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Elezioni Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione

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Il 28 aprile 2015, dalle ore 8.00 alle ore 17.00, si svolgono le elezioni del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione

Il Consiglio superiore della pubblica istruzione è organo di garanzia dell’unitarietà del sistema nazionale dell’istruzione e di supporto tecnico scientifico per l’esercizio delle funzioni di governo nelle materie di cui all’articolo 1, comma 3, lettera q), della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Il Consiglio formula proposte ed esprime pareri obbligatori:

  1. sugli indirizzi in materia di definizione delle politiche del personale della scuola;
  2. sulle direttive del Ministro in materia di valutazione del sistema dell’istruzione;
  3. sugli obiettivi, indirizzi e standard del sistema di istruzione definiti a livello nazionale nonché sulla quota nazionale dei curricoli dei diversi tipi e indirizzi di studio;
  4. sull’organizzazione generale dell’istruzione.

Il Consiglio si pronuncia inoltre sulle materie che il Ministro ritenga di sottoporgli.

Il Consiglio esprime, anche di propria iniziativa, pareri facoltativi su proposte di legge e in genere in materia legislativa e normativa attinente all’istruzione e promuove indagini conoscitive sullo stato di settori specifici dell’istruzione, i cui risultati formano oggetto di relazione al Ministro.

Il Consiglio superiore della pubblica istruzione è formato da 36 componenti:

  • 12 rappresentanti del personale docente di ruolo e non di ruolo delle scuole statali di ogni ordine e grado, eletti dal corrispondente personale in servizio nelle predette scuole:
    – 1 per la scuola dell’infanzia;
    – 4 per la scuola primaria;
    – 4 per la scuola secondaria di primo grado;
    – 3 per la scuola secondaria di secondo grado.
  • 2 rappresentanti dei dirigenti scolastici delle scuole statali, eletti dal corrispondente personale in servizio nelle predette scuole.
  • 1 rappresentante del personale A.T.A. di ruolo e non di ruolo delle scuole statali, eletto dal corrispondente personale in servizio nelle predette scuole.
  • 3 rappresentanti complessivi del personale dirigente, docente e ATA, rispettivamente uno per le scuole di lingua tedesca, uno per le scuole di lingua slovena ed uno per le scuole della Valle d’Aosta, eletti dal medesimo personale in servizio nelle predette scuole.
  • 15 rappresentanti, nominati dal Ministro, come esponenti significativi dei mondo della cultura, dell’arte, della scuola, dell’università, del lavoro, delle professioni e dell’industria, dell’associazionismo professionale; di questi, tre sono esperti designati dalla Conferenza unificata Stato-Regioni città e autonomie locali e tre sono esperti designati dal CNEL.
  • 3 rappresentanti delle scuole paritarie, nominati dal Ministro, tra quelli designati dalle rispettive associazioni.
  • Il Consiglio è integrato da 1 rappresentante della Provincia di Bolzano o da un rappresentante della provincia di Trento, quando è chiamato ad esprimere il parere su progetti delle due province concernenti la modifica degli ordinamenti scolastici.

 


 


 


 


 

  • Sentenza Consiglio di Stato 18 febbraio 2015, n. 834
    Obbligo di emanazione dell’ordinanza con la quale sono stabiliti i termini e le modalità per le elezioni e le nomine dei componenti del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione
  • Sentenza Consiglio di Stato 18 febbraio 2014, n. 866
    Emanazione dell’ordinanza con la quale sono stabiliti i termini e le modalità per le elezioni e le nomine dei componenti del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione
  • Sentenza TAR Lazio 3 ottobre 2013, n. 8843
    Illegittimità del silenzio serbato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel procedimento per le elezioni, le designazioni e le nomine dei componenti del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione

BASTA STRAGI NEI NOSTRI MARI, PRIMA LE PERSONE DEI CONFINI

RETE STUDENTI E UDU: MORTE 700 PERSONE AL LARGO DELLA SICILIA / BASTA STRAGI NEI NOSTRI MARI, PRIMA LE PERSONE DEI CONFINI

Questa notte, a 70 miglia dalle coste libiche, si è capovolto ed è affondato un peschereccio su cui erano stipati circa 700 migranti. Sono state tratte in salvo solo 28 persone.
Se questi numeri verranno confermati, si tratterebbe della più grande strage della storia dell’immigrazione.

Dichiara Alberto Irone, portavoce nazionale Rete Studenti Medi: “è arrivato il momento che l’Unione europea si prenda le sue responsabilità, che affronti con serietà e determinazione la questione dei flussi migratori.
I migranti che erano su quel peschereccio scappavano da guerra, carestia, fame e vedevano nell’Europa una nuova casa in cui avere finalmente una vita dignitosa. E questo accade continuamente.
A seguito della strage del 3 ottobre 2013 era partita l’operazione Mare Nostrum, che con tutti i suoi limiti ha provveduto a salvare molte vite. Il Governo Italiano ha, però, deciso di concluderla perché eccessivamente dispendiosa, nonostante fosse consapevole del fatto che l’operazione Triton dell’agenzia Frontex, iniziata nel novembre 2013, seppur con coinvolgimento di molti stati europei, non fosse una soluzione adatta alla gestione dei flussi. Ci chiediamo a questo punto: risparmiare dalla chiusura di Mare Nostrum vale di più di una, dieci, centinaia di vite umane?”

Dichiara Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari: “È compito di tutti gli stati membri dell’Unione Europea mettersi a disposizione perché le politiche migratorie e di accoglienza cambino una volta per tutte, nella direzione della tutela dei diritti umani.
È necessario che si costruiscano corridoi umanitari per strappare ai trafficanti di esseri umani le tante vite che finiscono nel nostro mare e l’Unione europea deve prendersi carico, in modo condiviso tra tutti gli stati, dell’accoglienza di chi arriva sulle coste del vecchio continente.”

Come Rete degli Studenti Medi e Unione degli Universitari crediamo sia importante che la società civile e le istituzioni si mobiliti affinché non ci siano più stragi come questa. Parteciperemo convintamente a tutte le iniziative che verranno messe in atto

La buona scuola e il potere dei presidi di scegliere gli insegnanti

LA BUONA SCUOLA E IL POTERE DEI PRESIDI DI SCEGLIERE GLI INSEGNANTI
LA BATRACOMIOMACHIA
  GOVERNO – SINDACATI

di Giuseppe Guastini

Art. 7 Comma 2

Il dirigente sceglie i docenti che risultano più adatti a soddisfare le esigenze delle scuole e propone, sulla base dei piani triennali dell’offerta formativa di cui all’articolo 2, incarichi ai docenti iscritti negli albi territoriali e al personale di ruolo già in servizio presso altre istituzioni scolastiche…. (dal testo di presentazione del DdL “la buona scuola”)

E’ probabile che si tratti di una semplificazione giornalistica ma molti media hanno qualificato le manifestazioni sindacali di questi giorni come una battaglia “contro il potere dei presidi”.

La battaglia sindacale è dunque tutta qui ?

D’altra parte è più che evidente come il DdL governativo, nella parte dedicata agli incarichi di insegnamento, sia frutto di idee approssimative e populistiche.

Il vero problema non sta nella possibilità di scegliere i docenti “più adatti a soddisfare le esigenze delle scuole” ma nel fatto che chi ha la responsabilità del governo dell’istruzione deve garantire che chi va ad insegnare sia provvisto dell’equipaggiamento professionale necessario a fare questo mestiere: competenze disciplinari, competenze metodologiche, competenze digitali, competenze organizzative e relazionali etc.

Ma cos’è successo sino ad ora ? E’ successo che si è fatto massivamente ricorso al personale precario. Il precariato, oltre che una condizione esistenziale disgustosa, col tempo è divenuta una delle peggiori patologie di sistema dell’istruzione. Anzi, una duplice patologia: primo perchè il docente precario difficilmente potrà identificarsi in una comunità professionale; poi perchè quando si tratterà di mettere in ruolo le molte decine di migliaia di docenti (alcune stime parlano di 150 mila) nessuna forma appena decente di reclutamento e di formazione potrà essere dispiegata per garantire l’acquisizione delle competenze sopra richiamate. Buona scuola ? Tra non molto la scuola verrà inondata di insegnanti di ruolo, molti già ultra-cinquantenni, con alle spalle le più disparate e disperate esperienze di sopravvivenza.

L’Art. 7 sembra un abito cucito addosso a questo sbilenco manichino: vi manderemo di tutto; scegliete voi se potete.

In un Paese normale, con governi normali, viene annualmente determinato il fabbisogno di docenti e quindi, avendo a che fare con piccoli numeri, si riesce a garantire un reclutamento e una formazione iniziale e continua in grado di sostenere l’innovazione.

Da noi invece l’esatto contrario.

I docenti per il sostegno mediatori didattici dell’inclusione

I docenti per il sostegno mediatori didattici dell’inclusione

di Salvatore Nocera

 

Sono costretto a tornare a difendere le scelte operate dalla PdL A.C. n. 2444 predisposta da FISH e FAND sul miglioramento dell’inclusione scolastica.

Stavolta l’attacco, in vero non nuovo, ma molto efficace, viene dal prof. Ianes con l’articolo pubblicato su Superando in cui si afferma che la nostra PdL ha obiettivi condivisibili, ma mezzi sbagliati. Gli obiettivi condivisibili sono sostanzialmente la formazione iniziale ed obbligatoria in servizio dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive, apprezzata anche dalla Fondazione Agnelli nella sua recente audizione alla Camera sul DdL sulla buona scuola A.C. n. 2994.

Il mezzo sbagliato è fondamentalmente costituito dalla scelta di una formazione e ruoli separati per i futuri docenti specializzati.

Il prof. Ianes, dopo aver riassunto le norme della PdL FISH-FAND concernenti il curricolo formativo dei futuri docenti specializzati, sostiene che tale separazione facilita la delega dei docenti curricolari a quelli per il sostegno. E qui non ci siamo.

Infatti la PdL propone una serie di misure che tendono a rafforzare sia le competenze degli insegnanti curricolari che di quelli specializzati per il sostegno. Non bisogna dimenticare che nell’articolato della proposta di legge – cosa che sembra già essere stata recepita nel disegno di legge sulla Buona scuola – sono previsti corsi di formazione obbligatoria in servizio, ad inizio d’anno, di almeno 25 ore, sulle disabilità o altri bisogni educativi specifici per tutti gli insegnanti. È questo, a nostro avviso, il miglior antidoto contro il processo di delega.

Quanto alla formazione iniziale, la PdL prevede che tutti i futuri insegnanti debbano seguire almeno un semestre accademico, ossia 30 CFU, sulle tematiche dell’inclusione. Questo già è previsto per i futuri docenti della scuola primaria e dell’infanzia, ma non per quelli delle superiori, i cui corsi abilitanti all’insegnamento prevedono solo 6 CFU dedicati a ciò.

Una volta rafforzate le competenze dei docenti curricolari, si propone un percorso specifico potenziato rivolto ai futuri docenti specializzati per il sostegno didattico. Nello specifico, si prevede un percorso unico o parallelo, di durata triennale, nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria. Al terzo anno, gli studenti potranno scegliere se specializzarsi nel sostegno o proseguire nel percorso ordinario. Senza scendere in specifiche tecniche, è intuitivamente comprensibile come alcuni insegnamenti potranno costituire ulteriore approfondimento per i docenti curricolari, mentre altri serviranno a coloro che vorranno specializzarsi nel sostegno. Non è certo l’eliminazione dell’esame di “Letteratura italiana” – per fare un esempio, scorrendo i piani di studio attualmente in vigore – che può minare la formazione di un docente di sostegno, ma tale esame potrà continuare a costituire il bagaglio formativo del docente di scuola primaria o dell’infanzia, come oggi avviene. I docenti specializzati avranno invece approfondito una serie di aspetti che non è possibile affrontare in un corso di base generalista. Riscontriamo infatti l’inadeguatezza dell’attuale preparazione quando i docenti per il sostegno si trovano a fronteggiare alcune disabilità gravi e/o specifiche. Tale è infatti il caso delle disabilità sensoriali (cecità e sordità in particolare) per le quali occorrono preparazioni adeguate (conoscenza del Braille, ad esempio) che non possono essere approfondite in un solo anno di corso insieme a tante altre; oppure il caso dell’autismo o di altre disabilità intellettive, quali la sindrome di Down, ecc.. Si chiede insomma di approfondire la pedagogia e la didattica speciale (non gli aspetti clinici) in maniera adeguata, senza però tralasciare l’impostazione di base e quell’impianto generale di conoscenze che deve restare patrimonio di ciascun docente. Ciò sarà possibile dal momento che nei primi tre anni di studi universitari tutti studieranno   pedagogia generale e didattica delle singole discipline, lingua italiana, lingue straniere, storia e geografia, matematica e scienze, tecnologie etc. Nei due anni di specializzazione dovrebbero studiare didattiche speciali con particolare attenzione a saper rispondere ai bisogni educativi speciali derivanti da diverse situazioni di disabilità: ciechi, sordi oralisti e segnanti, alunni con sindrome di Down, con autismo, con disabilità intellettive complesse o con disabilità motorie, etc. e saper collaborare coi colleghi curricolari per la realizzazione di strategie didattiche inclusive, come insegnamento cooperativo, lavoro per piccoli gruppi, “ classe capovolta “ (flipped classroom), ricerca-azione, etc., mentre nell’ultimo anno abilitante svolgerebbero tirocinio diretto ed indiretto su singoli casi. Lo stesso dovrebbe accadere anche per i corsi abilitanti all’insegnamento per la scuola superiore. Dopo la laurea triennale – che fornisce i requisiti di conoscenza della disciplina – seguirà un biennio di specializzazione sulla pedagogia e didattica speciale, per poi proseguire con l’anno di tirocinio formativo attivo da svolgere in contesti inclusivi. Ciò permetterà a questi professionisti di mantenere una cultura professionale di docenti e di acquisire un linguaggio ed una mentalità che permetterà loro di dialogare coi colleghi curricolari per saper mediare l’insegnamento delle discipline curricolari e l’apprendimento delle stesse da parte degli alunni con disabilità e tra questi ed i loro compagni. I docenti specializzati dovranno insomma anche essere i mediatori   a livello didattico dell’inclusione tra i docenti curricolari e gli alunni con e senza disabilità.

Quindi, lungi dal facilitare la delega a loro da parte dei docenti curricolari, e quindi l’isolamento degli   alunni con disabilità, divengono uno snodo indispensabile e fondamentale per l’inclusione.

La proposta da tempo sostenuta da Ianes circa la restituzione dell’80% dei docenti per il sostegno ai ruoli disciplinari, sembra poco realistica, sia perché, in tempi in cui il MIUR riduce il numero dei docenti, si avrebbe un aumento del 10% circa dei docenti curricolari, anche se specializzati (circa 80.000 docenti per il sostegno su circa 800.000 curricolari), sia perché il 90% dei docenti curricolari rimarrebbero del tutto impreparati a gestire direttamente alunni difficili che si erano abituati a delegare ai soli docenti per il sostegno. Solo dopo una generale e lunga formazione seria ed approfondita sulle didattiche inclusive dei docenti curricolari, questa ipotesi potrebbe essere presa in considerazione

Anche la parte complementare della proposta di Ianes di formare col restante 20% di docenti specializzati gruppi di consulenza itineranti sembra poco realistica, stante l’attuale assoluta impreparazione dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive, dal momento che tali gruppi potrebbero incontrare le singole classi solo per un paio d’ore alla settimana, con costi discreti di spostamento e con possibili resistenze psicologiche da parte dei colleghi curricolari.

Anche l’ipotesi del Gruppo di docenti bis-valenti, cioè con mezza cattedra curricolare e mezza per il sostegno, rilanciata da Ianes, mi sembra in palese contrasto con l’ipotesi della nostra PdL, che vuole coi ruoli appositi per il sostegno realizzare la continuità didattica, che invece verrebbe resa difficoltosa o impossibile se gli alunni con disabilità avranno ciascuno più di un docente per il sostegno e per talune discipline curricolari. Ognun sa quanto la presenza di più docenti per il sostegno o curricolari per la stessa disciplina disorienti gli alunni, specie quelli con disabilità intellettive complesse; non per nulla si è riusciti a far abrogare dall’art 15 della l.n. 128/2013 le aree disciplinari per il sostegno nelle scuole superiori che comportavano talora la presenza di tre o quattro docenti per il sostegno con lo stesso alunno.

Giustamente osserva Ianes che bisogna guardare più ai risultati – alla buona qualità inclusiva – che ai mezzi – numero di ore di sostegno. I risultati nell’attuale sistema del sostegno sono in troppi casi negativi per discontinuità e totale delega dei docenti curricolari. Vedremo se la nostra ipotesi riuscirà a produrre risultati migliori per la qualità dell’inclusione, lavorando sugli indicatori di qualità concordati tra famiglia, docenti per il sostegno e docenti curricolari, che finalmente prenderanno in carico il progetto inclusivo, ovviamente pretendendo il rispetto dell’art. 5 comma 2 del DPR n. 81/09 che fissa a 20 il numero massimo di alunni nelle classi frequentate da alunni con disabilità, proprio per favorire, con un minor numero di alunni, tale presa in carico.

La figura di docente per il sostegno che emerge dalla nostra PdL mi pare pienamente in linea con lo stato giuridico e le funzioni per esso previste dalla normativa vigente.

Infatti, quanto allo stato giuridico, essa risponde pienamente al dettato dell’art 13 comma 6 della l.n. 104/92, secondo il quale il docente specializzato assume a tutti gli effetti la contitolarità della classe e partecipa a tutte le sue attività di programmazione e di verifica.  Quanto alle funzioni, specie quella valutativa, la proposta è in linea con gli artt. 2,4 e 6 del DPR n. 122/09 i quali stabiliscono che il docente per il sostegno valuta tutti gli alunni della classe sotto il profilo degli apprendimenti in generale, della crescita nella comunicazione reciproca, della socializzazione e delle relazioni.

A questo punto vorrei sperare che anche il professor Ianes – preso atto di quanto ho cercato di chiarire – ci aiuti a fugare leggende metropolitane come quella secondo la quale la nostra Pdl proporrebbe un futuro docente specializzato più in aree sanitarie o assistenziali che in quelle della didattica.

F. Jaeggy, Sono il fratello di XX

L’altro della vita

di Antonio Stanca

jaeggyFleur Jaeggy è una scrittrice svizzera. E’ nata a Zurigo nel 1940 e fin dall’infanzia è stata in collegio. Molti collegi ha conosciuto ed in essi ha studiato, è diventata giovane. Intorno agli anni Sessanta si è trasferita a Roma dove ha frequentato gli ambienti culturali ed artistici dell’epoca. Nel 1968 si è stabilita a Milano dove ora vive sposata con Roberto Calasso, scrittore ed editore. Ha sempre scritto in lingua italiana e nel 1989, quando aveva quarantanove anni ed aveva già pubblicato altre opere, conoscerà il successo con il romanzo I beati anni del castigo. Per questo nel 1990 le sarà assegnato il Premio Bagutta.

Oltre che scrittrice la Jaeggy si rivelerà saggista e traduttrice. Scriverà testi teatrali. Nel 2003 il “ Times Literary Supplement” dichiarerà libro dell’anno il suo romanzo Proleterka pubblicato nel 2001 e vincitore del Premio Viareggio 2002.

Una figura importante è la Jaeggy nel contesto della letteratura contemporanea. Da molti anni collabora con la casa editrice Adelphi di Milano e a Luglio del 2014 per i tipi dell’Adelphi, nella serie “ Fabula”, è comparsa una sua nuova opera, Sono il fratello di XX, pp.129, € 15,00. E’ una raccolta di racconti, alcuni brevi, altri brevissimi, altri ampi, nei quali la Jaeggy si mostra con lo stile che ormai la distingue perché fatto di piccole frasi, a volte ridotte ad una sola parola, d’improvvisi cambiamenti di scena, di persona e tempo dei verbi, d’insoliti accostamenti, di bruschi passaggi, di gravi contrasti. Anche i contenuti sono i suoi soliti dal momento che dicono di situazioni oscure, tenebrose vissute da persone diverse in tempi e luoghi diversi. Sono soprattutto donne, donne bambine, ragazze, giovani, i personaggi della scrittrice. I loro sono esempi di una vita rimasta esclusa perché altra da quella che generalmente scorre, di una condizione umana, sociale che è stata impedita nella sua crescita, ostacolata nella sua formazione, di un’umanità della quale non si sa, non si parla. Una scoperta diventa quella compiuta dalla Jaeggy, una rivelazione delle sofferenze, dei drammi che avvengono, che esistono oltre quel che si vede, si sente, si dice. Di dolori sconosciuti, rimasti nascosti narrano i suoi racconti, di danni provocati dalle famiglie, dalle case, dalla società. Di questi parla la scrittrice perché vuole che si conoscano, si sappiano.

C’è un’altra dimensione, vuol dire la Jaeggy, oltre quella che appare, è la dimensione di chi è rimasto imprigionato tra i suoi pensieri, di chi non è riuscito a liberarsi da paure, terrori che lo assillavano, di chi è stato privato dei suoi primi bisogni, di chi si è costruito un universo d’immagini, di figure ed in esso si è rifugiato, di chi è convinto di comunicare, di scambiare con i defunti, con i loro oggetti e a questi attribuisce un’anima, questi ama. Sono persone che non hanno avuto accesso nella vita, non sono entrate a far parte di essa, ne sono rimaste fuori, isolate. Sono deviate e questa condizione sentono come l’unica, in questa fanno rientrare regole, norme a volte assurde, cruente.

Turbano certe situazioni di questi racconti anche perché giungono improvvise come voluto dallo stile lapidario della Jaeggy, dal suo procedere per enunciati e con una velocità che attira ma che pure inquieta. E’ la tecnica di quel cinema che fa vedere solo immagini brevi e veloci quasi fossero scatti fotografici volti a sorprendere, abbagliare. Questo sembra l’intento della scrittrice, enunciare, proclamare, dire ad alta voce di quant’altra vita c’è oltre quella conosciuta. Un grido d’allarme può essere inteso il suo, una richiesta d’aiuto rivolta ad un mondo, ad un tempo completamente ignari di chi è rimasto solo e ad ogni male esposto.

Ddl scuola, sciopero dei lavoratori il 5 maggio. I sindacati: “È l’inizio della lotta”

da Il Fatto Quotidiano

Ddl scuola, sciopero dei lavoratori il 5 maggio. I sindacati: “È l’inizio della lotta”

Il disegno di legge contestato attraverserà la prossima settimana un passaggio cruciale: lunedì, alle 12, scade il termine per la presentazione degli emendamenti la cui ammissibilità verrà valutata martedì per poi passare il giorno successivo all’esame delle proposte di modifica ritenute idonee

Sindacati uniti: sciopero della scuola il 5 maggio contro la riforma Renzi

da Repubblica.it

Sindacati uniti: sciopero della scuola il 5 maggio contro la riforma Renzi

L’annuncio alla manifestazione della Rsu a Roma. E’ il primo unitario dopo sette anni. In piazza anche gli studenti. Giannini: “Legittimo, ma riforma rivoluzionaria”

di SALVO INTRAVAIA

ROMA – Dopo quasi sette anni, la scuola torna a fermarsi compatta. Ad annunciarlo dal palco della manifestazione delle Rsu in corso a piazza SS. Apostoli a Roma, i sindacati confederali. Martedì 5 maggio, i lavoratori  –  docenti, Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) e dirigenti scolastici  –  aderenti a Flc-Cgil, Cisl scuola e Uil scuola, Gilda-Unams, Snals-Confsal scenderanno in piazza contro il disegno di legge sulla Buona scuola, presentato dal governo e in discussione con tempi strettissimi in questi giorni in Parlamento. E annunciano la partecipazione anche gli studenti della Uds e della Rete studenti medi. E’ fiduciosa la reazione del ministro: sciopero ovviamente “legittimo” ma la riforma del governo ha dei “principi rivoluzionari”, dice Stefania Giannini. E aggiunge: “E’ una riforma che ha dei principi rivoluzionari dal punto di vista culturale, del metodo e della governance delle scuole. Sono certa – ha concluso – che quando sarà capita fino in fondo da tutti ci sarà un’accettazione ma soprattutto una partecipazione ancora più ampia di quella che abbiamo trovato”.

Era dal 30 ottobre 2008, quando tutti i sindacati manifestarono contro la riforma Gelmini, che la scuola non scendeva in piazza con tutte le sigle sindacali. Sei anni e mezzo fa, fu la riforma della scuola del governo Berlusconi a mettere tutti “d’accordo”, questa volta è la Buona scuola di Renzi a convincere tutti i rappresentanti dei lavoratori. Dopo il balletto strumenti parlamentari del premier  –  tra decreto-legge di marzo e disegno di legge di aprile, per altro molto diversi tra loro  –  lo sciopero generale della scuola era nell’aria da settimane. Perché dal 3 settembre, quando il premier Matteo Renzi presentò le prime slide sul piano di riforma che il governo intendeva potare a termine in tempi brevi, i rappresentanti dei lavoratori non sono stati coinvolti nella discussioni su tematiche di elevata complessità, come quelle della riforma della scuola. Anche se l’esecutivo “promette” di assumere 100mila docenti a settembre.

“Quando si mette mano a questioni senza averne conoscenza e competenza  –  dice senza mezzi termini dal palco della manifestazione di questa mattina Francesco Scrima, leader della Cisl scuola  –  si finisce come l’apprendista stregone e si rischia di fare danni incalcolabili. Questo sta facendo Renzi sulla scuola”. “Noi chiediamo l’immediata stabilizzazione dei precari  –  ha dichiarato Domenico Pantaleo, segretario generale Flc Cgil  – , il rinnovo del contratto, e che si realizzi, finalmente, una scuola autonoma, libera da molestie burocratiche e basata sulla partecipazione e la cooperazione tra i soggetti che operano nella scuola e nel territorio. Del disegno di legge va cambiato tutto e noi non possiamo più aspettare”. “Non è una riforma (né tantomeno una buona scuola)  –  aggiunge Pantaleo  –  quella che si fa senza coinvolgere veramente i lavoratori che ci lavorano ogni giorno, ascoltando i loro bisogni”.

Secondo i sindacati, “i grandi assenti di questo disegno di legge sono un reale piano di investimenti e un piano di assunzioni anche per il personale Ata, che rischiano di compromettere il futuro della scuola italiana”. “Pretendere di cambiare la scuola  –  conclude Scrima  –  senza partire dalla loro conoscenza dei problemi, dalla loro esperienza, dalla loro competenza è un grave atto di presunzione ed è anche la ragione per cui stiamo assistendo da mesi a proposte ogni volta diverse, spesso addirittura stravaganti, ma sempre ugualmente lontane da ciò che servirebbe davvero alla scuola per cambiare in meglio”. Nelle scorse settimane, i sindacati hanno riunito docenti e Ata nelle province raccogliendo un grande dissenso e una grande preoccupazione soprattutto per la figura del preside-sceriffo cui Renzi vuole affidare le sorti della scuola italiana del terzo millennio. Gli unici contenti del piano di riforma pensato a Palazzo Chigi sembrano proprio i dirigenti scolastici.

Sciopero, non c’è solo il ddl da fermare: la scuola ha gli stipendi fermi da sei anni!

da La Tecnica della Scuola

Sciopero, non c’è solo il ddl da fermare: la scuola ha gli stipendi fermi da sei anni!

A sottolinearlo è stato il leader della Cisl, Annamaria Furlan a margine della manifestazione dei sindacati sulla scuola: non bastano le belle parole, ci vogliano i fatti. E ancora: non si fanno le riforme con le consultazioni on line. Tra le richieste, anche quella di estrapolare le assunzioni dalla riforma: altrimenti sarà davvero complicato fare le assunzioni entro settembre.

Non c’è solo il ddl da rivedere: lo sciopero del 5 maggio dei sindacati rappresentativi, che si aggiunge a quello del 24 aprile voluto da Anief, Unicobas e Usb, oltre che ormai all’altro “tradizionale” dei Cobas in corrispondenza delle prove Invalsi, sarà l’occasione per tornare a chiedere quel rinnovo del contratto di cui si sono perse le tracce.

”Credo che dopo sei anni di blocco dei contratti non bastino le belle parole, ma ci vogliano i fatti”, ha tenuto a precisare il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan a margine della manifestazione dei sindacati sulla scuola svolta a Roma in piazza Santi Apostoli. La leader del sindacato Confederale ha chiesto quindi al Governo di convocare le organizzazioni dei lavoratori per aprire il tavolo per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego.

Dai sindacati giungono anche richieste sulla necessità di estrapolare le assunzioni dal disegno di legge all’esame del Parlamento, realizzando con celerità un decreto legge.

”Quella degli insegnanti e del personale della scuola è una protesta sacrosanta – ha detto ancora il numero uno della Cisl – questo Governo è quello che in assoluto ha fatto più decreti. E allora ne faccia uno per fare da subito le assunzioni nella scuola. Visto che tutto è passato in un disegno di legge, sarà davvero complicato fare le assunzioni entro settembre. Non si fanno le riforme con le consultazioni on line. La vera scuola è quella della Costituzione, della partecipazione e della collegialità. Tutte cose che mancano del tutto nel disegno di legge del Governo. Ecco perché chiediamo di rivederlo”.

Giannini non arretra: il ddl è una riforma culturale rivoluzionaria

da La Tecnica della Scuola

Giannini non arretra: il ddl è una riforma culturale rivoluzionaria

Il responsabile del Miur rimane fermo sulle sue idee. E ribatte: quando la riforma “sarà capita fino in fondo da tutti, ci sarà un’accettazione ma soprattutto una partecipazione ancora più ampia di quella che abbiamo trovato. A questo punto diventa fondamentale, forse decisiva, la risposta agli scioperi di questi giorni: se dovesse essere massiccia, come sperano i sindacati, ministro e Governo rimarranno ancora fermi nella loro posizione?

Lo sciopero appena annunciato dai sindacati non scuote il responsabile del Miur, che rimane fermo sulle sue idee: “manifesto rispetto per chi sciopera. Stiamo cercando di costruire consenso su #labuonascuola, riforma culturale rivoluzionaria”, scrive in un tweet il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, commentando la proclamazione dello sciopero della scuola per il 5 maggio prossimo.

Bisogna ora capire se l’opionione del minsitro rimarrà immutata, in estrema difesa del disegno di legge di riforma, qualora vi sia un’adesione massiccia agli scioperi di questi giorni (24 aprile, indetto da Anief, Usb e Unicobas), del primo martedì di maggio, appena annunciato dai sindacati rappresentativi, e da quelli ormai “tradizionali” dei Cobas in corrispondenza di prove Invalsi e scrutini di fine anno.

Il ministro Giannini ha quindi confermato il concetto a margine del festival del volontariato a Lucca: “tutto il rispetto per una forma legittima di dissenso come lo sciopero”, ma il governo sta “cercando invece da un anno di costruire un ampio consenso intorno a una riforma in cui crediamo tantissimo, che è una riforma che ha dei principi rivoluzionari dal punto di vista culturale, del metodo e della governance delle scuole”.

Il ministro si è detto certo che quando la riforma “sarà capita fino in fondo da tutti, ci sarà un’accettazione ma soprattutto una partecipazione ancora più ampia di quella che abbiamo trovato”.

Il titolare del dicastero dell’Istruzione ha quindi parlato del percorso parlamentare della riforma: “Il Parlamento sta facendo molto bene il proprio lavoro e noi seguiamo con assiduità i lavori della VII commissione. Non so se gli emendamenti saranno tanti, ma l’importante è che siano emendamenti di qualità che migliorino il testo come è corretto che avvenga nel dibattito parlamentare”.

Confermato lo sciopero del 5 maggio

da La Tecnica della Scuola

Confermato lo sciopero del 5 maggio

Sciopero dei lavoratori della scuola il 5 maggio. Lo hanno annunciato i sindacati del settore dal palco della manifestazione della Rsu in corso a Roma. Lo sciopero è indetto da Flc-Cgil, Uil scuola, Cisl scuola, Gilda-Unams, Snals-Confsal, contro il ddl “buona scuola”. Barbagallo (Uil): se non cambia il ddl ci sarà un’azione di lotta.

I sindacati di categoria della scuola hanno deciso: si sciopera il 5 maggio contro il disegno di legge sulla scuola, fondendo la pretesta con quella già annunciata da tempo dai Cobas. Lo ha annunciato dal palco di piazza santi Apostoli, a Roma, i leader dei sindacati maggiori della scuola Flc-Cgil, Uil scuola, Cisl scuola, Gilda-Unams, Snals-Confsal.

Il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, a margine della manifestazione unitaria dei sindacati in piazza Santi Apostoli, lo aveva detto qualche minuto prima dell’annuncio ufficiale: “oggi le categorie annunceranno lo sciopero. Se non cambia il ddl ci sarà un’azione di lotta”.

Quello che i sindacati chiedono è un decreto legge sui contratti per regolarizzare 100mila precari, mettere in sicurezza le scuole, togliere poteri a presidi e burocrati.

C’era anche Susanna Camusso (Cgil) alla manifestazione: “Questa è la prima mobilitazione dopo il Ddl varato dal governo e credo che unitariamente bisogna decidere di proseguire anche con lo sciopero generale”

 

Scuole che cadono a pezzi, ma secondo il Ministro la priorità è il trilinguismo

da La Tecnica della Scuola

Scuole che cadono a pezzi, ma secondo il Ministro la priorità è il trilinguismo

Mentre le scuole cadono a pezzi e mentre i sindacati proclamano lo sciopero del comparto il Ministro elenca le “vere” priorità del nostro sistema scolastico: per esempio introdurre lo studio obbligatorio di una terza lingua.

Secondo il ministro Giannini, il trilinguismo sarebbe una priorità per la scuola italiana.
Se si trattasse di una opinione sarebbe assolutamente rispettabile, come ogni altra opinione.
Ma in questo caso si tratta di una affermazione fatta da un Ministro della Repubblica che – immaginiamo – potrebbe preludere ad azioni e interventi concreti.
Ora, senza nulla togliere al tema del trilinguismo (in diversi Paesi europei viene praticato da anni), a noi sembra che parlare di priorità sia un po’ esagerato.
Soprattutto se si tiene conto di cosa sta accadendo proprio in questi giorni e in queste ore.
Nell’ultimo mese in almeno una mezza dozzina di edifici scolastici di tutta Italia (gli eventi riguardano scuole del nord e del sud) si sono staccati intonaci e controsoffittature e solo grazie alla buona sorte gli incidenti non hanno avuto conseguenze drammatiche (qualche ferito, comunque, si conta).
In queste ore tutti i sindacati rappresentativi hanno proclamato uno sciopero contro il disegno di legge sulla scuola, mentre i sindacati di base hanno confermato le azioni già da tempo programmate.
Francamente a noi pare che le priorità dovrebbero ben altre: procedere al più presto (e cioè a partire dalla prossima settimana e non fra un anno, ma neppure fra un mese) ad una ricognizione puntuale delle strutture scolastiche intervenendo almeno sulle situazioni più rischiose.
L’altra priorità riguarda il ddl 2994 e forse il ministro Giannini farebbe bene a pensare seriamente ad emendare il provvedimento almeno per gli aspetti sui quali il contrasto con il mondo della scuola è più evidente.
Ma forse Stefania Giannini ha un’idea molto personale su cosa siano le priorità nel mondo della scuola.

Sciopero del 5 maggio: una vittoria del sindacalismo di base?

da La Tecnica della Scuola

Sciopero del 5 maggio: una vittoria del sindacalismo di base?

E’ indubbio che le pressioni esercitate dai sindacati di base nelle ultime settimane hanno in qualche modo convinto anche i sindacati rappresentativi ad assumere iniziative di protesta.  E la FGU-Gilda rilancia: “Sciopero anche nei giorni degli scrutini”.

Un fatto è certo: la proclamazione dello sciopero del 5 maggio da parte dei 5 sindacati principali rappresenta in concreto una vittoria indiretta del sindacalismo di base.
Lo sottolineano con toni e modi diversi Unicobas, Aneif, USB e Cobas.
I primi tre, in un comunicato unitario, ricordano che “la discussione del disegno di legge inizierà proprio il 23 aprile, giorno di approvazione del DEF e quindi la mobilitazione per convincere il Parlamento e il Governo a ritirare o a emendare il testo deve partire prima e subito con lo sciopero del 24 aprile proclamato da Anief, ‎Unicobas e USB, a cui hanno aderito altre cinque sigle sindacali”.
Ma gli stessi tre sindacati non hanno intenzione di fermarsi al 24 e infatti dichiarano: “La protesta potrà continuare il mese successivo, con una staffetta di scioperi, in maniera unitaria, se verrà approvata una piattaforma comune tesa a respingere in blocco il provvedimento”.
Dal canto loro i Cobas sostengono che è proprio grazie alle loro azioni e al loro lavoro di informazione all’interno delle scuole, lavoro svolto spesso insieme con l’Unione degli Studenti, che si è creato un clima di forte “pressing” sulle segreterie dei sindacati principali che, alla fine, sono stati quasi “costretti” a proclamare lo sciopero.
Ovviamente i 5 sindacati rappresentativi non ci stanno a prendere per buona questa lettura dei fatti e sostengono che comunque lo sciopero ci sarebbe stato comunque. Nel corso della manifestazione di questa mattina, per esempio, Rino Di Meglio (FGU-Gilda) è arrivato a dire che lo sciopero del 5 è solo un inizio e se non ci saranno risposte chiare da parte del Governo si potrà arrivare persino allo sciopero durante i giorni degli scrutini.
Per parte loro i Cobas sperano ancora che le segreterie territoriali dei principali sindacati riescano a convincere i propri vertici a spostare la protesta dal 5 al 12, mentre Unicobas, Anief e USB insistono sul fatto che il ddl è del tutto inemendabile e irricevibile (e su questo c’è accordo con i Cobas che ritengono che obiettivo degli scioperi deve essere proprio quello di ottenere il ritiro del disegno di legge).
L’impressione che si ha è che il fronte della protesta non sia particolarmente compatto e che, almeno per il momento, l’unità di intenti sia più apparente che reale. E, proprio sfruttando questa “falla”, il Governo potrebbe avere buon gioco. Cosa succederebbe, infatti, se nelle prossime ore Renzi annunciasse l’apertura più o meno immediata del tavolo contrattuale e dichiarasse la disponbilità a cancellare alcune norme del ddl (per esempio quelle sugli albi territoriali e sulle supplenze oltre i 36 mesi)?

Sindacati contro il Governo di centro-sinistra

da La Tecnica della Scuola

Sindacati contro il Governo di centro-sinistra

Tutti insieme contro il Governo: non accadeva dall’ottobre del 2008, ma allora la protesta era rivolta contro il centro-destra di Tremonti e Gelmini; questa volta c’è una novità: lo sciopero – più politico che contrattuale – è contro un Governo di centro-sinistra.
Camusso (Cgil): “Non escludiamo uno sciopero generale”

La notizia che avevamo fornito in anteprima nella tarda serata del 17 aprile è ormai ampiamente confermata: per il 5 maggio i sindacati rappresentativi hanno proclamato lo sciopero di tutto il comparto scuola. Obiettivo: contrastare il ddl sulla scuola e possibilmente ottenerne il blocco.
Tutti d’accordo, almeno apparentemente, ma in realtà le polemiche non mancano.
I Cobas si dicono soddisfatti anche per essere riusciti in qualche modo a far convergere gli altri sindacati su una data che essi stessi avevano già individuato da molto tempo e che coincide con la somministrazione dei test Invalsi nella primaria.
Ma Piero Bernocchi, portavoce nazionale, aggiunge: “Dopo i COBAS, anche gli altri sindacati convocano lo sciopero generale della scuola, ma  rinunciando agli studenti e alla manifestazione nazionale voluta da tutti/e.  Perché il 5 maggio e non il 12, richiesto a gran voce dal popolo della scuola pubblica? Perché il NO alla manifestazione nazionale che può far cancellare l’ignobile Ddl Renzi?”
In effetti fino a 24 ore fa la data dello sciopero era ancora incerta, soprattutto perchè pareva che Cgil e FGU-Gilda potessero accettare la data del 12. Ma l’assoluta indisponibilità degli altri sindacati ha di fatto costretto tutti a trovare un accordo.
Accordo che non piace neppure a Unicobas, Anief e USB che confermano la propria data del 24 aprile, data che, di fatto, darebbe il via a quasi 3 settimane di proteste, dal momento che i Cobas sciopereranno anche il 6 maggio e il 12 (ma solo nella scuola secondaria).
E con l’ipotesi ventilata dal segretario generale della Cgil Susanna Camusso di arrivare persino ad uno sciopero generale.
Adesso però bisogna vedere cosa farà il Governo. Giannini ha detto che si aspetta che il Parlamento corregga in meglio il ddl e questo fa pensare che il PD sia già pronto con un pacchetto di emendamenti che si conosceranno nella mattinata di lunedì 20.
Il dubbio che una eventuale “offerta” del Governo di modificare qualche punto del ddl possa servire a convincere i sindacati a tornare sulle proprie decisioni è più che legittimo, anche se, soprattutto per la FLC, revocare lo sciopero non sarà per nulla semplice.