Reddito cittadinanza e disabilità

Redattore Sociale del 20-01-2019

Reddito cittadinanza e disabilita’, Zoccano: “Associazioni saranno ascoltate”

“Si sta facendo non poca confusione tra pensioni e indennità, tra invalidità e inabilità al lavoro”. Lo sottolinea il sottosegretario con delega a Famiglia e disabilità in riferimento ai commenti delle associazioni che “a vario titolo si stanno esprimendo sul testo del decreto lamentando di non aver visto accolti i loro emendamenti”. 

ROMA. “L’idea che mi sono fatto, assistendo alla miriade di commenti e dichiarazioni sul Decreto del Governo in tema di disabilità, è che si stia facendo non poca confusione tra pensioni e indennità, tra invalidità e inabilità al lavoro”. Così il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega a Famiglia e Disabilità, Vincenzo Zoccano. “Il provvedimento del Reddito di Cittadinanza riguarda allo stesso modo, tutti i cittadini, con o senza disabilità – continua il Sottosegretario – . Le persone con disabilità che rientrano nei parametri della legge 68/99 non firmeranno il Patto per il Lavoro perché sono comprese nel meccanismo del Collocamento Mirato. Sta ora all’ esecutivo, mettere mano in modo chiaro e risolutivo, al funzionamento degli uffici del lavoro: un’azione non più procrastinabile”. 

Zoccano insiste sui necessari chiarimenti, sottolineando che “le prestazioni pensionistiche in favore dei disabili, sono concesse ai soggetti colpiti da patologie invalidanti, non dipendenti da cause di guerra, di lavoro o servizio. Occorre ovviamente non confondere le somme percepite a titolo di indennità, e quindi non soggette a limiti reddituali ed imposizione fiscale e che non formano reddito per il beneficiario, da quelle percepite a titolo di pensione, sottoposte invece a limiti di reddito e di conseguenza sospese o revocate, una volta superato il limite consentito. Le caratteristiche, i requisiti e gli importi delle singole prestazioni dipendono dal tipo di invalidità, dall’età e dalla gravità della menomazione. Uno stesso soggetto può percepire più assegni a vario titolo, in ragione delle condizioni e delle patologie che presenta. L’esempio più ricorrente è quello della percezione di indennità, più la pensione di inabilità, più altra entrata dipendente dalla propria condizione e patologia, come possono essere la cecità o l’ipoacusia”. 

Conclude Zoccano: “Le Associazioni di categoria, che a vario titolo si stanno esprimendo sul testo del decreto, lamentando di non aver visto accolti i loro emendamenti, devono ricordare che la sede costituzionalmente prevista per la fase emendativa, è il Parlamento. Il Governo, nell’ambito delle sue prerogative costituzionali propone un testo che, in ogni caso, deve essere esaminato dal Parlamento. Le Associazioni saranno certamente ascoltate in quella sede, dove potranno ragionevolmente proporre il loro punto di vista e motivare le modifiche che richiedono. Con questo esecutivo, la Disabilità è parte fondamentale dell’Agenda: veniamo da anni di politiche fatte a spot e senza una reale visione di insieme che inserisca la disabilità in ogni campo di vita. Io sono senza dubbio alcuno a favore di un aumento delle pensioni per le Persone con Disabilità, a patto che questo però non sia sproporzionato in relazione all’interesse generale”.

La nuova maturità: il modello aziendalista della scuola europea

L’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo, quello che tutti continuiamo a chiamare maturità, è cambiato. Dopo la riforma Berlinguer che ne aveva completamente trasformato le caratteristiche all’inizio degli anni 2000, questa è la più importante modifica degli ultimi anni, se non consideriamo la breve parentesi delle commissioni completamente interne, volute dalla Moratti, che ben poco successo ebbero, avendo significato un completo asservimento dell’esame alla politica delle singole scuole e alla logica del marketing, come era peraltro facile immaginare (molti voti alti possono significare più iscritti, questa era la logica che si era imposta, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare).

La trasformazione dell’esame di Stato nasce dalla logica della L. 107/15, la cosiddetta Buona Scuola, con la sua “valorizzazione” dei percorsi di Alternanza Scuola Lavoro, delle competenze trasversali e di quelle di cittadinanza: non a caso è sancita da una delle leggi delega della 107 (D.Lgs 62/2017), cui i docenti, dopo la bruciante sconfitta della lotta contro questa legge, hanno prestato forse troppo poca attenzione. È in quella legge che si mettono le basi delle trasformazioni cui assistiamo in questi mesi. È in quella legge che si dichiara la centralità delle competenze di cittadinanza e di quelle trasversali, si ribadisce la centralità dell’INVALSI le cui certificazioni, seppur da non considerarsi per l’esito finale dell’esame, finiranno in una certificazione di competenze, figlia di una logica che sta informando tutto il ciclo di istruzione e che non ci stupiremmo nei prossimi anni divenisse centrale. La didattica per competenze sta infatti occupando molto spazio nei cicli inferiori di istruzione e si sta pericolosamente affiancando alla valutazione degli apprendimenti. La storia degli ultimi 30 anni di riforme ci insegna che i grandi cambiamenti ci vengono proposti attraverso progressivi avvicinamenti, perché le modificazioni radicali, molto più individuabili, hanno scatenato e scatenerebbero la giusta reazione dei docenti e degli studenti. Ci aspettiamo quindi che il passo successivo sarà il tentativo di sostituire la valutazione di quanto gli studenti apprendono, con la valutazione delle competenze acquisite. Questo è secondo noi l’esito che il legislatore si sta proponendo ed è un esito estremamente pericoloso, sia perché il costrutto di competenza resta un costrutto vago, su cui pedagogisti e psicologi non sono d’accordo, sia perché è un concetto mutuato dal mondo imprenditoriale e dalla logica della selezione del personale, sia perché la valorizzazione delle competenze si traduce nei fatti in una svalutazione dei saperi, sia perché la logica delle competenze è quella di una funzionalità della scuola alle esigenze del mercato delle lavoro, su cui ci siamo più volte espressi e che riteniamo un pericolosissimo processo di asservimento del sistema educativo alle logiche del profitto, processo voluto e spinto fortemente dall’Unione Europea che vede nei sistemi formativi ed educativi dei paesi membri uno strumento per la formazione di quella forza lavoro flessibile, spostabile e sfruttabile, su cui vuol far leva per affrontare la profonda crisi economica in cui si dibatte la nostra società. In questo senso è illuminante la Raccomandazione de Consiglio Europeo del 22 maggio del 2018 sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente, che pone al centro del suo ragionamento la competenza imprenditoriale, ormai centrale rispetto alle foglie di fico della creatività e dello spirito di iniziativa.

In questo quadro generale, che ci sembrava necessario richiamare, gli effetti concreti sull’esame conclusivo del secondo ciclo di istruzione, sono molti: da un lato è scomparsa la Terza Prova e nessuno può, in effetti, dolersene; chi insegna sa bene che si riduceva ad un quizzone nozionistico, dove venivano riproposte anno dopo anno le stesse domande, che non testavano se non l’aver mandato a memoria una serie di stereotipi didattico-disciplinari; dall’altro si è voluto cambiare anche la Prima Prova, con la sostituzione del saggio breve e dell’articolo con un testo argomentativo, la ricomparsa del tema di attualità, la schematizzazione sempre più spinta dell’analisi del testo, ma anche la cosiddetta scomparsa del tema di storia, che però rimane nella sottocategoria del testo argomentativo. Su questo punto ci limitiamo a rilevare che l’insegnamento della storia e delle discipline umanistiche in generale si è progressivamente ipersemplificato ed è stato più volte svalutato negli ultimi decenni (ci limitiamo a ricordare la sciagurata riforma dei professionali, altro frutto avvelenato della Buona Scuola, che taglia ulteriormente le ore di lettere e storia: d’altronde, se sei destinato a svolgere mansioni meramente esecutive, perché mai dovresti avere gli elementi per pensare?). Questo processo a nostro parere non può che essere collegato a quell’evidente intenzione di asservire l’istruzione alle esigenze delle aziende, facendole perdere quel ruolo di costruzione della persona e della personalità per cui è nata. In generale riteniamo che la questione della Prima Prova dovrebbe essere inserita in una riflessione più ampia: perché è importante imparare a scrivere? Che valenza ha la capacità di comunicare le proprie posizioni, idee, conoscenze, intenzioni per iscritto? In che modo essa deve collegarsi con quanto si è imparato a scuola? Può questa capacità dipendere solo da una logica utilitaristica di cosa ti verrà richiesto sul luogo di lavoro? Evidentemente, da docenti e da sindacalisti, noi crediamo di no e che la capacità di comunicare per iscritto abbia invece molto a che fare con che tipo di capacità di critica e riflessione si sia riusciti a sviluppare negli anni dell’apprendimento.

Le ultime novità emerse in questi giorni sono il cambiamento di molte Seconde Prove (le prove connesse all’indirizzo di studi) e del Colloquio orale. In molti indirizzi la Seconda Prova sarà mista (gli esempi più noti: latino e greco al liceo classico e matematica e fisica allo scientifico). Ricordiamo che sarà mista anche la Seconda Prova di alcuni indirizzi professionali, perché il Ministero è interclassista quando si tratta di testare le capacità degli studenti, salvo avere impostato il sistema di istruzione nazionale in modo profondamente classista ed aver svuotato di contenuti l’istruzione professionale, mirando a farne una sorta di lungo avviamento al lavoro: come posso indebolire la formazione di questi studenti e poi chiedergli di gestire in scioltezza due discipline e di essere in grado di produrre un elaborato che le colleghi tra loro in modo significativo? Certo che gli studenti devono poter arrivare tutti allo stesso livello di capacità di elaborazione, ma perché possano farlo lo Stato ha il dovere di fornire loro le stesse opportunità, come da dettato Costituzionale, cosa che sappiamo non avviene affatto, essendo la scuola italiana classista e segregante (i meno ricchi, i migranti, i più deboli in generale riempiono le classi dei professionali, non certo dei licei classici e scientifici di questo paese). Inoltre il colloquio dovrà partire dalla scelta alla cieca di un argomento trasversale e/o interdisciplinare, secondo quanto indicato nel documento del 15 maggio. In molti si sono stupiti e hanno preso sul ridere questa novità, che però è, come la Seconda Prova scritta mista, figlia di una logica pericolosa e nello stesso solco della didattica per competenze. Non a caso pare che dietro questa modifica vi sia L’ANP, l’Associazione Nazionale Presidi, tra le maggiori fautrici della trasformazione in senso aziendalista della scuola italiana. Crediamo che questo provvedimento sia figlio di un malinteso concetto di interdisciplinarietà, asservito all’idea base della didattica per competenze, per cui i saperi sono strumenti da utilizzare in situazione, così da essere pronti ad ogni compito il mondo del lavoro ci metterà di fronte: l’obiettivo è una forza lavoro poco formata, con alcune competenze di base, che sappia rispondere ad ogni esigenza del mercato senza porsi domande, senza pensare criticamente. Certo che saper mettere i saperi in relazione è importante, certo che costruire una propria visione di fenomeni che non sia a compartimenti stagni (ad esempio la formazione di una certa forma di Stato, l’affermarsi di una certa corrente culturale, la trasformazione globale in cui siamo immersi, i collegamenti tra gli aspetti fisici, biologici e chimici di certi fenomeni naturali, per fare degli esempi banali) è essenziale, ma questo non ha nulla a che vedere con il forzare collegamenti improbabili o peggio preconfezionati (perché questo accadrà), stabiliti dai docenti e dalle pratiche delle singole scuole. Questa ennesima trasformazione subita dalla scuola italiana, rischia ancora una volta di tradursi in un abbassamento del livello dell’insegnamento, di diluire ancora di più quei saperi che devono essere in relazione dialettica con la pratica e al cui incremento noi dovremmo puntare come docenti. Perché la soluzione non può essere né il nozionismo, né il sapere asservito alle esigenze di chi detiene il potere economico. Il percorso di apprendimento deve invece essere quel percorso di crescita personale e collettiva, che mira a costruire un essere umano, una persona, un cittadino (chiamatelo come volete) consapevole e critico, in grado di pensare e di trasformare la realtà data.

La maturità diventa di coppia

da la Repubblica

Stefano Bartezzaghi

Come prima cosa, guardiamo in faccia la realtà, accettiamola e non parliamo più di «nuovo esame di maturità». Millesimiamola, come lo champagne e il vocabolario Zingarelli; datiamola come la legge finanziaria o le edizioni del festival di Sanremo: insomma chiamiamola « Maturità 2019 » . Mangiamo-la, infine, quest’altra foglia: l’esame di stato per diplomare gli studenti delle superiori viene ormai variato ogni anno e chissà come sarà nel 2020, quando cambierà anche il decennio. I degustatori più esperti oltre all’anno sanno anche specificare l’autore, il ministro che aveva reso interne le commissioni, quello che aveva cambiato i criteri per la seconda materia. Aggiungi l’Invalsi, togli l’Invalsi, in un tripudio di trovate, fughe in avanti, marce indietro, figurazioni estrose in cui la politica scolastica perviene alla più imprevedibile delle sue possibili trasformazioni: la coreografia. A proposito di arte della danza, il 2019 si specializza nel « pas de deux » : si introduce la doppia materia. Perché scegliere fra Greco e Latino (per il classico), fra Matematica e Fisica (per lo scientifico), fra Scienze degli alimenti e Laboratorio di servizi enogastronomici per l’istituto professionale per i servizi di enogastronomia? Salviamo entrambe le materie, abbiniamole nello stesso esame, facciamole ballare assieme – qualsiasi cosa ciò voglia dire.

Cambiare, cambiare, cambiare. In un mondo in cui persino i conservatori hanno la smania e ora si fanno chiamare «neocon» il rischio è di dimenticarsi che a volte i cambiamenti hanno anche ragione di accadere. Per restare nel tema dell’esame di maturità, l’autunno scorso il linguista Luca Serianni ha proposto correzioni di rotta meditate e significative per la prova di italiano. Nel presentarle, ha segnalato che qualsiasi riforma va poi progressivamente aggiustata sulla base dell’esperienza. Ha potuto farlo, e autorevolmente, poiché a lui è chiara la meta verso cui dirigere: la verifica di un’acquisizione di competenza sufficiente alla comprensione e alla produzione di testi argomentativi. Si comporterebbe diversamente un consulente del ministero che fosse convinto che la scuola debba selezionare una generazione di grammar nazi o al contrario di emuli del personaggio interpretato dall’ottimo Nino Frassica. In conclusione: c’è il cambiare strada dei navigatori e non è quello dei randagi.

Gli scopi dell’introduzione della doppia materia e di altre aggiustatine piccole o vistose non vengono messi in luce dagli annunci e questo non testimonia a favore della loro esistenza. Il ministro ha fatto notare solo che se ne parla « già da ottobre » , come se fosse una concessione benevola aver annunciato cambiamenti sostanziali ad anno scolastico già cominciato invece che apportarli di sorpresa. Ha anche promesso simulazioni mensili delle prove d’esame: si sottrarrà così tempo alle lezioni e allo studio in aula per collaudare ( in realtà, per stabilire) le novità. Dunque sbagliavano i nostri vecchi professori a dirci che l’esame era la fine, non il fine, degli studi e non si andava a scuola per passare l’esame ma si passava l’esame per dimostrare di esserci andati e aver studiato. Forse lo scopo oggi è proprio solo quello di cambiare.

Fra i tanti problemi dati dalla famigerata «alternanza scuola-lavoro» ce n’è uno che promette di essere il più piccolo, ma che forse può essere preso come un sintomo. Scuola contro lavoro: la formulazione lascia pensare che quello che si compie in aula non sia lavoro, ma qualcos’altro, fatalmente più astratto e, per dirla tutta, più ozioso. L’alternanza invece non è tra lavoro e studio, ma fra due tipi diversi di lavoro: il lavoro della scuola e quello delle aziende. Quello della scuola non è meno serio o più vacuo. Si svolge con una programmazione, ha metodi, finalità, sistemi di verifica. Cambiare le modalità dell’esame a cinque mesi dal suo svolgimento significa non darsi preoccupazione della programmazione del lavoro comune fra docenti e studenti. È quell’idea poliziesca di meritocrazia che si concentra morbosamente sui modi della valutazione, li varia a suo talento e senza rispetto per il lavoro già impostato, non sa spiegarli. Ma forse è proprio questa la meritocrazia che ci siamo meritati.


L’anno del latin- greco all’esame di Maturità Tre buste per l’orale

da la Repubblica

Corrado Aunino

Quella che inizia il prossimo 19 giugno passerà alla storia delle Maturità italiane, continuamente in movimento, come l’Esame del Latino insieme al Greco. Accadrà al liceo classico, con la seconda prova scritta. Ma anche della Matematica proposta con la Fisica, e questo allo scientifico. Dell’Inglese da sviluppare congiuntamente alla terza lingua, che in alcuni licei linguistici è il Francese, in altri il Tedesco, in altri ancora il Cinese. Inglese e Cinese insieme è davvero un esperimento da seguire. All’Istituto professionale per i servizi di enogastronomia, ancora, si porterà — come seconda prova d’esame — Scienze degli alimenti e pure Laboratorio di servizi enogastronomici. Teoria e pratica senza soluzione di continuità, e qui siamo nella « Repubblica ideale», come dice con ironia abbondante il filologo classico Luciano Canfora, «purtroppo sappiamo che la preparazione media dei nostri studenti è piuttosto bassa».

L’incontro delle due discipline caratterizzanti ( ciascun indirizzo scolastico) è la portata centrale della Maturità 2019. Cui il ministro Marco Bussetti, prudente leghista che qui ha voluto mostrare coraggio dando l’annuncio in diretta social, ha aggiunto l’orale con le tre buste, buste chiuse. Lì dentro l’esaminando troverà l’incipit del discorso: « Il candidato illustri… » . Il candidato, sì, pescherà l’avvio del suo orale dal mazzo di tre testi e, superata la paura, inizierà a parlare agganciandosi a quel suggerimento. « Siamo ai telequiz alla Mike Bongiorno», gridano gli studenti, spaventati e pure arrabbiati. « Andiamo a manifestare sotto i provveditorati», promuove la Rete dei medi, «questo esame è solo confusione ». Per i presidi, invece, la novità del Latin-Greco «era ormai ineludibile » in una scuola che deve fondere i saperi, anche se la nuova struttura delle prove «avrebbe forse richiesto tempi più distesi».

Ecco, tutto troppo in fretta, anche se il primo annuncio della possibilità del Greco più il Latino era in una circolare dello scorso 4 ottobre. Soprattutto, un nuovo cambio di Maturità, ancora. Questo, probabilmente, è il vizio originario di un progetto ambizioso « e ben poco elettorale » , si affrettano a dire al Miur consapevoli che la novità non sta creando un effetto simpatia per il ministero pentaleghista. Il problema è proprio cambiare ancora un’istituzione della scuola, la Maturità appunto, che avrebbe bisogno di stabilità e graduali miglioramenti. La senatrice di LeU Loredana De Petris prova a chiedere se si può spostare tutto di un anno, ma il treno è ormai partito.

È come se questo ministero avesse voluto dare un’impronta forte all’esame di Stato più importante — creando il Latin- Greco e la Matemasica allo scritto nonostante la raccolta di firme professorali contro — per cercare (prima e dopo) di temperare l’irruenza della novità. E, infatti, prima il Miur di Bussetti ha seppellito definitivamente la tesina, ha tolto dall’esame la valutazione Invalsi, ha trasformato l’Alternanza scuola- lavoro da prova scritta a breve parte del colloquio, ha portato a 40 punti su 100 (erano 25) la base su cui un candidato può posare il suo buon andamento nel triennio. E poi, notizie di ieri, ha deciso di aiutare i 470mila candidati frastornati con simulazioni in classe da fare tra febbraio e aprile e assicurazioni sul merito: «Ho chiesto ai tecnici di preparare prove non di livello universitario, come è accaduto in passato», ancora Bussetti, « e dirò alle commissioni di attenersi rigidamente a ciò che le singole classi hanno studiato». Lo certificherà il Consiglio di classe, il prossimo 15 maggio. « Studenti, tranquilli, non siamo stati severi » , assicura il ministro.

Esami di Stato secondaria, il Decreto Miur con i dettagli per il colloquio

da Orizzontescuola

di redazione

Il Miur ha diramato ieri l’elenco delle discipline oggetto della seconda prova, gli elenchi delle materie affidate a commissari esterni e il decreto che regola alcuni punti fondamentali dell’esame di stato, tra cui il colloquio.

Il decreto è costituito da 5 articoli.

Gli articoli 3 , 4 e 5 sono dedicati rispettivamente all’Esame di Stato nelle scuole della Regione autonoma Valle d’Aosta, nella Provincia autonoma di Bolzano, e nelle scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno-italiano del Friuli Venezia Giulia.

L’art. 1 è dedicato alle tabelle allegate, ossia le Le materie affidate ai commissari esterniScarica

L’art. 2 è dedicato al colloquio

Il colloquio comprenderà le seguenti sezioni:

  • Trattazione che trae spunto dalle proposte della Commissione (analisi di testi, documenti, esperienze, progetti, problemi)
  •  Esposizione dell’esperienza di alternanza scuola-lavoro
  •  Parte dedicata alle conoscenze e competenze maturate nelle attività relative a «Cittadinanza e Costituzione».

Naturalmente, va dedicato apposito spazio alla discussione degli esiti delle prove scritte.

Preparazione del materiale

La commissione d’esame dedica un’apposita sessione alla preparazione del colloquio.

La Commissione, che rimane nella composizione 3+3+1 (3 commissari interni, 3 esterni e il Presidente) dovrà dunque approntare un lavoro di preparazione complesso e meticoloso, a partire dalle indicazioni del documento del 15 maggio.

Nel corso di tale sessione, la commissione provvede per ogni classe, in coerenza con il percorso didattico illustrato nel documento del consiglio di classe, alla predisposizione dei materiali da proporre in numero pari a quello dei candidati da esaminare nella classe/commissione aumentato di due.

Gli spunti da proporre agli studenti potranno essere

  1. analisi di testi
  2. documenti
  3. esperienze
  4. progetti
  5. problemi

Con queste modalità la Commissione  verificherà l’acquisizione dei contenuti delle singole discipline, la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite e di collegarle per argomentare in maniera critica e personale, anche utilizzando la lingua straniera.

Il giorno della prova, per garantire la massima trasparenza e pari opportunità ai candidati, saranno gli stessi studenti a sorteggiare i materiali sulla base dei quali sarà condotto il colloquio.

Alternanza Scuola Lavoro, Cittadinanza e Costituzione, Clil

Nell’ambito del colloquio, il candidato interno espone, mediante una breve relazione e/o un elaborato multimediale, le esperienze svolte nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (alternanza scuola lavoro).

Una parte del colloquio riguarderà, poi, le attività svolte nell’ambito di “Cittadinanza e costituzione”, sempre tenendo conto delle indicazioni fornite dal Consiglio di classe sui percorsi effettivamente svolti.

La commissione cura l’equilibrata articolazione e durata delle fasi del colloquio e il coinvolgimento delle diverse discipline, evitando però una rigida distinzione tra le stesse.

N.B. Conoscenze e  competenze della disciplina non linguistica ( CLIL) possono essere accertate in lingua straniera qualora il docente della disciplina coinvolta faccia parte della commissione di esame in
qualità di membro interno.

Sia la prima che la seconda prova scritta, da quest’anno, saranno corrette secondo griglie nazionali di valutazione.

Il decreto

La retribuzione

Non sappiamo ancora se i compensi della Commissione resteranno ancora ancorati a quelli fissati nel 2007 e mai aggiornati, o potranno essere oggetto di una nuova valutazione da parte del Ministero.

Maturità 2019, materie seconda prova. Matematica e fisica allo Scientifico, Greco e latino al classico

Esami di Stato secondaria 2019, ci saranno simulazioni nazionali. Le date

Maturità 2019, ecco le materie dei commissari esterni. Scarica Tabelle

Stress lavoro-correlato: troppo disinteresse, norma poco rispettata

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Fra tutte le disposizioni di legge in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro quella relativa valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato è quasi certamente la meno applicata, perlomeno nella scuola.

L’importanza della valutazione dello stress

Eppure valutare lo stress a cui sono sottoposti i docenti sarebbe molto importante e forse persino utile per prevenire quelle situazioni di difficoltà e di disagio che certamente stanno a monte dei comportamenti violenti dei docenti nei confronti degli alunni.
Con questo non vogliamo far passare in secondo piano le oggettive responsabilità,  anche di natura penale, che gravano sui docenti un po’  “maneschi”, ma vogliamo far rilevare che con una adeguata rilevazione dello stress si potrebbe forse ridurre i rischi sia per i docenti sia per gli alunni.

Obbligo di legge

Peraltro la rilevazione dello stress lavoro-correlato è espressamente prevista dall’articolo 28 (primo comma) del D.Lgs. 81/2008, il cosiddetto “Testo unico sulla sicurezza”.
Su questa disposizione non pare esserci quella attenzione che sarebbe necessaria. Gli stessi contratti integrativi di istituto, almeno secondo quanto risulta a noi, si occupano decisamente poco dell’argomento nonostante che il tema della sicurezza sia esplicitamente indicato fra le materie da affrontare a livello di istituto.