Dalla repubblica delle autonomie alla repubblica delle banane?

Dalla repubblica delle autonomie alla repubblica delle banane?

di Maurizio Tiriticco

 

Che cosa sta succedendo nella nostra Repubblica? Si sta discutendo dell’abolizione delle Regioni e, forse, dell’istituzione di alcune macroregioni. Abbiamo da poco cancellato le Province, abbiamo cancellato il Senato! Un processo di semplificazione? Tutto per rendere più rapida la macchina amministrativa? Quindi la democrazia è un limite più che un’occasione, anzi l’occasione prima per un corretto funzionamento della macchina “statale”? Confesso la mia preoccupazione!

Avevo vent’anni quando, in quel primo gennaio del 1948, venne promulgata la Costituzione, la prima Costituzione democratica della nostra storia. La mia emozione fu enorme! Finalmente avevamo costruito uno Stato autenticamente Democratico! Sì, con la D maiuscola, perché lo Statuto albertino di cento anni prima era fortemente limitativo nei confronti di quelle libertà personali da sempre da molti auspicate, ma mai pienamente realizzate. Per non dire poi della violenza perpetrata dal fascismo con la fondazione di uno Stato di regime fondato su una Camera e un Senato fascistizzati e poi sulla Camera dei Fasci e delle Corporazioni.

La nostra nuova Carta era veramente rivoluzionaria rispetto all’intero nostro passato, contrassegnato da quel manzoniano “volgo disperso che nome non ha”. E mi segnarono profondamente quei primi 12 articoli dei “principi fondamentali”: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1). E in particolare mi segnò l’articolo 5: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”. Per non dire dell’articolo114: “La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni”, e del 115: “Le Regioni sono costituite in Enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”. Si disegnava uno Stato assolutamente nuovo, i cui poteri sarebbero passati gradualmente dal centro alla periferia, dall’autorità centrale ai cittadini. Insomma, quelle Regioni, i cui nomi avevo imparato a scuola, ma che allora costituivano solo un’espressione geografica, parafrasando Metternich, sarebbero diventate il motore fondante di un governo decentrato e autenticamente democratico.

Ma l’attesa fu lunga. Ciò che i Padri Costituenti avevano scritto non era di facile attuazione. Da sempre noi Italiani avevamo “assaggiato” solo qualche briciolo di democrazia! C’era da ricostruire fisicamente un Paese distrutto dalla guerra e tale urgenza era assolutamente prioritaria Così il cammino del decentramento autonomistico fu molto lento. Nel 1948 furono istituite le cinque Regioni a statuto speciale, ma le altre videro la luce tardi, solo negli anni Settanta. Il cammino del decentramento autonomistico non era cosa facile.

Comunque, il dibattito sull’autonomia era sempre acceso, e la svolta si ebbe con la legge 241/1990, “nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”. Ne seguì la lunga stagione della realizzazione delle autonomie, a partire da quella legge 59/1997 con cui fu affidata la “delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”. Ne seguì il dlgs 112/1998, relativo al “conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali”. Ebbe così il concreto inizio della stagione delle autonomie, contrassegnata dal varo di quelle Carte dei servizi, che com’è noto, interessò anche le nostre istituzioni scolastiche. E infine, per ciò che riguarda l’istruzione, con il dpr 275/1999, venne adottato quel “regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”, il cui articolo 3 è stato recentemente modificato e arricchito dall’articolo 1, comma 14 della legge 107/2015.

Quindi, abbiamo avuto un fin de siècl fortemente innovativo fino al punto che si ravvisò necessaria anche una modifica della stessa Costituzione. Così, con la legge costituzionale 3/2001 l’intero Titolo V, intitolato “Le Regioni, le Provincie, i Comuni”, venne totalmente riscritto. E la parola autonomia ve la ritroviamo per ben dieci volte! E’ importante sottolineare le innovazioni che sono seguite. L’articolo 114, “La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni”, viene così riscritto: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Provincie, dalle Città metropolitane,dalle Regioni e dallo Stato”. Una virata di 360 gradi! Si passa veramente da uno Stato del 1948, che potremmo definire ancora “verticale” a uno Stato del 2001, che potremmo definire veramente “orizzontale”. E con il novellato articolo 117 vengono definite le aree di competenza legislativa dello Stato e delle Regioni.

Non sto qui a ripercorrere i nuovi problemi che si sono aperti, anche in forza di interpretazioni diverse che si possono dare dei singoli passi del nuovo articolo 117. Mi interessa sottolineare l’adozione di nuovi principi, aggiunti – se così si può dire – a quelli della Carta del 1948. Tali principi si possono così riassumere: a) questi sono i principi costituzionali del 1947, ovvero dello “Stato verticale”: democrazia; lavoro; solidarietà politica, economica e sociale; uguaglianza e libertà; persona e minoranze; diritto d’asilo; ripudio della guerra; iniziativa libera ma socialmente utile; le autonomie (definite e sancite); i diritti della famiglia; i tre poteri indipendenti; b) questi sono i principi “aggiunti” con la “Costituzione del 2001”, ovvero dello “Stato orizzontale”; sussidiarietà; coesione; solidarietà; equità; responsabilità; differenziazione; adeguatezza; le autonomie (realizzate); le iniziative autonome.

E mi interessa anche riprodurre il quarto comma del novellato articolo 118: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadine, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Insomma si disegna veramente una Repubblica assolutamente nuova proiettata verso un futuro di ampie e sempre più articolate autonomie, anche personali.

Ma… che cosa è successo in questi ultimi anni? Il principio e la pratica stessa dell’autonomia sono stati assolutamente stravolti. Consiglieri comunali, provinciali, regionali tesi più alla caccia di gettoni di presenza o allo scambio di mazzette che non a una pratica corretta e produttiva di quell’autonomia che una rinnovata Carta costituzionale ha loro concesso. Sprechi di danaro pubblico, incompetenza dilagante, ponti che crollano, acquedotti che… fanno acqua, opere pubbliche mai terminate, territori che cedono alla prima pioggia, un’autostrada incompiuta ormai da oltre mezzo secolo! Per non dire poi dell’assoluta incapacità di affrontare convenientemente quel fenomeno immigratorio che attanaglia ormai tutte le periferie delle nostre città e che produce una criminalità sempre più dilagante e incontrollabile. E ciò per segnalare solo i fenomeni più macroscopici.

In tale contesto, che ne è dell’autonomia? Che ne è della responsabilità politica e civile di tanti cittadini da noi eletti e impegnati nella politica e nella gestione degli Enti locali? Abbiamo un Parlamento in cui non si parla, si urla e si improvvisano sceneggiate circensi! Abbiamo un proliferare di mazzette di cui sono protagonisti uomini pubblici ad ogni livello di responsabilità

E’ in tale contesto che l’autonomia, da principio costituzionale, diventa invece il brodo del malaffare! E allora, si comincia a buttare a mare l’autonomia stessa, il bambino incolpevole e l’acqua sporca di un malaffare che dilaga come un fiume in piena. E si cancellano quelli che dovevano essere i presìdi stessi dell’autonomia, le province oggi e le regioni domani. Non dico delle Città metropolitane che di fatto non esistono se non nell’utopia autonomista della fine dl secolo scorso.

Ciò che mi preoccupa è che, in un mondo che si fa sempre più difficile, la capacità di governo nei e dei singoli territori va sempre più peggiorando. E, se gettiamo a mare l’autonomia oggi, domani getteremo a mare la democrazia? Non so! Per ora ci limitiamo a gestire la cosa pubblica nel peggiore dei modi possibili. E rischiamo di aprire il varco a chi alla nostra democrazia e a noi stessi vuole addirittura tagliare la testa.

Je suis l’empire à la fin de la décadence!

Marco Balzano, L’ultimo arrivato

Marco Balzano, L’ultimo arrivato, Sellerio editore 2014

di Mario Coviello

 

balzanoNemmeno duecento pagine: trentuno brevi capitoli che appassionano e scorrono veloci, senza mai annoiare è questo “ L’ultimo arrivato”, romanzo di Marco Balzano, Sellerio editore, premio Campiello 2015, che mi ha appassionato e commosso in queste ultime settimane e che vi consiglio di leggere e far leggere, e leggere in classe ai vostri alunni se siete docenti, che vi consiglio di raccontare ai vostri figli e nipoti.

Ninetto e Giuvà, paesani di San Cono, lavorano i campi legati ancora al grembo materno delle loro terre. Maturano sempre di più la speranza di staccarvisi, per recarsi in quel posto dove la macchina industriale e quella del destino si incontrano. Dopo un interminabile viaggio in treno arrivano a Milano e si scontrano con una realtà diversa, fatta di palazzoni, ciminiere, viaggi in tram e giornate scandite dalla nebbia.

E’ la storia di Ninetto pelleossa, che il romanzo racconta che lascia il suo paese sperduto in Sicilia, alla fine degli anni cinquanta e va a lavorare a Milano

«Non è che un picciriddu piglia e parte in quattro e quattr’otto. Prima mi hanno fatto venire a schifo tutte cose, ho collezionato litigate, digiuni, giornate di nervi impizzati, e solo dopo me ne sono andato via. Era la fine del ’59, avevo nove anni e uno a quell’età preferirebbe sempre il suo paese, anche se è un cesso di paese e niente affatto quello dei balocchi»(pag 18 )

Negli anni Cinquanta a spostarsi dal Meridione al Nord in cerca di lavoro non erano solo uomini e donne pronti alla vita, ma anche bambini a volte più piccoli di dieci anni che mai si erano allontanati da casa. Il fenomeno coinvolge migliaia di ragazzini che dicevano addio ai genitori, ai fratelli, e si trasferivano spesso per sempre nelle lontane metropoli.

Ed ecco come l’autore racconta la nascita del libro “ Poi qualcuno, non mi ricordo chi, mi ha raccontato che negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta arrivavano a scuola anche bambini, che scappavano dalla fame e da un futuro che non poteva riservare nessuna sorpresa o speranza di miglioramento. Dunque mia madre, che è emigrata dalla Puglia bambina, lì dentro non si sarà potuta sentire nemmeno la più piccola. La notizia mi ha colpito e . ho letto saggi che mi restituivano la percezione di allora…. La conclusione era chiara, dell’emigrazione infantile non se n’è parlato molto. E se n’è raccontato ancora meno. Poi ho intervistato questi bambini emigranti, oggi più o meno settantenni. Un signore mi rimandava a un altro. Un ex compagno di fabbrica, di partito, un vicino di casa, un parente… “

E da qui il romanzo che mi ha emozionato per l’affetto che Ninetto conserva per il suo maestro Vincenzo che gli faceva imparare a memoria le poesie di Pascoli e raccontava di Rousseau e Campanella.

E grazie a questo maestro che non dimentica mai, Ninetto che è stato educato così :“Come per il cielo è normale piovere, per una vacca muggire, per un albero far cadere le foglie, per un genitore di San Cono era naturale sganciare mazzate… “Ti sei sporcato i pantaloni?” calci a ripetizione….”amerà sempre lo studio:“Anche oggi, quando mi capita di conoscere una questione o un argomento sento una soddisfazione che non si può dire. Questo sentimento non tutti lo provano, c’è chi non si interessa di sapere e vive bene con la sua faccia da ignorante. Io invece sono curioso, mi mangio le mani se si parla di cose che non so e godo quando qualcuno mi fa una domanda e conosco la risposta per filo e per segno come un egregio dottore.”(p. 160)

Ninetto va in carcere per motivi che non vi racconto perché dovete comprare e leggere il libro e, torniamo a Balzano “! In tutto questo vuoto si fa strada un desiderio che già in carcere, nello squallore della cella, Ninetto avvertiva: raccontare la sua storia a chi può custodirla. Questo scrigno innocente è la nipotina mai vista. Si chiama Lisa, figlia della sua unica figlia, che ha deciso di non fargliela conoscere per dimostrargli il disprezzo per ciò che ha fatto. Ninetto da quando è nata la immagina: fantastica di portarla in giro, prenderle la mano, proteggerla dal mondo, che è sempre prudente affrontare con un coltello in tasca. La sua storia è l’unica cosa che gli è rimasta, tutto il resto si è perso per strada. Ad essere capace di scrivere l’avrebbe lasciata sul diario che gli aveva regalato il suo idolo, il maestro Vincenzo della scuola di via dei Ginepri, a San Cono, che gli faceva imparare i versi di Pascoli a memoria e gli aveva messo voglia di diventare poeta o maestro elementare anche lui. Però quella pagina è rimasta sempre bianca, la mano si irrigidiva ogni volta che impugnava la penna. Invece, quando vedrà la bambina che gioca con nonna Maddalena, e quando la strapperà da lei per qualche ora portandola in via Gorizia, in una sorta di viaggio agli inferi in cui lui veste i panni di un poco saggio Virgilio, Ninetto sentirà di non meritare perdono, ma di aver riscattato almeno parzialmente la paura di vivere senza lasciare traccia.

Le parole di Ninetto, ovvero di Balzano, trasudano una bellezza primitiva, sia candida che aggressiva. Un’epoca che ci sembra così distante ci viene descritta con parole semplici e per questo poetiche. Ninetto da grande voleva fare il poeta. E il lettore che si affeziona a lui quasi come se lo conoscesse da anni, continua ad augurarglielo anche dopo aver letto l’ultima pagina di questo libro straordinario.

Perdetevi nei dialoghi e nelle descrizioni di questo romanzo, innamoratevi del tempo che dedicate a ogni pagina. Lasciate che, a un certo punto, le lacrime corrano veloci sul vostro viso come era solito fare Ninetto per le vie di Milano.

Il romanzo infatti è commovente (“Il dolore tiene insieme più di ogni altra cosa”) sia perché attraversa efficacemente le dinamiche psicologiche del protagonista e i fenomeni sociali – l’emigrazione, il caporalato – che i corsi e ricorsi storici tragicamente ripropongono, sia perché Marco Balzano, milanese e docente di scuola media, riesce a identificarsi pienamente nel suo personaggio siciliano e ingenuamente innamorato della cultura (“Questo signor Camus autore de Lo straniero…

E al giornalista che gli chiede “Come si riflette il drammatico tema dell’immigrazione internazionale sulla scuola dei nostri giorni?
lo scrittore risponde “ – La diversità è una ricchezza, su questo non si discute. Dove la scuola ha gli strumenti per interpretarla, accoglierla e condividerla nascono situazioni molto stimolanti. Dove gli strumenti non ci sono è più facile che si verifichino fenomeni di emarginazione, incomprensione, razzismo. È sempre una questione di risorse, se preferisci una questione politica.

In quanto a dialogo col contemporaneo, dunque, quello di Balzano è un romanzo che cade bene: si incontra e scontra con il tema dell’altro e del multiculturalismo  All’immigrazione in senso largo, si pensa e ci s’interroga, leggendo questo romanzo.

Marco Balzano arriva dalla letteratura che si insegna nelle scuole – professore di medie e liceo, già pubblicato da Sellerio nel 2013 con Pronti a tutte le partenze, e prima ancora timido esordiente poeta con Particolari in controsenso (Lietocolle, 2007), con in più una passione, e alcuni saggi pubblicati sull’argomento, nientemeno che per Giacomo Leopardi. Arriva quindi in un certo senso ultimo, anche lui, dietro ai grandi autori che riporta in luce per i propri studenti, al punto che quando scrive riesce a sembrare Verga, in certe righe, e far rientrare nella storia di Ninetto, nel suo universo curioso e dissacrante, le lezioni scolastiche del maestro Vicenzo su Giovanni Pascoli e “Giangiacomo Russò”: “Fece una lezione coi fiocchi, il maestro. Parlò di un signore che si chiamava Giangiacomo Russò e lo chiamò pensatore, una parola che non avevo mai sentito e che secondo il mio compagno di banco significava uno molto intelligente e che la sa lunga, mentre secondo Peppino indicava uno che il mattino si alza e non tiene una minchia da fare”.

E che Balzano scriva di questo, sembra un ottimo motivo per vincere il Campiello, per farci pensare, alla spaccatura tra cultura lenta del sud e nord industrializzato, alla necessità di capire e accettare i contatti con le culture del Mediterraneo.

Che l’Italia abbia un’anima mediterranea, di cui il nord spesso si dimentica, si esprime  per il narratore nei suoi viaggi al sud sempre sofferti: “Il treno che scende non è lo stesso che sale. È un’altra storia. Quelle carrozze vuote parlano chiaro, dicono vuoto è pure il paese dove si è diretti. Vuoto di lavoro, di cose fare e vuoto pure delle persone che pensi di ritrovare e invece non ci stanno più”.

L’ultimo arrivato diventa così anche un importante documento sociologico perché fa riflettere sul problema dell’immigrazione e su come sia cambiata la nostra realtà negli ultimi sessant’anni

Fondo di funzionamento delle scuole, cambiano i criteri per l’assegnazione

Fondo di funzionamento delle scuole, cambiano i criteri per l’assegnazione
Raddoppiata la quota-alunno, incentivi per istituti capofila di Reti
Individuati i parametri per le risorse sull’alternanza

Cambiano i criteri per l’assegnazione del Fondo di funzionamento alle scuole. Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha infatti firmato il decreto di revisione dei parametri in base ai quali le istituzioni scolastiche ricevono ogni anno la quota di finanziamento statale.

Si tratta di un’altra delle novità introdotte dalla Legge La Buona Scuola per dare alle scuole risorse non solo più consistenti, ma anche calibrate sulle loro specificità, dalla tipologia di indirizzo alla numerosità degli alunni.

I nuovi parametri si applicheranno a partire dall’anno scolastico 2016/2017 e tengono conto dei nuovi indirizzi nati dopo la riforma delle superiori (come il liceo musicale, il liceo sportivo e delle scienze applicate) e di realtà come i CPIA, Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti, rivisti di recente. Con il decreto, frutto della raccolta di suggerimenti dei dirigenti scolastici, viene aumentata la quota per alunno assegnata alle scuole: per le primarie lo stanziamento passa da 8 a 20 euro, per gli Istituti tecnici da 24 a 36.

L’incremento della quota di finanziamento per studente, l’aumento delle risorse integrative previste per gli alunni diversamente abili, gli incentivi destinati alle scuole capofila di Reti per la formazione del personale, l’acquisizione di beni e di servizi e per il supporto amministrativo-contabile (1.000 euro in più a disposizione), risorse aggiuntive per le scuole con corsi serali, per le scuole ospedaliere e carcerarie, una quota aggiuntiva (di 12 e 20 euro, a seconda del grado di istruzione) per le classi terminali, a supporto degli Esami di Stato: sono alcune delle novità previste dal decreto. Nello stesso atto sono contenuti i criteri per la distribuzione delle nuove risorse per l’alternanza scuola-lavoro (100 milioni all’anno) previste da La Buona Scuola. In questo caso i nuovi criteri entreranno a regime già a partire dal mese di gennaio 2016.

“Con la legge approvata a luglio, abbiamo raddoppiato il Fondo di funzionamento che passa dai 111 milioni degli anni precedenti a oltre 230. Ma serviva fare un passo in più: legare maggiormente le risorse alle caratteristiche delle scuole. Con un occhio alla numerosità degli alunni, alla presenza di studenti diversamente abili, alla tipologia di indirizzo, al territorio in cui ciascuna istituzione si colloca”, dichiara il Ministro Stefania Giannini.
Il decreto è stato registrato dalla Corte dei conti.

IBM Faculty Award all’Università di Trento

IBM Faculty Award all’Università di Trento
Computer capaci di comprendere il linguaggio naturale degli esseri umani e rispondere in modo pertinente alle loro domande: uno scenario che è già realtà. Informatici e scienziati al lavoro per nuove applicazioni di sistemi intelligenti, dalla medicina al settore assicurativo o alberghiero. Ad Alessandro Moschitti del Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione è stato conferito oggi il Faculty Award di IBM nel corso di una conferenza al Polo scientifico e tecnologico Fabio Ferrari di Povo.

Trento, 18 novembre 2015 – (a.s.) Sono passati quasi cinque anni da quando, nel febbraio 2011 tutta l’America assisteva incollata davanti al televisore alla vittoria di Watson, il supercomputer IBM, sui suoi avversari umani, i campioni Brad Rutter e Ken Jennings, nella sfida di Jeopardy! il più famoso quiz televisivo statunitense. La trasmissione, seguita quotidianamente dal 1984 da quasi nove milioni di telespettatori su varie emittenti in tutti gli stati, ospitò allora la sua prima e unica sfida uomo-macchina che si concluse, tre giorni dopo, con la vittoria di Watson. Fu una tra le sfide più impegnative per un computer, perché gli indizi del gioco prevedevano l’analisi di sottigliezze di significato, ironia, enigmi e altre complessità in cui gli esseri umani eccellono e i computer tradizionalmente no.
Nella messa a punto del sistema Watson negli anni precedenti, l’Università di Trento giocò un ruolo da protagonista insieme ad altri sette atenei statunitensi – i migliori a livello internazionale nel campo delle tecnologie di ultima generazione – collaborando con IBM nell’ambizioso progetto di ricerca. Da allora il progresso non si è arrestato e la tecnologia sviluppata per Watson si è evoluta in molte altre direzioni in cui sono necessarie abilità complesse, come ad esempio quelle necessarie per le applicazioni in ambito medico.

Estendere e generalizzare questa tecnologia di dialogo uomo-macchina a molteplici ambiti applicativi è l’obiettivo della ricerca condotta all’Università di Trento che oggi ha portato ad assegnare al professor Alessandro Moschitti il nuovo IBM Faculty Award soprattutto per la qualità del suo lavoro scientifico e le prospettive commerciali che esso apre. La consegna del riconoscimento è avvenuta in occasione di una conferenza al Polo scientifico e tecnologico Fabio Ferrari di Povo alla quale hanno preso parte il prorettore vicario dell’Università di Trento, Flavio Deflorian, il vice-direttore del DISI, Fabio Massacci, e il presidente della Fondazione Bruno Kessler Francesco Profumo, introdotti da Fabrizio Renzi, direttore tecnico e innovazione di IBM Italia. Per la parte scientifica sul tema “Deep Natural Language Processing for Cognitive Dialog Systems” sono intervenuti David Nahamoo, IBM Fellow (T.J. Watson Research Lab), lo stesso Alessandro Moschitti (DISI, Università di Trento) e Hinrich Schütze (Università di Monaco). Il pomeriggio si è concluso con una tavola rotonda sui sistemi di dialogo nell’era del cognitive business, moderato da Guido Vetere (IBM Italia) con la partecipazione di Raffaella Bernardi (DISI) e di Carlo Strapparava (Responsabile della HTL-NLP Research unit).
«Ho particolarmente apprezzato questo nuovo IBM Faculty Award – ha commentato Alessandro Moschitti – non solo perché costituisce un riconoscimento internazionale importante al lavoro di ricerca che stiamo portando avanti con il mio gruppo, ma dimostra l’importanza delle tecnologie sviluppate dall’Università di Trento (in particolare l’elaborazione automatica del linguaggio naturale) ed da molti altri centri trentini, a cominciare dalla Fondazione Bruno Kessler e dal CNR. L’interesse da parte di IBM nella tecnologia espressa della nostra regione ci inorgoglisce e ci rende consapevoli delle enormi possibilità future».
«Per IBM – ha aggiunto Carla Milani, University Relations Manager di IBM Italia – la collaborazione con le università è da sempre occasione di confronto vivace ed aperto, capace di veicolare idee e progetti innovativi nel mondo reale e disegno di nuove prospettive nonché di scoperta di talenti di idee. In particolare Trento è una delle università con cui abbiamo iniziato a lavorare fino dai tempi delle prime ricerche di IBM sull’intelligenza artificiale e oggi continuiamo proficuamente sui temi di frontiera del cognitive computing».
I sistemi di dialogo sono oggi tra gli elementi chiave per il Cognitive Computing e per lo sviluppo delle tecnologie che lavorano sul linguaggio naturale, sulle capacità di apprendimento e ragionamento e sull’interazione uomo-macchina. IBM sta investendo molto nel settore dei sistemi cognitivi per perfezionare le metodologie di domanda-risposta, già dimostrata dalla tecnologia di Watson.
Ma come si può migliorare la capacità di interazione di un computer? Il lavoro di Moschitti si occupa proprio di come sia possibile far sì che un computer risponda tenendo conto del profilo dell’utente, delle precedenti domande che gli sono state poste e, in generale, del contesto in cui vengono formulate. Tutto questo per dare risposte sempre più appropriate e specifiche. Modellare le tecnologie di apprendimento automatico, di recupero efficiente dell’informazione e dell’elaborazione automatica del linguaggio naturale per far acquisire alle macchine la capacità di rappresentazione articolata del contesto, creando capacità cognitive simili a quelle di un cervello umano, è un’attività di ricerca complessa, ma fondamentale per aprire la strade ad applicazioni finora impensabili.
La novità più importante che questa tecnologia porta con sé è quella di migliorare le nostre capacità di prendere decisioni rapidamente, su qualsiasi dominio di conoscenza, basandosi sui fatti. La sfida, infatti, non è solo nella quantità di dati che accumuliamo, ma sempre più nella capacità di estrarre da essi informazioni e valore per rendere più efficaci le nostre azioni e diminuire il rischio di errori. Un po’ come avviene nel nostro cervello che, per poter fare delle scelte ottimali, esamina in modo inconsapevole una quantità incredibile di informazioni. Ovviamente l’incremento esponenziale delle informazioni disponibili rende la gestione “interpretativa” umana sempre più complessa.
Una sfida per il computer che oggi – grazie al test superato nel 2011 da Watson di IBM a Jeopardy! – è giudicata possibile. Questa tecnologia cognitiva ha già dato vita ad una vasta serie di applicazioni adottate in 36 paesi, da 17 diversi tipi di industria e da migliaia di startupper e innovatori per testare nuove idee di business. Tra i settori più recenti e interessanti di sviluppo, quello medico (per l’analisi degli articoli scientifici), quello assicurativo (con assistenti digitali che supportano le vendite), quello alberghiero (per gestire meglio la customer satisfaction, nella fornitura di servizi istantanei e nel promuovere l’ingaggio automatico dei clienti).

Nasce la Federazione italiana motociclismo paralimpico

da Redattore sociale

Nasce la Federazione italiana motociclismo paralimpico

Rappresenterà i piloti disabili che svolgono gare con moto adattate. L’idea nasce dall’associazione Diversamente disabili, fondata nel 2013 da due appassionati di moto vittime di gravi incidenti. Pancalli (Cip): “È un’opportunità in più. L’importante è che ciò avvenga in assoluta sicurezza”

MILANO – Nuova frontiera per i disabili che vogliono praticare sport. Nasce la Federazione italiana motociclismo paralimpico (Fimpar), presentata oggi all’interno dell’Esposizione universale delle moto Eicma. L’idea è dell’associazione Di.di (Diversamente disabili), fondata nel  2013 da due appassionati di moto – Emiliano Malagoli e Matteo Baraldi- vittime di gravi incidenti, che però non hanno perso la voglia di andare sulle due ruote. Tanto da creare una onlus che organizza gare in moto per disabili, a cui partecipano piloti da tutto il mondo. “Le particolarissime esigenze dei piloti disabili, in primis quelle relative alla loro sicurezza, hanno reso necessario la creazione di un nuovo soggetto (la Fimpar, appunto) che abbia una specificità tale da poterli rappresentare nelle sedi competenti”, spiega Malagoli. Durante la presentazione di oggi è intervenuto anche Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico (Cip) con un videomessaggio. “È con grande piacere che saluto la nascita della Fimpar,  perché si unisce, al grande pianeta dello sport paralimpico, un’opportunità in più. È evidente che si spostano sempre più avanti i limiti e le frontiere oggi inesplorate  di ciò che un ragazzo o una ragazza disabile possono fare nella dimensione sportiva. L’importante è che ciò avvenga in assoluta sicurezza ed è per questo che io sarò ben lieto come Comitato Italiano Paralimpico, in accordo con la Federazione che oggi nasce ma soprattutto con la Federazione motociclistica italiana, di aprire un tavolo affinché  vengano sviscerati tutti gli aspetti legati alla sicurezza dell’attività”.

Per il 2016 la Di.di organizza nuovi corsi di guida in collaborazione con il circuito Tazio Nuvolari di Cervesina (PV). Sono già tre gli appuntamenti in calendario in cui le persone con disabilità potranno usufruire delle moto adattate della scuola per imparare i primi rudimenti o migliorare le proprie prestazioni in pista. In base al tipo di disabilità, a seguirli saranno gli stessi piloti Di.Di. E il motociclismo paralimpico sbarca anche in Tv, con un programma su Sky -“Never give up”- che verrà ospitato su AutomotoTV,  canale 148. (dp)

“Sostegno, non un’ora di meno!”

Successo dell’iniziativa ANIEF “Sostegno, non un’ora di meno!”. MIUR condannato al risarcimento del danno per violazione dei diritti fondamentali degli alunni disabili.

 

Proseguono i successi dell’iniziativa “Sostegno, non un’ora di meno!”, promossa per il secondo anno consecutivo dal sindacato ANIEF e volta alla tutela dei diritti degli alunni con disabilità cui il MIUR ha negato il giusto monte ore di sostegno settimanale. Il nostro sindacato ha offerto alle famiglie degli alunni disabili il patrocinio gratuito dei propri legali su tutto il territorio nazionale per veder riconosciuta in tribunale l’assegnazione all’alunno in situazione di gravità di un insegnante di sostegno per un numero di ore pari al massimo possibile (rapporto 1:1) e continua a ottenere successi in tribunale. Il TAR Sicilia, infatti, accoglie i ricorsi patrocinati dagli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Marco Di Pietro a tutela di altre 8 famiglie e riconosce il diritto al corretto monte ore di sostegno condannando il MIUR al risarcimento del danno pari a 1.000 Euro per ogni mese in cui il singolo alunno non ha beneficiato del giusto apporto di ore con l’insegnante specializzato e per aver violato, così, i loro diritti fondamentali.

 

Il TAR Sicilia, infatti, non fa sconti al MIUR e cita anche la recente decisione della VI sezione del Consiglio di Stato n. 5317 del 27 ottobre 2014, in cui è espressamente evidenziato come “il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha rango di diritto fondamentale, che va rispettato con rigore ed effettività sia in adempimento ad obblighi internazionali (artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18), sia per il carattere assoluto proprio della tutela prevista dagli artt. 34 e 38, commi 3 e 4, Cost. (v. Corte Cost. 26 febbraio 2010, n. 80)”. Pertanto, valutato che “la violazione della proposta di assegnazione di un docente di supporto secondo il rapporto 1:1 contenuta nel PEI costituiva indice univoco della colpa della pubblica amministrazione” il TAR ha, in particolare, ritenuto che il pregiudizio conseguente al ritardato riconoscimento della pienezza delle ore di sostegno si traduceva “nell’impossibilità di godere del supporto necessario a garantire la piena soddisfazione dei bisogni di sviluppo, istruzione e partecipazione del minore, con la conseguenza che la lesione della correlativa situazione soggettiva di vantaggio, di rango costituzionale, dà luogo al diritto al risarcimento del danno esistenziale ex art. 2059 cod. civ.”.

 

La garanzia della effettività della istruzione scolastica ai minori disabili costituisce, come da sempre sostenuto dall’ANIEF, “obbligo primario dello Stato, rispetto al quale i noti problemi della finanza pubblica hanno carattere assolutamente recessivo”. Le sentenze ottenute dai nostri legali evidenziano, inoltre, come “l’assegnazione di un numero insufficiente di ore di sostegno è intervenuta malgrado l’esistenza di numerosissimi precedenti di questo TAR sfavorevoli al Ministero resistente, che, ciononostante, continua, anno dopo anno scolastico, a reiterare provvedimenti all’evidenza non conformi alla normativa in materia di tutela dei disabili” e, per tale motivo, “risulta adeguatamente dimostrata la sussistenza della colpa”. In mancanza di dimostrazione fornita dall’Amministrazione resistente in merito all’adeguatezza delle ore effettivamente assegnate rispetto ai bisogni educativi come individuati dal GLH d’istituto, dunque, il Tribunale Amministrativo siciliano ritiene “raggiunta la prova per presunzione che la diminuzione delle ore di sostegno ha provocato un danno alla personalità dei discenti, che sono stati privati del supporto necessario a garantire la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale”.

 

Il danno arrecato dal Ministero dell’Istruzione, dunque, viene “quantificato equitativamente (con riferimento a ciascun ricorrente) tenuto conto del numero di ore non assegnate in € 1.000,00 per ogni mese (con riduzione proporzionale per la frazione) di mancanza dell’insegnante di sostegno nel rapporto 1/1” sino all’effettiva assegnazione. L’obbligo di corrispondere ai ricorrenti tale somma viene posto dal TAR “a carico del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, a cui va imputata la responsabilità generale delle scelte gestionali poi effettuate dalle articolazioni periferiche dell’Amministrazione”.

 

Piena soddisfazione per il sindacato ANIEF che ha fatto della tutela degli alunni con disabilità un punto fermo della propria politica sindacale. I nostri legali sono a disposizione di tutte le famiglie che si sono viste negare l’assegnazione del giusto monte ore di sostegno al proprio figlio in spregio ai diritti costituzionalmente garantiti. Ricordiamo, infatti, che è ancora possibile richiedere le istruzioni operative e l’elenco dei documenti necessari per far valere i propri diritti in tribunale scrivendo all’indirizzo e-mail sostegno@anief.net.

Il lavoro è una bussola per gli studenti

da Il Sole 24 Ore

Il lavoro è una bussola per gli studenti

di Ivan Lo Bello*

Novembre è il mese dell’orientamento. È il periodo in cui tanti giovani iniziano a pensare con maggiore concretezza a quello che sarà il loro futuro. Novembre è anche, tradizionalmente, il mese in cui tante imprese incontrano le scuole nell’ambito della Giornata Nazionale Orientagiovani, quest’anno giunta alla sua XXII edizione.

L’edizione 2015 cade in un periodo di grandi cambiamenti per la scuola italiana dopo la riforma de «La Buona Scuola». Con la Legge 107/2015 si è finalmente riconosciuto il ruolo educativo del lavoro con l’obbligatorietà attribuita ai percorsi di alternanza scuola-lavoro, con l’investimento sui laboratori territoriali per l’occupabilità, con gli aggiustamenti sugli Its (anche se non del tutto sufficienti).

La scuola un valore di tutto il Paese
Ci troviamo in una fase propizia in cui la scuola diventa valore di tutto un Paese e non argomento su cui ci si divide o ci si chiude nelle sale degli addetti ai lavori. In un contesto simile il tema dell’orientamento diventa ancora più importante perché finalmente tra le missioni della scuola rientra, per legge, anche quella di creare occupazione, sviluppo economico e coesione sociale. Su questo siamo ancora molto indietro rispetto all’Europa e dobbiamo recuperare velocemente: nei paesi dove i giovani hanno maggiori possibilità di incontrare il lavoro durante lo studio, i tassi di occupazione sono più alti, il fenomeno dei Neet è molto ridimensionato, le possibilità di carriera dei giovani sono il doppio che da noi.

L’impresa non è nemica della scuola
C’è poi una grande questione culturale: comprendere che l’impresa non è nemica della scuola. L’impresa aiuta il Paese ad essere più competitivo, coeso, giusto ed etico perché aiuta i giovani a formarsi e ad avere una reale prospettiva di lavoro. L’impresa non è soltanto profitto e produzione. È responsabilità sociale che si manifesta anche come responsabilità formativa.

Quello dei privati che entrano a scuola è un ritornello ideologico destinato a scomparire. Lo dimostra, ed è giusto sottolinearlo, il vasto e plurale consenso sull’alternanza scuola-lavoro obbligatoria che finalmente riconosce ai giovani italiani il diritto di imparare lavorando. I giovani sappiano che c’è un mondo fuori dalle aule che guarda loro con attenzione. Un mondo che li attende e chiede loro di essere protagonisti. Le imprese non vogliono invadere, ma lasciarsi invadere. Essere un punto di riferimento per l’orientamento degli studenti italiani.

Orientare i giovani a “cosa fare da grandi”
I giovani hanno bisogno di una bussola. Non è un mistero che la scelta di “cosa fare da grandi”, specie dopo la scuola superiore, sia spesso affrontata senza nessuna informazione di contesto, e, ancor peggio, spesso nasca più dalla cristallizzazione di luoghi comuni che dalla reale capacità di connettere le vocazioni e i talenti degli studenti con i rapidi cambiamenti, soprattutto produttivi, a cui la nostra società è sottoposta. Non è un problema di scelta tra università o Its. Il problema è scegliere tra percorsi aperti al lavoro – prima, durante e dopo il conseguimento del titolo – e percorsi che non lo sono.

Si parlerà di questo nella XXII edizione di Orientagiovani, il cui evento centrale si terrà a Milano il 19 novembre. C’è un vuoto di competenze che mancano all’industria italiana, così come mostrano i dati annuali del Rapporto Excelsior di Unioncamere. Sono di difficile reperimento oltre 60mila figure tecnico-professionali mentre il Paese vive una drammatica situazione a livello di occupazione giovanile con segnali di ripresa ancora insufficienti.

La domanda del mercato del lavoro
È giusto che i giovani sappiano qual è la domanda del mercato del lavoro per fare una scelta consapevole, avere un’opzione in più per l’ingresso nella vita occupazionale. Si pensi agli Its che permettono già a 21 anni di avere un contratto, a tempo indeterminato in 6 casi su 10. Ma ci sono tanti altri percorsi, la maggior parte dei quali legati a stretto giro con il ruolo formativo delle aziende, che possono garantire ai giovani italiani di non restare parcheggiati nel sistema educativo (ricordiamoci che ci si laurea in media a 27 anni alla magistrale) e di costruire un percorso formativo-professionale già dopo il diploma.

Dobbiamo raccontare il cambiamento ai giovani: nel mondo l’istruzione guarda ai bisogni di una società che si fa sempre più connessa, che cerca creatività, che è pervasa dalla tecnologia, che è multiculturale e plurilingue. Ciò non significa mettere in soffitta la filosofia e la storia antica a vantaggio delle sole competenze tecnico-scientifiche. Al contrario si tratta di ripensare nuove alleanze tra scuola e lavoro per far entrare nei percorsi di studio i casi reali, la capacità di analizzare e risolvere problemi, una continua osmosi tra pensiero astratto e realtà.

La necessità di conoscere l’impresa
Non si deve abolire la filosofia, Euclide o la trigonometria. Non ci sarebbero gli smart-phone se Alan Turing non avesse letto Bacone, Leibniz e Hobbes. Il sapere ha trasformato la nostra vita e la nostra società, oltre che il nostro modo di produrre. Esso è invisibile e intangibile ma è incorporato in tutto ciò che facciamo e più che mai nei nostri luoghi di lavoro. I nostri ragazzi sono ansiosi di dare sfogo alla propria curiosità e di imparare, ma in modo diverso. Per queste ragioni hanno bisogno di conoscere l’impresa, i suoi fabbisogni, le opportunità che può offrire.

È questo il senso della Giornata Nazionale Orientagiovani e di tutte le attività di partnership scuola-impresa che migliaia di imprenditori italiani ogni giorno propongono e, seppur tra mille ostacoli, portano avanti con determinazione.

*Ivan Lo Bello è vice presidente per l’Education di Confindustria

Salta il tavolo della mobilità

da ItaliaOggi

Salta il tavolo della mobilità

Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda chiedono di ritardare l’attivazione degli ambiti territoriali

Strada in salita per il contratto sulla mobilità. Giovedì scorso le organizzazioni sindacali hanno rispedito al mittente la proposta dell’amministrazione di procedere tempestivamente alla contrattazione. Ed hanno fatto saltare il calendario del tavolo negoziale presentando un documento unitario con tutte le varie rivendicazioni.

Molti e complessi i nodi da sciogliere.

In primo luogo la questione degli ambiti territoriali introdotti dalla legge 107.

A questo proposito, Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno chiesto che non vengano attivati ai fini della mobilità per il 2016-2017. Perché si tratterebbe di una operazione complessa problematica e molto delicata, quindi da regolare in tempi distesi e con la dovuta prudenza. Anche perché la stessa legge 107 prevede che debbano essere entro giugno 2016, sentite le regioni e gli enti locali. E tale termine è incompatibile con la contrattazione annuale sulla mobilità. Che si conclude entro dicembre e prevede che le domande di trasferimento e passaggio debbano essere presentate entro marzo.

In buona sostanza, dunque, non vi sarebbero i presupposti per operare legittimamente, perché la contrattazione andrebbe a regolare un contesto che ancora non esiste. E i docenti sarebbero costretti a presentare le domande praticamente «al buio».

Le organizzazioni sindacali hanno fatto presente, inoltre, che sulla questione degli ambiti vi sono due ricorsi pendenti davanti alla Corte costituzionale, promossi dal Veneto e dalla Puglia. E dunque, si rischia di regolare un istituto che potrebbe essere espunto dall’ordinamento subito dopo gli esiti delle operazioni.

Un ulteriore elemento che milita in favore della necessità di differire la regolamentazione degli ambiti è il termine contenuto nel comma 66 dell’articolo 1 della legge 107. Il dispositivo prevede, infatti, che l’innovazione in materia di stato giuridico che trasforma i ruoli da provinciali a regionali, articolati in ambiti, non è oggi in vigore. E sarà vigente solo a partire dal 1 settembre 2016. Pertanto, la presentazione delle domande dovrà avvenire nel rispetto delle regole attuali.

I sindacati hanno chiesto inoltre che la cadenza annuale della contrattazione sulla mobilità resti tale anche per i docenti. Ciò in considerazione del fatto che la legge 107/15 ha lasciato inalterata la cadenza annuale per gli insegnanti di religione cattolica, gli educatori e il personale non docente. Oltre tutto la legge 107 non prevede espressamente preclusioni per i docenti.

Di qui la richiesta di continuare a contrattare con frequenza annuale come si è sempre fatto. Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno chiesto inoltre che la mobilità volontaria in ambito provinciale continui ad essere effettuata con le regole attuali senza l’introduzione degli ambiti territoriali. Ciò sulla scorta del fatti che la legge, al comma 73 dell’articolo 1, stabilisce che i neoimmessi in ruolo nella fase 0 e nella fase A mantengano il diritto a vedersi assegnare la sede definitiva di titolarità con le operazioni di mobilità 2016-2017.

Di qui la necessità di interpretare la legge nel senso della esistenza del diritto di continuare ad accedere alla mobilità a domanda e professionale, tramite il cambio della sede di titolarità, anche per i docenti che sono già in ruolo. Idem per quanto riguarda i docenti che dovessero diventare soprannumerari sull’organico di diritto dell’anno scolastico 2016/2017. Che per gli stessi motivi dovrebbero avere mantenuto il diritto a presentare domanda per ottenere una nuova sede di titolarità.

Così come pure i docenti trasferiti d’ufficio negli ultimi 8 anni, che dovrebbero avere mantenuto il diritto di chiedere il rientro nella sede di ex titolarità. Ciò in osservanza della prassi che è stata seguita costantemente negli anni. In più, i sindacati hanno chiesto che anche i docenti di sostegno delle scuole secondarie di II grado possano presentare domanda di mobilità volontaria per acquisire una titolarità. Ciò perché anche i posti di sostegno rientreranno nell’organico dell’autonomia.

I rappresentanti dell’organizzazioni sindacali hanno chiesto, inoltre, che l’accesso alla mobilità interprovinciale per tutte le province venga consentito a tutti i neoimmessi in ruolo e non solo ai neoassunti tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento.

L’ultima richiesta ha riguardato la mobilità annuale. A questo proposito le sigle firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro hanno chiesto che tutto rimanga esattamente così com’è. La mobilità annuale, infatti, non comporta il cambio di titolarità, ma la mera assegnazione di una sede di servizio con un incarico della durata di un anno. E ciò non contrasta con le disposizioni contenute nella legge 107. Giova ricordare, peraltro, che la ratio della mobilità annuale è quella di concorrere alla piena collocazione del personale in esubero. E dunque, le relative procedure sono finalizzate anche a prevenire l’insorgenza di inutili esporsi di denaro da parte dell’erario (si veda l’articolo 14, comma 17 del decreto legge 95/2012).

Anche l’educazione online ha il suo unicorno

da La Stampa

Anche l’educazione online ha il suo unicorno

La società Udacity (corsi di analisi dati, machine learning, sviluppo app) raccoglie 105 milioni di dollari di finanziamenti e sfonda la soglia del miliardo di dollari di valutazione
luca castelli

C’è un nuovo membro nel club degli «unicorni», le start up più ambite della Silicon Valley, quelle che in pochi anni riescono a raggiungere valutazioni superiori al miliardo di dollari. E pur rivolgendosi a un pubblico molto ampio, non si tratta di un social network. La new entry si chiama Udacity, è stata creata nel 2011 da un ex-ingegnere di Google nell’alveo della Stanford University e offre corsi online in materie a denominazione d’origine tecnologica controllata.

Inizialmente co-protagonista della stagione dei MOOC (massive open online course, i corsi di livello universitario offerti gratuitamente su Internet), Udacity ha recentemente aggiornato e affinato la sua proposta. Niente partnership con le università, ma direttamente con aziende come Google, Cisco e Facebook; corsi a pagamento (200 dollari al mese), mirati a sviluppare competenze professionali più specifiche, attualmente richieste dal mercato high tech: machine learning engineer, android developer, tech entrepreneur, iOS developer, data analyst…

La svolta avviata nel 2014 con il varo dei primi «nanodegree» (il nome con cui Udacity definisce i suoi diplomi) sembra dare oggi i primi frutti: gli studenti iscritti ai corsi online sono undicimila (una cifra ristretta rispetto alle dimensioni abituali dei MOOC), provengono da 168 paesi diversi e permettono alla società di generare – parole del fondatore Sebastien Thrun – “a very nice profit margin”.

A garantire a Udacity il tesserino del club degli unicorni è stato l’ultimo round di finanziamenti da 105 milioni di dollari (annunciato con un post ) e sostenuto tra gli altri da Bertelsmann e Google Ventures). Secondo le prime previsioni degli addetti ai lavori, i soldi saranno in gran parte reinvestiti nell’ottica di un ampliamento delle operazioni in paesi come Cina e India (dove Udacity ha già aperto uffici locali).

Come possono usare i 500 euro di bonus i professori?

da La Stampa

Come possono usare i 500 euro di bonus i professori?

Ammesso l’acquisto di tablet ma non la Pay Tv, il Miur tenta di sciogliere dubbi e indecisioni

Un prof di matematica per aggiornarsi dovrà necessariamente comprare testi dedicati a equazioni e integrali? Niente affatto, in libreria potrà tranquillamente scegliere l’ultimo romanzo dell’autore preferito.

Il ministero dell’Istruzione ha messo on line le Faq per la Carta del docente (500 euro l’anno, per ora in busta paga, in seguito caricati su card elettronica) con l’intento di sciogliere dubbi e indecisioni di tanti insegnanti.

E allora se personal computer, notebook, computer palmari e tablet rientrano nella categoria degli strumenti informatici che sostengono la formazione continua dei docenti, altri dispositivi elettronici, come ad esempio gli smartphone, non sono da considerarsi – spiegano a viale Trastevere – «prevalentemente funzionali ai fini promossi dalla Carta del Docente» così come non lo sono toner, stampanti, pennette Usb, videocamere, pagamento del canone Rai, di una linea Adsl o di una Pay Tv.

Ammessi nella lista degli «acquistabili» tutti i software e le App destinati alle specifiche esigenze formative di un docente e dunque programmi che permettono di consultare enciclopedie, vocabolari, repertori culturali o di progettare modelli matematici o di realizzare disegni tecnici, di videoscrittura e di calcolo.

E via libera pure a corsi di laurea, anche on line, (purché offerti da enti accreditati il cui elenco è consultabile sul sito del Miur), corsi di lingua straniera (anche in questo caso erogati da «Enti culturali rappresentanti i Paesi membri dell’Unione Europea, le cui lingue siano incluse nei curricoli scolastici italiani») o esami di certificazione di una lingua straniera (promossi anch’essi da Enti accreditati).

Gli insegnanti potranno utilizzare i 500 euro per andare al cinema, a teatro, visitare mostre e musei e non è obbligatorio che quel che vedranno abbia a che fare con la disciplina insegnata. Non rimborsabili invece biglietti di treni, aerei o navi sia pure per partecipare a eventi culturali.

Ai prof particolarmente generosi, infine, viene lasciata la libertà di contribuire con una parte o con l’intero Bonus ricevuto all’acquisto di strumentazioni elettroniche digitali che migliorino la sperimentazione didattica multimediale della propria scuola (come ad esempio una Lim) o libri, riviste e materiale didattico per la biblioteca scolastica.

Legge Finanziaria, niente più tagli alle paritarie

da La Tecnica della Scuola

Legge Finanziaria, niente più tagli alle paritarie

L’appello della Cei per l’incremento dei fondi pubblici a favore delle paritarie, ha avuto i primi effetti: uno degli interventi alla Legge di Stabilità va in questa direzione.

Al Senato, infatti, il 17 novembre sono state approvate alcuni emendamenti. Come avevamo preannunciato, tre le modifiche approvate torna il tetto ai contanti per i money transfer a mille euro. Ma ci sono anche delle novità assolute, come la rateizzazione del canone Rai e il dimezzamento dei tagli a patronati e Caf.

Buone nuove per i neo-papà, che avranno due giorni (invece di uno) di congedo obbligatorio, anche non consecutivi. Proroga anche per il congedo facoltativo in via sperimentale per il 2016. Tra le misure in arrivo anche la proroga del voucher babysitter o per l’asilo nido.

Sul fronte universitario, arriva la possibilità di assumere 200 ricercatori e di ‘salvare’ i cococo in scadenza trasformandoli a tempo determinato. Spunta anche la proroga per 150 docenti e dirigenti fuori ruolo e nasce un fondo per il merito per i professori universitari. Prorogati anche gli sconti per il rientro dei cosiddetti ‘cervelli in fuga’.

Per quanto riguarda l’istruzione, non sono proprio quelle attese dai docenti della scuola pubblica le manovre approvate: arrivano 1,5 milioni in 3 anni per il diritto allo studio (il 60% al Sud), ma soprattutto viene eliminato il taglio da 28 milioni per le scuole paritarie. “In questo modo le risorse complessive salirebbero a 500 milioni di euro, lo stesso livello dello scorso anno”, ha detto la relatrice alla legge di stabilità Federica Chiavaroli (Ap), a margine dei lavori della commissione Bilancio, riferendosi proprio ai finanziamenti a favore delle paritarie.

 

Comitato di valutazione: attenzione alle procedure

da La Tecnica della Scuola

Comitato di valutazione: attenzione alle procedure

Le notizie che ci arrivano dai nostri lettori sono spesso sconfortanti e allarmanti al tempo stesso.
Da più parti, per esempio, ci vengono segnalate procedure quanto meno curiose e strane relative ad alcune novità significative della legge 107.
I problemi maggiori, in questa fase, sembrano concentrarsi sulla composizione del comitato di valutazione e sui compiti di questo organo collegiale.
Intanto va precisato che fra le funzioni del comitato non rientra assolutamente quella di valutare il “merito” dei singoli docenti.
I problemi che stanno emergendo nelle scuole non riguardano però solo a scarsa chiarezza sui compiti del comitato; ci vengono segnalati casi davvero strani, come quello di scuole in cui il collegio ha designato anche uno o più membri “supplenti”, figure previste dalla vecchia normativa ma  non dalla legge 107.
Per non parlare di collegi dei docenti che designano anche più di 2 docenti: errore madornale perchè la composizione del comitato è fissata dalla legge e una difformità rispetto alla norma potrebbe rendere illegittimi tutte le decisioni dell’organo.

Altro errore frequente che ci è stato evidenziato riguarda le modalità di designazione: è pur vero che la legge dice che il collegio “sceglie” i docenti che faranno parte del comitato e non che li elegge, ma a noi pare che in ogni caso la scelta/designazione/elezione vada effettuata con voto segreto come deve accadere ogni volta che si assumono decisioni in merito alle persone.
Sembrano sciocchezze, ma non lo sono affatto: in caso di contenzioso l’erronea procedura o addirittura la composizione del comitato non conforme alla legge potrebbero essere considerate determinanti per rendere illegittimi o addiritttura gli atti dell’organo collegiale.

Organico potenziato ridotto a metà

da La Tecnica della Scuola

Organico potenziato ridotto a metà

Prenderanno avvio nei prossimi giorni le assegnazioni sui posti dell’organico potenziato; per il momento gli Usr hanno provveduto a distribiuire i posti fra le diverse province e in molti casi gli ambiti territoriali hanno già definito il numero dei posti da attribuire ad ogni scuola.
I primi dati confermano l’analisi complessiva che da più di due mesi stiamo facendo.
Nella secondaria di primo grado ci saranno soprattutto posti di educazione fisica, educazione musicale, educazione artistica e lingua straniera, ma va anche detto che i posti saranno relativamente pochi (uno-due per scuola).
Diversa la situazione nelle superiori dove i posti comuni sono in totale 23.500 (bisogna poi aggiungere 2mila posti di sostegno).
Nella primaria si parla di 3-4 posti in media per ciascuna istituzione scolastica.
Ma il problema vero riguarda l’effettiva copertura dei posti in quanto a fronte dei 55mila posti da attribuire abbiamo in questo momento un numero di docenti in attesa che non supera neppure le 47-48mila unità (forse, alla fine, si arriverà addirittura a 42-43mila immissioni in ruolo).
Risultano anche confermate le ipotesi che avevamo formulato nei mesi scorsi: nelle regioni del nord verrà assegnata per il ruolo una quantità di posti molto inferiore a quelli previsti dalla legge.
Un esempio servirà a chiarire la situazione: per la primaria, in provincia di Torino sono stati assegnati alle scuole circa 600 posti mentre i docenti convocati sono la metà.

Dati analoghi si riscontrano in tutte le province piemontesi e anche in diverse altre province del nord. In pratica al nord l’organico potenziato sarà pari a 100 sulla carta ma a poco più di 50-60 nelle aule. Il Ministro ha già rassicurato tutti dicendo che comunque sui posti non assegnati si potranno nominare supplenti ma nessuno ha ancora capito come.

Mobilità docenti 2016, una bomba ad orologeria

da La Tecnica della Scuola

Mobilità docenti 2016, una bomba ad orologeria

Si sta prospettando sempre più irta di ostacoli la contrattazione sulla mobilità del prossimo anno, le cui domande verranno presentate dopo l’inverno.

Dopo le polemiche dei giorni scorsi sulla possibilità o meno di far partecipare alla mobilità straordinaria, prevista dalla Buona Scuola, tutti gli assunti con il piano straordinario della riforma, c’è tanto interesse per come verranno gestiti dai dirigenti scolastici i nuovi albi territoriali.

Perché negli albi, figli della riforma, confluiranno non solo i precari immessi in ruolo nel 2015/16, ma anche tutti coloro che otterranno il trasferimento nel prossimo anno scolastico, oltre che diversi migliaia di sovrannumerari (in particolare della scuola secondaria superiore).

Come c’è da comprendere quale sarà il destino dei sovrannumeri che hanno perso la titolarità nell’ultimo ottennio e che sino ad oggi hanno avuto la possibilità di rientrare, con priorità, nella scuola dove hanno perso posto: secondo logica, a patto che abbiano presentato sempre domanda, dovrebbero continuare a mantenere il diritto senza entrare nel girone “infernale” degli albi territoriali. Ma finché non sarà scritto nero su bianco, il timore che la norma decada rimane in piedi.

A rendere ancora più ingarbugliata la situazione c’è la dura posizione intrapresa in queste ore dal gruppo GM 2012, secondo cui tutti i docenti precari vincitori di concorso, assunti attraverso la Buona Scuola nella provincia prescelta, non dovrebbero essere coinvolti nella mobilità straordinaria.

Per il raggruppamento di docenti idonei all’ultimo concorso a cattedra, bandito tre anni fa, “costringere alla mobilità nazionale i docenti che sono entrati o stanno per entrare in ruolo nella prima provincia scelta tramite concorso a cattedre, magari abbandonando un precedente lavoro, sarebbe semplicemente assurdo”.

Non vorremmo essere nei panni dei sindacalisti che si accingono a sottoscrivere il contratto di mobilità: un concentrato di nuove regole che, se non gestito con poca oculatezza, potrebbe comportare non pochi mal di pancia. Con miriadi di ricorsi a seguire. Tanto per cambiare.

Legge di Stabilità, mentre Bruxelles dice sì il Senato valuta le modifiche: anche sulla scuola

da La Tecnica della Scuola

Legge di Stabilità, mentre Bruxelles dice sì il Senato valuta le modifiche: anche sulla scuola

Sulla Legge di Stabilità da Bruxelles arriva un sì con riserva: la valutazione della flessibilità chiesta dall’Italia slitta in primavera, quanso si valuterà il prossimo programma.

La Ue ha fatto sapere, ll 17 novembre, che valuterà se le deviazioni richieste “sono usate effettivamente per aumentare investimenti”, se “esiste un piano credibile di aggiustamento” verso il pareggio e i “progressi su riforme”.

La Commissione inoltre valuterà “se i progressi delle riforme sono in linea con le raccomandazioni del Consiglio”. Per quanto riguarda la clausola migranti, chiesta anche da Austria, Belgio e Germania, la Commissione spiega che farà la sua valutazione finale, che comprende anche le quote concesse ad ognuno, “quando esaminerà ‘ex post’, la deviazione temporanea dagli obblighi per il 2015 e 2016”.

Intanto, a Palazzo Madama, sono iniziate, dopo la lunga discussione sul Mezzogiorno, le votazioni in commissione Bilancio sulla legge di bilancio di fine anno. Ci si starebbe concentrando, per ora, sugli emendamenti presentati dai senatori e accantonati: questi erano circa 300 ma molti, viene spiegato, saranno in realtà ‘assorbiti’ dal pacchetto delle relatrici, che hanno depositato una ventina di emendamenti. All’interno ci sono provvedimenti di modifica di vario genere: vanno dalla casa (novità per le seconde abitazioni di proprietà intestate ai figli) al canone Rai (rateizzabile in 10 mensilità), ma anche diversi interventi su scuola, università e ricerca.

Sul contenuto degli emendamenti, però, per il momento non si sa nulla. Molti dipendenti, della scuola come di tutto il pubblico impiego, sperano in un incremento dei fondi per il rinnovo del contratto (appena 8 euro, al momento), ma anche disposizioni sulle supplenze (bloccate quelle del primo giorno dei docenti e per i primi setti per gli Ata) e sulle pensioni (ancora nessuna deroga per i Quota 96 e per le donne). E anche l’assegnazione al comparto Istruzione dei fondi non spesi in precedenza e proprio dalla Legge di Stabilità deviati ora al bilancio dello Stato.