Giovani costruite la vostra grandezza

GIOVANI COSTRUITE LA VOSTRA GRANDEZZA

di Umberto Tenuta

homo faber fortunae suae

(SALLUSTIO?)

Giovani, costruite la vostra grandezza!

Giovani, voi siete grandi, voi siete grandi, perché il vostro destino è la grandezza, la grandezza che voi desiderate, che voi amate, che voi cercate, la grandezza che sta lì, dietro l’angolo.

Il cielo e la terra sono a vostra portata.

Coi vostri occhi, con le vostre mani, con le vostre orecchie, con il vostro naso, con tutto il vostro corpo, con la vostra intelligenza, voi potete fare vostri il cielo e la terra, le stelle e gli oceani, la poesia e la musica dell’universo.

Leopardi certo non era un Adone ma quanti cuori ha trafitto!

Certamente, il naso adunco di Dante non innamorava le Beatrici dei suoi tempi, ma quante stelline non lo sposerebbero?

Beethoven era sordo ma quante di voi, fanciulle, non incanta.

Suvvia, i Grandi vi aspettano, vi aspettano solo che voi sappiate fare un primo passo verso di loro.

Manifestate, esprimete, dichiarate, costruite, realizzate i vostri amori.

L’orizzonte delle virtù umane è infinito.

C’è la Poesia nelle sue mille bellezze!

Da Anacreonte ad Omero, da Catullo a Foscolo, da Leopardi a Quasimodo, a Neruda…

C’è la Musica da… a…

C’è la Pittura da… a…

C’è la Danza da… a…

C’è il Lancio del giavellotto da… a…

C’è la Storia da… a…

C’è il Nuoto da… a…

C’è il Commercio dai Fenici ad Amazon…

Infinito è il campo nel quale, o giovani, voi potete giocare la Partita della vostra vita!

Importante è che la giochiate!

E non facciate da spettatori.

Siate protagonisti della vostra vita!

Fatevi protagonisti della vostra vita!

C’è una palestra pronta ad aiutarvi, a darvi il suo aiuto, il suo incoraggiamento, la sua guida: è la Scuola!

La scuola è la palestra della vostra nascita, della vostra seconda nascita, quella che vi fa uomini, uomini unici, irripetibili, singolari, uomini grandi.

Come voi, come ciascuno di voi, tutti belli, tutti grandi, tutti unici, tutti ripetibili, come voi non c’è nessuno!

Come ciascuno di voi, come te, come lui, come me, non c’è nessuno!

Ditevelo ogni giorno!

Chiedetelo ogni giorno al vostro specchio, là vicino al vostro letto!

E rispondete voi allo specchio: specchio, mio bello spaccio, come me non c’è nessuno!

Bello e grande come me non c’è nessuno!

Unici, irripetibili, singolari nell’universo mondo, nei tempi dei tempi!

Sulla faccia della terra, ieri, oggi e domani, voi siete e resterete soli, unici, irripetibili.

Ciascuno di voi, tu, lei, lui, da Guinness dei Primati!

Siatene orgogliosi, orgogliosi come lo sono io, io, io solo, unico e irripetibile, che vi sta scrivendo, su questo pezzo carta, unico, singolare, irripetibile, nei secoli dei secoli, su tutta la faccia della Terra, nell’universo infinito.

Oh grandezza dell’uomo, oh grandezza di ciascuno dei sette miliardi di esseri umani che oggi popolano la Terra!

Oh grandezza dei miliardi di miliardi di esseri umani che ancora la popoleranno!

Unico, irripetibile, singolare nell’universo mondo è ciascuno di voi, ciascuno di voi, o giovani, tu, fanciullina esile e scarna, con gli occhi acuti che pungono come spine coloro che fissi lontano!

Tu, adolescente irrequieto, che rimbalzi sul lettone del nonno fino a toccare il soffitto adorno di arcangeli che ti rassomigliano!

Scoprite, esprimete, costruite, realizzate quello che amate essere e che sarete, solo che lo vogliate!

Come si diceva Vittorio Alfieri: volli, sempre volli, fortissimamente volli.

E fu, e resta, unico, irripetibile, grande Vittorio Alfieri.

Vivete, costruite, realizzate la vostra vita di uomini grandi.

Unusquisque faber fortunae suae.

Excelsius.

Viva la vita!

Gridatelo con me, o giovinette, o giovanetti, a voi la vita sorride, sorride là, oltre la siepe!

Saltate oltre, oltre, oltre la siepe!

La vita ha bisogno di voi, sì, di ciascuno di voi.

Anche di te, giovinetta col sorriso nel cuore!

Anche di te, giovinetto coi primi peli sul mento sporgente sporgente!

La vita è vostra.

Non lasciatela andare.

Prendetela.

Ora!

Virtù umane vi fanno grandi

VIRTù UMANE VI FANNO TUTTI GRANDI O GIOVANI

di Umberto Tenuta

Le virtù umane vi fanno tutti grandi, o giovani!
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
Nella molteplicità dei significati che la parola virtù assomma noi riteniamo di privilegiare il significato che si rifà al termine latino vir, uomo: ciò che proprio dell’uomo.
Forse l’aggiunta del termine canoscenza è pleonastico, in quanto può rientrare nel concetto di virtù.
E viceversa, nel senso giovanneo.
Le umane virtù, quelle che rendono uomo il cucciolo dell’uomo, un uomo non nato, ma candidato alla condizione umana.
La scimmia nuda è scesa dall’albero e ha intrapreso un cammino che non avrà mai termine, almeno questa è la nostra speranza.
L’uomo non è nato e non nasce uomo, ma lo è diventato costruendo la sua cultura, e lo diventa ricostruendo la sua cultura.
Al riguardo viene da ricordare che l’abito non fa il monaco.
E, tuttavia, se l’abito si fa pelle e cuore, allora fa l’uomo.
Ma, attenzione!
Deve farsi pelle e cuore.
La cultura non si indossa come una casacca.
La cultura si fa carne della propria carne.
Il figlio di donna non indossa il grembiule e ma si fa studente, ama la cultura, si ciba, si nutre, si alimenta di cultura.
L’uomo non è le sue 206 ossa del suo corpo, né la carne che le riveste.
L’uomo è le sue sinapsi.
L’uomo è la sua cultura, mai finita, mai data, sempre rinnovantesi, sempre in forme nuove nei miliardi di esseri umani che sono stati, che sono e che saranno sulla faccia del pianeta Terra e del prossimo pianeta che l’uomo abiterà prima che il pianeta Terra collassi.
E le sinapsi dell’uomo non sono i suoi saperi ma anche e forse soprattutto le sue capacità ed i suoi amori, le sue abilità ed i suoi atteggiamenti nei confronti del vero, del bello, del buono.
Creatura che si crea è il figlio di donna, creatura che si crea è il cucciolo d’uomo.
Il primo bipede nella foresta e Prometeo, Icaro,  Talete,  Pitagora, Socrate, Platone, Aristotele, Tommaso D’Aquino, Agostino di Ippona, Dante, Leonardo, Michelangelo… Einstein, Papa Francesco.
Nostri padri, nostre madri non sono coloro che ci hanno regalato i loro 46 cromosomi.
Nostro padre, nostra madre è la cultura.
Ce lo dice bene Ernst Cassirer.
Figli non nati, ma portatori di un destino, di una chiamata divina, la chiamata alla luce della cultura.
La Scuola è il tempio della nostra nascita, della nascita del figlio di donna alla sua natura, alla cultura che lo fa uomo.
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza
Destino grande è quello dei figli di donna!
Michelangelo e la bestia affamata che scanna i suoi simili!
Si dirà che homo homini lupus.
Ma anche uomo dell’uomo fratello in Cristo.
Orsù, dunque, nel Tempio della cultura umanizziamo i figli di donna!
Finalmente basta!
Smettiamola con la stupida pretesa di riempire i sacchi dei giovani delle enciclopedie dei saperi!
Peraltro, non ce n’è bisogno.
Ci sono i tablet.
Nascono i figli di donna con la bocca aperta, e gli occhi spalancano appena nati al volto divino del mondo.
O Maestre, o Maestri, a quattro anni, quando ancora alla scuola primaria non sono accettati, i giovani sono già a metà della loro umanizzazione, della conquista delle loro virtù e delle loro conoscenze.
O maestre, per carità, non fate lezioni, smettete l’assurda pretesa di regalare loro il latte digerito, le mele digerite, le polpette digerite, le patatine Mc Donald predigerite!
Non li soffocate facendo ingurgitare cibi indigesti.
Per carità, non fatelo!
Non fatelo, perché rischiate di farli divenire bulimici!
E, allora, che fa la scuola, che fate, Voi Maestre, Voi Maestri?
Quello che fa il saggio giardiniere.
Egli mette alla portata delle radici l’humus che esse assorbiranno, fa arrivare alla superficie delle foglie la luce del sole che le piante trasformano in clorofilla.
Maestre giardiniere, avete mai visto un giardiniere iniettare nelle piante i nitrati, i solfati, i perfosfati…?
Suvvia, Maestre, lasciate ai giovani la gioia di alimentarsi, di crescere, di divenire grandi, ricchi di virtù e conoscenze!
Riconoscete, ammirate, glorificate la loro grandezza, le loro virtù!
Fatelo ogni giorno, ogni settimana, ogni mese!
Fateli sentire orgogliosi di svettare in virtù e canoscenza!
Non importa il colore dei loro occhi, importa che i loro occhi vedano la grande bellezza del mondo.
Non importa la forma dei loro nasi, importa che i loro nasi gioiscano dell’odore dei gelsomini.
Non importa che le loro orecchie siano a ventola, importa che esse odano il brusio delle foglie.
Non importa la lunghezza delle loro braccia, importa che le loro braccia abbraccino i loro fratelli.
Non importa che tornite siano le loro gambe, importa che le loro gambe corrano verso il loro destino di esseri umani.
Queste sono le virtù delle conoscenze che fanno grandi i figli di donna.
Non coloratale di carte veline!
Le virtù resistono alle tempeste della vita.
Le carte veline se le porta via la pioggerellina di marzo.
La scuola è grande, e grandi siete voi maestre, siete voi maestri!
Siete grandi se grandi fate sentire ciascuno dei 25 figli di donna che madri e padri vi consegnano con l’immensa fiducia che voi li motiverete, li stimolerete, li aiuterete a realizzare il loro destino di uomini, tutti grandi, tutti meravigliosi nel loro splendore, tutti di virtù portatori per le vie del mondo.
E nessun giovane ricco di virtù umane, e nessuna giovinetta ricca di virtù umane si getterà dal sesto piano!

Libro di testo addio?

Libro di testo addio?

di Maurizio Tiriticco

Non siamo in pochi a dire che OGGI, con tanto di maiuscole, il libro di testo rischia di essere un limite più che un’opportunità per un proficuo processo di apprendimento,! E sembra che la recente circolare sulle adozioni vada in questa direzione. Ma, andiamo con ordine. Perché è nato il libro di testo? Le ragioni sono molteplici e ovvie: a) una società povera qual era quella della seconda metà dell’Ottocento non aveva facile accesso a testi “colti” o di divulgazione culturale; b) una scuola nazionale nata da poco – siamo all’avvio dello Stato unitario, 1861 – comincia a operare sulla base di programmi altrettanto nazionali, che sono elaborati ed emanati dall’amministrazione centrale, il neo nato Ministero della Pubblica Istruzione; né poteva essere altrimenti; c) un’organizzazione scolastica costruita sulla base di classi di età, di ordini e gradi, di materie distribuite in fasce orarie non poteva non fruire di supporti che tali materie veicolassero in ordine, appunto, alle diverse situazioni; d) i curatori dei primi programmi di studio e dei primi libri di testo si trovarono di fronte a scelte non facili: come presentare lo studio delle diverse materie ad alunni di diverse fasce di età, a volte di “cultura” e di “lingua” diversa, e attivi in diverse tipologie di scuole. E quali contenuti irrinunciabili selezionare?

Di conseguenza, i primi autori di libri che fossero adatti solo per le scuole, le quali anno dopo anno cominciavano a istituirsi sull’intero territorio nazionale, non ebbero compito facile né compito facile ebbero i curatori dei programmi ministeriali. Da quegli anni ebbe inizio l’avventura dei libri di testo; e gli insegnanti ne avevano assoluto bisogno: in effetti non era solo necessario padroneggiare la disciplina di insegnamento, ma occorreva anche sapere che cosa scegliere per quella classe, quali contenuti insegnare e fare apprendere. Va sempre ricordato che un conto è una disciplina, altro conto la materia corrispondente. La disciplina non è un oggetto, non è un contenuto, è un ambito di ricerca, e, come tale, non ha confini né di tempo né di spazio: si autoalimenta – possiamo dire – degli apporti continui che la arricchiscono. E non solo: è in continuo movimento; ora si lasciano alcuni contenuti, ora si aprono nuovi campi del sapere. Le sette arti del trivio e del quadrivio furono seriamente messe in discussione dallo sperimentalismo galileiano. La geografia di Tolomeo non è quella di oggi. E ciò vale per ciascuna disciplina. Per non dire poi della continua nascita di nuovi campi di ricerca e di nuove discipline e di tutte le intersezioni pluri-, inter- e transdisciplinari. Ad esempio, sono discipline “recenti” la sociologia e la psicologia. Una disciplina non è un oggetto fisico, ma una serie di operazioni mentali in continua trasformazione. E’ ovvio che l’alunno che studia oggi deve toccare con mano il libro di storia o di scienze o di grammatica. Per lui sono oggetti da appendere, ma in effetti sono solo strumenti che sollecitano in lui, se ben usati dall’insegnante, processi di apprendimento continuo, critico e significativo, per dirla con Ausubel. Il libro di testo ha avuto, quindi, una sua dignità. E anche quando nel 1962 innalzammo l’obbligo di istruzione, constatammo che i libri di testo scolastici costituivano i primi libri che entravano nelle case di molte famiglie italiane.

Nulla quindi contro il libro di testo per la funzione positiva che ha avuto, ma tutto contro il libro di testo per la funzione riduttiva che oggi rischia di assumere. In effetti, sono gli stessi autori dei libri di testo che ne hanno cominciato a sanzionare la condanna, se si può dir così. Negli ultimi anni si è innestata una gara “all’ultimo sangue” tra editori e autori, volta a chi produce il libro di testo più ricco, più illustrato, più corredato di letture, di schede di arricchimento e di approfondimento e addirittura di esercitazioni, perché ci sono pure i test e le prove semistrutturate e le prove tipo Invalsi!!! Libri sempre più ricchi, più pesanti, anche su carta patinata, più belli anche, pieni di colori! Pagine su pagine! Libri che costano un occhio e sfiancano le spalle dell’alunno! E mettono in difficoltà l’insegnante; il quale è costretto a chiedersi: tra tanta ricchezza quali sono i contenuti che contano? Quali le abilità che occorre sollecitare? Quali le concrete competenze che l’alunno deve acquisire? Mah! Editori e autori si preoccupano di queste “essenzialità” che un processo di apprendimento deve innescare? A me sembra di no! E purtroppo ciò che per me è semplicemente “sembrare”, per chi insegna e chi apprende è una faticosa “realtà”! Costi altissimi, pagine numerosissime, difficoltà di selezionare l’essenziale! Ricordo il buon Ciampolini con la sua proposta della “didattica breve”! Erano gli anni Settanta, ma aveva visto giusto! Una ricerca e un’esperienza che certi editori e certi autori si son ben guardati dall’accogliere, anzi!

Ora siamo giunti al redde rationem! Ormai abbiamo un altro libro di testo, gigantesco, e sul nostro cellulare! Tutto lo scibile umano tra qualche mese sarà anche al nostro polso: i cellulari di nuova generazione! La mia memoria, l’archivio organizzato nei miei neuroni, oggi dispone di un prolungamento tecnologico che è soltanto mio! Ripeto, mio! Non devo più andare in biblioteca o ricorrere a un libro, di testo o meno, per fruire di un’informazione! Ce l’ho a portata di mano, anzi di dito! Sono questi i nuovi media che dobbiamo utilizzare, e che i nostri insegnanti devono insegnare a utilizzare e utilizzare essi stessi! Quale miglior libro di testo di quello che non viene adottato, comprato, portato da casa a scuola e viceversa, ma quello che viene prodotto dagli alunni stessi sotto la guida intelligente e creativa dell’insegnante? Anzi degli insegnanti in team?

E sarà una svolta storica! Dal libro di testo al “libro di classe”! Certamente non sarà cosa facile! Pensiamo ad esempio alla storia: la successione degli avvenimenti, in verticale (le successioni temporali) e in orizzontale (le corrispondenze degli avvenimenti in luoghi diversi) realizzata con una rappresentazione grafica sarà estremamente necessaria per locotemporalizzare vicende, su alcune delle quali condurre poi ricerche mirate. O alla filosofia, che potrebbe essere affrontata per problemi (gnoseologia, etica, estetica, politica, ecc.) più che con la successione storico-temporale a cui un certo storicismo di maniera ci ha abituato. E l’assenza del libro di testo renderà anche necessaria quella data progettazione educativa e didattica, per quegli alunni e non altri, che finora ha sempre rischiato di adagiarsi sulla successione dei capitoli del libro di testo.

Un conto è leggere, altro conto è ricercare e scoprire! Non sarà un’operazione indolore! E’ certo che all’inizio il lavoro del team degli insegnanti aumenterà. Anzi, l’assenza del libro di testo solleciterà il lavoro cooperativo nonché la stessa didattica laboratoriale, finanche la peer education: ad esempio, storia, letteratura, arte, filosofia non potranno apprendersi unitariamente in un percorso secondario pluriennale e a livello pluridisciplinare? La svolta non richiederà tempi brevi, anche perché l’uso intelligente e produttivo del web e delle Tic non è cosa facile! Occorre superare, non abbandonare ovviamente, il livello dello svago e del pettegolezzo e passare anche all’uso intelligente e costruttivo dell’offerta che ci viene data. E finalmente la finiremo con l’insegnante che trasmette cultura! L’insegnante non deve trasmettere nulla, ma innescare processi perché altri acquisiscano conoscenze, abilità e competenze sempre nuove.

Bellezza della cultura

BELLEZZA DELLA CULTURA

di Umberto Tenuta

 

Suicida a 14 anni per gli insulti sul web. 

Torino, la ragazzina si è gettata dal sesto piano. “Sei bruttissima “, le scrivevano in forma anonima su Ask.fm

La senatrice Elena Ferrara scrive “ho visto morire una mia alunna. Farò la legge che fermerà quei siti” (La repubblica, 15 aprile 2014, pagina 21).

La senatrice Elena Ferrara, giustamente, se la prende con il cyberbullismo.

E fa bene, a volerlo combattere con la sua proposta di legge.

Ma, da Dante in poi, sappiamo che le leggi non bastano.

Le leggi son, ma chi pon mano ad elle? 

È come dire che si combattono gli omicidi con le leggi.

Ma, allora, che fare?

Cerchiamo di analizzare la situazione.

Un tempo non lontano si ammiravano le virtù.

La mia grande amica Tizia, donna intelligente e laureata in medicina, mi raccontava che nella sua classe III femminile del Liceo classico della sua grande città, allora frequentato solo dalla noblesse regionale, tutte le venticinque studentesse diciassettenni erano follemente innamorate del loro professore di greco e di latino, alto meno di un metro e quaranta, brutto che più non si poteva, ma uomo colto, dotto in latino e in greco e, per questo, solo per questo, fascinoso molto.

Delle giovani si ammiravano, più che le bellezze del corpo, le virtù domestiche, e degli uomini le virtù di intelligenza e di cultura.

Ora si ammira, di donne e di uomini, la bellezza dei vestiti.

Mi diverto a passeggiare per il corso principale della mia città e ad osservare i piedi di donne e di uomini, tutti calzati con scarpe all’ultima moda.

Ma dove sono andati a finire le scarpiere di cinque anni fa, forse in beneficenza per il Terzo Mondo?

No, guardo la TV e vedo che lì ci sono carestie e malattie, ma anche le bimbe hanno le scarpe ed i vestiti all’ultima moda.

Forse questo avviene nelle grandi città.

Ma no!

Di estate, in qualsiasi paese rurale, alle ventitrè,  per le strade illuminate a giorno la gioventù del luogo si spande e tutti, con i vestiti all’ultima moda, le forme esibiscono, vere o artefatte non importa.

Ormai le protesi hanno nascosto le forme.

Son tutte belle, son tutte formose, le donne del mondo!

Sono tutti belli i giovani, più timidi delle donne, ma anch’essi con le scarpe ed i giacchini all’ultima moda.

I capelli delle giovani sono diventati tutti biondi, tutti rossi, tutti bianchi, non importa.

Sono all’ultima moda.

È il trucco della cosmesi!

È la gara, non delle virtù, ma della bellezza delle forme.

E chi non è bella, e chi non è bello non ha diritto a passeggiare nei giardini della vita!

Si getta dal terrazzo del sesto piano.

Senatrice Elena Ferrara, Ella fa bene a prendersela con il cybebullismo.

Ma forse il problema non si può affrontare con le leggi.

Occorre forse rivolgere con forza un appello alla Ministra Giannini, perché nelle scuole ritorni la virtù della cultura, dell’essere, e non dell’apparire, del cuore e della mente, e non solo delle forme artefatte.

C’è una industria fiorente delle forme, della cosmesi, dell’abbigliamento.

E la Scuola invece soffre, non ha fondi, sono fatiscenti le aule, ma soprattutto sono vecchi i metodi, sono dell’età dei papiri egiziani i suoi strumenti.

Che cosa si chiede alla scuola d’oggi?

Una pergamena!

Il resto non conta.

Bastano le nozioni, bastano le conoscenze, non la conoscenza.

E non importa la virtù.

Eppure, ai sui tempi, Dante l’aveva cantato:

Nati non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza.

Senatrice Ferrara, occorre che la scuola educhi alla bellezza, alla grande bellezza della Matematica, alla grande bellezza della Poesia, alla grande bellezza delle virtù che gli uomini hanno fatto grandi, nel corso dei millenni.

E chi può farlo, questo miracolo, se non la Scuola, se non la Cultura che ha vestito di umano la scimmia nuda?

Nei circhi anche le scimmie sono vestite all’ultima moda, ma per far ridere!

Mica per ammirare la bellezza delle forme e degli ornamenti.

Le Matrone romane erano apprezzate per i loro pepli?

E le Dame del Settecento non erano forse apprezzate soprattutto per i loro salotti nei quali si esibiva la Cultura?

Senatrice Elena Ferrara, non disperdiamo l’eredità sì grande dell’uomo!

Pochi scienziati ci salveranno con i loro traghetti per altri pianeti.

Ma l’uomo si salverà solo se salverà la sua Cultura.

E di cultura oggi noi abbiamo grande bisogno!

Più dei vestiti, più degli ornamenti, più dei belletti.

I corpi non bastano, i nudi non bastano.

Occorre l’arte, occorre la pittura, occorre la Cultura.

E chi di Giacomo non si innamora leggendo i suoi Canti non ha diritto di cittadinanza su questa terra che gli uomini hanno reso bella con le loro colture e soprattutto che con la loro Cultura.

Nuovi modelli di vita offriamo ai giovani!

Solo così i giovinetti, le giovinette salveremo da morti premature.

La bellezza della Cultura salverà il mondo!

E la bellezza della cultura ha il suo tempio, il suo tempio è la Scuola.

Rendiamo grande la scuola e salveremo i giovinetti, le giovinette che tutte belle saranno anche senza le gonne che nulla coprono, senza i pantaloncini aderenti che tutto scoprono.

Regaliamo ai nostri giovani, a tutti i nostri giovani, la bellezza della cultura e l’orgoglio di esserne portatori.

Solo così li salveremo da morti premature!

Cane guida, in un manuale le “istruzioni per l’uso”

Cane guida, in un manuale le “istruzioni per l’uso”

Tante le norme che tutelano questi preziosi assistenti, ma troppe ancora le discriminazioni. Per questo il gruppo di associazioni “Blindsight Project” ha messo a punto un vero e proprio vademecum, con le regole e le indicazioni fondamentali

da Redattore Sociale
16 aprile 2014

ROMA – Il cane guida è un “lavoratore” e, come tale, va rispettato: proprio come la persona che accompagna: tanti sono invece gli episodi di discriminazione umiliazione che spesso le persone cieche accompagnate dal loro “amico più fedele” devono subire: o perché non conoscono loro stesse gli accorgimenti da usare, o perché non si conosce la legge che tutela il lavoro del cane guida. Blindsight Project ha pensato di correre ai ripari, provando a colmare le lacune e l’ignoranza attraverso un vero e proprio vademecum. “Tutto sul cane guida (e i suoi amici umani)”, è il titolo del manuale che, in sette regole, fa chiarezza su questa materia così poco conosciuta. La guida, rivolta soprattutto ai possessori di cani da lavoro, ma anche a tutti i padroni di cani, è nata dalla collaborazione con la Scuola Triveneta per Cani Guida, l’Associazione Puppy Walker e l’Uici di Belluno ed è disponibile sul sito di Blindsight project. Esso contiene “consigli, regole e suggerimenti per il rispetto degli animali ed anche delle persone, quelle disabili in particolare, per evitare sanzioni e denunce, per essere più informati e per una migliore qualità della vita di tutti, cani guida e loro amici umani compresi”, si legge nell’introduzione. “Ci auguriamo che questa piccola guida possa essere d’aiuto a tanti – spiegano i promotori – dai gestori di esercizi pubblici che rischiano multe e denunce, a tutti gli italiani con cani, in particolar modo gli italiani con disabilità visive, che vorrebbero potersi muovere tranquillamente tra tutti con la loro guida a 4 zampe, senza alcun pericolo, polemica o discriminazione”.

Per prima cosa, “il cane guida che accompagna la persona disabile della vista (cieco o ipovedente) non può essere separato dallo stesso in quanto considerato ‘ausilio per persona disabile’, è quindi tutelato dalla legge (n.37 del 1974, integrata dalla Legge n. 60 dell’8 febbraio 2006 pubblicata nella G. U. n. 52 del 3 marzo  2006), che garantisce ovunque senza limitazione l’ingresso gratuito al cane guida che accompagna disabile visivo anche dove i cani normalmente non sono ammessi (es.: taxi, trasporti pubblici, ambulanze, esercizi commerciali, ospedali, chiese, hotel, scuole, ecc.). La trasgressione di tale legge – ricordano gli autori della guida – comporta una sanzione da €500 a €2.500, e non va esclusa l’eventuale denuncia da parte della persona disabile per discriminazione”.

Ora, sebbene esista questa tutela così ampia ed esplicita, tuttavia accade quotidianamente che “la persona cieca sia cacciata via da pubblici esercizi o trasporti, solo perché ha scelto di vedere con un cane guida”. Obiettivo del vademecum è quindi ricordare quali siano le leggi principali e forniscono alcune indicazioni molto pratiche. Una parte di queste sono rivolte a chi incontra una coppia cieco-cane guida: non dare cibo e non distrarre con giochi e carezze il “prezioso” assistente, non intervenire mentre la persona cieca rimprovera il suo cane. Altre raccomandazioni sono invece indirizzate agli stessi padroni dei cani: si ricorda per esempio l’obbligo del guinzaglio, ma non della museruola, dal cui utilizzo sono esonerati i cani guida, così come quelli delle forze armate, della polizia e della protezione civile. Le persone cieche sono inoltre esonerate dalla raccolta delle feci del proprio cane, obbligatoria invece per tutti gli altri padroni di cani. “Il cane guida è comunque addestrato anche a non sporcare, e a farlo solo in aree con erba o terra”, precisano gli autori del manuale. Ai pedoni si ricorda poi che “il bastone bianco per ciechi ha la precedenza su tutti e ovunque per codice della strada” e si raccomanda quindi di liberare il passaggio all’arrivo della coppia, sia sui marciapiedi che nei mezzi di trasporto e in luoghi chiusi. Infine, ai conducenti di auto, moto e  bici, si raccomanda di non occupare aree riservate: “parcheggiare ‘un attimo’ sui passaggi pedonali tutti significa rubare l’unica via d’uscita che un cane guida può avere per attraversare”. Il manuale si conciude con una pagina di contatti e riferimenti per eventuali segnalazioni e contributi. (cl)

Z. Bauman, La scienza della libertà

Le Edizioni Erickson presentano il nuovo libro di Zygmunt Bauman
La scienza della libertà. A cosa serve la sociologia?

baumanZygmunt Bauman, La scienza della libertà. A cosa serve la sociologia?
Introduzione di Mauro Magatti, traduzione di Riccardo Mazzeo
Edizioni Erickson

 

Attraverso una serie di fluide e scorrevoli conversazioni con Michael Hviid Jacobsen e Keith Tester, svoltesi tra il gennaio 2012 e il marzo 2013, il famoso sociologo affronta una tematica quanto mai attuale: la crisi della sociologia.
Partendo dall’affermazione che oggi la sociologia viene considerata di poco valore e affrontata con estremo scetticismo Zygmunt Bauman ci consegna un libro che è una dichiarazione appassionata, militante e cruciale dell’utilità delle scienze sociali.

(…) se la sociologia vuole essere rilevante, è necessario che si apra alle persone e che cominci a pensare nuovamente come faceva quando io ero uno studente di sociologia: che siamo qui per raccogliere le evidenze e impegnarci in un dialogo continuo con l’esperienza e per cercare di aiutare le persone nella loro lotta contro la doppia piaga dell’ignoranza e dell’impotenza.

Zygmunt Bauman si fa portavoce di una sociologia che non si chiude nell’autoreferenzialità accademica e che non si dimentica di concepire l’essere umano, oggetto dei suoi studi, come un soggetto attivo, capace di compiere scelte autonome.

I sociologi, se vogliono essere all’altezza della propria missione, non devono limitarsi a condurre studi «oggettivi» e quantificabili come i fisici e i geologi, ma devono invece guardare al vissuto più intimo delle persone e, entrando in conversazione con loro, aiutarle a comprendere come le loro vicende umane vissute singolarmente si riflettano in contesti sociali più ampi e ne siano irrimediabilmente influenzate.

La sociologia può rendere la gente felice?
Può – se capire il mondo che plasmiamo per plasmare ta nostra condizione ci rende più felici di quanto lo saremmo nel caso contrario. Per contro, vi sono poche probabilità di essere felici nel chiudere gli occhi o nel volgere lo sguardo dall altra parte ed è una probabilità, quest’ultima, davvero effimera, come quella offerta dall’ubriachezza o dalle droghe – con un prezzo salato da pagare. Nella valuta della frustrazione, al momento in cui si smaltisce la sbornia.

Perché a questo serve, in fondo, la sociologia, ad aumentare la consapevolezza delle persone e, in tal modo, la loro libertà.

Scheda libro: http://bit.ly/LaScienzaDellaLiberta_Bauman

Zygmunt Bauman Uno dei più importanti e amati pensatori viventi del mondo, il sociologo polacco ha insegnato all’università di Leeds dagli anni Settanta e si è affermato dapprima come teorico della postmodernità e, dal Duemila, con i suoi scritti sulla modernità liquida. Fra i suoi ultimi libri, Conversazioni sull’educazione e Le sorgenti del male, Edizioni Erickson.

Aggiornamento GaE

Aggiornamento GaE: ANIEF chiede chiarezza sui trasferimenti da Trento

 

Il sindacato ha chiesto chiarimenti urgenti al Miur e all’intendenza scolastica provinciale perché sia garantito il diritto al trasferimento dei docenti dalla Provincia autonoma di Trento ad altra provincia.

 

Con le modifiche apportate in occasione della Legge Finanziaria 2013, la Provincia Autonoma di Trento ha trasformato le allora graduatorie provinciali per titoli in analoghe ma non più integrabili e aggiornabili, ovvero della stessa natura di quelle ad esaurimento (o GaE) presenti sul resto del territorio nazionale, modifica che ha integrato la Legge Provinciale 7 agosto 2006 n. 5 nel seguente modo:

“Art.92 p .g sono stabiliti i casi, i tempi e le modalità per l’inserimento del personale docente statale nelle graduatorie provinciali.

2 bis. Omissis

2 ter. Le graduatorie provinciali per titoli vigenti alla data del 31 dicembre 2012 e formate secondo quanto previsto dal comma 2 hanno durata indeterminata e non sono più integrate e aggiornate”

 

L’Anief ha quindi chiesto un celere intervento interpretativo al fine di sapere se allo stato attuale, anche alla luce di quanto chiarito dalla Provincia Autonoma di Bolzano, che con nota 999 1 aprile 2014 ha dato la possibilità ai docenti lì inseriti di trasferirsi nelle graduatorie ad esaurimento di altra provincia nel territorio nazionale, tale eventualità, eventualmente regolamentata con modalità analoghe, valga anche per i docenti trentini, scelta fino a questo momento preclusa mancando su Istanze Online il relativo modulo telematico, né essendo, sempre per il momento, disponibile un modello cartaceo quale quello previsto per la Provincia di Bolzano (“modello T” Prot. n. AOODGPER 3602).

 

Ciò anche in applicazione delle norme che disciplinano le competenze della provincia Autonoma di Trento in materia di istruzione che per le gli ordini di istruzione Primaria, Secondaria di I e II grado è competenza secondaria delegata in ordine alla  gestione del personale docente di questi ordini di scuola. Una per tutti, per la sua più concreta efficacia applicativa: art. 1 DPR 405/88 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino – Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di Trento).

 

Per cui la permanenza della provincia di Trento in tale situazione configurerebbe una grave situazione di illegittimità in quanto in contrasto con i limiti di competenza ad essa attribuiti, in violazione del diritto dei docenti interessati alla libera circolazione sul territorio nazionale non solo costituzionalmente riconosciuto ma anche tutelato dall’UE nel TUE.

 

Visti i tempi ristretti e alla luce del grave pregiudizio che un’eventuale preclusione in merito porterebbe a tutti coloro interessati a trasferirsi dalle graduatorie trentine, con conseguenti richieste di cospicui risarcimenti danni, ANIEF ha pertanto richiesto al Miur e all’Intendenza Scolastica di Trento una risposta chiara e risolutrice, anche in considerazione del fatto che i funzionari in questi giorni informalmente interpellati, sia a livello Ministeriale sia a livello Provinciale, non sono stati in grado di fornire una spiegazione esauriente e normativamente fondata.

GAE, CAOS DOMANDE ONLINE

GAE, CAOS DOMANDE ONLINE. GILDA A MIUR: PROROGARE SCADENZA

Prorogare il termine di presentazione delle domande online per l’aggiornamento delle graduatorie a esaurimento. A chiederlo è la Gilda degli Insegnanti che oggi, in seguito alle pressanti proteste dei docenti precari che lamentano il malfunzionamento del sistema informatico, ha inviato una lettera a Luciano Chiappetta, direttore generale del personale Miur.

“I problemi tecnici sorti con la piattaforma telematica – spiega il sindacato – stanno rallentando, e in molti casi addirittura impedendo, la compilazione e l’invio delle domande. A ciò si aggiunge l’avvio anticipato delle procedure rispetto all’apertura del sistema telematico, che rischia di compromettere il calcolo del punteggio necessario ai precari per il corretto aggiornamento delle graduatorie. Il periodo previsto per l’inoltro delle istanze, inoltre, risulta troppo breve perché tra il 10 aprile e il 10 maggio ci sono numerose festività. Se il Miur non dovesse risolvere le difficoltà tecniche in tempi rapidi – conclude la Gilda – chiediamo la possibilità di inoltrare le domande anche in forma cartacea”.

Concorso a cattedra

Concorso a cattedra: aveva ragione l’Anief. Le prove di laboratorio andavano valutate insieme agli scritti

 

Il Tar Trento, con sentenza n. 87/2014, accoglie il ricorso di tre ricorrenti e annulla il bando della PAT laddove, in analogia al DDG 82/12, non ammetteva agli orali i candidati che non hanno ottenuto 7/10 alla prova di laboratorio, ancorché in possesso del punteggio complessivo di 28/40 previsto dalla legge.

 

Ancora una volta si dimostra fondata la denuncia del sindacato che aveva trovato dieci buoni motivi per ricorrere contro l’ultimo bando di concorso a cattedra, come organizzato dal ministro Profumo, e come reiterato dall’assessore Dalmaso. Per i giudici amministrativi di Trento, che già avevano ammesso con riserva tre ricorrenti che avevano superato poi anche gli orali, è evidente come sia prescrittivo e chiaro il testo unico (d.lgs. 297/94) laddove prevede la valutazione complessiva e congiunta delle prove scritte, grafiche e orali, in merito al punteggio minimo richiesto (28/40) per accedere agli orali, e come non possa l’amministrazione discostarsi in alcun modo da tale precetto.

 

Il precedente sarà citato nelle udienze di merito che si svolgeranno nei prossimi mesi al Tar Lazio e in Consiglio di Stato, laddove di recente lo stesso Tar non ha più concesso provvedimenti cautelari.

La riforma dell’apprendistato: quali i rischi di effetti negativi (inattesi)?

da l’Unità

La riforma dell’apprendistato: quali i rischi di effetti negativi (inattesi)?

Il nodo della formazione ha da sempre rappresentato una questione spinosa nell’ambito dei rapporti fra datori di lavoro, organizzazioni sindacali e soggetti pubblici, spesso responsabili dei percorsi formativi ‘esterni’:

di Ugo Ascoli, Emmanuele Pavolini

In attesa di altri provvedimenti per ora solo annunciati (fra cui ad esempio la creazione di strumenti di welfare a copertura universale per chi è senza lavoro e senza reddito), l’attuale governo ha ritenuto di dover intervenire con celerità su questioni relative al mercato del lavoro con un decreto legge, il n° 34 del 20 marzo 2014, onde modificare la regolazione di alcune importanti forme di contratto: l’apprendistato (incidendo soprattutto su quello più praticato, ovvero quello ‘professionalizzante’) ed il contratto a tempo determinato. Rispetto a un dibattito politico che si è iniziato a concentrare sul secondo di tali strumenti, riteniamo in questa sede sia importante svolgere una riflessione sui cambiamenti apportati al primo, che ha rappresentato fino ad oggi il contratto su cui maggiormente si sarebbe dovuto teoricamente puntare, qualora si fosse voluto investire sul ‘capitale umano’ dei giovani: l’elemento qualificante di tale strumento è, infatti, quello di dare rilevanza contemporaneamente sia all’inserimento effettivo nel mercato del lavoro che alla formazione durante il periodo iniziale di tale investimento. La nuova normativa proposta dal governo Renzi interviene sul funzionamento di alcuni meccanismi fondanti dell’apprendistato in Italia. Le riflessioni riportate in queste pagine, oltre che a partire dalla letteratura recente sull’argomento, si basano in particolare, da un lato, sull’esperienza di amministratore di uno dei due autori di questo articolo, che è stato per vari anni Assessore regionale al Lavoro, dall’altro sui risultati di una ricerca condotta nell’ultimo biennio all’interno di un progetto di ricerca del MIUR (PRIN) sui temi del welfare, in cui una parte specifica è stata dedicata al funzionamento dell’apprendistato. Accanto ai due autori del presente articolo, hanno avuto un ruolo attivo in questa attività di ricerca Clementina Villani (Università di Roma “La Sapienza” e Comune di Roma), Giustina Orientale Caputo e Sara Corradini (Università di Napoli “Federico II”).

Come quasi tutti i governi dalla seconda metà degli anni novanta ad oggi, anche quello Renzi, tramite il decreto “Poletti”, interviene sul contratto di apprendistato. Nel corso degli ultimi decenni si è ripetutamente intervenuto sui limiti di età per avere accesso a tale strumento: seguendo una direzione di progressivo innalzamento di tale limite nel 1997 si elevò l’età dell’apprendista fino a 24 anni; nel 2003 si portò tale limite fino a 29 anni e si elevò il periodo possibile dell’apprendistato ‘professionalizzante’ a sei anni; nel 2011 venne approvato il Testo Unico che riportava la durata massima a tre anni; nel 2012 si rivedevano gli sgravi contributivi a favore del datore di lavoro (fino al 100% per un impresa con meno di nove addetti). Da un punto di vista degli strumenti per facilitare l’inserimento sul mercato del lavoro dei giovani, il valore e l’importanza del contratto di apprendistato risiedono nell’essere un contratto ‘a causa mista’: la doppia attenzione su inserimento lavorativo e formazione ne costituiscono l’essenza e la forza. La formazione è sostanzialmente distribuita fra ‘formazione professionale in senso stretto’ (on the job) e ‘formazione trasversale’, onde incrementare l’occupabilità dei giovani nel mercato del lavoro, dal momento che non c’è alcun obbligo di assunzione a tempo indeterminato da parte del datore di lavoro. In realtà l’idea di coniugare esperienza in azienda con attività formative, spendibili in un contesto più ampio di mercato del lavoro, si è andata affievolendo nel corso del tempo. Dieci anni fa le ore della ‘formazione trasversale’ erano 120 annue. Si è giunti successivamente a 120 in tre anni. Con il decreto Poletti l’obbligo è stato praticamente azzerato. Per essere più precisi il decreto del marzo 2014 rende facoltativa e non obbligatoria la formazione trasversale. In aggiunta a ciò non si vincola in alcun modo la possibilità da parte imprenditoriale di accendere nuovi contratti di apprendistato: nell’ambito della normativa vigente tale possibilità era collegata in qualche modo all’esito di una parte dei precedenti.

L’esperienza di uno degli scriventi in qualità di amministratore porta ad interpretare il passaggio dall’obbligatorietà alla discrezionalità come il voler venire incontro alle lunghe e reiterate pressioni del mondo imprenditoriale, specialmente delle piccole e medie imprese, interessate soprattutto a mantenere dentro l’apprendistato solo la formazione tecnica di mestiere. Sarà, infatti, molto improbabile che, venuto meno il vincolo obbligatorio, le stesse imprese, che fino ad ora avevano spinto per l’abrogazione della formazione trasversale, decideranno di investirvi. Naturalmente, sarebbe errato descrivere il prima ed il dopo del decreto Poletti come il mondo magnifico prima e la decadenza poi della formazione trasversale.

Il nodo della formazione ha da sempre rappresentato una questione spinosa nell’ambito dei rapporti fra datori di lavoro, organizzazioni sindacali e soggetti pubblici, spesso responsabili dei percorsi formativi ‘esterni’: in nessuna regione italiana si è mai riusciti a mettere in formazione più di un terzo dei giovani in apprendistato e tutte le ricerche hanno mostrato un funzionamento profondamente insoddisfacente per le modalità dei percorsi attivati. Tuttavia erano in molti a pensare che occorresse ridisegnare tale formazione, facendone veramente una leva per migliorare la capacità dei giovani di ricollocarsi efficacemente in un’altra attività lavorativa, dopo la conclusione di un periodo di apprendistato, piuttosto che abdicare nella sostanza all’aspirazione di investire in tale direzione. Contemporaneamente buona parte dei datori di lavoro l’ha sempre considerata come ‘una perdita di tempo’ che riduce il monte ore investito nel lavoro e quindi un costo per l’impresa: il trade-off fra sgravi contributivi e retributivi (rilevanti) per la parte imprenditoriale e necessità di formazione per gli apprendisti è stato spesso posto in secondo piano. Accanto a questo rischio, quindi, di ridisegnare l’istituto di apprendistato in un contratto sempre meno “misto” e sempre più strettamente legato al posto di lavoro specifico in cui il lavoratore viene a trovarsi, alcune altre elaborazioni compiute sulla banca dati dell’Inps che abbiamo svolto per la ricerca PRIN sopra indicata, ci permettono di comprendere meglio come abbia effettivamente funzionato in questi anni tale istituto. Innanzitutto risulta come il numero di lavoratori in apprendistato in Italia sia diminuito fra il 2005 ed il 2011 quasi del 14%, passando da 841.321 a 726.276 (2011), dopo aver raggiunto il picco più elevato (906.677) nel 2007. Il titolo di studio più diffuso fra i giovani apprendisti è il diploma superiore, mentre per quanto riguarda l’inquadramento professionale c’è una netta prevalenza di professioni di tipo operaio per gli uomini e di ruoli di impiegate qualificate nei servizi per le donne. Ben l’83,7% degli apprendisti dichiara di non aver effettuato alcuna attività formativa negli ultimi dodici mesi. In oltre un terzo dei casi il contratto di apprendistato non ha superato i sei mesi e solo nel 31,5% ha superato i due anni.

Nel 2011 la quota dei lavoratori in apprendistato di 15-29 anni si è attestata sul 14,4% del totale degli occupati della stessa fascia di età (mentre nel 2009 ne rappresentava il 15,9%), con grandi differenze fra i due estremi Sud (9,2%) e Centro (18,3%). In oltre quattro quinti dei casi (85,8%) siamo inoltre in presenza nel 2009 di una risoluzione anticipata, prima cioè del termine stabilito: la vasta diffusione di un tale fenomeno non depone a favore di una interpretazione di tali percorsi lavorativi quali modalità in grado di migliorare le doti di formazione e competenza di chi li intraprende. Se poi si considera il totale delle attivazioni di rapporti di lavoro nel 2011, l’apprendistato rappresenta non più del 3% delle attivazioni totali, a fronte di un massiccio utilizzo del contratto a tempo determinato, che ha raggiunto nello stesso anno il 68,2% del totale delle attivazioni. In definitiva ci troviamo in presenza di un contratto di lavoro che: non mantiene le sue caratteristiche di contratto a causa mista (formazione e lavoro) a tutto svantaggio dei lavoratori e delle loro chance di occupabilità al di là della singola esperienza in un’azienda; viene scelto sempre meno dai datori di lavoro; presenta durate spesso (molto) brevi; è utilizzato assai meno nelle regioni meridionali, proprio dove, invece, la disoccupazione giovanile raggiunge i suoi picchi più elevati. Di fronte alla crisi dello strumento così come disegnato fino al marzo 2014, si poteva provare ad intervenire in varie maniere. Non è detto, però, che la scelta di rendere questo contratto ancora più appetibile per i datori di lavoro, rinunciando all’obbligatorietà della formazione ‘esterna’ e rimuovendo ogni ‘paletto’ per l’assunzione di nuovi apprendisti, incrementerà il numero di apprendisti. Potrebbe rischiare, invece, di eliminare ogni forma (tentativo) di ‘investimento sociale’ anche formativo su questi giovani onde aumentarne l’occupabilità. La competizione con il contratto a tempo determinato, in cui, grazie al nuovo decreto, sarà possibile arrivare a otto proroghe fino a 36 mesi senza ‘causalità’ e senza periodi vuoti fra un periodo e l’altro, sarà ‘dura’ e rischierà di aprire una gara ‘al massimo ribasso’. Difficilmente tutto ciò, in assenza di una ripresa della domanda, potrà ridurre significativamente la disoccupazione giovanile. Lo scenario che si apre è chiaramente complesso ed è difficile in questo momento prevederne le traiettorie e gli esiti con una certa sicurezza. Il rischio appare, però che il nuovo apprendistato finisca per affiancarsi alle (false) partite iva ed alle varie forme di lavoro a collaborazione. Se ciò si dovesse verificare, occorrerà domandarsi fino a che punto la maggiore flessibilità si tradurrà in maggiore precarietà.

Scatti d’anzianità, “Ancora non c’è l’atto di indirizzo”

da Tecnica della Scuola

Scatti d’anzianità, “Ancora non c’è l’atto di indirizzo”
di P.A.
Vibrata nota di protesta di Uil scuola, Cisl scuola, Snals e Gilda per il mancato pagamento degli scatti di anzianità. Emani il Governo l’atto di indirizzo propedeutico all’avvio del negoziato all’Aran.
Una trattativa, spiegano in un comunicato i sindacati della scuola, che la stessa legge impone di concludere entro il 30 giugno. Non si può attendere oltre, non c’è nessuna ragione plausibile per questo ritardo inspiegabile e del tutto ingiustificato. Altro provvedimento che rischia di rimanere sulla carta, spiegano ancora i sindacati, è quello relativo al piano pluriennale delle immissioni in ruolo. Dopo cinque mesi dalla conversione in legge del decreto “l’Istruzione riparte”, che prevedeva una serie di ulteriori passaggi attuativi per perfezionare le misure previste, tutto è fermo, mentre è assolutamente indispensabile rendere operativo il piano già dal prossimo primo settembre. Si riportano i riferimenti normativi e la finalità dei provvedimenti: >>> Il decreto scatti prevede la progressione di anzianità per i docenti e il ripristino delle posizioni economiche Ata: serve l’atto di indirizzo
[ Il riferimento normativo: L’atto di indirizzo èprevisto dalla legge 41 del 19 marzo 2014 – Conversione Decreto Legge 3 del 23 gennaio 2014 – sulla proroga degli automatismi stipendiali scuola pubblicata in GU il 24 marzo 2014, per definire in sede ARAN la questione degli scatti di anzianità. La norma citata prevede inoltre una specifica sessione negoziale per il ripristino delle posizioni economiche ATA. La legge fissa al 30 giugno 2014 il termine per concludere le due contrattazioni.] >>> Per attuare il piano triennale di assunzioni previsto dal decreto ‘L’istruzione riparte’, occorre un altro atto di indirizzo. [Il riferimento normativo: Specifica sessione negoziale per attuare il piano triennale di assunzioni approvato con il ddl n. 1150 di conversione in legge del decreto 12 settembre 2013, n. 104 (L’istruzione riparte) GU Serie Generale n.264 del 11-11-2013] >>> Tra gli adempimenti che restano per completare il quadro dei ritardi c’è anche la questione delle indennità dei direttori amministrativi che operano su più scuole sottodimensionate. [Il riferimento normativo: Perfezionare l’iter dell’atto di indirizzo relativo all’indennità del DSGA che opera su scuole sottodimensionate previsto dall’art. 4, c. 82 L. 183/2011 G.U. 14.11.2011.]  (da UilScuola)

Ancora sul nuovo obbligo di richiesta del certificato penale del casellario giudiziale

da Tecnica della Scuola

Ancora sul nuovo obbligo di richiesta del certificato penale del casellario giudiziale
di L.L.
Una circolare del Ministero del Lavoro fornisce ulteriori chiarimenti. Pubblicate anche le faq del Ministero della Giustizia 
Mentre si è ancora in attesa della preannunciata nota del Miur, facendo seguito alle circolari emesse nei giorni scorsi dal Ministero della Giustizia, anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce chiarimenti sul nuovo obbligo di richiesta del certificato penale del casellario giudiziale, previsto dall’art. 2 del D.lgs. 4 marzo 2014 n. 39 (entrato in vigore il 6 aprile scorso), delle persone impiegate in attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori.
Le precisazioni sono contenute nella circolare n. 9 dell’11 aprile 2014, che in sostanza ricalca le interpretazioni fornite dall’altro Dicastero e ribadisce che l’obbligo di richiedere il certificato riguarda esclusivamente i nuovi rapporti di lavoro e pertanto non si applica ai rapporti di lavoro in essere; come già chiarito, non riguarda i rapporti di volontariato, ma soltanto i rapporti i rapporti di lavoro, tra i quali, secondo il Ministero, vanno ricomprese le collaborazioni anche a progetto.
Nella circolare 9 viene anche precisato che l’obbligo sussiste solo ed esclusivamente per quanto riguarda  quelle attività che implicano un contatto necessario ed esclusivo con una platea di minori. Non sono, pertanto, interessate quelle attività che non hanno una platea di destinatari preventivamente determinabile, in quanto rivolte ad una utenza indifferenziata. Ed ancora, secondo il Ministero del Lavoro, non riguarda i dirigenti, i responsabili, preposti e tutte quelle figure che sovraintendono alla attività svolta dall’operatore diretto, che possono avere un contatto solo occasionale con i minori.
In mancanza della certificazione, che va comunque richiesta, è ad ogni modo possibile impiegare il lavoratore sulla base di una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà.
In questi giorni c’è da segnalare anche la pubblicazione di alcune faq da parte del Ministero della Giustizia. Tra queste, una faq precisa che “L’obbligo per il datore di lavoro sorge all’atto dell’assunzione e quando, scaduto il termine di durata previsto, il datore di lavoro stipuli altro e nuovo contratto con lo stesso lavoratore”.
Un’altra faq chiarisce poi che “Per attività professionali o attività volontarie organizzate si intende tutte le professioni o i lavori (ad es. quelle di insegnante, bidello, pediatra, allenatore, educatore) per i quali l’oggetto della prestazione comporta un contatto diretto e regolare con i minori a fronte di uno specifico rapporto di lavoro”.
Ricordiamo, infine, che i certificati valgono 6 mesi e va richiesto solo al momento dell’assunzione.

Visualizzazione della consistenza degli aspiranti nelle GaE

da Tecnica della Scuola

Visualizzazione della consistenza degli aspiranti nelle GaE
di Lara La Gatta
La funzione sarà attiva a partire dal 17 aprile. Disponibile anche un corso on-line per la presentazione della domanda e presto anche una nota di chiarimento del Miur per ridurre le possibilità di errore nella compilazione delle domande
Dal prossimo 17 aprile il Miur renderà disponibile un’apposta funzione, denominata “consistenza aspiranti in graduatoria”, che consentirà di visualizzare e conoscere, per ogni graduatoria ad esaurimento, gli aspiranti presenti in graduatoria, suddivisi per fascia di appartenenza.
La funzione sarà accessibile seguendo il seguente percorso: Miur / istruzione / personale scuola / reclutamento / graduatorie provinciali / reclutamento del personale della scuola a.s. 2014-15 / consistenza aspiranti in graduatoria.
Per utilizzare correttamente la funzionalità specifica, è stata predisposta una guida di riferimento di supporto per il personale interessato.
Su Polis è anche disponibile un corso on line (pubblicato da Cisl Scuola in formato pdf), rivolto agli aspiranti che – inseriti a pieno titolo o con riserva, nella I, II, III e IV fascia delle GAE, costituite in ogni provincia – intendano presentare la domanda di permanenza, aggiornamento, trasferimento, conferma o scioglimento della riserva nelle graduatorie ad esaurimento.

La Flc Cgil ha inoltre fatto sapere che è prevista la pubblicazione di una nota che chiarirà gli aspetti problematici e cercherà di ridurre al minimo lepossibilità di errore nella compilazione delle domande.

Geografia e Storia dell’Arte, 100 deputati chiedono a Giannini di salvarle

da Tecnica della Scuola

Geografia e Storia dell’Arte, 100 deputati chiedono a Giannini di salvarle
di A.G.
Il 17 aprile verrà consegnata l’interrogazione al Ministro per chiederle il rilancio effettivo delle due discipline “azzoppate” dalla riforma Gelmini. L’iniziativa, che ha come firmatario Alessandro Zan, deputato di Sinistra Ecologia e Libertà, e che riunisce deputati anche di Pd, M5S e Scelta Civica, sarà presentata a sostegno della petizione ‘SalvArte’, lanciata sulla piattaforma Change.org dal presidente della fondazione Univerde, l’ex ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio.
Sono più di 100 le firme dei deputati all’interrogazione al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, per chiederle di assicurare, sin dal prossimo anno scolastico, il rilancio effettivo dell’insegnamento della Geografia e della Storia dell’Arte nelle scuole italiane.
L’iniziativa, che ha come firmatario Alessandro Zan, deputato di Sinistra Ecologia e Libertà, e che riunisce deputati di Sel, del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle e di Scelta Civica, sarà presentata a sostegno della petizione ‘SalvArte’, lanciata sulla piattaforma Change.org dal presidente della fondazione Univerde, l’ex ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, che ha raccolto in poche settimane decine di migliaia di firme, giungendo ormai alle 111.000 adesioni di cittadini italiani che chiedono di “salvare gli insegnamenti della Geografia e della Storia dell’Arte”.
“Giovedì mattina (17 aprile n.d.r.) alla presenza di Pecoraro Scanio, tra i promotori dell’iniziativa sul web, – ha spiegato Zan –  consegnerò a Stefania Giannini le firme dei deputati che hanno sottoscritto la richiesta, e inviterò personalmente il Ministro a dare una risposta alle decine di migliaia di cittadini e ai moltissimi tra docenti, associazioni, realtà di impegno civile e sociale che chiedono al Governo di assicurare in modo chiaro il ripristino e il potenziamento dell’insegnamento di tali materie. Credo – conclude il parlamentare – che sia arrivato il momento di osservare il proclamato impegno del presidente del Consiglio Matteo Renzi sulla priorità da assegnare al rilancio della scuola, e di evitare così un ulteriore peggioramento dei danni già provocati a essa dalle riforme Gelmini”.

Sul registro elettronico l’Antitrust avvia un’istruttoria

da Tecnica della Scuola

Sul registro elettronico l’Antitrust avvia un’istruttoria
di P.A.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha deciso di avviare un’istruttoria per verificare l’esistenza di una possibile intesa restrittiva della concorrenza tra le società fornitrici del software gestionale del registro elettronico per le scuole
Le due società sotto la lente del Garante sono, come scrive Il Velino, Argo Software srl (Argo) e Axios Italia Service srl (Axios), attive nei mercati dei software gestionali per le scuole e degli applicativi innovativi per scuole come il registro elettronico e le comunicazioni scuola-famiglia in formato elettronico. Il provvedimento è stato notificato oggi alle società nel corso di alcune ispezioni effettuate in collaborazione con il Gruppo Antitrust del Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza. Tutto sarebbe partito a causa di una segnalazione ricevuta dalla Casa Editrice Roberto Spaggiari Spa in base alla quale Argo e Axios, a ridosso dell’introduzione obbligatoria nelle scuole del registro di classe e delle comunicazioni scuola-famiglia in formato elettronico, avrebbero deciso di rendere difficile, fino a rimuoverla, l’interoperabilità tra i loro software gestionali e i registri elettronici dei concorrenti. Argo e Axios, in tempi diversi ma con modalità analoghe, avrebbero bloccato l’accesso ai database inclusi nei gestionali, contenenti i dati della scuola relativi agli alunni, alle famiglie e al personale soprattutto docente e che risultano necessari per il funzionamento del registro elettronico. Tali condotte avrebbero di fatto impedito agli istituti scolastici che adottano un software gestionale di Argo o Axios di utilizzare i dati, contenuti nei database alunni e personale, per il registro elettronico fornito da un operatore diverso. L’ostacolo all’interoperabilità generato dalle condotte di Argo e Axios, peraltro, potrebbe anche essere di ostacolo alla migrazione da un software gestionale ad un altro. L’intesa ipotizzata potrebbe limitare in maniera sostanziale le possibilità di scelta degli istituti e condizionare la concorrenza dinamica nei mercati dei software per le scuole, ivi compresi quello per prodotti innovativi quali registro elettronico e comunicazioni scuola-famiglia in formato elettronico, producendo effetti distorsivi sul processo di digitalizzazione delle scuole, con danno non solo dei fruitori dei servizi scolastici, e cioè gli alunni e le loro famiglie, ma dell’intera collettività. Il procedimento dovrà concludersi entro il 30 aprile 2015.