Sicurezza scuola: allarme UPI fondato, il Ministero risponda con una seria programmazione

Cittadinanzattiva su sicurezza scuola: allarme UPI fondato, il Ministero risponda con una seria programmazione

“Condividiamo l’allarme lanciato dal presidente dell’UPI Saitta. I dati forniti sulla sicurezza degli edifici e sulla situazione delle palestre sono verosimili: si parla di rischio riapertura di 400 scuole su 5179 e da anni sosteniamo, a seguito dei monitoraggio della campagna Impararesicuri, che una scuola su dieci è in condizioni pessime”, ad affermalo Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale della scuola di Cittadinanzattiva.

“La risposta del capo dipartimento del MIUR, Lucrezia Stellacci ci pare dettata da una scarsa consapevolezza della gravità della situazione e dalla mancanza di una programmazione puntuale degli interventi da attuare per la sicurezza delle nostre scuole. Una logica da “mettere le toppe” non più accettabile. Al ministero chiediamo di prendere in considerazione le proposte che da qualche settimana abbiamo lanciato con “La scuola che vorrei”, già sottoscritte da numerose scuole.

L’allentamento del patto di stabilità per gli interventi di edilizia scolastica più urgenti, e la previsione, come proposto dall’UPI, di un piano straordinario triennale di almeno 1 miliardo di euro l’anno: sarebbero queste le prime risposte immediate che vorremmo avere dal Ministro”.

Disamina dei componenti delle Commissioni Cultura di Camera e Senato

Docenti, giornalisti, ma anche disoccupati: disamina dei componenti delle Commissioni Cultura di Camera e Senato

Le scelte del Governo Letta per i componenti delle Commissioni Cultura di Camera e Senato sono cadute su un gruppo variegato di parlamentari e senatori, rappresentanti tutte le forze politiche risultate elette alle ultime tornate elettorali. Alcuni dati interessanti sulla composizione.

A rendere multiforme il gruppo innanzitutto l’appartenenza politica, così suddivisa: alla Camera, su 44 membri 21 sono del PD, 8 del M5S e 6 del PdL. Al Senato la Commissione è formata da 24 membri: 6 del PD, 7 del PdL e 4 del M5S.

Per due terzi dei componenti si tratta della prima esperienza parlamentare.

I neodesignati sono stati eletti in maggioranza dalle regioni del Nord Italia: Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. I meridionali sono tutti stati eletti in Sicilia, Campania e Puglia. Pochi i rappresentanti delle regioni di Centro. Una componente della Commissione Cultura della Camera è, invece, stata eletta dagli italiani all’estero, circoscrizione America settentrionale e centrale.

Per età anagrafica si va dai giovani venticinquenni Anna Ascani (PD), Chiara Di Benedetto e Francesco D’Uva (Movimento 5 Stelle) all’ottantanovenne Sergio Zavoli (PD). La fascia di età più rappresentata nelle due squadre di lavoro è quella tra i 55 e i 65 anni. Ad abbassare la media il Movimento 5 Stelle, i cui componenti la Commissione Cultura della Camera sono tutti sotto i quarant’anni, 5 su 8 addirittura sotto i trenta. I parlamentari del Popolo della Libertà scelti sono invece 5 su 6 oltre i cinquant’anni d’età. Stesso dato per Scelta Civica in proporzione di 2 su 3.

Ma il dato più interessante è costituito dalle attività lavorative svolte prima della tornata elettorale e dell’incarico ricevuto. Solo 20, circa un terzo, provengono dal mondo della scuola e dell’università: 15 insegnanti, tre ricercatori universitari, due dirigenti scolastici. Ci sono poi 4 studenti e 5 operatori culturali. Nelle schede biografiche di Camera e Senato sei si dichiarano disoccupati. Numerosi i giornalisti, tra cui spicca Corradino Mineo, ex direttore di Rai News 24.

Necessario nuovo sistema di reclutamento

Scuola, Mascolo: “Necessario nuovo sistema di reclutamento”

“E’ necessario un nuovo sistema di reclutamento che sia più meritocratico, in particolar modo per quanto riguarda le supplenze conferite dalle istituzioni scolastiche”.
Con queste parole il segretario nazionale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo, commenta la sentenza con la quale il Tribunale di Varese, a seguito del ricorso dell’Ugl Scuola di Varese assistita dall’avvocato Maurizio Monetti, condanna l’Istituto Comprensivo di Cuveglio a riconoscere a Francesca Pallone, sia sul piano giuridico che economico, alcune supplenze ‘erroneamente non conferite’.
“Nella sentenza – conclude il sindacalista – il giudice dichiara anche l’illegittimità della condotta tenuta dalla PA, per non aver correttamente seguito le procedute per il conferimento di supplenze temporanee. E’ quindi più che mai necessario avviare un processo di rinnovamento del meccanismo di reclutamento, come da sempre l’Ugl Scuola sostiene”.

Dimensionamento scolastico: i tagli dell’anno prossimo

Dimensionamento scolastico: i tagli dell’anno prossimo. La nostra posizione

Il MIUR informa sui nuovi tagli del dimensionamento. Le scuole con dirigente scolastico e DSGA sono solo un po’ più di ottomila. Quelle senza sono 552. Va tutto ripensato.

A seguito delle nostre richieste si è svolto nel pomeriggio del 9 maggio un incontro di informativa tra i rappresentanti del MIUR e dei sindacati della conoscenza sullo stato dei fatti in tema di dimensionamento della rete scolastica. L’Amministrazione ha fornito i dati in suo possesso che possono subire lievi variazioni di aggiustamento.

Le scuole dotate di autonomia passano da 9.131 dell’anno corrente a 8.646 nel 2013-2014, mentre quelle con dirigente scolastico e direttore dei servizi (DSGA) passano da 8106 a 8094 (che diventano 8149 se vengono considerate anche le sedi Centri per l’Istruzione degli Adulti -CPIA). Scompaiono, dunque, altre 485 scuole: un numero superiore a quello preventivato sulla media dei 900 alunni ipotizzato nell’Intesa Stato Regioni.

Secondo l’Amministrazione ora vi sono le condizioni per sottoscrivere con la Conferenza delle Regioni l’intesa mancata nel febbraio 2013 semprechè vengano eliminate le misure che impongono di non preporre dirigente scolastico e DSGA alle scuole sottodimensionate, essendo ormai accettato da tutti il parametro della media ottimale dei 900 alunni per istituzione scolastica.

Come FLC CGIL abbiamo rimarcato che in tutta questa vicenda è mancata un’azione da protagonista del MIUR che ha subito le imposizioni del Ministero dell’Economia. Le scuole, come avviene da anni, sono state lasciate sole, nella tempesta degli scontri e dei particolarismi locali, che si potevano superare solo con un’accorta regia nazionale e regionale e con l’approvazione coerente e tempestiva dell’Intesa. Non si vede peraltro come si possa addivenire ad un’intesa fra Regioni e Stato se permangono i diktat economici che intendono come già incamerati i risparmi realizzati con i tagli e che appaiono del tutto incompatibili con la media dimensionale dei 900 alunni.

Per questo la FLC CGIL ha ribadito che:

  • il dimensionamento effettuato va profondamente ripensato perché contrario a basilari principi di buona organizzazione e di un’offerta formativa di qualità (le scuole sovradimensionate e male assortite, e che nessuno ha toccato, benché scaturenti da una normativa incostituzionale quale quella che ha imposto Istituti Comprensivi di almeno mille alunni, sono l’esatto opposto della funzionalità);
  • vanno superate le norme che impediscono la preposizione di dirigente scolastico e DSGA alle scuole cosiddette sottodimensionate (sotto i 600 alunni e i 400 nelle situazioni particolari);
  • va ripensata la stessa media dei 900 alunni che non fa i conti con le specificità territoriali e non tiene conto delle ingestibilità delle scuole sovradimensionate, pluriplesso o insistenti su più comuni.

La FLC CGIL ha chiesto che le prossime misure vengano prese tramite un percorso che preveda un incontro propedeutico e preliminare fra tutti i soggetti istituzionali e le Organizzazioni sindacali, e l’approvazione di un’Intesa che venga ripensata in alcuni capisaldi (smantellamento delle scuole sovradimensionate, nuovo più flessibile parametro dimensionale, nessuna scuola autonoma senza dirigente scolastico e DSGA).

TAGLI ALLE PROVINCE: E’ EMERGENZA SCUOLA

TAGLI ALLE PROVINCE: E’ EMERGENZA SCUOLA

Saitta “Nel 2013 dovremo ridurre investimenti in sicurezza e nuove scuole di oltre 500 milioni di euro”

“Abbiamo fatto una rilevazione: per quanto riguarda  il piano programmatico delle opere, le Province per il 2013 avevano definito impegni di spesa per investimenti nelle scuole pari a 727.894.774 euro. A causa dei tagli imposti e degli obiettivi di patto di stabilità, che stanno azzerando la capacità di programmazione in opere e infrastrutture, le Province sono state costrette a ridurre questi impegni di 513.272.984 euro
Pertanto, a fronte di una necessità di interventi pari a oltre 727 milioni di euro, potranno essere realizzate opere solo per 212.080.789 euro”. E’ l’allarme lanciato oggi dal Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, che ha presentato alla stampa i risultati di un monitoraggio sull’emergenza scuole relizzato dall’associazione, che trovate in allegato.
“Le Province sono state responsabili e in questi anni hanno fatto la loro parte nonostante i pesanti tagli di risorse subiti. Ma nell’agenda politica dei Governi che si sono succeduti come in quella dei Parlamenti, la Scuola e l’edilizia scolastica non sono state considerate una priorità per il Paese.
Piuttosto che intervenire in maniera organica in un settore così importante per il futuro del Paese, sono stati operati tagli sostanziosi al personale ed è mancato un investimento reale, in particolare sull’edilizia scolastica.
Occorre dunque necessariamente invertire questa tendenza e considerare la Scuola pubblica quale priorità del Paese su cui occorre investire”.

Queste le richieste delle Province al Governo:
•    la riduzione del taglio alle Province di 400 milioni di euro per il 2013;

•    l’esclusione dai vincoli del Patto di stabilità interno relativamente agli interventi per l’edilizia scolastica, per assicurare la manutenzione ordinaria e garantire nell’immediato la ripresa degli investimenti in opere e infrastrutture

•    la previsione di un Piano triennale straordinario per Province e Comuni di almeno 1 miliardo di euro l’anno per la messa in sicurezza degli edifici e per gli interventi di ammodernamento della scuola secondaria superiore che superi il concetto dell’emergenza per quello della programmazione che consenta, attraverso procedure snelle, un intervento tempestivo da parte dell’ente locale e una reale programmazione territoriale.

DOSSIER: Emergenza scuola. Contro i tagli ai bilanci delle Province

Maturità, attenti al voto

da Repubblica.it

Maturità, attenti al voto

Dopo sei anni una legge (Fioroni-Mussi) diventa un fatto e per i prossimi test d’ingresso universitari  –  Medicina e Architettura, Odontoiatria, Veterinaria e Scienze infermieristiche  –  il voto di Maturità diventa un pezzo del giudizio successivo: in alcuni casi sarà decisivo per entrare in facoltà. E sì, l’esame di Stato varrà il dieci per cento del totale, il resto sarà affidato ai valori del test d’ingresso in ateneo. Non è una novità da poco e per sei anni era stata anestetizzata. Poche settimane fa, in chiusura di governo il ministro Francesco Profumo ha detto: sì, mi piace. E così il prossimo settembre le impaurite aspiranti matricole d’Italia (i test d’ingresso sono diventati un incubo pari ormai alla stessa Maturità) dovranno tener conto dei loro risultati scolastici acquisiti tre mesi prima: potrebbero far la differenza. Oggi, per dire, alla Facoltà di Medicina entra un aspirante ogni dieci.
Per ottenere il bonus Maturità sarà necessario aver ottenuto una media complessiva scolastica non inferiore a 7/10 nell’ultimo triennio e il voto di diploma non dovrà essere inferiore a 8/10. In più, andrà considerata anche la lode e gli 8/10 in ciascuno degli ultimi tre anni nelle materie attinenti alla scelta della facoltà. Uno schema complesso, che peserà.
Sulla novità di Profumo, tecnico pronto ad abbracciare qualsiasi cosa odori di merito, è saltato l’ex senatore leghista Mario Pittoni, che nella penultima commissione Istruzione ha lavorato molto (spesso in accordo con il ministro, tra l’altro). Pittoni, con alcune ragioni, ha denunciato che la “percentuale maturità” penalizzerà gli studenti del Nord, le cui scuole storicamente sono più strette nei voti finali. “Sul territorio nazionale il voto è troppo disomogeneo”, sostiene l’ex parlamentare, ora unico consigliere comunale della Lega a Udine. Il nordico Profumo, origini savonesi, una carriera svolta a Torino, ha posto un rimedio all’istanza leghista. E ha messo nero su bianco che, “a parità di voto”, varrà il livello qualitativo della scuola di provenienza. E qui sì che si aprirà un feroce dibattito.

Israel: ecco il “peccato originale” dei valutatori di professione

da www.ilsussidiario.net

Israel: ecco il “peccato originale” dei valutatori di professione

Giorgio Israel

Caro direttore, il dottor Sestito risponde molto civilmente alle critiche rivolte all’Invalsi, dichiarandosi aperto a discutere anche quelle più severe, e di ciò va ringraziato. Ma la sua replica non risponde affatto alle questioni di fondo, anzi, le elude, dando per scontati concetti che sono proprio quelli su cui occorre portare la discussione. La risposta del dottor Sestito mette in evidenza il peccato originale dell’Invalsi che, se non corretto, può condurre a effetti sempre più devastanti. Questo peccato consiste nel fatto che l’Invalsi non è più soltanto un ufficio operativo, ma un vero e proprio ufficio studi, anzi un centro ideologico che opera sulla base di un serie di assiomi dati per scontati e che sono invece altamente opinabili. È come se l’Invalsi si fosse arrogato un diritto che nessun centro di ricerca si è mai permesso: risolvere in modo definitivo e apodittico questioni centrali e controverse dell’epistemologia della conoscenza e della filosofia della scienza. Per questo esso considera al di sopra di ogni discussione il suo operare; e ne trae la legittimazione per condurre una vera e propria opera di “formazione quadri” (valutatori). Giorni fa è venuta dai vertici dell’Invalsi la seguente autogiustificazione: noi non misuriamo le conoscenze, bensì le competenze. E il dottor Sestito ribadisce e precisa il compito dell’ente: «misurare le competenze intese come capacità di usare le conoscenze in contesti diversi e non scolastici». Mi limito qui a richiamare una serie di punti che ho discusso più dettagliatamente in un dibattito sulle competenze comparso su Scuola Democratica poco più di un anno fa. 1) “Misurare”. Permetterà il dottor Sestito, ma questo uso disinvolto del termine “misurare” applicato a entità immateriali è a dir poco perturbante per chi si occupa di storia ed epistemologia della scienza da decenni. Esiste una letteratura sterminata su questa tematica e anche i più arditi sostenitori dell’applicabilità delle metodologie quantitative in uso nelle scienze esatte fuori dal loro campo, hanno sempre ammesso la non misurabilità dei concetti che intervengono nel dominio delle proprietà immateriali. La domanda è semplice: “qual è l’unità di misura in gioco?” (nella fattispecie l’unità di misura delle competenze). Evidentemente non esiste. Persino von Neumann che si spinse a introdurre l’idea di “utile” come unità di misura dell’utilità fece macchina indietro dichiarando che l’inconfrontabilità delle “misure” ottenute per soggetti diversi rende impossibile parlare di “misurazione”. So bene che esiste una letteratura pseudo-scientifica che tenta di avallare l’idea che si possa “misurare”, dichiarando “superato” il problema dell’unità di misura. Ma è opportuno parlare di cose serie e seriamente. Difatti, quando ho posto questo problema non ho mai avuto risposta salvo due volte: la prima affermando che l’unità di misura delle competenze sarebbero i test; l’altra quando si è obiettato che anche quando si attribuisce un voto si “misura”. Sono risposte assurde. Evidentemente il test non è un’unità di misura di alcunché. Il test è formulato da persone, secondo criteri soggettivi, discutibili, non a caso accesamente discussi. Pretendere che i test siano unità di misura è come immaginare che un gruppo di persone si affolli attorno a un tavolo per misurarne i lati, ciascuna col suo metro personale, litigando su quale sia il più corretto e affidabile. Il punto è che sventolare la parola “oggettivo” come troppo spesso si fa dall’Invalsi, è inaccettabile: la valutazione è un’attività che ha un’ineliminabile componente soggettiva e cercare di nasconderla è come gettare la spazzatura sotto il tappeto. Al signore che mi disse che quando attribuisco un voto a un esame “misuro”, risposi che non misuro un bel niente, bensì fornisco una stima numerica, con un sistema convenzionale, del mio giudizio soggettivo del candidato. Certo, siamo tutti d’accordo nel voler perseguire valutazioni il più possibile condivise, ma lasciamo perdere una volta per tutte i termini “misurare” e “oggettivo” e parliamo dell’esigenza di perseguire valutazioni il più possibile “equanimi”, “imparziali” e “condivise”. In fondo, per questo esistono i consigli di classe e la discussione tra insegnanti. La cultura è discussione interminabilmente aperta. La valutazione è un processo culturale e volerla ridurre a una tecnica di misurazione come la misurazione di un’intensità di corrente o di una lunghezza è assurdo – vorrei usare termini assai più forti, ma mi limito a dire “assurdo”. Si può pretendere su simili fragili basi di costruire una misurazione di Stato? 2) “Competenze”. Il dottor Sestito dovrebbe sapere che non esiste affatto una definizione condivisa di competenza. Dovrebbe sapere che sono stati convocati persino congressi per arrivare a una definizione condivisa e che non si è arrivati da nessuna parte. Esistono centinaia di definizioni diverse di competenze. Egli propone la sua – «capacità di usare le conoscenze in contesti diversi e non scolastici» – del tutto opinabile e alquanto fumosa. Che vuol dire esattamente “diversi” e “non scolastici”? Per esempio, non è chiaro affatto che cosa sarebbe l’uso di conoscenze matematiche in contesti non scolastici. Ma il dottor Sestito non ha colpa perché il concetto di competenza è vasto e inafferrabile e proprio per questo è ancor più assurda l’idea che lo si possa misurare. Piuttosto la colpa del dottor Sestito è di lasciar credere che questo sia possibile, quando gli specialisti più seri di docimologia ammettono che soltanto a livelli molto elementari è possibile una stima numerica (rifuggo dal termine “misurazione”) della capacità di usare conoscenze, mentre è del tutto impossibile quando intervengono aspetti relazionali, il che accade sia nei contesti scolastici che, ancor più, in quelli non scolastici). Il punto è che è vero proprio il contrario di quel che asseriscono i vertici dell’Invalsi. In misura assai limitata è possibile stimare numericamente le conoscenze di una persona, anche con test a risposta chiusa: posso verificare se uno studente conosce o no il teorema di Pitagora, l’algoritmo della divisione con resto o la legge commutativa dell’addizione; posso controllare la sua conoscenza delle regole basilari dell’ortografia, della grammatica e della sintassi. Ma è velleitario, se non grottesco, pretendere di stimare numericamente le sue “competenze”, quale che ne sia la definizione. Tempo fa feci l’esempio di un’esperienza realmente effettuata su bambini della primaria ponendo loro un semplice problema matematico derivante da una situazione reale. Le soluzioni furono molto diverse: c’è chi seguì una via aritmetica (di puro conteggio), chi propose un’impostazione che conteneva idee di tipo algebrico, chi tradusse il problema in termini geometrici. Come valutare le competenze? Personalmente, considero di gran lunga più interessante ed espressione di una mentalità creativa l’approccio geometrico; ma sono certo che altri colleghi, ispirati a una visione matematica più astratta, preferirebbero l’approccio algebrico, indicativo di una mentalità già strutturata dal punto di vista logico. E vi potrebbero essere molti altri punti di vista su cui confrontarsi, che dipendono da visioni culturali che non possono certo essere standardizzate da un’ideologia di Stato. L’unico approccio culturalmente sensato e aperto è affidare la riflessione a un insegnante, che oltretutto conosce i soggetti in gioco; magari un insegnante che ha posto a confronto la sua visione con quella di altri colleghi o in un processo continuo di formazione in servizio, anche a contatto con l’università. Già un gran passo avanti sarebbe istituzionalizzare un rapporto culturale tra insegnanti nelle scuole. Ma non voglio deviare il discorso. Resta il fatto che è raccapricciante l’idea che una classifica di competenze tra diverse soluzioni di un problema (come nel caso citato) sia affidata a un gruppo di “valutatori” che procede secondo schemi standardizzati e stabiliti una volta per tutte. D’altra parte, come può pretendere l’Invalsi di possedere le competenze (è il caso di dirlo!) per stabilire procedure standardizzate di valutazione di questioni e situazioni tanto variate e tanto complesse? Si rassegni il dottor Sestito: i principi della cultura, della conoscenza e delle capacità non si definiscono e non si standardizzano, tanto meno in un ente di Stato. In un commento alla mia lettera aperta al ministro Carrozza, un lettore de ilsussidiario.net ha ricordato come, in un recente seminario, la dott.ssa Bertocchi abbia osservato che per i «tre aspetti fondamentali della competenza linguistica – interazione orale, analisi e comprensione di un testo scritto e riflessione metalinguistica, produzione di un testo scritto – solo per il secondo siamo in grado di mettere in campo un test di misurazione». La massima stima per la dott.ssa Bertocchi, ma forse dovrebbe rassegnarsi a non presentarsi come una sintesi di Saussure, Cassirer e Chomsky: lasci perdere la definizione dei “tre” (e perché non quattro, sei o tredici?) aspetti fondamentali della competenza linguistica; è troppo anche per lei. Sono queste pretese che rendono antipatico l’Invalsi. Siamo grati che si sia almeno ammesso che per il primo e terzo aspetto non si sappia come “misurare”. Ma affermare che sia possibile mettere in campo test di misurazione per il secondo aspetto, non è solo inaccettabile, ma è una pretesa che aggiunge all’antipatia l’irritazione. Per favore, non ci prendete tutti per scemi: abbiamo studiato anche noi e sappiamo cosa sia un testo letterario. La ricchezza di un testo letterario (di valore) consiste proprio nella multiformità e inesauribile ricchezza dei suoi significati e delle possibili interpretazioni. Altrimenti l’esegesi e la critica letteraria non esisterebbe o sarebbe riducibile a un prontuario (compilato da un ufficio). Non esiste un’interpretazione univoca di un testo e spesso lo studente più intelligente è proprio quello che vorrebbe apporre più di un crocetta sulle varie alternative di risposta, o non ne vorrebbe apporre alcuna perché nessuna corrisponde all’idea che si è fatta del senso del testo. Ho esemplificato in vari casi l’assurdità di certi test di comprensione di un brano letterario e non ho avuto alcuna risposta, se non la vaga difesa che si trattava di verificare soltanto la comprensione testuale. Ma non è così, e non soltanto perché i test mirano a ben altro, ma anche perché l’intento è molto più ambizioso: “analisi” del testo e addirittura “riflessione metalinguistica”. Come definire, se non molto severamente, l’idea che ci sia un gruppo di persone che si arroga il diritto di sentenziare qual è il significato dei primi versi della Ginestra di Leopardi o quali sono i sentimenti dell’Innominato, e su questa base di valutare i candidati? Ripeto: è l’ergersi a centro dispensatore di precetti apodittici che riguardano nientemeno che i pilastri dei processi di conoscenza, che rende francamente insopportabile l’agire dell’Invalsi per chiunque creda ancora nell’autonomia intellettuale e nella libertà di pensiero (e, di conseguenza, nella libertà d’insegnamento). Con quale diritto ci si costringe a sentir parlare certi consulenti dell’Invalsi di “matematica argomentativa”, di “advanced mathematical thinking” (l’inglese è un passaporto per tutto) o di consimili idee strampalate offerte come verità stabilite per decreto legge? Questa è cultura di Stato, roba che può affermarsi soltanto in un paese che non ha interiorizzato una visione liberale e aperta della cultura e che è ancora oppresso da un dirigismo di stampo bottaiano. Si richiede un po’ più di riflessione e di cautela e, soprattutto, un po’ più di modestia.

Il ministro Carrozza e lo spettro dei tagli

da Tecnica della Scuola

Il ministro Carrozza e lo spettro dei tagli
di A.G.
Stavolta il primo “inquilino” di viale Trastevere si rivolge ai colleghi del ministero dell’Economia: non si può parlare di scuola moderna quando ad alcune strutture manca il tetto per ripararsi dalla pioggia, confido nella loro collaborazione. Ha ragione il premier Letta: i responsabili dei dicasteri farebbero bene ad incontrarsi il prima possibile…
Ha ragione il premier Enrico Letta: i ministri della XVII legislatura farebbero bene ad incontrarsi il prima possibile. Il confronto, finalmente a quattr’occhi, sarebbe indispensabile per chiarire una volta per tutte quali sono le strade da intraprendere. Sia per tenere a freno la spesa pubblica, sia per fronteggiare le emergenze. In tale occasione, si parla del prossimo week end, il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, potrebbe finalmente capire che aria tira. Se le ambizioni di messa a norma delle scuole a rischio, dei progetti di informatizzazione della macchina scolastica e sulla valorizzazione dei prof possono essere effettivamente supportate da un piano straordinario di finanziamenti.
In caso contrario, quel che conta sono le norme approvate. Che, ancora una volta, prevedono per la scuola un ridimensionamento delle spese. Le quali rispetto al Pil sono destinate a ridursi anche nei prossimi due anni. Per ora la Carrozza, arrivata a viale Trastevere da pochi giorni, non ha mai parlato dei tagli previsti. Anzi, si è sempre detta ottimista, inviando messaggi ai colleghi di Governo, ad iniziare dal premier concittadino, orientati al bisogno di crescita (implicitamente anche dei fondi) da assegnare alla scuola.
“Intervenire sull’edilizia scolastica e migliorare il rapporto tra pubblico e privato sono le priorità”, ha ribadito il neo ministro del Miur in un’intervista (di cui è stata anticipata una sintesi) a Sette, in edicola da venerdì 10 maggio, che dedica uno speciale allo stato della cultura e dell’istruzione in Italia.
Per realizzare il primo punto, necessario perché “non si può parlare di una scuola moderna quando ad alcune strutture manca il tetto per ripararti dalla pioggia”, Carrozza confida “nella collaborazione con i colleghi dell’Economia e delle Infrastrutture e nelle parole di Letta che ha detto che l’università e la scuola sono settori da cui ripartire”.
Il Ministro si conferma poi più a suo agio quando parla degli atenei. Stavolta spiega come dovrebbero essere gestiti i rapporti dell’università con privati: secondo il ministro, “gli atenei dovrebbero smetterla di pensare che avere rapporti con i privati equivalga a vendere l’anima e potrebbero cominciare a studiare anche secondo le linee di indirizzo delle imprese mentre le imprese dovrebbero abbandonare l’illusione che finanziare l’università equivalga a espandere la propria linea di produzione”. A parere di Maria Chiara Carrozza la premessa per una collaborazione virtuosa è che l’università sia solida e abbia una buona reputazione: “A questa condizione le imprese che ne finanziano i progetti non proveranno mai ad approfittarsene. Se invece un’università è alla fame, accetterà anche pressioni da parte delle imprese”.

“Amministrazione Trasparente” gratuita per tutte le P.A.

da Tecnica della Scuola

“Amministrazione Trasparente” gratuita per tutte le P.A.
di L.L.
Un applicativo web per attuare correttamente quanto previsto dal decreto legislativo n. 33/2013 in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni delle Pubbliche Amministrazioni
Il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione Filippo Patroni Griffi ha recentemente firmato con il direttore Enrico Michetti della Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana (GA) il Protocollo con il quale il Ministero offre gratuitamente l’applicativo informatico via web della GA a tutti le Amministrazioni obbligati dalla norma.
L’accordo, ad integrazione del precedente Protocollo d’intesa del 19 ottobre 2010 sulla digitalizzazione e l’utilizzo di internet nella Pubblica Amministrazione, prevede l’inserimento nella gamma dei servizi di innovazione tecnologica gratuitamente già fruibili dalle Pubbliche Amministrazioni anche l’applicativo web “Amministrazione Trasparente” realizzato dalla Gazzetta Amministrativa.
L’applicativo è totalmente gratuito in ogni sua fase – installazione, manutenzione, adeguamenti ed ogni altra assistenza inerente al servizio – e rappresenta un valido ausilio alla corretta attuazione della recente normativa di riordino di cui al decreto legislativo n. 33/2013 in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni delle Pubbliche Amministrazioni, al quale anche le istituzioni scolastiche devono adeguarsi.
A titolo esemplificativo, Gazzetta Amministrativa riporta la possibile struttura dei documenti da inserire on-line in ottemperanza alla legge:
Amministrazione Trasparente
• Disposizioni Generali
• Organizzazione
• Consulenti e collaboratori
• Personale
• Bandi di Concorso
• Performance
• Enti controllati
• Attività e procedimenti
• Provvedimenti
• Controlli sulle imprese
• Bandi di gara e contratti
• Sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici
• Bilanci
• Beni immobili e gestione patrimonio
• Controlli e rilievi sull’amministrazione
• Servizi erogati
• Pagamenti dell’amministrazione
• Opere pubbliche
• Pianificazione e governo del territorio
• Informazioni ambientali
• Strutture sanitarie private accreditate
• Interventi straordinari e di emergenza
• Altri contenuti
Per informazioni: vai alla pagina

Prove Invalsi: esplode la polemica

da Tecnica della Scuola

Prove Invalsi: esplode la polemica
di R.P.
Da un parte Flc-Cgil, sindacati e movimenti di base e dall’altra il Ministero. I Cobas parlano di “quiz”, Rossi Doria ribatte (“sono prove di intelligenza”) ma il nodo vero è il Regolamento sul sistema di valutazione che anche molti parlamentari del PD vorrebbero modificare.
Chi pensava che l’arrivo di un Ministro PD avrebbe determinato una inversione a 180 gradi sulla questione della valutazione dovrà ricredersi. La polemica che sta divampando con toni sempre più accessi sulle prove Invalsi e le risposte che stanno arrivando da Viale Trastevere sono la testimonianza che sulla questione della valutazione difficilmente si potrà tornare indietro (anche se, in politica, vale da sempre il principio del “mai dire mai”). Ai Cobas, ai sindacati e ai movimenti di base che hanno organizzato lo sciopero del 7 maggio (cui faranno seguito altra due giornate di sciopero contro le prove Invalsi) e che continuano a parlare di “quiz” ha risposto Rossi Doria che, forse esagerando un po’, parla invece di “prove di intelligenza”. Sta di fatto che il sottosegretario fa capire chiaramente che ormai la valutazione delle scuole e degli insegnanti è ormai un dato di fatto su cui c’è poco da discutere. Ma se è così lascia perplessi la posizione assunta dalla Flc-Cgil che, ogni giorno di più, sembra volersi attestare su posizioni filo-movimentiste. E’ probabile che la Flc tema che non voglia lasciare a Cobas e movimenti il monopolio della protesta e dell’opposizione alle scelte ministeriali. E quindi, pur con toni ben diversi (il sindacato di Mimmo Pantaleo, parlando delle prove Invalsi, non usa mai il termine “quiz”), la Flc ha ormai preso definitivamente le distanze dalla operazione di rilevazione degli apprendimenti e, più in generale, dal Regolamento sul sistema nazionale di valutazione. Regolamento, peraltro non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, che lo stesso PD vorrebbe modificare (quando venne discusso nelle Commissioni parlamentari gli stessi deputati e senatori PD espressero forti perplessità sul provvedimento). Il fatto è che i problemi che il Ministro dovrà affrontare sono molteplici e tutti molto seri: avrà il tempo di occuparsi anche della valutazione ?

“Un bimbo non si giudica con un quiz”. “Ma in tutto il mondo si valutano prof e alunni”

da Tecnica della Scuola

“Un bimbo non si giudica con un quiz”. “Ma in tutto il mondo si valutano prof e alunni”
di Pasquale Almirante
Se per un verso la diatriba sui test Invalsi si accende, dall’altro Rossi Doria, il sottosegretario all’istruzione, li difende
Anche la Flc-Cgil chiede di rivedere tutta l’impostazione dei test Invalsi e, benché non abbia scioperato, è critica sulla valutazione scolastica in base ai quiz. E se i Cobas parlano del 20 per cento di maestri in sciopero, smentiti dal Miur, in realtà, sono stati tanti i docenti che si sono astenuti, tanto da costringere diversi presidi a correre ai ripari ammassando alunni in una sola aula.  Tuttavia, tenendo pure in conto il fatto che sono molti gli intellettuali contrari a queste prove, il sottosegretario all’Istruzione, Rossi Doria insiste nel dire che servono “per migliorare la scuola e in tutto il mondo si valutano prof e alunni”. In una intervista a Repubblica dice infatti: “I grandi paesi e quelli in via di sviluppo hanno modalità di valutazione. Tutti. Si valutano alunni, insegnanti, scuole. In Germania e negli Stati Uniti, in India, in Brasile, in Corea. Perché mai il sistema scolastico italiano, che promuove o boccia milioni di ragazzi ogni anno, non dovrebbe essere valutato?”
Fra l’altro, aggiunge Rossi Doria, questi non sono quiz, ma “sono prove di conoscenza e di intelligenza prodotte da insegnanti che per decenni si sono cimentati a scuola, spesso nelle condizioni più difficili. I test Invalsi sono criticati da intellettuali che pensano alla centralità del voto in italiano, come nei Sessanta. Oggi servono prove strutturate. E poi, anno dopo anno, questi test sono migliorati”. Infatti per il sottosegretario i testi Invalsi servono “a farci capire i punti di forza e di debolezza del nostro sistema, offrono una quantità di dati straordinaria. In Puglia hanno fatto aumentare le ore di italiano e matematica nelle scuole, e oggi certifichiamo un miglioramento.”
E se gli insegnanti mugugnano, non è per i test in sé, ma più semplicemente perché “si sentono costretti a un lavoro ulteriore non riconosciuto. Bisogna pagare meglio maestri e professori, questo è il punto.”

La sanzione senza contraddittorio va annullata

da Tecnica della Scuola

La sanzione senza contraddittorio va annullata
di P.A.
Il giudice del lavoro di Melfi ha annullato una sanzione inflitta da un dirigente scolastico ad un assistente tecnico, colpevole di non essere riuscito a effettuare la scansione di un documento con un PC obsoleto.
Lo comunica Fgu-Gilda che fa rilevare l’approssimazione procedurale del dirigente scolastico che “aveva visto una recidiva che non c´era (e aveva omesso di contestarla) e aveva violato il principio di proporzionalità della sanzione, infliggendo una sospensione per un fatto che, se frutto di negligenza (e non è questo il caso) avrebbe giustificato a malapena un rimprovero.” La Gilda precisa ancora che è stato pure condannato il direttore generale dell´Usr Basilicata (in solido con il dirigente scolastico), ma che “non costituisce una responsabilità personale del medesimo, atteso che ai sensi dell´art.9 del decreto del Presidente della Repubblica 17/2009, la legittimazione passiva nei giudizi, in materia di contenzioso del personale della scuola, nonché del personale amministrativo in servizio presso gli uffici scolastici periferici è individuata in capo al direttore generale dell´Ufficio scolastico regionale. Tanto più che, in caso di condanna di un dirigente scolastico per utilizzo scorretto del potere disciplinare, fermo l´obbligo di denuncia all´autorità giudiziaria (qualora il fatto integri la responsabilità di cui all´art. 571 c.p. o altra più grave responsabilità) e alla Corte dei conti (per il danno erariale dovuto alla condanna alle spese) in capo al direttore regionale insorge anche l´obbligo di procedere in sede disciplinare nei confronti del dirigente scolastico autore dei fatti oggetto del giudizio.”

La Uil Scuola chiede investimenti, stabilità, sburocratizzazione della scuola

da tuttoscuola.com

La Uil Scuola chiede investimenti, stabilità, sburocratizzazione della scuola

Serve una forte assunzione di responsabilità del Governo per una  revisione della spesa pubblica che, a saldi di bilancio invariati,  sposti risorse a favore di cultura e scuola, per avviare un graduale  avvicinamento ai livelli dei paesi europei”. È quanto ha detto oggi  il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna, nel corso  dell’iniziativa nazionale del sindacato, svoltasi a Roma, dal titolo “#CAMBIAMENTO – Più istruzione / La parola alle scuole”.

Di Menna ha ricordato la desolante posizione dell’Italia, tra i Paesi  europei e mondali, in all’istruzione, alla cultura, al merito, alla  modernizzazione e alla promozione sociale: “L’Italia risulta all’ultimo  posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura  (1,1%  fronte del 2,2% dell’Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo  dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l’8,5% a fronte  del 10,9% dell’Ue a 27). In rapporto al Pil, la spesa per l’istruzione  in Europa è del  6,1%, in Italia è del 4,8%”.

Essere fanalino di coda in Europa per spesa in cultura e istruzione –  ha continuato il segretario generale della Uil Scuola – dà il segno di  un Paese che non riesce a cambiare, a eliminare sprechi e privilegi per  indirizzare risorse per l’istruzione, per la  modernizzazione”.

Le proposte del sindacato si declinano nel trinomio “Investimenti, stabilità, sburocratizzazione del sistema scolastico”.

Come investimenti, la Uil Scuola indica:

– il riconoscimento del lavoro a partire dal rinnovo del contratto per il triennio 2014-16.

– un piano triennale di adeguamento degli stipendi, ormai non più sostenibili per una professione così importante.

Ai fini della stabilità, il sindacato chiede un piano di immissioni  in ruolo sui posti vacanti in organico di diritto; incarichi  pluriennali; organico funzionale pluriennale; reti di scuola.

Infine, per sburocratizzare il sistema scolastico, Di Menna invoca  una vera ‘rivoluzione ministeriale’ che trasformi il ministero da organo  di gestione a struttura servente, di supporto e monitoraggio con una  forte caratterizzazione tecnico-professionale.

Immigrazione, la Flc-Cgil si schiera a favore dello ‘ius soli’ “

da tuttoscuola.com

Immigrazione, la Flc-Cgil si schiera a favore dello ‘ius soli’ “

Quando si entra nelle scuole, nelle aule delle università si percepisce subito quanto sarebbe necessario applicare lo ius soli”

La Flc-Cgil sostiene la battaglia del ministro Kyenge e del presidente della Camera Boldrini per lo ius soli: “E’ una battaglia coerente con i principi e i valori della nostra Costituzione – scrive in una nota il sindacato – i bambini nati in  Italia da genitori migranti sono cittadini italiani“.

In Italia vige lo ius sanguinis, nota la  Flc Cgil, ma “quando si entra nelle scuole, nelle aule delle università si percepisce subito quanto sia limitata questa visione e quanto sarebbe invece necessario applicare lo ius soli“.

La scuola italiana è multiculturale” ma fuori gli studenti “si scontrano con una realtà escludente che delegittima l’essenza della loro cittadinanza“.

Gilda insegnanti: un’idea per creare 100.000 posti

da tuttoscuola.com

Gilda insegnanti: un’idea per creare 100.000 posti

Concedere la possibilità di cumulare metà pensione e part time a tutti i docenti che si trovano nell’arco dei cinque anni dal raggiungimento del requisito pensionistico. Questa è la proposta lanciata questa mattina al governo e al ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, dal coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, durante un’assemblea tenuta a Reggio Calabria.

In questo modo, secondo il sindacato, si sanerebbero in una volta sola due grandi problemi della scuola, e cioè quello di decine di migliaia di precari abilitati  e quello di altrettanti docenti anziani che, stoppati dalla riforma Fornero, fanno sempre più fatica a reggere il carico di lavoro.

Questa soluzione – afferma Di Meglio – consentirebbe di creare rapidamente almeno 100.000  posti liberi a tempo parziale, ponendo fine alla questione delle graduatorie a esaurimento. Il neo ministro dell’Istruzione ha dichiarato di voler risolvere il problema del precariato e la Gilda degli Insegnanti formula una proposta concreta. Tocca al governo adesso dimostrare che vuole andare oltre i soliti annunci”.

Sarebbe interessante conoscere i dettagli della proposta, e quali sono le valutazioni del Miur e soprattutto del Ministero dell’economia sui suoi costi effettivi e sulla sua praticabilità concreta.