Invalsi: la Dad ha aumentato le difficoltà d’apprendimento

da La Tecnica della Scuola

La didattica a distanza del periodo pandemico ha creato grandi difficoltà di apprendimento, specie per gli alunni della scuola primaria. Ad evidenziarlo è l’Invalsi, che ha condotto una ricerca sulla condizione di partenza della scuola italiana all’arrivo della pandemia. Emerge che per più di 6 bambini su 10 le lezioni da remoto sono state una prova proibitiva poiché solo il 36% era in condizioni accettabili per affrontarle. Dato che sale al 48% alle medie e al 66% alle superiori. Il resto potrebbe essere stato danneggiato dalla Dad, preoccupazione che aveva esternato il premier Draghi alle Camere.

Nello studio, un doppio questionario per studenti e docenti. Ai primi si è chiesto se disponevano di un collegamento internet da casa, di un device e di un luogo tranquillo dove studiare. Agli insegnanti di italiano e matematica se erano già avvezzi alla didattica digitale. Solo il 41% di questi ultimi, alle medie, lo era.

Secondo l’Invalsi aumentano dunque le diseguaglianze, ad esempio per gli istituti tecnico-professionali, addirittura ben 15 punti di differenza tra un liceale e uno studente di un professionale per quanto riguarda l’indicatore di “accettabilità”.

Secondo l’Unicef evidenzia poi ‘Il Sole 24 ore’ c’è il dato di uno studente su 2 che ha ricevuto una quantità minore di didattica rispetto a prima della pandemia.

Dal Decreto Draghi al nuovo Dpcm. In arrivo misure scuola?

da La Tecnica della Scuola

Il Decreto Legge del Governo Draghi ha disposto lo stop agli spostamenti tra le regioni fino al 27 marzo e niente visite private a parenti e ad amici in zona rossa, come abbiamo riferito in alcuni articoli precedenti. Ora si lavora al nuovo Dpcm, che potrebbe definire nuove misure sulla scuola.

Ad oggi ricordiamo che il Dpcm in vigore dal 16 gennaio dispone che le scuole in area gialla e arancione possono mandare gli alunni in presenza, sebbene nel caso delle superiori venga indicato: adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica, in modo che a decorrere dal 18 gennaio 2021, almeno al 50 per cento e fino a un massimo del 75 per cento della popolazione studentesca delle predette istituzioni sia garantita l’attività didattica in presenza.

Mentre nelle scuole in zona rossa si prevede che per le classi seconda e terza delle scuole medie e per tutte le classi delle scuole superiori le attività scolastiche e didattiche le lezioni si svolgono esclusivamente con modalità a distanza.

L’intervento di Bonaccini

Sul proprio profilo social interviene sul tema del nuovo Dpcm il Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, che riporta le proprie dichiarazioni al Corriere della Sera in risposta alla seguente domanda:

Con il nuovo Dpcm bisogna cambiare il sistema dei colori e inasprire le regole, anche fino a un nuovo lockdown?

Risponde così Bonaccini: «Le persone sono esauste. Il continuo entrare e uscire da zone colorate, senza che si riesca a piegare la curva in maniera strutturale, non aiuta. Ci sono attività economiche che non sanno cosa accadrà il giorno dopo, altre chiuse da troppi mesi. Occorre cambiare schema. Al governo chiediamo un confronto sulla revisione dei parametri e delle misure, per dare maggiori certezze a cittadini e imprese e rendere più efficace l’azione di contrasto al virus».

Maggiore chiarezza del CTS

E chiede al CTS maggiore chiarezza e decisioni tempestive che permettano alle persone di programmare e di non farsi trovare impreparate. Quanto ai vaccini, il Governatore dell’Emilia Romagna conta sulla autorevolezza del Premier Draghi. Le dichiarazioni di Bonaccini: “Il Cts dia indicazioni più chiare e basta con le decisioni prese all’ultimo minuto. Per le dosi dei vaccini confido nell’autorevolezza del premier.”

Il comunicato di Palazzo Chigi sul Decreto Legge

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della salute Roberto Speranza, un Decreto-legge che introduce ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Alla luce dell’evoluzione della situazione epidemiologica il Decreto dispone la prosecuzione fino al 27 marzo 2021 del divieto di spostamento tra diverse Regioni e Province Autonome, fatti salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute.

E’ sempre consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione.

Il nuovo provvedimento dispone anche il divieto, nelle zone rosse, di spostarsi verso abitazioni private diverse dalla propria, salvo che gli spostamenti siano dovuti da esigenze lavorative, motivi di necessità o salute. Nelle zone arancioni tali spostamenti restano consentiti tra le ore 5 e le ore 22 all’interno dello stesso Comune, nelle zone gialle, invece, all’interno della propria Regione. Sia nelle zone arancioni che in quelle gialle gli spostamenti verso le abitazioni private diverse dalla propria sono consentiti fino a un massimo di due persone, che possono portare con sé i figli minori di 14 anni (o altri minori di 14 anni sui quali esercitino la responsabilità genitoriale) e le persone conviventi disabili o non autosufficienti.

Nelle zone arancioni, per i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, sono consentiti gli spostamenti anche verso Comuni diversi, purché entro i 30 chilometri dai confini.

Maturità 2021: 1 studente su 2 approva la ‘formula Bianchi’

da Tuttoscuola

Gli studenti approvano il ‘pacchetto Bianchi’ per la Maturità 2021, il primo atto ufficiale del neo ministro dell’Istruzione. Che, di fatto, nella sua ossatura di base ripropone la formula adottata per l’esame 2020: niente prove scritte ma di nuovo un maxi-orale su tutte le materie, un elaborato sulle materie d’indirizzo (in sostituzione della seconda prova), davanti a una commissione tutta interna, da svolgere in presenza e sempre alla fine di giugno (anche se il calendario scolastico dovesse prolungarsi). Per averne la conferma definitiva manca solo il parere (obbligatorio ma non vincolante) del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Nel frattempo però, come detto, gli studenti si sono già espressi. A raccogliere la loro voce il portale Skuola.net, con un sondaggio che ha coinvolto 1.500 maturandi. Dal quale emerge che più o meno tutti i passaggi dell’ordinanza – anticipata dal MI – risultano graditi ad almeno 1 maturando su 2.

La decisione, ad esempio, di replicare la soluzione d’emergenza individuata lo scorso anno – quando al posto degli scritti si decise di valutare gli studenti attraverso un colloquio più approfondito e più lungo del solito – piace al 50% dei prossimi maturandi. Solo 1 su 10 avrebbe preferito un ritorno all’esame classico (due scritti più l’orale breve). Gli altri dividono le loro preferenze tra formule ibride: un solo scritto e poi orale, doppio scritto ma con tracce proposte dalla commissione, primo scritto nazionale e secondo ‘interno’.

Se il via libera dei maturandi c’è, non si tratta tuttavia di un plebiscito. Persiste, infatti, un’ampia fetta di studenti che ha un atteggiamento scettico addirittura sull’opportunità di farlo svolgere l’esame di Stato. Quasi 1 su 2 lo avrebbe cancellato. Non tanto per ragioni sanitarie (tesi sposata dal 7% dei contrari) quanto per l’impossibilità di essere preparati adeguatamente a un passaggio del genere dopo oltre un anno di didattica a distanza (la pensa così il 47% di chi boccia la Maturità 2021); con il 27% che invece ritiene che non serva una prova finale per valutare quanto fatto negli ultimi cinque anni. Una schiera, quella dei ‘NoMat’ che nel frattempo si ingrossa di giorno in giorno: la petizione online più consistente lanciata su Change.org ha già superato le 60mila firme..

In realtà la volontà dei maturandi di non sostenere l’esame non dovrebbe essere vista solo come un atto di tipica contestazione studentesca – commenta Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net –  anzi forse è lucida lettura di cosa ormai la Maturità sia diventata: un vuoto rito di passaggio invece che una vera e propria prova di valutazione. Spesso il punteggio con cui ci si diploma è una mera conferma della media finale, espressa in centesimi invece che in decimi. Fatta questa premessa, una formula come quella del 2020 lascia agli studenti la possibilità, o la difficoltà, di cimentarsi con un esame che sia lo specchio del loro percorso di studi, per forza di cose estremamente eterogeneo. Per questo il maxi orale, con la commissione interna, appaiono l’unico strumento per adattare l’esame al percorso di ogni classe. La vera novità sarebbe stata abolirla, la Maturità. Ma non è un’opzione di cui dispone il ministro dell’Istruzione, serve una legge approvata dal Parlamento”.

Tornando all’esame, se proprio deve esserci, i ragazzi appoggiano la ferma volontà del MI di farlo svolgere in presenza: il 51% è d’accordo; va però detto che 1 su 3 avrebbe preferito l’esame ‘a distanza’. Tendenziale apprezzamento pure per il timing di partenza dell’esame, confermato subito dopo la metà di giugno, anche se gli altri studenti dovessero andare a scuola per tutto il mese (ipotesi su cui il Ministero sta ragionando in questi giorni): 3 su 4, infatti, non avrebbero preso bene uno spostamento al mese di luglio. Bene anche il punteggio: il 45% concorda sull’attribuire massimo 40 crediti alla prova finale (e non 60 come previsto dalla normativa generale sugli esami di Stato), dando maggior peso al curriculum scolastico; anzi, 1 su 3 avrebbe valorizzato ancora di più quest’ultimo dato. Meno sorrisi invece per il principale cambiamento rispetto al 2020: il ritorno, seppur non così rigoroso, dello sbarramento di fine anno; perché il 52% avrebbe preferito di nuovo il ‘tutti ammessi’.

Elezioni del CSPI del 13 aprile. Diversi sindacati ne richiedono il rinvio

da Tuttoscuola

Tra una cinquantina di giorni, il prossimo 13 aprile, si dovrebbero svolgere le elezioni per il rinnovo della componente elettiva del CSPI che coinvolgeranno circa un milione di persone tra docenti e personale ATA.

Lo prevede l’ordinanza ministeriale n. 173 del 9 dicembre scorso che aveva anche sancito lo strano sdoppiamento della componente elettiva da quella designata.

Uno sdoppiamento già diventato operativo con l’insediamento del nuovo-vecchio CSPI, composto al 50% da membri eletti ormai decaduti e al restante 50% da membri appena designati.

Il nuovo ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, dovrà ora decidere se rinviare le elezioni per eleggere il 50% dei membri decaduti, come richiesto dalla maggioranza dei sindacati rappresentativi, o confermarle come aveva deciso la ministra Azzolina (forse su suggerimento del capo dipartimento Bruschi) che aveva ignorato a suo tempo un’analoga richiesta sindacale di rinvio a emergenza pandemica superata.

Nella richiesta di rinvio viene evidenziata “l’assoluta inopportunità dello svolgimento di una consultazione elettorale di quella portata in piena emergenza pandemica, non soltanto per evidenti ragioni legate alla necessità di contenere i rischi di contagio, ma anche perché le misure di distanziamento a tal fine da osservare avrebbero impedito che le elezioni costituissero, come è la stessa ordinanza ad auspicare, un’occasione importante di partecipazione, di confronto, di dibattito, di democrazia, il cui momento fondamentale è rappresentato da sempre dalle assemblee del personale svolte in modo capillare e diffuso in tutte le scuole”.

A tutto questo, secondo le OO.SS. che hanno richiesto il rinvio, dovranno aggiungersi le criticità connesse con le prossime misure propedeutiche alla elezione (costituzione e riunione delle commissioni elettorali, presentazione delle liste con connesse pratiche di sottoscrizione delle candidature e delle liste stesse previa autenticazione delle firme, ecc.).

Ma non tutti i sindacati hanno chiesto il rinvio…

Dirigenti scolastici: fuga dal potere di firma e responsabilità sproporzionate

da Tuttoscuola

Intervenendo alla cerimonia di insediamento del presidente della Corte dei conti e all’inaugurazione dell’Anno giudiziario, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha parlato della responsabilità dei funzionari pubblici per i quali occorre trovare un punto di equilibrio tra fiducia e responsabilità: una ricerca non semplice, ma necessaria, perché occorre evitare gli effetti paralizzanti della “fuga dalla firma”, ma anche regimi di irresponsabilità a fronte degli illeciti più gravi per l’erario.

Negli ultimi anni il quadro legislativo che disciplina l’azione dei funzionari pubblici si è ‘arricchito’ di norme complesse, incomplete e contraddittorie e di ulteriori responsabilità anche penali”. “Tutto ciò – ha aggiunto – ha finito per scaricare sui funzionari pubblici responsabilità sproporzionate che sono la risultante di colpe e difetti a monte e di carattere ordinamentale; con pesanti ripercussioni concrete, che hanno talvolta pregiudicato l’efficacia dei procedimenti di affidamento e realizzazione di opere pubbliche e investimenti privati, molti dei quali di rilevanza strategica”.

Come non pensare anche ai carichi di responsabilità dei dirigenti scolastici che devono anche fronteggiare – quasi unici tra tutti i dirigenti pubblici – il contenzioso da parte dell’utenza e dei propri dipendenti?

Draghi ha definito come “fuga dalla firma” il peso della responsabilità troppo elevato e incerto e dunque il dirigente preferisce trovare una strada burocratica per evitare di assumerlo oppure, come succede frequentemente per i dirigenti scolastici, spesso soccombe anche per responsabilità non sue.

Se alla denuncia di Draghi sulla “fuga dalla firma” seguiranno chiarimenti sulla responsabilità civile e penale dei funzionari, non potranno essere trascurati i dirigenti scolastici sui quali gravano responsabilità, a volte non proprie, sproporzionate rispetto ai dirigenti amministrativi di seconda fascia, che, pur avendo normalmente un minor carico gestionale e organizzativo, fruiscono di una maggiore retribuzione.