Cogliere le opportunità

Cogliere le opportunità

di Dino Castiglioni

Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze.”(Costantino Kavafis)

La riflessione sulle condizioni di sicurezza da attuare per permettere un rientro a pieno regime degli alunni e del personale tutto nelle scuole è stata nuovamente riproposta con l’insediamento del nuovo Ministro dell’Istruzione. A onor del vero si tratta di una discussione in sè mai sopita ma che denota come a tutt’oggi sia oggettivamente difficile individuare soluzioni univocamente sicure e soprattutto condivise. L’esperienza con cui il mondo intero si trova da un anno a convivere, pone ad ognuno di noi una serie di interrogativi le cui risposte debbono necessariamente essere individuate in un’ottica di tipo complesso e complessivo.

Si avverte anzitutto la necessità di fornire quanto più possibile certezze in ordine a comportamenti da assumere per la gestione di una pandemia che non rappresenta più un fenomento eccezionale, episodico o limitato nel tempo ma che è diventata viceversa sempre più  “strutturale” alla quotidianità. 

Si pone quindi la necessità, affermata peraltro in diverse occasioni, di comprendere come convivere con questo virus, nell’attesa che la diffusione delle vaccinazioni sia tale da poter permettere una qualsiasi forma di superamento delle situazioni attuali.

Ma convivere con il virus non può significare, alle condizioni date, una radicale sospensione delle fondamentali esigenze di mobilità, di produzione, di relazioni sociali, di tutela economica del Paese. Si tratta al contrario di migliorare sempre più regole di protezione che permettano una gestione della quotidianità accettabile, in quanto condivisa e consapevole, in qualsiasi settore.

E’ evidente agli occhi di tutti che non esiste un ambiente assolutamente protetto o immune dai contagi, per la ovvia natura con cui qualsiasi virus, e questo in particolare,  si diffonde. Si tratta a mio avviso, invece, di adottare sempre meglio strategie di protezione diffusa, che ci permettano di gestire tale realtà, non  estremizzando comportamenti e azioni, tra chi propone chiusure radicali e chi  vorrebbe pressioni meno invasive; è il virus che detta la tempistica e per quanti sforzi si stiano facendo nessun’area è a tutt’oggi immune. Allora la domanda è: si può convivere con questo virus ridefinendo un sistema di relazioni sociali e rimettendo in moto i vari settori del Paese? E’ possibile riprendere in mano la nostra vita, seppur con forme e modalità nuove? In tale situazione, possiamo dire che la scuola, con l’adozione della didattica a distanza,  ha dimostrato di riuscire ad affrontare e gestire le criticità conseguenti all’espandersi dei contagi; si tratta di un modello che ha certamente bisogno di strutturarsi meglio ma soprattutto è fondamentale acquisire consapevolezza che tale modalità non sarà più eccezionale od occasionale, ma diventerà, almeno nel medio periodo, complementare alla didattica ordinaria. Ma la didattica distanziata non è figlia di un dio minore, è uno strumento funzionale all’apprendimento, così come lo è la didattica complessivamente intesa, in quanto finalizzata alla crescita dell’alunno e dello studente, dove il rapporto con il docente assume una valenza significativa, essendo caratterizzato anzitutto da un rapporto di fiducia reciproca, e dove  lo studente è reso protagonista della propria crescita. Si tratta allora di comprendere come riuscire a dare continuità alla didattica, sia questa in presenza o a distanza, avendo entrambe come sfondo il rapporto fiduciario che deve instaurarsi tra docente e discente. 

Affermato il principio, si tratta di verificarne la praticabilità, e la praticabilità passa attraverso alcune situazioni fondamentali, tra le quali ad esempio una digitalizzazione diffusa con strumenti adeguati a disposizione di studenti e docenti. Effettuare una rilevazione finalizzata unicamente a verificare la presenza di una connessione senza accertarsi se lo strumento di lavoro è un pc o uno smartphone, non è cosa da poco, perchè un conto è lavorare su una postazione fissa,  altro operare da uno smartphone… altro elemento, affinchè la didattica distante sia all’altezza, è fornire ai  docenti le competenze necessarie, perchè se è vero che molto in questo ultimo periodo è stato fatto, è altrettanto vero che non è didattica a distanza il semplice  invio di compiti da svolgere. E se oggi il dibattito si concentra sulla riflessione di un prolungamento ancorchè parziale dell’anno scolastico, significa che si sono avvertite le avvisaglie che il modello adottato non è riuscito a intervenire in misura adeguata per colmare la distanza sugli apprendimenti che una scuola in presenza avrebbe potuto realizzare, come è altrettanto vero che gli studenti che necessitano di maggior supporto hanno evidenziato significative carenze di apprendimento con conseguente rischio di espulsione dal sistema. Diventa quindi sostanziale porsi la domanda sul che cosa si intende con l’affermazione di “mettere in protezione” il sistema scolastico, e forse prima ancora, di cosa c’è bisogno perchè tale protezione sia diffusa e generalizzata. Si tratta, a mio giudizio, di porsi in un’ottica che non crei contrapposizioni tra “favorevoli”, “contrari”, “diffidenti” sugli strumenti da adottare, ma di condividere, al contrario, l’orizzonte su cui puntare; e l’orizzonte non può che essere quello di individuare strumenti che favoriscano gli apprendimenti, favorendo l’innalzamento culturale degli studenti e delle studentesse, con strumenti e professionisti dell’educazione, perchè tali sono i docenti, all’altezza delle nuove sfide che si preannunciano. Superate le criticità iniziali, dovute ad un modello didattico poco conosciuto e soprattutto poco praticato, sono emerse significative esperienze positive di didattica distante, che hanno contribuito a salvaguardare il gruppo classe e la continuità dell’apprendimento e dell’insegnamento. Sarebbe interessante se si potesse costituire una piattaforma diffusa di tali esperienze, così da realizzare una rete di conoscenze e di competenze al servizio del Paese. Esiste già peraltro un modello consolidato e validamente funzionante, di didattica distante, che è quello della Scuola in Ospedale; è un modello vincente, in quanto finalizzato all’obiettivo di permettere agli alunni che temporaneamente non possono frequentare, di mantenere i contatti con il proprio gruppo classe e soprattutto essere partecipi, ancorchè fisicamente distanti, alla vita della propria scuola. Quanto ci troviamo a gestire oggi è in un certo senso analogo; dobbiamo riuscire a mantenere le condizioni di partecipazione attiva anche se con modalità diverse, nuove, in alcuni casi inesplorate. Ma questo non può essere motivo di preoccupazione, al contrario, le risorse professionali presenti nella scuola potrebbero far emergere idee  e proposte interessanti circa l’individuazione delle migliori strategie da adottare. Ritengo che elaborare “dal basso” percorsi didattici innovativi potrebbe contribuire a favorire soluzioni positive, ovviamente se supportate da opportune misure, quali come detto la capillarizzazione di una rete digitale adeguata, azioni formative a sostegno di una didattica innovativa, articolazione dell’anno scolastico funzionale agli apprendimenti.

E’ importante peraltro che le istituzioni scolastiche nel loro insieme siano supportate e affiancate nella gestione e nel governo delle criticità emergenti, nell’ottica di un’autonomia governata e coordinata, finalizzata al raggiungimento di comuni obiettivi. La formazione per sua stessa natura è ricerca, cioè individuazione e scoperta di nuove strade che permettano di considerare “l’orizzonte” non come un limite ma come un’opportunità, da raggiungere e superare. E la scuola, seppur non da sola, è “laboratorio”, oltrechè “palestra di educazione”; la formazione, l’educazione hanno la caratteristica del “già e non ancora”; del non considerarsi mai appagate dei risultati raggiunti ma capaci di affrontare le sfide che quotidianamente vengono proposte, per permettere alle giovani generazioni di diventare consapevolmente protagoniste della propria crescita e soprattutto artefici del proprio futuro.

#maestri

Al via la nuova stagione di , in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione. Su Rai3 e su Rai Storia (canale 54) con i protagonisti del sapere

Arte, Scienza, Letteratura, Educazione civica, Informatica ma anche Musica, Teatro, Cinema e tanto altro. Torna #maestri, il programma di Rai Cultura realizzato all’interno della collaborazione tra Ministero dell’Istruzione e Rai e condotto da Edoardo Camurri, in onda da lunedì 22 febbraio alle 15.25 su Rai3 e alle 17.40 su Rai Storia. In tutto 100 puntate nel corso delle quali, grazie al contributo di donne e uomini protagonisti della cultura italiana, saranno proposte 200 lezioni su temi scolastici che saranno approfondite, in studio, da una conversazione delle maestre e dei maestri con Edoardo Camurri.

Primi protagonisti, lunedì 22 febbraio, la storica e giurista Eva Cantarella, già docente di Diritto romano e Diritto greco all’Università di Milano, che racconta la sfida tra le super potenze Atene e Sparta nella Grecia antica e Giancarlo Coraggio, attuale Presidente della Corte costituzionale, con una lezione sul diritto allo studio e alla cultura nella Costituzione italiana.

Martedì 23 febbraio è la volta dello storico dell’arte Claudio Strinati, già Soprintendente del Polo Museale romano, con un focus sugli artisti maledetti da Caravaggio ad Andrea Pazienza passando per Van Gogh, mentre la giornalista scientifica Anna Meldolesi illustrerà, a vent’anni dalla sua scoperta, la mappatura del genoma umano.
Protagonisti mercoledì 24 febbraio sono il filosofo Maurizio Ferraris – professore di Filosofia Teoretica all’Università di Torino – che si chiede se la dialettica signore-servo proposta da Hegel è ancora valida per decifrare i rapporti di potere nel mondo contemporaneo, e Valeria Termini – docente di Economia politica e di Economia e Regolazione dei mercati dell’energia all’Università Roma Tre – che confronta i tre grandi colossi mondiali – Usa, Cina e Unione Europea – sul tema delle sfide energetiche.

Giovedì 25 febbraio i #maestri sono Anna Maria Testa, esperta di comunicazione con una lunga carriera nel mondo della pubblicità, che svela i segreti della creatività, ed Emilio Gentile, professore emerito di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, che spiega “la religione civile degli Stati Uniti d’America”.
Chiudono la prima settimana di #maestri, venerdì 26 febbraio, il professore emerito di Informatica all’Università degli Studi Federico II di Napoli, Giuseppe Trautteur, con una riflessione sul libero arbitrio e sul contributo che le neuroscienze offrono a proposito di libertà e coscienza, e la professoressa Carla Casagrande, docente di Storia del pensiero politico medievale presso l’Università di Pavia, con una lezione sul ritorno della filosofia ai tempi di Dante.

Consiglio dei Ministri dell’Istruzione dell’Unione Europea

Il Ministro dell’Istruzione, Professor Patrizio Bianchi, ha partecipato il 19 febbraio, in videoconferenza, al Consiglio dei Ministri dell’Istruzione dell’Unione Europea. L’incontro è stato organizzato dalla Presidenza di turno portoghese del Consiglio dell’Unione Europea, per promuovere una riflessione su come rafforzare l’uguaglianza nell’accesso, l’inclusione e il successo formativo nei percorsi di Istruzione e Formazione. Hanno partecipato, tra gli altri, il Vice Presidente della Commissione, Margaritis Schinas, la Commissaria per l’Istruzione, la Ricerca, l’Innovazione, la Cultura e la Gioventù, Mariya Gabriel, e il Commissario per il Lavoro e i Diritti sociali, Nicolas Schmit.

Al centro del dibattito il documento della Presidenza portoghese sul tema ‘Equità nell’accesso, inclusione e successo per tutti nell’Istruzione e nella Formazione’.

“Ringrazio il Presidente Tiago Brandão Rodrigues per questo confronto – ha detto il Ministro Patrizio Bianchi -. L’eguaglianza e l’inclusione, l’equità nell’accesso sono temi fondamentali. La pandemia ha ampliato molto le vulnerabilità. Per questo il nostro impegno sarà quello di elaborare un Piano contro la povertà educativa, dando attenzione anche alla formazione della popolazione adulta. L’Istruzione e la Formazione sono gli assi portanti di un nuovo sviluppo. Occorre dare a tutte e tutti, e non a uno di meno, l’opportunità di esprimersi, di valorizzare le proprie competenze, di partecipare in modo attivo alla vita democratica”.

Orale più tesina, ecco la maturità di giugno 2021

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Per i circa 480mila maturandi 2021 l’attesa potrebbe finire oggi. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, è pronto a firmare l’ordinanza con le disposizioni sugli esami di Stato che inizieranno a metà giugno. I testi sono alle ultime limature tecniche, dopo un approfondito lavoro preparatorio condotto dall’ex ministra Lucia Azzolina che aveva ascoltato tutto il mondo della scuola, studenti in testa.

La maturità 2021 ricalcherà molto probabilmente lo schema 2020, seppur con qualche novità. Al posto dei canonici due scritti e dell’orale previsti prima della pandemia, la prova dovrebbe rimanere un solo ampio colloquio da svolgersi in presenza, che dovrebbe partire il 16 giugno. Accanto – molto probabilmente – a un elaborato/tesina, che dovrebbe partire dall’italiano, anche per consentire agli studenti di raccontare questi mesi difficili legati al Covid. L’alternativa è un tema sempre d’italiano.

Quanto alla commissione d’esame sarà composta da sei membri interni, più il presidente esterno.

A differenza del 2020, poi, quando i tre mesi di lockdown delle scuole suggerirono di ammettere all’esame di maturità tutti gli studenti quest’anno dovrebbe ritornare il giudizio di ammissione. Molto probabilmente servirà il 6 in tutte le materie, ma si potrà essere ammessi anche con una insufficienza. Tra i requisiti obbligatori non dovrebbe esserci l’aver svolto le ore minime di scuola-lavoro. Quanto alle prove Invalsi la soluzione che si starebbe delineando è di farle partire regolarmente a marzo per gli studenti di quinta superiore. Sul requisito d’ammissione si starebbe trattando.

«Le prove Invalsi sono utili a rilevare i livelli di apprendimento dei ragazzi – osserva Gabriele Toccafondi (Iv) -. Lasciamo poi alle scuole, nella loro autonomia, l’utilizzo di queste informazioni per impostare le necessarie attività di recupero».

«Ecco la mia maturità La priorità? Vaccinare insegnanti e personale»

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Dopo soli quattro giorni da ministro dell’Istruzione il professor Patrizio Bianchi ha già incontrato di persona o via video quasi tutto il mondo della scuola, che per dirla con lui «è la metà del Paese»: presidi, uffici scolastici, Regioni, Invalsi, il Cts, le associazioni dei trasporti e presto i sindacati. È pronto ad annunciare il suo primo provvedimento, l’esame di Maturità 2021. L’ordinanza è scritta: anche quest’anno niente tradizionali prove scritte, ma soltanto l’orale. Si comincia a metà giugno.

Ministro, sarà il maxi orale con la tesina come lo scorso anno?

«Non voglio sentir parlare di tesina! I maturandi sono ragazzi e ragazze alla fine del loro percorso scolastico di cinque anni: dovranno preparare un elaborato ampio, personalizzato, sulle materie di indirizzo concordandolo con il consiglio di classe. Lo discuteranno con la commissione, composta dai loro insegnanti. Da qui comincerà l’orale che si svilupperà poi anche sulle altre discipline. Consentiremo loro di esprimere quanto hanno maturato e compreso nel corso degli anni anche con una visione critica».

Saranno tutti ammessi all’esame, come lo scorso anno?

«L’ammissione sarà disposta in sede di scrutinio finale, dal consiglio di classe».

Il premier Mario Draghi nel suo discorso alla Camera ha messo a fuoco diverse sfide per la scuola: recupero di quanto perso con la Dad, allineamento agli standard europei, sviluppo dell’istruzione tecnica e anche qualche cambio di calendario. Da dove comincerà?

«Sono grato al presidente Draghi per l’importanza che ha dato alla scuola. Così come sono grato ai docenti e al personale della scuola che è stato eroico in questi mesi così difficili, imparando a usare strumenti digitali che tutti fino ad un anno fa conoscevamo poco».

Si sono dati molto da fare ma i dati sugli studenti che si sono persi in questi mesi di emergenza e di Dad sono allarmanti. Come si recupera?

«Purtroppo la pandemia ha esasperato problemi di diseguaglianza che erano già gravi. Ha mostrato come nel nostro Paese ci siano situazioni molto differenti. E io voglio ripartire dal Sud che è la zona più in difficoltà perché per rilanciare il sistema si comincia da chi ha più problemi, da chi è più debole: non dimentichiamo che in certe zone della Calabria e della Campania uno studente su tre si perde per strada, che in Sicilia solo il 5 per cento dei bambini va al nido».

C’è intanto il problema di tornare tutti a scuola: le superiori sono ancora al 50 per cento e nelle nuove zone rosse anche scuole materne ed elementari sono chiuse, che piano ha per la sicurezza della scuola?

«Dobbiamo essere molto cauti perché la sfida del virus è ancora alta. La prima cosa da fare è vaccinare tutti gli insegnanti e il personale, anche i più grandi di età. Solo se loro saranno in sicurezza le scuole saranno sicure anche per i ragazzi e le famiglie».

Che tempi prevede per finire le vaccinazioni?

«Ne ho parlato con il ministro Speranza, stiamo lavorando insieme».

Il presidente Draghi ha parlato di modificare il calendario scolastico per recuperare il gap: si andrà a scuola fino a fine giugno?

«La competenza sul calendario è delle Regioni che in situazione ordinaria decidono cosa fare in base alle specificità dei territori».

Ma oggi la situazione non è ordinaria.

«Per questo mi voglio confrontare con le Regioni. La legge prevede almeno 200 giorni di lezione, ma non è un problema di un giorno in più o in meno a scuola. Dobbiamo decidere rispettando i diritti e la vita delle persone, valutando situazioni diverse, tra primarie e scuole superiori per esempio: quello che si è perso è soprattutto la socialità, lo stare insieme non la singola disciplina. La scuola non è solo insegnamento, apprendimento ma anche vita comune».

Si tornerà in classe il primo settembre? Lo scorso anno sene era parlato ma non si è poi riusciti.

«Anche di questo discuterò con le Regioni, io del resto sono stato assessore dell’Emilia per dieci anni e so quali sono i problemi. Da ministro voglio però che la macchina scolastica sia pronta per l’inizio delle lezioni, qualunque decisione prenderemo».

Più facile a dirsi che a farsi: ogni anno mancano decine di migliaia di professori e maestri almeno fino a Natale.

«C’è un gap molto forte, è vero. Ma noi ci diamo questo obiettivo: ne ho parlato anche con il ministro Colao, bisogna che il sistema sia digitalizzato ed efficiente. Qui al ministero abbiamo già avviato un monitoraggio delle scuole per capire dove sono i problemi maggiori».

In prospettiva qual è la prima riforma da fare?

«Quella dell’istruzione tecnica, dagli istituti professionali agli Its di cui dobbiamo ridisegnare i percorsi. Ma io sogno per i ragazzi un percorso scolastico che parte dai tre anni e arriva fino alla fine della laurea triennale, perché solo così colmeremo il gap per i giovani del nostro Paese».

Nel suo ultimo libro aveva parlato anche del liceo di quattro anni.

«È una questione di cui si può discutere, ma non è la priorità».

Variante inglese e scuola: elementari e asili chiusi nelle zone rosse. Gli scenari

da Corriere della sera

Gianna Fregonara e Orsola Riva

Il ministro Patrizio Bianchi dice che vorrebbe riaprire tutte le scuole al 100 per cento. L’ex ministra Lucia Azzolina si commuove quando pensa al momento in cui dovette chiuderle lo scorso marzo. Ma su studenti e prof (che in questi giorni cominciano ad essere vaccinati) incombe di nuovo una sorte incerta. E il rischio di nuove dolorose decisioni è tutt’altro che scampato. La sfida ha un nome preciso: variante inglese, che come ormai si sa, colpisce anche i bambini più piccoli contrariamente a quanto è successo finora con il virus proveniente da Wuhan. Anzi: questa volta i più a rischio sarebbero proprio i bambini della fascia 0-9, secondo quanto è emerso nelle riunioni del Cts che sull’argomento scuola però nelle ultime settimane non è più stato chiamato ad esprimersi. Se finora i più penalizzati sono stati gli studenti delle superiori, come ha riconosciuto anche Mario Draghi nel suo discorso al Senato, adesso il vero nodo sembrano essere diventate le elementari, che nei mesi scorsi – tranne che in Campania e in Puglia – erano rimaste sempre aperte, pur con quarantene e qualche disguido.

Allarme asili e scuole elementari

La settimana scorsa, l’esplosione di contagi legati alla variante inglese in provincia di Perugia e di Terni ha indotto la Regione a chiudere tutte le scuole nei 65 i comuni umbri coinvolti: non solo medie e superiori, ma anche nidi, materne e elementari. Di fronte alle proteste dei genitori, il Tar in un primo momento si è pronunciato a favore della riapertura del ciclo 0-6 anni, ma subito dopo il Consiglio di Stato ha confermato l’ordinanza regionale: vista l’«assoluta necessaria precauzione rispetto al contagio e alla necessità di non interrompere il piano vaccinale», tutte le scuole restano chiuse fino al 21 febbraio. Stesso provvedimento è stato preso a Pescara e Ancona dopo l’impennata di casi collegati alla variante inglese. Idem per i quattro Comuni lombardi dove dal 17 febbraio è stata decretata una settimana di zona rossa, simile a quella istituita la primavera scorsa a Codogno, con divieto di ingresso e uscita dai confini comunali, saracinesche dei negozi abbassate e, appunto, scuole chiuse dai nidi alle superiori. Del resto è proprio nelle classi che sono stati individuati i primi focolai di variante inglese. A Bollate, per esempio, comune a Nordovest di Milano che dista in linea d’aria 12 chilometri dal Duomo, tutto sembra essere partito da una scuola d’infanzia e da due primarie che erano già state chiuse la settimana scorsa dopo che 59 fra alunni, insegnanti e familiari erano risultati positivi al Covid. In Campania, l’esplosione di nuovi casi legati alla variante inglese ha già acceso un nuovo scontro fra il governatore Vincenzo De Luca – subito pronto a richiudere le scuole – e il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, favorevole al massimo a interventi circoscritti e mirati. Mentre in Puglia l’assessore alla Salute Pierluigi Lopalco ha annunciato nelle ultime ore l’intenzione di mettere nuove restrizioni per la scuola «perché il virus colpisce i più giovani», ma ha precisato che resta in attesa di nuove indicazioni dal governo «perché la situazione pugliese è analoga a quella di tutte le regioni italiane dove le nuove varianti si stanno diffondendo».

Scuola, si va avanti fino al 30 giugno Maturità al via il 16 a lezioni in corso

da la Repubblica

Corrado Zunino

L’ex assessore, ora ministro dell’Istruzione, vuole convincere i colleghi delle Regioni: portiamo i ragazzi a scuola fino alla fine del mese di giugno, in tutti i cicli. C’è chi deve recuperare programma e metodo di studio, chi, studente alle superiori, smaltire l’overdose di didattica al computer. Patrizio Bianchi, insediato da cinque giorni in Viale Trastevere, sta incontrando chiunque abbia qualcosa di utile da raccontare sulla scuola. Soprattutto, sta telefonando agli assessori all’Istruzione delle venti regioni italiane, lui che per dieci anni ha ricoperto quel ruolo, e anche a qualche presidente. Ha capito che una delle difficoltà maggiori del governo precedente, e del ministero in mano a Lucia Azzolina, è stata proprio il rapporto con le amministrazioni regionali. Tra le prime azioni, Bianchi ha incontrato in videoconferenza, martedì scorso, i vertici delle Regioni. Tra i primi atti, ha nominato Cristina Grieco — ex assessore all’Istruzione e al Lavoro della Toscana — , consigliera con delega ai rapporti con le Regioni per i temi che vedono competenze concorrenti tra i diversi livelli di governo. Bianchi vuole trovare un’azione omogenea ministero- periferia sia sulle decisioni a proposito di aperture e chiusure degli edifici scolastici che sulle date di fine anno scolastico.

Oggi il calendario, nella potestà delle Regioni, prevede un termine delle lezioni tra il 5 e il 16 giugno prossimi. Il ministro vorrebbe accompagnare le amministrazioni a un prolungamento collettivo dell’anno verso mercoledì 30, «per recuperare il tempo perso», come dice in chiaro il premier Mario Draghi. Le scuole dell’infanzia già si chiudono alla fine di giugno. Serve uno sforzo per elementari e medie — costrette alla distanza da marzo a giugno 2020 — e soprattutto per le superiori, oggi in presenza al 50 per cento (eccetto Alto Adige e Abruzzo), ma con lunghi periodi di scuola a distanza per il primo quadrimestre appena concluso. I dirigenti scolastici, pur stremati dall’anno iniziato in piena estate, non sono sfavorevoli al progetto, la classe docente e gli studenti sono fortemente contrari. Il ministro fin qui ha parlato di recuperi necessari al Sud e nei territori interni. Crede nell’autonomia scolastica e nelle indicazioni date scuola per scuola. Oggi e lunedì conoscerà il sentimento delle parti sociali incontrando i sindacati e nutriti gruppi di precari.

L’allineamento del calendario scolastico alla pandemia, e qui si cita ancora Draghi, non sposterebbe l’esame di Maturità, la prossima e prima ordinanza del ministro Patrizio Bianchi. Il 16 giugno era il giorno fissato per la prima prova, Italiano, e il 16 giugno resterà come avvio degli orali. Infatti, anche quest’anno non ci sarà alcuna prova scritta. È confermato che pure quest’anno l’intera prova dell’esame di Stato è affidata a un largo orale su tutte le discipline che avrà come cardini: una tesina scelta con il coordinatore e preparata prima dell’esame, il curriculum dello studente e l’Alternanza scuola lavoro. I test Invalsi, che per le quinte partiranno il primo marzo, sar anno utilizzati solo per comprendere lo stato di preparazione dei ragazzi, ma non saranno usati per l’esame di Stato.

Quest’anno si boccia, e per fare la Maturità sarà necessario superare lo scrutinio. Anche qui, il parere dei singoli docenti resta intoccato, ma probabilmente il ministro firmerà le linee guida in cui si chiederà di tener conto del secondo anno speciale vissuto dagli studenti e di “personalizzare” il più possibile il giudizio finale.

Bianchi ha ben chiaro che non saranno due-tre settimane a consentire di recuperare il tempo in presenza perduto. Dopo i primi dieci giorni di governo dedicati all’immediato. Inizierà a preparare un settembre 2021 davvero nuovo sul piano didattico (il prossimo anno scolastico potrebbe iniziare con una settimana di anticipo).

Dopo l’incontro con il Comitato tecnico scientifico di ieri, il ministro dell’Istruzione ha contattato il comandante dei reparti medici dell’Esercito. Protezione civile ed Esercito saranno chiamati a gestire una migliore difesa dal Covid all’interno degli edifici scolastici italiani. Bianchi vuole riportare davvero tutti in classe.

Bianchi incontra Cts e sindacati Vaccinare subito i professori over 55

da La Stampa

Vaccinazione immediata per i professori più anziani e tamponi per tutti in caso di focolaio. Patrizio Bianchi vuole mettere in sicurezza la scuola e garantire le lezioni in presenza, prima possibile. Con la consapevolezza che «le difficoltà non sono distribuite in modo lineare in tutto il Paese, non tutti i territori sono nelle stesse condizioni – ha spiegato – Noi ci mettiamo dalla parte dei territori con maggiori difficoltà». Il neo ministro dell’Istruzione ha già incontrato gli assessori regionali, l’associazione nazionale dei presidi, gli esperti del Comitato tecnico-scientifico. In agenda ci sono anche i sindacati e gli studenti. Nel confronto con il Cts, il primo di una lunga serie, è stato condiviso un obiettivo ineludibile: la vaccinazione del personale scolastico con più di 55 anni, da considerare una categoria a rischio e quindi prioritaria. Il 40% dei docenti italiani è oltre quella soglia di età, se non viene protetto l’attività ordinaria nelle scuole non sarà possibile. Non è stata formulata una richiesta precisa rispetto alla revisione del piano vaccinale, ma un orizzonte temporale lo ha proposto il presidente dell’associazione dei presidi, Antonello Giannelli: «Completare le vaccinazioni dei docenti entro giugno per avviare il prossimo anno scolastico in sicurezza».

L’altra questione, discussa da Bianchi con gli esperti del Cts, è la necessità di interventi straordinari di sanità scolastica. Inutile pensare di reintrodurre ora la figura del medico scolastico: in questa fase di emergenza è impensabile trovare 40mila medici da assegnare agli istituti. Meglio puntare su unità mobili della protezione civile e dell’esercito, da distribuire sul territorio in base alle esigenze e al numero delle scuole. Un medico e un infermiere da chiamare in caso di focolaio in un istituto, per isolare subito il cluster e disporre un tampone immediato per studenti e personale scolastico. «È l’unica soluzione praticabile in tempi brevi», il parere consegnato dai tecnici al ministro.

Altro tema da definire subito, o quasi, è l’impostazione dell’esame di maturità 2021, rimasto congelato con l’uscita da viale Trastevere della grillina Lucia Azzolina. Sarà la prima ordinanza firmata dal neoministro, probabilmente la prossima settimana, e sarà nel segno della continuità rispetto alla Maturità dello scorso anno. Niente scritti, solo un colloquio orale, al massimo si ragiona sulla reintroduzione di una tesinamultidisciplinare. La commissione sarà costituita da sei commissari interni e il presidente come unica figura esterna. Niente ammissione generalizzata, come un anno fa, servirà una media dei voti sufficiente. È anche possibile che l’inizio degli esami slitti di un paio di settimane, rispetto alla data prevista del 16 giugno. nic.car. —

Covid scuola, Bianchi incontra il Cts: riunioni periodiche per monitorare la situazione e prendere decisioni

da OrizzonteScuola

Di Andrea Carlino

Nessuna decisione è emersa dal vertice che si è tenuto oggi pomeriggio tra tra il neo ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e i membri del Cts Agostino Miozzo, Fabio Ciciliano, Franco Locatelli e Alberto Villani. Secondo indiscresioni, il colloquio è stato meramente conoscitivo.

Successivamente il Ministero dell’Istruzione ha reso noto nuovi dettagli su quanto avvenuto: “Il Ministro ha ribadito la volontà di proseguire il comune lavoro per garantire la sicurezza di tutto il personale scolastico, di studentesse e studenti. Le riunioni saranno periodiche per poter monitorare costantemente la situazione e prendere decisioni che riguardano la scuola con rapidità e condivisione”, spiega una nota.

Maturità 2021, ci saranno i test Invalsi e forse non tutti saranno ammessi

da La Tecnica della Scuola

Con l’arrivo a viale Trastevere del Ministro Patrizio Bianchi si sta mettendo a punto l’Ordinanza Ministeriale per gli esami di Stato 2020/2021 della scuola secondaria di secondo grado. La sua pubblicazione è prevista tra questo fine settimana e l’inizio della prossima.

Test Invalsi si faranno a marzo

Dopo l’eliminazione dei test Invalsi per la maturità 2020 a causa della pandemia e del lockdown, tornano la loro somministrazione per le classi quinte della secondaria di secondo grado per gli esami di Stato 2020/2021. Dal 2 al 5 di marzo partirà la somministrazione dei test Invalsi, per le sole classi terminali del II ciclo di istruzione. A dare la notizia all’Ansa è la presidente dell’Invalsi, Anna Maria Ajello.

Calendario delle prove Invalsi

Per adesso, ma potrebbero esserci variazioni, il calendario della somministrazione dei test Invalsi, che si svolgerà in modalità computer based e con scelta autonoma del giorno della scuola tra quelli proposti, sarà il seguente:

Sessione ordinaria Classi Campione Prove di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto): la scuola dovrà scegliere tra martedì 2, mercoledì 3, giovedì 4, venerdì 5 marzo.
Sessione ordinaria Classi NON Campione Prove di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto): la scuola dovrà stilare il proprio calendario nei compresi tra lunedì 1° marzo 2021 e mercoledì 31 marzo 2021.
Sessione suppletiva Classi NON Campione e Candidati privatisti Prove di Italiano, Matematica e Inglese (lettura e ascolto): la scuola dovrà stilare il proprio calendario nei compresi tra lunedì 17 maggio 2021 a venerdì 21 maggio 2021.

Bisogna specificare, perché ancora questo non è stato chiarito, il peso che le prove Invalsi avranno sull’ammissione all’esame di Stato 2020/2021. Solo attraverso la pubblicazione dell’O.M. che si attende di giorno in giorno, si potrà conoscere se l’obbligo dello svolgimento di tale prove sarà collegato o meno all’ammissione agli esami.

Torna l’ammissione e la non ammissione

Tra le più importanti novità c’è quella del fatto che probabilmente non esisterà più l’ammissione agli esami “ope legis”, ma si potrebbe tornare al non tutti ammessi automaticamente. In buona sostanza gli scrutini finali delle classi quinte, torneranno a valutare se ammettere oppure non ammettere lo studente all’esame di Stato.

Commissioni interne e Presidente esterno

Le commissioni degli esami di Stato 2020/2021 saranno, come è già accaduto per il 2019/2020, con sei commissari interni e il Presidente come unica figura esterna. L’inizio della maturità 2021 potrebbe slittare, rispetto alla data già indicata a settembre 2020, di un paio di settimane. Quindi piuttosto che iniziare il 16 giugno alle 8.30, potrebbe avere inizio, direttamente con la prova orale, il 28 giugno 2021. Lo slittamento è soltanto un’ipotesi che giustifica il ritardo della pubblicazione dell’ordinanza.

Unica prova quella del colloquio

Grosso modo la prova della maturità 2021 sarà sullo stesso modello della prova 2019/2020. Comunque ci potrebbero essere delle novità sull’abolizione definitiva dell’argomento proposto dalla Commissione tramite un documento, un testo, un articolo di giornale… per avviare il colloquio interdisciplinare, che potrebbe essere sostituito dal ritorno della classica testina proposta dallo studente e collegata alle varie discipline. Resterebbe invece la parte di colloquio riferita all’Italiano e all’elaborato in cui si tratto le discipline specifiche della seconda prova scritta. Resta anche la parte sulla presentazione del PCTO e quella riferita a Cittadinanza e Costituzione con gli elementi dell’educazione civica.

Bianchi: “Il Premier ha messo la scuola al primo posto. Difficoltà differenti in tutto il Paese”

da La Tecnica della Scuola

Il neo ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla scuola. Intervenuto al convegno di Federmobilità, come riporta l’Ansa, Bianchi ha dichiarato:

“La scuola non è stata ferma, ha fatto un apprendimento collettivo a cui dovremmo imparare a dare il giusto valore. Il premier ha posto la scuola all’inizio del suo discorso, al primo posto”.

“Non tutti i territori sono nelle stesso condizioni – spiega il ministro – noi ci mettiamo dalla parte dei territorio con maggiori difficoltà, ci sono zone emarginate come le montagne, i centri urbani”.

“Abbiamo avuto delle perdite in questo periodo – conclude Bianchi – voglio ringraziare tutto il personale, in questa fase difficile siete stati vicini ai ragazzi”.

Supplenze docenti, elenchi aggiuntivi alle GPS: testo decreto e parere del CSPI

da La Tecnica della Scuola

Durante la seduta plenaria n. 53 del 16 febbraio, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) ha espresso il previsto parere sullo schema di decreto del Ministro dell’Istruzione recante “Disposizioni inerenti la costituzione degli elenchi aggiuntivi alle graduatorie provinciali per le supplenze del personale docente ed educativo, in applicazione dell’articolo 10 dell’Ordinanza del Ministro dell’istruzione 10 luglio 2020, n. 60 e disposizioni concernenti gli elenchi dei docenti della scuola primaria e dell’infanzia per l’attribuzione di contratti di supplenza presso i percorsi a metodo Montessori, Pizzigoni, Agazzi“.

TESTO DECRETO E PARERE

Il CSPI, nelle more della costituzione degli elenchi aggiuntivi alle Graduatorie provinciali per le supplenze (GPS) previsti dall’art. 10 dell’Ordinanza Ministeriale n. 60 del 10 luglio 2020 , valuta in maniera positiva il riconoscimento, a chi si abilita o si specializza nel sostegno, di
un accesso prioritario alle supplenze rispetto alla seconda fascia GPS o alla terza fascia delle graduatorie d’istituto (GI)
.

Il Consiglio ritiene inoltre importante rendere disponibile al più presto, sul sistema POLIS, l’accesso alla domanda. Questo consentirebbe a coloro che hanno già conseguito la laurea in Scienze della Formazione Primaria di inserirsi negli elenchi aggiuntivi, oltre a rappresentare la medesima possibilità per tutti coloro che conseguiranno il titolo entro i termini previsti dal provvedimento.

Vaccino anti Covid, il datore di lavoro non è tenuto a sapere se il dipendente è vaccinato

da La Tecnica della Scuola

Il datore di lavoro può chiedere ai propri dipendenti di vaccinarsi contro il Covid per accedere ai luoghi di lavoro e per svolgere determinate mansioni? Può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati? O chiedere conferma della vaccinazione direttamente ai lavoratori?

A queste tre domande ha risposto il Garante per la privacy con le seguenti faq:

Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?

NO. Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo (considerando 43 del Regolamento).

Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?

NO. Il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati. Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008).

Il datore di lavoro può invece acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) d.lgs. n. 81/2008).

La vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?

Nell’attesa di un intervento del legislatore nazionale che, nel quadro della situazione epidemiologica in atto e sulla base delle evidenze scientifiche, valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008).

In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.

Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n.81/2008).

Campionato Italiano Giovanile di Debate al via

da La Tecnica della Scuola

Arriva in Italia il debate a livello agonistico con vere e proprie gare di dibattito in cui si affrontano due squadre di tre oratori ciascuna, è infatti appena iniziata la prima edizione del campionato italiano giovanile, con il patrocinio della Commissione Europea in collaborazione con il Parlamento Europeo. Si parte con un girone unico nazionale, che ha visto l’iniziale scrematura delle 76 squadre in gara provenienti da 16 regioni. Il campionato si rivolge a ragazzi e ragazze dai 14 ai 19 anni e si svilupperà fino al mese di aprile con una fase finale ad eliminazione diretta. I dibattiti si svolgeranno ogni tre settimane, secondo il protocollo mondiale di World School Debate, e tutti online. Gli organizzatori ci tengono sottolineare l’entusiasmo dei partecipanti, che si presentano in squadre dai nomi fantasiosi come Bazinga! (dall’istituto Tecnico Economico Tosi di Busto Arsizio), Le ragazze di via Panisperna (IsIS Majorana – Fascitelli di Isernia) o Rinoceronti Blu (Iis Dalla Chiesa di Montefiascone), che sono alcune tra le 46 squadre arrivate al girone nazionale. Gli ottavi di finale sono in programma il 26 aprile, mentre la finale si svolgerà l’8 e 9 maggio a Milano con un evento dal vivo (se sarà possibile) e in streaming. Tutte le informazioni sono disponibili al sito www.campionatoitalianodebate.it e sui social del torneo.

Il debate in Italia: reti e progetti

La rete Nazionale We Debate, nata nel 2013, unisce attualmente più di 180 scuole, con scuola capofila l’ITE Enrico Tosi di Busto Arsizio. Nel 2017 il ministero dell’Istruzione ha avviato il progetto Debate Italia, che realizza le Olimpiadi nazionali e fa da porta di accesso ai campionati mondiali e nel 2019 è nata anche la Società Nazionale Debate Italia (Sndi) con lo scopo di diffondere questa disciplina anche fuori delle scuole. Il progetto portato avanti dalla Sndi è ricco e articolato, prevede percorsi di formazione e coinvolge docenti e studenti, che si impegnano anche a diffondere il Debate in tutti gli ambiti della società, non solo quello scolastico.

Il Debate: dal 1869 ad oggi

Le prime società di dibattito, fondate negli Stati Uniti e nel Regno Unito alla fine dell’ottocento e avevano come obiettivo principale quello di sviluppare la capacità di parlare in pubblico e dibattere, ovvero improvement in public speaking and debate. Era proprio questa la mission della Eunomian Literary Society, del Swarthmore College in Pennsylvania, una delle prime società di dibattito statunitensi fondata nel 1869. La diffusione del debate si è poi andata affermando come vera e propria pratica didattica a livello mondiale; soltanto nel 2020 48 stati hanno partecipato al World School Debating Championship, tenutosi in Sud Africa; le registrazioni on-line all’ European University Championship, (EUG2021 – European Universities Games – Belgrade 2021) che si terrà il prossimo agosto a Belgrado, hanno esaurito i posti disponibili in soli 43 secondi;  l’International Debate Education Association ha censito fornisce nel suo sito International Debate Education Association (IDEA) (idebate.org) idee e temi utili, anche per promuovere competenze trasversali e linguistiche.