la morte di Vito Scafidi, avvenuta nel 2008 per il crollo di un controsoffitto al liceo Darwin di Rivoli, estende la responsabilità del controllo oltre che all’ente proprietario dell’edificio, anche ai docenti responsabili della sicurezza a scuola, ribadendo il rapporto che esiste fra competenze e responsabilità nel controllo della sicurezza delle scuole: ogni eventuale cambiamento di competenza istituzionale deve avvenire perciò in maniera chiara, così come devono essere garantiti strumenti adeguati a quei docenti che si assumono la responsabilità di controllare che le scuole siano sicure”. Se non si affronta di petto il problema, il rischio di incorrere in nuove sciagure non può essere allontanato. E diventerà difficile, per ministri, operatori e utenti, dormire sonni tranquilli.

Sicurezza, Renzi punta alto: servono 5 miliardi per ristrutturare gli edifici

da Tecnica della Scuola

Sicurezza, Renzi punta alto: servono 5 miliardi per ristrutturare gli edifici
di Alessandro Giuliani
Il presidente del Pd indica l’entità dei finanziamenti necessari nel corso del tg3 della sera. E sottolinea: anche che “l’Europa deve accettare” che l’investimento resti “fuori del patto di stabilità”. Una condizione necessaria, un bel cambiamento di rotta, per garantire finalmente una manutenzione adeguata a circa 18mila sedi scolastiche che oggi necessitano di interventi più o meno urgenti.
Sono diversi giorni che Matteo Renzi, neo presidente del Partito Democratico e sindaco di Firenze, insiste sulla necessità di rilanciare la scuola e le strutture su cui si poggia. Ma dopo gli annunci generici, il 23 gennaio è passato alla politica più circostanziata. Lo fa nel corso di un’intervista ad uno dei telegiornali nazionali più importanti e seguiti a livello nazionale, il tg3 delle ore 19.
La proposta lanciata da Renzi è ambiziosa: occorrono “cinque miliardi di investimenti per ristrutturare gli edifici scolastici”. Ma non solo. Per il segretario del Pd “l’Europa deve accettare” che l’investimento resti “fuori del patto di stabilità”.
Insomma, il concetto è chiaro: prima di andare a rivedere organizzazione della didattica, meritocrazia e reclutamento del personale, sarebbe bene passare alla vera emergenza che riguarda da vicino una fetta tutt’altro che irrilevante dei circa 44mila plessi di cui è costituita la scuola italiana.
Basta ricordare, a tal proposito, che almeno 4 scuole su 10 (quasi 18mila) hanno uno stato di manutenzione inadeguato. E che il 60 per cento degli istituti, oltre 26mila quindi, è sprovvisto di certificazione del collaudo statico ordinario. Solo qualche settimana fa, scrivevamo su questa testata che la vulnerabilità sismica è una condizione purtroppo ignota. Ancora di più “se si tiene conto che la stragrande maggioranza degli edifici sono vecchi, comunque risalenti a prima del 2003, quando sono entrate le norme antisismiche. Soprattutto in concomitanza di qualche terremoto lo Stato stanzia dei fondi. L’ultimo forte stanziamento risale a una decina d’anni fa, con la messa a disposizione di 4 miliardi di euro. Gli stanziamenti, sia pur in misura inferiori, sono periodicamente continuati, ma siamo ancora lontani dal fronteggiare adeguatamente la situazione”.
Insomma, i cinque miliardi indicati da Renzi rappresenterebbero un bel cambiamento di rotta. Probabilmente nemmeno sufficiente per sanare tutto. Ma almeno le emergenze sì. Anche perchè si tratterebbe di un’entità di finanziamento ben più alta delle cifre investite degli ultimi Governi sul fronte dell’emergenza dell’edilizia scolastica.

Decreto scatti: è il n. 3 ed è già in Gazzetta Ufficiale

da Tecnica della Scuola

Decreto scatti: è il n. 3 ed è già in Gazzetta Ufficiale
di R.P.
Il testo è sostanzialmente identico a quello ufficioso. Prevista una copertura per 120mlioni di euro, ma il contratto dovrà essere firmato entro il 30 giugno. C’è la possibilità che nel passaggio parlamentare le risorse vengano aumentate. Fondo di istituto a rischio.
Entra in vigore da oggi, 23 gennaio, il decreto legge n. 3 “Disposizioni temporanee e urgenti in materia di proroga degli automatismi stipendiali del personale della scuola”. Il provvedimento è stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale odierna. Si compone di due articoli il cui testo è sostanzialmente identico a quello provvisorio che stava circolando in rete già da diversi giorni. Il decreto ribadisce dunque che il problema dovrà trovare soluzione attraverso una apposita sessione negoziale da chiudere entro il 30 giugno prossimo. In caso di mancata firma del contratto, le risorse messe a disposizione (120milioni di euro, derivanti dai risparmi di sistema dovuti ai “tagli” di organici) verranno incamerate dallo Stato. Nelle prossime ore il provvedimento sarà trasmesso alle Camere che avranno tempo fino al 24 marzo per convertirlo in legge. Vedremo se, nel passaggio parlamentare, le forze politiche riusciranno a recuperare ulteriori risorse in modo da evitare la decurtazione del fondo di istituto che si preannuncia al momento piuttosto pesante (250-300 milioni di euro).

La scuola riparte o è in stato di default?

da Tecnica della Scuola

La scuola riparte o è in stato di default?
di Lucio Ficara
Il DL 104 avrebbe dovuto far ripartire la scuola che perà è sempre più in affanno. Ora si scopre che non ci sono più soldi, Il rinnovo del contratto è sempre più a rischio.
Dopo l’illusione del decreto n. 104/2013, definito con il nome “l’istruzione riparte”, dove si davano, anche se deboli ed insufficienti, i primi segnali d’investimento sul capitolo di spesa istruzione, e dove si disponeva, dopo anni di tagli indiscriminati, un cambio di rotta su tutto il settore della conoscenza, arriva in questi giorni l’emergenza salariale, nodo politico che coinvolge pesantemente tutto il personale scolastico. Questa emergenza salariale infatti, colpisce tutti i lavoratori della scuola, a partire dai dirigenti scolastici, proseguendo con gli insegnanti e terminando con il personale amministrativo, tecnico e ausiliario. Le dichiarazioni del ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza durante l’audizione in commissione Istruzione al Senato sugli automatismi stipendiali del personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) sono allarmanti, tanto da farci pensare ad una scuola che non riparte affatto, ma che piuttosto si trova in uno stato di rischio default. Infatti  bisogna ricordare che si è in stato di default quando si è nell’incapacità tecnica di rispettare le clausole contrattuali economiche previste dalle tabelle allegate al contratto, nel caso della scuola l’emergenza salariale, che vede tutti i dipendenti della scuola pubblica penalizzati, sia nel salario corrente che in quello accessorio  è un evidente segnale che la scuola è a rischio default. Ma sono le stesse parole del Ministro, che sono una “excusatio non petita, accusatio manifesta”, ad allarmarci profondamente. Infatti la Carrozza in riferimento alla questione del pagamento degli scatti di anzianità, ha precisato: “non disponiamo di risorse aggiuntive e libere per il pagamento degli scatti, per i quali servono ingenti risorse”. Il Ministro ha puntualizzato che per procedere al pagamento degli scatti, solo per il recupero dell’anno 2012, mentre il 2013 resta ancora bloccato, si dovrà prelevare ancora dal fondo per il miglioramento dell’offerta formativa. Questo è una chiara ammissione di uno stato di default del nostro sistema scolastico, che non è più in grado di sostenere economicamente le attuali norme contrattuali, che tra l’altro sono scadute da lungo tempo. Queste nefaste dichiarazioni, contrastano con quanto richiesto al Miur da alcuni sindacati, come ad esempio la Flc Cgil, la Gilda insegnanti. Le richieste sono nette e precise, si parte con il richiedere il rinnovo economico e normativo del contratto nazionale, risorse aggiuntive per gli scatti di anzianità in modo da non azzerare il Mof, il pagamento indennità di funzioni superiori e di reggenza dei Dsga, il regolare pagamento dei supplenti temporanei e monetizzazione delle ferie e la difesa del salario di posizione dei dirigenti scolastici. Tutte richieste legittime e doverose quelle che provengono da parte sindacale, ma lo stato comatoso delle scarse risorse economiche del Miur non lasciano intravedere nulla di buono, anzi su viale Trastevere si stanno addensando nuvoloni che minacciano la poltrona del Ministro Carrozza.

Un Piano di evacuazione efficiente può salvare la vita a molti alunni

da Tecnica della Scuola

Un Piano di evacuazione efficiente può salvare la vita a molti alunni
di Aldo Domenico Ficara
In ogni scuola il Piano di Evacuazione rappresenta lo strumento operativo (un piccolo fascicolo presente in ogni aula e illustrato dagli insegnanti all’inizio di ogni anno scolastico) che consente di programmare le modalità da seguire per garantire l’uscita ordinata e sicura dalla scuola in caso di calamità.
In esso sono descritte le modalità per un’uscita sicura dalla scuola, il percorso da seguire, gli incarichi di ognuno di noi, il punto di raccolta che garantisce la massima sicurezza per tutti. Infatti, il piano di emergenza definisce i compiti da svolgere in funzione delle varie ipotesi di emergenza. Nel corso delle prove di evacuazione, “da effettuare almeno due volte durante l’anno scolastico” (D.L. n. 577/82), deve essere verificata la “funzionalità del piano al fine di apportare gli eventuali correttivi per far aderire il piano alla specifica realtà alla quale si applica”. Le scuole devono effettuare con cadenza periodica le prove di evacuazione dell’edificio, al fine di verificare in modo continuo l’apprendimento dei comportamenti in caso di emergenza. A tal proposito è utile analizzare in classe, al termine dell’esercitazione, i comportamenti tenuti in modo da correggere gli eventuali errori commessi durante la prova. Come descritto nel sito Punto Sicuro, il quotidiano di approfondimento sulla sicurezza sul lavoro, la procedura, relativa al Piano di Evacuazione, deve “specificare nel dettaglio chi fa e che cosa, seguendo una certa logicità di azioni nel tempo”. Il capo d’istituto deve identificare alcuni compiti da assegnare al personale docente e non. Per ogni compito sarà necessario individuare almeno 2 responsabili, in modo da garantire una continuità della loro presenza: – Responsabile all’emanazione dell’ordine di evacuazione (normalmente Capo di Istituto e, come sostituto, il Vicario) che, al verificarsi di una situazione di emergenza, assume il coordinamento delle operazioni di evacuazione e di primo soccorso; – Personale incaricato della diffusione dell’ordine di evacuazione; – Personale di piano o di settore responsabile del controllo del regolare completamento delle operazioni di evacuazione; – Personale incaricato di effettuare le chiamate di soccorso ai Vigili del Fuoco, alle Forze dell’Ordine, al Pronto Soccorso e ad ogni altro organismo ritenuto necessario; – Personale incaricato dell’interruzione della erogazione dell’energia elettrica, del gas e dell’alimentazione della centrale termica; – Personale incaricato dell’uso e del controllo periodico dell’efficienza di estintori e idranti; – Personale addetto al controllo quotidiano della praticabilità delle uscite di sicurezza e dei percorsi per raggiungerle.

Stima ai prof?

da Tecnica della Scuola

Stima ai prof?
di P.A.
Quanto sono stimati gli insegnanti nei vari paesi del mondo? Le valutazioni oscillano. Il pensiero di Tullio De mauro su Internazionale.it
In alcuni paesi agli insegnanti è attribuito uno status pari o poco superiore a quello dei social workers, inclusi gli “operatori ecologici”, in altri si va più in alto, verso avvocati e manager, ma senza raggiungere il top, medici e ingegneri. Rilevare con cura i diversi fattori che compongono il riconoscimento dello status sociale degli insegnanti confrontando ventuno paesi è il compito che si è data la britannica Varkey Gems foundation che lavora a migliorare l’istruzione includendo gli svantaggiati. In ottobre ha pubblicato un rapporto di Peter Dolton e Oscar Marcenaro-Gutiérrez, Global teacher status index. Lo status assegnato agli insegnanti è graduato da un indice (tra 1 e 100). Si va dalla Cina (100) a Israele (2). I risultati, ben fondati, sono però puzzling, enigmatici, come scrive in una breve nota Andreas Schleicher, direttore dei servizi educativi dell’Ocse. Se non sorprendono il quarto posto della Corea (62,1) o il penultimo, bassissimo, del Brasile (2,4), sorprendono gli indici alti di Grecia (73,7), Turchia (68,0), Egitto (49,3). Prevedibile l’indice basso dell’Italia (13,9), quartultima, ma quintultimo è il Giappone, sestultima la Germania, solo undicesima la mitica Finlandia (28,9). La graduatoria non collima con quelle delle retribuzioni né con le graduatorie dei test Ocse. Capire cos’è la scuola per un paese è più complicato che badare solo a dollari e test.

I parlamentari del Pd in soccorso dei Ds

da Tecnica della Scuola

I parlamentari del Pd in soccorso dei Ds
di A.G.
Dopo la protesta davanti al Miur per la riduzione dei fondi, porta buoni frutti l’incontro con alcuni componenti della Commissione Cultura.  Maria Grazia Rocchi (Partito Democratico): il ministro Carrozza sicuramente è consapevole del problema, quello che manca sono i soldi ma il problema non è solo del Miur. Infatti: l’interlocutore principale cui devono rivolgersi è il Mef.
Ha trovato l’appoggio dei parlamentari la protesta condotta il 23 gennaio dai dirigenti scolastici aderenti all’Anp: una delegazione di presidi si è recata a Montecitorio, dove ha incontrato alcuni membri eletti dai cittadini.
Parole di comprensione per la riduzione di fondi destinati agli istituti, ridotti in media del 25% in pochi anni, e per l’abbattimento del fondo per le retribuzioni legate al risultato e alla posizione, sono arrivate in particolare da due parlamentari del Pd (VII Commissione Cultura): Maria Grazia Rocchi e Mara Carocci. “Siamo qui per ascoltare ragioni che comprendiamo perfettamente – ha detto Rocchi – perché prima di tutto siamo dirigenti scolastiche”.
”Quello che possiamo fare – ha aggiunto sempre Rocchi – è intervenire presso il ministero dell’Istruzione per sanare una situazione che va avanti da tempo. Il ministro Carrozza sicuramente è consapevole del problema. Quello che manca sono i soldi. E il problema non è solo del ministero. Ma la scuola deve essere una priorità del governo”.
Per l’Anp si tratta sicuramente di una buona notizia. Ma considerando quanto detto poche ore fa dal ministro dell’Istruzione davanti alla Commissione Cultura della Camera a proposito degli “scatti” in busta paga del personale (“Il ministero non ha margini di manovra per distrarre fondi e dunque per procedere dobbiamo prelevare dal Mof”), l’interlocutore cui dovranno rivolgersi i politici interessati al buon esito della vicenda diventa in primis il dicastero di Via XX Settembre.

BES di tutti gli studenti

BES di tutti gli studenti, tutti diversi, tutti inclusi, tutti integrati!

di Umberto Tenuta 

 

Leggo su Internet un serrato dibattito dal titolo

BES, così cresce la disuguaglianza (Marina Boscaino).

La prima osservazione che mi viene spontanea è: quanto poco sugli Internet si dibattono i problemi della scuola, a fronte di un continuo twittare e instagrammare……!

A che sono serviti tutti i fondi europei ed italiani spesi per informatizzare le nostre scuole, se non tutti i nostri Maestri (oso chiamare tali tutti gli insegnanti, tutti i docenti, tutti i professori!), se non leggono nemmeno su Internet?

Ma vengo al nocciolo della quistione, nella speranza che i miei non ancora raggiunti venticinque manzoniani lettori mi vogliano ancora leggere.

Comincio col riportare alcuni brani significativi del documento di cui sopra:

1)Nei documenti del ministero l’alunno non è mai visto come soggetto protagonista e attore/autore del proprio percorso. Da un riconoscimento delle differenze che si basa sul principio di eguaglianza, si passa ad una logica differenzialistica, che stigmatizza in modo sofisticato e accentua le diseguaglianze.

2)La didattica viva viene trasformata in pura procedura tecnica e si fa dell’insegnante un consumatore di ricette standardizzate, da applicare in tutte le situazioni, prodotte dal business editoriale.

Si perde di vista che l’insegnamento/ apprendimento è anzitutto relazione, un processo complesso che fa dello spazio classe un laboratorio interattivo permanente.

Si perde anche di vista che la stessa pedagogia e didattica speciale è per tutti: quello che viene inventato e sperimentato nell’esperienza con alunni disabili può funzionare con alunni senza disabilità.

3)… Si va sempre più nettamente verso una scuola a due velocità: quella per l’élite che ha i soldi nei ‘quartieri alti’ e quella per i figli del nuovo proletariato nelle periferie della società.

4)… Con la direttiva sui BES vi è anche il rischio molto concreto di dare un avallo pseudo-scientifico ad un processo preoccupante in atto in molte scuole: le aule di sostegno che diventano sempre di più classi ghetto, le sezioni di serie A e di serie B negli istituti scolastici, le scuole ‘bene’ e quelle degradate, perché collocate in territori sociali e quartieri periferici.

La logica burocratica-tecnocratica, che cala dall’alto delle proposte pasticciate e anche spesso inapplicabili, tende poi a considerare gli insegnanti come degli incompetenti, destinatari d’interventi ‘esperti’ e non degli attori delle trasformazioni. Sappiamo tutti che esistono tante criticità che vanno affrontate, che vi sono anche molti insegnanti poco preparati sul piano pedagogico e altri che dovrebbero cambiare mestiere. Ma esiste una grande massa d’insegnanti che lotta ogni giorno, che fa bene il proprio lavoro, che s’impegna spesso in modo disinteressato e con il senso della propria responsabilità nei confronti delle future generazioni.

5)… Penso che sarebbe quindi utile fornire una formazione plurale e completa agli insegnanti: è la base per fare delle scelte consapevoli e non farsi ‘colonizzare’ dall’ultima moda, spacciata come unica verità ’scientifica’. Penso anche che le società di pedagogia dovrebbero fare un lavoro di recupero del patrimonio pedagogico ricco e vario del passato, metterlo a disposizione del mondo della scuola: sono i fondamentali della funzione docente, sono alla base dell’identità culturale della professionalità dell’insegnante. Riappropriarsi della centralità della pedagogia e della didattica viva e mostrare che è altrettanto scientifica della psicologia clinica mi sembra un modo anche per ridare dignità agli insegnanti e far sì che non vivano un enorme complesso d’inferiorità nel rapporto con altre figure professionali.

6)… Per esempio, una grande ricerca-azione partecipata che coinvolga direttamente la scuola e gli insegnanti, ma anche gli alunni e i genitori, sui temi della gestione dei gruppi classe, degli apprendimenti, della valutazione non solo delle performance, ma anche dei processi d’insegnamento/apprendimento, sulle pratiche didattiche e i progetti pedagogici nelle scuole.

7)… L’autrice dell’articolo ad un certo punto scrive:
“forse dimenticando che nei consigli di classe da sempre chi sa svolgere correttamente il proprio lavoro ha tenuto in conto le condizioni personali particolari degli studenti”ma forse l’autrice stessa dimentica che “chi sa svolgere correttamente il proprio lavoro” è una minoranza all’interno delle nostre scuole.

8)…Non condivido e intravedo una difesa ’strumentale’ per non dire francamente ’sindacale’! Il punto, invece, è proprio la Pedagogia, la Didattica Speciale, quella che i nostri Docenti non conoscono affatto, soprattutto quelli delle Scuole Secondarie Superiori: i BES sono l’occasione proprio per ri-formare i docenti, insegnandoli, con corsi di aggiornamento Attivi, che vadano proprio nella direzione di aggiornare la Didattica per Tutti, nel rispetto delle Diversità di Ciascuno. Dissento fortemente anche sulla riflessione che il Cambiamento possa avvenire ‘Bottom-Up’,

9)… OBBLIGARE TUTTI I COLLEGI AD USARE IL POF CON PRIORITA’ ASSOLUTA PER QUESTO. Questa è la vera lotta agli sprechi. In questo marasma di controversie io ancora vedo soldi che si spendono per progetti e progettini, sentiamo dire, ampliamento dell’offerta formativa, anche i ragazzi bravi hanno bisogno di opportunità, ma i ragazzi bravi a scuola, seguiti da famiglie che non hanno problematiche particolari, se la caveranno comunque, se siamo in tempi di difficoltà economiche, bisogna considerare le priorità. LE PRIORITA SONO I PIU’ DEBOLI, ALTRIMENTI NON SOLO NON CI POSSIAMO CONSIDERARE SOCIETA’ DEMOCRATICA,NON CI POSSIAMO CONSIDERARE NEANCHE ESSERI UMANI COMPLETI E VERI.

 

Quanto sopra mi sembra comportare l’opinione da me espressa in tanti libri pubblicati presso le maggiori Case Editrici, in tanti corsi di aggiornamento, in tanti articoli scritti sulle maggiori riviste didattiche cartacee, in tanti articoli scritti sulle seguenti riviste digitali da me curate[1]:

http:www.edscuola.it/dida.html

www.rivistadidattica.com

E, pertanto, vorrei sintetizzare il mio pensiero che mi sembra di ritrovare confortato dalle espressioni sopra riportate.

Gli studenti, in quanto esseri umani, sono tutti diversi, non ve ne sono nemmeno due eguali nei milioni di giovani che frequentano le nostre scuole.

 

Gli uomini, in quanto individua substantia rationalis naturae  sono tutti l’uno diverso dall’altro, da Guinnes dei primati: ognuno può tranquillamente dire: come me non c’è nessuno! 

Oh! Grandezza dell’uomo, degli uomini, dei sette miliardi di esseri umani che popolano la Terra!

Ogni essere umano è infinito valore, un diamante dai miliardi di carati.

Ah! Voi uomini, ma soprattutto voi donne, ogni mattina  guardatevi allo specchio e dite: ” bella come me non c’è nessuna”! 

Anche gli studenti dovrebbero essere invitati a guardarsi allo specchio per dirsi: come me non c’è nessuno!

Milioni di studenti, tutti diversi, tutti con BES!

 

E, allora?

Allora allora allora: la risposta è stata data chissà quante volte a chissà quanti uomini di scuola distratti!

La risposta è una scuola della personalizzazione educativa per tutti gli studenti, tutti diversi, tutti con BES, tutti da integrare in una società della convivenza democratica.

Ma come la realizziamo una siffatta scuola?

Mica abbiamo il dono dello spirito santo che da tutti si fa ascoltare nelle loro lingue, tutte diverse!

Evidentemente è così!

Quindi, nelle nostre aule, niente più noiosi discorsi, niente più preconfezionate conferenze, niente più inutili lezioni collettive! 

Gli studenti non stanno più seduti nei banchi delle cattedrali medievali, con l’insegnante che fa lezione seduto dietro la cattedra, ma siedono in gruppi di tre/cinque intorno a tavoli come quelli della pizza serale, quando si ritrovano assieme, non più separati, non più rivali.

Il docente ha preparato, non le schede fotocopiate e generosamente illustrate, ma tutti i materiali concreti, virtuali, iconici e simbolici che essi utilizzano per scoprire, riscoprire, inventare/reinventare, costruire/ricostruire i concetti e, attraverso queste attività, acquisire competenze (capacità) e atteggiamenti (curiosità, interessi, aperture mentali, motivazioni…).

Gli studenti ricevono brevi proposte operative come guida per impegnarsi a ricercare, reinventare, riscoprire i contenuti dell’odierno umano sapere, saper fare, saper essere. 

Il docente, scaricato delle onerose lezioni conferenze e verifiche a non finire, si impegna a programmare, a motivare, ad aiutare, a guidare gli studenti nelle loro attività di problem solving … ma mai si sostituisce ai suoi studenti.

Al riguardo, scrive il Delessert che il docente avrà <<soprattutto il corag­gio di non dire e questo è il punto più difficile tutto ciò che sa sulle questioni trattate>>[2].

Alla fine, gli studenti riassumono i risultati cui sono pervenuti e li consegnano al docente che li sintetizza nel libro in progress della prova dei suoi studenti.

 

Difficile, questo lavoro? 

Eh, sì, direbbe Papa Francesco!

Certamente per il maestro.

Ma piacevole, gioioso, festante e produttivo di saperi (sapere, saper fare, saper essere) per gli studenti, tutti singolari, tutti diversi, tutti con BES. 

 

Per ora andiamoci a rileggere tutta la letteratura pedagogica su questa impostazione.

Un solo suggerimento disinteressato, perché si tratta:

a)               Sia di volumi per i quali da diversi anni non ricevo diritti di autore[3];

b)              Sia di articoli gratuitamente reperibili su riviste digitali da me curate[4].

 

Prometto che ritornerò su questo discorso, soffermandomi in particolare sui singoli momenti di questa attività che coinvolge, sia i docenti, sia gli studenti in un impegno gratificante e produttivo per entrambi, quello della realizzazione di una scuola su misura di tutti gli studenti, tutti diversi, tutti con BES, tutti affidati agli stessi docenti, anche essi tutti diversi, tutti con capacità e competenze specifiche, tutti disponibili a mettere le loro competenze a disposizione di tutti gli studenti di tutta la suola, scuola senza classi, scuola laboratoriale in ogni suo momento; scuola della gioia di essere maestri, di essere studenti, studenti tutti col cuore pieno di gioia, della gioia di imparare, della gioia di studiare, della gioia di lavorare assieme ai propri compagni, assieme ai propri maestri, tutti beneamati, tutti specialisti in uno o più campi della umana cultura.



[1] Libri e articoli sono riportati in elenchi pubblicati su questa rubrica.

[2] DELESSERT A., Alcuni problemi che interessano la formazione degli insegnanti di matematica, in: SITIA C.(a cura di), La didattica della matematica oggi, PITAGORA, BOLOGNA, 1979, p. 367.

[3] Vedi ELENCO DEI LIBRI DI UMBERTO TENUTA, in questa Rubrica di EDUCAZIONE&SCUOLA

[4] Vedi ELENCHI DEGLI ARTICOLI DI UMBERTO TENUTA in questa rubrica di EDUCAZIONE&SCUOLA