LAUREATI NELLE PROFESSIONI SANITARIE: FOCUS SULLE RETRIBUZIONI

RETRIBUZIONE DEI LAUREATINELLE PROFESSIONI SANITARIEIL NUOVO FOCUS DI ALMALAUREA

La Giornata Mondiale del malato (11 febbraio) offre ad AlmaLaurea lo spunto per presentare la nuova indagine statistica che ha visto intervistati – nel 2019 a un anno dal conseguimento del titolo – 18.249 laureati di primo livello del 2018, afferenti ai corsi di laurea delle 22 professioni sanitarie.
Retribuzione dei laureati, differenze retributive di genere e per ripartizione geografica di lavoro, mobilità dei laureati e principali fattori che incidono sulla retribuzione mensile sono i focus oggetto dell’indagine.


[Bologna, 09 febbraio 2021] – Indagare gli esiti occupazionali in termini di retribuzioni mensili nette dei laureati nelle professioni sanitarie, inseriti nel mercato del lavoro, è l’obiettivo che AlmaLaurea si è posta con il nuovo approfondimento sulla condizione occupazionale dei laureati triennali in professioni sanitarie. Oggetto dell’analisi sono i 18.249 laureati di primo livello del 2018, afferenti ai corsi di laurea delle 22 professioni sanitarie, contattati nel 2019 a un anno dal conseguimento del titolo. L’indagine ha rilevato che, a differenza degli altri percorsi di laurea triennali, caratterizzati da una quota elevata di quanti proseguono con la formazione universitaria, per le professioni sanitarie il proseguimento naturale è il mercato del lavoro.

Come evidenziato anche nel più recente rapporto di AlmaLaurea presentato a giugno dello scorso anno, si tratta di lauree altamente professionalizzanti che si differenziano dal complesso dei laureati triennali per la spendibilità del titolo e la posizione privilegiata che assumono nell’immediato inserimento nel mercato del lavoro. L’87,8% decide, al termine del percorso triennale, di non iscriversi ad un altro corso di laurea (è solo il 34,9% per il complesso dei laureati di primo livello): tale quota supera il 90% per i laureati del corso in Infermieristica, per quelli in Tecniche Audioprotesiche e per quelli in Igiene Dentale.

Il tema del nuovo focus di AlmaLaurea, presentato in occasione della Giornata mondiale del malato celebrata ogni anno l’11 febbraio, è quanto mai attuale vista la situazione emergenziale, dovuta alla crisi pandemica, che ha avuto un impatto rilevante in primis sul settore della sanità. I risultati sono analizzati per genere, per ripartizione geografica di lavoro, distintamente per le 22 professioni sanitarie. Un ulteriore approfondimento, attraverso un modello di regressione lineare, evidenzia, infine, i principali fattori che incidono sulla retribuzione dei laureati nelle professioni sanitarie.

Il focus mostra che nel 2019, a un anno dal conseguimento del titolo, la retribuzione mensile netta dei laureati nelle professioni sanitarie del 2018 è pari, in media, a 1.313 euro. Valore che segna un + 3,7% rispetto alla rilevazione dello scorso anno. Tuttavia, i segnali di miglioramento evidenziati negli anni più recenti non sono ancora in grado di colmare la perdita retributiva registrata nel periodo più buio della crisi economica. La maggiore retribuzione media mensile del 2019 si osserva nel corso in Igiene Dentale (1.608 euro). A incidere sulle differenze retributive è, tra i vari fattori, anche la diffusione di attività a tempo parziale. A livello complessivo, a un anno dalla laurea, il 27,1% dei laureati nelle professioni sanitarie del 2018 lavora part-time (26,6% per il complesso dei laureati di primo livello).

Quanto alle differenze retributive di genere, la componente femminile prevale a livello complessivo tra le professioni sanitarie. I corsi a vocazione femminile nelle professioni sanitarie sono quelli in Ostetricia, Infermieristica Pediatrica, Logopedia e Terapia della Neuropsicomotricità dell’Età evolutiva. Ma nonostante tale prevalenza femminile, si evidenziano differenziali retributivi quasi sempre a favore degli uomini. A livello complessivo, infatti, la retribuzione mensile netta è pari, in media, a 1.387 euro per gli uomini e 1.283 euro per le donne (+8,1% a favore dei primi). Tale differenziale è però nettamente inferiore rispetto a quanto rilevato sul complesso dei laureati di primo livello: gli uomini percepiscono il 18,0% in più delle donne (1.334 e 1.131 euro, rispettivamente). Anche a livello di genere incide, almeno in parte, la diffusione del lavoro part-time che coinvolge, complessivamente, il 28,6% delle donne rispetto al 23,6% degli uomini dei corsi nelle professioni sanitarie (rispettivamente 32,0% e 18,3% per il complesso dei laureati triennali).

Per la differenza retributiva rispetto alla ripartizione geografica del lavoro l’approfondimento dimostra alcune differenze territoriali. La retribuzione mensile netta nelle professioni sanitarie – nel 2019 a un anno dalla laurea – è più elevata per coloro che lavorano al Nord: percepiscono infatti, in media, 1.387 euro rispetto ai 1.154 euro di quelli del Sud (+20,1%). Coloro che lavorano all’estero percepiscono, invece, una retribuzione nettamente superiore, pari a 1.763 euro.

A parità delle altre condizioni osservate, infine, ecco alcuni effetti sui differenziali retributivi dei laureati nelle professioni sanitarie. Un effetto determinante sui differenziali retributivi dei laureati è dato, innanzitutto, dai diversi corsi di laurea afferenti alle professioni sanitarie. Inoltre si confermano significative le differenze di genere: il modello stima, infatti, che, a parità di condizioni, gli uomini percepiscono in media, a un anno dalla laurea, 76 euro netti in più al mese. In termini territoriali, rispetto a chi è occupato al Sud, chi lavora al Nord percepisce, in media, 172 euro mensili netti in più, mentre chi lavora al Centro 67 euro in più.

Passando ad analizzare le caratteristiche specifiche del lavoro, è interessante osservare, sempre a parità di altre condizioni, le differenze retributive in funzione della diffusione di attività a tempo pieno e parziale: il modello stima che gli occupati che lavorano a tempo pieno percepiscono quasi 200 euro mensili netti in più rispetto a quanti lavorano part-time. Anche il settore di attività economica incide in maniera significativa sulle retribuzioni dei laureati. Infatti, a parità di ogni altra condizione, rispetto al settore privato, al pubblico impiego corrisponde un vantaggio retributivo stimato pari a 92 euro. Infine chi ritiene di utilizzare nel proprio lavoro le competenze acquisite “in misura elevata” percepisce 174 euro in più rispetto a chi ritiene di non utilizzare per niente tali competenze.

La ricerca-azione a scuola

La ricerca-azione a scuola: la realizzazione dell’innovazione a partire dal curricolo d’istituto verticale orientato alle competenze

di Cristina Fontana *

Rileggendo l’articolo 6 del DPR 275 del 1999, emerge l’attualità del suo contenuto. Agli albori di internet, la lettera d) recita che le scuole, anche associate [in rete], esercitano autonomia di “ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi”. Quanto erano distanti allora l’internet delle cose, le piattaforme di condivisione di contenuti che integrano o sostituiscono i mezzi di comunicazione di massa tradizionali, in modo così pervasivo da condizionare addirittura le elezioni politiche della più grande potenza economica mondiale! Inimmaginabile era allora ipotizzare la Didattica Digitale Integrata che la pandemia ha trasformato, da buona pratica, a modalità quotidiana del fare scuola. A una lettura nemmeno troppo approfondita, non poteva non emergere la visione strategica di un dispositivo normativo talmente avanzato da risultare ancora oggi, per diversi motivi, incompiuto e non del tutto messo in pratica. In realtà, tutte le declinazioni del comma 1 dell’art. 6 che definiscono le modalità in cui si esplica la ricerca nelle scuole appaiono decisamente innovative.

Riferimento normativo della ricerca messa in campo dall’Istituto Comprensivo di Nuvolento (BS) è proprio il comma 1 dell’art. 6 nelle sue diverse articolazioni.

Le scuole sono luogo di ricerca e di sperimentazione, anche se non sempre in modo formalizzato. Spesso, la sperimentazione ha rappresentato la risposta a un problema, ai vincoli o alle criticità presenti in un istituto. Ecco allora diffondersi le cosiddette buone pratiche: innovazioni messe in campo in modo più o meno spontaneistico e non sempre strutturato, dalle quali si sono sviluppate metodologie e strategie che hanno apportato cambiamenti significativi al modo di fare scuola.

Talvolta, il cambiamento necessita di un intervento strutturato, soprattutto se coinvolge molteplici dimensioni del fare scuola, come quello che riguarda la costruzione di un curricolo verticale per un istituto comprensivo. Ecco, allora, la necessità di mettere in campo un’azione di cambiamento attraverso una ricerca volta a innovare l’impianto dell’offerta formativa di un istituto il cui cuore pulsante è rappresentato dal curricolo. Nasce così l’idea di effettuare una ricerca-azione (Lewin) per costruire un curricolo verticale orientato alle competenze.

Finalità della ricerca-azione è, infatti, quella di produrre “conoscenza contestualizzata volta a migliorare una pratica educativa” (Trinchero, Manuale di ricerca educativa, Franco Angeli 2002). L’obiettivo che il nostro istituto si era posto era quello di trasformare la realtà attraverso la completa revisione del curricolo. Lo strumento della RA si configurava, ai nostri occhi, quello più efficace.

 La complessità dell’intervento per la realizzazione del curricolo richiedeva la suddivisione della ricerca in più fasi, da effettuarsi in tempi distesi, necessari alla sperimentazione del nuovo strumento atteso: il nuovo curricolo unitario, verticale, orientato alle competenze.

La ricerca risulta, ancora oggi, aperta. Si alimenta del costante contributo dei docenti impegnati in formazione e autoformazione e ha sviluppato una serie di spin-off che dal curricolo hanno prodotto cambiamenti in ambiti a esso contigui (valutazione autentica, didattica innovativa, cittadinanza digitale, life skill, ecc).

La ricerca-azione ha coinvolto l’intero collegio che ha operato per dipartimenti disciplinari.

Il percorso di ricerca ha mosso i primi passi dall’analisi delle esperienze di apprendimento particolarmente significative effettuate all’interno dell’istituto nelle diverse discipline. In seguito ha previsto una riflessione condivisa sulle strategie e sulle metodologie per rilevare gli aspetti di continuità che emergevano tra i diversi ordini di scuola. Il passaggio successivo è stato quello di individuare gli obiettivi di apprendimento ritenuti indispensabili per ciascuna disciplina, suddivisi per ciascuna annualità, in relazione ai traguardi di sviluppo delle competenze previsti dalle Indicazioni Nazionali. 

Poiché l’azione didattica non si può limitare al sapere disciplinare, la ricerca-azione ha previsto una progettazione organica e coerente con le competenze di cittadinanza e per l’apprendimento permanente. Tiene, inoltre, conto delle disposizioni della mente (Costa e Kallick) che si dimostrano efficaci per affrontare situazioni complesse e sfidanti. Allenare tali disposizioni, anche nei progetti di ampliamento dell’offerta formativa, contribuisce al raggiungimento del successo scolastico. Non solo, contribuisce ad esempio a migliorare il locus of control attraverso la valutazione autentica nella quale il momento di autovalutazione rappresenta un aspetto metacognitivo rilevante per ogni alunno, guidato a riflettere sul proprio percorso.

La prima fase operativa della ricerca-azione ha preso avvio dall’analisi delle discipline e dei sistemi simbolico-culturali. La seconda, è partita dalla definizione del profilo in uscita e lo ha declinato per ogni annualità; la terza ha previsto la revisione degli obiettivi di apprendimento. La ricerca-azione si è conclusa con la stesura del curricolo. In realtà, la ricerca non si è limitata alla realizzazione del prodotto atteso, ma ha determinato un cambio di prospettiva del fare scuola, con la diffusione di un metodo di lavoro fondato sulla ricerca che ha portato a ulteriori sviluppi

L’anno scolastico successivo, nel quale si è effettuata la sperimentazione del curricolo, il collegio si è impegnato in una nuova ricerca-azione sul tema della didattica generativa degli apprendimenti. Nasceva l’esigenza di tradurre nel lavoro d’aula, mediante la progettazione di esperienze di apprendimento efficaci, le competenze individuate nel curricolo e la realizzazione di strumenti efficaci per la valutazione formativa di tali esperienze.

Negli anni successivi, il collegio ha così prodotto un portfolio di esperienze che sono condivise su repository in cloud, in modo da essere sempre disponibili, anche per ulteriori modifiche, approfondimenti e sviluppi.

La ricerca-azione ha contribuito a cambiare la mentalità del collegio, riuscendo anche a superare le iniziali perplessità di coloro che, più o meno esplicitamente, si dimostravano misoneisti. La ricerca e l’innovazione sono diventati così i paradigmi di riferimento del fare scuola e hanno consentito al collegio di affrontare il cambiamento e le criticità, leggi pandemia, con flessibilità e capacità di adattamento.

 Attualmente, gli interventi normativi riguardanti l’insegnamento di educazione civica e più recentemente la nuova valutazione degli apprendimenti nella scuola primaria hanno concentrato l’attenzione della ricerca su questi due aspetti. In particolare, osserviamo che l’impostazione organica del curricolo in cui le dimensioni cognitiva, relazionale, emotiva e psicologica dell’apprendimento erano coinvolte, favorisce l’elaborazione di un curricolo di educazione civica, implicitamente, già presente nel curricolo di istituto.

Quali sono i punti di forza di questo percorso? La ricerca-azione si è svolta nelle ore funzionali; non richiede pertanto un investimento finanziario troppo oneroso, se non per gli esperti esterni coinvolti; in secondo luogo, la circolarità della ricerca ha aperto a nuovi sviluppi. Questo  permette la sperimentazione delle nuove pratiche e l’assestamento delle nuove competenze acquisite dal collegio. L’interiorizzazione del modello di ricerca ha modificato l’approccio del fare scuola. Il prodotto stesso della ricerca non ha una sua versione definitiva, viene continuamente messo in discussione, in modo tale da consentire monitoraggi in itinere e modifiche, soprattutto in considerazione degli interventi normativi che dal 2015 si sono succeduti quasi freneticamente.

In particolare, riteniamo opportuno evidenziare che l’attenzione alla sperimentazione in atto ha permesso di anticipare alcune iniziative diventate poi norma: l’adozione di una piattaforma di e-learning nell’a.s. 2016/17; la centralità delle competenze trasversali e di cittadinanza nella progettazione didattica; l’utilizzo di metodologie didattiche generative dell’apprendimento e la connessione tra competenze disciplinari, trasversali e chiave di cittadinanza; infine, la valutazione autentica formativa, proattiva e auto-orientativa. L’aspetto metacognitivo che ha coinvolto tutto il personale docente non è di minore importanza, come si evince da quanto sopraesposto, infatti l’abito del ricercatore non è stato più dismesso e ha modificato la quotidianità del fare scuola.

(*) Dirigente scolastica, I.C. Nuvolento (BS)

La scuola è in trincea da un anno

La scuola è in trincea da un anno: no all’allungamento dell’anno scolastico!

L’intervento del prof. Draghi, sul mondo della scuola, lascia perplessi. Nell’affermare che l’anno scolastico debba proseguire, prevedendo attività pomeridiane o da svolgersi nel periodo estivo, mostra di dare per scontato che nulla fino ad oggi sia stato fatto, annullando con un colpo di spugna tutto il lavoro di mesi e comunicando alle famiglie e agli alunni la sensazione che quanto finora costruito insieme, non rappresenti nulla…anzi, sia stata una mera perdita di tempo.

Mostra, inoltre, di non avere alcuna considerazione di docenti e operatori della scuola e di non ritenere utile comprendere meglio la difficile e complessa realtà della formazione, prima di fare esternazioni abbastanza discutibili, senza peraltro tener conto del fatto che il periodo estivo non rappresenta un momento di vacanza per i docenti, impegnati in scrutini ed esami.

In linea di principio, siamo assolutamente concordi nel ritenere che la scuola sia altro dalla distanza, ma non si può lasciar intendere che finora gli alunni abbiano perso tempo. I docenti, con spirito di sacrifico e quasi pionieristico, hanno creato classi virtuali in cui gli alunni, seppur a distanza, hanno potuto continuare il dialogo educativo, hanno sentito di non essere soli, hanno avuto l’opportunità di confrontarsi con docenti e compagni su quanto stava accadendo, riuscendo così a metabolizzare la difficile realtà che stavano vivendo, percependo di avere ancora delle certezze, quelle che la scuola rappresenta. Ciascuno di loro ha sentito che in un momento drammatico, per ciascuno e per tutti, la scuola ha continuato a puntare su di loro e sul loro futuro, ha continuato a impegnarsi per la loro formazione e ad offrire a tutti la possibilità di proseguire il proprio percorso formativo.

La scuola è entrata nelle case in punta di piedi e ha visto i docenti lavorare inventandosi nuove modalità di confronto, affinché nessuno restasse indietro. Gli alunni sono stati raggiunti attraverso gruppi whatsapp, Classroom disciplinari, video lezioni; si è lavorato in modalità sincrona e asincrona. I docenti hanno sforato spesso e volentieri il proprio orario di servizio, hanno studiato le nuove piattaforme, hanno partecipato a corsi di formazione realizzati ad hoc, hanno lavorato per creare nuovi materiali didattici, pur di proseguire il dialogo educativo.

Ma poi basta un’affermazione estemporanea, un giudizio sommario per cancellare mesi di lavoro e dedizione, per dimostrare una volta di più la distanza siderale che esiste tra il mondo della formazione e il mondo delle istituzioni. Una volta di più, ma soprattutto una volta di troppo!

Roma 09/02/2021

Il Segretario Generale

(Elvira Serafini)

LAVORO IN DAD NON È TEMPO PERSO

LAVORO IN DAD NON È TEMPO PERSO, SI PARTE DA PREMESSA SBAGLIATA

“Definire tempo perso il lavoro svolto durante questo difficilissimo anno pandemico significa partire con il piede sbagliato. Di tutto si può discutere, ma sempre rispettando chi si è fatto in quattro con la Didattica a distanza. Senza, poi, dimenticare che, salvo rare eccezioni, la scuola dell’infanzia e la primaria hanno continuato con la didattica in presenza”. È quanto afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, in merito alle dichiarazioni del presidente incaricato Mario Draghi.

E sull’ipotesi di prolungamento del calendario scolastico, Di Meglio aggiunge che “da insegnante trovo inutile protrarre le lezioni di un paio di settimane. A parte le difficoltà oggettive che comporterebbe, sia da un punto di vista organizzativo con gli esami di fine ciclo, sia da un punto di vista climatico, con edifici scolastici perlopiù inadeguati, un tale provvedimento si rivelerebbe inefficace rispetto al recupero degli apprendimenti da parte degli alunni. Piuttosto, risulterebbe più opportuno finanziare corsi di recupero individuali per gli studenti rimasti realmente indietro”.   

Prolungamento calendario scolastico

Prolungamento calendario scolastico, Sinopoli: decidano le scuole se servono i recuperi ed abbiano fondi

L’agenzia di stampa Ansa ha sentito il segretario generale della FLC sull’ipotesi di prolungare il calendario scolastico avanzata dal premier incaricato, Draghi.

“Ci sono scuole che hanno bisogno di far fare recuperi ai propri alunni, altre no, si deve consentire alle scuole di programmare i recuperi, dando loro autonomia e prevedendo le risorse. Non mi convince la generalizzazione del prolungamento del calendario scolastico e serve comunque un investimento”. A dirlo all’ANSA e’ il segretario Flc Cgil, Francesco Sinopoli a proposito delle parole del premier incaricato Mario Draghi. Quanto invece alle assunzioni dei docenti, per il sindacalista “serve una procedura semplificata per l’assunzione dei precari, la conferma dell’organico Covid e un investimento sulla loro formazione: abbiamo da tempo una proposta chiara che siamo pronti ad avanzare al premier incaricato”.


Scuola: la soluzione non è il prolungamento, servono programmi mirati per il recupero degli apprendimenti

Roma, 9 febbraio: Di fronte alle ventilate ipotesi di allungare la durata dell’anno scolastico a tutto giugno, Francesco Sinopoli, Segretario generale della FLC CGIL, dichiara: “Partiamo da un dato di fatto, tra le mille difficoltà prodotte dalla pandemia e le inefficienze che abbiamo denunciato, una cosa è innegabile: la scuola ha retto e ha fatto la sua parte, nonostante scelte sbagliate a livello ministeriale e nonostante l’inefficienza delle Regioni nella gestione dei presìdi sanitari e dei trasporti”.

“Le scuole dell’infanzia e del I ciclo hanno ripreso le attività in presenza dal mese di settembre più o meno regolarmente in tutto il Paese e le scuole secondarie di secondo grado hanno proseguito l’attività didattica, pur in buona parte a distanza, con impegno, dedizione e senza risparmio di energie da parte di docenti e alunni. In tutti i casi – ribadisce Sinopoli – l’offerta formativa è stata garantita nel corso dei mesi dalla fatica quotidiana di tutto il personale scolastico che si è cimentato, con modalità innovative, nella riconversione immediata della garanzia del diritto all’istruzione”.

“Il tema del recupero degli apprendimenti esiste e siamo pronti a discuterne, ma la soluzione non può essere il prolungamento generalizzato del calendario, che appare una soluzione semplice ad una situazione invece complessa e variegata. Ci sono scuole che hanno la necessità del recupero e altre che non ce l’hanno. La risposta non può che essere la valorizzazione dell’autonomia delle singole unità scolastiche, che potranno fare le scelte più giuste ai fini del recupero di eventuali deficit formativi, commisurandole alle reali necessità dei propri istituti. I Collegi dei docenti e  i Consigli di classe sapranno rimodulare le attività di lezione e di recupero in modo mirato rispetto ai bisogni formativi  dei loro alunni”. 

“Ma per fare questo, le scuole dovranno avere le giuste risorse, non solo finanziarie. Non possiamo dimenticare – conclude il segretario della FLC – che le cattedre scoperte quest’anno sono state più di 200 mila e che il 13 giugno scadranno i contratti dell’organico Covid che vanno assolutamente rinnovati, serve una procedura semplificata per l’assunzione dei precari e un investimento sulla loro formazione, abbiamo da tempo proposte chiare e articolate per la scuola del Paeseche siamo pronti ad avanzare al premier incaricato”.

I MODELLI MENTALI E LE FORME PENSIERO

I MODELLI MENTALI E LE FORME PENSIERO

Paolo Manzelli

La realtà scientifica del mondo invisibile e costruita su modelli mentali che definiscono il paradigma cognitivo di riferimento nel tempo e nello spazio, nel quale vengono collocate entità di “Forma-Pensiero”, come Nuclei, Elettroni, Spin, Atomi e Molecole …che corrispondono a costrutti mentali condivisi collettivamente nella Scienza .

Queste “Forme-Pensiero”, sono costruite a seguito della percezione strumentale di segnali elettromagnetici ad indice della esistenza di aggregazioni della energia, le quali vengono “formalizzate e nominate”, facendo ideale riferimento ad oggetti microscopici , resi virtualmente visibili oggettivandoli  come creazioni  simulate di “Forme-Pensiero” .

Questa moderna metodologia di interpretazione di segnali energetici ,provenienti dal mondo invisibile , à stata utilizzata nella costruzione delle tecnologie scientifiche come la Risonanza Magnetica Nucleare , dai segnali elettronici di  “Spin” o la Ecografia-3D da frequenze di ultrasuoni ecc..  , essendo stata definita sulla base di una immaginifica estensione della capacità percettive e sensibili umane, proprie del mondo macroscopico, le quali vengono proiettare mentalmente sul mondo invisibile di dimensione micro ed ultra microscopica .

Come Egocreanet – Cluster pensiamo necessario prendere coscienza di modello mentale di costruzione delle Forme di Pensiero nella conoscenza scientifiche contemporanee poiché questa costruzione di tipo oggettuale -meccanico della scienza necessita ancora di discuterne i limiti cognitivi , onde evitare conclusioni errate e spesso  limitate proprio da questo metodo immaginario del conoscere teso a rendere mentalmente simile al macrocosmo la realtà sensorialmente invisibile-

Lo SPIN Quantico ed il Principio di Esclusione come costrutto di “Forma-Pensiero”

La Quantizzazione della Energia risponde al principio di Max Plank (1900) che dice :  la Energia (E= hV) non è  un continuo, ma procede per livelli valori discreti (E= hV) ; pertanto la energia vibrazionale (“V”) puo assumere  differenti valori per salti che sono  multipli di un quanto (“h”) elementare. 

In tale contesto cognitivo  Quantico , Wolfgang Pauli , propose la assunzione del “Principio di Esclusione” (1925) , con il quale si afferma che due elettroni (ovvero anche i protoni in quanto possessori di carica elettrica) , essendo identici ed indistinguibili, non possono simultaneamente occupare uno stesso livello quantico,  cosi che, per differenziarli , W.Pauli assunse che tali quanti di rotazione angolare delle particelle potessero comportarsi  dualmente come fossero emessi da  un dipolo elettrico, relativo alla polarizzazione delle forze torsionali  Di conseguenza tali gli “Spin” dovevano  essere  caratterizzati dal numero atomico semi-intero ( = ½ )

Lo “Spin” è  pertanto un indicatore quantico, che non corrisponde ad una realta’-macroscopica di rotazione fisica ,ma che invece è derivato dalla necessita mentale di collocare gli elettroni e nuclei nei diversi livelli quantizzati della energia degli atomi.

 Lo “Spin” va pertanto  considerato come  una “Forma di Pensiero della Scienza Quantica” , che ipoteticamente corrisponde  al momento angolare di particelle puntiformi, che come ulteriore stato quantico, va a completare gli altri due principali indicatori della “ Quantizzazione della Energia Vibrazionale”,  che   vengono  caratterizzati dalle sequenze di numeri interi  ; “ N “ come indice della ampiezza della vibrazione ed  “M”  che è  relativo alla polarizzazione elettromagnetica delle vibrazioni.

Bisogna prendere atto che la “Quantizzazione degli Stati Energetici “ corrisponde ad una finzione mentale ( che include “Forme di Pensiero”)  necessarie  per descrivere  la distribuzione energetica degli stati elettronici nella dimensione atomica, la quale  è composta al 99,9 % di “Vuoto” , dove al centro  c’è il Nucleo circondato da una nuvola di di elettroni che nel vuoto si muovono .

Lo “Spin” fu messo in evidenza come  “Forma Pensiero della Scienza Quantica”  al fine di giustificare il “Principio di Esclusione” che fu definito e discusso unitamente dal Fisico , Wolfgang Pauli e dallo Psicologo Carl Gustav Jung ,  i quali concordarono che “ il pensiero  fisico ed quello  psichico, sono entrambi componenti in-scindibili della descrizione mentale evolutiva della realta’ degli eventi quantici” .

Le “Forme Pensiero Quantiche” hanno permesso la realizzazione dei molte moderne tecnologie di segnali di radiazione luminosa o di suono , tra cui hanno fondamento . A)  Risonanza Magnetica Nucleare  e B) la Ecografia Tridimensionale .

A)- La Spettroscopia di “Risonanza Magnetica Nucleare” (NMR) è una tecnologia di indagine di grande impatto scientifico e sociale, che permette di visualizzare  dettagliate informazioni prodotte dalla stimolazione di segnali elettromagnetici derivanti dalle rotazioni di “SPIN” emessi dalla invisibile struttura molecolare dei composti  chimici o biologici presi in esame. La spettroscopia NMR misura l’assorbimento //desorbimento del momento di dipolo dello “Spin” , il quale provoca un contrasto fofografico “Luce-Buio” , dei segnali della radiazione elettromagnetica di molecole stimolate dalla immersione  in un forte campo magnetico. Questa variazione dell’ assorbimento energetico avviene ad opera dei nuclei di particolari atomi ,(tipicamente 1H o 13C  che hanno Spin Nucleare, non appaiato = semi-intero ), che pertanto si comportano come l’ ago di una Bussola  che si muove per salti quantici di Spin, i quali vengono memorizzati da un computer e visualizzati in forme geometriche bi- o tri-dimensionali . Nel 1971 il Fisico  Raymond Vahan Damadian ipotizzo  che i tessuti biologici del Cancro avessero risposta piu’ lenta nel tempo dei tessuti sani e che quindi  le differenze dello scanner NMR potevano essere di ottimizzate per evidenziare la diagnosi del cancro.

B) La “Eco-grafia” è prodotta dall’ eco di ultrasuoni ,non percepibili dall’ orecchio umano , che attraversano un materiale chimico o biologico. I segnali sonori dell’ Eco- vengono raccolti  differenziandoli in strati di differente intensita’ e quindi elaborati da un computer costruendo un risultato visivo sulla base della sovrapposizione di varie geometrie , rettangolare e trasversale, che nella loro successione temporale si presentano visibilmente come in un film. Pertanto la diagnostica Eco-grafica e divenuta uno strumento indispensabile delle applicazioni capaci di presentare una simulazione visibile di cio che è  invisibile nella biologia ed in medicina

Queste ed altre applicazioni tecnologiche delle radiazioni luminose e sonore, si fondano su “Modelli e Forme Pensiero Quantiche” della Scienza contemporanea al fine di produrre simulazioni visibili di cio che e naturalmente invisibile e insensibile ai nostri occhi ed orecchi.

Infine  il Cluster Egocreanet ritiene importante capire come  piu’ ampie possibilita di conoscenza si aprano ed emergano dalla creativita umana scientifica ed artistica,  finalizzata a rimodulare ed innovare con maggior consapevolezza e coscienza I MODELLI MENTALI E LE FORME PENSIERO della Scienza contemporanea .

La ricerca di Neurologia Cognitiva del Egocreanet Cluster , basandosi su la simultaneita quantica tra “onda e particella” pone in evidenza la necessita’ di accelerare la integrazione tra la fisiologia del cervello con la scienza della psicologia dell’inconscio,   al fine di creare “Forme di Pensiero e Mentalita’ piu’ Evolute” , capaci di esplicitare  la sussistenza simultanea delle  due componenti sostanziali della Nuova Scienza Bioquantica ,1) quella energetica/materiale e 2) la sua componente riflessa simultaneamente  nella equivalente realta’ della psiche umana.”

L’ obiettivo di scientifico e culturale delle iniziative di Egocreanet –Cluster , nel anno 2021,  sara infatti indirizzato dalla sfida di Neurologia Cognitiva ,  tesa a comprendere  , le Forme di Pensiero Bioquantico della Scienza.  08/02/2021. Firenze

Adesioni e Partecipazioni al CLUSTER – EGOCREANET :

https://www.egocrea.net/…/adesione-al-cluster-egocreanet/

Gps, il Tar boccia il ministero

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Se un aspirante docente omette di indicare un titolo già a conoscenza dell’amministrazione nella domanda di inclusione nelle graduatorie provinciali per le supplenze (Gps) ha diritto a correggere l’istanza. Lo ha stabilito il Tribunale di Foggia con un decreto emesso in sede cautelare il 2 gennaio scorso (R.G.N. 7638/2020). Il caso riguardava un’aspirante docente che aveva omesso di indicare nella domanda i servizi pregressi, confidando sul fatto che fossero stati valutati e riconosciuti dall’amministrazione in occasione della precedente tornata di inclusione e aggiornamento delle graduatorie di istituto.

La precedente disciplina, peraltro, prevedeva semplicemente che, in occasione delle tornate di aggiornamento, gli aspiranti già iscritti dovessero far valere solo i nuovi titoli e non quelli già dichiarati. L’amministrazione, però, applicando un’interpretazione restrittiva delle disposizioni contenute nell’ordinanza 60/2020 (il testo normativo che regola le Gps), non solo non ha considerato i titoli pregressi non dichiarati, ma ha addirittura precluso agli interessati di farli valere in sede di reclamo. Tant’è che le Gps, a differenza che in passato, sono state pubblicate direttamente in forma definitiva. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, peraltro, il sistema informatico che ha gestito le domande e le graduatorie è stato programmato in modo tale da non consentire le rettifiche in corso d’opera. E siccome il sistema ha commesso molti errori, l’amministrazione ha dovuto correggere gli errori dovuti al malfunzionamento del medesimo addirittura con decreti di rettifica in autotutela. Le correzioni effettuate non hanno riguardato gli errori di coloro che hanno presentato le domande, ma solo ed esclusivamente gli errori commessi dall’amministrazione.

Errori, peraltro, incolpevoli perché dovuti in massima parte al sistema. Il Tribunale di Foggia, però, ha censurato il comportamento dell’amministrazione richiamando la vigenza del cosiddetto principio del soccorso amministrativo. Principio enunciato dall’articolo 6, della legge 241/90, che prevede l’obbligo per l’amministrazione di consentire le rettifiche dovute ad errori od omissioni da parte dei richiedenti.

A tale principio, secondo il giudice, risultano informate anche le disposizioni contenute nell’ordinanza 60/2020. Le quali prevedono che: «In caso di difformità tra i titoli dichiarati sotto forma di autocertificazione (v. art. 7, comma 10) ed i titoli “effettivamente posseduti” infatti «i dirigenti degli uffici scolastici provinciali procedono alla relativa rettifica del punteggio o all’esclusione dalla graduatoria (art. 8, comma 6)».

Citando un precedente del Tribunale di Massa (2363/2020 del 4/11/2020 RG n. 738/2020) il giudice monocratico ha spiegato che: «Tale attività di valutazione e di eventuale rideterminazione dei punteggi», si legge nel provvedimento, «pare doverosa non soltanto per escludere titoli di servizio dichiarati non conformi al vero, ma anche per assegnare il giusto punteggio in base ai dati in possesso del Miur».

Quanto all’applicabilità del principio del soccorso amministrativo, il Tribunale di Foggia ha spiegato che in casi come questo va sempre applicato. Perché si tratta di una mera carenza documentale relativa al possesso dei titoli e non dell’assenza di elementi essenziali della domanda presentata nei termini da un soggetto legittimato. Pertanto «non vi è alcun pregiudizio del canone generale della parità di trattamento tra i concorrenti venendo in considerazione esclusivamente una regolarizzazione formale documentale».

In buona sostanza, dunque, il diritto dell’aspirante docente di correggere la domanda sussiste tutte le volte che si tratta di integrare l’istanza sulla base di mere omissioni nelle dichiarazioni di titoli che sono già a conoscenza dell’amministrazione. Mentre non si applica quando si tratta di far valere titoli in riferimento ai quali l’amministrazione non ha contezza.

Nel caso esaminato dal giudice, peraltro, si trattava di titoli di servizio riguardanti servizi prestati nelle scuole paritarie. E cioè di titoli che, pur essendo a conoscenza dell’amministrazione in quanto già valutati in occasione di precedenti tornate riguardanti l’aggiornamento di graduatorie, erano stati maturati e formati da persone giuridiche esterne all’amministrazione (le scuole paritarie sono scuole private).

A maggior ragione tale principio dovrebbe valere per le situazioni che si sono verificate per effetto di omissioni nelle dichiarazioni dei titoli che riguardano servizi prestati presso le istituzioni scolastiche statali. In tali casi, infatti, l’amministrazione che gestisce e valuta la domanda (il ministero dell’istruzione) e il datore di lavoro (il ministero dell’istruzione medesimo) coincidono. Secondo il costante orientamento della Suprema corte (sez. III civile, sentenza 1° ottobre – 6 novembre 2012, n. 19158), infatti, «il personale docente della scuola si trova in rapporto organico con l’Amministrazione statale della Pubblica Istruzione, e non con i singoli istituti».

Draghi allunga i giorni di scuola

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Istruzione e ricerca saranno tra i pilastri dell’azione di governo a guida Mario Draghi. L’ex presidente della Bce, prima ancora di Bankitalia, lo ha fatto intendere chiaramente nel secondo giro di consultazioni di questa settimana per la formazione del nuovo governo. Indicativo era stato del resto il suo intervento di agosto 2020 al Meeting di Rimini, in cui parlando della necessità di fare debito buono per il Paese fece chiaro riferimento all’istruzione e a i giovani. Ora che si va delineando il programma di governo su cui acquisire la convergenza dei partiti, nel perimetro allargato alla Lega, cominciano a definirsi anche i mandati dei singoli ministri, nel mix, non ancora del tutto chiaro, tra tecnici e politici. Un quadro nel quale gli spazi per una riconferma della ministra uscente Lucia Azzolina, M5s, sembrano davvero essere improbabili.

Nelle consultazioni di ieri, nell’affermare la centralità della scuola, Draghi ha accennato alla necessità di rivedere il calendario scolastico e di assumere più docenti. Si delinea dunque un prolungamento delle lezioni scolastiche oltre i termini ad oggi previsti, che dovrebbe rispondere all’esigenza di recuperare i ritardi negli apprendimenti provocati dalla didattica a distanza e dunque dall’epidemia. Un’esigenza che trova una condivisione trasversale nel mondo politico oltre che tra gli esperti pedagogisti, che hanno in questi mesi evidenziato i rischi, anche psicologici, dell’isolamento dei giovani.

In tal senso, l’assunzione di nuovi docenti potrebbe servire a dare dal prossimo settembre quella stabilità e continuità nella didattica che è mancata anche in questi mesi contrassegnati dal Covid. Continuità didattica e stabilità del personale, un connubio che non pare sfuggire allo stesso Draghi che in occasione delle sue considerazioni finali da governatore della Banca d’Italia nel 2007 disse: «La mobilità (dei docenti, ndr) ha scarso legame con le esigenze educative».

Intanto impazza il toto-nomine: per viale Trastevere, spunta, da rumors di Palazzo, anche il nome di Maria Elena Boschi, attuale presidente dei deputati di Italia Viva. Per il Pd resiste la candidatura di Patrizio Bianchi, già assessore all’istruzione per l’Emilia Romagna e presidente del comitato tecnico voluto proprio dalla Azzolina per adottare le misure anti-Covid, Ma non è esclusa la promozione dell’attuale viceministra, la dem Anna Ascani.

Non è affatto tramontata l’ipotesi che l’Istruzione vada però a un tecnico, che sia in linea con la filosofia di Draghi. La Lega, che torna in gioco con il nuovo governo, pare intenzionata ad opzionare un posto da sottosegretario proprio all’Istruzione, Rossano Sasso, deputato leghista, il nome che ricorre più spesso.

Per l’Università, resta nei rumors la candidatura di Antonella Polimeni, rettore della Sapienza, ma lo stesso Gaetano Manfredi, ex presidente della Crui, entrato in quota Pd, potrebbe restare. Si tratterebbe di una delle poche conferme sulla stessa casella rispetto al governo Conte II.

Per entrambi i dicasteri, improbabile è ritenuto il loro accorpamento alla luce dell’ampliamento della maggioranza politica e anche dei tempi tecnici che l’operazione richiederebbe, si tratterà di mettere a punto le riforme necessarie per agguantare i fondi del Recovery plan. Un Piano che è ormai scontato sarà completamente rivisto dalla nascitura maggioranza giallo-verde-rossa.

Accreditamento, criteri restrittivi

da ItaliaOggi

Angela Iuliano

Cambia l’accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio universitari. Dopo le novità normative dell’ultimo periodo, in parte strutturali e in parte dovute all’emergenza Covid-19, che hanno introdotto alcuni cambiamenti nell’iter di progettazione e accreditamento iniziale dei corsi di studio, il ministro dell’università Gaetano Manfredi ha mutato drasticamente i requisiti necessari per l’apertura di nuovi corsi: il decreto, il numero 8, è stato firmato l’8 gennaio scorso, a tre giorni dalla presentazione dei corsi da parte delle università. Il decreto non si limita a modifiche marginali o a chiarimenti del dm 6/2019, che costituisce il cardine delle modalità di accreditamento iniziale e periodico di corsi e sedi universitari.

Il decreto amplia significativamente la platea degli Atenei che non possono andare oltre il limite del 2% dei corsi di laurea già autorizzati per l’istituzione di nuovi corsi di studi, limite che nella stesura precedente si applicava esclusivamente nell’ipotesi di superamento delle numerosità massime degli studenti in relazione al numero di docenti disponibili. Il dm 8, al contrario, impone la soglia del 2% anche nel caso in cui l’ateneo «presenti piani di raggiungimento dei requisiti di docenza». Il tetto cioè scatta se l’università in anticipo e prima ancora di ottenere l’accreditamento di nuovi corsi di laurea non disponga della docenza complessiva per l’attivazione, anche in presenza, dell’intero corso. In altre parole, l’ateneo dovrebbe procedere a reclutare tutti i docenti necessari per l’intero ciclo prima ancora di aver ricevuto l’accreditamento stesso dei nuovi corsi di studio.

Il dm 8 fissa il limite del 2% anche nel caso in cui l’ateneo «abbia già adottato piani di raggiungimento in relazione ad altri corsi di studi e gli stessi siano in corso di graduale ed effettiva realizzazione». In pratica, la soglia si deve applicare anche nel caso di richiesta di accreditamento di nuovi corsi negli atenei che non dispongono già della docenza complessiva perfino in altri corsi di studio già attivati ma che non hanno ancora completato il primo ciclo. Si vanificano in questo modo anche gli sforzi e l’impegno finanziario degli atenei nel raggiungere i piani di reclutamento della docenza.

«Desta perplessità un intervento piuttosto radicale rispetto al decreto 6 del 2019, che regolava la materia in modo ormai condiviso», commenta Paolo Miccoli, ex presidente Anvur, «e che tali novità siano ufficializzate a ridosso delle scadenze per i nuovi corsi».

Particolarmente colpite dalle novità del decreto le piccole università, e dunque soprattutto private, ma non solo, che hanno pianificato gli investimenti sulle risorse umane ed alle quali il limite del 2% pone, di fatto, un arresto di sviluppo decisivo poiché il 2% dei corsi già esistenti significa di fatto consentire una crescita di un solo corso l’anno.

Il dm 8/2021, inoltre, recepisce le indicazioni relative alle nuove classi di laurea a orientamento professionale definite dal dm 446/2020 anche in riferimento all’indicatore di valutazione periodica degli sbocchi occupazionali. Fornisce precisazioni in tema di piani di raggiungimento dei requisiti di docenza già adottati e in corso di graduale e effettiva realizzazione. Introduce la possibilità di avere docenti in convenzione con gli enti di ricerca tra i possibili docenti di riferimento dei corsi di studio a distanza.

Cade il velo della privacy sui compensi Fis ai prof

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro hanno diritto a conoscere dettagliatamente i nominativi dei lavoratori che sono stati retribuiti con il fondo dell’istituzione scolastica e gli importi dei compensi corrisposti. Lo ha stabilito il Tar del Friuli Venezia Giulia con una sentenza pubblicata il 3 febbraio scorso (42/2021). Si tratta della prima sentenza dopo che l’Aran, con la nota 6076/2020, aveva affermato che le disposizioni contenute nel contratto sottoscritto il 19/4/2018 non prevedono più l’obbligo per i dirigenti scolastici di fornire ai sindacati i nominativi del personale utilizzato nelle attività retribuite con il fondo.

Il caso esaminato dal Tar riguardava un dirigente scolastico che si era rifiutato di fornire i dati richiesti anche dopo che l’organizzazione sindacale interessata aveva presentato ricorso alla commissione per l’accesso ed aveva ottenuto una pronuncia favorevole. E solo dopo avere constatato il persistere dell’inerzia del dirigente l’organizzazione sindacale si era risolta ad esperire l’azione giudiziale davanti al Tar. Di qui l’accoglimento del ricorso e la condanna dell’amministrazione anche al pagamento delle spese legali fissati in 1.000 euro più altre spese e accessori di legge. Secondo i giudici amministrativi i dati andrebbero forniti anche in assenza della presentazione di un’istanza di accesso agli atti. Perché il diritto dei sindacati di conoscere tali dati discende già dalla normativa contrattuale attualmente vigente. Ma in ogni caso, dopo la presentazione della domanda di accesso, l’amministrazione non può sottrarsi all’obbligo di fornirli. Perché il diritto delle organizzazioni sindacali ad accedere alla documentazione riguardante queste informazioni discende anche dalle disposizioni contenute nella legge 241/90.

E sussiste anche la situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso, che è richiesta dal medesimo articolo. Situazione che è costituita dal diritto all’informazione dell’organizzazione sindacale sulle materie nelle quali avviene la contrattazione collettiva. Il collegio, inoltre, citando l’insegnamento della Suprema corte, ha stabilito che agli organismi locali delle associazioni sindacali debba essere riconosciuta una soggettività giuridica distinta rispetto a quella dell’associazione nazionale, in quanto autonomi centri di imputazione di posizioni giuridiche.

Rafforzare la filiera professionale, lanciare la carriera dei prof

da ItaliaOggi

Marco Campione* *esperto di politiche pubbliche scolastiche

«Vi è però un settore dove la visione di lungo periodo deve sposarsi con l’azione immediata: l’istruzione e, più in generale, l’investimento nei giovani». Sono parole di Mario Draghi di pochi mesi fa. Con premesse così è lecito avere grandi speranze su come il suo governo affronterà l’emergenza educativa che investe il paese. Nell’indicare cosa desiderare per la scuola non si può però non tenere conto dei limiti che condizioneranno il suo lavoro, a cominciare da quello temporale: al massimo un paio d’anni. Questo non vuol dire non pensare in grande, anzi: pensare in grande è un obbligo, visto che è la condizione perché le risorse europee vengano effettivamente erogate. Vuol dire però tenere presente che il tempo è poco e che ogni intervento dovrà essere nella cornice del recovery plan. Un piano che sarà in parte riscritto per aumentare la quota di debito buono (investimenti) a scapito di quello cattivo (sussidi), è vero, ma da questo l’istruzione non ha che da guadagnarci visto che è l’investimento per antonomasia.

Per agire con speditezza è necessario avere un’idea chiara di quali siano i dossier ai quali dare continuità e di quelli più urgenti. Oltre al fatto che si è battuta per garantire il più possibile la scuola in presenza, alla Azzolina va riconosciuto di aver ben instradato un paio di temi. Per l’infanzia si è lavorato per consolidare l’impianto pedagogico alla base della riforma del 2017, sono state incrementate le risorse e ne sono previste di ulteriori nel recovery. Per i precari si è scelta la via del concorso straordinario, resistendo alle richieste di sanatoria. L’urgenza riguarda invece il nuovo anno scolastico, visto che a causa del Covid non si è svolto il concorso ordinario e l’avvio rischia di essere drammatico. Tra gli interventi solo annunciati ma cruciali ne indico due. La riforma della filiera professionalizzante dell’istruzione secondaria e terziaria (dossier che sarebbe utile affidare a un sottosegretario ad hoc): il nuovo governo ha la sensibilità per raggiungere questo obiettivo, avvicinando finalmente l’Italia al resto d’Europa.

Il secondo è quello del cosiddetto middle management. Oggi l’unica possibilità di carriera per un bravo docente è quella di diventare dirigente scolastico, ovvero smettere di insegnare. Un paradosso che il nuovo contratto può superare se accanto al necessario adeguamento delle retribuzioni disciplinerà la possibilità per gli insegnanti di assumere anche responsabilità formative, organizzative e progettuali.

A fianco delle riforme, quelle qui richiamate e le altre del recovery, c’è il tema dell’impatto della pandemia. È cambiata la percezione che le scuole hanno della propria funzione, dell’autonomia di cui godono e della relazione con i territori, ma anche l’approccio generale verso l’innovazione didattica e tecnologica; è aumentata la consapevolezza delle famiglie del lavoro in classe: un rischio per molti, l’occasione per ridurre autoreferenzialità e sfiducia reciproca per chi crede in una scuola diversa.

La possibilità di convogliare tutto questo in energia positiva passa da alcune scelte. 1. Realizzare un’indagine su come le scuole hanno approcciato la didattica digitale, che consenta di individuare cosa ha funzionato e cosa no e contribuisca a deideologizzare lo scontro di questi mesi. 2. Rafforzare le alleanze educative tra scuole e tra scuole e territori attraverso strumenti quali le reti e i patti educativi di comunità. 3. Aggredire la principale emergenza della scuola, le diseguaglianze, che la pandemia sta aumentando. Alcuni esempi su come farlo: dare vita a un fondo per il contrasto delle diseguaglianze, gestito con contrattazione decentrata; svolgere le prove Invalsi, anche per poggiare su dati scientifici la riflessione sui ritardi dovuti alla improvvisa generalizzazione della Dad, una modalità per molti inedita; per gli studenti per i quali sarà possibile, purtroppo non sono tutti, immaginare tempi di recupero distesi su più anni scolastici.

Draghi e scuola: rimodulare il calendario scolastico

da La Tecnica della Scuola

Mario Draghi, nominato dal Presidente della Repubblica per formare il nuovo Governo sembra avere le idee chiare sulla scuola e ben sapendo che da esse, da una buona gestione, dipende il futuro del Paese in termini di lavoro e avvenire dei giovani e non solo; ma è pure uno strumento da utilizzare contro “i divari geografici, generazionali e di genere”, mentre non si valorizza la formazione professionale e la ricerca, insieme allo scarso riconoscimento del merito”.

Partendo da queste premesse Mario Draghi, parlando coi gruppi parlamentari finora incontrati, ha dichiarato che il futuro Governo dovrà “rimodulare il calendario scolastico” dell’anno in corso, per recuperare i “numerosi giorni persi“.

Dunque c’è da ipotizzare che, appena la pandemia si allenta e le vaccinazioni raggiungono livelli significativi, la scuola sia invitata a tornare in presenza per più ore e forse anche nei periodi dedicati alle vacanze, fra cui Pasqua; e niente di strano che anche tutto giugno, compreso luglio possa rimanere aperta. 

Ma c’è pure la possibilità che vengano proposti corsi di recupero pomeridiani o in orari extrascolastici. In ogni caso, se queste sono le intenzioni, dentro cui i primi a essere coinvolti sono i lavoratori della scuola, dovrà vedersela anche coi sindacati, sensibili sugli orari dei lavoratori e coi docenti che, è il caso di ricordarlo, anche in Dad hanno prestato servizio.

Ma avrebbe pure ricordato che ad inizio anno scolastico c’erano 10mila cattedre vacanti, una situazione cui va trovata una soluzione al più presto.

In attesa di vedere gli sviluppi futuri, ricordiamo che Draghi sulla scuola ha una sensibilità particolare, come ha più volte dimostrato nei suo interventi, fa cui viene spesso ricordato quello del settembre 2017 al Trinity College di Dublino: “I giovani non vogliono vivere di sussidi. Vogliono lavorare e accrescere le opportunità della loro vita”.

E l’impegno di chi governa è fare fronte, responsabilmente “a un’eredità di speranze deluse, rabbia e, in definitiva, sfiducia nei valori della nostra società e nell’identità della democrazia”. Fiducia da ricostruire, senza “alimentare false speranze” ma con indicazioni e scelte per speranze concrete”.

E al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini: bisogna investire nella scuola, nell’istruzione, nella formazione dei giovani, il “debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani. È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre”.

Insomma assai distante da quel “Con la cultura non si mangia”, detto in un momento di particolare crisi dell’Italia e infatti fu chiamato un Governo di tecnici per non farci cadere nel famoso baratro del “fallimento” di cui si parlava con toni di allarme.

A distanza di qualche decennio, siamo ancora in crisi, di Governo e di governabilità, tanto che è stato chiamato proprio Mario Draghi a portare la nave oltre gli scogli e verso un porto sicuro dove è in attesa un fondo europeo di 210miliardi di euro con cui si possono fare tante cose, almeno così dicono gli esperti.

Fra queste tante, c’è anche la scuola che però, da quando si è diffuso il contagio da Covid, è ribalzata all’attenzione dell’opinione pubblica, facendo nello stesso tempo capire che è “senza cultura che non si mangia”, esattamente all’opposto del teorema del 2008.

Arriva MyIs, la nuova App per graduatorie, contratti, istanze e avvisi

da La Tecnica della Scuola

In questi giorni abbiamo reso disponibile MyIs, la nuova App del Ministero dell’Istruzione che potete scaricare sui vostri dispositivi mobili”.

Lo ha comunicato la Ministra Azzolina, su Facebook, precisando che la App “rientra nel piano di digitalizzazione che ho pensato per il Ministero dell’Istruzione. Uno strumento che ho voluto si realizzasse per consentire l’accesso rapido a tutti i servizi più utilizzati dagli utenti del mondo della scuola. Parliamo di istanze, graduatorie, contratti, avvisi. Un modo di comunicare semplice e trasparente“.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "Myls, LA NUOVA APP DEL MINISTERO DELL' 'ISTRUZIONE UN CRUSCOTTO DIGITALE UNIFICATO CON TUTTII SERVIZI PIÙ UTILIZZATI DAGLI UTENTI GRADUATORIE DOCENTI 5 ATA ISTITUTO TEGGIO TOTALE 28 PUNTEGGIO TOTALE 110 S myl FASCIA CLASSEDI CONCORSO A022 FASCIA CLASSED CONCORSO AAAA PUNTEGGIO TOTALE 66 PUNTEGGIO OTALE 28 FASCIA CLASSEDI CONCORSO A012 FASCIA CLASSE CONCORSO A022 PUNTEGGIO TOTALE 66 Lucia Azzolina Ministradell'Istruzione struzione Ministra"

Per accedere basta avere le credenziali SPID o essere registrati all’area riservata del Ministero mentre per consultare tutte le sezioni dell’app occorre essere abilitati al servizio di Istanze OnLine.

Concorso straordinario, tampone sì o no? Ancora nessuna indicazione ufficiale

da La Tecnica della Scuola

Manca una settimana alla ripresa del concorso straordinario, sospese il 5 novembre scorso a causa della pandemia, e dal Ministero non sono ancora state diffuse indicazioni in merito allo svolgimento, in sicurezza, delle prove. In particolare, i candidati interessati si stanno chiedendo se dovranno effettuare un tampone prima di presentarsi in aula. Questo perché il Dipartimento della Funzione Pubblica ha diffuso nei giorni scorsi il protocollo di svolgimento dei concorsi pubblici, valido dal 15 febbraio, in applicazione di quanto previsto dal Dpcm 14 febbraio 2021. Ricordiamo, in proposito, che sarà possibile prevedere massimo 30 candidati per sessione o sede d’esame.

Obbligo di tampone?

In particolare, sta facendo discutere una misura: l’obbligo di presentare all’atto dell’ingresso nell’area concorsuale un referto relativo ad un test antigenico rapido o molecolare, effettuato mediante tampone oro/rino-faringeopresso una struttura pubblica o privata accreditata/autorizzata in data non antecedente a 48 ore dalla data di svolgimento delle prove.

Questa regola riguarda anche le imminenti prove scritte del concorso straordinario?

Al momento non ci sono indicazioni ufficiali, nè da parte del Ministero dell’Istruzione, nè da parte dei singoli USR. Nel documento però è chiaramente indicato che il protocollo è unitariamente riferito a tutte le amministrazioni pubbliche che svolgano prove selettive rientranti nella previsione. Quindi, si ritiene che anche il Ministero dell’Istruzione debba adeguarsi a tale prescrizione. A tal fine sarebbe auspicabile un chiarimento urgente, per dare la possibilità ai candidati di prenotare il tampone in tempo utile.

Altre misure igienico-sanitarie

Per quanto riguarda le altre regole da rispettare, i candidati dovranno:

1) presentarsi da soli e senza alcun tipo di bagaglio (salvo situazioni eccezionali, da documentare);

2) non presentarsi presso la sede concorsuale se affetti da uno o più dei seguenti sintomi: a) temperatura superiore a 37,5°C e brividi; b) tosse di recente comparsa; c) difficoltà respiratoria; d) perdita improvvisa dell’olfatto (anosmia) o diminuzione dell’olfatto (iposmia), perdita del gusto (ageusia) o alterazione del gusto (disgeusia); e) mal di gola.

3) non presentarsi presso la sede concorsuale se sottoposto alla misura della quarantena o isolamento domiciliare fiduciario e/o al divieto di allontanamento dalla propria dimora/abitazione come misura di prevenzione della diffusione del contagio da COVID – 19;

4) indossare obbligatoriamente, dal momento dell’accesso all’area concorsuale sino all’uscita, la/e mascherina/e chirurgica/he messe a disposizione dall’amministrazione organizzatrice.

Gli obblighi di cui ai numeri 2 e 3 devono essere oggetto di un’apposita autodichiarazione da prodursi ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000.

Qualora una o più delle sopraindicate condizioni non dovesse essere soddisfatta, ovvero in cas di rifiuto a produrre l’autodichiarazione, dovrà essere inibito l’ingresso del candidato nell’area concorsuale.

Covid, per il Papa ha causato una catastrofe educativa, giovani sempre più dipendenti da internet

da La Tecnica della Scuola

La pandemia ha causato una “catastrofe educativa”: lo ha detto Papa Francesco al Corpo diplomatico.

“Non possiamo rimanere inerti”

“Assistiamo a una sorta di ‘catastrofe educativa’, davanti alla quale non si può rimanere inerti, per il bene delle future generazioni e dell’intera società”, ha dichiarato il Santo Padre.

“La pandemia, che ci ha costretto a lunghi mesi di isolamento e spesso di solitudine, ha fatto emergere la necessità che ogni persona ha di avere rapporti umani”, ha detto ancora il Papa.

La scuola negata

Padre Francesco cita i problemi che sono subentrati tra gli alunni, soprattutto quelli con meno risorse familiari: ha quindi citato “gli studenti, che non sono potuti andare regolarmente a scuola o all’università”.

Quindi ha fatto riferimento alla connessione on line eccessiva tra i giovani: “l’aumento della didattica a distanza ha comportato pure una maggiore dipendenza dei bambini e degli adolescenti da internet e in genere da forme di comunicazione virtuali”.