Intervento legislativo in materia di sicurezza nelle scuole

Intervento legislativo in materia di sicurezza nelle scuole

L’ANP apprende che è allo studio del Governo una proposta emendativa al decreto “Milleproroghe” che consentirebbe, finalmente, di esonerare i dirigenti scolastici dalle responsabilità connesse agli interventi strutturali e manutentivi sugli edifici scolastici.
Spetterebbe, inoltre, esclusivamente all’ente locale effettuare i controlli sugli impianti e sui locali tecnici.
L’ANP ribadisce le proprie consolidate posizioni in materia di sicurezza: le nostre reiterate richieste al Governo sono state oggetto di specifici interventi e di pubbliche dichiarazioni, in ultimo durante il Seminario “La scuola Si-cura” svoltosi a Perugia lo scorso 17 gennaio.
Seguiremo con attenzione l’iter dell’emendamento, riservandoci ogni valutazione di merito nel momento in cui sarà reso noto il testo ufficiale, e ne daremo tempestiva informazione ai nostri iscritti.

Con la ministra incontro interlocutorio

FLC CGIL- CISL FSUR -UIL SCUOLA RUA – SNALS Confsal – GILDA UNAMS

Con la ministra incontro interlocutorio, pronti a rilanciare la mobilitazione se non si attuano subito le intese

Roma, 22 gennaio 2020 – Si è svolto questa mattina al Ministero di viale Trastevere il primo incontro tra la neo ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, e i sindacati rappresentativi del comparto.

Si è trattato sostanzialmente di una prima presa di formale contatto, nel corso della quale le organizzazioni sindacali hanno comunque sollecitato la nuova titolare di viale Trastevere a riavviare con la massima urgenza il percorso di attuazione degli impegni concordati in sede di conciliazione fra sindacati e MIUR il 19 e 20 dicembre scorso.

Al riguardo la ministra Azzolina ha assicurato che a breve saranno avviati i tavoli tecnici e politici, pur facendo presente la necessità di una verifica politica con le forze di maggioranza su alcune delle questioni sul tappeto, in particolare per quanto riguarda le soluzioni da adottare a regime su reclutamento e abilitazioni.

Le organizzazioni sindacali attendono, dunque, a strettissimo giro la convocazione dei tavoli di confronto previsti dai verbali di conciliazione.

Se non ci saranno risposte sul merito delle questioni poste riprenderemo le iniziative di mobilitazione in precedenza sospese.

La scuoletta delle minoranze

La scuoletta delle minoranze
Con una chiusa sui buoni professori che amano le buone letture

di Annalisa Comes

«[…] perché, secondo me, chi dice di sé con tanta fierezza che “adora i bambini” – e sono in molti a dirlo – nel profondo del cuore li considera un’unica, generica creatura, con un’unica faccia e un unico carattere; insomma, gli “appassionati di bambini” li trattano davvero con disprezzo, perchè chi ha mai sentito qualcuno proclamare “adoro gli adulti”: non è così? Mentre di “appassionati di bambini” se ne trovano ovunque, e per loro sono tutti dolci e morbidi, fanno solo giochi allegri e ballano tutto il giorno. “Oh”, dicono quegli imbecilli cresciuti, “quanto è felice la stagione dell’infanzia!”, così ti viene voglia di lisciare quella loro testa tonta e dire: “Già, e quanto sono felici gli stupidi!”. Bambini: attenzione agli appassionati di bambini!»
David Grossman, Ci sono bambini a zigzag

È noto che la scuola piaccia molto alla politica italiana, ogni governo vi ha lasciato, negli  anni, più che la sua traccia, la sua impronta. Un’impronta animale, anzi animalesca, selvaggia, di possesso. Ogni animale politico vi ha lasciato anche il suo odore, perché fosse ben chiara la marcatura del territorio. Ciò che succede nei grandi, kafkiani meandri ministeriali ha però una sua diretta corrispondenza nelle anguste, scrostate, aule scolastiche. Qui la lotta per il potere e il possesso è fatta di piccole cose di pessimo gusto: è una lotta fra poveri che si contendono qualche progetto, una o due ore di materia alternativa, o che giocano a nascondino per evitare verbali, compilazioni di complesse, verbose analisi di competenze, conoscenze e abilità, PDP, obiettivi minimi, GLH, GLO. Chi abita il mondo della scuola lo sa bene… per tutti gli altri, è un misterioso mondo a sé, di esseri, spaventosamente folli o incredibilmente furbi. Il professore e il maestro di scuola non sono più figure degne di rispetto, non hanno più autorità, né autorevolezza, schiacciati, come sono ormai da tempo, da una burocrazia con cui devono fare i conti ogni giorno, da responsabilità schiaccianti, da famiglie pressanti e invadenti, spesso realmente poco interessate all’educazione dei propri figli.

Ma una questione tutta ancora sommersa e quindi poco nota, è quella degli effetti del politically correct e dell’inclusione. Se i concetti generali sono ovviamente condivisibili (almeno lo sono per la sottoscritta, che insegna da più di vent’anni), benemeriti, e certo benefici, la loro applicazione ed estensione (ma direi piuttosto invasione) – in questo ambiente così dissestato, – è diventata perversa e fuori controllo.

Dalla scuola di un tempo, caratterizzata spesso da abusi, esclusioni, coercizioni, autoritarismi, da una scuola che sembrava escludere quasi a priori le minoranze, in cui gli studenti svogliati, incapaci, in difficoltà erano tutti dei somari da mandare dietro la lavagna con le orecchie d’asino, da una scuola sorda e incapace di prestare attenzione e comprensione alla diversità e alla singolarità, si è passati a una scuola che sembra fatta apposta solo per le minoranze, solo per i particolarismi, le eccezioni, i casi speciali e in cui la denuncia è la spada di Damocle collettiva.  Basta leggere qualche statistica sull’incremento, davvero inverosimile, delle compilazioni dei vari PDP (Percorso Didattico Personalizzato), Obiettivi minimi, e Obiettivi Differenziati, dei casi di denunce e di aggressioni. Oggi una classe su due (elementari, secondarie di I o II grado) è composta da una buona metà di minoranze, che, per motivazioni cliniche diverse – vere o presunte – richiederebbero un numero di professori pari al numero di questi studenti.

E, invece il professore, in cattedra, è ancora sempre e solo uno, semmai accostato (ma non sempre) da docenti di sostegno sulle cui spalle gravano tutta una serie di responsabilità fisiche, emotive e anche didattiche enormi. Dalla disgrafia, alla dislessia, dalla discalculia, ai disturbi emotivi di varia natura, questo professore è costantemente confrontato con una parcellizzazione di competenze, di richieste, di attenzioni, di rallentamenti, dovendo dimostrare – almeno formalmente, sulle carte – che allo studente e alla studentessa sono dispensati gli “appositi provvedimenti dispensativi e compensativi” (legge 170/10). Formalmente, sì, perché la mancanza di motivazione e di passione – a nostro avviso ben più gravi della mancanza di qualche corso di aggiornamento, – la mancanza cronica di mezzi in cui la scuola si trova, gli stipendi ridicoli che la classe docente percepisce, la pressione mediatica, politica e della società tutta, rendono l’inclusione spesso una pura utopia. Perché il Mito, la Mistica ministeriale, hanno ridotto l’inclusione a una mera copresenza.

Ogni ragazzo dovrebbe avere il suo personal professor, come un personal trainer? Sono sicura che si arriverà anche a una proposta del genere, si tratta solo di aspettare l’impronta di uno dei prossimi governi…

Il fatto è che il particolarismo ottuso dominante della società, qui nella scuola ha trovato il suo luogo d’elezione, il suo nido. Nessuno più di un professore che ogni mattina si reca nella sua bella aula scrostata, nella sua scuola deprimente perché abbandonata all’incuria dalle impronte dei vari governi, – priva di mezzi, di biblioteche, di bagni decenti, – nessuno più di un professore sa cosa voglia dire insegnare in classi dove il disagio è evidente. L’inclusione di ragazzi particolarmente difficili, o violenti è un problema che nessuno vuole vedere, di cui poco si parla – pena essere tacciati da reazionari, retrogradi, elitisti. Si chiede, agli studenti che non presentano particolari difficoltà, comprensione, discrezione, sopportazione; il ragazzo difficile magari farà una passeggiata in cortile (se c’è ed è agibile) accompagnato da un docente di sostegno (sempre che anche questo ci sia)…

Insomma, i pericoli di questa visione distorta dell’inclusione, sono pari a quelli dell’esclusione e la convinzione che la scuola debba essere lo specchio della società è pericolosa e fuorviante. La scuola non ha bisogno di ulteriori carte, di moduli da riempire, la scuola, ha bisogno di buoni educatori: di professori passionali e appassionati, voraci lettori in grado di passare ai giovani la loro dieta salutare, così come dei loro sguardi lunghi e affilati a scrutare l’orizzonte e del fuoco delle loro lenti da ingrandimento. Qualcuno sorriderà, perché lo riterrà scontato e banale. Solo questo? Lo sapevamo… Ma ricordarlo, è necessario.

Il professore di oggi deve essere una sorta di intrattenitore, perché questo – la società, la politica – gli chiede: di andare incontro ai gusti del “fruitore”, farlo divertire, distrarre, soprattutto di seguire i suoi interessi, i suoi gusti… Ma il gusto non va educato? il ragazzo non legge Robert Louis Stevenson, Mark Twain, Astrid Lindgren, Charles Dickens, Jane Austen, Primo Levi? Sono troppo difficili? poco interessanti? non più attuali? Il professore gli “somministrerà” (il termine va molto di moda in ambito scolastico) uno di quei penosi autori contemporanei che gli varranno il plauso generale (in particolare dei genitori “non lettori”, soddisfatti di vedere il figlio o la figlia con un libro in mano), ma che con tutta probabilità gli rovinerà il palato per sempre. Una prova Invalsi sulla conoscenza dei classici offrirebbe sicuramente materia su cui meditare.

Competenza, lungimiranza, passione, visione del particolare e attenzione per il vasto orizzonte, singolarità dello studente e quadro d’insieme della classe, non si improvvisano. E sembrano essere doti, queste, non più moda, non si caldeggiano, non si incoraggiano. E poi, ahimè, la scomoda verità è che nessun concorso basato sui contenuti, nessun cumulo di corsi di aggiornamento fa di un professore un buon professore.

Tenere a mente qualche esempio potrebbe servire. Come Giuseppe Pontremoli (1955), precocemente scomparso nel 2004. Figura eclettica di maestro, studioso, critico  e scrittore, si è occupato di lettura, teatro, letteraturaper l’infanzia ma anche di problemi educativi, ha scritto articoli in riviste specializzate e non, ma anche saggi, romanzi e poesie per bambini e ragazzi. Vero, autentico, coraggioso passeur – (tanto per ricordare anche Daniel Pennac) era anche un lettore instancabile, e non sono pochi coloro che ricordano ancora oggi, la  magia delle sue letture/interpretazioni ad alta voce. La misura del suo impegno e l’originalità della sua didattica si risolvono in una pratica tanto apparentemente semplice quanto lontana anni luce dalle intricate, formali, indicazioni ministeriali:

Avendo a che fare ogni giorno con loro se ne vedono tanti, ma mai un Bambino, e si scoprono in loro mille bisogni, e poi desideri, folate impetuose di voglie. E avere a che fare ogni giorno con loro non è senza eco, e insegna qualcosa. Ad esempio, che forse i nemici più grandi sono il Mito e la Mistica, quando invece sarebbe sufficiente guardarli, i bambini. E infatti le cose più chiare su loro le han viste e le han dette coloro che hanno guardato i bambini e le cose d’intorno. Il più delle volte fuori dei luoghi deputati; o anche dentro, ma lavorando fitto per intrecciarlo al fuori, questo dentro
(Giuseppe Pontremoli, Bambini e bambinologi. La triste spocchia della Principessa Pedagogia e la necessità di ridiscutere le immagini generiche e di comodo dell’infanzia, in «Linea d’ombra», n. 33, dicembre 1988).

«Servono più giovani e talenti, ma pesano scelte formative errate»

da Il Sole 24 Ore

di Cl. T.

«Duecentocinquemila posti di lavoro, concreti, offerti dai settori core della manifattura nei prossimi tre anni; e anche stavolta una posizione su tre sarà introvabile. Addirittura faremo fatica a selezionare un under29 su due; un paradosso in un Paese che è quarto per dispersione scolastica (data al 14,5% ma che secondo l’Invalsi arriva addirittura al 20% se consideriamo quella implicita, ndr) e terzultimo per disoccupazione giovanile, davanti solo a Spagna e Grecia. Noi imprese siamo molto preoccupate visto il rapido cambiamento in atto indotto dal 4.0; e a rischiare è anche tutta la nostra economia che senza la sua industria più avanzata perderà posizioni nella competizione internazionale».

Per Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria con delega al capitale umano, il messaggio dell’Orientagiovani di oggi è semplice: «Abbiamo bisogno di più giovani e del loro talento – spiega -. Eppure, ancora adesso si fanno scelte formative sbagliate e disinformate. Le faccio un esempio. Con il Post in Fabbrica, la trasmissione in onda ogni settimana su Rtl 102.5, realizzata con Unimpiego Confindustria, in due anni le aziende hanno offerto circa 1.500 posti e sono arrivati oltre 15mila Cv. Sa quante assunzioni si sono concretizzate? Poco più di 400. Questo significa che in tutti gli altri profili non sono state rinvenute le competenze ricercate. È un problema grave di cui tutti dovremmo, e subito, farci carico».

Vice presidente, con 6 ministri in 4 anni non è compito facile…

Certo. Parliamo di un’emergenza Paese. La carenza di risorse specializzate da qui al 2022 interessa i 6 settori top del made in Italy: meccanico, alimentare, Ict, tessile-moda, legno-arredo, chimico. Sono settori che ci rendono noti in tutto il mondo e nei quali è evidente il rapporto tra “bello e ben fatto” che ci contraddistingue. Ecco perché la formazione dei giovani deve tornare priorità per l’Italia. Stati uniti, India, Cina hanno adottato programmi sulla scuola della durata di 10-20 anni. Da noi invece di istruzione non si parla, se non del problema del momento.

Quello che preoccupa è che tanti giovani restano fuori dal lavoro…

Qui pesano le scelte formative errate, senza sapere che magari ci sono settori in forte crescita e che hanno bisogno di nuove energie. I dati, peraltro, sono in aumento rispetto alla proiezione realizzata lo scorso anno. L’Italia ha bisogno di un grande piano di inclusione dei giovani, anche perché c’è una crisi latente, che è quella demografica, di cui vediamo già gli effetti. Dal 2015 ad oggi abbiamo in tutto il sistema scolastico 190mila studenti in meno (-20mila nelle superiori, specie al Sud, ndr).

Nel corso del suo mandato in Confindustria ha lanciato tre temi forti: Its, orientamento, legame con le imprese. A che punto siamo?

Gli Its sono oggi un canale formativo terziario, alternativo all’università, riconosciuto. Adesso serve il salto di qualità, che significa pari dignità e risorse incrementali e adeguate a supportare il rilancio. In Italia va fatta decollare una filiera formativa terziaria professionalizzante; e dobbiamo puntare sulle lauree industriali manifatturiere. Immagino anche un legame con la formazione professionale regionale, magari con percorsi di 4 anni + 2 negli Its. Così avremo giovani, super periti, già a 20 anni, pronti e preparati per l’assunzione. Sull’alternanza, invece, si deve tornare indietro, almeno su tecnici e professionali.

A proposito di scuole superiori, il 31 gennaio si chiudono le iscrizioni…

A genitori e studenti dico questo: gli istituti tecnici e professionali non sono scuole di serie B. Tutt’altro: permettono di acquisire le competenze richieste dalle aziende e sempre più introvabili.

Dal Miur 98 milioni di euro per l’adeguamento antincendio degli edifici scolastici

da Il Sole 24 Ore

di Amedeo Di Filippo

Col Dm 532 del 16 gennaio il Miur ha approvato l’avviso pubblico per la concessione agli enti locali di contributi per l’adeguamento antincendio degli edifici scolastici. La scadenza è fissata al 27 febbraio, il portale per l’inserimento dei dati sarà accessibile dalle ore 10 del 24 gennaio.

Il Dm 1111/2019
Il finanziamento deriva dall’articolo 4-bis, comma 1, del Dl 59/2019 che, al fine di garantire la sicurezza nelle scuole, affida a un decreto del Miur la definizione di un piano straordinario per l’adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico, alla cui attuazione sono destinati 25 milioni di euro per il 2019 e per il 2020 e 48 milioni per il 2021, per un totale di 98 milioni, da ripartire tra le regioni.

Acquisita l’intesa in conferenza unificata il 28 novembre 2019, col Dm n. 1111 del giorno successivo i 98 milioni sono stati ripartiti tra le regioni, sulla base dei criteri definiti con l’intesa del 6 settembre 2018. Gli interventi di adeguamento alla normativa antincendio sono individuati previo avviso pubblico nazionale e devono garantire il conseguimento da parte degli edifici interessati dell’adeguamento alla normativa antincendio. I contributi concessi direttamente agli enti locali sono di massimo 70 mila euro per le scuole del primo ciclo di istruzione e di massimo 100 mila per quelle del secondo ciclo.

L’avviso
Il Dm 1111 rinvia ad altro decreto Miur il finanziamento degli interventi nonché i termini e le modalità di rendicontazione dei contributi assegnati dal ministero e le modalità di monitoraggio degli interventi oggetto di finanziamento. Decreto che il Miur ha appena pubblicato col n. 532 del 16 gennaio, con cui approva l’avviso pubblico per la concessione di contributi per l’adeguamento antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico.
Ammessi alla selezione sono tutti gli enti locali con riferimento a uno o più edifici pubblici adibiti ad uso scolastico di ogni ordine e grado di cui sono proprietari o rispetto ai quali abbiano la competenza. Verrà redatta una graduatoria per ogni regione nell’ambito dei massimali assegnati col Dm 1111, ma il 30% delle risorse sono riservate alle province e alle città metropolitane. La candidatura deve essere presentata entro le ore 15:00 del prossimo 27 febbraio; il portale per l’inserimento dei dati sarà accessibile dalle ore 10:00 del 24 gennaio.

La procedura
Le candidature saranno valutate sulla base della vetustà degli edifici, l’eventuale quota di cofinanziamento, il numero di studenti presenti nell’edificio scolastico, l’assenza o presenza dell’edificio nella programmazione regionale sull’adeguamento antincendio, l’assenza o presenza di altro finanziamento, il livello di adeguamento alla normativa antincendio. Le graduatorie, che verranno approvate entro 30 giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione delle candidature, saranno distinte per enti e per regione, sulla base dei punteggi assegnati a ciascun edificio scolastico oggetto di candidatura e nei limiti delle risorse disponibili.

Ad un successivo decreto sono rinviati il finanziamento degli interventi, la definizione dei termini e delle modalità di rendicontazione dei contributi assegnati, le modalità del monitoraggio. I pagamenti saranno effettuati a partire dall’esercizio finanziario 2020 direttamente dal Ministero in favore degli enti locali beneficiari, mediante trasferimento sulle contabilità di tesoreria unica degli enti stessi e gestite con separata contabilizzazione e rendicontazione.

Scuola: gemellaggi eTwinning da record per le scuole italiane

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

ll 2019 ha fatto registrare un incremento costante dei docenti italiani iscritti alla community eTwinning delle scuole europee, con 11.124 nuovi registrati. L’Italia è attualmente il secondo paese eTwinning – tra i 36 aderenti all’azione è seconda solo alla Turchia – per numero di insegnanti iscritti, con un totale di 78.945 registrati (oltre il 10% dei circa 770.000 in tutta Europa).

Ma le statistiche italiane fanno segnare ancora un record relativo ai nuovi progetti di collaborazione attivati dai nostri docenti in un anno con eTwinning: ben 4.592 (segnando un +15% rispetto al risultato del 2018). Con questo exploit l’Italia sale ad un totale di circa 28.445 progetti attivati dal 2005, confermandosi il terzo paese eTwinning dopo Turchia e Polonia.

Quanto agli insegnanti registrati a livello locale, nel 2019 le regioni che hanno visto più adesioni sono state Campania, Lombardia, Sicilia e Lazio. Rispetto al numero di progetti attivati nell’anno il gradino più alto del podio va alla Sicilia, con 844 nuove collaborazioni, seguono Puglia e Lombardia.
Spagna, Turchia e Francia sono stati i principali paesi scelti dagli eTwinner italiani per l’attivazione di progetti di collaborazione (circa il 45% dei progetti del 2019 sono stati attivati con partner di questi paesi).
Nel 2019 l’Unità nazionale eTwinning ha certificato la qualità di 1033 progetti eTwinning, I Certificati di Qualità rappresentano dei riconoscimenti ufficiali ai progetti svolti nel precedente anno scolastico che hanno raggiunto i requisiti di “qualità” in base a criteri di valutazione condivisi a livello europeo.
Il numero dei progetti candidati (1511) è in linea con i record di 2018 e 2017, con una percentuale di successo che supera il 70%. Una crescita progressiva che conferma quindi un incremento non solo quantitativo ma anche e soprattutto qualitativo dell’attività eTwinning nelle scuole d’Italia.

eTwinning è la più grande community europea di insegnanti attivi in progetti di collaborazione tra scuole. Nata nel 2005 su iniziativa della Commissione Europea e attualmente tra le azioni del Programma Erasmus+ 2014-2020, eTwinning si realizza attraverso una piattaforma informatica che coinvolge i docenti facendoli conoscere e collaborare in modo semplice, veloce e sicuro, sfruttando le potenzialità del web per favorire un’apertura alla dimensione comunitaria dell’istruzione e la creazione di un sentimento di cittadinanza europea condiviso nelle nuove generazioni.

L’azione è il tramite per aprirsi ad una nuova didattica basata sulla progettualità, lo scambio e la collaborazione, in un contesto multiculturale e con numerose opportunità di formazione e riconoscimento di livello internazionale. eTwinning è gestito dall’Agenzia nazionale Erasmus+ Indire, che ha al suo interno l’Unità nazionale eTwinning. Info: etwinning.indire.it

Al via patto Miur-Comuni per contro la dispersione scolastica e per garantire il diritto allo studio

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Garantire davvero il diritto allo studio e le pari opportunità, così come previsto dalla Costituzione, a tutte le studentesse e a tutti gli studenti. In qualunque parte d’Italia si trovino. Anche con interventi rapidi e mirati in caso di emergenze. Contrastare al meglio, unendo le forze e coordinando risorse economiche e progettualità già in campo, la dispersione scolastica. Questi gli obiettivi del Protocollo di intesa siglato ieri al Miur fra la ministra Lucia Azzolina, la ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, il presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), Antonio Decaro.

«Quello che sottoscriviamo non è solo un Protocollo, ma una vera e propria alleanza che nasce nell’interesse dei giovani – ha affermato Azzolina -. Per la prima volta mettiamo in campo una sinergia molto operativa e concreta fra il Miur, il Dipartimento per le Pari opportunità e la Famiglia e i Comuni Italiani».

«Da un lato – continua la ministra – svilupperemo insieme le iniziative su cui ci sono competenze comuni che possono essere messe a sistema: penso al tema del diritto allo studio e alle pari opportunità, alla sensibilizzazione su temi particolari come il bullismo e il cyberbullismo. Poi – ha proseguito la ministra – scenderemo in campo velocemente ogni volta che, magari per questioni burocratiche o solo perché i tavoli di lavoro non camminano abbastanza veloci, il diritto allo studio dei ragazzi non sarà rispettato a pieno o i progetti che devono partire a beneficio degli studenti rischiano di restare in un cassetto. Nasce una task force nazionale che mette al centro i diritti degli studenti. Saremo al loro fianco e al fianco delle scuole. Noi vogliamo garantire a tutti le stesse opportunità di utilizzare la mensa scolastica. Vogliamo fornire i necessari sussidi didattici ad alunni e alunne con disabilità perché possano studiare al pari degli altri, vogliamo garantire uguali servizi per tutti. Come Miur mettiamo anche le prime risorse – chiude la ministra – partiamo con un milione di euro».

«Il Protocollo d’intesa è un’occasione preziosa nel cammino di costruzione di quell’alleanza educativa tra generi e generazioni, tra famiglie e società civile, di cui il Paese ha bisogno per ripartire. Investire nell’educazione garantendo pari opportunità e mettendo al centro la persona con i suoi talenti è cruciale per liberare il protagonismo dei giovani e formare cittadini più consapevoli e maturi. Sono già cittadini dell’oggi, chiamati a dare un contributo di responsabilità nel costruire una comunità nazionale inclusiva e più giusta», ha dichiarato la ministra, Elena Bonetti.

«Questo Protocollo è davvero importante – ha sottolineato Antonio Decaro, – perché i Comuni avranno l’opportunità di lavorare con il Miur e il Dipartimento per le Pari opportunità e la famiglia per contrastare la dispersione scolastica e promuovere il diritto allo studio. Mandela diceva che l’istruzione è l’arma più potente, che può cambiare il mondo. Attraverso la rete delle 8.000 amministrazioni comunali del nostro Paese potremo lavorare affinché il diritto allo studio sia assicurato in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, nelle realtà più grandi come in quelle più piccole. Lo faremo anche cercando di incentivare alcuni progetti sperimentali come quello di “Scuole aperte”. Oppure attraverso la promozione del servizio di refezione scolastica come momento di educazione e di formazione, anche per diffondere tra i più piccoli abitudini alimentari sane e corrette».

Il Festival della comunicazione lancia il forum dell’educazione

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Un forum per ragionare sul sistema scolastico italiano: lo promuove il Festival della Comunicazione di Camogli che ha organizzato per l’1 e 2 febbraio una tavola rotonda dedicata al rinnovamento della scuola come priorità strategica per l’Italia, per dare nuova forma al sistema educativo. Si parlerà del rinnovamento dei processi produttivi, delle nuove professionalità, di gap cognitivi e conoscitivi da colmare, dell’acuirsi delle disuguaglianze e
dell’incertezza di fronte al crescere della complessità delle opportunità offerte da ricerca e innovazione tecnologica per accrescere la giustizia sociale.

«La scuola di oggi accusa due gravi mancanze: non èpiù ascensore sociale e non produce più ragazzi che sanno pensare da soli, ossia persone libere e capaci di progettare se stesse nello spazio (anche) civile», si legge in una nota diffusa dagli organizzatori.

La due giorni di Camogli si concluderà con un documento che sarà portato al Forum nazionale sull’Educazione in via di organizzazione. Tra i protagonisti attesi: Stefania Giannini, direttrice del settore Education dell’Unesco, Fabrizio Barca, coordinatore del
Forum Disuguaglianze e Diversità, il sindaco di Milano Beppe Sala, il direttore tecnologia e innovazione Leonardo/Finmeccanica Roberto Cingolani e il responsabile nazionale prove Invalsi Roberto Ricci.

Spiega il promotore del Festival della Comunicazione Danco Singer: “«Si tratta di un tavolo di lavoro che mira a tradursi in una proposta di sviluppo e riorganizzazione del sistema della
formazione e dell’apprendimento. Ciò che sarà dell’Italia nei prossimi anni dipende dall’efficacia della scuola di oggi e di domani».

Ecco cosa chiederemo punto per punto alla ministra

da Italiaoggi

di Francesco Sinopoli

I punti programmatici annunciati dalla Ministra Azzolina al suo insediamento al Ministero dell’Istruzione sono condivisibili. Pertanto partiamo da essi perché il confronto sia il più efficace e produttivo possibile.

Concorso per gli insegnanti: nella scuola quest’anno abbiamo superato 120 mila cattedre scoperte, una situazione indotta da un sistema di reclutamento instabile, in cui migliaia di docenti sono rimasti esclusi dalle abilitazioni e dai concorsi. Per questo è urgente dare il via ai concorsi e avviare il confronto sui percorsi abilitanti a regime.

La professionalità docente è frutto non solo della selezione, ma di una buona formazione pedagogica e metodologica, che non può essere surrogata dai 24 Cfu. I percorsi abilitanti a regime servono a dare risposta tanto ai precari. L’insegnamento richiede buone conoscenza disciplinare e capacità di comunicare i contenuti.

Provvedimenti attuativi del decreto scuola: la semplificazione delle procedure per reclutamento per docenti e Ata deve essere improntata a principi di trasparenza, semplicità e del riconoscimento delle esperienze maturate.

Un tavolo per il rinnovo del contratto: formare le future generazioni è un lavoro che richiede la massima responsabilità e rispetto. Il Ccnl va inteso come strumento per restituire dignità ai lavoratori della scuola. A tal fine è indispensabile aggiungere ulteriori risorse a quelle finora disponibili. A nostro giudizio servono ulteriori non 600 milioni di euro per intraprendere la strada delle perequazione retributiva con il resto del pubblico impiego e con i docenti europei.

Sostegno: i 70 mila posti dati in deroga nel corrente anno scolastico debbono essere trasfusi nell’organico di diritto e deve essere ampliato l’organico dei collaboratori scolastici.

Esami di stato alle superiori: condivisione per l’eliminazione della predisposizione delle tre buste chiuse per la prova orale e per il ritorno della prova di Storia, richiesta di eliminazione della obbligatorietà dei requisiti Invalsi e Pcto. Revisione della retribuzione dei Commissari d’esame, compensi fermi al 2007.

Linee guida per l’educazione civica: esplicitazione dei criteri per la costituzione del Comitato tecnico scientifico per la redazione delle linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica.

Edilizia scolastica: occorrono luoghi moderni, attrezzati con le moderne tecnologie, polifunzionali, modulari e finalizzati alla creatività. Occorre che l’Osservatorio sull’Edilizia Scolastica renda trasparente l’anagrafe degli edifici. Chiediamo lo stanziamento di specifici finanziamenti.

Innovazione didattica: esplicitazione dei criteri per la costituzione del tavolo sull’innovazione didattica, come strumento principale di sperimentazione delle professionalità della scuola.

Valorizzazione professionale: la formazione del personale rappresenta la leva strategica per tutto il personale scolastico. Prioritario lo stanziamento di risorse adeguate per definire un sistema strutturato e permanente. Va superato il sistema di assegnazione delle risorse alle scuole polo.

Semplificazione: si presenta sotto vari aspetti: semplificazione del lavoro docente, riducendo al minimo la produzione di materiale cartaceo e programmatorio liberando la docenza dall’ansia di sfornare progetti per ottenere finanziamenti; semplificazione amministrativa (non si può chiedere alla scuola di occuparsi, ad esempio passweb).

Restano ulteriori temi da porre all’attenzione, tra cui ricordiamo la riduzione degli alunni per classe, l’istruzione per gli adulti, le responsabilità della dirigenza

*segretario generale Flc-Cgil

Oltre il caso Roma: la scuola italiana è ancora di classe

da Italiaoggi

Marco Campione

Il nuovo caso di presunta «malascuola» riguarda un comprensivo di Roma che sul proprio sito ha descritto la composizione socio-economica dei plessi usando una terminologia non sempre appropriata ed evidenziando quali fossero quelli con «alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto», quelli con «il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana» e quelli che accolgono «prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori occupati presso queste famiglie».

Nessuno scandalo nel fatto che la scuola descriva l’utenza che ha, preoccupa invece che con quel linguaggio, anche involontariamente, si possa mandare alle famiglie un messaggio per condizionare la scelta su dove iscrivere i figli. “Da qui a trarne lo spunto per leggervi da parte di una scuola e di chi la dirige intenti di discriminazione, segregazione e ghettizzazione ce ne corre”, sono parole di Lena Gissi (Cisl scuola) che faccio mie.

Proviamo a ragionare allora in prospettiva, partendo dalle reazioni, che sono state di due tipi.

La prima è l’indignazione, tipica di chi guarda alla scuola da fuori e si sorprende per ciò che è purtroppo evidente, la scuola italiana è ancora di classe e fa fatica ad attenuare le diseguaglianze, come evidenziato periodicamente dalle indagini nazionali e internazionali.

La seconda, diffusa tra gli addetti, è la chiusura a riccio di chi confonde la rendicontazione con una vetrina e vede un problema nel fatto che la scuola sia obbligata a rendere pubblici quei dati, piuttosto che nella situazione ivi rappresentata, o, meglio, nei rischi connessi ad essa. Come se non descrivere una realtà la eliminasse; come se a pagare gli effetti di questa censura non sarebbero, una volta di più, le fasce deboli, dato che i ceti medio alti ricorrerebbero a canali informali. Sono atteggiamenti speculari e non colgono l’essenza del problema.

Cerchiamo piuttosto soluzioni, lasciandoci sullo sfondo il caso singolo. L’iscrizione nei comprensivi è sul singolo plesso, e questo può favorire la segregazione sociale. Se fosse all’istituto e non al plesso, almeno quando sono ravvicinati, consentirebbe di formare le classi con una maggiore eterogeneità. Si lavori di più e meglio su come vengono date le informazioni per le iscrizioni, su come vengono composte le classi, su cosa si fa, e con quali risultati, per ridurre la varianza degli esiti formativi degli alunni…

Peraltro la scuola di cui si parla ha anche questo tra gli obiettivi di miglioramento che si è data nel proprio rapporto di autovalutazione. Partire dai dati che le scuole, le famiglie, gli enti locali e il ministero hanno a disposizione, lavorare insieme, insistere su analisi del contesto, valutazione, autovalutazione e miglioramento: questa è la strada da seguire. Se le diseguaglianze sono la prima emergenza, e lo sono, non è cancellando le differenze dai siti internet, per lasciarle però tra i banchi, o secretando i rapporti di autovalutazione che faremo passi avanti.

*esperto di politiche scolastiche

La dispersione è anche occulta

da Italiaoggi

Emanuela Micucci

«Un persistente divario quantitativo a livello di prima infanzia e università, rispetto ai livelli europei», e «una necessità di attenzione alla qualità delle competenze degli studenti prodotte dall’intero sistema». Questi i rilievi del Cnel su istruzione, università e ricerca nella sua annuale «Relazione 2019 al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali a imprese e cittadini», presentata mercoledì a Roma (www.cnel.it). Attraverso una revisione delle informazioni disponibili ed avendo come riferimento gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Onu per l’Agenda 2030, il Cnel dà conto dei livelli di qualità nel settore. «Lo stato generale di istruzione e università si può riassumere con alcuni dati essenziali», spiega il presidente del Cnel Tiziano Treu. L’accesso ai servizi infanzia per bambini da 0 a 3 anni resta inferiore alla media europea, sebbene in aumento: 30,7% a fronte del 33% del benchmark Europa 2020.

Nel dettaglio, i posti disponibili corrispondono solo al 24% dei bimbi residenti sotto i 3 anni, sebbene il dato sia in aumento in relazione al calo delle nascite (era del 22,5%). Aggiungendovi i bambini iscritti alla scuola dell’infanzia come anticipatari, pari al 5,3%, e quelli iscritti alle sezioni primavera statali e paritarie non censite dall’Istat, pari all’1,4%, si arriva alla copertura totale del 30,7%. Il Cnel ricorda anche che nella scuola dell’infanzia la copertura, sebbene in calo, è del 94% della fascia 3-5 anni, ben 7 punti al di sopra della media Ocse.

In ambito scolastico, accanto ad un lieve aumento nel numero di diplomati, che sono il 60,9% dei 25-64enni, e una lieve riduzione degli abbandoni precoci, «si segnala il preoccupante fenomeno della dispersione implicita», osserva Treu. Sono, infatti, oltre il 7% i ragazzi diplomati dalla scuola secondaria che non raggiungono le competenze fondamentali previste in italiano, matematica e inglese. La spesa pubblica dedicata all’istruzione terziaria nel 2016 rappresenta una percentuale pari a 1,5% della spesa pubblica italiana totale, pari a 11.589 dollari, la più bassa nell’area Ocse, dove la media è lo 2,9% del pil, pari a 15.556 dollari. Percentuale più bassa anche della media europea, pari al 2,5%. Tuttavia, analizzando le fonti di finanziamento, l’Italia con il 64% dei fondi destinati all’istruzione terziaria derivanti dalla spesa pubblica (0,6% da spesa pubblica, 0,3% da spesa privata) è in linea con la media Ocse (66%: su 1,5% di pil che finanzia l’istruzione, l’1% deriva da fonti pubbliche).

Decisamente sotto alla media europea, dove i finanziamenti pubblici in istruzione superiore salgono al 76% (0,9% da spesa pubblica, 0,3% da spesa privata). I dati Eurostat evidenziano, poi, come l’Italia sia ancora tra gli ultimi Paesi dell’Unione europea per percentuale di laureati. Sebbene negli ultimi 4 anni accademici conclusi, dal 2014/15 al 2017/18, il numero complessivo dei laureati italiani abbia visto un trend positivo, con un aumento di circa 16 mila unità.

Azzolina al battesimo di fuoco

da Italiaoggi

Marco Nobilio e Alessandra Ricciardi

L’incontro si terrà domani. Ordine del giorno: avvio delle relazioni sindacali e reclutamento del personale. È il primo faccia a faccia tra la neoministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, e i segretari di Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda. Il primo passo verso la rimessa in carreggiata dell’attività ministeriale nei rapporti esterni. Perché, invece, per quanto riguarda il funzionamento interno è ancora tutto in alto mare. Il quadro dell’assetto organizzativo dei due ministeri, Istruzione da un lato e Università e ricerca dall’altro, non è stato definito: ancora senza titolari i due dipartimenti dell’Istruzione e il segretariato generale dell’Università, oltre alle 23 direzioni generali. Una impasse che dovrebbe essere superata nel giro di una settimana, assicurano fonti interne. E non sono escluse anche alcune novità rispetto agli incarichi voluti dall’ex ministro Lorenzo Fioramonti e mai registrati dalla Corte dei conti

L’Azzolina è attesa al varco dai sindacati a partire dalle relazioni sindacali, nelle quali si inquadrano tutte le questioni che riguardano il rapporto di lavoro: retribuzioni, mobilità, catalogo sostanziale delle sanzioni disciplinari, assenze, congedi e permessi. Questioni che andranno a costituire l’oggetto della discussione quando il governo riterrà di dare il via ai negoziati per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. Insomma, un vero battesimo di fuoco per la neoministra, che servirà anche a capire il tipo di interlocuzione che vorrà avere con il mondo sindacale.

Il secondo dossier di peso riguarda il reclutamento del personale. In particolare le assunzioni dei docenti, ai fini delle quali il dicastero di viale Trastevere dovrà emanare ben 4 bandi di concorso, un ulteriore bando per il tirocinio formativo attivo (Tfa) per il sostegno, un decreto per la riapertura delle graduatorie di istituto e un altro per regolare le graduatorie provinciali istituite dal decreto legge 126/2019. Per rientrare nei tempi utili ad avere in cattedra i vincitori di concorso dal 1° settembre prossimo, il ministero dell’istruzione dovrebbe emanare i bandi non oltre la fine di febbraio. Oltre alle criticità ordinariamente connesse con l’elaborazione dei testi normativi di riferimento, l’amministrazione dovrà fare i conti il problema del reperimento dei commissari. La mancata previsione dell’esonero dall’insegnamento, i compensi risibili e l’alto rischio di incorrere in procedimenti penali, infatti, scoraggiano i docenti dall’accettare questi incarichi. E non di rado i commissari si dimettono in corso d’opera.

Per il ministro dell’università, Gaetano Manfredi, è pressante la richiesta di rivedere il decreto sulla Vqr, la valutazione della qualità della ricerca, che Fioramonti aveva rimaneggiato rispetto alla versione messa a punto dall’allora capo dipartimento università, Giuseppe Valditara, e che invece aveva incassato un ampio consenso del mondo accademico. Il Cun, il consiglio universitario presieduto da Antonio Vicino, solleva «riserve e preoccupazioni» sul decreto firmato. In particolare, il Cun «sottolinea che una applicazione puntuale e stringente delle norme sull’open access» delle pubblicazioni scientifiche, «potrebbe condizionare indebitamente la selezione dei prodotti della ricerca che dovrebbe essere ispirata esclusivamente a criteri qualitativi».

Un anno all’insegna del reclutamento e della riapertura delle graduatorie

da Italiaoggi

Marco Nobilio

Molteplici i provvedimenti urgenti sul tavolo della ministra Lucia Azzolina. Il primo riguarda il concorso ordinario a cattedre nella scuola dell’infanzia e nella primaria. La selezione riguarderà gli aspiranti docenti in possesso della laurea in scienze dalla formazione primaria o del diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002. Per l’accesso a questi ordini di scuola non è previsto il previo possesso dei 24 crediti formativi universitari (Cfu) in discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche. I posti che saranno messi a concorso per il biennio 2020/21 e 2021/22 saranno 16.659. Il secondo bando di concorso riguarderà la scuola secondaria di I e II grado.

Gli aspiranti professori potranno accedere alla selezione se in possesso di abilitazione all’insegnamento (nel qual caso saranno ammessi anche se sprovvisti dei 24 Cfu) oppure dovranno essere in possesso del titolo di studio di accesso alla classe di concorso per la quale intendano concorrere e dei 24 Cfu in discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche. Per accedere ai concorsi per il reclutamento di insegnanti tecnico pratici (Itp) basterà essere in possesso del mero diploma di scuola secondaria superiore previsto come titolo di accesso alla classe di concorso. In questo caso non è previsto il possesso dei 24 Cfu.

Il terzo bando riguarderà il cosiddetto concorso straordinario: una selezione riservata agli aspiranti docenti di scuola secondaria che abbiano svolto, nel periodo compreso tra l’anno scolastico 2008/2009 e 2019/20, 3 anni di servizio in una scuola secondaria statale, di cui almeno uno nella stessa classe di concorso per la quale intenderanno concorrere. Per essere valido, ogni anno di servizio dovrà essere stato prestato per almeno 180 giorni oppure ininterrottamente dal 1° febbraio fino agli scrutini finali. Chi maturerà il terzo anno di servizio nel corrente anno scolastico 2019/2020 sarà ammesso con riserva e la riserva sarà sciolta al compimento del periodo utile. Per questa selezione non è richiesto il previo possesso dei 24 Cfu. Il quarto bando verterà sul cosiddetto concorso straordinario per l’abilitazione nelle secondarie.

La selezione sarà finalizzata al mero conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie di I e II grado e sarà riservata, in primo luogo, ai candidati che avranno superato la prova scritta del concorso straordinario (punteggio minimo 7/10), ma che non risulteranno utilmente collocati in graduatoria per l’immissione in ruolo. Ai fini del mero conseguimento dell’abilitazione sarà consentito l’accesso anche agli aspiranti docenti che siano in grado di vantare 3 anni di servizio prestato, anche nelle scuole paritarie o nella formazione professionale, nel periodo compreso tra il 2008/2009 e il 2019/2020.

Per chi maturerà il terzo anno nel presente anno scolastico è prevista l’ammissione con riserva. Infine, sarà consentito l’accesso alla selezione, sempre ai fini del mero conseguimento dell’abilitazione, anche ai docenti di ruolo che avranno prestato 3 anni di servizio, sempre nel periodo 2008/2009-2019/2020, a prescindere dall’ordine e grado di scuola o classe di concorso dove tale servizio sarà stato prestato. Anche per questa selezione non è richiesto il previo possesso dei 24 Cfu.

Il quinto bando verterà sul cosiddetto Tfa di sostegno: una selezione finalizzata all’ammissione di corsi di specializzazione a numero chiuso, all’esito dei quali i corsisti potranno conseguire il titolo per insegnare su posti di sostegno. Per accedervi ai fini della scuola dell’infanzia e primaria è necessario possedere la laurea in scienze della formazione primaria o il diploma magistrale conseguito entro il 2011/2002. E non è previsto il previo possesso dei 24 Cfu. Ai fini delle scuole secondarie, invece, è previsto il previo possesso dei 24 Cfu (o Cfa per gli insegnamenti artistici o musicali) oltre che il possesso di una laurea quinquennale a ciclo unico o specialistica a di un titolo accademico di II livello o diploma di vecchio ordinamento conseguito presso accademie o conservatori (Afam: alta formazione artistica e musicale). Ognuna delle selezioni concorsuali ordinaria o straordinaria potrà essere sostenuta ai fini dell’assunzione su posti di sostegno dai candidati in possesso del titolo di sostegno oppure da coloro che lo conseguiranno entro il 15 luglio prossimo. In quest’ultimo caso l’ammissione avverrà con riserva.

Il ministero dell’istruzione dovrà provvedere, inoltre, all’emanazione del decreto per la riapertura delle graduatorie di istituto, che rimarranno in vigore per il triennio 2020/2021-2022/2023. È previsto che anche per i prossimi tre anni sarà possibile chiedere di essere inseriti nella terza fascia delle graduatorie di istituto senza possedere l’abilitazione. Gli aspiranti docenti che vi sono già inclusi potranno continuare a rimanervi anche senza il possesso dei 24 Cfu.

Coloro che lo chiederanno per la prima volta, invece, potranno farlo solo previo conseguimento dei 24 Cfu. Resta fermo l’obbligo di possedere comunque il titolo di studio di accesso.

Infine, l’amministrazione centrale dovrà emanare un decreto con le disposizioni di dettaglio per costituire graduatorie provinciali da utilizzare, sempre per le supplenze, al termine delle operazioni di assunzione a tempo determinato effettuate tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento. A differenza delle graduatorie a esaurimento, che sono valide per tutte le disponibilità utili ai fini delle supplenze, le graduatorie provinciali avranno valore, per ogni singolo soggetto incluso, per sole 20 istituzioni scolastiche, che dovranno essere previamente indicate dagli interessati all’atto della presentazione delle domande.

In pratica, dunque, la fase provinciale delle assunzioni a tempo determinato sarà suddivisa in due step: l’ufficio procederà a scorrere anzitutto le graduatorie a esaurimento e al termine di questa operazione procederà allo scorrimento delle graduatorie provinciali. Le disponibilità che dovessero residuare da queste operazioni saranno gestite dai dirigenti scolastici tramite lo scorrimento delle graduatorie di istituto.

Un’ulteriore questione da trattare con priorità potrebbe essere anche quella delle sanzioni disciplinari del personale docente. Il contenzioso in materia, che riguarda la competenza dei dirigenti scolastici, è giunto ormai al terzo grado di giudizio. E la Cassazione ha escluso che le sanzioni sospensive nei confronti dei docenti possano essere adottate dai dirigenti scolastici. L’amministrazione, quindi, dovrebbe ritirare la circolare 88/2010, che dice il contrario, ed avviare una discussione con i sindacati per rettificare il proprio avviso conformandolo all’insegnamento della Suprema corte.

Infine c’è la questione del blocco quinquennale del diritto alla mobilità per i neoassunti in ruolo. L’articolo1, comma 17 -octies del decreto legge 126/2019 dispone, infatti che: «A decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l’anno scolastico 2020/2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato», recita il dispositivo, «possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in altra istituzione scolastica ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso soltanto dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell’istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero».

L’entrata a gamba tesa del legislatore nella delicata materia della mobilità, che introduce un trattamento peggiorativo delle condizioni pattuite con il ministero dell’istruzione con la sottoscrizione del contratto integrativo sulla mobilità avvenuta il 6 marzo scorso, rischia peraltro di ingenerare un forte contenzioso. Le nuove disposizioni, infatti, da una parte intervengono unilateralmente in una materia che lo stesso legislatore affida alla contrattazione collettiva. E dall’altra potrebbe presentare profili di incostituzionalità a causa della difformità di trattamento prevista dal legislatore all’interno della medesima categoria di personale.

Bonus merito, parte la trattativa

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Ripartono le trattative sul bonus. Il 16 gennaio scorso le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto di lavoro hanno chiesto al ministero dell’istruzione l’apertura di un tavolo, per definire le implicazioni della destinazione dei fondi per il bonus docenti alla contrattazione di istituto. Il tutto con particolare riferimento alla cessazione del vincolo di destinazione d’uso.

La novità deriva dal comma 249, dell’articolo 1, della legge di Bilancio 2020 (legge 160/2029), la quale prevede che «le risorse iscritte nel fondo di cui all’articolo 1, comma 126, della legge 13 luglio 2015, n. 107, già confluite nel fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, sono utilizzate dalla contrattazione integrativa in favore del personale scolastico, senza ulteriore vincolo di destinazione».

La norma cancella il vincolo di destinazione d’uso dei fondi del bonus docenti ponendo le relative risorse nella piena disponibilità della contrattazione integrativa d’istituto. L’effetto è quello di sottrarre alla discrezionalità del dirigente scolastico l’utilizzo dei relativi fondi, prima vincolati, consentendo di utilizzare tali risorse per retribuire le prestazioni eccedenti l’orario di lavoro dei docenti e cancellare, almeno in parte, la piaga del lavoro gratuito.

Si tratta di una dotazione media di circa 24mila per istituzione scolastica, che adesso potrebbe essere destinata, per esempio, ad onorare i crediti dei docenti che sforano sistematicamente il monte delle 40 ore delle attività funzionali all’insegnamento.

Le nuove norme peraltro, sono immediatamente esecutive, non essendo stato previsto dal legislatore alcun passaggio in sede di normazione secondaria, se non quello della definizione delle norme di dettaglio da parte della contrattazione integrativa di istituto. E siccome le nuove disposizioni non possono essere derogate dai contratti collettivi (si veda Italia Oggi di martedì scorso), le scuole dovranno necessariamente rivedere i contratti già conclusi e adeguare quelli ancora in itinere.

Di qui la richiesta dei sindacati firmatari Flc Cgil, Cisl Fsur, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams di un tavolo negoziale presso il ministero dell’Istruzione» si legge nella nota diffusa «per definire le implicazioni che le nuove norme nell’immediato comportano. Ciò al fine di dare indicazioni coordinate alle istituzioni scolastiche per una corretta gestione di disposizioni che intervengono ad anno scolastico avviato». Le organizzazioni sindacali hanno comunque ribadito la loro richiesta di destinare i 200 milioni del bonus agli incrementi degli stipendi del personale.

Concorsi scuola, ecco i veri motivi del ritardo. Meno supplentite con call veloce?

da Orizzontescuola

di redazione

I tre concorsi scuola infanzia e primaria ordinario, straordinario secondaria e ordinario secondaria difficilmente potranno essere banditi a febbraio, secondo quel cronoprogramma stabilito con l’ex Ministro Fioramonti.

Se infatti il numero di posti del concorso straordinario – 24.000 – è stabilito dalla Legge 159/2019 (Decreto Scuola), il numero di posti da attribuire al concorso ordinario deve essere autorizzato dal MEF.

La richiesta è quella di altri 24.000 posti per il concorso ordinario secondaria, ma potrebbero essere delle sorprese.

Potrebbe quindi essere questo uno dei principali ritardi nella stesura dei bandi.

Questi numeri – sia quelli del concorso straordinario che quelli del concorso ordinario – vanno poi suddivisi tra posti di sostegno e posti comune, probabilmente con uno sbilanciamento a favore dei primi (ricordiamo che per partecipare ai concorsi su posti di sostegno è necessaria la relativa specializzazione).

I posti del concorso infanzia e primaria sono già stati stabiliti con DPCM el 18 luglio 2019: 16.959 suddivisi in

  • 10.624 per l’anno scolastico 2020/2021
  •  6.335 per l’anno scolastico 2021/2022.

Corso di preparazione al concorso ordinario infanzia e primaria

Diminuzione dei posti per effetto della proroga delle graduatorie del concorso 2016

E tuttavia questi numeri potranno ancora subìre una modifica al ribasso per effetto della proroga di un anno delle graduatorie del concorso 2016 – per tutti i gradi di scuola – stabilita nel Decreto scuola

Meno supplentite con call veloce e fascia aggiuntiva

E tuttavia, anche se le graduatorie del concorso straordinario secondaria non dovessero essere pronte in tempo per le immissioni in ruolo 2020 (citiamo solo queste perchè sono le uniche che possono vedere la luce in tempi così ristretti), la diminuzione della supplentite, in base al Decreto Scuola, sarà affidata a due nuove procedure di assunzione a tempo indeterminato.

Call veloce

I vincitori e gli idonei inseriti nelle graduatorie dei concorsi e delle Graduatorie ad Esaurimento (di tutti gli ordini di scuola) potranno, su base volontaria:

  • presentare istanza per i posti di una o più province di una medesima regione, per ciascuna graduatoria di provenienza.
  • l’istanza è presentata esclusivamente mediante il sistema informativo del Ministero dell’istruzione e le immissioni in ruolo sono effettuate entro il 10 settembre di ciascun anno.
  • l’immissione in ruolo comporta, all’esito positivo del periodo di formazione e di prova, la decadenza da ogni graduatoria finalizzata alla stipulazione di contratti a tempo determinato o indeterminato per il personale del comparto scuola, ad eccezione delle graduatorie di concorsi ordinari per titoli ed esami di altre procedure, nelle quali l’aspirante sia inserito.

Fascia aggiuntiva concorsi 2016 e 2018

I vincitori e gli idonei inseriti nelle graduatorie dei concorsi 2016 e 2018 (di tutti gli ordini di scuola) possono, a domanda:

  •  inserirsi in una fascia aggiuntiva del concorso 2018 anche in regioni diversi da quella di inserimento della graduatoria o dell’elenco aggiuntivo di origine.
  • Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, saranno disciplinate le modalità attuative di tale disposizione.

Il sistema funzionerà? I docenti – consapevoli di dover aderire al blocco quinquennale di mobilità, senza neanche poter richiedere l’assegnazione provvisoria – saranno disposti ad essere assunti in ruolo in regione diversa dalla propria?

E’ ancora presto per queste previsioni, ma il ritardo nella pubblicazione dei bandi non aiuta a generare fiducia nella